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#Camerata Nuova
johbeil · 8 months
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Peace in the mountains
Monti Simbruini - hike up from Camerata Nuova, Lazio, Italy in October.
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lamilanomagazine · 1 year
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Cesena: "Le due Americhe" al Teatro Bonci
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Cesena: "Le due Americhe" al Teatro Bonci. Venerdì 28 aprile (ore 21.00) chiude la Stagione del Teatro Bonci di Cesena Le due Americhe, concerto del grande organico di fiati Maderna Wind Orchestra diretto dal Maestro Marco Lugaresi, con un programma che guarda alla terra di elezione del genere Wind, con brani di Gershwin, Bernstein, Mancini, Bacharach, Jobim e temi popolari del sud America arrangiati da Giorgio Babbini. Lo spettacolo è presentato in collaborazione con Gruppo HERA. Nata dalla tradizione della musica marziale europea, la Wind Orchestra inizia dai primi decenni del XX secolo a diventare una formazione autonoma, di destinazione non più militare ma civile, con un repertorio originale appositamente composto per l’organico di fiati, a cui spesso si aggiungono le percussioni. È soprattutto in America che questa tradizione si consolida, innestandosi anche sulla straordinaria scuola dedicata agli ottoni, fulcro dell’ensemble. La Wind Orchestra del Maderna nasce da un progetto del Conservatorio di Cesena, che raccoglie tutti gli strumentisti a fiato dell’Istituzione insieme a musicisti della Romagna, creando una rete di collaborazioni decisamente nuova nel panorama musicale del territorio, dove giovani e giovanissimi hanno l’opportunità di lavorare fianco a fianco con professionisti di alto livello. Marco Lugaresi, cesenate, ha studiato in Italia con Lorenzo Bettini e successivamente in Germania con Eberhard Marschall presso la Musikhochschule di Monaco di Baviera. Come primo fagotto ha suonato con realtà come Chamber Orchestra of Europe, Camerata di New York, Basel Sinfonietta, Teatro La Fenice di Venezia, Arturo Toscanini di Parma, Accademia Bizantina di Ravenna, Orchestra del Teatro Lirico di Cagliari, Cadaques Orchestra. Dal 2003 è primo fagotto solista con le orchestre Camerata Academica di Salisburgo e Città Aperta. Attualmente docente del Conservatorio “Bruno Maderna” di Cesena, è regolarmente invitato a tenere master presso la "Guildhall school", il “Royal College” e la “Royal Academy” di Londra.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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ifattinews · 2 years
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Jenne, Nel 2023 il Parco dei Monti Simbruini compirà 40 anni
Jenne, "Nel 2023 il Parco dei Monti Simbruini compirà 40 anni"
Il territorio del Parco fa parte del sistema appenninico e per i suoi rilevi montuosi rappresenta una delle formazioni orograficamente rilevanti. Comprende otto comuni: Trevi, Filettino, Vallepietra, Jenne, Subiaco Cervara di Roma, Camerata Nuova ed Arsoli, e rappresenta l’area verde più grande della Regione Lazio. Il 2023 sarà un anno importante per il Parco che compirà 40 anni, infatti l’atto…
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viaggiando-italia · 2 years
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Sentiero Coleman. Tappa 4: Camerata Nuo... + > https://www.viaggiando-italia.it/sentiero-coleman-tappa-4-camerata-nuova-cineto-romano-tutti-i-dettagli-e-cosa-vedere-lungo-il-percorso/?feed_id=1303&_unique_id=62a030d9d8042
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corallorosso · 3 years
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SASSARI. Il saluto fascista rivolto il 2 settembre del 2018 verso la bara del professor Giampiero Todini nel sagrato della chiesa di San Giuseppe – accompagnato dal grido “Presente” al richiamo “Camerata Giampiero Todini” – per il giudice Sergio De Luca «non fu idoneo “a provocare adesioni e consensi e a concorrere alla diffusione di concezioni favorevoli alla ricostituzione di organizzazioni fasciste”». Quei gesti «non furono tali, per le loro modalità e per il momento e l’ambiente nei quali furono posti in essere, da costituire in concreto un pericolo rispetto alla ricostituzione del disciolto partito fascista e, conseguentemente, per il bene giuridico della sicurezza dell’ordinamento costituzionale e della tenuta dell’ordine democratico». In poco più di trenta pagine il giudice spiega le motivazioni alla base della sentenza di assoluzione emessa lo scorso luglio nei confronti dei 22 imputati accusati di aver violato la legge Scelba che all’articolo 5 punisce «chiunque con parole, gesti o in qualunque altro modo compie pubblicamente manifestazioni usuali al disciolto partito fascista». A giudizio erano finiti 22 esponenti di CasaPound Italia (tra cui il figlio del professore defunto) per i quali era stata chiesta la condanna a due mesi di reclusione. Nella loro condotta fu individuato un “pericolo concreto” di riorganizzazione del partito del Duce. Oltre al saluto «coprirono la bara con la bandiera della Repubblica di Salò – scriveva la Procura – e filmarono la manifestazione diffondendola sul web». Il giudice ha parzialmente condiviso la tesi difensiva degli avvocati Agostinangelo Marras, Antonio Mereu, Pierluigi Olivieri e Bachisio Basoli che avevano parlato di «cerimonia commemorativa». Lo stesso Luigi Todini, figlio del defunto, si era difeso così: «Ho solo voluto commemorare mio padre esaudendo un desiderio che aveva espresso prima di morire (...) Nadia Cossu - La Nuova Sardegna
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giuseppecocco · 4 years
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Lazio: Camerata Nuova
Camerata Nuova è un comune italiano della città metropolitana di Roma Capitale nel Lazio. Il paese è situato all’interno del Parco Naturale Regionale dei Monti Simbruini, al confine del Lazio con l’Abruzzo. Segna il confine geografico orientale dell’alta valle dell’Aniene con la Marsica.
Camerata si viene a trovare in una situaz…
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Il testo integrale del mio intervento al VIII° Congresso Nazionale del MSFT
Progetto Italia Area Sociale 
 On. Presidente, Camerate e Camerati congressisti, cortesi ospiti, prendo la parola da questa tribuna perché la particolarità dell’evento, il Congresso nazionale, impone a tutti, quindi anche a me, di contribuire al dibattito e provare a dare risposte ai tanti quesiti che permeano il Movimento Sociale.
Prima, però, voglio ricordare a questa comunità riunita un grande Camerata, che è stato uno degli artefici della vita di questo Movimento e segnatamente dell’ultimo Congresso: Peppe Cammalleri. Sappiamo come una vigliacca malattia l’ha negato alla vita, all’attività politica, ma non certo all’affetto dal nostro cuore e al ricordo della nostra comunità. Assieme al ricordo di Peppe non possiamo non rivolgere un pensiero a Dario Fignagnani.
Dario sta combattendo in questo momento la più difficile delle battaglie. Lo sta facendo con il coraggio e la determinazione del vero uomo, del vero camerata. Forza Dario, ti vogliamo tutti bene.  
La prima domanda, la più elementare domanda, che tutti ci poniamo, è: perché un Movimento politico che ha una Storia, un Progetto, che è depositario di un’Idea è ridotto al lumicino, a tal punto da essere marginale nel panorama politico nazionale.
