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libribeo · 3 years
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1. L’elefante Che cosa c’entra il manzo con le palme? *** “Abbiamo davvero paura per i nostri figli”, mi disse un abitante del villaggio. “Che succede se stanno giocando mentre noi non ci siamo? Chi li aiuterà?”. C0era stata un’incursione la notte precedente, e la comunità si era riversata tutta fuori. La polizia era già sul post. Gli animi si stavano scaldando. Eravamo nel nord di #Sumatra, in un posto chiamato #Bangkeh. Strinsi la mano di alcuni locali, che sembravano contento di vederci. La presenza di una troupe straniera era un’occasione per raccontare la loro storia, e lor erano ansiosi di far conoscere al mondo esterno quello che stavano passando. Un uomo in abito di cerimonia stava in piedi, con volto severo, mentre dei bambini eccitatissimi gli scorrazzavano intorno. Alcuni degli adulti sembravano solo traumatizzati. Sulla scena del crimine tutti si sbracciavano parlando dell’arrivo e dell’allontanamento dell’aggressore. Le prove dell’assalto della notte precedente giacevano in mille pezzi sul terreno. Al limitare della foresta, la parete di una semplice casa di legno era stata strappata via. La stanza, addobbata con il bucato steso, ora era esposta agli elementi. C’era qualcosa di piuttosto miserevole in quei vestiti inzaccherati. Farli asciugare era adesso l’ultimo dei problemi per gli inquilini. Dopo l’incursione e il furto con scasso l’aggressore era di nuovo fuggito nella foresta, lasciando i terrorizzati abitanti del villaggio nella paura di un suo ritorno. Forse attratto dagli odori delle cucine, era arrivato in cerca di riso, rinomato per la sua qualità nella zona. Sebbene fosse fuggito via di corsa, aveva ricevuto qualche aiuto che lo aveva convinto ad allontanarsi. La polizia era stata costretta a spingerlo via e a sgombrare la zona sparando. “Tornerà fra tre mesi, e poi ancora e ancora”, sospirò il capo del villaggio, #SarifuddwAji. Chi era quell’oscuro figuro con la passione per il buon riso? La risposta si trova nelle ricche foreste di Sumatra, che ospitano una straordinaria varietà di animali esotici, fra cui tigri, rinoceronti, oranghi e orsi malesi. La foresta è anche l’habitat dell’elefante di Sumatra, una specie in grande pericolo... (presso Marsala) https://www.instagram.com/p/CPh7Ko8JTfu/?utm_medium=tumblr
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libribeo · 3 years
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1. A che cosa servono le emozioni? “Non si vede bene che col cuore. L’essenziale è invisibile agli occhi.” – Antoine De Saint-Exupéry, “Il piccolo principe” *** Proviamo ad analizzare gli ultimi istanti della vita di Gary e Mary Jane Chauncey, una coppia che si era completamente consacrata alla figlia undicenne Andrea costretta sulla sedia a rotelle da una paralisi cerebrale. La famiglia Chauncey si trovava su un treno che precipitò in un fiume della #Louisiana mentre percorreva un ponte in precedenza urtato da una chiatta. Pensando per prima cosa alla figlia, Gary e Mary Jane fecero tutto quello che poterono per salvare Andrea mentre l’acqua inondava il treno che affondava; in un modo o nell’altro, riuscirono a spingere la bambina fra le braccia dei soccorritori, facendola passare da un finestrino. Poi, quando il vagone affondò completamente, annegarono. Come un’istantanea, la vicenda di Andrea – e quella di tutti quei genitori il cui ultimo atto eroico è volto a garantire la sopravvivenza dei figli – fissa davanti ai nostri occhi un momento di coraggio di portata quasi epica. Eventi di questo tipo, nei quali i genitori si sacrificano per la prole, si sono sicuramente ripetuti infinite volte non solo nel corso della storia e della preistoria umana, ma anche in quello, ben piú lungo, della nostra evoluzione. Considerato dal punto di vista dei biologi evoluzionisti, il sacrificio dei genitori è un comportamento che tende ad assicurare il «successo riproduttivo», ossia la buona riuscita del passaggio dei propri geni alle generazioni future. D’altra parte, se è visto con gli occhi di un genitore che stia prendendo una decisione disperata in un momento critico, lo stesso atto non è altro che amore. Svelandoci lo scopo e il potere delle emozioni, questo esempio di #eroismo parentale testimonia il ruolo dell’amore altruista – e di qualunque altra emozione – nella vita umana. L’episodio ci dimostra come i sentimenti più profondi, le passioni e i desideri più intensi siano per noi guide importantissime, alla cui influenza sulle vicende umane la nostra specie deve in gran parte la propria esistenza. Si tratta di un’influenza davvero molto... (presso Marsala) https://www.instagram.com/p/CPbO9Skps6J/?utm_medium=tumblr
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libribeo · 3 years
