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etomniauanitas · 2 years
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Demorfologizzazioni
"Demorfologizzazione" (sost.): In linguistica, processo per il quale i morfemi, nel corso della loro evoluzione a causa della grammaticalizzazione, arrivano a perdere il proprio significato."
"Recuperabile". Suffisso vano, fastidiosissimo - come d'altronde la maggior parte degli escamotage della lingua mediante i quali esprimere possibilità ed incertezza, che stemperano, distorcono, pervertono il significato di parole altrimenti chiarissime, conferendo loro quelle angosciosissime ambiguità ed indeterminatezza - nel quale è celata, per una grandissima parte, la drammaticità della condizione nella quale verso: la onerosissima consapevolezza di una potenzialità che però, per quanto possa impegnarmi, per quanto tenacemente possa tentare ogni cosa affinché le circostanze cambino, mai raggiunge l'atto, l'insopportabile coscienza che, in qualche modo, potrei stare meglio, potrei essere meglio - ma, nella realtà dei fatti, né la mia condizione di salute migliora, né porto avanti alcun percorso di crescita, immobilizzata come sono nella cogenza di dover impiegare ogni energia per la mera sopravvivenza.
"Recuperabile" - eppure non ancora, dopo quasi dieci anni di dolorosissimo e sempre più intollerabile sequestro, "recuperata". Ed in effetti "recuperata" è un passivo, fatto che implica che dovrebbe esserci qualcun altro a compiere l'azione di recuperarmi - ma né posso contare su coloro che non sono al corrente della mia condizione, perché neanche possono immaginare che cosa realmente celo dietro questa cronica "stanchezza", né su coloro che invece lo sono, che, cosci appunto di queste mie potenzialità, sempre più coinvolti nelle vicessitudini della propria vita, della propria vita senza me, raramente distolgono l'attenzione da queste ultime per dedicarmi qualche momento di supporto: perché impiegare, sprecare del prezioso tempo, per star dietro ad una persona che tanto, in qualche modo, "ce la fa"? Poco importa se questo "modo" sottenda, in realtà, sforzi che, per quanto enormissimi, saranno destinati, a fronte proprio di queste stesse recuperabilità, potenzialità, a restare sempre e a chiunque irriconosciuti.
(The perks of being high functioning)
Sono una responsabilità che, paradossalmente, nessuno vuole assumersi perché riesce ad essere, nello stesso tempo, troppo grande e troppo piccola: troppo gravoso starmi costantemente accanto, troppo ridotta la rilevanza e la pervasità dei problemi dei quali soffro affinché possa attivarsi il senso del dovere di qualcuno.
Detesto il suffisso "-bile", come mi infastidiscono i condizionali, disprezzo il verbo "potere" ed ogni espressione che indica potenzialità; sentitamente rimpiango i gerundivi, crucciandomi ogni giorno per la loro demorfologizzazione.
"La mia vita è purtroppo fatta al congiuntivo: fa', o mio Dio, ch'io abbia una forza indicativa!"
(Søren Kierkegaard, "Diario", 1 ottobre 1837)
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etomniauanitas · 2 years
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Proposizioni concessive
concessivo (agg.): In grammatica, proposizione subordinata che esprime una circostanza nonostante la quale avviene ugualmente quanto è detto nella proposizione reggente.
Oramai non passa giorno senza che mi dolga qualche parte del corpo - continuo ad allenarmi, ad allenarmi duramente, nonostante la stanchezza sempre più debilitante, nonostante la frustrazione sempre più avvilente.
Ed il corpo sta effettivamente cambiando - tuttavia non senz'altro quanto vorrei, come vorrei.
E qual è il senso di investire così tanto tempo e così tanta fatica, di annichilire e mortificare così tanto me stessa, se il miglior risultato che possa raggiungere neanche è minimamente simile a ciò cui in realtà ambisco?
Le verità che ho, in realtà, accantonato da tempo la speranza di potemi migliorare nell'aspetto, ed è un altro il motivo per il quale continuo ad umiliarmi a recitare in questa assurda pantomima.
La verità è che una donna brutta, qualora non faccia assolutamente nulla per emendarsi del peccato capitale della bruttezza, è attaccabile sotto tutti i fronti, è completamente inerme - una donna sì brutta, ma con tendenze spiccatamente ortoressiche, risulta ugualmente attaccabile, ma può comunque maggiormente tutelarsi, arroccandosi, trincerandosi nel "nonostante".
Il "nonostante" è un'arma, in realtà, estremamente potente, dal momento che permette di disvelare uno fra gli assunti dell'esistenza che maggiormente può incutere angoscia, una fra le caratteristiche del reale contro la quale più frequentemente vengono messi in atto meccanismi di rimozione. Il "nonostante", rendendo manifesta la assoluta non consequenzialità fra volontà e risultato, mostando con ostentata drammaticità la voragine che in realtà sussiste fra l'essere umano e la propria capacità di agire significativamente sul mondo, è potenzialmente in grado di ridurre chiunque al mutismo della costernazione: "nonostante l'attenzione per la cura di sé, nonostante l'alimentazione corretta, nonostante la costanza nell'esercizio", be'... Rimango comunque brutta.