 Eppure ci sono stati periodi, altri periodi, in cui Almirante parlava a migliaia d’italiani che accorrevano da ogni dove per ascoltarlo. Io sono siciliano e ricordo avergli più volte sentito dire essere Catania la pupilla dei suoi occhi.
Ricordiamo le maggiori piazze d’Italia stracolme di persone in festa per la presenza del Segretario Missino.
Anche Pino Rauti, seppur con un approccio, come dire, più intellettuale, riempiva le piazze di folle acclamanti.
Oggi, invece, né per numero d’iscritti, né per copertura territoriale, né, purtroppo, per azione politica il MSFT può essere indicato con il segno “+”.  
Ciò avviene mentre altri soggetti politici, che non possono vantare la nostra stessa storia, assurgono al ruolo di forze antisistema e vedono le loro idee trovare largo consenso nell’opinione pubblica e, conseguentemente, nell’elettorato.
E avviene in tempi diversi e per Partiti progettualmente distanti tra loro; La Lega e i 5 Stelle, per esempio.
I leghisti hanno saccheggiato, da trogloditi della politica quali sono, le nostre idee, le nostre proposte, la nostra visione della società e, interpretandole alla loro maniera, dando risposte solo alla pancia di una fascia del corpo elettorale, hanno vissuto e prosperato per decenni.
Adesso i casaleggini, sì quelli del Movimento Cinque Stelle, andate a vedere i loro temi, per la maggior parte sono copiati pedissequamente dal nostro Progetto politico, interpretati male, spesse volte in modo contraddittorio, ma nonostante ciò riescono a prendere una caterva di voti, a tal punto da essere arrivati al Governo della nazione, e questo senza alcun apparentamento con altre forze politiche che potrebbe far pensare a un effetto “traino” a loro vantaggio.
Questi sono solo due esempi di come altri Partiti, nemmeno originali nelle proposte politiche, riescano a essere incidenti nella politica nazionale.
E noi? Noi no!
Non siamo riusciti, per esempio, a essere incisivi sui temi più attuali della politica, almeno non come avremmo voluto. Forse è mancato il colpo d’ala, quel “quid” che avrebbe potuto farci diventare il motore di una rivolta strisciante che si avverte in tanti strati della società italiana.
Allora una riflessione s’impone e soprattutto chi ha avuto responsabilità nella guida del Movimento qualche domanda deve porsela.
La Lega, dicevamo prima, ha saputo parlare prima alla “pancia” della borghesia del nord orfana dei tradizionali partiti di riferimento, DC – PSI – PRI - PLI, scomparsi a seguito del ciclone “Mani Pulite”, ed ha saputo poi liberarsi della zavorra separatista per diventare, tout court, un Partito nazionale.
I casaleggini hanno trovato in Grillo un grande comunicatore, poi l’uso spregiudicato di uno strumento innovativo come il Web ha dato loro una dimensione che è andata oltre ogni più rosea aspettativa.
Io sono sempre convinto che questi Partiti, siano espressione del Sistema che tenta di auto tutelarsi impedendo che i malumori, la protesta, l’esigenza di rinnovamento largamente diffusi negli italiani, siano incanalati verso un Movimento politico, la Fiamma Tricolore, che per la proposta politica, per la visione alternativa dell’organizzazione dello Stato e quindi della società, sarebbe un pericolo reale per la sua stessa esistenza.
Ad un Movimento Sociale catalizzatore del cattivo umore degli italiani sono preferibili una Lega o un Cinque Stelle che, superata l’onda emozionale, imploderanno, come già in parte sta avvenendo, data la loro pochezza progettuale.
Noi invece abbiamo il dovere, sì il dovere, verso quanti hanno sacrificato la vita per l’Idea, verso quanti hanno speso la loro esistenza per tenere alto un vessillo che era ed è il vessillo dell’antisistema, dell’alternativa corporativa, dello Stato etico, abbiamo il dovere di continuare con sempre maggiore sforzo a portare avanti le tesi della Destra Sociale, senza mai deflettere nemmeno per un attimo dal perseguimento di quest’obiettivo.
Lo abbiamo fatto, siamo riusciti nell’intento? A guardare il Mov. di oggi parrebbe di no. O, almeno, ci siamo riusciti solo  in parte.
Da tempo, e per troppo tempo, ci siamo aggrovigliati in ragionamenti forvianti, prima sugli effetti deleteri che Fiuggi ha portato nel nostro mondo, poi su quelli nefasti che le varie leggi elettorali hanno prodotto, poi ancora sulla necessità, per dare slancio alla nostra azione politica, di una riunione della cosiddetta Area. 
Abbiamo prestato orecchio a chi, in modo assolutamente interessato, suggeriva fusioni, accorpamenti, cartelli elettorali, come se la somma di più “zero virgola qualcosa” potesse farci schizzare ai vertici percentuali della politica. Nulla di più sbagliato.
Abbiamo inseguito chimeriche riorganizzazioni dell’Area di Destra, a volte spinti da esigenze elettorali, contribuendo a dare legittimità a Movimenti che la storia politica di questi anni ha marginalizzato, evidenziandone l’inconsistenza politica e l’arrivismo personale.
Abbiamo perseguito la strada dell’unificazione proponendo accordi con Movimenti affini e similari, quando invece l’unico modo per realizzarla era la confluenza, il ritorno, di questi soggetti nella casa madre, il MSFT appunto.
Anche tra noi, così come per altri Partiti politici, dal Pd a FI, è scattata la voglia malsana di rinnovare, di rifondare, di presentare all’elettorato una “confezione” nuova.
Un qualcosa che ci rendesse simile agli altri.
Non capendo, invece, che nella diversità risiede la nostra forza. Bisognava solo dotarla degli strumenti adatti perché questa fosse compresa dagli italiani.
Non omologazione quindi ma riaffermazione del nostro Progetto politico che è, ricordiamolo, unico e futuribile; è l’unica via.  
E particolarmente dal dicembre 2013, con la Reggenza prima e l’elezione dopo, nel 2014, alla Segreteria nazionale del Movimento di Attilio Carelli, che ci siamo mossi con ferrea determinazione in questa direzione.
Abbiamo abbandonato la strada segnata dal precedente Segretario, strada che ci avrebbe voluto inseriti nel Centrodestra, stampella minore di quella compagine che si rifà a un modello economico-sociale del tutto incompatibile con il nostro sentire politico.
Arrivammo al punto di dimettere il Segretario in carica pur di conservare la nostra identità politica.
Fu quella una scelta difficile e dolorosa, perché, ricordiamolo, il Movimento Sociale, prima di essere un’organizzazione politica è una Comunità umana, in cui i valori del rispetto, dell’amicizia, del cameratismo, hanno un’incidenza notevole nei rapporti tra le persone.
Da allora abbiamo cambiato strada, ne abbiamo intrapreso una sicuramente più difficile da percorrere, irta di pericoli, di asperità, ma allo stesso tempo più esaltante.
Una strada che ci ha ridato la voglia della militanza, del cameratismo; una strada che ci aperto alla speranza, un sentimento che ci aveva progressivamente abbandonato, sprofondandoci in una spirale di sconfortante, esiziale agnosticismo.
Oggi, vivaddio, non è più così.
