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I libri della renna
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Il regalo di Natale delle biblioteche di Milano consiste, naturalmente, nei nostri consigli di lettura, scelti per offrire al pubblico un’occasione per distrarsi in totale relax.
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È ambientata proprio in tempo di feste l’ultima fatica di Valerio Varesi, L’affittacamere, ma è un Natale un po’ cupo per il commissario Soneri, costretto a scavare anche nel proprio doloroso passato per venire a capo dell’omicidio di un’anziana affittacamere dalla vita piuttosto torbida: “La nostalgia è la sublimazione della paura che ci fa il tempo che passa”. Forse Varesi è riuscito a darci, una volta per tutte, la spiegazione della passione per i libri gialli: “La vita, dopotutto, non assomiglia tragicamente a un omicidio? Non si concludeva sempre con un morto? Non ci ammazzava il tempo logorandoci ogni giorno con un piccolo affronto fino al cedimento? E il tempo non ha bisogno di un alibi come non ce l’ha il boia: compie semplicemente il suo mestiere”. Scritto molto bene, sembra di passeggiare insieme al protagonista per le vie nebbiose di Parma, durante le festività natalizie.
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Antonio Manzini, nel titolo del suo ultimo libro della serie del vice questore Rocco Schiavone, Riusciranno i nostri eroi a ritrovare l’amico misteriosamente scomparso in Sud America?, fa il verso al noto film di Ettore Scola con Nino Manfredi e Alberto Sordi, ma l’amico, in questo caso, è misteriosamente scomparso in Sud America e non in Africa. Spassoso e divertente anche durante la trasferta, il coriaceo Rocco sembra ricordare la risposta che Aldo Fabrizi diede ai giornalisti che lo rimproveravano di parlare solo in romanesco: “Sono sicuro che se anche fossi nato altrove parlerei romanesco lo stesso”: è così anche per i nostri eroi, che si trovino a Roma, ad Aosta, a Buenos Aires o in Messico. Buon divertimento!
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Anche in La ricreazione è finita, recentissimo romanzo di Dario Ferrari, si respira aria di Natale, ma in questo caso il riferimento cinematografico non è a Scola bensì al Fellini dei Vitelloni, perché il protagonista gigioneggia in quel di Viareggio senza decidersi a dare una svolta, matrimoniale e professionale, alla sua tardo-fanciullesca esperienza personale. Egli riesce però, del tutto inaspettatamente, a vincere un dottorato di ricerca in università e viene incaricato di occuparsi degli scritti del compatriota Tito Sella, morto in carcere dove era stato rinchiuso per il reato di terrorismo. Diversi generi letterari e temi, il romanzo di formazione, il mondo accademico, le suggestioni cinematografiche, storiche e metaletterarie, si intrecciano in questo romanzo davvero accattivante.
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Feste decisamente spensierate per chi sceglierà Le imprudenze di Archie di Wodehouse, recentemente ripubblicato da Mursia. Inossidabile humour inglese di ottima lega, del suo stile l’autore diceva: “consiste nel costruire una specie di commedia musicale senza musica, ignorando del tutto la vita reale”. E proprio così, in assoluta leggerezza, vive Archie, il protagonista di questo romanzo che vi lascerà con il sorriso stampato durante tutta la lettura. “Mentre considerava la sua situazione alla fine del primo mese di vita matrimoniale, ad Archie pareva che andasse tutto per il meglio nel migliore di tutti i mondi possibili. … C’erano dei momenti in cui gli sembrava che New York fosse solo stata in attesa del suo arrivo prima di dare ufficialmente inizio ai bagordi”.
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Le festività natalizie sono l’occasione giusta anche per affrontare un bel romanzo storico, di quelli “cappa e spada”, soprattutto per chi ha amato I promessi sposi. Il conte Attilio di Claudio Paglieri è infatti il prequel del capolavoro manzoniano e ci offre un punto di vista diverso sulla personalità del famigerato cugino di Don Rodrigo, ma l’ambientazione è sempre la stessa: la nostra grande Milano e le meravigliose sponde del lago di Como.
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Ancora in tema con le feste vi proponiamo Un lungo capodanno in noir, in cui dieci autori contemporanei tra i più seguiti ci offrono la loro versione delle feste. Diversi sono anche gli scenari: Roma, Firenze e Milano “con i suoi quartieri e la sua gente; Milano che negli anni Venti ospitava Antonio Gramsci a San Vittore, uno che il Capodanno lo odiava proprio”. Poi un borgo del centro Italia, e infine Barcellona e la Svizzera: un ampio panorama per feste colorate di giallo!
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Chiudiamo questa breve rassegna con una garanzia assoluta, ovvero l’ultima raccolta di racconti gialli di Simenon pubblicata da Adelphi: I misteri del Grand-Saint-Georges, anch’essa, in qualche modo, in tema con il Natale perché ambientata nei paesaggi innevati della Lituania. Una tremenda vendetta è l'argomento della prima storia, un “racconto di Natale per grandi” è il sottotitolo della seconda, mentre l’ultima, Il piccolo sarto e il cappellaio, sarà poi sviluppata nel romanzo I fantasmi del cappellaio: basta un semplice pezzettino di carta per suscitare i più atroci sospetti e scatenare la tensione.
Di nuovo auguri di buone feste a tutti i nostri fedelissimi lettori!
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Novità (ma non solo...)
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Fonte: pixabay.com
Il vostro affezionato staff delle Biblioteche di Milano vi imbandisce un piccolo antipasto letterario, prima delle pantagrueliche proposte natalizie.
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Di Geoffrey Holiday Hall si sa soltanto che fu giornalista e scrittore. Elogiato da Leonardo Sciascia che lesse La fine è nota nel 1952, pubblicò solo due gialli e poi scomparve praticamente nel nulla. La fine è nota (uscito per la prima volta in Italia con il titolo La morte alla finestra) fu premiato in Francia nel 1953 come miglior poliziesco in lingua non francese. Il titolo originale (The end is known) deriva dal Giulio Cesare di Shakespeare: “Oh, se fosse dato all’uomo di conoscere la fine di questo giorno che incombe! Ma basta solo che il giorno trascorra e la sua fine è nota”. Un giallo di classe, strutturato come un viaggio a ritroso nella vita del protagonista di cui si ricostruisce la storia passo per passo, testimonianza per testimonianza, come un misterioso puzzle che si completa, ovviamente, solo nel finale. Molto godibile è anche il secondo titolo Qualcuno alla porta, dai toni più leggeri, nonostante gli omicidi e l’atmosfera della Vienna sotto l’occupazione sovietica nel secondo dopoguerra che non ricorda neppure lontanamente gli splendori dell’impero asburgico. “Sembra uno di quei soggetti che piacevano a Hitchcock (e non è detto che il pressoché ignoto Holiday Hall, scrivendo Qualcuno alla porta, non avesse in mente le figure di James Stewart e Doris Day, o di Cary Grant e Grace Kelly)”. La frizzante coppia americana che si trova, suo malgrado, a gestire le indagini ricorda anche il duo Tommy e Tuppence di Agatha Christie. Doppio colpo di scena sul finale: cosa chiedere di più a un libro giallo?
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Ha un solo difetto Un volto nella folla di Budd Schulberg: è troppo breve. Parliamo ancora dell’autore di Perché corre Sammy? e I disincantati per questo racconto appena uscito e finora inedito in Italia, da cui Elia Kazan trasse il film omonimo con protagonista Andy Griffith (l’indimenticabile avvocato Matlock della fortunata serie televisiva, per intenderci). Il tema, fin troppo attuale, è quello della manipolazione del pensiero e dei comportamenti (e quindi del voto) delle masse da parte dei personaggi dello spettacolo: in questo caso si tratta di un finto sempliciotto proveniente da un paesino dell’Arkansas che, in virtù della sua sconcertante capacità di coinvolgimento, diventa il paradigma dell’America intera. Grazie alle sue canzoni folk, a vecchi luoghi comuni sulle tradizioni popolari e a un indubbio carisma, il nostro eroe riesce a condizionare il pubblico e ad arricchirsi con i lauti proventi della pubblicità. Cambia il tema negli altri due racconti della raccolta: i ‘dietro le quinte’ del mondo del cinema in Questa è Hollywood, che l’autore, sceneggiatore e figlio di un tycoon della Paramount, non solo conosceva bene, ma sapeva anche descrivere con agile penna, e L’imbonitore, sul mondo della boxe. Ricordiamo che per la sceneggiatura di Fronte del porto (che è anche un romanzo), celebre film con Marlon Brando, Schulberg si aggiudicò l’Oscar nel 1954.
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Per la serie i grandi classici hanno sempre qualcosa da dire è stato ripubblicato da Mondadori e da Sellerio Brighton Rock di Graham Greene. Una lettura da consigliare sotto tutti i punti di vista: un giallo ben costruito con protagonisti tratti sia dalla malavita, sia dal caso che fa di un personaggio del tutto inaspettato un accanito segugio alla ricerca del colpevole, come fosse Porfirij Petrovic che insegue Raskolnikov o Javert che perseguita Jean Valjean, ma con uno spirito diverso, fresco e originale. “Nello specchio inclinato sopra il lavabo si poteva vedere riflesso, ma gli occhi si distolsero rapidamente da quell’immagine di guance livide e mal rasate, di capelli lisci e occhi da vecchio. Non lo interessava. Era troppo orgoglioso per preoccuparsi del suo aspetto”.
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Nuova ristampa anche per Le vittime di Norwich (1935) uno dei gialli più famosi (insieme a The House of Dr. Edwardes che ispirò il film Io ti salverò diretto da Alfred Hitchcock) fra i 31 composti dalla coppia britannica John Leslie Palmer e Hilary Aidan St. George Saunders sotto lo pseudonimo di Francis Beeding.
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Da La regina degli scacchi di Walter Tevis, lo scrittore di Lo spaccone e Il colore dei soldi, è stata tratta una miniserie televisiva di grande successo. Accade spesso che i geni abbiano avuto una vita difficile, siano dei disadattati, spesso asociali, in perenne conflitto con se stessi, il prossimo e il mondo che li circonda. È anche questo il caso della protagonista, la piccola Beth, cresciuta in orfanotrofio, che trova una riscossa alla sua grigia esistenza grazie alla passione per la scacchiera. Una curiosità sul ‘caso letterario’ di Tevis: dopo il successo dei primi libri, fu dimenticato anche a causa dei problemi con l’alcol. Quando decise di riprendere a scrivere, lo fece seguendo un corso di scrittura all’Università dove fu riconosciuto dal poeta Donald Justice che, stupito, gli chiese cosa ci facesse un grande autore come lui in mezzo agli studenti, quando avrebbe invece dovuto salire in cattedra. Breve fu purtroppo la sua seconda stagione creativa: Tevis morì a soli 56 anni per un tumore.
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Il voyeurismo è il tema principale dell’ultimo romanzo di Simenon pubblicato da Adelphi, Delitto impunito: composto nel 1953 durante il soggiorno dello scrittore a Lakeville nel Connecticut, fu edito l’anno successivo in volume e a puntate sul settimanale «Les Nouvelles littéraires». Il secondo tema del libro è l’invidia, quella di chi non ha nulla, né bellezza né fascino nè denaro ed è stato defraudato perfino dell’affetto dei genitori, nei confronti di chi invece ha tutto questo e ne mena vanto, e gode nell’esibirlo senza ritegno. Una lotta accanita tra due personalità, che è la lotta atavica tra gli uomini per la supremazia. “A Élie non era mai successo di trovarsi davanti un uomo completamente felice, felice in tutto e per tutto, sempre e comunque, in ogni momento della giornata, e che approfittava con candore di tutto quel che lo circondava per accrescere il proprio piacere”.
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Una nuova indagine per l’improbabile detective di Partanna Giovà, metronotte per caso, coinvolto in un duplice omicidio di stampo mafioso insieme a tutta la scombinata famiglia Di Dio. Sarà ancora una volta l’anziana madre, autentica virago arroccata alle salde tradizioni popolari e armata di un cervello dalla logica “acuminata”, ad avviare le indagini verso l’inevitabile conclusione. Ma cos’è La boffa allo scecco? Questo, almeno, ve lo possiamo svelare: si tratta di un gesto simil-apotropaico (in realtà un autentico sopruso) che a tutti è occorso di subire almeno una volta nella vita, ovvero lo schiaffo di rimando, come sfogo per un’ingiustizia patita che non si è in grado di vendicare altrimenti. Roberto Alajmo non delude le aspettative.
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Per quanto riguarda Sarà assente l’autore di Giampaolo Simi, si può dire che, se esiste una sana via di mezzo tra assecondare a priori i gusti dei lettori meno esigenti e scrivere in modo che solo l’autore possa comprendere i propri contenuti, Simi l’ha sicuramente trovata e ce la propone in queste succulente paginette. Dedicato a chi ha la voglia, la necessità, l’urgenza di ridere a crepapelle.
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Nell’ultimo nato della serie del BarLume di Marco Malvaldi, La morra cinese, gli inossidabili vecchietti sono alle prese con l’omicidio niente di meno che di un giovane filologo romanzo alle prese con un carteggio appartenente alla famiglia di un nobile “arci-decaduto” del luogo, in cui, pare, compariva addirittura un’epistola inedita di Giacomo Leopardi. Ma questo non è l’unico movente per un delitto che non resterà a lungo irrisolto.
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Scelti per voi
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Fonte: pixabay.com
Una piccola scelta di libri “certificati” dai bibliotecari per distrarvi nel migliore dei modi durante le vacanze. Si tratta di novità, di titoli non recentissimi ma che magari vi sono sfuggiti e meritano attenzione, e di opere da cui sono stati tratti ottimi film.
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Se non l’avete ancora letto vi consigliamo L’animale più pericoloso di Luca D’Andrea, del 2020. Ma qual è l’animale più pericoloso? Se non ci si lascia sviare dall’immagine di copertina, si può intuirlo fin dalle prime righe di questo avvincente giallo che ha come tema (argomento di scottante attualità) la salvaguardia dell’ambiente. A parte l’idea di fondo dell’adolescente rapita che ricorda il pregevole La ragazza nella nebbia di Donato Carrisi, la storia si dipana in maniera diversa, dalla location (le montagne della Val Pusteria), ai moventi dei crimini, allo stile, agile, moderno, mai banale. Anche il finale diverge, ma su questo, naturalmente, non sveliamo nient’altro. Rispettata in pieno l’unica regola cui i gialli dovrebbero essere sottoposti: quella di inchiodare il lettore alle pagine, fino alla conclusione.
Pare che le case di ringhiera della vecchia Milano siano una continua fonte di ispirazione per scrittori e assassini: dopo i gialli di Francesco Recami orientati sulla figura dell’ex tappezziere in pensione Amedeo Consonni, è il vice-commissario Enea Zottìa che deve occuparsi di una serie di crimini in un vecchio stabile malandato nel cuore di Milano nell’ultimo libro di Marco Polillo I delitti di corso Garibaldi. Ma le indagini ci porteranno anche a Viboldone, frazione di San Giuliano Milanese e sede di un’antica Abbazia, e all’isola di San Giulio sul lago d’Orta (ebbene sì, proprio nel luogo in cui C’era due volte il barone Lamberto!), dove le vicende, soprattutto sentimentali, dei protagonisti troveranno il loro più naturale scioglimento.
Ambientato sul lago di Como è I milanesi si innamorano il sabato di Gino Vignali, il cui titolo si ispira al famosissimo I milanesi ammazzano al sabato di Scerbanenco (da cui è stato tratto anche un film per la regia di Duccio Tessari). “Dopo la fortunata tetralogia riminese con protagonista Costanza Confalonieri Bonnet, Gino Vignali cambia atmosfere e personaggi ma mantiene intatti il tono scanzonato e il ritmo incalzante che contraddistinguono i suoi fortunati gialli. Suspense, erotismo, umorismo sono gli ingredienti vincenti di un romanzo che, giocando abilmente con dubbi e ossessioni, incertezze e desideri, incanta il lettore in un riverbero di luci e ombre. Come l’acqua del lago, quando sembra calma ma non lo è”.
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Non intendiamo certo tralasciare l’ultimo Simenon, L’orsacchiotto, anche questa opera di introspezione, di scavo profondo nella psiche umana aperto a più interpretazioni, una delle quali può essere che non è possibile mantenere sempre il controllo su tutto, anche ad altissimi livelli professionali: dopo una intera esistenza trascorsa all’insegna del più assoluto dominio di sé, una sola deroga al perfetto meccanismo esistenziale che il protagonista si è imposto può costare un prezzo inestimabile.
