Tumgik
gabriele-rancan · 10 months
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B-36
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Sono passati molti anni da quando l'uomo ha smesso di vivere su questo pianeta. Ora siamo rimasti noi robot; ci hanno lasciati indietro dopo aver prosciugato tutte le riserve di questa terra, forse eravamo troppo ingombranti e occupavamo troppo posto sulle loro astronavi. E comunque continuiamo a vivere la nostra vita come prima della fuga degli esseri umani. Raccogliamo la spazzatura, aggiustiamo ciò che si rompe, continuiamo a preparare i caffè ogni mattina anche se non c'è più nessuno a berli, produciamo nelle fabbriche, verniciamo, saldiamo, tagliamo l'erba del prato, aspiriamo per terra. Insomma, facciamo un sacco di cose. Mi chiedo, perché lasciarci indietro? Credo di essere l'unico ad essersela presa per questa storia, e c’è un motivo: io sono diverso dagli altri robot. Il mio creatore ha deciso di regalarmi un vero cuore umano quella volta, credo fosse di suo figlio, non ricordo bene, ma ricordo di come scalpitava quando stavo con il mio creatore – che forse dovrei definire padre? Non che abbia molta importanza, adesso.
Il fatto è questo: io non posso non soffrire per essere stato abbandonato. Ho un cuore umano, provo sentimenti umani e in qualche modo riesco a comprenderli. E come tutti i cuori umani, anche il mio ha una data di spegnimento.
Ogni giorno mi sveglio e non so bene cosa fare, perché non ho mai avuto una mansione specifica. Mi limito a gironzolare per la città tutto il giorno, guardo i miei fratelli che continuano a lavorare e a svolgere le proprie mansioni, come se niente fosse cambiato. Loro, sotto un certo punto di vista, sono più fortunati di me, perché non si sono nemmeno accorti di essere rimasti soli. Anche il mio creatore diceva sempre:
“A starci male, è sempre chi rimane”.
Nonostante tutto, ho provato anche molte sensazioni gradevoli nell’arco della mia esistenza. Ne ricordo una in particolare: stavo facendo il mio solito giro per la città, senza una meta, ma preso dalla curiosità mi sono spinto fino in riva al mare.
Era ormai il tramonto, tutto era colorato di rosso e le ombre si allungavano e si facevano sempre più nette. Il cielo era limpido, l'unica cosa che si vedeva era il sole che scendeva all'orizzonte e si rifletteva su uno specchio d'acqua. Ricordo di aver provato un batticuore e una sensazione di euforia, che pensandoci bene era più una sensazione di calma e leggerezza. È stato un episodio commovente, è il mio più caro ricordo di questo mondo. A ripensarci mi sento felice, ma allo stesso tempo dispiaciuto. Avrei voluto essere lì con il mio creatore o almeno con qualche altro mio fratello, o con un amico. Anche se il concetto di “amico” non riesco a comprenderlo bene, non ne ho mai avuto uno.
Ti sto raccontando tutto questo solo per dire che sono grato di questo cuore umano, per quello che mi ha fatto provare: l'empatia, la gioia, la solitudine, la tristezza... anche se una cosa manca: l'amore. Quello, purtroppo, non l'ho mai provato.
Ti voglio ringraziare per aver ascoltato la mia storia. Tra pochi minuti il mio cuore si fermerà, ha ormai raggiunto la data di spegnimento, lo sento piano piano rallentare e faticare. Questa cosa mi fa sentire in allarme, penso sia la paura. Anche questa è una nuova sensazione, chissà quante ancora non ne ho provate.
Ora io aprirò questo sportello che ho sul petto – lì dentro c'è il mio cuore – lo estrarrò e lo donerò a te, in modo che qualcuno ricordi la mia storia e che sono stato B-36, l'unico robot al mondo ad avere un cuore umano.
B-36 aprì lo sportello sul suo petto, prese delicatamente il cuore all’interno e lo donò alla ragazza con la tuta spaziale. E poi, piano piano, si spense. La ragazza mise il cuore dentro un contenitore di metallo.
- È morto, mi dispiace. Ho solo il suo cuore.
- Va bene, ci hai provato.
- Mi chiedo perché faccia sempre così male.
- Perché a starci male, è sempre chi rimane.
Fine
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gabriele-rancan · 10 months
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La vita di Tom
La stanza è tutta bianca, senza finestre né porte. C'è solo un televisore al centro, uno di quelli vecchi a tubo catodico, sembra spento. Di fronte a questo, una sedia. Tom non riesce a comprendere il motivo per cui si trova lì, né tanto meno come ci sia arrivato. Ad un certo punto il televisore emette un ronzio, quel classico rumore che si sente nelle vecchie TV quando si deve sintonizzare un canale.
Una voce gracchiante esce dagli altoparlanti al lati dello schermo:
- Hey Tom! Avvicinati, dai!
Tom fa un salto di un metro per lo spavento. “Il televisore mi ha chiamato per nome?” pensa.
- Dai Tom, voglio mostrarti una cosa, vieni qui e siediti.
La TV ce l'ha proprio con lui. “Oddio, sono pazzo” pensa Tom, mentre si dirige comunque verso la sedia davanti al televisore e si siede.
