Chi siamo? Dove stiamo andando? Semplice: ... Lisa e Saverio una coppia di trentenni italiani che si è presa una pausa per vedere il Mondo (o almeno una parte). Si inizia col Brasile, poi Argentina, Uruguay, Argentina again, Chile e poi su. Un post per raccontarvi e alcuni post per mostrarvi ogni tappa. Cercando di imparare a scrivere e fotografare. Se avete consigli su come migliorare il blog o su luoghi da vedere potete mandarci una mail a [email protected]. Se non sapete fare a meno di noi potete seguirci anche su: facebook iscrivendovi gruppo Follow the Hedgehog (non è necessario inviare la richiesta di amicizia per iscriversi al gruppo); oppure sull'altro nostro blog: Cioccorane e Burrobirra, così da farvi venire un po' di appetito.
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Thank you @throughthegrowingglass and everyone who got me to 25 reblogs!
Building Our Gatehouse: A Family Effort
Building our gatehouse was more than just a construction project—it was a labor of love, frustration, and determination, made even more special (and complicated) by the helping hands of family.
When we set out to create this small but important structure, we knew we wanted it to be simple, functional, and, most importantly, built with materials we already had.
What we didn’t anticipate was just…

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Building Our Gatehouse: A Family Effort
Building our gatehouse was more than just a construction project—it was a labor of love, frustration, and determination, made even more special (and complicated) by the helping hands of family.
When we set out to create this small but important structure, we knew we wanted it to be simple, functional, and, most importantly, built with materials we already had.
What we didn’t anticipate was just…

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Santiago del Cile
Domenica 3 maggio finalmente lasciamo Valdivia, il bus parte la sera ma non ci rimane niente da fare, così trascorriamo la giornata alla stazione in attesa che venga annunciato il nostro autobus. Dopo una lunga notte di viaggio arriviamo a Santiago del Cile, chiedendo un po’ in giro troviamo la metro. Cercando in precedenza su Internet avevamo già individuato, senza prenotare, un paio di ostelli e sappiamo come arrivarci. Scendiamo alla fermata giusta e, zaino in spalla, ci incamminiamo per l’ultimo chilometro. La nostra prima scelta ha camere disponibili: senza ulteriori indugi ci fermiamo. Dopo una doccia ristoratrice ci avviamo alla ricerca di un supermercato dove acquistare un po’ di pasta e verdure varie da abbinarci per un pranzo/cena visto che qui abbiamo la cucina a disposizione. La nostra prima giornata nella capitale trascorre così, stanchi per la trasferta notturna non abbiamo le energie per esplorarla e rimandiamo a domani il classico ‘giro in centro’. Il martedi ci uniamo al consueto Free Walking Tour e trascorriamo più di due ore camminando per il centro col il nostro cicerone. Iniziamo dal Parque Central con la Cattedrale di San Giacomo, poi il punto in cui ufficialmente è stata fondata la città nel 1541; la guida ci spiega che Santiago è una delle capitali più inquinate al mondo trovandosi dentro una conca circondata da alte montagne che ne bloccano i venti i quali potrebbero dare un po’ di sollievo ai polmoni dei cinque milioni di abitanti che la popolano.

Passiamo davanti alla statua dell’immancabile eroe cittadino sfilando vicino ad un gruppo di anziani che giocano a scacchi con la serietà e la concentrazione appassionata che solo loro riescono a mettere in una partita tra amici, se qualcuno ha mai visto i nostri veci giocare a briscola al bar sa di cosa stiamo parlando.

Davanti al Palacio de la Moneda sostiamo per una breve lezione di storia che farà da introduzione alla visita in programma per il giorno seguente al Museo de la Memoria y los Derechos Humanos. Passiamo un’altra ora tra palazzi, fontane e parchi, finché il tour si conclude davanti alla casa di Pablo Neruda, o meglio, davanti ad una delle sue tre case (si dice ne avesse una per ogni comcubina) e questa a Santiago è detta La Chascona, letteralmete ‘capelli arruffati’ in onore alla fulva chioma di Matilde Urrutia, la donna che Neruda ha amato per gran parte della sua vita.

