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mezzopieno-news · 6 months
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CREATE LE BIO-CELLULE ROBOT CHE RIPARANO IL CORPO
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I ricercatori della Tufts University e del Wyss Institute di Harvard hanno creato minuscoli robot biologici da cellule tracheali umane, che possono muoversi autonomamente e che incoraggiano la crescita dei neuroni nelle aree danneggiate del corpo, senza dover essere geneticamente modificati.
I robot multicellulari, chiamati Anthrobots, sono della larghezza di un capello umano, si auto-assemblano e hanno dimostrato di avere un notevole effetto curativo su altre cellule. L’invenzione, pubblicata sulla rivista scientifica internazionale Advanced Science, è un punto di partenza per la visione dei ricercatori di utilizzare i bio robot come nuovi strumenti terapeutici per la rigenerazione, la guarigione e il trattamento delle malattie.
I ricercatori hanno scoperto come dare alle cellule umane la possibilità di riavviarsi e di trovare modi per creare nuove strutture e compiti. “Volevamo sondare cosa possono fare le cellule oltre a creare caratteristiche predefinite nel corpo”, ha detto G. Gumuskaya membro del gruppo di scienziati responsabile dell’invenzione. “Riprogrammando le interazioni tra le cellule si possono creare nuove strutture multicellulari, analogamente al modo in cui pietra e mattoni possono essere disposti in diversi elementi strutturali come muri, archi o colonne” scrive nella pubblicazione. I biologi hanno scoperto che non solo le cellule possono creare nuove forme multicellulari ma che possono muoversi in modi diversi su una superficie di neuroni umani e stimolarne una nuova crescita, colmando le lacune causate da un loro danneggiamento. “È affascinante e del tutto inaspettato per normali cellule tracheali, senza modificare il loro DNA” ha affermato M. Levin della Tufts.
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Fonte: Advanced science
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gregor-samsung · 10 months
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"Nel 1996, nel bel mezzo del processo di pace di Oslo, Israele promise all’amministrazione USA che avrebbe smesso di costruire nuove colonie nei Territori Occupati. Ma mentre il governo israeliano stava conducendo i negoziati con i palestinesi, stava anche incoraggiando 50.000 cittadini ebrei a trasferirsi da Israele in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza. Contemporaneamente, il governo israeliano stava aiutando concretamente il movimento dei coloni a creare una molteplicità di “avamposti illegali” – fuori dai confini delle colonie esistenti – fornendo a questi insediamenti energia elettrica e acqua e costruendo la rete stradale per raggiungerli.* Entro il 2001, cinque anni dopo il divieto da parte degli Stati Uniti di costruire nuovi insediamenti, i coloni avevano creato piú di sessanta nuovi “avamposti illegali” su terreni espropriati ai palestinesi. Il governo israeliano dipingeva spesso i coloni ebrei come dei cittadini sprezzanti e indisciplinati, nonostante avesse stanziato milioni di dollari a favore della loro “insubordinazione”, principalmente perché ciò permetteva allo Stato – quando criticato – di rivendicare il fatto di essere una democrazia con una società civile vitale e pluralista. Durante l’impennata dell’edificazione dei cosiddetti avamposti, la polizia e l’esercito israeliani intrapresero solo sporadicamente azioni simboliche per far rispettare la legge, evacuando coloni dai nuovi avamposti. In parallelo a questo processo di espansione degli insediamenti e di rara applicazione della legge – spesso coincidente con periodi in cui aumentavano le pressioni internazionali a riprendere il processo di pace –, l’esercito israeliano eseguiva invece demolizioni di case palestinesi su larga scala, una pratica sulla quale le ONG israeliane e palestinesi concentrarono la loro attività. È stato in questo scenario legale e politico di espropriazione di terre palestinesi da parte dei coloni e di demolizioni di case palestinesi da parte del governo che Yesha for Human Rights ha iniziato la propria attività. Era la prima volta che i coloni creavano una ONG per difendere i propri diritti umani – il diritto umano di non essere evacuati dagli insediamenti e di continuare a colonizzare la terra palestinese."
  * In realtà, gli avamposti sono nuovi insediamenti. Oggi ci sono piú di cento avamposti in Cisgiordania. Circa cinquanta sono stati creati dopo il marzo del 2001. Analogamente ad altri insediamenti, questi avamposti sono stati costruiti con l’obiettivo di dare una continuità territoriale alla presenza israeliana occupando piú terra palestinese possibile e creando una barriera tra i vari centri abitati palestinesi. Cfr. Peace Now, “Settlements and Outposts”, http://peacenow.org.il/eng/content/settlements-and-outposts (consultato il 01/05/2014); vedi anche Talia Sasson, Report on Unauthorized Outposts: Submitted to the Prime Minister, Prime Minister’s Office, Jerusalem 2005.
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Nicola Perugini, Neve Gordon, Il diritto umano di dominare, traduzione di Andrea Aureli, edizioni nottetempo (collana conache), 2016¹; pp. 166-167.
[Edizione originale: The Human Right to Dominate, Oxford University Press, 2015]
P.S.: Ringrazio @dentroilcerchio per avermi consigliato la lettura di questo saggio che esamina e denuncia l’uso strumentale dei diritti umani da parte dei gruppi dominanti.