Torna nell’ultimo romanzo di Fabio Stassi, Notturno francese, il simpatico counselor della rigenerazione esistenziale Vince Corso, ma in questo caso, come per Simenon, l’indagine è introspettiva: un viaggio parallelo nei ricordi dell’infanzia e in treno, lungo la Costa Azzurra, terra d’origine del nostro detective-bibliofilo, trapiantato in Via Merulana. Finalmente sarà svelato il mistero del padre mai conosciuto a cui Vince indirizza cartoline nell’unico luogo che di sicuro aveva frequentato, almeno per una memorabile notte, ovvero il mitico Hotel Negresco.
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Folgorante fin dall’incipit, la lettura di Perle ai porci (il titolo originale suona: God Bless You, Mr. Rosewater, or Pearls Before Swine) rende pienamente ragione a Umberto Eco che annoverava Kurt Vonnegut tra i suoi scrittori preferiti:
Uno dei protagonisti di questa storia, storia di uomini e donne, è una grossa somma di denaro, proprio come una grossa quantità di miele potrebbe essere, correttamente, uno dei protagonisti di una storia di api.
Ironico, dissacrante, politicamente scorretto, bizzarro, surreale, a metà strada fra America di Kafka e i racconti di Carver; uno stile veloce, tagliente; un lessico moderno e spiazzante. Se poi vi affezionate a questo autore, allora vi consigliamo Ghiaccio-nove, anche questo composto in una forma originalissima che sconcerta il lettore con la sua imprevedibile fantasia che scardina completamente gli schemi narrativi tradizionali. Strutturato a brevi capitoli sullo stile del Tristram Shandy di Sterne è un libro trasgressivo, esilarante fino al demenziale, davvero “uno dei tre migliori romanzi dell’anno scritto dal più grande scrittore vivente” come lo accolse Graham Greene nel 1963, anno della pubblicazione. Una potente satira della società contemporanea, che punta in particolare alla condanna della guerra, argomento quanto mai tristemente attuale.
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Lo spaccone  di Walter Tevis è un romanzo di formazione in cui il protagonista svolge il suo “apprendistato” (come lo definisce Fabio Stassi nella prefazione all’edizione minimum fax) nelle sale da biliardo dove sbarca il lunario spennando ‘polli’ grazie al suo non comune talento. Ma la conquista della consapevolezza comporta un prezzo molto alto: la coscienza del proprio valore si paga con la perdita della libertà. Un libro con i fiocchi che non poteva non ispirare un capolavoro come il film di Robert Rossen del 1961 con un Paul Newman perfettamente incarnato nella parte di Eddie Felson, The Fast, ‘lo svelto’. A voi il piacere di scoprire le differenze (che ci sono, e anche notevoli) tra il libro e il film. Newman rivestirà lo stesso ruolo nel 1986 come mentore del giovane Tom Cruise in Il colore dei soldi, per la regia di Scorsese, sempre dal sequel di Tevis.
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Da La morte corre sul fiume di Davis Grubb è stato tratto nel 1955 per la regia di Charles Laughton un film talmente bello e originale proprio dal punto di vista tecnico da far rimpiangere che si tratti dell’unico exploit come regista da parte del celeberrimo attore britannico. Tratto da una drammatica storia vera, il romanzo si dispiega su più piani narrativi: il tema fiabesco, reso da Laughton con splendide immagini dello sfondo naturale notturno, il noir e la denuncia del fanatismo religioso. “La storia è qualcosa di più, se possibile, dei fatti che la compongono, è un’omelia nera, una lunga e cupa ballata atroce almeno quanto le filastrocche infantili che di tanto in tanto la interrompono, risuonando nel vuoto”.
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Non è una storia dell’orrore, come il precedente Dracula, che tanta popolarità diede al suo creatore, Bram Stoker: Il gioiello dalle sette stelle è soprattutto un racconto d’avventura, i cui protagonisti, sorta di Indiana Jones tra le mummie, sono morbosamente infatuati dalla passione per la storia egizia. A metà tra il romanzo gotico di stampo ottocentesco e l’egittomania molto diffusa all’epoca, tanto da influenzare anche Conan Doyle e Poe, è un romanzo piacevole e adatto come lettura per le vacanze. Tra culto della reincarnazione, sarcofagi, ricerche archeologiche, luoghi affascinanti come il misterioso Egitto e la nebbiosa Londra, abbiamo anche la possibilità di scegliere tra due finali, perché il pubblico non gradì il primo e costrinse l’autore, pare, a riscriverne uno nuovo nella seconda edizione uscita nel 1912, anno della sua morte. In questa ristampa di ABEditore del 2022 sono presenti entrambe le varianti.
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Consigli per tutti i gusti
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Speriamo diventi una lunga serie, perché questa seconda avventura del detective metronotte Giovanni Di Dio è davvero esilarante e non delude i lettori che già avevano apprezzato Io non ci volevo venire di Roberto Alajmo. Ma qual è La strategia dell’opossum? È quella adottata dal nostro Giovà, per cercare di schivare qualsiasi tipo di difficoltà, noia, seccatura o banale incarico che gli capitino tra capo e collo; ma più cerca di evitarli, più i guai lo cercano e, inevitabilmente, lo trovano. Investigatore per caso, costretto suo malgrado a intrattenere rapporti con malavitosi, a intraprendere perigliosi viaggi verso il continente (come i siciliani chiamano il resto dell’Italia), manovrato da una mamma-virago che regna incontrastata fra le mura domestiche, ma per i rapporti extra-familiari necessita di un rappresentante del ‘sesso forte’, il malcapitato eroe resta coinvolto in una storia di riciclaggio di denaro sporco che gli fa rischiare anche la vita. Colpi di scena degni dei più noti film d’azione capovolgeranno la situazione. Un gioiellino.
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Ha i suoi fedelissimi anche l’intraprendente ragazzina Flavia de Luce, della quale è stata appena pubblicata l’ultima avventura, Le trecce d’oro dei defunti. Per chi non si fosse mai imbattuto nello scrittore canadese Alan Bradley, consigliamo vivamente questa serie di grande successo. Le storie sono ambientate nell’Inghilterra degli anni ’50, in una località fittizia dove si trova la magione avita abitata dalla nobile (e pestifera) Flavia, insieme al padre e alle due (detestate) sorelle. In Flavia de Luce e il delitto nel campo di cetrioli, primo giallo della collana, la protagonista, appassionata di chimica e dalla mente molto sveglia, si imbatte accidentalmente in un cadavere abbandonato in mezzo ai cetrioli dell’orto. Non possiamo certo spoilerare nulla, vi segnaliamo solo la scrittura  vivace, l’ambientazione in una lussureggiante campagna inglese tanto celebrata in letteratura e cinema, una passione per l’arte e la cultura che non è mai pedante né fine a se stessa, ma sempre  adeguata al contesto. Una citazione ci fa particolare piacere ricordare: Mentre ero ferma lì davanti pensai che il paradiso doveva essere un posto in cui la biblioteca è aperta ventiquattro ore al giorno, sette giorni alla settimana.
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Richiamando il nostro post dell’edizione 2018 (Ridi con noi) di Milano da leggere, in cui si celebrava il Domina umorista, milanese d’adozione, amico e collega di Guido Clericetti, vi invitiamo a leggere, se ancora non l’avete fatto, il divertentissimo La moglie che ha sbagliato cugino. Si tratta di un libro anomalo (e di uno scrittore anomalo, per citare la postfazione di Tano Gullo), ‘futuribile’ e surreale, pieno di arguzie comiche, giochi di parole, battute esilaranti. La situazione è paradossale fin dall’inizio, quando si introducono i due cugini omonimi protagonisti della storia. Il più estroso inventa slogan pubblicitari e ‘dipoenge’, cioè compone brevi filastrocche ritagliando le lettere da giornali e riviste a formare delle specie di quadri, i dipoenti, appunto, come:
Sono ottimista: quando ho l’emicrania preferisco dire che mi è passato il ben di testa.
È un fenomeno: non sa nulla di tutto!
Estroso, anticonformista e intelligente. Morì ugualmente. Ed ora giace qui, in questo luogo comune.
Arriva talmente tardi in ufficio che rischia di uscire in ritardo…
˗ Hai visto quel film di Pasolini: Il vangelo secondo Matteo? ˗ Sì l’ho veduto ˗ T’è piaciuto? ˗ Certo… Però… Ti dirò Il libro m’è piaciuto di più.
Il tema del doppio è presente nella vita di siciliano trapiantato a Milano, come nella produzione artistica, perché: Domina, in un’Italia di terroni e polentoni separati in casa, aveva un talento specifico per respirare a pieni polmoni le due realtà agli antipodi. Quasi tutti i suoi libri sono infatti orientati a tentare un’impossibile sintesi tra opposti modi di intendere la vita. Il fare del Nord e il dire del Sud. Un ossimoro che però nelle sue pagine trova un amalgama naturale.
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Una citazione dal primo racconto della recente pubblicazione di Adelphi del nostro amato Simenon: Durante una tempesta, per esempio, se uno non ha niente da fare, rischia di morire di paura. Se invece gli tocca badare a tante cose, lottare con le cime, con gli ombrinali, con le pompe, con tutto un armamentario familiare e ribelle, non ha il tempo di pensare, e soltanto dopo, quando il peggio è ormai passato, avverte un vuoto allo stomaco e gli tremano le gambe. Émile era più o meno nella stessa situazione. Doveva pensare ai dettagli, solo ai dettagli, e i gesti sarebbero venuti da sé. Da questa storia è stato tratto un film con Lino Ventura e Annie Girardot, Le bateau d’Émile. Delle cinque tracce contenute nel libro, la più interessante è sicuramente l’ultima, che dà il titolo alla raccolta, Pena la morte, e ricorda la tematica del film di Woody Allen Crimini e misfatti, ma con sorpresa finale: veramente un Simenon in forma strepitosa!
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È stato appena ripubblicato da Adelphi Il sospetto di Dürrenmatt, da cui la Rai nel 1972 ha tratto uno sceneggiato con Paolo Stoppa, Adolfo Celi e Mario Carotenuto, rimarchevole non solo per la straordinaria recitazione, ma anche per il grande rispetto del testo. Si tratta di una caccia a un medico nazista che sul tavolo operatorio ha compiuto indicibili efferatezze non solo nei campi di concentramento. L’indagine, come sempre in Dürrenmatt, si svolge sui documenti e sugli indizi, ma soprattutto scavando nelle pulsioni più perverse e quasi demoniache, nei segreti più spaventosi dell’animo umano. Da leggere e da vedere.
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Una nuova traduzione per L’amore dell’ultimo milionario  di Francis Scott Fitzgerald, ma nel nostro Sistema potete trovare anche le vecchie edizioni, nonché il film di Elia Kazan con la sceneggiatura di Harold Pinter, Gli ultimi fuochi, e un cast stellare: Robert De Niro, Tony Curtis, Ray Milland, Robert Mitchum, Jeanne Moreau, Jack Nicholson e molti altri, per un film che parla di cinema. Ambientato nella Hollywood degli anni Venti-Trenta, la figura del protagonista, Stahr (evidente il gioco di parole), è ispirata al produttore Irving Tahlberg. Se seguite il nostro blog, non vi siete certo lasciati sfuggire Perché corre Sammy? di Budd Schulberg, che tratta lo stesso tema con piglio completamente diverso, e I disincantati, che di Fitzgerald traccia un appassionato ritratto. Diversi percorsi, che conducono tutti alla mecca del cinema, analizzata da diversi punti di vista: il cinismo dei produttori, la vanità di attori e sceneggiatori, la ricerca ossessiva di un successo mai del tutto appagante. In mezzo a tutto questo spicca Stahr, illuminato, geniale tycoon, uomo dolce, educato e sensibile, incatenato al ricordo della moglie al punto da cercarla in ogni volto delle attricette che a frotte frequentano gli studios. Un modo unico di descrivere il nascere del sentimento d’amore, delicato, imprevedibile, inaspettato. Una citazione per tutte: “Non è un affronto a te quando ti trattano male - ma a quelli che hanno incontrato prima”. Imperdibile.
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Alla fine di questa breve esposizione di proposte di libri nuovi o appena ripubblicati, vorremmo segnalarvi un ‘ripescaggio’, un’opera ingiustamente dimenticata, un giallo gradevolissimo, scritto comme il faut e ingegnosamente orchestrato: La martingala rovesciata,  unico romanzo di Fernand Crommelynck, poeta e drammaturgo franco-belga, autore, tra l’altro, della pochade Il magnifico cornuto, da cui il film di Antonio Pietrangeli con Tognazzi e la Cardinale. Si può dire che, nonostante la folla di personaggi, la trama giri tutta attorno a un unico eroe, Larose, attore mancato, truccatore di professione, uomo di bell’aspetto e dallo sguardo magnetico che riesce a tornare alla ribalta per aver escogitato un laborioso e geniale piano finalizzato alla cattura di un serial killer che sta terrorizzando Parigi. Ma, come per ogni giallo che si rispetti, il finale riserverà diverse sorprese. Una vera chicca!
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IL film di Natale
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Quello del film di Natale è diventato oggi un genere a sé che prescinde dal calendario, ma ha raggiunto una sua legittimità in tutti i mesi dell’anno: ci sono addirittura canali dedicati che trasmettono ininterrottamente film natalizi per un pubblico di irriducibili affezionati. Ma quali sono le caratteristiche di questo cinema di pura evasione? La prevedibilità, l’atmosfera di affetti familiari e buoni sentimenti, il freddo nevoso esterno neutralizzato da accoglienti caminetti in dimore debitamente addobbate, un finale scontato e sempre invariabilmente positivo e confortante. Niente di male. Ma, per riferirci a un tempo passato in cui i film di Natale erano pochi e firmati da grandi registi, qual è il vostro film preferito, quello che dovete rivedere ogni anno altrimenti non è davvero Natale?
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Ognuno ha il suo beniamino: uno dei più classici è sicuramente La vita è meravigliosa di Frank Capra (1946) con un James Stewart strepitoso (trovate in questo link un interessante articolo su questa pellicola), un capolavoro che ha conquistato molti record: considerato, giustamente, uno dei film che migliorano con il passare del tempo, ha ricevuto un budget colossale, effetti speciali d’avanguardia per l’epoca, montagne di neve chimica (fu girato in primavera-estate). Ma il segreto di tanta popolarità resta imprescrutabile: non bastano un cast eccezionale, una trama avvincente, un regista geniale per spiegare un successo planetario che dura da quasi ottant’anni. In fondo si tratta di una favola semi-realistica con un angelo che non ha nemmeno le ali. Ci sono alchimie inesplicabili e questo è uno di quei casi, ma la preghiera di James Stewart sull’orlo del fallimento e della galera mette i brividi ogni volta che la si guarda.
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Altro film di successo (ma ormai siamo nell’era del colore) è Harry ti presento Sally di Rob Reiner: la coppia scoppia proprio nel periodo natalizio e la splendida Meg Ryan è costretta a trascinare da sola il grande abete fino al suo appartamento di New York. Sarà la festa di Capodanno a rimettere le cose a posto. Originali e commoventi gli inserti delle coppie che in pochi cenni raccontano le loro romantiche storie. Battute degne di Woody Allen, dialoghi e recitazione ad altissimo livello: insomma, un vero cult.
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È ormai un classico a tutti gli effetti, anche se del 2009, A Christmas Carol di Robert Zemeckis con Jim Carrey. Tratto da Dickens, questa geniale versione cinematografica (se ne contano a bizzeffe, compresa quella, assai commovente, della Disney con protagonista Topolino) è stata realizzata con la tecnica della motion capture, che registra il movimento di persone o oggetti con un sistema di telecamere e marcatori posizionati su tute indossate dagli attori: il risultato è una magica fusione tra cinema e cartone animato che consente strabilianti effetti speciali altrimenti impensabili.