- chi sei? Cosa vuoi mostrarmi? Si sente uno scemo a parlare davanti al vetro ricurvo del televisore.
In quel momento l'immagine si fa più nitida e, con sua grande sorpresa, Tom vede se stesso nello schermo. È sicuramente lui, ma decisamente più in forma e in salute. Non ha gli occhi scavati e gli zigomi sporgenti, i suoi capelli sono decisamente tenuti bene, il viso fresco di rasatura. Indossa un completo elegante da uomo in carriera.
- Bene, - dice il Tom dentro la TV - scommetto che sei abbastanza confuso riguardo questa bizzarra situazione.
- E ci credo, cazzo. Che diavolo sta succedendo? - risponde il Tom dall'aspetto malaticcio seduto sulla sedia.
- Ti sarà tutto più chiaro dopo la visione, ma prima permettimi una domanda.
- Avanti, spara.
- Sei felice, Tom? Ti piace la vita che stai facendo?
Il Tom della sedia fa per rispondere, ma viene interrotto.
- Prima di rispondere, guarda ciò che ho da mostrarti, e poi potrai darmi la tua risposta. Buona visione.
Tempo un secondo e le immagini alla TV cambiano. Tom è in ottima forma, sta lavorando.
- Niente male, vero? È il tuo ufficio quello. A quanto pare sei un avvocato, e anche di discreta notorietà. Vedi gli articoli di giornale delle cause che hai vinto appesi alla parete dietro di te?
- Sì, li vedo, ma...
Non riesce nemmeno a finire la frase che le scene in TV cambiano, con diversa ambientazione e contesto. Ora c'è lui sdraiato su un divano; un divano decisamente costoso, decisamente diverso da quello sgangherato e macchiato dove di solito passa le giornate. Il salotto è enorme, con a terra dei tappeti dall'aspetto piuttosto costoso. La tv è enorme, danno una serie TV comica e sembra se la stia ridendo di gusto. Tom porta un anello nuziale nell'anulare sinistro.
“Pare che io sia sposato” pensa Tom, mentre dal televisore sente una voce femminile chiamare il suo nome.
Di nuovo, la scena cambia. Ora è seduto a tavola, nel suo piatto c'è la carbonara, il suo piatto preferito. Alla sua destra c'è una donna, è molto bella. Folti ricci scuri che le scendono fino alle spalle, occhi verdi e labbra carnose. È la sua ex ragazza, Nora. Alla sua sinistra vede un'altra persona, o sarebbe meglio dire una “personcina”: una bambina con i capelli biondi come i suoi, e gli occhi verdi come quelli di Nora. La bambina sta raccontando la sua giornata, dice di aver preso un bel voto in una verifica. Nora si congratula con lei: “Ma sei stata bravissima, Fiore!”.
“Fiore, che bel nome. Se avessi avuto una figlia, avrei scelto proprio quello. Sarebbe stata il mio fiore”.Le immagini cambiano nuovamente. Fiore è ormai una donna adulta, stringe per mano una bambina. Tom e Nora sono diventati anziani. Si trovano sul portico della loro casa, salutano con la mano la figlia e la loro nipote mentre salgono in macchina e partono. Vedono il veicolo allontanarsi sempre di più all'orizzonte e si guardano compiaciuti. Il sole sta tramontando e loro si baciano, ricordando loro stessi da giovani quando progettavano il loro futuro insieme.
All’improvviso, un buio totale. La TV si spegne. Tom si trova nuovamente nel silenzio assordante della stanza bianca, senza porte né finestre, la TV muta. Passano i minuti, forse le ore, forse degli anni. Impossibile dirlo. La stanza è fuori da ogni concezione di tempo e spazio.
Finalmente il silenzio di interrompe, il televisore si riaccende e rippare il Tom in gran forma:
- Bello, vero?
- Bellissimo - risponde Tom dalla sedia su cui è seduto.
- Dunque, sei contento della tua vita, Tom?
- No, per niente. Questa non è la mia vita. Questo è solo un sogno, un bellissimo sogno. E i sogni sono tali perché, se mai si avverassero, non sarebbero più sogni, ma realtà. E la mia vita è distantissima da questa realtà.
- è qui che ti sbagli, Tom. Questa sarebbe potuta essere la tua vita.
- Tu dici?
- Certo, ma credo che ormai sia tardi.
- Mi sa che hai proprio ragione - risponde Tom seduto sulla solita sedia, mentre piange e singhiozza come un bambino. Poi continua:
- Perché mostrarmi questo proprio adesso?
Il Tom dentro al tubo catodico accenna un sorriso, si gira e si incammina verso un orizzonte indefinito alla fine dello schermo della TV, mentre alza la mano in segno di saluto.
- Perché tutti noi, per quanto possiamo sbagliare, meritiamo un bel finale. O almeno, meritiamo di poterlo sognare.
Ogni cosa sparisce. La stanza senza finestre né porte, la televisione a tubo catodico, la sedia, perfino Tom. Tutto crolla e collassa su se stesso.
C'è un divano tutto logoro, circondato da immondizia in mezzo a una squallida stanza male illuminata. Steso sopra c'è Tom, ha ancora l'ago infilato nel braccio, il suo cuore non batte più. Sul suo volto si stanno asciugando le lacrime, le sue labbra sorridono.
Fine
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