Oggi possiamo ritornare a credere e a sperare nella crescita del Movimento.  
Una crescita che in qualche modo c’è stata, Sono stati recuperati Camerati, aperte Sezioni e Federazioni, siamo nelle istituzioni, è presente tra noi la Senatrice Adriana Poli Bortone, Consigliere comunale di Lecce.
Regioni nelle quali eravamo totalmente assenti adesso marcano la nostra presenza, anche se minimale e poco organizzata.
E la speranza di crescita, per il Movimento Sociale, risiede nella nostra capacità di intercettare le aspettative degli italiani, di saperle analizzare e di saper proporre soluzioni semplici ed efficaci.
Noi non abbiamo nessun passo indietro da fare, noi dobbiamo solo produrre politica, parlare alla gente, dire loro della nostra Repubblica presidenziale; spiegare cosa sono le rappresentanze corporative che vorremmo in Parlamento; cos’è la Socializzazione dell’economia e i vantaggi che la Nazione, interamente intesa, trarrebbe dalla sua applicazione; chiarire perché siamo contro la globalizzazione e il liberismo economico; far conoscere la nostra posizione in merito all’aborto, alla teoria Gender, all’eutanasia. Pratiche queste che, col sistema della finestra di Overton, vorrebbero far passare per assolutamente normali.
Dobbiamo parlare ai giovani di meritocrazia; alle donne di uguaglianza ed emancipazione; agli studenti del diritto a una scuola formativa; dobbiamo parlare di ecologia ed ecosistemi; di difesa della nostra cultura e delle nostre tradizioni; dobbiamo saper parlare al mondo del lavoro e della produzione, spiegando che la prospettiva cui tendere non è il capitalismo aggressivo ma la socializzazione dell’economia; ai senzatetto dobbiamo spiegare cos’è il Mutuo Sociale, unica possibilità di possedere una casa senza dover sottostare allo strozzinaggio delle banche e al rischio dell’esproprio.
Dobbiamo ancora dire ai giovani perché è importante creare famiglie (quelle tradizionali), composte di genitori e figli, quei figli che noi intendiamo difendere fin dal concepimento e che vogliamo aiutati a crescere lontano da droghe e modelli psicologicamente devianti.
Dobbiamo spiegare loro che ci opponiamo e ci opporremo sempre a Governi che ritengono necessario favorire le politiche abortive e cercano di approvare la deleteria legge sullo Ius Soli;
Che saremo sempre contrari a Governi che hanno come priorità la politica di sgretolamento delle soggettività e delle differenze di genere con la realizzazione del piano Gender, velenosa insidia che, sotto l’azione delle lobby LGB internazionali, si vuole insinuare nelle menti dei nostri bambini fin dalla loro più tenera età, con progetti scolastici mirati.
Dobbiamo far sapere che il Movimento è impegnato contemporaneamente nella difesa dei diritti civili, quelli veri, tanto quanto lo è nella difesa dei diritti sociali. Queste cose dobbiamo fare.
Perché noi siamo questo, noi siamo il Movimento Sociale.
Noi abbiamo un Progetto articolato che si basa su una visione diversa della politica, che afferisce tutti gli aspetti dell’organizzazione della Società:
Perché prevede la rappresentanza in Parlamento delle categorie dei lavoratori, per garantirne una maggiore tutela e la condivisione delle scelte in materia di politica del lavoro;
Perché propugna la Socializzazione dell’economia, per una maggiore perequazione delle risorse economiche della Nazione;
Perché vuole realizzare lo Stato Sociale, che tuteli le categorie più deboli e i meno abbienti;
Perché crede nell’etica della politica, con il suo primato sull’economia;
Perché ha come obiettivo la costruzione dell’Europa così come la sognava Filippo Anfuso: l’Europa delle Patrie.
Lo Statuto e i punti programmatici che abbiamo voluto preservare in quelle tristi giornate del Congresso di Fiuggi, sono il nostro patrimonio politico, che è unico e che marca la differenza tra noi e gli altri, tutti gli altri.
Forti di queste prerogative dobbiamo trovare la via per riuscire a coinvolgere nel nostro Progetto tutti gli italiani e non guardare agli altri, non ne abbiamo la necessità.
Altre strade, a mio modo di vedere, non esistono e comunque non sono conducenti.  
Il Fascismo trasformò la nostra Nazione in un grande laboratorio socio-politico nel quale le sperimentazioni  più ardite furono possibili.
L’Italia può tornare a sperimentare la giustezza delle nostre tesi se sapremo essere convincenti, propositivi, realistici; in una parola: credibili.
I campi d’intervento sono smisuratamente enormi. Non c’è un comparto, dalla produzione ai servizi, dalla sanità allo sport, dai trasporti alla cultura, che funzioni.
L’arretratezza che l’Italia ha accumulato negli anni dal dopoguerra a oggi è sotto gli occhi di tutti.
Siamo tra le ultime Nazioni d’Europa per quanto riguarda occupazione, servizi, sanità, trasporti.
La disoccupazione tocca livelli a dir poco impressionanti, sfiorando e addirittura superando la soglia del 10% e quella giovanile del 33% (Fonte: Eurostat – Ufficio Europeo di Statistica).
Solo un Progetto politico audace, innovativo, realizzabile, come noi sappiamo prospettarlo, può dare speranza a questa terra.
La capacità che abbiamo di immaginare soluzioni ai problemi dei vari settori della vita sociale fa della Fiamma Tricolore, il solo Partito che può garantire sicurezza, sviluppo economico, crescita sociale.
La politica del Sistema ha creato, tra i tanti danni, anche un diffuso senso d’abbandono negli italiani.
Il cittadino medio si sente sempre più insicuro e non garantito da uno Stato che sente lontano e incapace di comprendere nel giusto modo problematiche che condizionano la vita quotidiana della Nazione.
Il dramma dei migranti, il modo assolutamente sbagliato di interpretarlo e conseguentemente di produrre azioni di contrasto, che non può prevedere solo la supposta chiusura dei porti, come da qualcuno ipotizzato, abbisogna di un cambio di strategia.
Il problema non è italiano, o perlomeno non è solo italiano, è europeo.
Deve essere l’Unione Europea a farsi carico di questo fenomeno che assume sempre più i contorni di una catastrofe umanitaria.
E’ necessario arginare l’afflusso continuo e oramai incontrollato di allogeni clandestini che stanno snaturando il nostro tessuto antropologico con una presenza sempre più massiccia, generando ovunque situazioni di degrado e moltiplicazione di attività illecite, dallo spaccio, alla prostituzione, alla più pericolosa possibile presenza di terroristi, appositamente infiltrati per progettare e attuare piani di attacchi in Italia e in Europa.
Noi questo lo affermiamo da anni, eravamo primi e soli, già ai tempi degli sbarchi con i gommoni a Lampedusa, a sostenere che bisognava porre rimedio immediato a una situazione che, come poi si è rivelata, sarebbe diventata sempre più drammatica.
E, oltre alla politica di contrasto degli sbarchi, riducendo, per esempio, l’operatività dei nuovi negrieri delle cosiddette ONG, bisogna realizzare una serie di accordi con le Nazioni da cui partono i traghetti.