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1. I piú antichi interrogativi *** “Lavoreremo tutti per una macchina intelligente o sarà quella macchina a essere usata da persone intelligenti?” Era il 1981 quando il giovane manager di una cartiera mi fece questa domanda, tra il pesce fritto e la torta di noci. Era la mia prima serata nella cittadina del Sud che ospitava il loro enorme stabilimento e che nei sei anni a venire, per alcuni periodi, avrei chiamato “casa”. In quella notte di pioggia le sue parole inondarono la mia mente, sommergendo l’incalzante tap tap tap delle gocce sul tendone che ci riparava. Riconobbi i piú antichi interrogativi politici: casa o esilio? Signore o sottoposto? Padrone o schiavo? Sono temi eterni, che riguardano la conoscenza, l’autorità e il potere, e che non potranno mai essere risolti una volta per tutte. La storia non finisce mai; ogni generazione deve imporre la propria volontà e la propria immaginazione, e ogni epoca è segnata da nuove minacce che obbligano a ridiscutere tali questioni. La voce del manager della cartiera era carica di impazienza e frustrazione, forse perché non aveva nessun altro a cui rivolgersi: “Che succederà? Cosa bisogna fare? Devo saperlo subito. Non c’è tempo da perdere”. Anch’io volevo quelle risposte, e cosí diedi inizio a quel progetto che trent’anni fa diventò il mio primo libro, “In the Age of the Smart Machine: The Future of Work and Power”. Sarebbe diventato poi il primo capitolo di un’intera vita passata a cercare di rispondere alla domanda: “Potremo chiamare casa il futuro digitale?”. Sono passati molti anni da quella calda serata nel Sud, ma quegli interrogativi sono tornati a risuonare con piú vigore che mai. Il mondo digitale sta prendendo il sopravvento, ridefinendo qualunque cosa prima che ci sia offerta la possibilità di riflettere e decidere. Possiamo apprezzare gli ausilî e le prospettive che ci offre l’interconnessione, ma allo stesso tempo vediamo aprirsi nuovi territorî fatti di ansia, pericoli e violenza, mentre l’idea stessa di un futuro prevedibile svanisce per sempre. Oggi miliardi di persone, di ogni strato sociale, età e provenienza, devono rispondere a quegli interrogativi... (presso Marsala) https://www.instagram.com/p/CPVMcPmJnSF/?utm_medium=tumblr
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libribeo · 3 years
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Okoloma era uno dei miei piú cari amici d’infanzia. Abitava nella mia stessa strada e si prendeva cura di me come un fratello maggiore. Se mi piaceva un ragazzo, gli chiedevo che ne pensava. Okoloma era spiritoso e intelligente e portava stivali da cowboy a punta. È morto nel dicembre del 2005 in un incidente aereo nel sud della #Nigeria. Faccio ancora fatica a esprimere a parole cosa ho provato allora. Okoloma era uno con cui potevo discutere, ridere, parlare davvero. Era anche la prima persona ad avermi dato della #femminista. Avrò avuto quattordici anni. Eravamo a casa sua e discutevamo riempiendoci la bocca di idee traballanti ricavate dalle nostre letture. Non ricordo di cosa stessimo discutendo. Ma ricordo che, mentre snocciolavo i miei argomenti: Okoloma mi guardò e disse: «Sei proprio una femminista». Non era un complimento. Lo intuii dal tono, lo stesso con cui uno direbbe: «Quindi difendi il terrorismo». Non sapevo l’esatto significato della parola «femminista». E non volevo che Okoloma sapesse che non lo sapevo. Cosí ripresi la discussione facendo finta di niente, ripromettendomi di cercare la parola sul vocabolario non appena fossi tornata a casa. Ora andiamo avanti di qualche anno. Nel 2003 ho scritto un romanzo intitolato “L’ibisco viola”. Parla di un uomo che, tra le altre cose, picchia la moglie, e che non fa una bella fine. Mentre promuovevo il libro in Nigeria, un giornalista – un signore gentile e benintenzionato – mi ha voluto dare un consiglio (come forse saprete, i nigeriani sono sempre pronti a dare consiglî non richiesti). Mi ha detto che secondo molte persone il mio era un romanzo femminista, e il suo consiglio – parlava scuotendo la testa con aria triste – era di non definirmi mai femminista, perché le femministe sono donne che non trovano marito e, dunque, infelici. Cosí ho deciso di definirmi una Femminista Felice. Continua fra i commenti. (presso Marsala) https://www.instagram.com/p/CPP3AGVJ_oq/?utm_medium=tumblr
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libribeo · 3 years