Il giorno seguente lo dedichiamo al famoso Museo della Memoria che è davvero ben fatto (oltre che gratuito!), il primo piano si focalizza sulle varie ‘Commisioni per la verità e la riconciliazione’ succedutesi negli anni in difesa dei diritti umani, non manca nessuno stato del sudamerica, così come dell’Africa e la sua pagina in questa triste storia l’hanno scritta anche molti Paesi europei, Italia compresa, ed anche l'insospettabile Canada. Il secondo piano è interamente dedicato alla dittatura cilena, con tutti i video, i giornali e i messaggi audio originali dell’epoca. Passiamo ore ad osservare come una nazione democratica guidata da un presidente illuminato, Salvador Allende, si trasformò in una dittatura nel corso di una singola giornata per il volere di pochi e, vale la pena ricordarlo, con l’appoggio degli Stati Uniti. È inquietante la facilità con cui l’esercito assume il comando del porto principale del Cile, mentre dall’altra parte i carri armati e l’aviazione militare bombardano il Palazzo della Moneda chiedendo la destituzione del presidente. Struggente l’ultimo discorso alla nazione di Salvador Allende asserragliato con pochi fedelissimi (lui stesso ha fatto evacuare dal palazzo più gente possibile in modo da limitare le vittime) trasmesso da una delle poche radio ancora operative dato che tutte le altre erano state oscurate dall’esercito; un lascito commovente di speranza e orgolio in cui cerca di dar forza al Paese per i duri anni a venire.

Poco dopo il presidente si suicida nonostante gli fosse stato promesso l’esilio, ma l'offerta non era uscita da bocche degne di fiducia. E’ l’11 Settembre del 1973 quando inizia uno dei periodi più cupi della storia cilena, fatto di desaparecidos, diritti negati, di torture indicibili e squadroni della morte che colpiscono ovunque e capillarmente nel Paese, arrivando a uccidere maestri di scuola nei paesini più sperduti perché ritenuti politicamente pericolosi. Fortunatamente dopo anni di regime, spinto dalle pressioni esterne viene indetto un referendum nel 1988 a seguito del quale fu avviato un processo di transizione e finalmente nel 1989 venne reintrodotta la democrazia. Perché Pinochet lasci definitivamente il potere si dovrà aspettare l’11 Marzo 1990, incredibilmente però rimane a capo delle forze armate fino al 1998 ed ancora più straordinaria la sua conversione in senatore a vita che gli concede l’immunità parlamentare fino al 2002. Muore pacificamente del 2006 senza aver mai dovuto pagare per i crimini commessi. Siamo così coinvolti che non ci rendiamo conto del passare del tempo finché un addetto del museo ci fa presente che è l’ora di chiusura… mancherebbe ancora un piano da visitare ma fortunatamente è piuttosto spoglio e lo scorriamo con rapidità. Così con la metro ritorniamo all’ostello per la cena. Dedichiamo un’altra giornata alla scoperta di Santiago, tra mercati e mirador dai quali si può osservare la città e la cappa di smog che la sovrasta, scarpiniamo un bel po’ così la sera decidiamo di concederci una pizza, una vera pizza italiana questa volta! Caretta ma finalmente sa di casa (e niente cacarella). L’ultimo giorno ci rilassiamo studiando la nostra prossima destinazione, Viña del Mar, e preallertando “una vecchia conoscenza” del nostro prossimo arrivo.
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Benvenuto nel Nuovo Mondo, Signore!
Lunedì 27 aprile, la giornata è fresca e soleggiata mentre scarpiniamo lungo il ponte che ci porta alla strada principale. Obiettivo Pucon. Sfoderiamo il nostro immancabile cartello seguito dal pollice alzato e di lì a poco una famigliola ci carica sul cassone del loro pick-up portandoci fin quasi all'imbocco dell'autostrada. Un po’ di attesa, non c’è molto traffico, ma riusciamo ad avere un altro successo e ripartiamo di gran carriera. Chiacchierando del più e del meno con l'autista scopriamo che è amico di Michael. Guarda le coincidenze! Ci dice che non conviene andare a Pucon che anche lì è tutto coperto dalla cenere, dell’altro vulcano però: il Villarica, che aveva dato spettacolo due mesetti prima. Grande annata per i vulcani cileni! Per questo ci consiglia invece di andare a Valdivia che descrive come la ‘Venezia cilena’. Ennesimo cambio di programma e direzione, invece di andare a est punteremo verso l’ovest. Ci lascia ad un bivio e in pochi minuti si ferma un anziano e arzillo signore su una macchina scassatissima, tanto che eravamo un po’ indecisi se salire o meno, diretto proprio a Valdiavia. Scopriamo che l'uomo è uno che, come dire… si da da fare: tre mogli e un numero imprecisato di figli! Il più vecchio ha quasi 50 anni e il più piccolo ne ha 6. Ahahha, che personaggio! Gli aneddoti scorrono sullo fondo di un paesaggio che si apre dando mostra della sua bellezza con monti, laghi e isole verdeggianti. Ci salutiamo al mercato del pesce sul lungofiume di Valdivia, luogo suggestivo con i leoni marini spaparanzati sulle chiatte in attesa degli abbondanti scarti ittici, ma dopo qualche foto per noi inizia la ricerca di un tetto per la notte.