Accordi che prevedano interventi in loco, perché, ricordiamocelo, non è con la snaturalizzazione dei popoli, delle etnie, che si realizza il precetto dell’accoglienza.
In sintesi, ciò che bisogna fare è cambiare radicalmente la politica nei confronti del continente afroasiatico, quello maggiormente interessato dai flussi migratori.
Ricordo una discussione con Pino Rauti, molti anni fa, a proposito del dramma della migrazione.
Lui, come sempre, aveva capito con molto anticipo come sarebbero evolute le cose in futuro.
Diceva che la genesi del problema era, tra l’altro, nella diversa cultura delle popolazioni interessate.
Faceva notare come le popolazioni islamiche e africane fossero in continuo aumento e che quindi avevano bisogno di spazi oltre che di servizi, a fronte di quelle occidentali che, invece, erano informate a modelli e stili di vita diversi, per i quali fare figli, per esempio, era una cosa quasi da non prendere in considerazione.
Da questa diversa visione scaturiva prevalentemente, non solo, ma prevalentemente, il problema degli spostamenti di grandi masse di persone da un continente all’altro.  
Mi fece un esempio, per rendere chiaro il concetto.
Disse: come in un sistema di vasi comunicanti anche tra le Nazioni avviene un travaso, la gente si sposta dove c’è spazio e ci sono servizi.
E’ naturale che sia così.  
Risulta quindi evidente che c’è l’esigenza di intervenire in loco per spiegare a quelle popolazioni come disciplinare la loro crescita demografica, oltre che contribuire a migliorarne le condizioni di vita e a porre fine alla politica di sfruttamento perpetrata da Nazioni neo schiaviste che ancora portano avanti una politica di sfruttamento di tipo imperialista.
Altra possibile modo di intervenire è quello di impegnare gli Stati ad una reale collaborazione e ad un efficace controllo delle frontiere, ritenendoli, responsabili delle spese che il rimpatrio dei clandestini comporta. Impegnarli nella parte economica potrebbe essere un altro efficace metodo di pressione.
Qualcuno potrà sostenere che gli Stati non vorrebbero fare fronte all’eventuale richiesta di risarcimento, se così fosse allora scatterebbero le sanzioni internazionali.
Queste sì che avrebbero senso, non quelle imposte a Stati sovrani (la Siria, per esempio) che lottano contro la sovversione internazionale.
E’ ovvio che tutto ciò, da solo, non basta.
Bisogna avviare contestualmente, assieme a queste iniziative di contrasto verso l’afflusso indiscriminato di stranieri sul nostro territorio, tutta una serie di iniziative tendenti alla salvaguardia delle nostre tradizioni, della nostra lingua, della nostra identità nazionale.  
L’Italia, lo sappiamo, è flagellata da una crisi economica che, per durata e proporzioni, è oramai possibile considerare endemica.
Una politica di rilancio degli investimenti è il solo modo che conosciamo per uscire da questa drammatica situazione.
Va bene il taglio delle spese, ma a questo deve fare sponda una seria programmazione d’infrastrutture che abbiano stretta relazione con le esigenze dei territori, che non siano castelli in aria o chimeriche promesse impossibili da realizzare, che servano ad ammodernare la Nazione e a creare occupazione.
Produrre lavoro è la sola strada che sappiamo immaginare per creare crescita e sviluppo economico.
Produrre lavoro significa individuare settori d’investimento per grandi opere pubbliche e favorire la rinascita delle attività nel settore privato, bloccando la delocalizzazione delle aziende, favorendo e sostenendo l’imprenditoria italiana, allo stato fortemente mortificata da accordi e leggi che, di fatto, ne impediscono la competitività sui mercati interni e internazionali.
Individuare quindi, nel settore degli interventi pubblici, delle opere che abbiano una ricaduta in termini di servizi e fruibilità. Non opere faraoniche di difficile realizzazione e che, in alcuni casi, contrastano con le esigenze di reale sviluppo del territorio.
Siamo stati e siamo molto critici, per esempio, a ogni fantasiosa ipotesi di costruzione del ponte sullo stretto, la cui realizzazione non crediamo sia funzionale a una politica di sviluppo dell’isola.
Intanto avrebbe un impatto ambientale notevolissimo e, per chi, come noi siciliani, vuole programmare il proprio sviluppo puntando su turismo e ambiente, la cosa avrebbe risvolti catastrofici, ricordiamo che da non molto tempo l’Etna è stato dichiarato Patrimonio dell’Unesco e si aggiunge alle altre perle già esistenti (la città barocca di Noto, l’Area archeologica di Agrigento, la villa del Casale a Piazza Armerina, le Isole Eolie, Siracusa, la Necropoli di Pantalica).
Poi anche perché, il ponte, non gioverebbe all’economia isolana. Non è pensabile, nel XXI secolo, che le merci debbano essere trasportate su gomma.
Ciò per i tempi, gli alti costi e per l’impatto ecologico che esso comporta.
In ultimo, ma questa è una mia personalissima motivazione, per una sorta di romantico sentimentalismo; siamo isola, vogliamo restare isola.
Vanno invece potenziati e ammodernati i porti e gli scali aeroportuali, facilitando il movimento aereo e marittimo a fronte di quello terrestre.
I collegamenti interni dell’isola sono da medioevo, città capoluogo di provincia sono difficili da raggiungere, spesso collegati da una sola arteria stradale importante.
Le tratte ferroviarie, quando ancora in uso, sono a un solo binario, tracciate su percorsi vetusti che abbisognano di notevoli opere di ammodernamento, così come le strade interne sono lasciate nel più assoluto abbandono da parte degli Enti preposti alla loro manutenzione.  
La pesca, un comparto importantissimo per l’economia siciliana e nazionale, deve essere tutelata nel suo esercizio, trovando accordi seri con gli Stati rivieraschi ed eventualmente con l’ausilio della nostra Marina Militare, e nei mercati favorendone il commercio e l’esportazione.
Altro settore che va rilanciato è senza dubbio quello agricolo, sappiamo come una volta l’isola fosse il granaio d’Italia, adesso le poche produzioni di qualità, voglio ricordare l’uva di Mazzarrone, le arance rosse di Sicilia, il pistacchio di Bronte, i prodotti ortofrutticoli di Vittoria, trovano difficoltà ad affermarsi in un mercato sempre più regolato dal “prezzo” e mai dalla “qualità” e condizionato da accordi internazionali -CETA (grano), MAGREB (pomodori, olio, frutta secca), ISRAELE (pompelmi, ananas), Ecc.. assolutamente esiziali per il comparto agricolo.
Questi criteri, che abbiamo indicato per la Sicilia, regione dalla quale io provengo, devono essere la regola per ogni progetto di sviluppo della nostra economia, ovviamente rapportandoli alle varie realtà territoriali della Nazione.
Una Nazione i cui cittadini si sentono sicuri e che hanno una prospettiva di sviluppo economico è una Nazione in cui la crescita sociale non è più un miraggio ma una certezza assoluta.
La sicurezza attiene sì al controllo del territorio da parte delle Forze dell’ordine, ma non solo.
La lotta alla delinquenza si articola in più punti e va diversificata.
E’ indubbio che un ruolo importante debba svolgerlo la scuola che, assieme alla famiglia, è l’Istituzione vocata alla formazione delle giovani generazioni.