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Citiamo solo il titolo di altri film di Natale, come Mamma ho perso l’aereo e relativi sequel, Il Grinch, Miracolo nella 34a strada, Elf, Nightmare before Christmas, Polar Express, Willy Wonka e la fabbrica di cioccolato, Una strega in paradiso, per soffermarci invece su Una poltona per due di John Landis, con Dan Aykroyd, Eddie Murphy, Jamie Lee Curtis e un piccolo cameo di James Belushi. Alcune curiosità su questo cult, trasmesso in Italia la vigilia di Natale ininterrottamente dal 2012, anche se la prima visione televisiva risale al 1986 (la pellicola è del 1983):
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per la coppia black & white (questo avrebbe dovuto essere il titolo originale, poi trasformato in Trading Places) all’inizio si era pensato al collaudato duo Richard Pryor-Gene Wilder
dopo questo film in America fu promulgata una legge chiamata Eddie Murphy Rule che per la prima volta regolamenta gli scambi finanziari dell’insider trading
i due miliardari che si giocano la vita dei due protagonisti per una misera scommessa (ben 1 dollaro) si rivedono in Il principe cerca moglie, sempre interpretato da Eddie Murphy, nel ruolo, che si meritano, di poveri clochard
in Italia esiste un gruppo di fedelissimi che dal 2017 si incontrano su un famoso social e ogni giorno inseriscono commenti e fanno il conteggio di Quanti giorni mancano a "Una poltrona per due".
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Ma quale può essere il segreto di un consenso così generalizzato che annovera sempre nuovi estimatori? In fondo il Natale è una tradizione che si rinnova ogni anno, con riti ormai codificati: l’albero, il presepe, il panettone-pandoro, il cotechino con le lenticchie, il vischio, i regali, i dodici chicchi d’uva che portano fortuna e ricchezza... Così è entrata nella tradizione anche questa favola rassicurante, un film perfetto, che non manca una scena, una battuta, una nota. Il miracolo di un’ingiustizia sanata, di un sopruso che si ritorce contro i suoi autori, di poveri emarginati della società che si arricchiscono, di uno yuppie senza cuore che diventa umano: dove possiamo vederlo se non in un film? E in particolare in questo film divertente, magistralmente diretto e magnificamente interpretato.
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Come diceva Frank Capra a proposito di It’s a wonderful life, un film è, in un certo senso, come un figlio che, quando cresce, diventa indipendente e sfugge alla tutela del genitore. Così anche Una poltrona per due ha superato ogni più rosea previsione dei suoi autori e riscuote, ogni anno, un immancabile successo. Ma è anche, se vogliamo, una favola moderna, vagamente trasgressiva, dove si parla di droga, di razzismo, la bella protagonista è una prostituta, Babbo Natale si ubriaca e tenta il suicidio, e dove non nevica ma piove: tutto questo, e molto altro, per un piccolo gioello da ri-vedere in famiglia per sorridere un po’ in questi tempi burrascosi.
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Romanzi, racconti e storie da vedere sullo schermo
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Riprende la rubrica di consigli di lettura (e non solo): una piccola selezione da opere recenti o appena ristampate, insieme a uno sguardo sul passato.
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Tra i numerosi gialli pubblicati (è proprio un periodo fortunato per questo colore), vogliamo ricordarne alcuni.
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Dopo Flora, Alessandro Robecchi è da poco uscito con l’ultima avventura della banda Sistemi Integrati, capitanata dal seducente Carlo Monterossi (magnificamente interpretato da Fabrizio Bentivoglio nella serie televisiva): Una piccola questione di cuore. L’amore a tutti i livelli, romantico o autodistruttivo, è il vero protagonista di questa detective story: Si insinua tra i poliziotti incaricati delle indagini, coinvolge grandi boss della mala, normalmente privi di sentimenti umani, giovani intellettuali della Milano bene, irresistibili femmes fatales. Robecchi è sempre maestro nel gestire la tensione e nel mantenere viva l’attenzione del lettore fino all’ultima riga. 
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Accattivante fin dal titolo, Sono felice, dove ho sbagliato?, l’ultima attesissima fatica di Diego De Silva ci propone di nuovo l’ironico avvocato ‘d’insuccesso’ Vincenzo Malinconico, ormai alla sesta causa persa, almeno letterariamente parlando. La novità assoluta è che da questi thriller forensi la Rai ha tratto una fiction in cui il protagonista è interpretato da Massimiliano Gallo, che abbiamo avuto il piacere di ammirare come marito di Imma Tataranni nella serie omonima creata da Mariolina Venezia. In questo caso Malinconico difende gli indifendibili diritti di un gruppo, coalizzato in una class action, di Impantanati che pretendono di intentare causa in nome del loro amore perduto. Se questo fosse possibile, non basterebbero tutti i tribunali del mondo per ospitare i processi di chi si sente defraudato in campo sentimentale, eppure il Nostro, tenendo fede al suo profilo di soggetto atipico e difficile da inquadrare, si sobbarca l’immane impresa. “Fra risate, battibecchi, colpi di scena e ordinarie drammaturgie familiari, Malinconico riuscirà ad articolare una stralunata difesa”. 
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Anche per la tassista-detective Debora Camilli, che alla sua quarta avventura si è ormai guadagnata l’affetto di molti lettori, è in preparazione una fiction televisiva. Uscita dalla penna esperta di Nora Venturini, regista teatrale, sceneggiatrice e scrittrice (nonché moglie del fascinoso Giulio Scarpati), la giovane, intraprendente protagonista, che non ha potuto realizzare il sogno di entrare in polizia, ma conserva lo spirito del piedipiatti, pare destinata a trovarsi coinvolta in misteriosi omicidi: un po’ come la profezia che si auto-adempie… Dopo L’ora di punta, Lupo mangia cane e Buio in sala, è appena uscito Paesaggio con ombre, dove lo sfondo è quello incantatore del Lungotevere Flaminio, dalle cui acque è stato ripescato un cadavere privo di documenti. Anche in questa puntata la strana coppia composta da Camilla e dall’anti-divo commissario capo Edoardo Raggio porterà felicemente a termine il caso. 
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Passando alla narrativa, La grande Zelda (2022) di Pier Luigi Razzano non è una biografia, ma un romanzo, in cui la protagonista racconta in prima persona la sua storia: un ritratto che ci svela la sua complessa personalità, la creatività messa in ombra dal successo del celebre marito, le passioni trascurate (il ballo, la scrittura, la pittura). Delle opere (lettere, racconti composti a quattro mani insieme al marito e il romanzo Lasciami l’ultimo valzer) potete trovare ampia scelta nel nostro catalogo. Ricordiamo anche che la “piccola compagnia della magnolia” presenterà, per il 28-29-30 ottobre, uno spettacolo sulla straordinaria figura di Zelda Fitzgerald (Teatro Linguaggicreativi). 
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Per par condicio, avendo parlato di Zelda, non possiamo trascurare il suo augusto consorte citando i Racconti dell’età del jazz, ambientati nei Roaring Twenties, i Ruggenti Anni Venti che, secondo Fernanda Pivano, furono “il decennio di tutte le proteste e di tutte le rivolte, delle utopie più ottimistiche e delle delusioni più spietate”. Di queste undici short stories, che potrebbero essere usate come modello per gli studenti dei corsi di scrittura, ricordiamo Il curioso caso di Benjamin Button, da cui è stato tratto un film; Il diamante grosso come il Ritz, racconto grottesco e simbolico di denuncia sociale; il suggestivo e notturno Tarquinio di Cheapside, da cui stralciamo questo paragrafo:
Non era roba per la ronda: quella notte Satana era in libertà, e a Satana somigliava l’uomo che si intravedeva per primo davanti, calcagno sul cancello, ginocchio sopra la recinzione. Era anche evidente che il nemico si aggirava vicino a casa, o almeno in quella zona di Londra consacrata ai suoi desideri più volgari, perché la via si restringeva come una strada in un quadro e le case si serravano sempre di più le une sulle altre, chiudendosi in un’imboscata naturale adatta al delitto e alla sua teatrale sorella, la morte violenta.
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Piccoli capolavori sono gli inediti pubblicati nel 2017 in Per te morirei: diciotto racconti, presentati ognuno da un breve cappello che ne ripercorre le vicissitudini editoriali. Contengono tutta l’America di Fitzgerald: la guerra civile, l’amata New York, il mondo del cinema e quello dell’editoria (su questo argomento il racconto d’apertura Il «pagherò» è davvero esilarante), l’ambiente dei ricchi qual era – e non è più stato – negli anni Venti e quello dei poveri della Grande Depressione. Il tutto in uno stile unico, incisivo, scattante, con calibratissime, sorprendenti, ironiche metafore. Pura maestria letteraria. 
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Vogliamo ricordare brevemente Gianni Celati, che ci ha lasciato all’inizio di quest’anno: grande scrittore, critico, traduttore (da segnalare la sua versione dell’Ulisse di Joyce, del 2013), professore di Letteratura anglo-americana (tra i suoi allievi Pier Vittorio Tondelli), nonché appassionato viaggiatore (durante il suo lungo soggiorno in Tunisia imparò la lingua araba). Il testo che consigliamo è quello dei Meridiani di Mondadori, Romanzi, cronache e racconti, che offre un ampio spettro dei suoi lavori e una vasta possibilità di scelta. I lettori lombardi (Celati era nato a Sondrio) riconosceranno nel suo stile lento e pacato, nelle descrizioni di paesaggi, nei diari di viaggio il familiare aspetto della pianura padana, come nella raccolta Narratori delle pianure, che spesso riporta storie tramandate oralmente, ammantate di uno stralunato stile fiabesco: si va dalla vicenda del radioamatore di Gallarate che si reca in una sperduta isola della Scozia (L’isola in mezzo all’Atlantico), alla ragazza giapponese del racconto omonimo che non può vivere senza consultare ogni settimana il suo signist o consigliere zodiacale, al barbiere con problemi esistenziali (Vivenza d’un barbiere dopo la morte). Scrittore che sa accontentare tutti i gusti, un vero “classico contemporaneo” secondo la definizione di Marco Belpoliti.
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Facendo un passo indietro nel tempo, un best seller ingiustamente dimenticato è Il verdetto, di Barry Reed (1980), da cui Sidney Lumet ha tratto nel 1982 un favoloso film con Paul Newman, Charlotte Rampling e James Mason. Si tratta di un legal drama (l’autore era egli stesso avvocato), che ricorda altre storie del genere (come quelle raccontate nei film La giuria, Erin Brockovich, Rain man), che descrivono la resistenza folle e disperata di piccoli onesti individui in lotta contro enti potenti (grandi compagnie di assicurazione, grandi studi legali, grandi aziende), armati soltanto della più ostinata cocciutaggine e della forza derivata da un profondo senso di giustizia. Una raccomandazione: fate attenzione, se lo leggete sui mezzi, perché ne sarete così coinvolti da rischiare di mancare la vostra fermata! 
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Agli amanti del pantagruelico investigatore Nero Wolfe proponiamo, nel caso in cui a qualche fortunato fosse sfuggito, Champagne per uno, un giallo spumeggiante per alleggerire lo spirito dei nostri affezionati lettori in questi tempi agitati. Se una donna dalla psiche palesemente fragile, che viaggia con una fiala di cianuro nella borsetta e proclama a gran voce di essere stanca di vivere, muore all’improvviso dopo aver bevuto una coppa di champagne, nessuno si sogna neppure lontanamente di sospettare un omicidio. Nessuno tranne il sagace Archie Goodwin e il suo ‘planisferico’ datore di lavoro. Una lettura d’evasione, ma di eccellente fattura.
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Ancora per gli amanti del giallo classico, è appena stata pubblicata una corposa edizione dei racconti e dei radiodrammi di Ellery Queen a cura di Carlo Lucarelli. Il volume non ha pretesa di esaustività, obiettivo quasi impossibile data la vastità della produzione del dinamico duo di cugini, ma nutre l’ambizione di aver raggiunto il massimo livello di ampiezza possibile (c’è anche un racconto che non era mai stato pubblicato in Italia). Gli unici gialli che si rivolgono direttamente al lettore, per sfidarlo a svelare il mistero, dopo che gli sono stati forniti tutti gli elementi chiave per poterlo dipanare: così faceva anche il mitico Jim Hutton (padre del talentuoso Timothy, che ha interpretato anche Archie Goodwin, forse in competizione con il padre) nella favolosa serie degli anni Settanta.
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Libri per l’estate
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Non potevamo certo lasciarvi accaldati per l’afa estiva e assetati di libri da gustare in vacanza! Ecco dunque una puntata fresca fresca di questa ormai consolidata rubrica di consigli letterari.
Iniziamo con due classici.
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Processi verbali di Federico De Roberto: estremamente interessante l’esperimento di realismo verista di queste novelline (come le chiama l’autore nella sua concisa e lucidissima prefazione), che ricordano il Verga del ciclo dei vinti (folgorante in questo senso Il rosario), con il ricorso ai proverbi popolari (tanto va la secchia al pozzo, finché si rompe; carcere, malattia, necessità, si conosce l’amistà), con squarci di storia (il ’48 a Napoli e la rivolta di Bronte ne I vecchi), ma anche Pirandello e Guy de Maupassant, per non parlare di Lupetto, che sembra addirittura anticipare Raymond Carver. Esilarante e boccaccesco, un autentico gioiellino, il racconto di chiusura Il viaggio a San Vito.
Il denaro di Émile Zola: un’analisi acuta e quanto mai attuale del mondo degli affari e della Borsa. Imperi economici acquisiti e persi in un sol giorno, i re della finanza ossequiati e riveriti, i falliti derisi e respinti. In una sorta di eterno ritorno le azioni umane si riproducono ciclicamente senza lasciare l’insegnamento necessario a evitare il ripetersi degli errori. Così questo affresco della Borsa francese durante il Secondo impero ricorda le recenti bolle finanziarie che hanno causato la rovina di migliaia di piccoli risparmiatori e il crollo dei mutui fondiari. A manovrare i movimenti di una banca fantasma nata grazie alla complicità di diversi prestanome è il visionario Saccard, a cui il lettore (e con lui diverse figure femminili e un’infinita serie di dipendenti del gioco) si affeziona nonostante tutto e di cui segue le mosse con apprensione e ininterrotta curiosità per quasi 600 pagine che scorrono veloci come un fiume in piena, il fiume del denaro (l’argent del titolo) che passa per le mani di affaristi e speculatori, ma spesso solo in forma virtuale. La cosa più sorprendente è che lo spunto per la trama è tratto da un episodio realmente accaduto: la parabola del banchiere Paul Eugène Bontoux e della banca Union Générale fallita nel 1882. Se il denaro è il tema principale, questo romanzo appartiene pur sempre al ciclo dei Rougon-Macquart ed esplora le tare genetiche che, nella visione deterministica del naturalismo francese, minano la famiglia e ne spiegano i comportamenti. Victor, il figlio perverso e deforme del protagonista, ricorda ‘Coniglio mannaro’, uno degli ultimi discententi dell’indimenticabile famiglia Scacerni de Il mulino del Po di Riccardo Bacchelli. E non poteva mancare neppure il tema dell’antisemimitismo, caro all’autore del J’accuse. Insomma un piatto completo, per gli amanti della buona letteratura.
Non possiamo tralasciare l’ultimo Simenon pubblicato da Adelphi, Il dottor Bergelon: “Qualcosa si era guastato, senza che lui riuscisse a capire cosa”. La verità è che un fatto increscioso, una malaugurata deviazione dalla consueta routine ha avvelenato la pace interiore del protagonista al punto da fargli mettere in discussione l’intera sua esistenza. Affrontare Simenon è sempre come scendere negli abissi più profondi dell’animo umano.
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Per chi avesse la fortuna di non aver mai letto Manuel Vázquez Montalbán, sono stati appena ristampati Le terme e Il labirinto greco in cui l’investigatore Pepe Carvalho esprime al meglio le sue doti culinarie e il suo fiuto per le indagini, il tutto in uno stile degno del grande Chandler.
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Uno degli autori prediletti di Andrea G. Pinketts, Stuart Kaminsky, professore di storia e critica cinematografica alla Northwestern University di Evanstone, Illinois, farcisce con le proprie competenze letterarie e cinematografiche i suoi gialli hard boiled, per cui Bela Lugosi e William Faulkner diventano clienti del detective privato Toby Peters (“affettuosa parodia dell’investigatore della scuola dei duri”, da Hardboiled blues di Gian Franco Orsi) in due casi che si intrecciano in Never cross a Vampire. Gli amanti del noir potranno cogliere in queste pagine spunti per rivedere vecchi film o scoprirne di nuovi e introvabili. Così anche per Una pallottola per Errol Flynn, Il caso Howard Hughes e Follie di Hollywood, ma nei suoi gialli troviamo molte altre star, come Mae West, Gary Cooper, Clark Gable, Buster Keaton, Judy Garland e Raymond Chandler: pare proprio che il mondo del cinema sia una inesauribile fonte di ispirazione.
