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The moon in Romantic paintings
PS: Here you can download my Dark Academia article in PDF "link".
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quando finiranno le lacrime uscirà sangue
quando finiranno le lacrime uscirà sangue
quando finiranno le lacrime non so cosa farò
vedo allo specchio gli occhi del primo dolore
vedo allo specchio gli occhi del primo dolore
vedo affianco l’autosabotatore
vedo dall’altra parte colui che vive il presente
che è carne morbida, ma non molle,
che ama e agisce
ama e agisce
vorrei che qualcuno mi dicesse che va tutto bene
e vorrei che la sua potenza faccia sì che io ci creda
almeno per un po’
vorrei che a qualcuno importasse davvero di me
che mi vedesse al completo
e mi apprezzasse al completo
questo mi fa sentire che ho qualcosa che non va
questo mi fa sentire solo, lontano anni luce dalla civiltà
quando finiranno le lacrime uscirà sangue
quando finiranno le lacrime uscirà sangue.
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Mi sento fottuto, un’altra volta. Sento che sono lontano anni luce dal presente, dalla spontaneità, dalle gioie del reale che mi circondano, che i sensi captano ma l’anima ignora.
Chi mi ha insegnato così tanto a odiare me stesso? A pensare di essere un incapace?
In verità la domanda più utile è: come mai accade ancora? Come mai accade di più ora che allora?
Mi sento un fallito, perché dopo anni di impegno per stare meglio, rieccomi di nuovo qui.
Siamo bellissimi, il tuo nuovo taglio di capelli ti sta bene, come qualsiasi altro taglio di capelli che tu scegliessi di fare. Anche un errore di taglio ti starebbe bene. Siamo bellissimi, ma siamo anni luce lontani dal tempo presente.
Sono molto giù di morale, sai. Non pensavo che una ricaduta potesse essere possibile, allora crescere e imparare quello che ho imparato negli ultimi anni non serve a un cazzo. Allora rasarmi la testa a zero non serve a un cazzo (quello già lo sapevo).
C’è stato un terremoto ma non l’ho sentito. Tu sì, e hai paura. Io ho paura di me stesso.
Ho fatto una figura di merda e rischio brutto. Non pensavo di averla fatta così grossa, sto cercando di non sentirmi un’idiota, sto cercando di non chiamare i miei. Sto cercando di coccolarmi ma non mi ci avvicino neanche con la mano. Sto cercando di ascoltare il mio corpo che urla, ma paradossalmente più è forte la paura, più allontana e anestetizza.
Scorre il piano di Moby, Live Ambients Improvised Recordings, vol. I. Penso alla meta, ma non al processo. Sono parte di questa società, per quanto io legga Jim Morrison e ascolti Joni Mitchell.
Come è potuto accadere? Come è stato possibile che io sia immerso nella negatività, mi veda un fallito cronico e irrecuperabile? Com’è stato possibile che mi venisse paura di fare cose semplici, nella vita?
Come posso sentirmi bellissimo ma su tutti gli altri aspetti irrecuperabile?
Mi auguro di poter sfiorare la mia anima presto, perché da quel momento in poi conquisterò frammenti di libertà, uno per uno, e al primo piangerei a lungo.
Vorrei sentire la tua mano, ma sei lontano.
Mi ritrovo solo, al gelo. Non posso rimandare, non ho alternative: ora, nel tempo presente, devo creare, plasmare con le mie mani il mio amore, una cassa di risonanza dove il dolore trova il suo ascolto, la sua pace. E il moto si ferma. E riappare quella sfera lucente sopra di me, che mi riporta in quella casa che non è mai esistita, circondata da alberi, con delle persone che leggono, suonano, danzano, seguendo il moto del vento. E lì ci sei anche tu.
Si può dare vita a tutto questo nel reale? La domanda che mi trattiene ancora qui è questo sì, un sì fragile, una foglia oro martoriata.
Primavera 2018, ancora non ti conoscevo. Giardini Margherita, steso guardo le nuvole. Jordan De La Sierra, Gymnosphere: Song of the Rose. Trovo la mia pace per un po’. Ci sono riuscito, non so come. Mi hanno detto che non posso però stare lì tutto il giorno, che bisogna pur fare qualcosa. Che palle.
Cioè, non vedi che vivo a malapena? Che stare così bene per me è raggiungere la vetta del Monte Bianco?
Un frammento di quarzo nel fondo del torrente brilla. Lo raccoglie e lo porta a casa, nel corridoio angusto. Lo vedo. Accadrà anche a me? Chiedo con il volto sporco di fuliggine.
Voglio salire il colle, di nuovo, voglio scrutare il riflesso aureo nel panorama, sì, lo vedrò, sarò disteso sul prato, guarderò le nuvole e qualcuno mi bacerà. E in quel bacio un accordo di settima mi farà chiudere gli occhi. Calerà tra le mie braccia e non ci sarà nulla da dire, solo un raccoglimento unico e irriproducibile.
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Sto raccogliendo dei fiori, i pochi che trovo, in questo mare di fragilità che si increspa su una realtà ignota e violenta.
1967, Mort Garson, The Zodiac - Cosmic Sounds, Gemini, The Cool Eye.
Zefiro è sospeso nell’aria, lancio una corda verso di lui. Mi sta insegnando la semplicità e la complessità. Mi sta insegnando a non avere paura di entrambe.
[alcune ore dopo]
Voglio sentirmi libero, tra le persone, nella natura, voglio prendere quello che c’era di buono nel ‘68. Non voglio più controllare, voglio il flow. Voglio i capelli nell’erba. Voglio fumare erba. Voglio annusare ascelle e bagnarmi le mutande.
Voglio sentire il mio io al completo e girare a caso per strada. Non voglio avere paura degli animali che non mi possono fare del male.
Voglio succhiare un cazzo. sì, quanto cazzo vorrei. Su e giù. Ingoiare. Morderti le tette, venirti dentro.
Voglio essere un solid, large mammal come Jim Morrison.
Voglio farmi inculare mentre mi succhiano le tette. Voglio ricevere un bukkake. Cazzo, mi è venuto duro ora che sto scrivendo. Forse tra un po’ mi bagno.
Forse vivo in un mondo che è il contrario di questo. Forse è per questo che a volte fuggo. Regnano l’inibizione e la paura. L’orgasmo è morto. L’amore è morto.
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