Dicevamo che la lotta alla criminalità non può essere solo un fatto di polizia.
Benito Mussolini, in un discorso sulla mafia tenuto in Parlamento il 26 maggio 1927, disse: “Qualcuno mi domanderà: quando finirà la mafia? Finirà non solo quando i mafiosi non ci saranno più, ma quando il ricordo della mafia sarà scomparso definitivamente dalla memoria dei siciliani”.
A significare che la delinquenza organizzata oltre ad essere un problema di ordine pubblico è, soprattutto, un fatto culturale.
Ma si è sicuri, soprattutto, quando si è padroni in casa propria.
La nostra opposizione al MUOS di Niscemi, per esempio, ha, oltre al timore per la salute dei siciliani, anche quest’aspetto che non è secondario.
Noi rifiutiamo il ruolo di Stato coloniale in cui i governi italiani, dal dopoguerra ad oggi, hanno tenuto la Nazione.
Ci opponiamo fortemente alla costruzione in Sicilia di uno strumento di guerra che non serve alla difesa della nostra Patria, non serve come deterrente bellico, non serve nel momento in cui non c’è più il Muro di Berlino, ma serve solo a favorire gli americani nella loro politica d'esportazione della democrazia a suon di bombe; All’affermazione del loro principio del Destino Manifesto.
Rivendichiamo con forza il diritto all’autodeterminazione, ed in quest’ottica rilanciamo con ancor maggior forza la volontà di uscire dalla NATO, per dare vita ad un organismo di collaborazione militare tra le Nazioni europee.
Uno strumento che non sia funzionale alla politica imperialistica di una Nazione a discapito di altre, ma garanzia di pace tramite il bilanciamento delle forze internazionali, espressione di un’Europa delle Nazioni, informata all’Idea di Filippo Anfuso, che per primo teorizzò la creazione di un blocco equidistante, allora, dal Patto di Varsavia e dalla NATO. Uno strumento che ci garantisca e tuteli nei futuri scenari politici mondiali che riguarderanno il controllo dell’acqua e degli Ogm, le vere sfide per la sopravvivenza nel terzo millennio.
Più recentemente si è dato vita, sotto l’autorevole presidenza dell’avv. Carlo Morganti, ad un comitato nazionale per una Nuova Europa, che ha lo scopo di promuovere iniziative di sensibilizzazione per una coscienza Europeista, nel solco del progetto missino.
Parimenti, credo sia indispensabile ricreare un organismo importantissimo per la diffusione del nostro progetto che in passato è stato l’Istituto di Studi Corporativi (Gaetano Rasi).
Bisogna riattivarlo, perché fondamentale strumento di conoscenza e di promozione, individuando personalità nel campo della cultura e dell’economia che possano contribuire alla diffusione dell’Idea corporativa.
Nell’immediato, un Movimento che vuole essere avanguardia e punto di riferimento dei lavoratori non può prescindere da un rapporto organico con il mondo sindacale, ecco l’esigenza di aprirsi a contatti con le sigle che per linea politica siano riconducibili al nostro progetto e nel caso ciò non fosse possibile, bisognerà favorire la nascita di un sindacato “nostro” che ci consenta di essere protagonisti a fianco dei lavoratori in lotta.
Ricordiamo che se è stato possibile abolire l’Art. 18, ciò è stato per il tradimento dei sindacati esistenti, tutti, nessun escluso.
Altro comparto nel quale dobbiamo impegnarci è quello della riforma della giustizia e degli organismi che la supportano.
Casi come quelli cui da sempre assistiamo, la spartizione con il manuale Cencelli degli incarichi con la seguente sottomissione di parte della magistratura ai partiti politici, non devono più essere possibili.
Dovremo perciò anche in questo settore fare delle proposte serie e alternative.
Io credo sia fondamentale  procedere alla separazione delle carriere dei magistrati, ed esattamente bisogna eliminare l’unica carriera dei magistrati e, al suo posto, prevedere la carriera dei magistrati requirenti (Pubblico Ministero) e dei magistrati giudicanti (Giudici).
Ciò soprattutto al fine di garantire una posizione terza (equidistante tra P.M. e imputato) del giudice nel settore penale e una maggiore specializzazione del magistrato.
Bisogna riformare, altresì, il Consiglio Superiore della Magistratura in modo tale da eliminare le incrostazioni politiche, così come bisogna prevedere, tra l’altro, una concreta responsabilità civile del magistrato (allo stato sussiste una legislazione che prevede tale responsabilità, che, però, è farraginosa e sostanzialmente rende molto difficile esercitare tale azione di responsabilità) e il divieto di svolgere attività politica.
Le varie modifiche ai codici processuali non hanno sortito risultato alcuno nella velocizzazione dei tempi del processo perché, soprattutto, difetta il personale (magistrati, cancellieri etc.).
Occorre, quindi, che sia impinguato fortemente l’organico se si vuole migliore l’amministrazione della giustizia, altrimenti ogni modifica naufragherà per l’impossibilità della sua pratica applicazione.
Questi sono alcuni dei temi che il MSFT fa propri per elaborare le proprie strategie politiche.
Queste nostre posizioni devono essere portati all’esterno e per farlo, noi che non abbiamo accesso ai mass media, dobbiamo riappropriarci delle piazze.
Non ho critiche da muovere a nessuno ma è un fatto che, noi che siamo Movimento, abbiamo progressivamente abbandonando le piazze, scoraggiati, forse, dal fatto che poche erano le persone che ci ascoltavano.
Invece bisogna tornarci, trovare il modo di fare sventolare le nostre bandiere, renderci visibili ed essere propositivi.
Il MSFT che intendo contribuire a disegnare avrà come primo impegno il ritorno nelle Piazze, tra la gente.
Comizi, banchetti, giornali parlati, comunicati stampa devono essere una costante della nostra azione politica.
Se non ci fanno arrivare alla gente mediante i media noi ci arriveremo in modo diretto, con la presenza fisica, col dialogo.
Sappiamo di non avere grandi possibilità economiche ma abbiamo una risorsa che nessun’altra forza politica può vantare, i nostri militanti.
Saranno loro, i giovani missini, a essere il traino del Movimento tutto. I nostri ragazzi che, come diceva Benito Mussolini: vogliamo raccolgano la nostra fiaccola, si infiammino della nostra fede e siano pronti e decisi a continuare la nostra fatica.
Un Movimento che nel terzo millennio vuole essere artefice della politica nazionale non può prescindere da alcuni metodi di comunicazione che la moderna tecnologia  mette a disposizione.
Quindi, oltre ai tradizionali sistemi di comunicazione, comizi, manifesti, volantini, banchetti, interventi su giornali e televisioni, come già detto prima, c’è da considerare la grande novità che in questo campo offre internet.  Blog e Social sono sempre più visitati dagli italiani e dai giovani particolarmente.
Un corretto e incisivo utilizzo di questi potenti sistemi, che tra l’altro sarebbero a costo zero, credo sia indispensabile.
Dicevo prima, che il Movimento non ha grandi risorse finanziarie, ed è a proposito delle finanze del Movimento che ribadisco, cosa tra l’altro che faccio ciclicamente a ogni Comitato Centrale, la necessità di attivare una forma di contribuzione volontaria che si affianchi al tesseramento, allo stato unica fonte di acquisizione di denaro.