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percival895 · 17 days
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Il termine demokratía comincia a circolare verso la fine del VI secolo avanti Cristo, con una accezione prevalentemente dispregiativa. In entrambe le componenti della parola. Da un lato, infatti, krátos non significa affatto genericamente «potere» (come per lo più si ritiene), ma si riferisce piuttosto a quella forma di potere che scaturisce da, e si fonda su, l'uso della forza. Analogamente, il termine démos viene adoperato per denominare non la totalità della popolazione, ma quella parte, ancorché maggioritaria, del popolo, che è in possesso di alcuni requisiti. Le occorrenze di démos nel senso di regime popolare, cioè di democrazia, sono pochissime e si trovano concentrate nel celebre dibattito sulle costituzioni, svoltosi verso la metà del V secolo. Le altre attestazioni di démos si presentano sostanzialmente come valutazioni negative della democrazia, quali potevano essere espresse soprattutto dai suoi avversari, i quali contestavano a questa forma di governo il fatto di privilegiare i (molti) cattivi, rispetto ai pochi (buoni), ovvero di pretendere che a governare fosse una moltitudine indistinta, anziché gli áristoi , i «migliori». Insomma, pur nell'estrema variabilità di significati, da un lato demokratía indica il dominio coercitivo, esercitato con la forza, di quella parte del popolo che è il démos (con la drastica esclusione delle donne), mentre dall'altro lato essa esprime il sopravvento della componente quantitativamente, ma non qualitativamente, più significativa del popolo. - Umberto Curi
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capra-persa · 1 month
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Si narra che Talete fosse così assorto dal suo filosofare, da non curarsi - troppo impegnato a scrutare le stelle- di guardare sotto al suo naso: cadde così in un pozzo.
Analogamente io, memore dall’esperienza di essermi chiusa fuori casa due volte, ecco che ricado ingenuamente entro il mio errore: ieri, infatti, mi sono chiusa fuori casa per la terza volta.
Proporzionalità inversa: laddove aumentano le mie skills da scassinatrice, ecco che sfuma la mia intelligenza.
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lostaff · 1 year
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Ch-ch-changes
🌟 Novità
Sul web, stiamo sperimentando una riprogettazione delle attività che metta in risalto gli amici, le persone che segui e gli elementi non letti! Consulta questo annuncio per maggiori dettagli.
Sul web è ora possibile accedere all'Editor dei post di massa direttamente dal menu Account. Basta cliccare sull'icona dell'omino ed espandere un blog per rivelare il collegamento.
Nel modulo del post sul web, abbiamo rimosso varie scorciatoie da tastiera relative all'inserimento di nuovi blocchi o alla trasformazione di blocchi di testo in diversi sottotipi di testo. Molte di queste scorciatoie erano in conflitto con le scorciatoie a livello di sistema operativo e browser ed erano tutte ridondanti di fronte al menu di inserimento blocchi del modulo post, a cui è possibile accedere digitando una barra (/) in un blocco di testo vuoto. Continua a digitare dopo la barra per cercare il blocco desiderato, ad esempio /immagine.
Abbiamo aggiunto alcuni nuovi badge del blog per l'acquisto in TumblrMart: "Goncharov Enthusiast", "Commissions Open" e "Coppy". Vai a dare un'occhiata! Al momento, potresti avere solo uno di questi tipi di badge visibile sul tuo blog in una pila, ma resta sintonizzato per gli aggiornamenti in merito.
Il conteggio delle note sui post ha subito un piccolo intervento restyling per rendere più chiaro che è selezionabile/cliccabile.
Abbiamo aggiunto un nuovo indice di ricerca per gli URL utilizzati nei post, in modo che tu possa cercare un URL specifico su Tumblr e sfogliare i post che rimandano a quell'URL.
I nostri documenti API pubblici sono stati aggiornati con informazioni su come silenziare le notifiche push e l'attività su un post, più info in merito nell'attuale interfaccia di Tumblr!
🛠 Correzioni
Risolto un problema sul web per cui era possibile ribloggare accidentalmente o mettere in coda un post rispettivamente ricaricando la scheda o chiudendo il browser.
Sul web, non è più possibile attivare ripetutamente alcuna scorciatoia da tastiera tenendo premuti i tasti.
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Quando si utilizza l'API per ottenere l'elenco delle note su un post, l'oggetto "avatar_url" del blog è ora incluso, come per altri endpoint API simili.
Abbiamo corretto un bug sul web che a volte impediva l'azione rapida di reblog/messa in coda solo per il primo post nel feed dei follower.
🚧 In corso
Analogamente alla correzione sopra menzionata, ora siamo a conoscenza di più tasti di scelta rapida che attivano azioni indesiderate, come il reblog o la coda, accidentalmente. Stiamo lavorando a una soluzione, quindi resta sintonizzato per gli aggiornamenti.
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🌱 In arrivo
Stiamo lavorando per aggiornare il Theme Garden per mettere in evidenza i temi che sono "compatibili con NPF", il che significa che sono impostati per fare in modo che i post di tutti i nostri editor abbiano l'aspetto che dovrebbero avere. Puoi leggere di più su cosa intendiamo con questo qui (EN).