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Fedele all’idea che uno scrittore dovrebbe trattare di ciò che conosce, nel creare i personaggi Kaminsky non esita a inserire cenni autobiografici, come le radici russe per l’ispettore Rostnikov (Morte di un dissidente: “Le sue armi: una falce, un martello e una bottiglia di vodka”), e la fede ebraica per il poliziotto Abe Lieberman, che opera in una Chicago quanto mai violenta e movimentata (La follia di Lieberman), città d’origine dello scrittore. Infine il detective Lew Fonesca, trasferitosi da Chicago (Midnight Pass) nell’atmosfera assolata e apparentemente pacifica della Florida, specializzato nella ricerca di persone scomparse (Cattive intenzioni, Parole al vento). Notevoli le collaborazioni con il regista Don Siegel per Ispettore Callaghan, il caso Scorpio è tuo, e con Sergio Leone per i dialoghi di C’era una volta in America. Insomma uno scrittore prolifico (possiamo contare una sessantina di titoli) per amanti del cinema, della letteratura e di uno stile ironico e versatile.
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Un altro libro ambientato nella Hollywood degli anni d’oro: Perché corre Sammy?, di Budd Schulberg, Oscar alla migliore sceneggiatura originale per Fronte del porto, sceneggiatore di Il paradiso dei barbari con un esordiente Peter Falk  e soggettista di Un volto nella folla di Elia Kazan e di Il colosso d’argilla con Humphrey Bogart.
“Quello che mi faceva infuriare era che Sammy era la persona più scaltra e più ottusa che avessi mai conosciuto. Era dotato di un’intelligenza che era in grado di impiegare unicamente a vantaggio di Sammy Glick. È un tipo di intelligenza che comporta una certa ottusità: una specie di sterminata zona d’ombra con un solo raggio di luce diritto davanti a se stessi”.
Ma chi è Sammy? Un arrivista, un arrampicatore sociale, con meno scrupoli che talento, di un cinismo disarmante, egoista e avido, anche le sue apparenti qualità sono solo difetti astutamente mascherati: “un piccolo fattorino ebreo sempre di corsa che diventa un potente produttore, sacrificando ogni cosa d’umano alla sua assetata ambizione”. Consigliato da Kurt Vonnegut (a sua volta scrittore ammirato da Umberto Eco), che addirittura lo paragona a Francis Scott Fitzgerald, è una lettura scorrevole e moderna che ci lascia agganciati al mistero di questo personaggio odioso e intraprendente fino all’ultima pagina. C’è, naturalmente, molto di autobiografico nelle opere di Schulberg: “Figlio del tycoon della Paramount, e lui stesso, per un certo tempo, prediletto di Hollywood... ma anche comunista inciampato nelle reti del Mccarthismo, spesso e volentieri elesse il mondo di Hollywood quale osservatorio ideale... I disincantati si concentra su come muore, in America, una leggenda. Uno scrittore grande e dimenticato, che ha avuto tutto, ed è stato travolto assieme a un mondo lussureggiante dalla crisi del ’29, si lascia umiliare e consumare nel corpo e nella dignità in un ultimo infimo lavoro da sceneggiatore di filmetti”. In questo caso l’episodio autobiografico si riferisce all’incontro di Schulberg con Scott Fitzgerald, chiamato dagli studios a collaborare alla revisione di una sua sceneggiatura.
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Il 22 giugno 2022 potrete assistere alla presentazione del romanzo di Manuela Cattaneo della Volta e Livio Sposito, Un cuore al buio: Kafka, che si terrà presso la biblioteca Valvassori Peroni. Il libro racconta la “storia e la vita delle cinque donne che hanno amato Franz Kafka”.
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Buone vacanze da tutto lo staff delle biblioteche di Milano!
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Letture per tutti i gusti
Una selezione tra le numerose novità recentemente acquisite dal Sistema Bibliotecario di Milano. Si tratta di libri di vario genere: gialli, narrativa e un piccolo assaggio di classici ripubblicati o inediti.
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Dalla raccolta L’occhio dell’assassino segnaliamo in particolare l’apologo di Flaubert che svela a quali abissi di follia possa portare l’amore per i libri, ma un amore perverso, votato al puro supporto e non al contenuto. Baricco, nell’introduzione a Tre racconti, ha segnalato Flaubert come maestro assoluto del racconto, genere apparentemente semplice, in realtà insidioso banco di prova per veri talenti, proprio come E.A. Poe che qui ci viene proposto in uno dei suoi capolavori, Il cuore rivelatore. Originale l’esperimento di Dickens che amabilmente sorvola sui luoghi del cuore, che non sono quelli reali, ma quelli della fantasia letteraria: l’isola di Robinson Crusoe, lo studio di Don Chisciotte, Lilliput e “varie centinaia di posti; non ci sono mai stato, eppure mantenerli intatti fa parte della mia vita, e ci ritorno sempre”. Pregevole saggio di scrittura per amanti degli scacchi è L’alfier nero del librettista scapigliato, nonché appassionato di scacchi e di enigmistica, Arrigo Boito, in cui pare che i pezzi degli scacchi siano animati da vita propria: “Quel disordine era fatto ad arte per nascondere l’agguato, le pedine fingevano la rotta per ingannare il nemico, i cavalli fingevano lo sgomento, il re fingeva la fuga”. Ma la partita fra bianchi e neri non si gioca solo sulla scacchiera.
In Il rogo della Repubblica, al tempo stesso romanzo storico, giallo, processo politico e cronaca d’archivio, Andrea Molesini ricostruisce un fatto reale accaduto nel 1480: l’esecuzione di tre ebrei in Piazza San Marco per un’accusa di infanticidio. Fra razzismo, opportunismo economico, motivazioni di ordine pubblico, indagini ammantate di magia (“Il dettaglio è il crocevia dove il visibile e l’invisibile s’incontrano”) e inquietudini religiose, il protagonista Boris da Candia, un “miscredente avventuriero”, si trova di fronte al pregiudizio, all’ingiustizia, all’abuso di potere: “I popoli, non sapendo fare forte il giusto, chiamano giusto il forte”. L’autore in questo video definisce l’opera “un’avventura catartica”, che è anche un romanzo di formazione, la storia della redenzione del protagonista.
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Non delude Rex Stout nel giallo non-Nero Wolfe Sinfonia funebre, in cui il detective protagonista, che ha un suggestivo nome indiano e un cognome ‘parlante’, Tecumseh Fox, dovrà indagare su vari crimini che ruotano intorno a un prezioso Stradivari.
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Sono le acque ondeggianti di storia e di poesia del Mar Egeo quelle che avvolgono di mistero il cadavere impigliato tra le reti di un pescatore. Vi proponiamo direttamente uno stralcio del romanzo Mille sospiri di  Ioanna Karistiani, che meglio di qualsiasi recensione potrà invogliarvi alla lettura.
Composto nel 1985 ma pubblicato solo oggi Il serpente maiuscolo è il primo e, a detta dell’autore, anche l’ultimo noir di Pierre Lemaitre. Un killer spietato si cela dietro le insospettabili vesti di una vedova sessantenne in sovrappeso affezionatissima al suo dalmata. Ma da qualche tempo, inspiegabilmente, qualcosa non va e l’ispettore Vassiliev è sulle sue tracce. Un thriller alla Tarantino, raccontato secondo il punto di vista folle e deviato della protagonista, in un crescendo sempre più efferato e travolgente.
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Jonathan Franzen, lo scrittore di Le correzioni, ci propone con Crossroads una nuova saga familiare ambientata nella Chicago degli anni Settanta: capelli lunghi, pantaloni a zampa di elefante, afflati mistici e gruppi musicali. Il tutto condito da una sapiente verve ironica, che non riesce tuttavia a celare il sapore amaro della ferita sempre aperta nel cuore dell’America progressista e pacifista: la guerra del Vietnam. Al di là del quadro storico, l’analisi acuta e penetrante delle relazioni familiari, i vizi, i difetti e le debolezze degli esseri umani, osservati in quello che hanno di universale e ripetitivo, rendono l’opera particolarmente attuale.
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In Lèon  Lucarelli fa fuggire dall’ospedale psichiatrico in cui era in cura l’Iguana, il folle assassino catturato anni prima dall’Ispettore Grazia Negro e dal suo compagno Simone. Tutto fa temere che sia a caccia di vendetta.
Anche  il lockdown ha avuto un risvolto positivo: ha ispirato il libro di Marco Presta Il prigioniero dell’interno 7. Il microcosmo di un condominio diventa l’ombelico del mondo e il protagonista, alla perenne ricerca di solitudine, si troverà suo malgrado al centro di un universo che pretende la sua collaborazione e, forse, la sua maturazione.
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Come Tre uomini in barca, nato al di là delle intenzioni dell’autore, J.K. Jerome, il cui obiettivo era la stesura di una guida turistica, così il protagonista di L’ora senz’ombra di Osvaldo Soriano, incaricato di redigere una Guida alle passioni argentine, si ritrova in questo road trip a fare i conti con il passato e i legami familiari, a mescolare i ricordi con gli incontri occasionali, a scavare nella propria interiorità. “L’ora senz’ombra del titolo (una citazione dall’Aleph di Borges) è l’ora del sole a perpendicolo, dove la luce annulla tutte le ombre e vengono a galla le verità profonde”.
Ancora un po’ di ossigeno per i patiti di Simenon:  Il capanno di Flipke contiene dieci racconti di cui sette totalmente inediti in Italia.
In Génie la matta Inès Cagnati, figlia di contadini veneti emigrati in Francia, ci propone una storia (pubblicata in Francia nel 1976, e ora per la prima volta in Italia) intensa e toccante: l’amore assoluto, viscerale di una figlia per una madre decisamente problematica, forse anaffettiva, sola in una società che la emargina per colpa di un vile pregiudizio e che, pur disprezzandola, non esita a sfruttarla. Dice l’autrice in un’intervista: “Il matto è colui che ci rassicura su noi stessi, l’altro è matto perché noi siamo normali, e affinché noi possiamo esserlo. Ne è il garante”. Una storia di profonde ingiustizie e, perciò, dolorosamente attuale.
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Una raccolta di racconti illustrati per Storie liete, fiabe nere e tempi andati  di Francesco Guccini: “un viaggio che va dai familiari scenari dell’Appennino tosco-emiliano, a quelli, più inattesi, di un antico regno di fiaba”.
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Un nuovo attesissimo noir per Raul Montanari, Il vizio della solitudine. Il vice ispettore Ennio Guarneri, a riposo forzato per dissapori di servizio, si è costruito un’esistenza a sua misura: segue le lezioni della vecchia maestra, coltiva un amore inatteso, si bea di una solitudine che è una conquista più che una condanna. Ma, come è vero che “quando sei nato non puoi più nasconderti”, i guai lo cercano e, naturalmente, lo trovano e la tensione esplode violenta e implacabile. “Un dubbio rimarrà alla fine: se per lui, come per tutti noi, la solitudine sia un male a cui sottrarsi o un vizio da coltivare con cura”. Una scrittura accattivante, dialoghi impeccabili e un finale mozzafiato per un libro che regala emozioni.
Dopo molti anni Mondadori ripubblica un romanzo di Alba de Céspedes,  la scrittrice di La bambolona (da cui è stato tratto un film con Ugo Tognazzi) e Nessuno torna indietro, il libro che la fece conoscere a livello internazionale. «La storia di un grande amore e di un delitto»: così l’autrice definì Dalla parte di lei. Il quadro storico si amplia rispetto al romanzo del 1938: oltre ai temi legati al fascismo e alla resistenza, si arriva fino alla ricostruzione. Anche in questo caso si tratta di un romanzo di formazione, che descrive la presa di coscienza della protagonista dalla sottomissione alla ribellione di fronte a un mondo dove domina incontrastato il punto di vista maschile.
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Non possiamo esimerci dal consigliare le ultime avventure del britannico ispettore Morse creato dalla penna di Colin Dexter, professore di greco ed esperto enigmista recentemente scomparso: Il giorno del rimorso  e Il più grande mistero di Morse e altre storie (con una nota di Marco Malvaldi). I seguaci dello scorbutico ispettore capo, protagonista anche di una fortunata serie televisiva, ritroveranno la sua sagacia, l’acuta intelligenza, la sconfinata cultura, la puntigliosità, la mordente ironia e molto altro ancora. Chi non lo conosce ha un’ottima occasione per imparare ad apprezzarlo.
Una ristampa per Vita del signor de Molière di Michail Bulgakov: pubblicato postumo a causa della censura sovietica, è ora stampato in versione integrale. Diversi sono i punti in comune fra i due scrittori: la passione per il teatro, il gusto per il sarcasmo, la capacità di cogliere il lato grottesco delle cose, l’ostilità nei confronti di ogni ipocrisia, le difficoltà determinate dal rapporto con il potere che cerca sempre di soffocare la libertà dell’artista. Realizzando un equilibrio apparentemente impossibile fra biografia e autobiografismo, documentazione storica e fantasia, Bulgakov compone quello che egli stesso definì un romanzo a tutti gli effetti, in cui la vita del protagonista è interessante e avventurosa come quella dei personaggi creati dalla sua fantasia.
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Per la prima volta tradotto in italiano I bambini del mercato di Edgar Lee Masters,  l’autore dell’Antologia di Spoon River, è stato scritto esattamente cent’anni fa e tratta di un argomento scottante, il razzismo. “Ne è protagonista un ragazzo inglese che approda a Chicago nel 1833 per entrare in possesso di una tenuta ricevuta in eredità. Basta poco però perché la terra delle opportunità e della libertà tanto idealizzata si riveli un Paese contraddittorio, una democrazia in cui vige la schiavitù, un luogo fondato da uomini bianchi per gli uomini bianchi”.
Con sarcasmo evidente Honoré de Balzac presenta Il vicario delle Ardenne: «Dal momento che quest’opera potrà forse subire delle critiche, anzi, sarà certamente criticata, io dichiaro di essere giovane, senza esperienza e senza alcuna conoscenza della lingua francese, nonostante il titolo di baccelliere in lettere…». Infatti, come scrive Mirella Serri nell’introduzione a questa recente traduzione (la prima risale al 1837 e la seconda al 1841), «il racconto fu come una meteora: uscì a novembre e nel dicembre era già stato fatto sparire dalle librerie parigine. Ma in quei pochissimi giorni ... conquistò il pubblico». Come tutta l’opera di Balzac, anche questo romanzo fu inserito nell’Indice dei libri proibiti.
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Libri in festa!
Niente di meglio che ritrovare i vecchi amici durante le feste: vi proponiamo perciò le recenti imprese delle ‘serie’ più amate.
Una settimana in giallo: la nuova antologia di Sellerio, assemblata dai più noti affiliati della casa editrice siciliana. Una settimana è il termine massimo a disposizione dei protagonisti per risolvere il loro caso.
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Vecchie conoscenze  è proprio il titolo adatto per indicare l’ultima inchiesta di Rocco Schiavone, il vicequestore creato dalla penna di Antonio Manzini. Il passato torna a turbare il sonno del funzionario più trasgressivo e sboccato della procura, mentre l’inchiesta per omicidio lo porta a occuparsi, trasversalmente, nientemeno che di Leonardo da Vinci. Gli ingredienti per invogliare i palati dei nostri lettori ci sono tutti.
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Un altro caso anche per Marco Malvaldi: in Bolle di sapone i cari inossidabili vecchietti del BarLume sono ancora in lockdown, ma la loro curiosità non avverte il passare degli anni e li stimola a occuparsi di omicidi nonostante i limiti imposti dal ‘contatto a distanza’. Ma chi risolverà l’enigma, anche questa volta? Malvaldi riesce a farci sorridere persino in tempo di pandemia.
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In Reo confesso di Valerio Varesi il commissario Soneri (ricordiamo ancora la magnifica serie Rai Nebbie e delitti con un Luca Barbareschi perfettamente nella parte) si muove a Parma, città d’elezione del suo creatore, dove indaga su un delitto che ha già un colpevole: un caso troppo semplice per ingannare il fiuto dell’esperto commissario. Ecco le parole dell’autore: “Mi restava un’ultima ibridazione, una necessità personale e romanzesca: introdurre nel giallo l’inquietudine e gli stati d’animo tipici degli autori noir francesi: Izzo e Manchette, Malet e naturalmente il padre di tutti, Simenon. Mi ci voleva cioè un personaggio adatto a farsi osservare intimamente, ma con pudore”.