Ed irrimediabilmente crollano i castelli di carte tirati su dalla grottesca schiera degli astuti circensi che, oggi più che mai, monetizzando spregiudicatamente sulle insicurezze di terzi, tirano a campare per il fatto che la non conformità ad un canone estetico venga presentata come un peccato, ma (ed è questo ciò che fa funzionare la macchina, ed è questo il dettaglio più raccapricciante) un peccato dal quale sarebbe possibile emendarsi, purché vengano ossequiosamente seguiti gli stili di vita pubblicizzati. Ed è qui che intervengo io che, pur facendo tutto giusto, rimango comunque sbagliata.
Anche il depresso, quando ha la decenza di limitarsi ad affliggersi nella solitudine della propria stanza lurida, quando ha un comportamento conforme alle aspettative altrui, non dà particolarmente fastidio, non è un grande pericolo, al massimo può suscitare la pena oppure, nella maggior parte dei casi, la ripugnanza della societas omnium bonorum.
Diversamente, il depresso che conserva la propria funzionalità (high-functioning veniamo richiamati adesso, a mo' di cellulare ricondizionato👌🏻), che è comunque in grado di condurre una vita, perlomeno in apparenza, normale, che, pur facendo tutto giusto, rimane comunque depresso, non soddisfa le aspettative, non rispetta le regole, non sta nel giusto posto, è un infiltrato, una spia della fazione nemica, una creatura aliena di "Essi vivono", un replicante sfuggito da Marte, è un monstrum, un errore di sistema, un bug, un glitch, qualcosa da allontanare dalla vista, qualcosa riguardo alla quale non si vuole sapere nulla - è un'esistenza scomoda, orrorifica: perché mette di fronte al fatto che anche tu, pur facendo tutto giusto, potresti ritrovarti, improvvisamente, al suo posto.
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etomniauanitas · 2 years
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🎵: "A feast for me", Elisa ("Pipes and Flowers", 1997).
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etomniauanitas · 2 years
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🎵: "Chiodi", Kaos One ("Chiodi', 2022).
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etomniauanitas · 2 years
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Varianti adiafore
adiàforo (agg.): [...] Nella critica testuale, detto di lezioni o varianti di pari autorità documentaria, tra le quali è impossibile decidere in base a criterî interni.
La verità è che mento, continuamente mento - e mento perché soltanto rinunciare a quelle  pochissime briciole che concedi di te potrebbe farmi più orrore della consapevolezza di quanto poco per te valgo e varrò sempre.
Interagire con te mi agita, mi affanna, mi annichila e, irrimediabilmente, alla immensa gioia che mi travolge per il mero fatto che tu mi abbia dedicato anche soltanto pensiero, subito si sostituisce la più profonda delle amarezze, quando, com'è giusto che sia, tu devi tornare alla tua vita - una vita che, a differenza della mia, è una vita vera e nella quale a me non è mai stato né sarà mai concesso neanche il più piccolo anfratto.
E sono la gentilezza che, a differenza di chiunque altro, tu mi mostri, questo sciatto e disordinato bene che ti voglio e, forse più di tutto, il terrore di ciò che potrebbe accadere qualora davvero io trovassi il coraggio di allontanarmi e allontanarti (e sopra ogni cosa temo la reazione di indifferenza che quasi senz'altro avresti, atroce conferma di questa mia insanabile irrilevanza) che mi tengono legata, incatenata a te, all'idea di te che, un giorno, riempirai la vanità delle parole che tanto amo sentirmi dire con un qualche, per quanto minuscolissimo, atto concreto - idea di te, alla quale tante, troppe volte mi sono disperatamente aggrappata, ma invano.
E se, rinunciando a te, rinuncio ad uno dei pochissimi fili che ancora mi sorregge, che ancora mi tiene legata alla vita, è altrettanto vero che, oramai, avviluppandosi ed attorcigliandosi ogni giorno di più, rischia di strozzarmi, e dunque dev'essere quanto più presto reciso.
E, se il fatto di aver perduto per sempre me, persona che così visceralmente ti adora, senz'altro ti lascierà indifferente, dal momento che, per quanto dolcemente mi mentissi, la mia presenza nella tua vita è sempre stata una variante adiafora, spero che almeno ti inviti a riflettere intorno al peso delle parole che dici, intorno alla profondità delle ferite che, forse inconsapevolmente, squarci.
È forse possibile continuare ostinatamente a logorarsi nell'attesa del ritorno di una persona che neanche c'è mai realmente stata?
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