Just another hopeless romantic. Woman, 45, from Italy. 🌻Curvy, Kinky & Nerdy🌻
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Ma quindi mi state dicendo che se voglio fare la doccia al lavoro, devo farla vedere proprio a tutti tutti tutti?

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Temperatura esterna registrata: Mordor
Umidità: centro esatto della foresta equatoriale
Io: ferro da stiro in mano alle prese con le sue camicie.
Poi venitemi a dire che non è vero amore... 🤣
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"La III guerra mondiale scoppierà. Non ora, ma da qui a una quindicina d'anni"
"Ma non si potrebbe evitare?"
"No, troppi interessi in gioco"
😢
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Domenica mattina 😴😴😴

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A 45 anni sono una "signora". Che tristezza 😭
Mi devo fare una maglietta "Non sono una signora" 🤣
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Ehm... No, forse nella grafica c'è qualcosa da correggere.

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Conversazioni tra adolescenti nella piazzetta del paese. Un ragazzino all' altro, con aria da duro: "Io vojo solo parlà, vojo sapé perché ar Carozza j'hai detto che sto 'nsieme a Stella". Gli amici intorno "No no, lasciatecelo parlà, solo parlà"
Il resto della conversazione l' ho perso che ero troppo lontana... 😁
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È nato Edoardo, benvenuto amore grande di zia ❤️
Speravo che tu potessi trovare un mondo in forma migliore, ma so che purtroppo vi stiamo lasciando un Oceano di problemi da risolvere. Spero che la generazione tua e di tua sorella abbia orecchie più fini delle nostre per ascoltare, uno sguardo più lungimirante, un' intelligenza più agile e luminosa della nostra e soprattutto un cuore più grande. Da parte mia farò di tutto per viziarti oltre il possibile nonostante le proteste di tua madre, per offrirti idee e consigli ogni volta che ne vorrai e avrai sempre tutta la mia fantasia a disposizione per insegnarti a sognare. Che sia benedetto ogni giorno della tua vita ❤️
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Lui non si rende assolutamente conto di cosa voglia dire perdere una persona che ami. La morte è un concetto astratto, ma quando muore qualcuno che ami diventa disperatamente concreto: la mancanza ti scava una voragine dentro, un dolore che ti divora e non ti dà pace. Non sentirai mai più la sua voce, non sentirai mai più il suo odore. Non esisterà più il calore della sua pelle, i suo occhi brillanti, il suo abbraccio. Lui mi dice "Ma vuoi smetterla di avere paura?" No, non ci riesco. Non posso tollerare che lui corra un qualsiasi rischio inutile, perché so esattamente cosa vuol dire perdere chi ami. Per cui tremo ogni giorno quando prende il motorino per andare al lavoro a 17 km di distanza, figuriamoci come mi posso sentire perché ha deciso di farsi 78 km all' andata e 78 al ritorno, sempre in motorino, per andare alla casa al lago. Solo perché secondo lui è una stronzata che io sia così terrorizzata ed è molto più pratico andare separati, perché io che uso la macchina esco dal lavoro mezz'ora dopo di lui (forse, perché potrebbe anche uscire al mio stesso orario) e ci metterei 15 minuti a passare a prenderlo in ufficio per andare insieme. Magari non succede niente, va tutto bene e io sono esagerata. Ma se succede qualcosa, io come sopravvivo anche mezz'ora senza di lui al mondo?
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Di Sergio Rastelli
Ah… il bassotto. Una creatura irripetibile, una meravigliosa anomalia canina che non si capisce bene se sia uscito da un laboratorio, da una fiaba tedesca o da uno di quei sogni strani che fai quando ceni tardi e vai a letto agitato.