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Siamo ancora in Toscana con La casa di tolleranza. Tre avventure del commissario Bordelli  di Marco Vichi, che qui, però, fa un passo indietro nel tempo e ci racconta di quando Franco Bordelli era ancora vice, andava in bicicletta ed esistevano le case ‘chiuse’, ambienti quanto mai favorevoli a crimini e malavita. Un cane lupo delle SS, una prostituta che lavora a maglia, una passeggiata al cimitero sono argomenti che non possono lasciare indifferenti gli estimatori di questo ombroso personaggio, amante delle periferie, che annovera fra i suoi amici ladri e ricettatori. L’ultimo racconto, poi, è ambientato proprio a Natale!
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Alessia Gazzola con La ragazza del collegio ci offre una nuova avventura di Alice Allevi, intraprendente specializzanda in medicina legale, interpretata nella fortunata serie Tv L’allieva da Alessandra Mastronardi.
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L’ultimo romanzo di Fabio Stassi si intitola Mastro Geppetto: “Un padre alla ricerca del figlio. Un falegname e il suo burattino. Un piccolo gioiello di creatività e ispirazione letteraria”.
Per restare in tema di festività, vi proponiamo Fiaba di Natale  di Simona Baldelli, storia che ci riguarda personalmente perché racconta l’impresa, accurata quanto pericolosa, di un funambolo che vuole attraversare a grande altezza la distanza che separa il tetto della biblioteca dal campanile della chiesa. Perfetto per i sognatori.
Allettante e non convenzionale il giallo di Roberto Alajmo  Io non ci volevo venire: un detective involontario, di tipo diametralmente opposto ai cliché dell’investigatore stile Marlowe. Giovà, goffo, improbabile, inadeguato all’incarico che gli è stato affidato, muove a Partanna (nome quanto mai evocativo di una borgata di Palermo) i passi necessari per ritrovare una bella ragazza scomparsa. Uno stile divertente e ironico con venature dialettali per “un giallo comico e tagliente che ritrae il cuore ambivalente di una città”.
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Un titolo oltremodo accattivante (semel in anno licet insanire!) per Giuseppina Torregrossa:  Morte accidentale di un amministratore di condominio; in questo caso, però, l’amministratore in questione è un condomino in pensione che ha deciso di occuparsi di persona della gestione dello stabile, particolarmente malandato, in cui risiede. Ma allora perché questa morte improvvisa? Un ispettore, Mario Fagioli, che di soprannome fa ‘il Gladiatore’ non potrà che scoprire la verità.
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Gita in barchetta di Andrea Vitali è ambientato a Bellano nel 1963: un intrecciarsi di storie e personaggi, con le loro piccolezze, avidità, ambizioni e illusioni, la cui esistenza si specchia nelle acque del lago e assurge a dimensione epica.
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Grazie al terzo romanzo (dopo Nero di mare e Stagione di cenere) della serie del paparazzo Franco Zanna, Il codice della vendetta di Pasquale Ruju è entrato nella cinquina dei finalisti al Premio Scerbanenco. “Il ritorno di Franco Zanna in una Sardegna troppo carica di misteri”: furti milionari e delitti efferati nell’esclusiva Costa Smeralda, ma soprattutto l’incontro casuale con l’uomo che gli ha rovinato l’esistenza (per la serie la vendetta è un piatto che va mangiato freddo…).
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La vincitrice del Premio appena consegnato (nonché candidata allo Strega) è Antonella Lattanzi: “Liberamente ispirato a un episodio di cronaca avvenuto a Bari nel palazzo dove l’autrice è cresciuta, Questo giorno che incombe è un romanzo unico, bellissimo e  prismatico, capace di accogliere suggestioni che vanno da Kafka a King, da Polanski a Dostoevskij, di attraversare più generi, dal thriller alla storia d’amore, di riflettere sulla maternità e le sue angosce, di parlare del male e del dubbio, e capace di riscrivere, tra realtà e finzione, una storia vera”.
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Il romanzo Come delfini tra pescecani. Un’indagine per i Cinque di Monteverde di François Morlupi si è aggiudicato il Premio dei lettori al miglior romanzo Noir  per essere stato il più votato. “Demolendo con sarcasmo graffiante lo stereotipo del poliziotto supereroe, Morlupi ha saputo dare un volto credibile a chi per mestiere affronta il crimine, alternando intuizioni fulminee a epiche figuracce. Una ventata fresca nel panorama giallo italiano”.
I lettori che hanno amato Chi ha ucciso Sarah? (appena ripubblicato in un’edizione riveduta dall’autore) e i folgoranti, spietati racconti di Dieci, non si lasceranno sfuggire  Solo la pioggia,  l’ultimo lavoro del talentuoso Andrej Longo: ripescando le tradizionali unità di luogo e di tempo di aristotelica memoria, il narratore chiude i personaggi in una stanza e in undici ore, sotto il fragore della pioggia incessante, li costringe a ripercorrere i drammi delle loro esistenze.
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Concludiamo con due classici (Perché leggere i classici? Per imparare a conoscere l’animo umano, che non cambia mai) di Honoré de Balzac appena ripubblicati. Pierrette: “Storia crudele dell’orfana Pierrette, povera, bella e d’animo nobile. I cugini che la ospitano … la tormentano fino allo stremo, per gelosia, per invidia, per meschinità … Cinismo, sarcasmo, fino alla comicità, propri della denuncia realistica; e una indagine psicologica sul desiderio e l’invidia che non risparmia nemmeno i buoni”. Wann-Clore. Jane la pallida: scritto a soli 26 anni e mai pubblicato in Italia “se non in forma edulcorata e introvabile dagli anni Trenta del Novecento, proposto adesso in una nuova traduzione” a cura di Mariolina Bertini, e presente nel nostro Sistema bibliotecario. Ispirato a un dramma giovanile di Goethe, narra la storia di un giovane ufficiale innamorato di due donne. Sullo sfondo delle guerre napoleoniche, amori romantici e dramma, intrighi e travestimenti: un feuilleton praticamente perfetto. “Balzac non incluse Wann-Chlore nella Commedia umana … Era troppo prossimo, con le sue eroine angeliche e con le inquietanti apparizioni del traditore Salvati, al mondo fantastico del romanzo gotico, che non poteva trovar posto nella sua fedele raffigurazione della civiltà contemporanea. Ma proprio l’atmosfera così peculiare di quest’opera giovanile lontana dal realismo la rende oggi per noi particolarmente attraente e suggestiva”.
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Libri sotto l’albero
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https://chemiguardo.it/cartoline-di-natale-vittoriane/
Grande romanziere mai sufficientemente ricordato, Marco Denevi sa mutare con estrema versatilità lo stile a seconda del personaggio, con umorismo, maestria, opulenza verbale, calibrato dosaggio di citazioni. Non solo. Lo scrittore argentino ha saputo creare un proprio modus operandi: in maniera simile a Rashomon di Kurosawa, in cui ogni attore fornisce una versione diversa dell’accaduto, nelle storie di Denevi, sempre a metà tra narrativa e giallo (ammesso che al giorno d’oggi sia ancora possibile e consentito operare una simile distinzione, e su questo tema rinviamo al prezioso e sintetico saggio di Camilleri), gli eventi sono esposti dai personaggi sulla base del loro singolare punto di vista. La Verità, ovviamente, sarà svelata solo nel finale e apparirà, secondo le migliori regole del giallo, inaspettata e sorprendente. Fino a metà circa del libro, la trama si snoda con tranquillo fluire, anche se l’autore lascia sapientemente cadere indizi sempre più evidenti di una imminente catastrofe. A questo punto la catastrofe temuta si verifica e la seconda parte si dipana in modo diverso: in Rosaura alle dieci ognuno racconta la sua verità in prima persona e con uno stile caratteristico, dalla proprietaria della pensione, donna di mezza età, ciarliera ed emotiva, che si lascia guidare nei suoi giudizi da sentimentalismi, proverbi e luoghi comuni, al coltissimo avvocato che srotola a perdifiato la sua interpretazione dei fatti diametralmente opposta rispetto a quella della locandiera, fino alla ‘confessione’ del presunto assassino sotto forma di dialogo teatrale.
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Nella seconda parte di Musica di amor perduto vengono introdotti nuovi, curiosissimi personaggi: un procuratore cripto-omosessuale e un avvocato particolarmente avvenente. La tragedia prenderà, allo stesso tempo, l’aspetto di un noir (un po’ macabro) alla Edgar Allan Poe e di un cold case. Cambiano quindi le figure che si muovono nelle due metà del racconto (il loro legame con la trama sarà svelato a poco a poco), l’intreccio è abilmente elaborato e il finale scaturisce del tutto inaspettato. Originale, coinvolgente e scritto con particolare maestria.
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Cerimonia segreta: ricorda, come ha detto Fernando Sorrentino, La caduta della casa Usher di Poe. Nel 1968 Joseph Losey ne ha tratto un film con Mia Farrow, Robert Mitchum e una intensissima Elizabeth Taylor.
Assassini dei giorni di festa (dove giorni è genitivo oggettivo) ci presenta una “molteplice mistificazione”: sei fratelli decidono, per noia o per pura crudeltà, di frequentare le veglie funebri di persone sconosciute “finché si imbattono in un morto senza parenti, in una ricca casa che conserva cimeli di ogni tipo e rinserra il segreto di un morboso amore. E il piano, che quasi automaticamente escogitano per impadronirsi di quelle ricchezze, li costringe a recitare se stessi di fronte a se stessi, a inscenare la loro stessa irredimibile aridità, in una drammatizzazione del cui umor nero, macabro e cattivo, non si rendono conto ma che li trascina in una specie di espiazione che non li illumina e non li emenda”. Umorismo, mistero e tragedia finale compresi in un perfetto meccanismo narrativo.
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Sono recentissime pubblicazioni di Adelphi tre libri di Simenon: La mano e due raccolte di racconti. Il giallo è ambientato nel Connecticut e fa vibrare tutte le corde cui l’autore ci ha abituati: lettura a perdifiato e profondo scavo psicologico, al punto che non si ha mai la certezza su chi sia il vero colpevole. L’ambiguità dei personaggi, forse anche nell’autocoscienza, la mancanza di un autentico rapporto partecipativo sia in famiglia sia con gli amici d’infanzia, un sistema di valori basato esclusivamente sul successo non possono che portare all’inesorabile dramma. Una narrazione stringente, priva della stucchevole retorica dei legami affettivi e, finalmente, politicamente scorretta, una storia che fa riflettere sui rischi che si possono correre, Bergman docet, all’interno di un nucleo familiare in assenza di sincerità e condivisione, quando la base dell’unione non è solidificata da sentimenti forti: la mancanza di comunicazione genera pericolosi fraintendimenti dalle conseguenze irreparabili.
Lo scialle di Marie Dudon: dieci racconti, otto dei quali inediti in Italia. Il processo di identificazione nei  personaggi instancabilmente cercato da Simenon in tutta la sua sconfinata opera narrativa, nel racconto che dà il titolo alla raccolta trova il suo obiettivo in una lavandaia stanca, con il mal di schiena e le mani terree e squamose a forza di stare immerse nell’acqua. Ma, improvvisamente, le cose cambiano: guardando fuori dalla finestra, ha forse assistito a un omicidio, proprio come Miss Marple dal finestrino del treno in Istantanea di un delitto?
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Annette e la signora bionda: inaspettatamente un lieto fine nel racconto che dà il titolo alla raccolta, un “tono lieve e scanzonato, simile a quello di una commedia sofisticata” non frequente in Simenon e che incuriosisce ancora di più il lettore appassionato dell’instancabile inventore del commissario Jules Maigret.
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Rex Stout  Il guanto: un altro grande giallista che esce dai ranghi. Questa volta è il padre del pantagruelico Nero Wolfe a tradire la sua creatura per dedicarsi a una investigatrice in gonnella, la giovane Theodolinda (alias Dol) Bonner, figlia di un finanziere vittima del crollo di Wall Street, alle prese con un mistero più grande di lei. Sapiente intreccio poliziesco e severa analisi sociale in questo godibilissimo libretto che vi consigliamo insieme al suo ‘parallelo’ Due rampe per l’abisso: uno dei primi lavori, ingiustamente bocciato dalla critica, in realtà si tratta di una costruzione originalissima. La vicenda viene ripensata dal protagonista mentre sale le scale che inesorabilmente lo porteranno alla conclusione della vicenda.
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A 18 anni dalla scomparsa, gli editori stanno pescando nel preziosissimo barile degli inediti di Manuel Vázquez Montalbán: Assassinio a Prado del Rey è una delle ultime pubblicazioni, che ci fa rimpiangere la mancanza dell’infallibile, anomalo detective privato Pepe Carvalho. In questa raccolta le qualità dell’ombroso investigatore catalano si dispiegano in tutto il loro repertorio, comprese le grandi abbuffate favorite da vini e liquori di pregio in compagnia del vecchio amico Fuster nella villetta di Vallvidrera. A tal punto incolmabile è il vuoto lasciato da Pepe, che si è pensato di incaricare lo scrittore Carlos Zanón di farlo rivivere: è nato così Problemi di identità, in cui Carvalho si esprime in prima persona (un trucco, spiega l’autore in un’intervista, “per farlo sentire più mio”) e si cimenta in vari filoni di indagine.
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E ancora, la raccolta (non-Rocco Schiavone) Ogni riferimento è puramente casuale di Antonio Manzini: lettura estemporanea, divertente e autoreferenziale (il tema è lo stesso di Sull’orlo del precipizio: “una satira spietata … Una distopia alla Fahrenheit 451, dove è il mondo dei libri a bruciare se stesso”), perché certo ci deve essere qualcosa di autobiografico in questi sette racconti ambientati nel mondo dell’editoria (lo si intuisce anche dal titolo). La morale? Vendere l’anima al diavolo e sacrificare l’amore per la letteratura alla squallida legge del profitto forse non conviene. Una struttura ad anello collega la prima all’ultima novella, ma da un punto di vista speculare e con finale rovesciato. La chiusa (L’arringa finale) è un crescendo rossiniano e sigilla questi racconti che con disinvolta originalità passano dal grottesco (Lost in presentation), al thriller macabro (Racconto andino), al paranormale (È tardi), attraverso la rivisitazione dei tradizionali Ringraziamenti, lo studio degli effetti del feng shui applicato ad una libreria (La parete azzurra) e l’invenzione di un acrostico per cavarsi da un impasse piuttosto imbarazzante (Critica della ragione). Inventiva, sfoggio mai pedantesco di erudizione, fantasia lessicale, grande ironia.
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È composta da agili libretti la ‘quadrilogia della famiglia’ (a tutt’oggi ancora una trilogia) di Fabio Bartolomei che comprende: Morti ma senza esagerare, che ci farà riabbracciare i nostri genitori con rinnovato affetto, Diciotto anni e dieci giorni, un romanzo di formazione al femminile, e Tutto perfetto tranne la madre, una vicenda drammatica raccontata con ironia e intelligenza.
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Chi meglio di Alice Basso, scrittrice e redattrice milanese, ora trapiantata in un borgo medievale del Piemonte, può parlarci con competenza e precisione storica della situazione femminile nell’Italia fascista degli anni ’30? Con questi due recenti lavori, Il morso della vipera e Il grido della rosa, l’autrice inaugura una nuova serie (dopo quella fortunata della ghostwriter Vani Sarca) che ha come protagonista Anita Bo, intelligente dattilografa alle prese con romanzi gialli d’autore, lavoro difficilissimo in un periodo che vedrà presto il Minculpop proibire questo genere letterario, inviso a Mussolini e al fascismo.
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Vi consigliamo, infine, l’ultimo libro di Sacha  Naspini, La voce di Robert Wright, storia di un doppiatore rimasto improvvisamente orfano del suo alter ego sullo schermo. “Un thriller psicologico sulla disgregazione dell’identità che guarda alla tragedia classica e al teatro dell’assurdo”. L’autore di Nives e Le case del malcontento “con una scrittura che si riconferma ancora una volta densa e avvincente … ci lascia penetrare nella psiche contorta e morbosa di un personaggio espressamente pirandelliano, arricchendo il suo repertorio di figure sempre in bilico tra l’iconico e il grottesco e sempre, in un modo ogni volta diverso, troppo umane”.
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Meglio l’originale o la copia?