In un paio d'ore finalmente ne troviamo uno a un prezzo ragionevole, passiamo quindi ad informarci un po’ sulla cittadina nella quale siamo: dovete sapere che la geografia di Valdivia un tempo era completamente diversa. Nel 1960 qui è avvenuto il terremoto più violento registrato nella storia (magnitudo 9,5) seguito da uno tzunami con onde fino a venticinque metri che ne hanno trasformato profondamente la fisionomia: i letti dei fiumi si sono abbassati di svariati metri, portando molte zone della città al di sotto del livello del mare e ovunque ha iniziato a zampillare acqua in superficie. Una zona di colline e campi si è così trasformata in paludi, laghi e isole. Si è calcolato che l'asse terrestre si è spostato di 30 cm a causa di quella scossa. Al tempo fu un’immane tragedia ma il paesaggio che ne è risultato è spettacolare e richiama molti turisti.
Il martedi mattina saliamo in uno dei tanti barconi che promettono un meraviglioso tour delle lagune. Si parte dal mercato del pesce e si risale il Rio Valdivia per poi immettersi nel Rio Cruces puntando verso nord dove questo si allarga e genera un’ampia laguna, oggi riserva naturale, popolata da numerosi cigni dal collo nero.

La scaletta prevede poi una tappa su di un'isola dove proveremo la chicha: una bevanda leggermente alcolica a base di mele, una spece di sidro. Dopo gli assaggi: quella più giovane ed aspra non ci piace ma dato che è gratis ne beviamo un paio di bicchieri, invece quella più matura risulta più dolce e frizzante; decidiamo l’acquisto di una bottiglia di quest'ultima per la sera. Si passa poi da un ristorante, ma noi siamo armati di pranzo al sacco e ci fermiamo nel parco esterno a mangiare i nostri panozzi al salame. Buttando l’occhio notiamo che siamo circondati da castagni e al suolo ci sono un sacco di ricci, e subito l'ideona, ci lanciamo nella raccolta delle castagne, dato che abbiamo un angolo cottura nella nostra stanza riusciremo cucinarle e, al posto del vin novo, useremo la chicha!
Quando siamo tutti a stomaco pieno procediamo verso la chiesa di questa piccola comunità agricola, qui la nostra guida ci racconta di come la chiesa sia resistita al terremoto e poi ci invita ad abbracciare un vecchio e grosso albero per fare il pieno di energie… all’inizio siamo tutti titubanti ma alla fine gli abbracci, le foto e i sorrisi si sprecano.
Ultima tappa della giornata una mini birreria super premiata dove è possibile avere un assaggio della recente produzione ma, dato che a noi la birra non piace proprio, ci mettiamo nella fila per la degustazione dei distillati ottenuti da varie erbe e bacche locali. Molto meglio!
E’ l’ora di ritornare all’imbarcazione e rientrare godendoci un meraviglioso tramonto su questa neonata laguna.
Il secondo giorno esploriamo il lungofiume, poi attraversiamo il ponte ed entriamo in un museo perché parlando con i locali ci avevano assicurato che mostrava foto di come era Valdivia prima del terremoto. Ma per la serie ‘I cileni e il dare informazioni ad cazzum’ scopriamo a nostre spese (si pagava un biglietto d’ingresso, ovviamente) che il museo è una casa d’epoca ben tenuta con mobili d’altri tempi e vecchie foto di famiglia. Non che fosse brutto, ma neanche una foto su Valdivia… insomma non era quello che cercavamo. D’altronde anche guardando in internet sembra che una tale esposizione non esista, quindi usiamo un po’ di youtube per farci un’idea.

In quello che dovrebbe essere il nostro ultimo giorno a Valdivia abbiamo pianificato solo una visita ad un sommergibile: il museo sottomarino O'Brien. Avevamo notato infatti questo natante all’ancora in pieno centro e, dopo esserci informati sugli orari delle visite, ci mettiamo in fila con un’altra coppia per entrare nel sommergibile. Dotati di caschetto, come i muratori quando arrivano i controlli dell'INPS, scendiamo per la ripida scaletta.

La visita è interessante, sembra di essere sul set di ‘Caccia a ottobre rosso‘. La guida ci spiega i dettagli della vita a bordo: si condivideva una cuccetta con altri due compagni, dati i turni di lavoro non ha senso sprecare spazio per tre lettini distinti; tra i mille indicatori e le innumerevoli leve e levette risaltano i cartelli che ammoniscono l’equipaggio a non fare rumore per non farsi scoprire dal nemico, sembra che la sola parte positiva della vita a bordo fosse il gelato. Sì, mangiavano e mangiano tutt’ora il gelato! Unico modo per tenere alto il morale delle truppe. Un museo diverso dal solito che ci ha divertito e interessato.