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Quando tutto sembra perduto – proprio tutto –, c’è qualcuno che scavando sotto le macerie mette in salvo dei tesori: perché altre generazioni li possano usare. Questa è una storia che si dipana lungo molti secoli. Forse troppi, se li misuriamo con l’impazienza di noi contemporanei. Ma la strada che porta dall’antica Roma al Rinascimento è un percorso breve, nell’arco della storia umana. Pandemia e #CambiamentoClimatico, calo demografico e impoverimento economico. Per noi occidentali del XXI secolo questo «paesaggio» è familiare. Lo era anche per i Romani del Basso Impero. Sulla caduta di Roma molti di noi hanno assorbito buone conoscenze fin dagli anni scolastici; ma è una vicenda che continua a essere riesaminata, è oggetto di nuove scoperte, perché gli studi storici vengono aggiornati con l’aiuto di altre discipline scientifiche. Lo storico americano #KyleHarper descrive gli ultimi secoli dell’impero d’Occidente come una concatenazione di crisi epidemiologiche e ambientali, che fiaccano le resistenze alle invasioni barbariche e precipitano l’Europa intera verso un arretramento politico, sociale, tecnologico, culturale. Pubblicato in inglese nel 2017, il saggio di Harper non è uno dei tanti instant-book scritti dopo il coronavirus. Fondato su solide basi scientifiche, dalle rivelazioni sui ghiacciai alle analisi del DNA, è un affresco angosciante sulla ritirata di una delle civiltà piú avanzate della storia. «Pur immaginando che la peste di Giustiniano avesse ucciso metà della popolazione, esistevano pur sempre degli esseri umani sparsi sul territorio. La verità è che in alcune regioni dell’impero era diventato difficile trovarli. Dalle testimonianze materiali dell’Italia le persone sembrano misteriosamente sparite. Villaggi e fattorie che da un migliaio di anni sostentavano un notevole livello di civiltà sembrano per la maggior parte scomparsi. … L’Italia retrocesse barcollando a livelli di tecnologia e cultura materiale che non si erano visti neppure prima degli etruschi. L’alleanza tra guerra, invasioni straniere, peste e cambiamento climatico cospirò per invertire un millennio di progresso materiale e trasformò l’Italia in una zona arretrata... (presso Marsala) https://www.instagram.com/p/CPLE86BJNc8/?utm_medium=tumblr
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libribeo · 3 years
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“Il libro della Sociologia. Grandi idee spiegate in modo semplice”: donato! ✔ Questo librone concentra le maggiori correnti sociologiche in poche pagine per ciascuna, per consentirci di entrare nel mondo della #Sociologia con una visione generale. Pieno di mappe concettuali, aforismi, didascalie e una spiegazione essenziale dei piú grandi autori di questo argomento, questo testo ci consentirà di... capirci qualcosa! Come sempre è solo e soltanto grazie alle donazioni di voi libribetani che il progetto #Libribeo va avanti. Anche oggi abbiamo arricchito la biblioteca di #Marsala con un crowdfunding da 1€ a testa. Daje. Se voi ci siete, Libribeo c'è. Buona lettura! ❇ (presso Marsala) https://www.instagram.com/p/CPGmnXPJZsd/?utm_medium=tumblr
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libribeo · 3 years
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Un agricoltore bianco promise la libertà e un pezzo di terra bassa a un suo schiavo, in cambio di alcuni lavori massacranti. Quando lo schiavo li ebbe ultimati, andò dal padrone a riscuotere il compenso. Il fattore non aveva niente in contrario a restituirgli la libertà, ma non voleva cedere nemmeno un pezzo di terra. Cosí disse allo schiavo che era spiacente, che avrebbe voluto dargli un pezzo del Fondo, ma che invece era costretto a dargli un pezzo di terra della vallata. Lo schiavo fece tanto d’occhi e rispose di essere convinto che la terra bassa fosse appunto la terra della valle. Il Padrone replicò: «Oh, no! Vedi quelle colline laggiú? Quella è la terra bassa, ricca e fertile». «Ma è là in alto, sulle colline», osservò lo schiavo. «In alto dal nostro punto di vista», replicò il padrone «ma quando Dio guarda giú, per lui è il fondo. Per questo la chiamiamo cosí. È il fondo del cielo… è quella la terra migliore.» Cosí lo schiavo insistette col padrone per riuscire a strappargliene un poco. La preferí a quella della vallata. Cosí fu. Il negro ottenne la terra in collina, dove seminare spaccava la schiena, dove il suono franava e spazzava via le sementi, dove il vento batteva tutto l’inverno. Ecco perché, in quella città fluviale dell’Ohio, i bianchi vivevano sul fertile terreno della vallata e i neri popolavano le colline che la sovrastavano; la loro unica magra consolazione era di poter guardare ogni giorno i bianchi dall’alto. Eppure, lassú sul Fondo era piacevole. La tenuta agricola si era tramutata in villaggio, il villaggio in città, la città era cresciuta e il progresso rese afose e polverose le strade di Medallion; gli enormi alberi che riparavano le baracche del Fondo apparivano meravigliosi. Tanto che i cacciatori si chiedevano se l’agricoltore bianco, dopo tutto, non avesse detto sul serio. Forse era davvero il fondo del paradiso. I negri non sarebbero stati d’accordo, ma non avevano tempo di pensarci. Erano troppo presi da problemi terrieri – sin dal 1920 si domandavano chi fosse Shadrack, chi fosse Sula, quella ragazzina che si fece donna nella loro città, chi mai fossero loro stessi – e continuavano a rompersi la schiena lassú sul Fondo. (presso Ohio) https://www.instagram.com/p/CO-Pda2pi_o/?igshid=qe9ycm9n5umy