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moonyvali · 11 months
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𝗖𝗢𝗥𝗦𝗜 𝗘 𝗥𝗜𝗖𝗢𝗥𝗦𝗜, 𝗜𝗟 𝗩𝗢𝗟𝗧𝗢 𝗦𝗖𝗜𝗘𝗡𝗧𝗜𝗙𝗜𝗖𝗢 𝗗𝗘𝗜 𝗧𝗢𝗧𝗔𝗟𝗜𝗧𝗔𝗥𝗜𝗦𝗠𝗜
Di Luisella Scrostati
(La Nuova Bussola Quotidiana)
𝙇’𝙖𝙨𝙨𝙤𝙘𝙞𝙖𝙯𝙞𝙤𝙣𝙚 𝙧𝙖𝙯𝙯𝙞𝙨𝙢𝙤-𝙣𝙖𝙯𝙞𝙨𝙢𝙤 𝙚 𝙨𝙩𝙖𝙩𝙖𝙡𝙞𝙨𝙢𝙤-𝙘𝙤𝙢𝙪𝙣𝙞𝙨𝙢𝙤 𝙚' 𝙞𝙢𝙢𝙚𝙙𝙞𝙖𝙩𝙖, 𝙢𝙖 𝙦𝙪𝙚𝙨𝙩𝙤 𝙣𝙤𝙣 𝙗𝙖𝙨𝙩𝙖 𝙖 𝙨𝙥𝙞𝙚𝙜𝙖𝙧𝙚 𝙞 𝙙𝙪𝙚 𝙩𝙤𝙩𝙖𝙡𝙞𝙩𝙖𝙧𝙞𝙨𝙢𝙞. 𝘾𝙤𝙢𝙚 𝙝𝙖 𝙢𝙤𝙨𝙩𝙧𝙖𝙩𝙤 𝙇𝙞𝙛𝙩𝙤𝙣 𝙞𝙣 𝙪𝙣 𝙡𝙖𝙫𝙤𝙧𝙤 𝙨𝙪𝙡 𝙣𝙖𝙯𝙞𝙨𝙢𝙤, 𝙡𝙖 𝙘𝙤𝙡𝙡𝙖𝙗𝙤𝙧𝙖𝙯𝙞𝙤𝙣𝙚 𝙙𝙚𝙡𝙡𝙖 𝙘𝙡𝙖𝙨𝙨𝙚 𝙢𝙚𝙙𝙞𝙘𝙖, 𝙨𝙖𝙡𝙫𝙤 𝙦𝙪𝙖𝙡𝙘𝙝𝙚 𝙧𝙚𝙨𝙞𝙨𝙩𝙚𝙣𝙯𝙖, 𝙚𝙗𝙗𝙚 𝙪𝙣 𝙧𝙪𝙤𝙡𝙤 𝙙𝙚𝙘𝙞𝙨𝙞𝙫𝙤.
Quando pensiamo ai totalitarismi del Novecento, l’associazione più immediata è quella razzismo-nazismo e statalismo-comunismo. Che il raggiungimento della purezza della razza ariana fosse il più forte motore ideologico di tutto il sistema che ruotava attorno ad Adolf Hitler non credo sia contestabile. Né vi sono dubbi che la statalizzazione dei mezzi di produzione e del capitale fosse l’obiettivo verso cui orientare ogni azione criminale del sistema sovietico. Analogamente, la volontà di eliminare gli ebrei da una parte e quella dello sterminio dei kulaki dall’altra sono realtà storiche ampiamente suffragate.
Tuttavia, ritenere che queste fossero le uniche componenti dei due sistemi totalitari, sufficienti per comprendere quanto accaduto, insieme ad un lato quasi demoniaco di coloro che si prestavano ad atti gravemente immorali pur di attuare l’ideologia, è decisamente riduttivo. Aspetti che portano la nostra generazione a ritenere di non avere nulla a che spartire con quei due sistemi. Il che è sotto certi aspetti vero. Ma le domande da porsi sono altre: sono rinvenibili delle strutture e delle dinamiche fondamentali che consentano a un sistema totalitario di nascere, crescere e rafforzarsi, a prescindere dal volto storico con cui si presenta? Banalmente: è possibile riconoscere il malfattore da alcune caratteristiche apparentemente non così evidenti, anche se cambia l’abbigliamento, la capigliatura, il modo di parlare?
In un lavoro monumentale, Robert Jay Lifton, psichiatra quasi centenario, che ha dedicato i studi alle tecniche di riforma del pensiero (lavaggio del cervello) in Cina e ai rapporti tra psicologia delle persone e storia, mostra i tratti comuni, non immediatamente rinvenibili, di quanti hanno tenuto in vita il regime nazista e hanno reso possibili le grandi iniquità di cui siamo (forse) a conoscenza. Lunghe interviste a 41 ex-nazisti, di cui 29 medici, e 80 ex-internati che avevano lavorato nei blocchi medici hanno permesso di portare alla luce aspetti molto interessanti. Anzitutto, «l’inquietante verità psicologica che la partecipazione all’eccidio di massa non richiede necessariamente emozioni così estreme o demoniache quali sembrerebbero appropriate a un progetto così malvagio. O, per esprimerci in un altro modo, persone normali possono commettere atti demoniaci» (R. J. Lifton, I medici nazisti. Storia degli scienziati che divennero i torturatori di Hitler, BUR, Milano 2022, p. 19).
Quali condizioni dunque possono portare una persona normale a compiere «atti demoniaci»? Lifton ha fiutato che la pista da percorrere era quella medica: non solo perché senza il coinvolgimento dei medici sarebbe stato impossibile mettere concretamente in atto un piano di eliminazione degli “indegni di vivere”, ma soprattutto perché era fondamentale ancorarsi ad una giustificazione medico-scientifica di quanto si stava operando. Lifting l’ha battezzata medicalized killing, omicidio medicalizzato o medicalmente giustificato, non solo possibile, ma necessario all’interno del preteso controllo totale sulla vita e sulla morte. Il progetto nazista, spiega Lifton, puntava ad «una visione di controllo assoluto sul processo evolutivo, sul futuro umano biologico» (p. 36).