Uscendo in coperta notiamo che il nostro sottomarino è stato abbordato dagli onnipresenti leoni marini che reclamano la loro supremazia spaparanzandosi al sole.
La sera optiamo per cenare in una pizzeria ‘italiana’, inutile dire com’era la pizza, vi basti sapere che abbiamo posticipato la partenza per Santiago di due giorni causa cacarella. Anche queste sono esperienze!
Ah, nel caso ve lo steste chiedendo, le castagne con la chica sono venute una figata!
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Un mare di pecore
Lunedì mattina ci alziamo in tempo, stavolta niente sorprese: nessun Cappellaio Matto che festeggia il ‘non-cambio dell'ora’. Il piano: fase 1, colazione; fase 2, prendere un autobus fin fuori città; fase 3, procedere in autostop fino ad Osorno. Raggiunto il terminal scopriamo che c’è una corriera in partenza proprio per Osorno e che costa pure poco… appallottoliamo il nostro piano strategico e andiamo in scioltezza con l'autobus.
In poche ore arriviamo, non ci rimane che cercare la casa di Michael che, dopo un po’ di giri a vuoto, troviamo. Michael è un omone di origini tedesche che da decenni si è trasferito qui. L'avevamo conosciuto tramite HelpX, anche lui ha un fattoria, cerca volontari che lo aiutino e si era detto disponibile ad ospitarci, ma dopo aver passato un mese a Futaleufú sentivamo l'urgenza di proseguire. Così gli abbiam mandato la mail per avvisarlo che i nostri piani erano cambiati e lui si è prontamente offerto di ospitarci comunque. Davvero gentile! Osorno si trova vicino al vulcano omonimo e vorremmo salirci quindi abbiamo accettato volentieri il suo invito.
Sistemati i bagagli e dopo esserci rinfrescati un attimo, Michael si offre di farci visitare la sua fattoria che dista una trentina di chilometri. Per strada facciamo un po’ di compere di materiale edile e ne approfittiamo per conoscere meglio il nostro anfitrione: a Michael è sempre piaciuto viaggiare ma da quando la moglie è costretta su una sedia a rotelle a causa di una malattia degenerativa il suo modo di conoscere il mondo è diventato ospitare i volontari e ascoltare le loro storie. Tra un chiacchiera e l’altra veniamo anche a sapere che il vulcano non è visitabile per via dell'altro in eruzione. L’intero cono è coperto di ceneri che, tra l'altro, aleggiano anche sulla città dove siamo (e noi che pensavamo ci fosse foschia…), non molto salutare. Dopo una ventina di minuti di stradine arriviamo alla fattoria. Non c'è che dire: enorme, piena di pecore, ma tante pecore, orti, serre, campi, tre cani (uno è un chow chow!), un gatto e la casa dei volontari decisamente di un altro livello rispetto a quella dove abbiam dormito a Futaleufú… qui sì che c'erano tutte le comodità! Facciamo una passeggiata nella proprietà, conosciamo (e invidiamo tantissimo) i volontari che al termine della giornata stanno bivaccando e imbastendo la cena… che scrocchiamo, anche perché non abbiamo neanche pranzato… ovviamente diamo una mano! Ormai è notte quando ce ne andiamo un po’ a malincuore per l'occasione perduta.
L'indomani decidiamo di ripartire, non essendoci più l'opportunità vulcano, non avrebbe senso approfittare ulteriormente dell’ospitalità e, dopo i ringraziamenti di rito, reimballiamo tutto. Nuovo obbiettivo: Pucon, zona turistica della regione dei fiumi, nota per i suoi verdi paesaggi, attraversata da numerosi corsi d'acqua che sorge sulla costa del cristallino lago Villarrica e dalla quale partono le escursioni per il vulcano Villarrica, ma nubi oscure si stagliano all'orizzonte…
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News
Negli ultimi tempi abbiamo speso un po’ di energie per mettere in piedi un negozio online, dato che Natale è alle porte magari trovate qualcosa di interessante per i vostri regali. Tutti i prodotti sono originali e nascono dalle foto scattate da noi durante il viaggio. Di seguito un assaggio dalla nostra collezione Birds.