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libribeo · 3 years
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Capitolo 1 Sua Maestà la Canapa * Da Nang, Vietnam, 1997. Ho quattordici anni e sono in viaggio con i miei genitori. Una vacanza on the road da nord a sud, da Hanoi a Ho Chi Minh. Due settimane a bordo di pullman sgangherati per attraversare quella fetta di sud-est asiatico immersa nella giungla. Una bella esperienza, come qualsiasi avventura non preconfezionata. Mio padre e mia madre sono viaggiatori rodati e sanno come muoversi nel mondo. Senz’altro l’eredità piú preziosa che mi abbiano mai lasciato e trasmesso. Vengono a conoscenza di un’escursione particolare, una gita in barca di un giorno che va assolutamente fatta, “provare per credere”. E allora via, si prenota il giro nel piccolo ufficio di un tour operator locale e la mattina seguente si parte. Tutti a bordo di un anonimo dodici o tredici metri a due piani, le classiche imbarcazioni da gira di gruppo. In tutto siamo una trentina, tra cui molti turisti americani, qualche australiano e pochi europei. L’età media è sui trent’anni, io sono l’unico adolescente. Lo staff è composto da sei membri. Il capitano è Lady Mama, un’anziana signora bassa e robusta, un po’ ambigua e forzatamente simpatica, che dispensa grandi sorrisi ai partecipanti. Cielo azzurro e poche onde, usciamo dal piccolo porto verso il mare aperto, il mar cinese meridionale. Dopo un’ora abbondante di navigazione ci avviciniamo a una splendida insenatura con acqua cristallina e rocce a picco sul mare. Lady Mama impartisce gli ordini urlando ai marinaî che eseguono correndo sul ponte. Buttano l’ancora e tutti si tuffano entusiasti per un bagno. Pochi minuti dopo entra in acqua anche Lady Mama, sorretta da un galleggiante, spingendo davanti a sé un vassoio particolare stile porta pop-corn. Nuotando lentamente si avvicina a un turista, prende dal vassoio un barattolo di vetro e da quello estrae una strana sigaretta piú grande del normale, gliela passa e infine gliela accende. Il tizio aspira con ingordigia e subito dopo gli si stampa sulla faccia un sorriso a trentadue denti. Sguazza in un mare turchese, sotto il solleone e con in mano – quello che poi scoprirò essere – uno spinello di erba spaziale. È in paradiso e non gli sembra vero... (presso Marsala) https://www.instagram.com/p/CO5Jm9vJmR1/?igshid=bbqa3b7ibqkj
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libribeo · 3 years
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TIRARSI FUORI I ragazzi del buco, Jean-Claude Van Damme e la Madre Superiora * Sick Boy era coperto di sudore; tremava tutto. Io me ne stavo lí schiaffato davanti alla tele, cercando di non dargli retta, a quel coglione. Mi buttava giú. Provai a concentrarmi sulla cassetta di Jean-Claude Van Damme. Come in tutti i film del genere, l’inizio era drammatico: era quasi obbligatorio. Poi, nel pezzo che veniva dopo c’era un grande sforzo per creare atmosfera, facendo tra l’altro entrare in scena il cattivo, e per far stare in piedi una trama proprio scacata. Comunque, Jean-Claude sembrava pronto a menare le mani da un momento all’altro. «Rents, devo vedere la Madre Superiora», fa Sick Boy col fiato corto, scuotendo la testa. «Ah», faccio io. Volevo mandarlo affanculo. Perché non si levava dai coglioni? Io volevo restarmene lí con Jean-Claude. Però già sapevo che stavo per sfasciarmi anch’io, non ci mancava molto, e se quello andava a farsi adesso poi mi lasciava a secco. Lo chiamano Sick Boy non perché sta sempre male per crisi da astinenza, ma perché è un coglione che ha la testa fuori posto. «Andiamo, cazzo.» «Aspetta un momento.» Volevo vedere Jean-Claude farlo a pezzi, quello stronzo che se la tirava tanto. Se ce ne andavamo adesso, rischiavo di non vederlo piú. Al ritorno sarei stato troppo fottuto, poi magari non tornavamo prima di due o tre giorni. Cosí gli dovevo pagare anche la multa a quel negozio del cazzo, per una cassetta a cui non avevo dato neanche un’occhiata. «Devo andare, cazzo, e subito!» ulula lui, alzandosi in piedi. Se ne va dalla finestra e ci si appoggia contro: respira pesante, da animale braccato. Negli occhi ha un bisogno disperato e nient’altro. Io allora spengo il video col telecomando. «Cazzo, che spreco», ringhio in faccia a quel coglione, a quel colossale rompipalle. Lui getta la testa all’indietro, con uno scatto, e tira su gli occhi verso il soffitto. «Te li do io i soldi per riaffittarla. È solo per questo che sei tanto incazzato? Per cinquanta miseri pence?» Il coglione ha quel modo tutto suo di farti sentire un vero bastardo. «Non è questo il punto», gli dico, ma senza troppa convinzione. «Già. Il punto è... (presso Edinburgh) https://www.instagram.com/p/CO2kCXYpBoT/?igshid=e4nmbs1v6gnt