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È una tendenza propria della cinematografia, molto più che di altri generi artistici, quella di produrre dei cloni, dei remake di film già girati, forse perché la tecnologia fa passi da gigante e tale progresso risulta quanto mai evidente sul grande schermo. Un film rifatto a distanza di tanti anni non sembra più la stessa cosa: si passa dal muto al sonoro, dal bianco e nero al colore, dalle vecchie cineprese alle steady cam alle videocamere digitali, cambiano (ma non sempre) attori e registi.
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Alcuni esempi sono clamorosi, come la favola di Pinocchio che ha dato numerosi spunti al cinema: a parte i cartoni animati (Walt Disney e Enzo D’Alò), gli adattamenti cinematografici si moltiplicano (se ne sta girando ancora uno in questi giorni per la regia di Benicio del Toro), dall’insuperabile sceneggiato di Luigi Comencini, con Nino Manfredi, Vittorio De Sica, Gina Lollobrigida, Franco Franchi e Ciccio Ingrassia, alla serie televisiva del 2009 con Bob Hoskins, Luciana Littizzetto e Margherita Buy, al film di Roberto Benigni del 2002, fino all’ultimo riuscitissimo esperimento di Matteo Garrone del 2019, dove possiamo rivedere Benigni, non più nel ruolo del dispettoso burattino ma in quello di mastro Geppetto, e ammirare Gigi Proietti, Mangiafuoco, nonché due esilaranti Rocco Papaleo e Massimo Ceccherini nei panni del Gatto e della Volpe. 
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E ancora, King Kong, dall’epico originale del 1933, già allora all’avanguardia per effetti speciali, alla versione a colori del 1976 con Jessica Lange e Jeff Bridges, all’ultima apparizione del 2005 con effetti visivi tra i più spettacolari della storia del cinema.
La nostra breve carrellata consiglia alcuni fra i titoli più noti di cui, forse, è sfuggito l’originale.
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Il passaggio dal bianco e nero al colore rende più evidente ‘l’aggiornamento’, come per il film, vincitore del premio Oscar nel 1942, L’inafferrabile Signor Jordan, tratto dalla commedia Heaven Can Wait di Harry Segall. Il rifacimento del 1978, Il paradiso può attendere, con Warren Beatty, Julie Christie e James Mason, è davvero divertente. Rispetto all’originale il protagonista non è un pugile ma un giocatore di football americano: “Beatty, vestendo i panni che furono a suo tempo di Robert Montgomery, trova una taglia azzeccatissima in una pièce che ne moltiplica la presenza, che ne amplifica e allarga l’epicentro, quasi giocando con la sua fisicità … che lo fa saltare da un corpo all’altro rimanendo sempre uguale a se stesso”.
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Il grande Hitchcock tornerà spesso in questa rassegna: a proposito di La signora scompare (1938), interpretato da Michael Redgrave (papà di Vanessa), il regista stesso racconta: «In The Lady Vanishes dovevo girare una scena molto tradizionale imperniata su una bevanda drogata. Cosa si fa di solito in un caso di questo genere? Ci si sbriga con un dialogo del tipo: “Tenga. Lo beva” “No, grazie” “Ma sì, le assicuro che le farà bene” “Non ora, più tardi” “La prego” “È troppo gentile...” e il personaggio prende il bicchiere, lo porta alla bocca, lo allontana, lo posa, lo riprende e ricomincia a parlare prima di decidersi a berlo ecc. Allora mi sono detto: “No, non voglio fare così, proveremo a cambiare un po’.” Ho fotografato una parte della scena attraverso i bicchieri affinché il pubblico li veda costantemente, ma i personaggi non li hanno toccati prima della fine della scena. Allora avevo fatto fabbricare dei bicchieri molto grandi e ora uso spesso degli accessori ingranditi... È un bel trucco, eh?» Vivace e avvincente anche la versione del 1979 con l’inossidabile Angela Lansbury, Elliott Gould e Cybill Sheperd. 
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Nel caso di L’uomo che sapeva troppo Hitchcock replica se stesso: il remake del 1954 con James Stewart e Doris Day è praticamente inarrivabile, ma anche il suo modello di vent’anni prima (fa parte della fase britannica dell’attività del regista) è estremamente interessante, con Peter Lorre, il cattivo dei cattivi, divenuto celebre nel 1931 come protagonista di M - Il mostro di Düsseldorf di Fritz Lang e che ritroveremo in un altro film di Hitchcock, L’agente segreto, e poi spesso al fianco di Humphrey Bogart (per esempio in Casablanca e Il mistero del falco): un’autentica garanzia per gli amanti del thriller. Per ammissione dello stesso regista: “La prima versione è stata fatta da un dilettante di talento, mentre la seconda da un professionista.” 
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L’accenno a Bogie ci porta a un altro capolavoro, Il grande sonno, al quale collaborarono i più bei nomi del cinema e della letteratura: Raymond Chandler, scrittore, William Faulkner, sceneggiatore, Howard Hawks, regista e, accanto a Bogart, naturalmente, la fascinosa Lauren Bacall. “Giochi di sguardi, erotismo ai limiti della censura per l’Hollywood del tempo e scambi caustici di battute, sono il biglietto da visita di un’opera capace di uscire con destrezza dal prevedibile … Centodieci minuti di puro cinema, un viaggio in bianco e nero tra ombre e illusioni dentro un passato mai tanto presente.” Forse era troppo sperare che si potesse eguagliare un simile capolavoro, eppure il tentativo è stato fatto più di trent’anni dopo in Marlowe indaga, interpretato da un altro ‘duro’ di Hollywood, Robert Mitchum.
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Per restare nell’ambito del noir, uno dei primi e più celebrati film di questo genere è La fiamma del peccato del geniale Billy Wilder, tratto da La morte paga doppio di James Cain e ispirato a un fatto di cronaca, con Barbara Stanwyck, la regina delle dark ladies, Edward G. Robinson e Fred MacMurray. Se pensiamo che un genere artistico attraversi una sorta di parabola, dai primi dilettanteschi esperimenti al progressivo perfezionamento, possiamo ricrederci guardando questo film, archetipo del genere noir eppure già perfetto in ogni sua parte. L’inizio è folgorante, perché tutta la vicenda non è che un flash back svelato dal protagonista su un mangianastri. A proposito di questa pellicola, vi raccomandiamo il prezioso documentario, Billy, ma come hai fatto?, in cui Wilder (il regista di L’asso nella manica, Sabrina, Viale del tramonto, A qualcuno piace caldo, Quando la moglie è in vacanza e di molti altri capolavori) racconta la genesi dell’opera e i trucchi cinematografici cui ha fatto ricorso. Questo il giudizio di Hitchcock sul film: “Dopo La fiamma del peccato, le due parole più importanti nel mondo del cinema sono ‘Billy’ e ‘Wilder’”. Il remake è Brivido caldo del 1981 con Kathleen Turner e William Hurt: questa versione ha aggiunto alcuni colpi di scena e accentuato l’atmosfera di torbida sensualità.
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Concludiamo con un triplice rifacimento dal giallo Il postino suona sempre due volte sempre di James Cain. La trama, anche se l’autore non compare nei titoli, è stata usata da Luchino Visconti per Ossessione, considerato l’archetipo del neorealismo, che fece esclamare a Vittorio Mussolini: “Questa non è l’Italia”. In effetti è un’Italia povera, in canottiera sdrucita (quella indossata da Massimo Girotti, un Marlon Brando nostrano su una polverosa strada della Bassa Padana), non certo in linea con gli ideali di grandezza della mitologia fascista. Un vero noir all’italiana, un esordio con i fiocchi per il regista, che ricevette anche i preziosi consigli di Giorgio Bassani. La variante americana è completamente rovesciata: al posto delle vesti lacere di Girotti e dei capelli spettinati dell’intensa Clara Calamai, il guardaroba impeccabile e le elaborate acconciature di Lana Turner, autentica dark lady in bianco. Esce dopo 45 anni la rivisitazione di Bob Rafelson con la bellissima Jessica Lange e uno strepitoso Jack Nicholson: l’inappuntabile mise della Turner lascia il posto alle seducenti vesti da camera della Lange. Tre versioni diverse dello stesso titolo, ognuna a suo modo specchio dei tempi: una interpretazione in chiave chiaramente politica quella del 1943, un adattamento quasi da ‘telefoni bianchi’ nel 1946 e l’ultima trasposizione, del 1981, sicuramente la più spregiudicata e intrigante. A voi la scelta!
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Per favore, non chiamatelo classico!
È un’espressione decisamente attuale. Infatti uno dei film appena presentati alla Mostra del Cinema di Venezia è proprio tratto dal romanzo Illusioni perdute di Honoré de Balzac e, pescando a caso dalla galleria infinita e variegata dei suoi personaggi, potremmo facilmente trovare vizi e virtù di un parente, un vicino di casa, un collega di lavoro. Honoré de Balzac continua ad arricchirci con le sue opere, a stupirci per la sua leggendaria biografia, a soccorrerci quando siamo alla ricerca della citazione perfetta.
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Le sue appassionanti trame hanno offerto molto materiale per gli schermi, dal cortometraggio muto del 1910 La locanda rossa, fino al recentissimo adattamento di Xavier Giannoli. Illusioni perdute, parafrasando il critico Bruno Nacci, è un romanzo di formazione, che descrive la graduale presa di coscienza del protagonista dal candore della giovinezza alle amarezze della maturità intesa come “rassegnata accettazione del male”. “Da molti ritenuto il romanzo più bello di Honoré De Balzac, le ottocento pagine de Le illusioni perdute costituiscono un grande affresco del mondo intellettuale nella Parigi della restaurazione, dopo la caduta di Napoleone Bonaparte”.
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Scrittore dei record, lavorava per lo più di notte, instancabilmente, anche per 16 ore consecutive (ma il primato personale fu, a suo dire, di 48 con una sola pausa di 3 ore) all’irraggiungibile ritmo di trenta parole al minuto. Il caffè era la sua droga, il perfezionismo la sua ossessione: correggeva compulsivamente, anche in fase di pubblicazione. Durante la sua breve esistenza (morì di peritonite a 51 anni, 5 mesi dopo il matrimonio) lavorò a un’opera tra le più ambiziose, La commedia umana, progettata con l’intento di descrivere l’umanità della Francia contemporanea nelle sue possibili varianti di estrazione sociale, professione, sesso, età, aspetto esteriore, carattere e psicologia: un totale di 137 opere tra romanzi, novelle, saggi, racconti e studi analitici. Definita “la più grande costruzione letteraria di tutta la storia dell’umanità”, “moderna epopea”, “enciclopedia”, organizzata secondo uno schema piramidale (anche Verga seguirà un principio simile), La Comédie dipinge un quadro al tempo stesso realistico e visionario della società francese ai tempi della monarchia di Luigi Filippo d’Orleans. Una vita così intensa poteva essere descritta al meglio solo da un altro scrittore; vi consigliamo quindi la lettura della biografia Balzac: il romanzo della sua vita, da molti considerata l’opera più importante di Stefan Zweig, da cui è stato tratto il film  Balzac: una vita di passioni, con Gerard Depardieu, Virna Lisi e Fanny Ardant.
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Autore quanto mai prolifico, la sua iperattività permeava ogni fase della giornata: assiduo frequentatore di salotti mondani, inventore (realizzò una prodigiosa penna in grado di scrivere tre copie alla volta e fu l’iniziatore del libro tascabile), sfortunato commerciante, giornalista e fondatore di una società di scrittori. Dalla sua sconfinata produzione, proviamo a suggerire qualche titolo forse meno noto, ma di sicuro effetto.
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Gli impiegati: modello per Il posto di Ermanno Olmi, Il cappotto di Alberto  Lattuada, Le miserie ’d Monsù Travet di Vittorio Bersezio e per ognuno dei geniali Fantozzi, il romanzo descrive con sottile ironia (moltiplicata dal frequente ricorso ai giochi di parole) le labirintiche trame, i perversi meandri, le insidiose storture di una delle più machiavelliche invenzioni dell’umanità, la “Burocrazia, potere gigantesco messo in moto da nani”. Perfetto nei suoi equilibri, proprio come imperscrutabili sono gli ingranaggi dell’atroce macchina burocratica che, implacabile e lenta come l’agghiacciante strumento di tortura ideato da Kafka nel racconto Nella colonia penale, stritola con implacabile freddezza le sue vittime, colpisce ciecamente maligni intriganti e volonterosi animati dalle migliori intenzioni, anche se in un ambiente così profondamente corrotto nessuno è mai davvero innocente. La genesi del romanzo ricorda quella de Il giocatore, scritto in 28 giorni perché l’editore era riuscito a vincolare Dostoevskij (traduttore di Eugénie Grandet) con un contratto capestro. Pare che, al ritorno da Milano (dove aveva incontrato Manzoni), Balzac fosse atteso da uno dei suoi più accaniti creditori, per liberarsi del quale compose questo capolavoro in appena un mese.
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Il tema è noto: vendere l’anima al diavolo non è mai conveniente. Da Goethe a Wilde (che probabilmente fu influenzato proprio dalla lettura di questo libro per tratteggiare il suo Dorian Gray) a Mann attraverso La pelle di zigrino, storia di un giovane fallito contattato da un antiquario dall’aspetto demoniaco, che gli offre un talismano prodigioso in grado di soddisfare i suoi desideri. Ma tutto ha un prezzo e quello dell’anima è sempre il più caro.
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Quando il suo astro sembrava ormai oscurato dall’avvento di Sue e di Dumas, Balzac sforna altri due capolavori: La cugina Bette e Il cugino Pons. Ingiustamente dimenticato, Pons è l’ennesima vittima di un mondo senza scrupoli ossessionato dal rapporto con il denaro. Sensibilità, amore per l’arte, culto dell’amicizia a nulla valgono di fronte a un’umanità gretta, avida, interessata. Ma questa volta il colpo di scena è in agguato, anche se l’inatteso rovesciamento della situazione nulla può contro il determinismo che, nel naturalismo balzachiano, regola le azioni umane con scientifica prevedibilità. Raccomandiamo in particolar modo l’introduzione di Lanfranco Binni.
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Agli amanti del giallo consigliamo Insospettabili, una raccolta di racconti tratti da autori che hanno fatto qualche incursione nel genere poliziesco: da Buzzati a De Roberto, da Fitzgerald a Hemingway, da London a Twain. Tra tutti spicca La Grande Bretèche di Balzac, ambientato in un fatiscente maniero nei dintorni di Tours, città natale dello scrittore: forse “metafora di un doloroso ricordo” è un vero e proprio noir, all’altezza di Poe, che ha suscitato anche l’interesse di Orson Welles.
Vi lasciamo con alcuni dei suoi più celebri aforismi: “La rassegnazione è un suicidio quotidiano.” (da Illusioni perdute) “Di generosi non ci sono che i poveri.” (da Avarizia e prodigalità) “L’invidia è il più stupido dei vizi, poiché non offre nemmeno un solo vantaggio.” (da Invidia) “È più facile essere amante che marito, perché è più difficile essere dotati di spirito tutti i giorni che non dire cose graziose di tanto in tanto.” (da Fisiologia del matrimonio) “Il vecchio è un uomo che ha mangiato e guarda gli altri pranzare.” (da Vecchiaia)
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Milano indaga
Si è appena conclusa l’iniziativa Milano in giallo e noi vogliamo tracciare una sintetica panoramica degli autori più noti. “Milano come Chicago“: titolava così il 29 novembre 1976 la prima pagina de «La Notte», storico giornale milanese poi chiuso negli anni Novanta. Ecco spiegata la moltiplicazione di libri (e film) gialli e, di conseguenza, di ispettori, detective, commissari che hanno popolato e tuttora investigano nella nostra città.
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In realtà la ‘predisposizione’ di Milano ad essere terreno fertile per indagini criminali risale più indietro nel tempo, a quello che è considerato il padre di questo genere letterario, Augusto de Angelis: noto antifascista e giallista in un’epoca in cui il Minculpop aveva disposto il sequestro “di tutti i romanzi gialli in qualunque tempo stampati e ovunque esistenti in vendita”, innamorato di una donna ebrea, incarcerato e poi picchiato da un fascista: morì in seguito alle ferite riportate a soli 56 anni. Il suo eroe, il commissario De Vincenzi, egregiamente interpretato da Paolo Stoppa in una serie di sceneggiati Rai, opera prevalentemente nella nostra città. 
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Forse anche l’atmosfera, soprattutto invernale, fatta di nebbia e cieli plumbei, ha favorito lo sviluppo di questo tipo di letteratura: un misterioso delitto nella caligine notturna di Palestro apre le pagine di Motivo d’allarme di Eric Ambler, ambientato durante gli anni del ventennio. 
