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Mario N. Ishikawa, Ninguém te ouvirá no país do indivíduo, (typing and stamp on adhesive label), 1974 [Galeria Jaqueline Martins, São Paulo. © Mario N. Ishikawa]
Exhibition: Mario Ishikawa: 'Torneio Democrático', São Paulo, Galeria Jaqueline Martins, São Paulo, September 23 – October 28, 2017 (portfolio pdf here)
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Petrified dragonfly
Ever since I read a book on fieldwork in Ethiopia’s volcanic regions that described insects turning into stone before the geologist’s eyes demonstrating a sort of instant fossilisation in a silica rich volcanic hot spring, I have been searching for a decent photo of the phenomenon to share this cool story with you.
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"Don’t try to be original. Be simple. Be good technically, and if there is something in you, it will come out."
Henri Matisse
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Libera rilettura in forma grafica dell'AI di un mio sogno.
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Epica Geografia Onirica
| Questo vecchio scritto ogni tanto mi piace riesumarlo |
08112010
C'è una donna che ogni tanto vado a trovare. A volte sono io, questa donna, a volte è la moglie di non so-chi, medico in non-so-cosa. Quando sono io, niente da dire, quando non sono io, questa donna è alta, magra, i capelli bianchi (mia madre?), una specie di vestaglia indosso che però si presta anche ad essere interpretata come abito lungo da cerimonia. Ed è in attesa di qualcosa o qualcuno, in quella sorta di limbo che è lo spazio vicino a una porta aperta. Quando nella mente ti si rattrappisce l'immagine di una donna, che sia tu o un'altra, contro lo sfondo lattiginoso di un esterno sul quale dà la porta aperta di casa presso la quale si è in sosta, è difficile da capire. Se si sta entrando, se si sta uscendo, cosa diavolo stai facendo, ferma come una statua di sale, in prossimità di una porta aperta.
Poi esiste anche un luogo geografico ricorrente, oltre alla donna in vestaglia, che ha la sua caratterisitca fondamentale nell'essere luogo esoticissimo meta di soggiorno di ricchi petrolieri e non solo, pure di comuni mortali privi di turbante in testa. Anche l'oriente è tappa assai battuta nei miei viaggi mentali-notturni, tutto il lato orientale del mondo a essere più precisi. Questa notte dovevamo raggiungere Il Nevaio dei Balcani (si chiamava così nel sogno) che nella mia testa, sprovvista di verosimili nonchè validi riferimenti geografici, coincideva con la Persia quindi molto più a Est, e corrispondeva a una famosa località sciistica dove alcuni noti ricchi personaggi con gli occhi truccati erano soliti sciare nelle loro improbabili ma molto suggestive tute cangianti. Si doveva andare a vedere soprattutto questo, lo sfarfallio di queste vestizioni scintillanti, un technicolor di corpi rivestiti in discesa su una vastissima altura innevata, bianchissima. E poi, non so dire come, finivo da sola su una spiaggia al tramonto. Milioni di persone in controluce sulla linea dell'orizzonte, anche loro in un fermo-immagine.
Questo luogo marino è stato altrettanto spesso da me visitato in sogno. Il mare lo associo quasi sempre nel sogno a luoghi abitualmente frequentati da giovani dissidenti anarchici, fasce sociali meno abbienti, nomadi, zingari e punkabbestia, tutti che si ritrovano scegliendo la spiaggia per manifestare la loro infelicità o il loro entusiasmo per qualcosa. L'epilogo dello stato emotivo di questi esseri umani è comunque sempre tragico-distruttivo: bruciare materassi e fare baldoria, attraverso lo sciupìo di qualcosa. Una volta ho sognato il mio letto trasportato in spiaggia da sconosciuti e da questi allegramente bruciato in un epico falò.
Le visioni di città invece sono decisamente più schizofreniche. Oscillano tra una specie di casbah e una tipica città del nord-europa super civilizzata, democraticamente funzionale e molto efficiente. Si chiamano sempre, in entrambe le versioni, Firenze, e non so dire perchè. Non ho mai amato la città di Firenze, nè da sua provvisoria cittadina, nè da occasionale turista. Nel primo caso, si tratta di città orientali o “mediterranee”, con un centro che è molto simile a un piccolo borgo con un impianto medioevale piuttosto degradato, strade strette, anguste e anche puzzolenti, case pelose ricoperte appunto di pelo, bianco o nero a seconda dell'altezza, o di fiori, nelle loro versioni/visioni più ottimistiche. Le città nord-europee invece sono mestamente silenziose e grigie caratterizzate da un’ atmosfera uggiosa e assolutamente sprovvista di esseri umani in giro. E’ soprattutto la presenza di un sistema di trasporti veloci su ferro e di alberi ad alto fusto a determinarne il requisito essenziale.
Poi, se diovuole, mi sveglio e si capisce perchè (forse) sono sempre tanto stanca.
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Estrema sintesi di una chiacchierata con chat sul mio sogno. Dopo la pulizia del muro da tutto ciò che non mi appartiene, Ecco la sua conclusione su di me.
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Alexander Calder at Fondation Maeght, Saint-Paul-de-Vence, 1969.
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Vivo in una casa che non è la mia. Ci ho vissuto tanto ed ora so che siamo quasi pronti per lasciarla. Guardo una parete dove sono appese una serie di foto composte insieme in un poster. Sono le foto che ho sempre guardato e lasciate appese al muro nonostante in casa ci vivessi io e la tipa delle foto fosse una perfetta sconosciuta. Guardandole ancora una volta penso che la donna ritratta in foto mi mancherà - anche se non so chi sia, né l'ho mai saputo. È strano, tutto il tempo senza chiedersi chi sia, senza cercare di capire, nemmeno provando a estrarre le "foto" dal quadro per accorgermi che non sono foto ma ritagli di giornale.
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by Aurélie Nemours, 1968
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Bernhard (1905-2006)
'Eighth Street Theater - N.Y.', 1946
Gelatin silver print, printed later; mounted, signed in pencil on the mount, signed, titled, dated, and annotated 'Architect - Frederick Kiesler' in pencil.
Bonhams
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Qualche notte fa. Come in una specie di visione mistica vedo solo la mia mano. Il problema sembra essere sparito miracolosamente e la parte danneggiata adesso non lo è più.
Piango.
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