Già avevo presentato in CC uno studio di massima su come realizzarlo, non fu ritenuto idoneo, ma da allora nulla è stato proposto in sua sostituzione.
Io constato solo che altre formazioni politiche ricorrono a sistemi simili a quello che suggerisco e riescono ad ottenere delle contribuzioni.
Finanziariamente siamo con l’acqua alla gola e ci permettiamo di non attuare questo sistema di raccolta fondi.
Dovremo provvedere nel più breve tempo possibile.
Noi Missini abbiamo un Progetto politico che nessuno ha; abbiamo una capacità di prospettare soluzioni che ci rendono unici nel panorama politico nazionale e oltre; abbiamo una classe dirigente preparata e volitiva; abbiamo giovani meravigliosi per dedizione e spirito di servizio, dobbiamo solo convincerci noi di tutto questo e dotarlo dei mezzi necessari per trasformarlo in azione concreta.
Abbiamo una classe dirigente di prim’ordine, capace di confrontarsi con chiunque su qualsiasi tema, capace di analisi e proposte assolutamente innovative e originali.
Con questi dirigenti intendo collaborare dando vita a un Movimento dinamico che sappia trasformare in azione politica gli input che verranno dall’attualità politica.
Una Classe Dirigente che va, comunque, costantemente riqualificata.  
A tal fine, io ritengo, devono essere riprese e rilanciate le scuole di formazione dei Quadri.
Già in passato questo è stato fatto e i risultati sono stati eccellenti.
E’ innegabile che le generazioni che si sono formate ai tempi dei famosissimi campi Hobbit, ma non solo quelli, sono poi stati Dirigenti di alto spessore.
Nel recente passato in Sicilia abbiamo fatto questo esperimento, ricordo che contribui come relatore, tra gli altri, Giovanni Salvaggio.
Dobbiamo smetterla con l’autocommiserazione, il Movimento Sociale dovrà da domani, anzi da oggi, partire all’attacco, saranno gli altri, gli avversari politici, i falsi amici, il Sistema, saranno loro a doversi preoccupare; non noi!
Ho cercato di non essere retorico, spero di esserci riuscito, avrei fatto torto alla vostra intelligenza se avessi formulato facili promesse di riscatto, se vi avessi spinto, sull’onda dell’emotività a sognare un Movimento Sociale, nell’immediato, assoluto protagonista delle vicende politiche italiane.
Ho voluto, invece, rappresentarvi il particolare momento che il Partito sta vivendo, perché è dalla consapevolezza della realtà che si può ripartire e, passo dopo passo, fare del MSFT un grande Partito, non solo per il Progetto politico ma anche per il riscontro elettorale.
Un Movimento che senza rinnegare alcunché sappia guardare avanti, impegnato nella realizzazione di un corporativismo possibile, il corporativismo del terzo millennio.
U Movimento Sociale coeso, con una guida capace, volitiva, che dia certezza di essere interprete indefesso dei contenuti statutari e dei deliberati congressuali..
Un capo intelligente, colto, onesto intellettualmente, come altri abbiamo avuto in un passato oramai lontano.
Una guida, un condottiero, un Segretario, che io indico in Attilio Carelli.
Grazie.
Mario Settineri
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paoloxl · 5 years
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di Nadia G. Chi sono i promotori del convegno sul ddl Pillon contestato da Non Una di Meno a Roma, le anime di destra che si autoproclamano “garanti” della famiglia? Giovedì 31 Gennaio, Non Una di Meno ha contestato il senatore Pillon durante un convegno dedicato all’affido condiviso e organizzato dal gruppo consiliare della Lega del Municipio I. Come tutti sanno, durante la contestazione alcuni dei presenti hanno aggredito le attiviste prendendole a spintoni e urlando epiteti come «zocc**e» o allusioni al numero dei loro «amanti» (come se, la vita sessuale delle presenti fosse affare loro). Quello che forse non si sa, è chi siano queste persone che si autoproclamano “garanti” della famiglia. Innanzitutto, parliamo di William De Vecchis, promotore dell’evento, ex consigliere comunale di Fiumicino strettamente legato al circolo neofascista 2punto11, la più importante dependance dell’organizzazione Foro 753 (2.11, ovvero la seconda e l’undicesima lettera dell’alfabeto: B ed M., iniziali di Benito Mussolini), un gruppo che nel 2006 fu al centro delle contestazioni per l’omicidio per mano fascista di Renato Biagetti. Un gruppo che non esita a definire l’antifascismo «ritardo mentale» e probabilmente proprio perché, tra un camerata e l’altro, fascisti lo sono veramente. Ma sempre de Vecchis fu anche, tra le altre cose, diretto promotore nel 2004 di un ordine del giorno in sede consiliare del comune di Fiumicino per intitolare una piazza al gerarca fascista Ettore Muti. Ma non finisce qua, arriviamo ad un altro degli organizzatori, l’uomo che ha di fatto aggredito l’attivista la cui “colpa” era tenere in mano un piccolo striscione con scritto «Giù le mani dalle donne». Ex centurione, Alessandro Vallocchia è (quanto meno è stato) il portavoce del fantomatico Comitato di Difesa Esquilino-Monti, assieme ad Augusto Caratelli, altro organizzatore dell’incontro, già candidato con Polverini e Pirozzi, uno del Popolo della famiglia. Durante l’amministrazione di Alemanno queste persone sono state promotrici di ronde “antidegrado” (leggi anti stranieri) nel quartiere Esquilino, assieme a Forza Nuova e Militia Christi, un’avanguardia del modello di “giustizia fai da te” che oggi sembra sempre più prossimo a diventare un fatto consuetudinario. Tra le campagne del fantomatico Comitato meritano una menzione l’esposto contro il centro culturale interreligioso di via di San Vito e l’Operazione mazzaferrata con cui incitavano ad atti di vandalismo e di aggressione verso i commercianti (e non solo) stranieri . È proprio in questo periodo che nasce il tristemente noto fenomeno dei Bangla Tour, ovvero i pestaggi premeditati contro i lavoratori bengalesi da parte di esponenti di gruppi neofascisti, episodi di quotidiano razzismo che non sono mai cessati e di cui si parla sempre meno. Di là dai passati e dei presenti torbidi di questi personaggi, bastano l’aggressione di ieri e forse le emblematiche frasi pronunciate dallo stesso Augusto Caratelli, «non esistono i maltrattamenti in famiglia» e «ma se provocate vi credo che siamo violenti» a far riflettere sulla natura della proposta di legge del ministro Pillon e dei suoi seguaci, e su come questa, se approvata, riporterebbe indietro di decenni il diritto di famiglia e la legislazione in fatto di violenza domestica e tutela dei minori.
