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Fuori ora il primo episodio del nostro nuovo podcast, "2019 buoni motivi per farti piacere il rap". In questa occasione parliamo a ruota libera ripercorrendo la storia della musica hip-hop in Italia, partita dagli anni Ottanta e arrivata nel recente periodo 2016-2019 ad una (quasi) completa maturazione. Check it out!
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Mai giudicare un libro dalla copertina... e un disco? Perchè no!

La musica, una forma d’arte che a primo impatto potrebbe sembrare puramente intangibile ed eterea, da decenni invece si serve anche del potenziale comunicativo delle immagini. L’apporto della comunicazione visiva delle cover di cassette, CD, vinili e altri supporti ha infatti plasmato in maniera innegabile l’immaginario non solo di moltissimi artisti, ma anche di interi generi, tra cui ovviamente il rap. Non dovremo quindi sorprenderci se anche tra vent’anni la nuova generazione di rapper dovrà vendere ancora copie fisiche, oltre ad aggiornare il proprio profilo Spotify (o almeno si spera), o qualunque altro sarà il metodo di fruizione della musica nel futuro. Possiamo dire con una buona dose di certezza che la copertina di un disco sarà fondamentale tra vent’anni come tra cent’anni, così come lo è stata e lo è tutt’ora.
La cover è un aspetto estetico significativo dell’intenzione dell’artista: può essere lo specchio dei suoi interessi come può riassumere il contenuto dell’album. In altri casi può essere semplicemente un mero feticcio estetico, eppure - soprattutto in tempi come questi - il valore della componente estetica è inquantificabile. Che si limiti a restare nel booklet del CD o nella cover del vinile, oppure che si limiti ad essere un file .jpg utilizzato come cover negli store digitali, o ancora che finisca per essere stampato su migliaia e migliaia di accessori e capi di merchandising, l’iconografia di ciascun disco incide in maniera notevole sull’impatto che un disco ha sugli ascoltatori, sul mercato e in generale sulla cultura pop dei tempi correnti e, nel caso dei classici, su quella futura.
Il rap, genere nato grazie al recupero, al riutilizzo e alla rivisitazioni di canzoni e componimenti già esistenti, anche a livello grafico non è da meno: frequenti sono infatti le citazioni ad artisti, letterati, registi, fotografi e opere provenienti da altri generi e altri medium. Abbiamo deciso di analizzare due esempi piuttosto esplicativi di questa tendenza, ma scavando nel web - soprattutto declinando la ricerca al mondo del rap americano - i risultati sono tantissimi, fin troppi per essere raccolti in un solo elenco; servirebbe una vera e propria antologia.
Il primo esempio è “Quello Che Vi Consiglio Vol. 4″, il quarto capitolo della celebre saga di mixtape di Gemitaiz rapper che ha esordito nel 2009 e che nel decennio successivo si è imposto come una delle voci più autorevoli della scena italiana. La copertina di questa istallazione della saga, risalente al 2013, si ispira alla celeberrima foto di Eisenstaedt. Una cover che cita indirettamente le passione dell’artista per il cinema: nei suoi lavori possiamo trovare riferimenti a Gus Van Sant, Werner Herzog e altri cineasti che hanno ispirato i suoi testi, nonchè ad altri musicisti, autori - tra i più ricorrenti troviamo gli scrittori della beat generation, su tutti Jack Kerouac - e pittori. In questo caso la reinterpretazione dello scatto è tanto apparentemente impercettibile quanto d’effetto: Gemitaiz non si sostituisce agli iconici protagonisti dello scatto, anzi, si mischia allo sfondo. Una scelta che sembra stridere con la mania di protagonismo che è parte integrante dell’attitudine rap, ma che in realtà ben si sposa con l’immaginario del rapper romano, che si è sempre contraddistinto per la capacità di dar voce alle vite di tanti, alle vite dei dimenticati, soprattutto agli esordi della carriera. Nella cover torna a mimetizzarsi tra la folla, cosa che non può più fare nella vita reale a causa della notorietà, ma che gli riesce ancora bene quando prende un foglio e una penna per dedicarsi allo storytelling.
Il secondo è “Persona“ di Marracash, attesissimo lavoro del rapper di Barona - storico quartiere di Milano -, che arriva a quattro anni di distanza dal suo ultimo lavoro solista. Indubbiamente il disco più atteso di questo 2019, che ha nuovamente consegnato Marracash all’Olimpo degli interpreti di questo genere in Italia, grazie ad un concept album dalle intenzioni tanto ambiziose quanto artisticamente impressionanti. L’album è infatti un’analisi introspettiva ma anche un fortissimo confronto tra Marracash e Fabio Rizzo - questo il nome dell’artista all’anagrafe -, tra persona e personaggio, tra ciò che siamo, ciò che pensiamo di essere e ciò che gli altri percepiscono di noi. E’ davvero possibile ritenere queste tre figure diverse? Esiste un “noi” in quanto noi, oppure esistiamo solo in virtù di ciò che vediamo riflesso di noi negli altri?