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Bomba fumogena, in azioneee!
Sta calando la notte quando finalmente giungiamo a Puerto Montt. Cerchiamo e troviamo velocemente un posto dove dormire fortunatamente provvisto di cucina e ne approfittiamo per una rapida pasta prima di andare a nanna. Il mattino seguente diamo un occhio al vulcano, dalla finestra di fronte al tavolo della colazione si vede proprio bene, che continua ad eruttare cenere ma con meno veemenza.

Oggi il piano, giusto per rincuorare i nostri genitori, è andargli più vicino. Il massimo consentito è Puerto Varas, così raggiungiamo la stazione degli autobus e già che ci siamo ci informiamo anche per andare a Chiloé. Sì, siamo ancora di quell'idea. Scopriamo così che l'autobus di linea con andata e ritorno costa incredibilmente un po’ più di un tour organizzato: ok, prenotiamo il tour per domani! Perfetto. Preso il nostro buon autobus in meno di un'ora raggiungiamo Puerto Varas, una cittadina turistica dal cui molo si gode una buona vista del Calbuco, probabilmente il punto migliore data anche la massiccia presenza di reporter televisivi pronti alla diretta.

Scattate le foto di rito ci concediamo una passeggiata per la città: carina e curata, molto turistica. Quando giungiamo in cima alla collinetta il vulcano decide che è ora per un’altra gettata e la nostra macchinetta fotografica non si fa desiderare. Nel tardo pomeriggio rientriamo a Puerto Montt, visto che ci siamo ne approfittiamo per un po’ di spesa utile alla pastasciutta della cena. Sabato mattina, è il 25 Aprile, passano a prenderci, con l'inevitabile mezz'ora abbondante di ritardo, per il nostro tour a Chiloé. Un'oretta sonnecchiosa di strada, mezz'ora di traghetto ed eccoci a Chiloé a prender pioggia. Il tour prevede varie tappe nella parte nord in quasi tutti i centri abitati più o meno insignificanti dell'isola: vediamo un forte, o meglio, i suoi resti, varie casette di legno colorate e ci arrischiamo a mangiare dei molluschi preparati al momento in una bancarella di mercato. Per la cronaca è filato tutto liscio.