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con-una-lettera · 6 years
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Sibilla Aleramo a Elio Fiore
S.l., 5 dicembre 1959
Elio, ho la tua cartolina del I corr. Vedo che tu non sai (come mai?) della mia malattia, e come io mi senta più di là che di qua, da molte settimane: ho sospeso la cura ordinata dal “grande Frugoni”, ogni medicina mi nausea e non so come tutto questo finirà. Se tu m’incontrassi non mi riconosceresti. Viceversa, Elio straordinario, tu non mi scrivi nulla di te, mentre io aspetto notizie sulla tua nuova sistemazione, se sei contento o no, se hai molto o poco lavoro, se hai una stanzuccia tutta per te, o se dormi in camerata come se fossi ancora soldato; e se hai già trovato degli amici, e se i superiori sono gentili, ecc. ecc. insomma tutto quello che un’amica desidera sapere anzitutto, mentre tu pensi invece unicamente alla poesia (la quale, se esiste, a suo tempo si manifesta). Strano Elio! Cerca di rimediare presto. Io non so se e quanto potrò assicurarti dal canto mio […] Ci rivedremo mai? So che mi ricorderai. Oggi ti abbraccio, con tutto il mio affetto.
Sibilla
P.s.: “Quelli che vivono son quelli che lottano: sono quelli cui un fermo destino colma l’anima e la fronte, quelli che per alto destino salgono l’aspra cima, quelli che marciano pensosi, verso una meta sublime avendo dinanzi agli occhi di continuo, notte e giorno, o qualche santo lavoro o qualche grande amore”.
Sibilla Aleramo nasce ad Alessandria il 14 agosto 1876. Presto si stabilisce con la famiglia a Civitanova Marche dove, con matrimonio riparatore, sposa a quindici anni un giovane del luogo. Nel 1901 abbandona marito e figli iniziando, come lei stessa amava dire, la sua “seconda vita”. Conclusa una relazione sentimentale con il poeta Damiani, si lega a G. Cena ma, dopo la crisi con quest’ultimo, inizia una vita errabonda che la avvicina a Milano e al movimento Futurista, a Parigi e ai poeti Apollinaire e Verhaeren, infine a Roma e a tutto l’ambiente intellettuale ed artistico di quegli anni (qui conosce Grazia Deledda). Durante la prima guerra mondiale incontra Dino Campana e con lui inizia una relazione complessa e tormentata. Nel 1936 conosce il giovane Matacotta, a cui resta legata per 10 anni e di questo periodo — la sua “quarta esistenza” — lascia testimonianza nel diario che l’accompagnerà fino alla morte, che avverrà a Roma nel 1960, dopo una lunga malattia.
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johbeil · 2 years
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Allá en el rancho grande 
Camerata Nuova, Lazio, Italy. This town and its surroundings were used in a number of spaghetti Westerns, mostly by Sergio Corbucci, which supposedly took place somewhere in the American West or Mexican/American border area. Olympus 35RC on Rollei IR400 B&W film.
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lamilanomagazine · 4 months
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Ancona, il festival del pensiero plurale
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Ancona, il festival del pensiero plurale Si intitola "Percorsi d'Amore", la nuova edizione del Festival del Pensiero Plurale, che prende il via venerdì 19 febbraio con la lectio di Vito Mancuso, filosofo, teologo e scrittore tra i più apprezzati, particolarmente legato alla rassegna filosofica Le parole della filosofia che nel 2024 compie 27 anni, confermandosi come il più longevo festival di filosofia presente nel panorama italiano. Nel corso di una conferenza stampa, convocata stamane a Palazzo Camerata, è stata presentata la prima tranche del programma, che si concluderà lunedì 4 marzo. Sono in calendario tre incontri con i filosofi, a cura di Antonio Luccarini, all'Auditorium della Mole Vanvitelliana di Ancona (ore 21,15): lunedì 19 febbraio con Vito Mancuso, “Amore sacro e amore profano”; giovedì 29 febbraio con Paolo Ercolani “I dubbi dell'Amore: demone o idolo?”; lunedì 4 marzo con Angelo Spina, Arcivescovo di Ancona-Osimo “Agape: la nozione di amore nel cristianesimo”. Sempre con Antonio Luccarini sono previsti due appuntamenti con la Biblioteca Filosofica, incontri con gli autori che si terranno al Museo Tattile statale Omero alle 17,15 di giovedì 29 febbraio: Stefano Simoncelli “Sotto falso nome” ed. Pequod e Luigi Ferrari “Il Cenacolo di Shakespheare” ed. Il Melangolo. Tutte le iniziative sono a ingresso libero fino a esaurimento posti. Per informazioni: [email protected]; [email protected] Sono intervenuti alla presentazione del programma l’assessore alla Cultura, Anna Maria Bertini, Antonio Luccarini, direttore artistico, Francesca Di Giorgio, "Lirici Greci", responsabile comunicazione visiva, Maria Ausilia Gambacorta, presidente associazione "Forma Formante", Filiberto Manzoni, Fondazione Alberto Corinaldesi, Roberto Trignani, Presidente Rotary Club Riviera del Conero, Serenella Spaccacaniccia, Presidente Rotary Club Ancona, Distretto 2029, Aldo Grassini, presidente del Museo Statale Tattile Omero; Cristina Gorajiski e Bona Finocchi rispettivamente presidente e vice presidente sezione Ancona Riviera del Conero del BPW Italy Fidapa . Sostengono l'iniziativa, patrocinata dal Comune di Ancona e dalla Regione Marche, l'Università Politecnica delle Marche, Criluma Viaggi, AssiAdriatica. UnipolSai- Ancona, Jesi, Osimo, Fidapa, BPW Italy-Sez. Ancona-Riviera del Conero, SFI Società Filosofica Italiana Ancona, Grand Hotel Palace, Fogola libreria. DICHIARAZIONI “La Mole ha iniziato un suo percorso filosofico che sta proseguendo con il Festival del Pensiero Plurale importante per la storicità che riveste perché è stato il primo festival nel panorama italiano per un oltre un quarto di secolo. Incontri a vari livelli e parcellizzati anche nel territorio permettono che la cultura entri sempre di più nella vita della città creando un matchting forte e importante tra ciò che viene proposto e ciò che viene recepito. Ringrazio Giancarlo Galeazzi ideatore del festival, il professor Luccarini direttore artistico e tutti gli sponsor che hanno permesso questa iniziativa” ha affermato l'assessore alla Cultura del Comune di Ancona, Anna Maria Bertini. “Iniziato nel 1997, il Festival del Pensiero plurale non è mai stato luogo ideologico ma ambito dove la filosofia indagava e indaga se stessa con le voci più importanti. Così avviene anche quest'anno. Ringrazio tutti coloro che hanno voluto sostenere questa edizione 2024” ha dichiarato il professor Antonio Luccarini, direttore artistico. “Siamo stati i primi in Italia a portare il filosofo sul palco e favorire un confronto diretto con la platea; quest'anno il Festival del Pensiero Plurale si allarga anche alla città con una iniziativa diffusa in diversi luoghi per rendere la manifestazione sempre più coinvolgente e condivisa” ha affermato Francesca Di Giorgio, "Lirici Greci", responsabile comunicazione visiva. “L'amore è il motore del mondo. Siamo in un momento in cui viviamo immersi nelle guerre che sono il contrario dell'amore. Il tema di quest'anno della manifestazione riguarda proprio l'amore e dobbiamo comprendere che amore è pace che nasce già dalla famiglia per poi spostarsi, via