Si trattava di una vera e propria «biocrazia», nella quale tutto era orientato al supremo principio biologico, che ovviamente aveva rivendicato la propria fondazione scientifica, e al quale si prestarono luminari ed esperti di ogni ambito, soprattutto medico. «Come si espresse un sopravvissuto che era stato testimone attento di questo processo: “Auschwitz fu come un’operazione chirurgica” e “il programma di sterminio fu diretto da medici dal principio alla fine”» (p. 38). Il regime aveva l’ossessione delle scienze biologiche, al punto che, nel 1934, il generale Rudolf Hess (1894-1987), per sei anni vice di Hitler, fino alla “promozione” del generale Hermann W. Göring (1893-1946), poteva dire, davanti a tutti gli aderenti al partito, che «il nazionalismo non è altro che biologia applicata». In sostanza, organizzazione scientifica della società.
Il passaggio fondamentale per nazificare la medicina e renderla strumento adeguato per il progetto biocratico era quello di mettere ai margini la sua vocazione alla cura del malato, per trasformarla in uno strumento di perfezionamento della società. Non doveri verso il singolo, ma verso la collettività. Il manuale del dott. Rudolf Ramm, della facoltà di Medicina dell’Università di Berlino, Ärztliche Rechts- und Standeskunde (1943), testo di etica medica assai influente, aveva spinto verso questa decisiva “apertura” della medicina: «Il medico doveva interessarsi alla sanità del Volk ancor più che alle malattie dell’individuo e doveva insegnare alla gente a superare il vecchio principio individualistico del “diritto al proprio corpo” e ad abbracciare invece il “dovere di essere sani”» (p. 53).
Corsi e ricorsi storici. Il diritto al proprio corpo e alla propria salute deve cedere il passo alla salute del corpo collettivo, in nome della quale è dunque possibile obbligare chiunque ad adottare soluzioni sanitarie di volta in volta ritenute scientificamente evidenti. La classe medica ‒ che nel frattempo era divenuta un insieme di funzionari dello Stato in camice bianco ‒ diventa così uno strumento imprescindibile per poter “mantenere sano” l’organismo sociale e per poter eliminare tutto quello che è considerato pericoloso, secondo la visione “scientifica” adottata, incluse persone in carne e ossa. Le massicce campagne di sterilizzazione ed eutanasia dal parte del Reich si comprendono solo alla luce di questa medicalizzazione della società e della nuova vocazione della medicina.
È interessante notare che, dal punto di vista giuridico, nella Germania nazista gli aborti erano proibiti; eppure «i tribunali per la sterilizzazione potevano ordinare l’interruzione della gravidanza per ragioni eugeniche in situazioni di “emergenza razziale”» (p. 70). La tanto cara e flessibile emergenza, sempre utile per fare esattamente il contrario di quanto prevede la legge, senza la briga di dover cambiare la legge.
L’emergenza aveva reso flessibili anche i medici. Come il ginecologo Carl Clauberg (1898-1957), professore universitario, che aveva fatto numerose ricerche sugli ormoni femminili, per trattare la sterilità della donna, ma che, dopo l’incontro con Himmler, si era reinventato come ricercatore di metodi non chirurgici per la sterilizzazione di massa. La sfida era quella di sterilizzare più persone in meno tempo possibile; ideò così l’iniezione di formaldeide, direttamente nell’utero, senza anestesia. Degli effetti avversi ovviamente non interessava niente a nessuno, sebbene nel gruppo di prova, formato rigorosamente da donne ebree e rom, ci fossero stati anche dei decessi. Sempre corsi e ricorsi: basta sostituire al verbo “sterilizzare” qualcos’altro.
Clauberg tornò poi al suo primo amore, le ricerche sulla sterilità, diventando, come se nulla fosse, direttore di un istituto: la Città delle Madri. Clauberg purtroppo non fu un caso isolato: «Benché alcuni medici abbiano opposto resistenza, e molti abbiano avuto poca simpatia per i nazisti, come professione i medici tedeschi si offrirono al regime. Lo stesso comportamento si riscontra anche nella maggior parte delle altre professioni; ma nel caso dei medici quel dono comprese l’uso della loro autorità intellettuale per giustificare ed eseguire uccisioni, situate in una prospettiva medica» (p. 71).
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arreton · 3 months
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ATTACCO DI PANICO: LA MALATTIA DEL SIGNIFICANTE
Spesso sentiamo dai nostri pazienti in analisi descrivere l'attacco di panico, non solo come una situazione avvertita di morte imminente con intense e drammatiche manifestazioni somatiche (sudorazione, tachicardia, nausea ecc.), ma anche come uno stato soggettivo di perplessità, di senso di smarrimento nel mondo, di perdita acuta di senso: "chi sono?", "che sta succedendo?", "che ci faccio qui?", "che senso ha stare qui?" eccetera.
Sembra dunque che il soggetto si trovi come sorpreso da una condizione -possiamo dire- di improvvisa perdita di senso, sembra cioè non riuscire più a dare una significazione all'esperienza che sta vivendo in quel momento.
Come possiamo allora spiegarci questo fenomeno?
Personalmente ritrovo estremamente utile, per la clinica e anche per la corretta posizione dell'analista, tenere presente la questione dal punto di vista del Significante.
Se vediamo la cosa dal punto di vista strutturale, e non da quello esistenziale-fenomenologico, possiamo renderci conto -ascoltando il paziente- che quello che sta avvenendo è una battuta d'arresto della catena significante presso il soggetto.
Per qualche motivo cioè, di fronte ad una esperienza soggettiva che richiede una significazione nuova, sembra venire a mancare il significante, per come dire, "adatto": il soggetto non sembra disporre cioè in quel momento di un significante idoneo, e di conseguenza egli è attraversato dalla perdita di senso di ciò che sta vivendo in quel momento. "Che significa questo?", "Che ci faccio qui?" sono appunto gli interrogativi drammatici che testimoniano della perdita del senso, e dove vi è perdita di senso si ci ritrova acutamente esposti, nudi e senza difese, al reale, avvertito in tutta la sua angosciosa incomprensibilità e che sembra risucchiare il soggetto come in un buco nero.