Poi ci fermiamo per il pranzo al sacco e via verso Castro. Questa è la città principale dell'isola nonché clou del nostro tour. La sua caratteristica principale sono le sue numerose palafitte colorate e conserva anche una delle chiese (anch’esse in legno) riconosciute dall’Unesco come patrimonio dell’umanità. Per apprezzarle al meglio è previsto un giro in barca che permette la visione panoramica, un bel colpo d'occhio! Un po’ rovinato a dire il vero dall'enorme e contestato centro commerciale che sovrasta la collinetta centrale della cittadina sulla quale è posto. Dopodiché un'ultima passeggiata per le viuzze ricche di mercati e bancarelle con i classici ninnoli più o meno artigianali e siamo pronti per il rientro. Il piano per domenica è spostarci a Osorno ma la nostra pianificazione coccia contro la nuova norma cilena che ha stabilito di non effettuare il cambio da ora legale a ora solare. Purtroppo né noi né il nostro cellulare né tantomeno il cambio automatico di google eravamo stati avvisati della decisione della presidenta e quindi, ignari di tutto, dormiamo un'ora in più. Un grande classico che prima o poi capita a tutti, ad alcuni più di una volta... Comunque, quando ci alziamo, già non si serve più la colazione e insospettiti chiediamo spiegazioni alla gentile cameriera che impietosita dai nostri occhi imploranti ci scalda il pane, l'acqua per il te e ritira fuori burro e marmellata. Ok, problema colazione risolto ma ormai è troppo tardi per partire e rimarremo a Puerto Montt un giorno in più… abbiamo sempre il blog da fare, quindi non sarà una giornata sprecata e poi in questo hostal si sta bene.
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Autostop fortunato
Il martedi mattina rimettiamo tutto negli zaini e, mentre aspettiamo che arrivi Matt per darci uno strappo, ci congediamo dagli altri volontari. Il viaggio riprende mentre qui al sud le foglie si colorano di arancio. Percorriamo assieme circa 80 km poi ci scambiamo gli ultimi saluti e abbracci. Addio, è stata proprio una bella esperienza. Siamo di nuovo sulla strada, la giornata è soleggiata e non particolarmente fredda. Saverio colto da un bisogno improvviso si infila nel boschetto vicino. Aspetteremo un attimo prima di fare autostop… Passa un auto e nonostante non ci fossero cartelli, pollici alzati o sguardi imploranti si fermano e chiedono dove siamo diretti. Ci possono portare per un centinaio di chilometri fino al bivio. Al loro aiuto inaspettato si sentono rispondere “Grazie, grazie mille, ma non è che potreste aspettare un secondo, perché mio moroso sarebbe un attimo in bagno?”. Sorridono e aspettano che un sollevato Saverio rispunti dalle frasche. Ma guarda te, quando stai lì ore sperando non si ferma nessuno e quante te scappa da cagà tutti che si fermano. Sti curiosi! Siamo tranquilli e rilassati mentre guardiamo il panorama ormai familiare dal finestrino: il fiume lascia spazio ad un lago con canneti e poi.. montagne e ghiacciai. Come da copione ci lasciano al bivio e qui ci disponiamo ad attendere ma ancora una volta quest’oggi le stelle ci arridono e non facciamo a tempo ad appoggiare gli zaini per terra che da lontano, non ci sono altre auto, sopraggiunge una camionetta dei carabinieri e Saverio spavaldo alza il pollice sorridente, questi ci sfilano davanti… “Figurati se i carabinieri ci danno uno strappo!?”. E invece, inaspettatamente, frenano, si fermano, mettono la retro, poi abbassano il finestrino e ci chiedono dove stiamo andando. “Chaiten” “Anche noi, salite!” Così passiamo più di tre ore con due simpatici carabinieri che man mano che lo scenario cambia davanti a noi ci spiegano: dove siamo, come si chiama quel ghiacciaio là in fondo e quel ponte… Arriviamo a Chaiten alle due di pomeriggio e andiamo direttamente nel posto che ci ha consigliato Matt, ma il suo amico non c’è (è a Puerto Montt) e quindi niente sconto! Beh, insomma oggi non possiamo proprio lamentarci avremmo fatto sì e no cinque minuti di autostop. Scaldiamo i nostri panini e andiamo a mangiarli sul lungomare. Siamo a Chaiten perché è il porto da cui partono le navi per Chiloé, un’isola suggestiva che è anche la seconda più grande del Cile. Quindi finito di mangiare andiamo a vedere quando partono e quanto costano, ma scopriamo che ora è bassa stagione e c’è solo una nave a settimana: il martedi mattina. Di fermarci in questo posto per una settimana non se ne parla, ci saran quattro strade in tutto, è ventoso e in camera non abbiamo il riscaldamento. Andiamo a vedere gli autobus per Puerto Montt. Sì, autobus. Non autostop. E per una ragione molto semplice, in questo tratto la Carretera Austral è sostituita in due punti da traghetti, abbastanza cari, e questo renderebbe l’avventura a pollici alzati davvero troppo complicata. L’alternativa corriera non è male, ma ci è rimasta la voglia di un giretto in barca, quindi torniamo al porto per chiedere se ci sono barche per Puerto Montt e ci dicono che sì, il giovedì. Non costano molto di più dell’autobus e impiegano molto meno tempo non dovendo fare su e giù da un traghetto all’altro. Decidiamo che un altro giorno possiamo resistere e compriamo il biglietto per giovedì mattina. Soddisfatti andiamo a dormire. Il giorno seguente andiamo a spasso, non c’è molto da fare e quello che c’era da vedere l’abbiamo sicuramente visto. Alla sera rientriamo in ostello e troviamo tutti a guardare il televisore e commentare, scopriamo così che il Calbuco, un vulcano sconosciuto fino ad un secondo prima, ha deciso di eruttare. Il Cile conta una sessantina di vulcani attivi e da quando siamo qui è il secondo a risvegliarsi. Ma questo, come si suol dire, ha fatto il botto: dopo quarantatre anni passati a sonnecchiare ha deciso, senza alcun preavviso, di sparare una colonna di cenere alta venti chilometri seguita ovviamente da lava che ha sciolto istantanemente il ghiacciaio che si trovava sulla sua cima. Subito è stato dichiarata off-limit una zona con un raggio di venti chilometri intorno al vulcano e… è stato chiuso anche un ampio tratto della Carretera Austral perché coperto dalla coltre di cenere alta in alcuni tratti anche un metro. Per fortuna che abbiamo scelto di viaggiare via mare, altrimenti col bus non saremmo arrivati a destinazione! L’indomani sugli schermi della nave seguiamo in diretta le immagini della nuova eruzione (ce n’è stata una nella notte) e la cronaca minuto per minuto dell’evacuazione, mentre noi ci avviciniamo lentamente ai luoghi della catastrofe, perché Puerto Montt si trova a meno di cento chilometri a sudovest dal vulcano, che possono sembrare molti ma in reltà è in salvo solo perché il vento spira verso nordest e le ceneri si stanno spargendo da quel lato fino all’Argentina. Speriamo solo che non cambi il vento…
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C’era una volta...
Scesi dal camion, imbocchiamo il cancello e subito incontriamo Matt, il nostro padrone di casa, con Sitca, una cagnolina bianca e nera magra come uno stecco e piena di “petapetò” la cui passione è la corsa. Ci accompagnano al galpon (fienile) ristrutturato che sarà la nostra casa per questo mese. Avremo a disposizione una cameretta privata, una cucina e due bagni in comune con gli altri volontari, che ora non sono in casa perché oggi si chiude la stagione del rafting e ne hanno approfittato. Beati loro! Sistemiamo i nostri averi e familiarizziamo con i dintorni. Il fienile si divide in due blocchi: uno con al primo piano le camere, l'altro al piano terra con una stanza in fase di ristrutturazione che diventerà una sala di svago, la cucina/sala da pranzo e i bagni. C’è l’elettricità, ma niente internet, niente segnale cellulare e niente gas: per cucinare, scaldare le stanze e l’acqua per le docce c’è la stufa a legna. Ok, non ci resta che vedere se c’è anche Venerdì.
Più tardi incontriamo i nostri primi compagni di avventura: una coppia francese e due amiche ventenni un po’ pazze una inglese e una francese. Per cena siamo invitati ad un barbecue a casa di Matt e Fernanda. Per raggiungerla sono necessari 15/20 minuti di camminata tra boschi e ruscelli sopra i tronchi. Qui conosciamo il loro figlio, Tsali, e i due lavoratori fissi della fattoria: Miguel e Rodrigo.
La domenica non si lavora e approfittando del bel tempo decidiamo di aggregarci alla coppia francese per un’escursione al vicino ghiacciao, il sentiero non è ben tracciato e lo scopo della nostra scampagnata è anche quello di ripulirlo e segnalare bene i bivi in modo che possa essere percorso anche dai futuri ospiti del lodge. Già in passato qualcuno si è perso. Partiamo di buonora quindi, con pentola, un po’ di legna secca, il necessario per una pasta basica e machete. Macheteeeee!!! E via a disboscare.