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libribeo · 3 years
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“La guerra civile fredda” (by D. Luttazzi): donato! Nel 2009, dopo la seconda cacciata dalla televisione, #DanieleLuttazzi pubblicò questo libro di #satira. Rispetto alla sua ultima opera 2007 il contesto politico è completamente mutato: oltre la crisi mondiale, il ritorno al governo di #SilvioBerlusconi e l’inamovibilità gattopardesca dell’editto bulgaro, nel 2010 la Rai operò un’altra censura antidemocratica: in vista delle elezioni regionali furono vietati i talk show politici, quindi soprattutto #Annozero di #MicheleSantoro, notoriamente inclemente nei confronti del miliardiario; stavolta, però, la censura ricevette un contraccolpo unico nella storia della televisione italiana. Stiamo parlando di “#Raiperunanotte”, un’iniziativa di Santoro che raccolse oltre 50 mila firme per essere mandata in onda; libera dal condizionamento politico-televisivo di Mediaset e Rai, fu trasmessa sul web, ebbe uno share incredibile di 3 milioni di telespettatori e segnò l’inizio del sorpasso della televisione, realtà affermata oggi agli albori dei nuovi anni ‘20. In questo unico episodio si concretizzò il ritorno di Luttazzi di fronte alle telecamere, con un monologo di 15 minuti presi da questo libro che dopo anni di incontrastato e forzato dominio berlusconiano riportò una critica satirica e dissacrante nei suoi confronti. Mentre la televisione censurava e censura Luttazzi, mandava e manda in onda programmi spazzatura atti a distrarre e mantenere l’ignoranza del telespettatore sul mondo reale. Che dire, i libri di Luttazzi sono ciò che resta della sua attività teatrale. Del resto il jet set televisivo lo aveva cacciato via. Ne #LaGuerraCivileFredda, oltre alla satira sociale, #Luttazzi spiega la #NarrazioneEmotiva, il #GolpeAlRallentatore e altri concetti illuminanti. Il 2009 è l'ultimo anno delle sue apparizioni teatrali, prima del #killeraggio #Mediaset che distrusse la sua immagine pubblica mettendo in moto la macchina del fango: vennero sfruttate le accuse di plagio per togliere di mezzo un serio pericolo per la popolarità di #Berlusconi. Buona lettura! (presso Marsala) https://www.instagram.com/p/COnD2-1pCnT/?igshid=5yqgebznxfzi
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libribeo · 3 years
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Amicizia Un tempo lontano, quando il direttore dell’Accademia di Belle Arti di Vienna mostrò tutta la sua incompetenza rifiutandomi l’accesso per la seconda volta, mi decisi a scrivergli una lettera, nella quale intendevo anzitutto augurare al malcapitato un rapido e fuggevole decesso dovuto a complicazioni di natura emorroidale, manifestare inoltre la volontà di radere al suolo la sua abitazione, nonché aggiungere dettaglî che si potrebbero definire “nativi del volgo” circa le velleità professionistiche della sua propria madre, benché non la conoscessi ma potessi comunque intuirne il prezzario. Trovandomi davanti al foglio bianco cercai di raccogliere i pensieri. Proprio mentre le Muse mi suggerivano le esatte parole un grosso roditore spuntò dal nulla ed inghiottí in un sol boccone il calamaio regalatomi dalla mia adorata e defunta madre. In un solo attimo la rabbia per la perdita di un oggetto tanto prezioso si sommò al mio odio congenito per i ratti e alla volontà di impedire che un cosí disgustoso imprevisto potesse interferire con i miei progetti diffamatorî nei confronti di una certa genitrice di facili costumi: fulmineamente la mano che impugnava il pennino guizzò ancor prima che la mente lo avesse deciso, piantò il suddetto pennino nella schiena del roditore. Morí con sofferenze atroci per lui ma soddisfacenti per me. Potei quindi intingere il pennino nell’inchiostro passando direttamente dal foro praticato tra le scapole del roditore, che elessi a mio nuovo calamaio, scrissi la mia lettera rinvigorito da questa mia inaspettata capacità di azione e risoluzione dei problemi. In compenso non ebbi mai risposta dal figlio di madre festaiola. Tempo dopo, arruolatomi orgogliosamente nell’esercito bavarese durante il primo conflitto mondiale, spesso tentai di raccontare ai miei commilitoni l’accaduto, mostrando quel disegno. Tutti mi chiedevano: «Come mai hai disegnato un panzer?» Allora mi vedevo costretto a disegnarlo visto dall’interno. Loro mi dicevano «Ah… sí, certo!», poi mi davano una pacca sulle spalle e andavano via. Imparai che gli uomini hanno proprio bisogno di una guida, altrimenti da soli non riescono a capire niente e perdono le guerre... (presso Marsala) https://www.instagram.com/p/COiK19LJAJ5/?igshid=7st6xfrpocq5