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Al dopoguerra si ispira Dario Crapanzano: “Mario Arrigoni, capocomissario di Porta Venezia (che è come dire arcimilanese, meneghino al quadrato), si muove in una Milano impegnata a ricostruire ma non ancora toccata dalla febbre dal boom, dove insieme a fabbriche e uffici riaprono anche i teatri, come il Piccolo di Strehler; dove le auto sono poche e ci si sposta in tramvai, tutt’al più in Vespa; dove brunch e happy hour non sono stati ancora inventati e al massimo nelle fumose osterie si può mangiare un panino, anzi, un ‘sanguis’, traslitterazione milanese della parola sandwich”. 
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Dal dopoguerra la città si è ingrandita a dismisura, la periferia “ha fagocitato cascine, campi coltivati e borghi storici, e si è ritrovata, senza rendersene conto, una metropoli” (così scrive Michele Turazzi nell’utile volumetto Milano di carta). Sono gli anni del boom economico “di una società approdata al consumismo senza aver davvero capito di essere uscita dalla povertà”, e l’equazione ricchezza = criminalità dà i suoi risultati nella cronaca nera come nelle pagine dei romanzi gialli. Dalla vecchia ligera locale “malavita estrosa e un po’ scalcagnata” che quasi mai uccideva (quella cantata da Jannacci e Gaber, per intenderci) si passa alla delinquenza efferata con cui si trova a combattere l’investigatore Duca Lamberti (protagonista anche di alcuni film) creato dalla veloce penna di Giorgio Scerbanenco. Sono gli anni della famigerata ‘banda Cavallero’ (che ha ispirato il film di Lizzani Banditi a Milano, con Gian Maria Volonté), di Francis Turatello e di Vallanzasca.
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La mala degli anni ’60-70 è descritta da Paolo Roversi in Milano criminale, prequel di Solo il tempo di morire, ambientato tra il 1972 e il 1984, ancora prima della cosiddetta ‘Milano da bere’.
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Al 1978 risale il l’esordio di Renato Olivieri. Ecco come Andrea Camilleri (nella prefazione di Il romanzo poliziesco di Yves Reuter) descrive il suo eroe: “Il commissario Giulio Ambrosio, innamorato stendhalianamente della sua Milano, è un uomo colto, dalle abitudini borghesi, sostanzialmente malinconico”. Ricordiamo anche il bellissimo film I giorni del commissario Ambrosio con Ugo Tognazzi.
“Ma l’eredità maggiore di Scerbanenco si ritrova in tutti quei commissari, vicequestori e detective improvvisati che hanno invaso gli scaffali delle librerie nell’ultimo mezzo secolo, rendendo Milano la città d’elezione per le indagini letterarie nel nostro Paese. Questi investigatori agiscono ovunque, in qualsiasi quartiere di una città che, dal punto di vista del crimine, non conosce pace”. 
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È la Milano degli anni Ottanta quella di Piero Colaprico, il giornalista che ha coniato il termine ‘tangentopoli’ (la sua esperienza in tema di criminalità milanese gli ha dettato il saggio di recente pubblicazione Manager calibro 9), nonché padre, insieme a Pietro Valpreda, del maresciallo Binda “un investigatore che si inserisce perfettamente nella tradizione del giallo. Classico per la meticolosità dei suoi ragionamenti, moderno per la sua abilità nel districarsi nei vari strati sociali di una Milano colma di divergenze, Binda risulta un personaggio con il quale non si può non simpatizzare. Padre e marito modello, imperturbabile, ma con un profondo lato malinconico, quasi dark, che bilancia una certa dose di sana ironia. Un anziano ex carabiniere che vive una seconda giovinezza proprio grazie all’attività di investigatore privato”. 
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Si tratta di un vero proliferare (cui si può offrire solo un rapido cenno), che non sembra attenuarsi, forse perché la narrativa è più vera e accattivante se agganciata al territorio, e la Milano buia, nebbiosa, tentacolare, sovrappopolata ben si presta ad un immaginario di tipo poliziesco. 
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I più recenti: Il mistero di Chinatown di Mario Mazzanti, la prima indagine dell’anatomopatologo Tommy Davis e dell’amico Gualtiero Abisso; La disciplina di Penelope di Gianrico Carofiglio: “La protagonista, brillante magistrato dei tempi che furono, è impegnata in un’investigazione tra le vie di Milano, avvolta nei ricordi e in un intrico da svelare”; a proposito di nebbia, è appena uscito Una giornata di nebbia a Milano di Enrico Vanzina: “È una giornata di nebbia a Milano, una di quelle che sembravano non esistere più, come se fosse uscita da un romanzo di un altro tempo, da una ballata di giorni lontani. Luca Restelli sta andando al giornale per cui lavora, per le pagine di cultura, quelle che non considera nessuno. Non ha ancora quarant’anni, ma anche i suoi gusti sono ‘passati’, come la nebbia di quella mattina: vive di riferimenti letterari e cinematografici, tra insicurezze e un po’ di superbo disprezzo per il mondo indolente e arrivista che lo circonda. All’improvviso arriva una notizia, un omicidio in Corso Vercelli, un uomo è stato ucciso con un colpo di pistola, è stata arrestata una donna. Restelli si propone, la cronaca nera gli è sempre piaciuta. Dopo aver raccontato la citt�� eterna, Vanzina racconta l’altra capitale italiana. Il risultato è un giallo straordinario, elegante, irriverente, geniale e inaspettato”; Nella luce di un’alba più fredda di Hans Tuzzi: nuove indagini per il commissario Norberto Melis; Un colpo al cuore di Piergiorgio Pulixi, ambientato tra la Sardegna e Milano è la storia di “un serial killer che ha deciso di riparare i torti del sistema giudiziario”; e poi le indagini del commissario Caronte di Alessandro Reali. 
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Ambientato sempre a Milano (ma questa volta in estate!) l’ultimo bestseller di Alessandro Robecchi, Flora, di cui abbiamo già parlato: “Storia di un Pigmalione ai tempi della televisione che cerca di convertire la sua pupilla e le masse al culto della poesia, tramite il toccante esempio del surrealista Robert Desnos. Storia di un rapimento sui generis in cui il lettore è dalla parte dei malviventi, e ben presto lo sarà anche la vittima. Scritto in piena pandemia, ne riporta qualche velata eco”.
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Addirittura una magliaia è stata promossa all’invidiabile ruolo di investigatrice: si tratta di Delia, la protagonista dei gialli di Mauro Biagini.
Come dice Turazzi, “la lista è quasi inesauribile”. Per la fortuna di noi appassionati lettori, ci viene da aggiungere...
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William Goldman: uno sceneggiatore da Oscar, uno scrittore da (ri)leggere
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Tutti probabilmente hanno visto Il maratoneta, capolavoro di John Schlesinger del 1976, con uno scontro ‘ad alta recitazione’ fra due mostri sacri: Laurence Olivier e Dustin Hoffman. Ma forse non tutti hanno letto il romanzo omonimo da cui è stato tratto il film, opera dell’ebreo newyorkese William Goldman. Difficile, come sempre, paragonare due forme artistiche così diverse come cinema e letteratura, ma in questo caso la medesima paternità è garanzia del massimo risultato. Nel libro c’è praticamente tutto: azione, stralci di storia contemporanea, caccia a criminali nazisti fuggiti in America del Sud per scampare ai processi, un feroce attacco al maccartismo, trame gialle e di spionaggio, pericolosi legami amorosi… Al protagonista, lo strambo Babe che ricorda un po’ il giovane Holden, mentre è intento a coltivare le sue due grandi passioni (la storia americana e la maratona: davvero esaltante la descrizione dell’impresa dell’etiope Abebe Bikila che a piedi scalzi trionfò alle Olimpiadi di Roma del 1960) capita di innamorarsi, di scoprire oscuri segreti familiari, di essere torturato da un dentista che non usa anestesia (è un ricordo autobiografico!) e di rischiare la pelle, in un susseguirsi a perdifiato di imprevedibili colpi di scena. La vicenda è raccontata con stile e linguaggio multiformi, che variano a seconda dei personaggi. La narrazione è vorticosa, avvincente, ironica e (vivaddio) politicamente scorretta. Ma cos’è l’umorismo? Goldman ne dà una definizione che sicuramente sarebbe piaciuta a Pirandello: “L’umorismo è l’inattesa giustapposizione dell’incongruenza”. Interessantissima l’introduzione, dell’autore stesso, sulla genesi del romanzo, della sceneggiatura e delle riprese, che potete leggere nell’edizione Marcos Y Marcos.
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Qualche parola su questo scrittore, uno dei più importanti sceneggiatori di Hollywood: nato a Highland Park (Chicago) nel 1931, pare che i genitori non riuscissero a tenerlo lontano dalle sale cinematografiche. Ha collezionato due Oscar: alla miglior sceneggiatura originale per Butch Cassidy con la strepitosa coppia, allora ancora inedita, Paul Newman-Robert Redford, “western insolito, accattivante e profondamente malinconico”, sulle note della colonna sonora di Burt Bacarach, e alla miglior sceneggiatura non originale per Tutti gli uomini del Presidente, con Dustin Hoffman e Robert Redford, storia di Carl Bernstein e Bob Woodword, i due giornalisti del «Washington Post» che svelarono lo scandalo Watergate, causando le dimissioni dell’allora Presidente degli Stati Uniti Richard Nixon.
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La sua prima sceneggiatura, era il 1963, fu per Soldato sotto la pioggia (anche in questo caso interpretato da una coppia di autentici fuoriclasse: Steve McQueen e Jackie Gleason) “fu anche il primo dei numerosi adattamenti realizzati per il cinema dai suoi romanzi”.
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Dopo una collaborazione con Michel Piccoli, 50.000 sterline per tradire (Masquerade, 1965), il successo è decretato dal bellissimo Detective’s Story (Harper, 1966) con Paul Newman e Lauren Bacall, tratto da Bersaglio mobile di Ross Macdonald.
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Non si maltrattano così le signore  (1968), con Lee Remick, George Segal e Rod Steiger, da un suo romanzo, racconta la storia di un serial killer che, ossessionato dalla figura materna, uccide donne di mezza età; il titolo si riferisce ad una frase pronunciata dalla madre del detective incaricato delle indagini; La pietra che scotta (1972) con Redford; Magic (1978), un horror-psicologico con Anthony Hopkins, ancora da un suo libro.
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Il resto è storia: da Papillon (1973), con il gigantesco duo Hoffman-McQueen, dal romanzo autobiografico di Henri Charrière, a Il temerario (1975), con Redford, a Quell’ultimo ponte (1977) di Richard Attenborough con un cast stellare, a Misery non deve morire (1990) da Stephen King, a L’ultimo appello (1996) con Gene Hackman, da John Grisham.
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“Lavorò molto e sempre con risultati altissimi, spesso arrivando solo per rimettere a posto le cose o senza ricevere la firma sul film”; una delle sue caratteristiche fu anche la grande versatilità, che gli permise di spaziare da un genere all’altro.
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Ma ecco gli altri libri (ahimè non molti) dell’autore. Io sono Raymond (1957): “Illinois, fine anni ’50. Raymond Euripides Trevitt ha otto anni, è carino, ha un temperamento irrequieto e vuole trovare la sua identità, il suo posto nel mondo. Il passaggio dall’età dell’innocenza all’adolescenza lo cambierà profondamente, ponendolo di fronte a domande universali la cui sola risposta può arrivare dall’esperienza diretta. Come accadde all’Holden Caulfìeld di Salinger, Ray capirà attraverso le vittorie e i fallimenti, le amicizie e gli amori, i tradimenti e gli abbandoni, che l’unico modo per conoscere se stessi è accettare le esperienze che la vita ci pone innanzi. Un toccante e luminoso racconto su che cosa significhi affrontare un rito di passaggio, inevitabile e necessario”.
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Il silenzio dei gondolieri, pubblicato con lo pseudonimo di S. Morgenstein, “è una vera perla nascosta riscoperta grazie al traduttore, Dimitri Galli Rohl. Si narra che Goldman abbia avuto una folgorazione durante la sua prima visita a Venezia, e sia corso in albergo a scrivere questa storia che si era visto nella testa già completamente formata”. La recensione: “Un tempo, a Venezia, tutti i gondolieri cantavano, ed erano i più meravigliosi cantanti del mondo. Ma sono in pochi, ormai, a ricordare quei tempi gloriosi. Nessuno si spiegava perché all’improvviso tutti i gondolieri avessero smesso di cantare. Un bel giorno Goldman sbarcò a Venezia, ebbe un’illuminazione e andò sino in fondo al mistero. Scoprì così la nobile e triste storia di Luigi, il gondoliere con il sorriso da tontolone. La sua impareggiabile maestria, le sue disavventure e il suo riscatto finale. Ecco dunque tutte le verità mai raccontate su Giovanni il Bastardo, Laura Lorenzini, Enrico Caruso, il Piccoletto, Porcello VII, Sorrento il Grande, la regina di Corsica e naturalmente su Luigi, l’unico e il solo. Lui, che ha conquistato Venezia con un atto di coraggio maestoso, resterà per sempre anche nei nostri cuori, con il suo sorriso, il suo sogno e il suo canto”.
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La principessa sposa, da cui nel 1987 è stato tratto il film fantasy La storia fantastica, diretto da Rob Reiner, con la colonna sonora di Mark Knopfler, interpreti Peter Falk, Robin Wright e Billy Crystal; l’ormai introvabile Calore (1985), un thriller-noir ambientato a Las Vegas e Fratelli (1986), il seguito de Il maratoneta, libro veramente imperdibile che consigliamo per queste agognate, meritatissime vacanze!
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Milano tra le pagine
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Foto da Wikimedia di Paolobon 140
Tutti crediamo di conoscere la località in cui viviamo, ma è così veramente? E poi, nel caso della nostra metropoli, il territorio è talmente vasto, la realtà così complessa e diversificata che non è proprio possibile averne una visione completa. Vi proponiamo allora qualche itinerario letterario, romanzi e racconti di recente pubblicazione di autori lombardi che ci offrono nuovi punti di vista tutti da scoprire.
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Molto è stato detto del giovane e talentuoso Giorgio Fontana: dopo gli esordi con Buoni propositi per l’anno nuovo e Novalis, eccolo finalista al Premio Tondelli con il reportage sugli immigrati a Milano Babele 56. Otto fermate nella città che cambia, un tragitto cognitivo sulla 56 che percorre via Padova, una delle zone più multietniche di Milano, un racconto per ogni capitolo, un protagonista di colore diverso per ogni racconto. Premio Recalmare a Per legge superiore, prima parte del dittico concluso con Morte di un uomo felice (Campiello 2014). Altri premi (Bagutta, Salgari, Mondello) per l’ultimo romanzo Prima di noi (2020), vasta epopea familiare ambientata nel Nord Italia. Citiamo Marco Missiroli: «Si parla tanto del Grande Romanzo Americano. E quello italiano? Un grande romanzo italiano l’ha scritto Giorgio Fontana. Eccolo. C’è la forza del passato, l’avventura, ci sono gli amori che siamo stati: è il libro di questa nostra vita. Leggerlo è sapere chi siamo oggi».
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Davvero intrigante Flora, l’ultimo libro di Alessandro Robecchi, ambientato a Milano: “erano zuppi, si erano rifugiati nel negozio di fumetti, tutta a piedi, da Porta Venezia a corso Genova, un’odissea di spruzzi, di grondaie che spuntano come gargoyles, di angoli ciechi in una città fatta a spicchi come le torte, le linee rette sono raggi”. Storia di un Pigmalione ai tempi della televisione che cerca di convertire la sua pupilla e le masse al culto della poesia, tramite il toccante esempio del poeta surrealista Robert Desnos. Storia di un rapimento sui generis in cui il lettore è tutto dalla parte dei malviventi, e ben presto lo sarà anche la vittima, personaggio televisivo riconoscibilissimo… Scritto in piena pandemia, ne riporta anche qualche velata eco.