Per pranzo abbiamo raggiunto la laguna turchese alla base del ghiacciaio, accendiamo un fuocherello per cucinare la pasta, godiamo della vista e poi scendiamo.

Non male come primi due giorni, la proprietà sorge proprio un in luogo stupendo, in mezzo al bosco tra le montagne, con un ghiacciaio ad un paio di chilometri e il ruscello che scende è la nostra fonte idrica. Amazing. Ceniamo tutti assieme e poi a nanna che l'indomani è lunedì.
Il programma prevede che si lavori dalle 8.30 alle 13.30 dal lunedì al venerdì, mentre il sabato si comincia più tardi, alle 9.30 per finire sempre alle 13.30. Le attività per le prime settimane sono: far legna e impilarla, spostare sassi raccogliendoli un po' ovunque per poter sistemare gli sterrati interni alla proprietà, sistemare le aiuole del lodge e cospargerle con il concime ricavato dagli alberi caduti. Ma per prima cosa ogni mattina si da da mangiare agli animali: tre maiali che grugniscono festanti appena si arriva nei paraggi con un po’ di cibo; i cavalli, tre nel recinto e altrettanti liberi di gironzolare e mangiarsi le aiuole. Nella fattoria ci sono anche delle pecore e delle galline che però sono autosufficienti per la parte cibo, ma come resistere alla tentazione di avvicinare Humphrey, il pecorone nero, con una mela per poi scoprire che a lui della mela non gliene frega niente, lui vuole solo le coccole! Ed è così morbido! Poi ci sono da innaffiare l'orto, le patate e sistemare la serra, che ci fornisce pomodori, zucche e insalate di tutti i tipi in quantità. I pasti vengono sempre cucinati e mangiati coralmente, a turno si lavano i piatti e si prepara l'impasto per il pane per il giorno successivo, sempre con un occhio alla stufa, nostra priorità numero uno. Il pomeriggio è libero, però c'è sempre qualcosa da fare: raccogliere la verdura e la frutta, preparare dei biscotti o fare qualche marmellata per la colazione…e a volte è anche piacevole buttarsi sull'amaca a leggere un po’, finché il tempo regge.
La prima settimana passa in fretta e il sabato sera Fernanda e Matt organizzano una festa in piscina, riscaldata con quintali di legna, preceduta da un’ottima cena con vino e birre a volontà. E’ la festa di saluto per gli altri volontari che ci lasceranno il mattino seguente.