Siccome, però, il significante non serve solo a simbolizzare il reale, ma anche a "significantizzare il godimento" (vedi il secondo paradigma del godimento d J. A. Miller), ecco che quando non si dispone più del significante si ci ritrova anche in preda ad un godimento che sembra andarsene per conto suo, venendo meno quella significazione fallica che può dargli un argine, e verificandosi invece una vera e propria "catastrofe del godimento".
Le manifestazioni psicosomatiche altro non sono allora che i tentativi del soggetto -non disponendo più del significante- di delocalizzare il godimento nel corpo. Come, analogamente, i tentativi di richiamarsi a ciò che è familiare, di evocare punti di riferimento noti e sicuri, o di convocare l'Altro come punto di appoggio, rappresentano i tentativi del panicato di ricucire la catena significante affinché egli possa ritrovare un effetto di senso.
L'Attacco di Panico è dunque una malattia del significante. Di quel significante che viene meno proprio quando serve.
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rosaleona · 1 year
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Anni fa, dopo il caso della "nipote di Mubarak", il proprietario di una discoteca invitò Ruby nel suo locale. Era l'ospite d'onore di una serata che nelle intenzioni di quell'uomo avrebbe registrato il tutto esaurito, certo che i ragazzi avrebbero sgomitato pur di incontrare una delle escort di Berlusconi.
Le cose non andarono come l'uomo aveva previsto.
Non ci fu più affluenza del solito e i ragazzi presenti si dimostrarono infastiditi dalla presenza di Ruby.
Alla fine della serata, il proprietario della discoteca, stizzito per gli scarsi guadagni e forse temendo un danno d'immagine al proprio locale, rilasciò a un giornalista un commento stizzito sulla presenza della ragazza nel suo locale, qualcosa del tipo "Quella ha irritato tutti!". Come se Ruby fosse entrata nella discoteca di sua spontanea volontà, con l'obbiettivo di rovinare la serata a clienti e gestore, quando invece era stata invitata da quest'ultimo.
Quanto è avvenuto al museo MAXXI mi ricorda tanto quella vicenda.
Il ministro SanGiuliano invita un critico d'arte dalla dubbia educazione, etica e coerenza, un individuo che ovunque va fa venire un travaso di bile in chi lo ascolta.
Forse temendo che il pubblico si sarebbe annoiato, decide di affiancargli una spalla, un cantante dall'ego altrettanto ipertrofico.
Accade l'inevitabile: i due soggetti, sulla stessa lunghezza d'onda, discutono di eleggere il loro pene come nuova misura universale (parafrasando un vecchio titolo di "Cuore").
Ovviamente a chi li ascolta viene un travaso di bile e lo manifesta a voce alta.
Il ministro Sangiuliano, analogamente al proprietario della discoteca, si smarca e si indigna a sua volta.
Come se Sgarbi e Morgan si fosse intrufolati al MAXXI a sua insaputa.
Come se non avesse previsto, visto i soggetti, che sarebbe finita così.
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abr · 8 months
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"Occupano casa loro".
Premessa: in tutte le legislazioni del mondo esiste il principio della USUCAPIONE, il modo di acquisto a titolo originario di una proprietà, attuato mediante il possesso continuativo del bene immobile o mobile per un periodo di tempo determinato dalla legge. In Italia, analogamente a molti altri Paesi, si realizza ope legis con il possesso continuato per venti anni, senza bisogno dell'intervento del giudice né dell'accordo tra le parti.
Spoiler: qui stiamo parlando non di privati ma di stati (qui il vae victis vige da sempre e per tutti) e cmq. di possesso legittimo continuato di terre dal 1947 e, nella sua versione estesa attuale, dal 1973. Cinquanta anni almeno. E' realtà storica: i legittimi titolari coloniali inglesi creano nel 1947 lo Stato di Israele. Confermato nei fatti da tre guerre. Piaccia o meno, è un fatto.
De che CASA de chi van blaterando?
I miei istriani per lo stesso motivo e negli stessi anni si son dovuti rifare una vita altrove, MUTI (si, gli stati sono 'nammerda, tutti).
Nel dettaglio, a chi interessi la storia, Israele fu creato dagli inglesi ritagliando aree deserte (Negev) e dove gli ebrei eran già insediati. Gli altri territori dell'area furono assegnati alla Giordania (Cisgiordania o "West Bank", sponda occidentale del fiume Giordano), all'Egitto (Sinai, Gaza) e alla Siria (Golan). Gli abitanti non ebrei dell'area si autodefinivano "arabi".
Tant'è, gli stati arabi circostanti non ci stanno: nel 1948 la Giordania col supporto di Egitto e Siria e i soldi dei sauditi, attacca di sorpresa il neonato stato, confidente che non abbia difese. Viene sonoramente sconfitta, Israele conquista la continuità territoriale e l'area del Tempio a Gerusalemme.
Stesso film stessi protagonisti nel 1967: stavolta gli arabi, armati dai sovietici, vengono sorpresi subito prima dell'attacco e le loro forze armate schierate vengono distrutte in sei giorni; Israele occupa il Sinai il Golan e tutto il West Bank.
Stesso film nel 1973: 50 anni fa come quest'anno, attacco di sorpresa nella festa più di famiglia per gli ebrei, il sabato dello Yom Kippur (come attaccar noi la domenica di Natale). Quella volta sono della partita Egitto e Siria ma non più la Giordania, il perché è rilevante e lo raccontiamo subito, ma prima sintetizziamo come andò la guerra del Kippur: dopo i successi iniziali, egiziani e siriani vengono sonoramente sconfitti in meno di un mese; i carri con la stella di David vengono fermati dal preoccupato Heinz (Henry) Kissinger al km 101 da Il Cairo e a 50km da Damasco indifese.