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Utile per conoscere autori milanesi che scrivono su Milano è la raccolta dei Meridiani Racconti italiani del Novecento, curata da Enzo Siciliano che introduce sinteticamente ogni novella: dalla lettura di poche pagine può scaturire la passione per autori mai affrontati prima. Vi consigliamo Viaggio di nozze di Carlo Castellaneta, una vicenda di emigranti avvolti dalla nebbia di Milano: le valigie legate con lo spago e piene di leccornie dal Meridione, i ricordi di guerra, la foto con i piccioni sul sagrato del Duomo. “Faceva freddo e mi tenevo i pugni nelle tasche del cappotto, ed era la prima volta che anch’io vedevo con occhi nuovi la mia città, e mi pareva anche più affascinante e misteriosa e mi chiedevo se almeno io ne sapessi qualcosa davvero, e poi la contemplavo con gli occhi di mio padre giovanotto e poi delle sue genti di Puglia che al paese non avrebbero riportato con sé, della città, altro che questo ricordo di fiaba”.
Per la serie: quando l’alienazione colpisce il lavoro intellettuale, il Lettore di casa editrice del comasco Giuseppe Pontiggia è originale, sarcastico, coinvolgente, con un colpo di scena finale. Il protagonista, che ha il compito di leggere e soprattutto cassare le vane illusioni di aspiranti scrittori, potrebbe operare ovunque, ma ci piace pensare che sia proprio Milano, capitale dell’editoria, lo sfondo di questa irresistibile narrazione. Del resto si parla di metropolitana, grattacieli e marciapiedi invasi dai cofani luccicanti delle automobili. Per citare l’acuta prefazione di Siciliano: “Pontiggia è lo scrittore che … ci fa avvertiti che il riso è ancora una possibilità di salvezza, un’occasione liberatrice”.
Affare fatto di Aldo Busi descrive con ironia e spietato realismo la gestione degli allevamenti e delle proprietà immobiliari nella campagna lombarda. Scritto con la consueta agilità lessicale, il racconto dipinge un esilarante ritratto della Magi, agente immobiliare senza scrupoli, cui il dialetto, che consente maggiore libertà espressiva ed ha una carica di comicità immediata, conferisce una sorta di aura mitologica. Imprendibile, instancabile, “piccola e scaltra, magra e nevrigna, faccina da donnola, spiccia di modi e di lingua” sfreccia nel traffico con la sua Bianchi del quindesdisdòt come un machete nella foresta. Avvincente ed esilarante, il testo ricorda la commedia hollywoodiana del 1948 La casa dei nostri sogni con Cary Grant e Myrna Loy, ma ambientato nella Bassa Bresciana (località Le Sottane, nome già piuttosto evocativo...) ai tempi della Discodance. Azzeccatissimo, poi, l’uso del flusso di coscienza per narrare le irresistibili vicissitudini dei malcapitati acquirenti milanesi della cascina ristrutturata a suon di milioni e di pesticidi.
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Storia di Caterina di Luca Doninelli racconta la vita matrimoniale di una coppia con l’esattezza scientifica di una radiografia, un vero gioco al massacro, scrutato nei meandri psicologici più profondi, quasi nel subconscio (Siciliano parla di “scrutinio spirituale”), e una scrittura che vi si adatta come un guanto. Sempre di Doninelli (2017) è La conoscenza di sé, “quattro storie ambientate nella Milano contemporanea … che mirano a divenire un viatico verso la comprensione di sé, azione troppo spesso offuscata dal rumore che ci circonda”.
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Raccomandiamo poi la raccolta Milano con racconti di sei autori tra cui spicca, ancora una volta, quello di Fontana, Salvi quasi per caso, in cui Milano non è semplicemente lo sfondo ambientale, freneticamente percorsa in lungo e in largo dal giovane ‘Gringo’, ma, con la sua concretezza al di là dei luoghi comuni, riveste una funzione salvifica nei confronti dei personaggi. “Milano è fatta così. È come se il Duomo fosse un sasso gettato nello stagno della pianura, e tutta la città intorno una serie di cerchi concentrici, attorno a cui sono cresciuti strade e viali”. Come in un gioco di specchi, il protagonista ricorda un regalo della sua ex-fidanzata, Randagio è l’eroe di Giovanni Arpino: “libro cartonato dei primi anni Settanta, che parlava di un’estate a Milano in periferia, per molti versi simile a quella che stavo vivendo, solo più povera e canicolare; e di quell’omone del Giuan, un artista disperato e carico di un’ironia feroce e rabbiosa, ma ricolma di pietà, le vera ironia milanese – e di sua moglie, l’Olona, e di come nonostante tutto, nonostante la miseria e la follia e la vecchiaia si erano amati ancora e per sempre”.
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Uno scrittore per palati fini
Fabio Stassi con i suoi libri non solo fa trascorrere piacevolmente il tempo agli amanti della buona lettura, ma ci consiglia, come in un gioco di scatole cinesi, titoli vecchi e nuovi meglio (quasi!) di un bibliotecario esperto.
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Procediamo a ritroso segnalando l’ultimo giallo, Uccido chi voglio (2020), che vede sempre come protagonista il nostro infallibile, insostituibile, coltissimo Terapista della Rigenerazione Esistenziale, l’accanito bibliofilo Vince Corso, lettore compulsivo, i cui amici sono un libraio e una bibliotecaria, ma che non disdegna la frequentazione del pittoresco portinaio sudamericano devoto al culto di Yemanja e di un ex allenatore di pugilato che elargisce preziose perle di saggezza. In quest’ultimo esperimento, tuttavia, l’inquilino di via Merulana non ha tempo per assistere i suoi affezionati pazienti, perché si trova alle prese con un furto nel suo appartamento che gli permetterà di conoscere il commissario Ingravallo (niente meno!). Il furto non è che un tassello di una trama malefica che lo porterà a indagare su una serie di misteriosi ‘omicidi letterari’ compiuti con cieca (è proprio il caso di dirlo…) ferocia da una sanguinaria setta internazionale. A complicare il tutto, il rapporto (esclusivamente epistolare) con il padre che evolve dalle semplici cartoline a una lettera che vuole essere conclusiva. Su questo tema il nostro terapeuta non può mancare di citare la Lettera al padre di Kafka “perché tu eri per me la misura di tutte le cose”.
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Tra i numerosi titoli indicati dall’autore (e lo ringraziamo sempre per le utilissime appendici in cui li elenca e commenta brevemente) ricordiamo i due citati nell’esergo: Infanzia berlinese di Walter Benjamin, una scrittura veramente sontuosa, e I casi del commissario Croce dell’argentino Ricardo Piglia, per la serie: se un meteorite cade in un campo, a chi chiedere consiglio sul da farsi? Ma naturalmente alla bibliotecaria!
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Nel penultimo giallo Ogni coincidenza ha un’anima (scelto anche per uno dei nostri gruppi di lettura) l’infallibile segugio è alle prese con un incarico che fa sospettare un secondo fine abilmente nascosto tra le pagine dei libri di una vastissima biblioteca privata. Un’indagine da leccarsi i baffi per il nostro Vince, scritta con la consueta opulenza lessicale e generosa di citazioni. Facciamo tesoro di alcuni dei suoi ambiti consigli: la nuova traduzione de L’isola del tesoro di Stevenson a cura dell’ottimo scrittore e poeta Michele Mari; l’unico cortometraggio sceneggiato da Samuel Beckett (1965), dal titolo autoreferenziale Film, interpretato da ‘faccia di pietra’, l’indimenticabile Buster Keaton; Qualcuno volò sul nido del cuculo, di Ken Kesey, da cui Milos Forman ha tratto lo strepitoso film con Jack Nicholson; Piccolo blu e piccolo giallo di Leo Lionni, un classico per l’infanzia (il nostro terapista è un lettore ad amplissimo spettro); lo spietato libro-inchiesta L’avversario di Emmanuel Carrère, da cui è stato tratto un film; le affascinanti Memorie di Giacomo Casanova e tutta una sezione molto interessante sulle raccomandazioni, a volte a carattere dissuasorio, di grandi scrittori agli aspiranti romanzieri. 
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Il 2016 è l’anno d’esordio dell’attività del nostro Terapista, che in La lettrice scomparsa riesce a rintracciare una misteriosa vicina di casa seguendo, citazione per citazione, impercettibili indizi che solo un lettore ossessivo è in grado di decifrare. Di nuovo ci avvaliamo dei suoi ‘consigli da bibliotecario’: Dona Flor e i suoi due mariti di Jorge Amado, libro davvero divertente da cui è stato tratto un film con Sonia Braga; il racconto Wakefield di Nathaniel Hawthorne, di cui Stassi svolge un’analisi così approfondita da invogliare alla lettura; La scala di ferro di Simenon per i fortunati che non lo avessero ancora letto e Una cosa divertente che non farò mai più di David Foster Wallace “capolavoro di comicità e virtuosismo stilistico” suggerito a chi ha nostalgia dei viaggi in crociera.
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Il nostro consiglio personale: per affrontare i libri di Vince Corso, così ricchi di citazioni letterarie, musicali, artistiche, topografiche, è bene avere a portata di mano uno strumento per consultare internet, in modo da poter, durante la lettura, vedere le strade percorse e i monumenti visitati dall’improvvisato piedipiatti nostrano, ascoltare la sua musica, approfondire le sue letture, magari prenotandole direttamente nel nostro sito!
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Limitandoci sempre alla produzione narrativa, troviamo Con in bocca il sapore del mondo: “L’investigatore letterario Fabio Stassi si insinua nella vita di dieci poeti del Novecento”; Angelica e le comete: librai, bibliotecari, marionette e pupi siciliani, Garibaldi con i Mille, ce n’è per tutti i gusti in questa favola moderna che ricorda l’Ariosto; Come un respiro interrotto: una vera prova d’autore narrare la vita intera di una donna sulla base delle testimonianze di chi l’ha conosciuta; L’ultimo ballo di Charlot, in cui il geniale Chaplin riesce addirittura a beffare la Morte; La rivincita di Capablanca per gli appassionati del gioco degli scacchi; È finito il nostro carnevale: con l’espediente narrativo di un’intervista rilasciata dal suo eroe l’ultimo giorno del 1999, “Stassi racconta la geografia di tutte le speranze perdute nel Novecento”.
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Infine, è del 2006 il debutto narrativo con Fumisteria, ambientato in Sicilia, in una località immaginaria vicino a Piana degli Albanesi, luogo d’origine dello scrittore e paese di Portella della Ginestra. Premio Vittorini per il miglior esordio (i premi collezionati dallo scrittore durante la carriera non si contano), si tratta di un giallo classico, complicato da vicende storiche, trame politiche e tradimenti, con disvelamento finale del tutto a sorpresa.
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Doppio anniversario per il nostro poeta nazionale
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Giorgio Vasari, Ritratto di sei poeti toscani (1544)
Tutta Italia quest’anno ricorda i 700 anni dalla morte di Dante Alighieri e celebra, il 25 marzo, il secondo Dantedì, giornata istituita nel 2020 (ne abbiamo parlato nel nostro blog) dal Consiglio dei Ministri. Le numerose iniziative sono state organizzate in modo da consentire sia una visita sul posto, sia tour virtuali che allargano in modo esponenziale le possibilità di vedere e conoscere. Se, prima di partire alla riscoperta del grande Durante, sentite l’esigenza di ripassare la sua biografia, vi consigliamo un classico, Vita di Dante di Giorgio Petrocchi, una biografia recente di Giorgio Inglese e una fiction televisiva in cui Dante è magistralmente interpretato da Giorgio Albertazzi.
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Sono veramente innumerevoli le manifestazioni che si svolgeranno in Italia (la più curiosa è forse quella di un liutaio che ha raffigurato i 33 canti dell’Inferno su altrettanti violini), e in particolare a Firenze e nelle altre città in cui il padre della lingua del sì ha soggiornato. Per la gran parte rimandiamo ai link relativi, ma ci piace ricordare in primo luogo la brillante iniziativa dell’Accademia della Crusca che, per ogni giorno del 2021, farà apparire nel proprio sito ufficiale una diversa parola o espressione di Dante arricchita da un breve commento.
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Raffaello, Stanza della Segnatura, Città del Vaticano (1509)
Piazza Dante. #Festivalinrete è un progetto di 41 festival di approfondimento culturale uniti per celebrare il sommo poeta. “Piazza Dante sarà una piazza virtuale in cui contenuti multimediali (video, interviste agli autori, scritti inediti) daranno la possibilità a tutti di vivere le iniziative realizzate via via dai Festival”. Per quanto riguarda Milano, anticipiamo che gli eventi, curati da Elisabetta Sgarbi, si svolgeranno durante la tradizionale manifestazione La Milanesiana (giugno-luglio 2021).
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Agnolo Bronzino, Ritratto di Dante (1532-33)
“Molto interessante il progetto UniBg per Dante 2021, sviluppato dall’Università di Bergamo. Su un canale dedicato è in continuo aggiornamento la serie di cortometraggi 5 minuti con Dante: brevi conferenze-video di critica e di esegesi tenute da più di 50 studiosi italiani e stranieri del mondo della letteratura e di scienze affini all’italianistica”.
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Per la serie infinita “l’arte ispira l’arte”, la Comedìa ha esercitato un ruolo importante anche come fonte creativa non solo per la letteratura e le arti figurative, ma anche per la musica: questa antologia musicale comprende autori come Monteverdi, Liszt, Rossini, Puccini, Ponchielli e molti altri.
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La nave di Teseo ha appena dato alle stampe l’ultima fatica del celebre dantista Giulio Ferroni  L’Italia di Dante. Viaggio nel paese della  Commedia. “Seguendo la traccia della Divina Commedia, e quasi ripetendone il percorso, Giulio Ferroni compie un vero e proprio viaggio all’interno della letteratura e della storia italiane: una mappa del nostro paese illuminata dai luoghi che Dante racconta in poesia”. Questo cammino critico-letterario ha dato lo spunto alla realizzazione del progetto L’Italia di Dante, che prevede una piattaforma digitale, in cui le località visitate dal Poeta o da lui citate saranno proposte in veri e propri itinerari virtuali.
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Un altro tour virtuale è quello che permette di ammirare gli scatti di Massimo Sestini per Dante 700, “un racconto del mondo lirico, politico e biografico di Dante attraverso venti fotografie che ritraggono il volto del poeta in luoghi che ne conservano memoria e ispirazione”.
Anche Verona, che ospitò Dante fra il 1313 e il 1318, ha preparato un programma molto ricco, tra cui segnaliamo La Verona di Dante: un viaggio in video per scoprire i luoghi del Poeta nella città veneta, con la collaborazione di Claudio Santamaria. Per quanto riguarda le arti figurative, il Museo di Castelvecchio ospiterà due mostre ispirate ai canti dell’Inferno: una dell’illustratore americano Michael Mazur e una di Gabriele Dell’Otto, noto per i disegni dei supereroi della Marvel, le cui immagini troviamo nelle nostre biblioteche nell’edizione dell’Inferno curata da Franco Nembrini. Fra gli spettacoli, Dante Project di Paolo Fresu e La figura femminile nella Divina Commedia a cura di Lella Costa.
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Per quanto riguarda Ravenna, dove Dante passò gli ultimi anni, ricordiamo in special modo una “mostra della mostra”, ovvero un percorso di documentazione storica allestito al Museo d’arte, che descrive le celebrazioni nazionali per il VI centenario dantesco del 1921, inaugurate dall’allora Ministro della Pubblica Istruzione Benedetto Croce. “Già aperta Dante nell’arte dell’Ottocento. Un’esposizione degli Uffizi a Ravenna allestita negli Antichi Chiostri francescani, limitrofi alla Tomba di Dante. Frutto di una collaborazione con gli Uffizi, prevede un prestito di un nucleo di opere a cominciare dal Dante in esilio di Annibale Gatti. Nell’opera il poeta è ritratto in un momento di intima riflessione, in compagnia del figlio, nella pineta di Classe, citata nel Purgatorio”. Estremamente interessante, infine, la mostra Le arti al tempo dell’esilio presso la chiesa di S. Romualdo, che espone le opere che il poeta stesso poté vedere durante le sue peregrinazioni, come il Polittico di Badia di Giotto, il San Paolo di Jacopo Torriti e il preziosissimo Offiziolo, un manoscritto miniato, per la prima volta esposto, appartenuto al poeta Francesco da Barberino, amico di Dante.
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Polittico di Badia, Giotto
Forse il Poeta, esule, bandito dalla sua amata Firenze, ramingo per l’altrui scale, pensava proprio a se stesso quando, in Pg XXII 67-69, fa pronunciare da Stazio questi versi rivolti a Virgilio:
Facesti come quei che va di notte, che porta il lume dietro e sé non giova, ma dopo sé fa le persone dotte.
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