Raccolta dei mirabili lavori di Johann-Jakob Hauswirth, che fece dono al Pays-d’Enhaut di un’arte popolare, la quale deve all’applicazione e alla perizia di Louis-David Saugy, l’essere diventata la tradizione che ha dato celebrità alla vallata.
Fra le nevi e i dirupi del Pays-d’Enhaut, nel cuore della svizzera Romanda, il piccolo museo di Chateau-d’Oex esibisce insospettati tesori di un’arte perduta: immagini dai colori vivacissimi, ingenue scenette pastorali, fiori, animali, piccole cose della vita di una valle alpina ritagliate nella carta e trasfigurate dalla fantasia di Johann-Jakob Hauswirth e Louis-David Saugy il quale, già quando si spense, nel 1953, era già stato consacrato come uno dei più grandi ritagliatori di merletti di carta.
Quando il lavoro artigianale sente di avere ancora la speranza, la passione si accende.
Sacche realizzate con i ritagli avanzati dalle grandi maison...
Pezzi Unici e, forse, è proprio l'unicità il problema di questi articoli
Da anni siamo massa, gruppo e distinguersi non interessa più.. appartenenza al gruppo, omologazione, obbedienza... Si vabbè dovrei promuovere un semplice prodotto..ma oggi ho mal di vivere..prendetemi così...prometto! non uscirò dal mio studio
Vado in giro, osservo le persone, cerco l'amore. Lo cerco in un gesto di tenerezza, in ombre che danzano insieme, in dita incrociate. Faccio inferenze sull'amore, lo immagino anche dove non c'è, creo immagini che lo raccontino, che siano dolci per gli occhi. Ma le immagini restano solo immagini, fissano istanti, ritagli di tempo, di spazio.
Dicevo, mi interrogo. Mi interrogo perchè non so quelle persone che fotografo che vita stiano vivendo, quale sia la loro storia. Non so se quelle mani siano sempre lievi come le immagino, se le parole rispettose. Una volta, come didascalia, ho usato l'espressione "l'amore che mette le ali". E allora mi chiedo, le mette davvero sempre, le ali? Lascia volare?
Io non so niente, allora mi interrogo: i miei occhi vedono davvero? I nostri occhi, sono forse ciechi? Le nostre orecchie sono capaci di ascoltare? Sono stanca.
SI LAUREA A 50 ANNI E TROVA IL LAVORO DEI SUOI SOGNI
Laurearsi a cinquant’anni, un sogno realizzato che ha cambiato la vita di Elena Cavera, commessa in un negozio di abbigliamento di Tevernerio, in provincia di Como. “Mi sarebbe piaciuto fare l’educatrice ma la vita, si sa, non va sempre come vorremmo. Il desiderio di studiare Scienze della formazione mi è sempre rimasto e un bel giorno di tre anni fa mi sono iscritta all’università ed ora mi sono laureata” racconta Elena.
Studiando di notte e nei ritagli di tempo è riuscita a laurearsi grazie alla grande passione per la psicologia e per lo sviluppo delle persone.
“Poco dopo la laurea ho inviato un curriculum presso una struttura e sono stata chiamata per un colloquio. Ero contenta ma pensavo di non avere chissà che chance, visto che ero una neolaureata praticamente senza esperienza. Ho deciso di presentarmi al colloquio senza nascondere nulla di me. Ho cercato di presentarmi per quella che sono. Per esempio, ho molti tatuaggi sulle braccia ma era estate e faceva caldo e ho scelto di non nasconderli. Ho pensato di dovermi mostrare in modo onesto e sincero”. Pochi giorni dopo Elena è stata assunta come educatrice.
“Se c’è qualcosa che vorrei che la mia vicenda insegnasse – racconta Elena – è che non bisogna mai abbandonare e dimenticare i propri sogni perché essi fanno parte di noi, di quello che siamo e di quello che potremmo essere”.
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Fonte: Qui Como
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Caro diario,
venerdì scorso sono stato a suonare ad un centro anziani (perché mi piacciono le vite spericolate, di quelle vite fatte così). Mentre smontavo armi e ritagli (cit.) mi si avvicina un vecchino di quelli modello vintage con giacca oversize, opacità corneale e la mano tesa per stringertela prima ancora di aprire bocca.
Sa, suonavo anch'io una volta.
e mentre pensavo di imbarcarmi in due chiacchiere di circostanza sono finito in realtà in una traversata atlantica di emozioni.
Suonavo la chitarra, ma la musica non la conoscevo proprio e il direttore che era un clarinettista bravo ma molto severo mi prende da parte e mi dice, senti, tu basta che fai gli accordi giusti e vai a tempo e va benissimo così, e io quello facevo.
Sul genere musicale suonato resta un'alone di mistero, mi ha risposto "musica da ballo" e io stavo per dirgli che nella mia testa è un genere che va dalla pizzica ai prodigy ma si faceva un po' fatica a spostare il fiume della conversazione, perché a quel punto eravamo già passati al fatto che lui suonava per arrotondare (con un clarinettista che era davvero molto severo), perché di giorno faceva il ragioniere al mulino di Cento, e sa quanto macinavamo? ottanta tonnellate al giorno [o qualcosa del genere] e le farine le so tutte, c’è la triplo zero, la doppio zero [...] la due, poi c'è quella integrale poi si va ai sottoprodotti che vengono dati agli animali, però non erano mica uguali da vendere, sa da quant'era la marca da bollo sulle fatture per le farine alimentari? duemila lire! ma quella per le farine da animali no, era più bassa.
Poi mi sono perso un attimo a notare il contrabbassista e mia sorella che qualche metro dietro di lui mi guardavano con un misto di aria perculatoria e "se ti vuoi sganciare fingiamo un malore" ma tutto sommato andava bene così.
Solo che poi la storia ha preso una piega triste perché sa, mi ha portato qui mio figlio, per distrarmi, mia moglie è morta una quindicina di giorni fa, poi è tornato a parlare di Cento, poi del comodino con la foto della moglie perché sa, mia moglie non c’è più, credo da una quindicina di giorni, e per noi cristiani la croce è un bel simbolo però quando la guardo di fianco alla foto di mia moglie sto tanto male e gli era venuto l'occhio lucido, e io al di là di qualche frase di circostanza davvero non sapevo che dirgli perché sopravvivere alla persona con cui campi ⅚ della tua vita è uno di quei dolori che cosa vuoi dirgli, puoi solo toglierti il cappello in silenzio, e me l’ero già tolto.
Improvvisamente si è riavuto, è tornato sereno e sì sono qui con mio figlio, mi ha portato qui per distrarmi, domani vado a pranzo dall’altro mio figlio. Con un sorriso a trentadue denti aggiunge sa, ho quattro nipoti facendo un quattro con la mano che ondeggiava un poco.
Ci siamo salutati, poi ho incrociato il figlio che anche lui è un gran bel personaggio e ho finito di smontare cose.