"Palestina" sinora non s'è mai nominata: di fatto il nome con annessa rivendicazione emerge solo negli anni '60 (Olp, fondata nel '64 da Arafat, egiziano). Si tratta di "movimento di liberazione" come tanti altri allora, finanziato dal comunismo sovietico.
[Btw, digressione: funny come l'indipendentismo Sovranista (basco, catalano, palestinese, nord-irlandese etc.etc.) nasca comunista - coi soldi di - allo scopo di destabilizzare l'Occidente e come il Globalismo Internazionalista nasca antikapitalishta (e sia benecomunista woke ancor oggi). Gira e rigira sempre lì siamo, coi kapò alla Soros e i nazi alla Shwab etc.].
Si tratta di movimento talmente indipendentista palestinese cient'peccient' che ... per prima cosa tenta di impadronirsi della intera Giordania: Settembre Nero 1970, colpo di stato fallito nel sangue. La Giordania si chiama fuori dal giro degli arabi e li espelle tutti. Da lì, non dalle guerre con Israele, si ha la vera Diaspora dei civili palestinesi nei campi profughi.
Dopo il 1970 e la guerra del 1973, gli accordi di Camp David nel 1978 prevedono la restituzione di tutto il Sinai all'Egitto sconfitto in cambio della pace, senza Gaza, e la creazione di una amministrazione palestinese della Cisgiordania. Arafat firma ma poi rinnega; tra tira e molla reticenti e ipocrisie essa viene stabilita nel 1993.
Già che ci siamo, chiariamo che Israele é stato occidentale, laico non confessionale: alcune delle sue città fuori dai territori cd. palestinesi, come Haifa, sono a maggioranza araba musulmana, eleggono sindaci, il 5% del parlamento israeliano è ai partiti arabi (meno che a Marsiglia ma più di Calenda e Fratojanni), cittadini al 100% servizio militare incluso. Si tratta degli unici arabi del Medio Oriente che godano di pieni diritti civili. Con tanti cari saluti a quelli che "antisemita no ma antisionista si"
Torniamo a noi: Gaza arriva dopo, viene concessa da Israele alla amministrazione palestinese nel 2005, rimuovendo con la forza 9.000 settlers (coloni) ebrei. Era parte dell'operazione PACE IN CAMBIO DI TERRITORI. Nel 2007 Hamas si impadronisce di Gaza mediante colpo di stato, sgozzando their style migliaia di palestinesi delle fazioni rivali (nessuna guerra ha mai provocato tanti morti arabi).
L'esito dell'operazione: ennesima conferma che chi cerchi la pace facendo regali a fanatici nazisti, fa la fine di Chamberlain con Hitler nel 1938; nella efficace sintesi di Churchill : "potevano avere la guerra mantenendo l'onore, han ceduto l'onore e avuto la guerra". Con gli zombie dis-umani non si tratta, si combatte.
E si, la guerra fa schifo ma tanto ci sarebbe lo stesso: meglio farla in casa di chi la invochi come i nazisti, che subirla nelle proprie nursery e rave party.
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La primavera comincia ufficialmente oggi, lunedì 20 marzo alle 22 e 24 di sera. È il momento dell’equinozio, la primavera astronomica. Equinozio, in latino, significa, letteralmente, notte uguale e indica quel momento (un istante, non un’intera giornata) in cui notte e giorno, cioè periodo di luce e periodo di buio, hanno la stessa durata. Effettivamente il periodo di luce è sempre un po’ più lungo di quello di buio perché il sole è un disco e fra alba e tramonto ruba qualche secondo aggiungendo luce. Per gli antichi Greci l’inizio della primavera era il momento in cui la regina degli inferi Persefone tornava per visitare sua madre Demetra che per la felicità riempiva la terra di frutti e fiori fino all’autunno, quando poi sua figlia andava via. Analogamente per il neopaganesimo era il momento di Ostara: la dea sassone della fertilità, dei nuovi inizi e portatrice di entusiasmo verso gli altri e il mondo. Era simboleggiata da lepri, uova, farfalle, che tuttora rappresentano la Pasqua. In effetti da Ostara (o Eostre o Oestara) sono derivati i termini Easter e Oster che, rispettivamente, significano «Pasqua» in inglese e in tedesco e che ricordano come ancora una volta il Cristianesimo abbia fatto sue usanze pagane: la «rinascita» di Cristo cade infatti la prima domenica dopo l’equinozio, o quella seguente se è di luna piena. Ma la primavera è anche il momento delle nozze tra il Dio Sole e la Dea Terra, il momento dell’unione, della nuova vita. La festa del Nuovo Anno, in Mesopotamia, era l’equinozio primaverile. La data coincide con il segno zodiacale dell’Ariete, simbolo del Dio Marduk. La festività di Sham El Nessim in Egitto ha la stessa data. L’equinozio di marzo segna il primo giorno dell’anno per molti calendari fra cui quello iraniano. Secondo la mitologia Jamshid, il re mitico della Persia, salì al trono in questo giorno e ogni anno quest’evento veniva commemorato con feste per due settimane. È un giorno di festa anche per l’Azarbaijan, l’Afghanistan, l’India, la Turchia, Zanzibar, l’Albania e diversi paesi dell’Asia Centrale. In Giappone è una festa nazionale ufficiale che si trascorre visitando le tombe di famiglia.