Ma già la sera della dipartita arriva una coppia ceca e, il giorno seguente, un ragazzo svizzero.
La routine rimane pressoché invariata: sveglia alle 7.30, scendere di corsa le scale esterne col freddo della Patagonia e il buio che ancora regna sovrano, accendere la stufa per far bollire l'acqua per te e caffè e scaldarsi un po’, colazione e fuori al lavoro. Unica variazione il giovedì andiamo in trasferta ad un centinaio di chilometri dove stanno costruendo un quincho: una costruzione adibita esclusivamente all’asado (grigliata) posto sull'ansa del fiume; per arrivarci, dopo un lungo tratto in auto, saliamo tutti sul barchino stracarico di Matt con Sitca che corre da tutte le parti rendendo vani i nostri tentativi di rimanere all’asciutto: è tanto cara, ma non sa stare ferma un attimo.
Avendo lavorato tutto il giorno il sabato è libero e decidiamo quindi di andare tutti, noi volontari, a pescare nel fiume Futaleufú: ci dicono che sia pieno di salmoni. Quindi partiamo tutti gasati già convinti che pescheremo delle balene e… sarà, ma in cinque pescando tutto il giorno riusciamo a prendere solo una trotina che compartiamo facendone risultare un discreto risotto. A turno finiamo in acqua (gelida) per recuperare le esche che si incagliano nei sassi e qualcuno riesce anche a pescarsi da solo…


Bottino magro, ma giornata divertente. Per la sera compriamo vino in cartone (economico e onesto) e Fernet (non potete capire quanto va di moda in Argentina e Cile!) e facciamo una festicciola distruggente noi volontari più i due gauchos.
La domenica è Pasqua e ci siamo organizzati bene: c'è il sole e mettiamo un tavolo fuori, iniziamo con un brodo leggero di pollo con una specie di pancake salato tagliato a striscioline (specialità ceca) e proseguiamo con insalata cilena (con pomodori, cipolle e origano, potrà sembrare strana ma è nella nostra top tre dei piatti tipici cileni), l’immancabile zucca (ce n'erano un'infinità nella serra e abbiamo mangiato zucca in tutte le salse tutti i giorni) con curry e altre spezie, pane integarle fatto in casa e pollo al forno con patate; gran finale, una specie di colomba (rotonda) con cioccolato. Tutto ovviamente sapientemente preparato da noi.

Altra settimana di legna e sassi ma sta finendo l'estate e il tempo volge al brutto, quindi si cerca di trovare qualche alternativa al coperto. Alla routine settimanale si aggiungono quindi: lavori di falegnameria, aiutiamo nella realizzazione e pitturiamo delle sdraio per il lodge; sistemazione della serra, taglio di tutte le zucche morte, legare meglio i pomodori e ripulire; lavoriamo per preparare i semi per il prossimo anno, mettiamo le piante a seccare, togliamo i semi da quelle già pronte e mettiamo anche quest'ultimi a seccare, ed etichettiamo quelli già pronti. In questa settimana ci raggiungono anche una simpatica coppia messico-statunitense e un ragazzo francese. Il sabato finalmente riusciamo a fare la nostra prima cavalcata, grazie a Miguel che ci prepara i cavalli: un'emozione indimenticabile! E poi altra festa con danze fino all’alba, d’altronde siamo a 30 chilometri dal paese più vicino e senza macchina… Si fa quel che si può.
Arriva la nostra ultima settimana alla fattoria e anche il compleanno di Saverio. Festeggiamo comprando una pecora (intera, viva) per 50€, la macelliamo, e ne facciamo il nostro primo asado cucinato alla maniera cilena. Basicamente viene fissata in una sorta di croce di ferro e posta vicino al fuoco per almeno quattro ore. Ricevute le indicazioni di massima ci cimentiamo nell'impresa. Il risultato è ottimo! Persino i lavoratori sono stupiti del risultato. Avanziamo abbastanza carne da poterci nutrire per tutta la settimana.

L’autunno patagonico sta arrivando a grandi falcate ed è meglio riprendere il nostro cammino. Facciamo il nostro ultimo sabato di festa, domenica di recupero, lunedì per terminare la panca che Saverio ha realizzato utilizzando vecchie tavole e pezzi di tronco e che lasceremo alla casa dei volontari, poi falò per salutare tutti.

E’ il 21 Aprile quando reinfiliamo tutto negli zaini e ben bardati siamo pronti per ripartire.
Questa esperienza ci è piaciuta, senza le normali comodità tecnologiche, è stato come fare un salto indietro nel tempo di settant'anni. La prima settimana è stata un po’ dura ma poi ci si abitua a tutto e anzi si apprezza una vita dai ritmi più lenti e posati. La convivenza con alcuni volontari ha avuto i suoi alti e bassi ma lasciamo anche degli amici con la promessa di reincontrarci.
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