Si tratta di un argomento intrigante e complicato, già affrontato dal regista Ingmar Bergman in un film del 1966, dal titolo omonimo del disco di Marracash. La citazione ovviamente non è casuale, così come la scelta della cover del rapper, che ha rivisitato - anche se in maniera impercettibile - proprio una scena carica di pathos dell’opera cinematografica. Caratteristica dell’opera di Bergman è anche una forte natura metatestuale: il regista riflette sul cinema, e lo fa anche con scene d’impatto come quelle in cui si vede una pellicola bruciare o una mano bucata da un chiodo, come nei capisaldi del Surrealismo cinematografico europeo dei vari Buñuel e Léger. Bergman ispirò infatti fortemente il pensiero dei fautori della Nouvelle Vague come di altre correnti cinematografiche del continente, proprio grazie ai suoi lavori e le sue riflessioni tanto uniche da considerarlo uno dei registi più autorevoli della Settima Arte. In periodi dove mezzi semplici, attori semiprofessionisti e bianco e nero erano gli unici strumenti a disposizione, le opere del regista riuscivano e combinarli in un connubio perfetto, orientato all’analisi dell’essere umano. Questo non significa però che ciò che c’è stato prima vada però considerato scadente:così come i dischi precedenti di Marracash hanno tutti un proprio valore intrinseco, allo stesso modo i capolavori neorealisti hanno comunque giovato di importanti strutture e di mezzi di qualità distribuiti da aziende come la Ferrania Film, ricollegabile ai classici del Neorealismo italiano di Fellini e De Sica, incisi in maniera immortale proprio nelle pellicole Ferrania.
In Persona Marracash però non si addentra nel sentiero metatestuale, si limita ad abbracciare il percorso di autoanalisi, e il risultato è liricamente impressionante, sin dalla prima traccia, sin dal primo ascolto. Anche qui ritroviamo svariati riferimenti letterari, artistici e cinematografici, talmente tanti che è difficile tenere il conto. Ci aveva però già abituato a questo modus operandi: era il 2011, usciva il suo disco “King Del Rap”, e il video estratto dall’omonimo singolo era ispirato ad un’opera televisiva che aveva cresciuto l’intera generazione dei ‘90, ossia Willy Il Principe Di Bel Air. Che, guarda caso, in America non era solo un personaggio iconico, ma anche e soprattutto il nome dell’alter ego di Will Smith come rapper.
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About us: Riccardo racconta Stefano
Stefano mi ha ricordato e non poco quello che ero io a vent'anni; o, ancora meglio, quello che sarei stato a 20 anni se la vita mi avesse mandato qualche sfiga in meno. È un sognatore, ma allo stesso tempo piuttosto pragmatico, e mi è sembrato più consapevole dei limiti dei propri desideri, che non ambizioso a sufficienza per rincorrerli sul serio. Probabilmente dev'essere anche colpa dei tempi in cui viviamo. Si è riconosciuto come un "italiano medio", ma direi che la definizione non è calzante: certo, mi ha detto di amare la musica rap e il calcio, ma quale italiano medio sogna di andare via dall'Italia (!) e di diventare giornalista (!!)? Non vedo l’ora di scoprire quale sia il suo punto di vista sul mondo del rap una volta osservata da vicino. Un po’ gli invidio l’energia e la curiosità degli esordi.
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Abous us: Stefano racconta Riccardo
Riccardo è un ragazzo con un po’ più di esperienza di me, essendo già in un corso magistrale, ma abbiamo certi aspetti in comune. “Scrivere per vivere” è la frase che spiega bene ciò che fa, infatti lavora come redattore per testate giornalistiche incentrate in particolare sulla musica rap italiana e sullo streetwear. Essendo anche io appassionato del mondo musicale rap e hip-hop fin da piccolo, trovo molto interessante il suo percorso.
Dalle nostre parole ho afferrato un forte sentimento condiviso, quello di voler trovare una propria dimensione stabile nel mondo. Riccardo, malgrado le normali insicurezze che qualsiasi giovane affronta a questa età, ha già lo sguardo rivolto al futuro, è già inserito in un ambiente che ritengo sia nelle sue corde e la sua sicurezza lo aiuterà sicuramente a togliersi grandi soddisfazioni.
Ho trovato in lui una forte passione verso ciò che fa e apprezzo molto la determinazione (e la buona dose di coraggio) che l’ha portato a separarsi dall’Abruzzo, sua terra natale, per studiare e lavorare a Milano.
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About us: perchè RapStories
RapStories nasce, praticamente per caso, da un progetto di laboratorio universitario. Dopo esserci conosciuti grazie ad un esercizio in classe, parlandoci senza esserci mai visti prima, abbiamo subito trovato dei punti di contatto. La passione che che ci accomuna particolarmente, quella della musica rap, è risaltata sin da subito. Abbiamo deciso quindi di renderla viva e scriverla in questo blog. Storie, aneddoti ma anche recensioni e fatti di attualità. RapStories è un piccolo angolo del web dove vogliamo esprimere tutte le nostre idee e confrontarci con questo vasto mondo, ormai da anni in continua espansione, sempre soggetto a repentine evoluzioni di pensieri, stili e mode.
Perchè proprio RapStories? Perchè in fondo non c’è nulla di più bello di una storia, di un racconto interessante; e i personaggi che animano e circondano il mondo del rap, beh, ne hanno a bizzeffe da raccontare. Belle e brutte eh, attenzione, non si tratta di un mondo in cui è tutto rose e fiori. Vi mostreremo anche quello, per raccontarvi che non tutto quello ciò che luccica è effettivamente oro. Quando lo è davvero però, beh, allora a maggior ragione ci sono delle grandi storie da raccontare.
E poi, dulcis in fundo, perchè RapStories abbreviato diventa RS. Ossia Riccardo e Stefano, le iniziali delle due persone che si celano dietro al progetto. Scoprirete anche le nostre storie, un po’ alla volta; perchè per capire del tutto le storie che vi racconteremo, dovreste conoscere le storie di chi ve le racconta, capirne le prospettive. In modo che, col tempo, le nostre RapStories diventino un po’ le vostre.
Riccardo & Stefano
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