Il 20 marzo è anche per inciso la giornata Internazionale della Felicità. Le statistiche dicono che il paese più felice è la Finlandia. E noi? mal che vada possiamo sempre partire...
cit.
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mancino · 9 months
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I fiori hanno un' influenza misteriosa e sottile sui sentimenti, analogamente a certe melodie musicali.
Rilassano la tensione della mente.
Dissolvono in un attimo la sua rigidità
~H.W.Beecher~
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raffaeleitlodeo · 10 months
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Leggo in giro grandi consensi, quando non aperti incoraggiamenti, nei confronti dei detenuti che stanno mettendo a repentaglio l’incolumità degli arrestati dopo lo stupro di Palermo, cosa che mi pare abbia già provocato all’amministrazione penitenziaria notevoli difficoltà logistiche e diversi trasferimenti.
L’accorata indignazione per una terribile violenza tribale consumata si condensa, dunque, in una sorta di indulgenza, di allegra simpatia o addirittura in forme di convinta e perentoria incitazione per altri generi, sia pure (a volte molto sottilmente, cercate di capirmi) diversi negli esiti materiali, di violenza tribale.
Questo fatto, capirete, mi suscita una punta di perplessità. Perché di fronte a questa discrasia che a me sembra evidente, tra la condanna di un fatto e la benedizione di un altro fatto che affonda le proprie radici nello stesso humus del primo, o comunque in un terreno che al primo è parente strettissimo, non posso non chiedermi che valore abbia quella condanna, da quali presupposti muova, come insomma la si debba valutare nella qualità, negli obiettivi, nella visione del mondo che la anima.
In quale visione del mondo si approva il fatto che uno stupratore venga picchiato a morte, e talora a sua volta stuprato, una volta assicurato, come si dice, alle patrie galere? In quale modo questa approvazione dovrebbe giovare alla causa della ragazza fatta oggetto di quella tremenda violenza, per non dire delle altre che rischiano di subirla da altri in futuro?
La deterrenza, dice qualcuno. Se l’aspirante stupratore è consapevole del fatto che una volta catturato gli toccherà subire un trattamento del genere, vedrai che rinuncerà al suo proposito.
Senonché, questo presunto “codice d’onore” che vige in carcere (guardato da molti con un favore che non smette di sconcertarmi) è vecchio, per l’appunto, quanto il carcere: non mi risulta, tuttavia, che esso abbia sconfitto la piaga della violenza sessuale né le altre efferatezze analogamente punite dalle regole non scritte di quel codice, tant’è che siamo qui a parlarne, non come un fatto del passato ma come cronaca dei nostri giorni.
Sarà che dalla violenza, come si dice, germina violenza? Sarà che lo stato di diritto è uno, unico e indivisibile, di tal che applicarlo a pezzettini in relazione ai propri tiramenti del momento è una pessima idea?
Sarà che la legge, la stessa legge che punisce gli stupratori, è nata proprio per abrogare la vendetta come strumento di amministrazione della giustizia e di composizione delle controversie?
Fateci un pensierino, se avete due minuti, prima del prossimo incitamento.
Alessandro Capriccioli, Facebook
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gregor-samsung · 10 months
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“ All’atto di redigere il testo di un parlato radiofonico si dovrà dunque evitare in ogni modo che nel radioascoltatore si manifesti il cosiddetto «complesso di inferiorità culturale», cioè quello stato di ansia, di irritazione, di dispetto che coglie chiunque si senta condannare come ignorante dalla consapevolezza, dalla finezza, dalla sapienza altrui. Questo «complesso» determina una soluzione di continuità nel colloquio tra il dicitore e l’ascoltatore, crea una zona di vuoto, un «fading» spirituale nella recezione. Ad ovviare la qual calamità radiofonica è in particolare consigliabile: a) in ogni evenienza astenersi dall’uso della prima persona singolare «io». Il pronome «io» ha carattere esibitivo, autobiografante o addirittura indiscreto. Sostituire all’«io» il «noi» di timbro resocontisticoneutro, o evitare l’autocitazione. Al giudizio: «Io penso che la Divina Commedia sia l’opera maggiore di Dante», sostituire: «La Divina Commedia è ecc.»; b) astenersi da parole o da locuzioni straniere quando se ne possa praticare l’equivalente italiano. Usare la voce straniera soltanto ove essa esprima una idea, una gradazione di concetto, non per anco trasferita in italiano. Per tal norma inferiority-complex, nuance, Blitz-Krieg e chaise-longue dovranno essere sostituiti da complesso d’inferiorità, sfumatura, guerra lampo e sedia a sdraio: mentre self-made man, Stimmung, Weltanschauung, romancero, cul-de-lampe e cocktail party potranno essere tollerati; c) evitare gli sterili elenchi dei nomi di persona quando non si possono caratterizzare o comunque definire le persone chiamate in causa. Meglio omettere dei «nomi da manuale», che infastidire l’ascoltatore citando nomi destinati a spegnersi appena pronunziati, come faville lasciate addietro per un attimo dalla corsa d’una locomotiva; d) operare analogamente con le date. In un esposto di carattere storico le date costituiscono opportuno ammonimento, gradito appoggio e gradita eccitazione per la memoria. Tali appaiono al viaggiatore le indicazioni chilometriche. Delle date si dovrà misurare il valore e l’intercorrenza più conveniente. Si dovranno gerarchizzare, distanziare le une dalle altre; e porgerle comunque con garbo all’attenzione di chi ascolta, quasi le richiedesse opportunità, necessità; e) astenersi dal presupporre nel radioabbonato conoscenze che «egli», il «qualunque», non può avere e non ha. Inibirsi la civetteria del dare per comunemente noto quello che noto comunemente non è. A nessun uomo, per quanto colto, si può chieder di essere una enciclopedia. I lemmi dell’enciclopedia rappresentano la fatica di migliaia di collaboratori; f) entrare subito o pressoché subito in medias res: non tener sospeso l’animo del radioascoltatore con lunghi preamboli, con la vacuità di premonizioni superflue che il valore cioè il costo del tempo radioparlato sono ben lontani dal giustificare, dall’ammettere. “
Carlo Emilio Gadda, Norme per la redazione di un testo radiofonico.