E tu all’inizio ci caschi.
Lo guardi e pensi: ma dai, è piccolo, lungo, buffo… sarà facile. Errore. Primo errore.
Il bassotto non è un cane.
Il bassotto è una piccola, elegante, ostinatissima rivoluzione. È una specie di Dio in miniatura, sceso tra noi con la missione di insegnarci cos’è la lealtà, il sarcasmo, l’amore assoluto e l’insubordinazione. Il tutto racchiuso in un corpo lungo come un treno, con le gambe corte come la pazienza dei santi.
Non scegliere mai un bassotto. È pericolosissimo.
Ti sorride col sedere. Hai presente? Quel sederotto che ondeggia quando cammina, come se stesse sfilando su un red carpet invisibile. Tu vorresti essere serio, pensare ai fatti tuoi, magari anche essere arrabbiato… ma niente, lo guardi e ti scappa il sorriso. Anzi, lui lo sa che lo guardi, e ondeggia ancora di più. Lo fa apposta. È tutto un gioco, il suo.
E quando corre?
Ah, lì le orecchie diventano tortellini volanti. Due piccoli eliche di pasta fresca che si attorcigliano ai lati della testa come se dovesse decollare. E tu ridi. Ancora. È come avere accanto un cartone animato in carne, ossa e testardaggine.
Il bassotto si crede un alano. No, non scherzo. Dentro di sé è convinto di essere una bestia di 60 kg, pronta a difendere regni, regine, troni e biscotti. Sfida cani al triplo della sua taglia con lo stesso spirito con cui Napoleone marciava su Mosca. Ma attenzione: è simpatico, questo è il difetto più grave. Perché non riesci mai davvero a sgridarlo. Mai. Ti fissa con quegli occhioni neri, larghi, liquidi come pozze profonde in cui ci scivoli dentro, e ti dice: “Lo so che mi ami. Non mentire.”
Non prendere un bassotto.
Perché non avrai più pace. Ti segue ovunque. E non per modo di dire. Vai in bagno? Bassotto. Ti alzi per bere un bicchiere d’acqua? Bassotto. Ti giri nel letto? Bassotto.
Una presenza fissa, un’ombra col muso. Un francobollo animato che si incolla a te con la precisione di un giuramento eterno. Altro che compagnia, lui è il per sempre. È la fine della solitudine. Addio ai pensieri tristi, ai silenzi pesanti: il bassotto c’è. Sempre.
E se provi ad allontanarti, si offende. Sì, è permaloso. Di una permalosità aristocratica, raffinata, teatrale. Ti guarda come se avessi appena disonorato la sua famiglia, il suo onore, e forse anche il suo divano.
Ah, e ha memoria lunga. Una memoria selettiva, sì, ma lunga. Ti perdona, ma non dimentica. Se una volta hai saltato la pappa delle 19:30, puoi stare certo che te lo farà pesare per i prossimi tre inverni.
E poi c’è l’amore. Quello con la “A” maiuscola. Quello che ti scardina, ti disarma, ti piega. Il bassotto non ama per gioco. Ti ama come si ama una missione, come si ama una casa, come si ama un destino.
E ti cambia. Perché pensavi di aver preso un cane. E invece ti sei trovato con un compagno di vita in miniatura,un concentrato di cuore,denti e ironia. E ironico lo è, eccome. Sa sempre come sorprenderti. Fa finta di non capire, poi ti prende in giro. Ti fissa come a dire: “Tu pensa pure di comandare… io intanto faccio come mi pare.” Ma poi ti si accoccola accanto e si addormenta respirando forte, con quel rumorino buffo da vecchio marinaio… e tu lo guardi e pensi: “Va bene. Hai vinto tu, come sempre.”
Non prendere un bassotto.
Perché non puoi. Un bassotto non si prende.Un bassotto ti sceglie, ti conquista, ti adotta. E una volta che è successo… sei fregato. Ma fregato bene, di quelli che poi ringrazi per sempre.
Un bassotto non lo possiedi.
È una grazia che ti accade, come un miracolo con le zampe corte. Una volta entrato nella tua vita…non te la restituisce più.
E tu, sotto sotto, speri che non lo faccia mai.



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Dovrebbe essere dichiarato illegale. Altro che stupefacenti...