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libribeo · 3 years
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È peggio, molto peggio di quel che pensate. La lentezza del cambiamento climatico è una favola, forse altrettanto pericolosa di quella che ci dice che non stia accadendo affatto, e ci viene offerta insieme a diverse altre, in un florilegio di rassicuranti illusioni: che il riscaldamento globale sia una saga artica che si svolge in luoghi remoti; che sia un problema che riguarda esclusivamente il livello dei mari e le zone costiere, non una crisi globale che non risparmierà alcun luogo e non lascerà inalterata alcuna forma di vita; che sia una crisi del mondo della «natura» , non di quello umano; che questi siano due cose distinte, e che oggi noi viviamo in qualche modo al di fuori o al di là, o comunque siamo protetti, rispetto alla natura, e non ineluttabilmente connessi e totalmente sovrastati da essa; che la ricchezza possa essere uno scudo contro le devastazioni del riscaldamento globale; che bruciare combustibili fossili sia il prezzo per avere una crescita economica continua; che la crescita, e la tecnologia che produce, ci mettano inevitabilmente in grado di escogitare una via d’uscita dal disastro ambientale; che nell’ormai lunga storia dell’umanità ci sono stati altri casi di minacce analoghe a questa per dimensioni o portata, per cui possiamo essere fiduciosi sul fatto di venirne a capo. Niente di tutto ciò è vero. Ma partiamo dalla velocità del cambiamento. La Terra ha sperimentato cinque estinzioni di massa prima di quella che stiamo vivendo ora, ognuna delle quali ha spazzato via le testimonianze fossili in modo cosí radicale da agire alla stregua di un reset dell’evoluzione. E come se l’albero filogenetico del pianeta si fosse espanso e avesse poi collassato, a intervalli, come un polmone: quattrocentocinquanta milioni di anni fa morí l’86% di tutte le specie; settanta milioni di anni dopo, il 75 per cento; centoventicinque milioni di anni dopo, il 96 per cento; cinquanta milioni di anni dopo, l’80 per cento; centotrentacinque milioni di anni dopo, di nuovo il 75 per cento. [Continua al primo commento] (presso Pianeta Terra) https://www.instagram.com/p/COaHC12ph4L/?igshid=gxlz469c4qj
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libribeo · 3 years
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L’omofobia frantuma anche le rassicuranti condizioni storiche. Basta prendere una cartina e segnalare dove si sono consumati nel 2019 gli oltre duecento casi di omofobia. La prova epidemiologica è semplice, prendo delle puntine da disegno, stendo la carta geografica sul tavolo e fisso una puntina che corrisponda a ogni singola città dove si è registrato un episodio di aggressione. Il colpo d’occhio è micidiale. Ci troviamo di fronte a un’Italia a macchia di leopardo che non rispetta la tradizionale divisione fra Nord e Sud. Poi per capire meglio basta fare silenzio e mettersi in ascolto. Dall’uscita dell’inchiesta “#CacciaAllOmo” pubblicata sul settimanale L’Espresso, quell’Italia l’ho girata. Le associazioni volevano presentare l’inchiesta, io volevo andare ad ascoltare cosa ne pensavano. Erano d’accordo? Sono un militante, sí, ma del dubbio, l’unica religione a cui sono devoto: la domanda sul perché delle cose, sulla ragione delle cose è l’unica tessera che porto sempre con me, l’unica preghiera, non ne ho altre. Da Palermo a Pordenone ho solo trovato un bisogno vero di raccontarsi. C’è questo clima di caccia in Italia? Sí, c’è, forse anche qualcosa di piú. Nelle sedi delle associazioni, nei teatri, nelle piazze il dibattito diveniva un counseling. Lo schema è sempre lo stesso. Entro in una sala e mi trovo di fronte una fila di persone. Sono gay, lesbiche, trans, genitori e amici di chi è stato aggredito negli ultimi mesi. Vogliono raccontare cosa è successo. Non cercano titoli di giornale, ribalta, non cercano pietà, cercano comprensione e ascolto. Mentre mi trovo a #Lucca – la città murata dove #CasaPound alle ultime elezioni ha preso l’8% – sul finale, dopo aver conversato sui destini della comunità Lgbt, dell’informazione distratta (distorta), una ragazza del secolo scorso, seduta accanto alla sua compagna di una vita, si alza e riferendosi al #CongressoDellaFamiglia mi chiede sinceramente: “Ma perché hanno paura di noi?”. Perché ci odiano? Una domanda cosí: definitiva. Non so se ho dato la risposta giusta. La nuova paura, quella che contagia i giorni, i pensieri, è, credo, mi pare, la paura dell’altro. La paura dello specchio. Continua fra i commenti. (presso Italy) https://www.instagram.com/p/COVGqCGpjOv/?igshid=vozy355ho3s8