NOTA: durante la sua collaborazione con la RAI (accettata per necessità e mal sopportata), presso i servizi di cultura del Terzo programma (1950-55), Gadda redasse un breve vademecum a beneficio degli autori radiofonici e destinato a circolazione interna (veniva allegato ai contratti per i collaboratori). La prima edizione delle Norme (ERI, Torino, 1953) apparve senza il nome dell’autore ma firmata in calce «IL TERZO PROGRAMMA»; seguì una seconda edizione (ERI, Torino, 1973), questa volta a nome di Gadda. Il testo fu quindi accolto nelle raccolte postume degli scritti minori dell’ «ingegnere».
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susieporta · 2 years
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Il cambiamento non è mai prevedibile, non segue la logica dell’io voglio, decido, da domani in poi…
Non si programma un cambiamento, tutt’al più si prepara, come un terreno da seminare, e poi si aspetta il raccolto.
Arriva un momento in cui ci si sente cambiati, e guardandosi dietro si intravedono percorsi tortuosi, per nulla comprensibili. Dunque, si cambia nonostante e comunque.
Questo non significa dover arrendersi alle proprie abitudini, ai propri comportamenti che generano sofferenza. Ci sono aspetti su cui possiamo intervenire in modo lineare, un atteggiamento mentale, uno stile di vita, una relazione affettiva che non da’ più gioia, una situazione lavorativa nella quale sentiamo di non poter più crescere, pur tuttavia rimanendo consapevoli che si tratta di uno dei livelli di una dimensione più ampia e complessa, di cui noi siamo una piccola parte.
Alla parola cambiamento preferisco la parola trasformazione.
Credo infatti che ognuno di noi nasca con una propria forma vivente, un mix di biologia, genetica ed influenze ambientali, che segnano la forma del nostro destino evolutivo. Ora, come con il marmo lo scultore lavora per far emergere la sua idea di figura, analogamente il nostro compito è quello di lavorare il marmo delle nostre appartenenze multiple, con le nostre mani e con quelle che incontriamo lungo il cammino, per trasformarci nel tempo, fino a diventare il più possibile simili all’idea originaria di noi stessi, eliminando il superfluo. Per fare questo è necessaria una dose sufficiente di riconoscimento e amore da parte delle persone che rivestono un ruolo importante per noi, abbiamo bisogno di sviluppare curiosità e interesse verso la nostra parte più autentica, spesso sommersa da tante sovrapposizioni, le maschere che indossiamo nel vivere quotidiano, infine occorre un’ultima componente, forse la più importante: il desiderio, che è cosa diversa dal bisogno e dalla volontà.
Il desiderio dorme nel nostro se’ profondo, in attesa di essere risvegliato. L’etimologia fa pensare alle stelle, io invece lo sento più simile al seme di un fiore, al cucciolo di specie umana o animale, bisognoso di cure e di attenzioni.
Il desiderio è la pianta dell’anima, un vegetale che non vegeta, anzi, nutre il nostro sviluppo interiore.
In che cosa dunque desideri trasformarti ancora?
Pensa alle foglie, alla luce, al silenzio, alle vette più alte, oppure ai fondali inesplorati del tuo oceano.
Immagina la forma non il contenuto, opera su questa immagine senza esitare, come l’artista fa con i colori, lo scultore con il marmo, il musicista con i suoni.
Fatti argilla e trasforma i sentimenti pesanti in un vaso elegante che abbia la forma di un volo libero.
Non pensi che persino la tanto temuta morte non sia che un altro cambiamento di forma?
Si, forse questo vuol dire cambiare: accogliere e seguire le infinite forme, le infinite variazioni del nostro tema di vita.
Giuseppe Ruggiero
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Dimore alchemiche. Cappella Sansevero Napoli. Il Disinganno - la Pudicizia - Il Cristo velato. Al di là delle interpretazioni "ufficiali", noi vediamo nel Disinganno la liberazione dell'uomo dalla rete dell'illusione nella quale è prigioniero. Analogamente vediamo nella Pudicizia il velo di Maya che ci impedisce di vedere la Realtà. Nel Cristo velato vediamo il velo che nasconde l'insegnamento esoterico del Cristo. Come siano state realizzate queste sculture è ancora un mistero, anche se esistono ipotesi "ufficiali". Cliccare sulle foto per vederle intere.
Primi passi sulla via iniziatica
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levysoft · 1 year
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Perché Kubernetes viene abbreviato in K8S? I cosiddetti numeronimi sono apparsi alla fine degli anni Ottanta. Ci sono molte storie su come le persone abbiano effettivamente iniziato a usarli; tutte condividono la stessa idea che per semplificare la comunicazione, il settore IT abbia iniziato a utilizzare i numeronimi per abbreviare le parole: prendendo la prima e l’ultima lettera di una parola e mettendo in mezzo un numero che ne desse più o meno il suono corretto, riduceva di molto il lavoro. Per esempio, il termine i18n deriva da internationalization: inizia con la lettera “i”, più 18 lettere, più la lettera “n”. Analogamente, Kubernetes è composta dalla lettera “k”, più 8 lettere, più la lettera “s”.
via Docker: Sviluppare e rilasciare software tramite container
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