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il caps lock è il clacson dell’anima (e noi siamo tutti bloccati nel traffico)
sapete, ricevere un messaggio tutto in maiuscolo è come essere svegliati da una sirena antiaerea mentre si fa un sogno erotico con freud. uno pensa: o mi stanno comunicando l’inizio dell’apocalisse, o la mia vicina novantenne ha imparato a scrivere su whatsapp.
il maiuscolo non è un modo di scrivere. è una dichiarazione di guerra tipografica. è il caps lock emotivo di chi ha confuso l’urgenza con l’aggressività, l’entusiasmo con un attacco di panico digitale.
quando ricevo messaggi così—“ciao come stai tutto bene?” (detto però con l’energia di una conferenza stampa del pentagono)—io non leggo affetto. io sento un interrogatorio della cia condotto da qualcuno con un disturbo borderline e una tastiera incandescente.
scrivere in maiuscolo è l’equivalente linguistico di entrare in un museo urlando “guarda quel quadro!!!” (sottotesto: giuro che lo dico per amore dell’arte, non per mancanza di autocontrollo). cioè: tecnicamente hai ragione, ma nessuno ti vorrà più vicino a monet.
capisco l’impulso. viviamo in tempi isterici. il nostro io interiore è permanentemente in stampatello. ma davvero dobbiamo normalizzare il caps lock emozionale come standard comunicativo? voglio dire, se e. e. cummings fosse nato oggi, avrebbe chiamato il suo profilo instagram @poesia_minuscola_e_silenziosa.
e poi diciamocelo: se tutto è urlato, nulla è importante. è come mettere l’allarme incendio ogni volta che accendi una candela profumata. dopo un po’ nessuno ci fa più caso… o ti denunciano per disturbo della quiete pubblica.
quindi per favore, liberateci da questo incubo fonetico. disattivate il caps lock. respirate. scrivete. magari in corsivo, se volete sentirvi sofisticati. ma basta urlare.
il silenzio è sexy. le minuscole, pure.
e sì, ho trasformato le urla in corsivo: è il mio modo di gridare in punta di dita. un atto di ribellione educata, una rivoluzione sussurrata. perché anche la disperazione, se ben formattata, può essere elegante.
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Chicche dallo spogliatoio: "Mannaggia Santa Zoccola!" 😁
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"Sono stato quello che non dava problemi
quello che capiva al volo
che si faceva piccolo piccolo
per far stare tutti comodi
quello che sorrideva anche col nodo in gola
che non chiedeva mai
non disturbava mai
non si lasciava mai andare.
Mi chiamavano “maturo”
“responsabile”
“che bravo ragazzo”
e io annuivo
ma dentro iniziavo a sparire piano piano
senza fare rumore
sono stato quello che non chiedeva aiuto
perché nessuno me l’aveva mai insegnato
quello che teneva tutto dentro
per non dare fastidio
che aggiustava gli altri
mentre lui si spezzava un pezzetto alla volta
e oggi
oggi faccio fatica a fermarmi
a respirare senza colpa
a dire “non ce la faccio”
senza sentirmi sbagliato
ho chiamato forza il mio silenzio
coraggio il mio controllo
normalità la mia stanchezza.
Ma adesso basta
ora torno indietro
cerco quel bambino
quello che si metteva sempre da parte
lo trovo lì
ancora composto
anche nel dolore
mi inginocchio
e gli chiedo scusa
per tutte le volte che non l’ho protetto
che non l’ho ascoltato
che l’ho lasciato solo a farsi grande
gli dico che può crollare
che può piangere
che può smettere di tenere su il mondo
che da oggi
ci sono io
e resto
gli costruisco uno spazio sicuro
dove può esistere
senza dover essere perfetto
né utile
gli insegno che chiedere aiuto
non è debolezza
ma guarigione lenta e vera.
Questo è il mio abbraccio
per tutti quei figli
che non hanno dato problemi
e oggi
chiedono solo
di essere finalmente visti
e abbracciati
per intero
per davvero."
- Andrew Faber -
Ecco io ancora a quel punto non ci sono... E probabilmente mai ci arriverò. Però è bello sapere di non essere i soli ad essere (stati) così.
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