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libribeo · 3 years
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UN MOMENTO EDUCATIVO Il suo primo ricordo è un’esecuzione. Insieme alla madre raggiunse un campo di grano vicino al fiume Taedong, dove le guardie avevano radunato migliaia di prigionieri. Eccitato da tutta quella folla, il piccolo riuscí ad aprirsi un varco tra le gambe degli adulti fino a conquistare la prima fila, da cui poté osservare le guardie legare un uomo a un palo. Shin In Geun aveva quattro anni, troppo pochi per capire il discorso pronunciato prima dell’uccisione. Negli anni a venire comunque quel discorso lo avrebbe ascoltato dozzine di volte: l’incaricato di turno raccontava alla folla che al condannato era stata offerta la possibilità di “redimersi” attraverso i lavori forzati, ma che era stato egli stesso a rifiutare la generosità del governo nordcoreano. Per evitare che maledicesse lo Stato che lo stava privando della sua stessa vita, al prigioniero fu riempita la bocca di sassi e poi gli fu coperta la testa con un cappuccio. Shin vide tre guardie prendere la mira e fare fuoco tre volte ciascuna; spaventato dal fragore degli spari cadde all’indietro, ma riuscí a rialzarsi giusto in tempo per vederle trascinar via un corpo inerte ricoperto di sangue, avvolgerlo in una coperta e gettarlo su un carro. Nel Campo 14, campo di prigionia per i nemici politici della Corea del Nord, era assolutamente vietato radunarsi in piú di due persone: l’unica eccezione erano le esecuzioni, a cui tutti avevano l’obbligo di assistere. Le uccisioni pubbliche, e la paura da esse generata, venivano utilizzate come momenti educativi. Le guardie di Shin all’interno del campo, nella doppia veste di insegnanti e allevatori, avevano prima selezionato chi sarebbero stati sua madre e suo padre e poi, una volta venuto al mondo, gli avevano insegnato che i prigionieri che infrangono le regole meritano la morte. Su una collina vicino alla sua scuola campeggiava una scritta: «Tutto secondo le norme e i regolamenti». Shin imparò a memoria le dieci regole del campo - «i dieci comandamenti», come piú tardi le avrebbe chiamate – e ancora oggi è in grado di recitarle a memoria. La prima era questa: «Chiunque verrà sorpreso a tentare la fuga verrà fucilato all’istante». (presso North Korea) https://www.instagram.com/p/COQBjZRpzyg/?igshid=s2m42yieuyqc
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libribeo · 3 years
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Nella stanza del silenzio *** Una delle donne in camice bianco che da piú di dieci anni prova ad entrare in contatto con chi sopravvive e arriva sulle nostre coste con l’anima devastata è #GiuppaCassarà, responsabile dell’ambulatorio Vittime di tortura del Policlinico di Palermo e specialista in Medicina delle migrazioni. «Quello che è accaduto e che sta accadendo ancora in Libia è orribile e quasi incredibile. Le storie che abbiamo raccolto dal 2005 fino a ora, dalle donne, dai ragazzini e dagli uomini che sono riusciti a raggiungere l’Italia, sono sconvolgenti e lasceranno per sempre i segni in queste persone, che sono state vittime di torture e sevizie di ogni genere». In quella «stanza del silenzio sono passati centinaia e centinaia di migranti che, a fatica, hanno raccontato la loro odissea, l’inferno in cui hanno vissuto, nei loro paesi d’origine e soprattutto in Libia, dove molti sono stati costretti a rimanere anche per anni prima di trovare una barca o un gommone per raggiungere l’Italia. «Sono soprattutto gli uomini che parlano, che raccontano di piú. Le donne si aprono piú raramente, hanno vergogna, quasi tutte sono incinte o hanno appena partorito i figli dei loro violentatori e dei loro carnefici. Le torture sessuali non riguardano soltanto le donne, ma anche i ragazzini, e gli uomini sono sottoposti a veri e propri atti di sadismo. E la tortura non ha il solo fine di estorcere denaro ai loro familiari rimasti in patria, ma è il simbolo della capacità di annientarli fisicamente e soprattutto psicologicamente. In #Libia sono considerati, come raccontano le vittime che abbiamo ascoltato, come degli animali. Spesso mi dicono: “Non si può raccontare quello che mi hanno fatto, posso raccontarti quello che resta, le ferite che vedi e quel che accade dentro le nostre teste, il ricordo dei figli uccisi davanti ai nostri stessi occhi. Ti posso raccontare che a fatica riusciamo a bere e a mangiare, perché questo ci ricorda come i libici ci ‘assistevano’. Lo sai che quelle bestie urinavano su tutti i nostri pasti e ci costringevano a mangiare anche i loro escrementi? Ci trattavano come vermi e noi ci sentivamo peggio degli scarafaggi. Ci tenevano in (presso Libia) https://www.instagram.com/p/COLk1rUpkHz/?igshid=958994zr6um8
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libribeo · 3 years
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Dal momento in cui prendi contatto visivo con un possibile obiettivo sul radar che potrebbe essere qualsiasi cosa e che però ti sembra animato, quando lo vedi sullo schermo non hai tregua. Sono solo colori fosforescenti che brillano come tutti i segnali che il radar trasforma in immagini digitali. Ma nella tua testa inizi a immaginarli come situazioni concrete. Quel puntino, quando diventa qualcosa di reale ti toglie il fiato, perché capisci l’immensità del mare, la sua bellezza e la sua terribile potenza allo stesso tempo, perché vedi da lontano qualcosa che si muove, pensi che dentro ci sono uomini, donne e bambini ammassati in una fragile barca di gomma che sta al livello del mare, gente che può toccare l’acqua e immaginare il fondo, abbarbicata al peso dell’acqua. Attorno non c’è nulla, è tutto una solidità liquida percorsa da una luce di vuoto oppure da una oscurità piena di incognite. È impossibile non capire con quale terrore questi esseri umani convivono per un tempo lunghissimo. Poi finalmente il gommone appare all’orizzonte: è ancora a galla, scorgo braccia che si agitano, esseri umani di cui non distinguo i contorni. Sono persone, persone vive, su un gommone blu mezzo sgonfio immobile che dondola sulle onde e che non ha niente attorno per centinaia di miglia, ovunque si giri lo sguardo sui 360 gradi dell’orizzonte. Sotto di loro ci sono mille metri d’acqua, una profondità immensa. Quest’immagine irreale sospesa come una specie di miraggio mi rimarrà ficcata in testa per sempre. Per un attimo tutta la #MareJonio è quasi immobile a guardare la scena. Noi qui, loro là. Persone. Poi scatta il meccanismo dell’emergenza, perché un’altra cosa che capisci immediatamente davanti a un’immagine del genere è la precarietà, l’instabilità, l’urgenza di dare una mano, di soccorrere immediatamente, è come vedere qualcuno sull’orlo di un baratro: da un momento all’altro può andar giú. I gommoni dalle forme goffe usati dagli scafisti sono solitamente di produzione cinese, tubolari di gomma con un fondo di legno piatto, e dietro un motore molto piccolo, si vede anche da miglia di distanza che sono usa e getta, che non potrebbero mai reggere il mare aperto, magari ci… (presso Canale di Sicilia) https://www.instagram.com/p/CNe-KXbpIfm/?igshid=15s5f3mv2z478
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libribeo · 3 years
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“Lepidezze postribolari” (by D. Luttazzi): donato! Luttazzi cava le risate come denti. Le strappa a forza dalla vostra bocca e vi lascia lì stupiti di aver riso. (- Goldmund100 da www.anobii.com) Nel 2007 #DanieleLuttazzi pubblica questo libro. Il 2007 è anche l’anno, dopo sei consecutivi di censura antidemocratica, in cui ritorna in televisione con un suo programma satirico: è “Decameron” su La7. Lo trovate su YouTube. Ironicamente, alla quarta puntata anche questo programma subisce una nuova censura che pone fine alla libertà di satira e quindi di espressione nella televisione italiana: con il pretesto di una battuta su #GiulianoFerrara, il programma viene cancellato alla quarta puntata. Luttazzi vince la causa e La7 lo risarcisce in quanto il licenziamento è stato arbitrario e illegittimo, ma il danno alla libertà è irreparabile. Dal 2008 al 2021 non è stato ancora trasmesso un programma televisivo che abbia fatto satira. Gli unici nomi che vengono in mente sono quelli di Crozza e Lundini, ma la loro è mera comicità senza mordente, al limite sfottò e qualunquismo, roba che non disturba i potenti e non dice la tonda verità. Luttazzi faceva entrambe le cose e infatti è stato allontanato per sempre dalla tv, sia pubblica sia privata. Grazie alle vostre donazioni #Libribeo può donare questo e altri libri alla biblioteca di #Marsala. Buona lettura! Seguono tre recensioni pubblicate nel 2008 sul sito www.anobii.com da alcuni utenti. Rece di Smeerch: In questo libro trovate gran parte delle battute che Daniele Luttazzi sta utilizzando per il suo ultimo programma televisivo, ossia Decameron (in onda ogni sabato sera su La7). Tutto il meglio di quello che ha scritto (e pensato) dai tempi del famoso editto bulgaro ad oggi. Tutta la verità sull’affaire stesso che lo ha esiliato dalla tv. In un certo senso si tratta della sua (giustissima) rivalsa, su carta, nei confronti di tutti quelli che lo hanno vessato, offeso, dileggiato e maltrattato sia nelle aule di tribunale, che sulla pubblica piazza, in questi ultimi 6 anni. [Continua giú] (presso Italy) https://www.instagram.com/p/CNZ30aEpur0/?igshid=25lee28zeyk9
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