via, fino alle nazioni” ha spiegato Aldo Grassini, presidente del Museo Statale Tattile Omero. “Riteniamo questa iniziativa di rilievo per Ancona; dare risalto al pensiero filosofico in questo momento storico è importante per una lettura dell'essere umano e della vita sociale nuova che non possiamo trascurare” ha asserito Serenella Spaccacaniccia, Presidente Rotary Club Ancona, Distretto 2029. “I Rotary hanno voluto sostenere questo progetto per dare un evento culturale e di spessore alla nostra città” ha sottolineato Massimiliano Olivieri per il distretto Rotary 2090. “Condividiamo lo spirito che anima questa manifestazione e siamo felici di parteciparvi e sostenerla” ha affermato Filiberto Manzoni, Fondazione Alberto Corinaldesi. “Ci sta molto a cuore il concetto dell'amore che è vissuto anche in maniera negativa; noi vogliamo invece rilanciarne una immagine positiva: non esiste soltanto l'amore malato, che fa male che umilia...invece esiste un sentimento nobile che va coltivato, che va stimolato a tutti i livelli, una educazione per i giovani ma anche per i più grandi” ha detto Maria Ausilia Gambacorta, presidente associazione "Forma Formante". “Amore e musica sarà la conferenza che cureremo a maggio e che proseguirà la serie di appuntamenti del festival” hanno annunciato Cristina Gorajiski e Bona Finocchi rispettivamente presidente e vice presidente sezione Ancona Riviera del Conero del BPW Italy Fidapa FESTIVAL DEL PENSIERO PLURALE 2024 Le Parole della Filosofia Rassegna ideata da Giancarlo Galeazzi e diretta da Antonio Luccarini 27° edizione: “Percorsi di Amore” Heidegger sostiene che Eros-Amore guida il movimento del pensiero e gli assegna le ali permettendone il volo: ogni passo essenziale sul piano speculativo trova nell’amore la sua forza generativa. Alla molteplicità delle riflessioni, dei punti di osservazione, delle diverse strategie di approccio al tema indicato, intende far riferimento la pluralità espressa dal titolo della programmazione degli incontri filosofici della nostra rassegna che, giunta alla 27° edizione, si conferma come il più longevo Festival di Filosofia presente nel panorama nazionale italiano. La portata devastante della crisi sistemica, che assedia il presente sul piano dei valori, degli equilibri ecologici, delle stabilità economiche, sociali e politiche, apparentemente sembrerebbe relegare il tema dell’amore al margine del dibattito speculativo, vista la drammaticità delle urgenze che chiedono, non soltanto approfondimenti, ma, soprattutto soluzioni improcrastinabili. Ma se è vero che con la filosofia il vivere interroga se stesso, occorre ammettere che le domande più pressanti riguardano proprio eventi fondamentali come appunto è l’Amore. In verità le forme che definiscono la contemporaneità, nel trionfo della tecnologia, nelle emancipazioni conquistate negli ambiti sessuali, socio-economici e culturali, ci consegnano una concezione dell’amore del tutto inedita rispetto al passato: l’amore liberato dai vincoli sociali imposti dalla tradizione si manifesta nel presente come lo spazio principale per la realizzazione dell’individuo, per le sue scelte più intime e per l’affermazione della sua identità, proprio in relazione con l’altro. Il Festival sarà così strutturato: gli LE PAROLE DELLA FILOSOFIA -Incontri con i filosofi, alle 21.15 nell’Auditorium della Mole Vanvitelliana (in sostituzione del Teatro Sperimentale); nella ricognizione di quest’anno avremo il sostegno delle autorevoli, quanto eterogenee, voci di: Vito Mancuso, Paolo Ercolani, Angelo Spina, Marcello Veneziani, Diego Fusaro, Roberto Mancini, Alberto Maggi. Continua con pillole di novità A SCUOLA DI FILOSOFIA anche in questo caso con una pluralità di voci, che si avvicenderanno nelle aule della Facoltà di Economia e Commercio alle 17.15 Torna il Debate filosofico con gli studenti del Liceo Scientifico “Savoia Benincasa” di Ancona, e torna su un tema, a cui i giovani sono particolarmente sensibili, quello dell’amore, che nell’incontro che si terrà a marzo nell’aula magna dell’Istituto di via Marini, quando l’amore sarà presentato sotto il titolo “Eros e/o agape?”. Queste due forme dell’amore sono viste non in alternativa fra loro (eros aut agape), che è l’impostazione più usuale, ma nella loro complementarietà (eros et agape), per dire che c’è bisogno dell’una e dell’altra: tanto dell’amore desiderio (eros) quanto dell’amore dono (agape). Come in ogni debate, anche in questo si presenteranno i pro e i contra per l’una e per l’altra forma di amore, a partire dalla convinzione che non si tratta di scegliere l’una ovvero l’altra ma di avvertire la bellezza dell’una e anche dell’altra, perché sono modalità diverse di vivere l’amore e ciascuna è valida se non pretende di essere totalizzante, cioè di essere l’unica espressione dell’amore. Una novità di quest’anno è LA BIBLIOTECA FILOSOFICA – incontri con autori italiani – una sorta di incursioni urbane in vari luoghi della città tra Musei, Biblioteche, Librerie, Spazi privati. I primi due autori invitati ad inaugurare la prima parte saranno Stefano Simoncelli con il libro Sotto falso nome (ed. Pequod) finalista alla prima edizione del “Premio Strega” per la poesia 2023 e Luigi Ferrari con il suo libro Il cenacolo di Shakespeare ed. Il Melangolo. Nella sua quadruplice articolazione, il Festival vuole essere quello che è sempre stato: un esercizio del pensiero all’insegna del pluralismo, un invito alla riflessione su questioni oggi disputate, una occasione di confronto teoretico aperto a tutti nella consapevolezza che la filosofia non è solo una attività professionale per alcuni e una materia scolastica per altri, ma è anche il luogo privilegiato per una esperienza dialettica e dialogica, che trova nella società democratica lo spazio per essere esercitata. In particolare, l’ambizione del nostro Festival è quello di coltivare il rapporto della polis con il logos, senza trascurare l’ethos e il pathos, nella convinzione che la filosofia è chiamata a rendere avvertiti della complessità dell’essere persona. Così, grazie al sostegno di vari enti, in primis e da sempre il Comune di Ancona, il Festival ha permesso di “ritrovarsi insieme per ragionare” e di “incontrarsi per ragionare insieme”. Ad Ancona, città del commercio: delle cose ma anche delle idee. Tutti gli incontri sono ad INGRESSO LIBERO- fino ad esaurimento posti. LE PAROLE DELLA FILOSOFIA 27° Edizione ANCONA 2024 PRIMA PARTE Vito Mancuso, teologo laico e filosofo, è stato docente alle università San Raffaele di Milano e di Padova e attualmente insegna al master di Meditazione e Neuroscienze dell’Università di Udine. Ha fondato e dirige a Bologna il “Laboratorio di Etica”. Dopo aver collaborato per anni con Repubblica, dal 2022 è editorialista per La Stampa. È autore di numerosi saggi su argomenti quali la filosofia di Hegel, le malattie e il dolore, la natura di Dio, l’anima, l’amore, il pensiero, la libertà, le virtù cardinali, la bellezza, il coraggio, la paura, il senso della vita. In un ampio saggio ha presentato in sinossi le figure di Socrate, Buddha, Confucio e Gesù. Il suo pensiero si può complessivamente definire “filosofia della relazione”. L’ultimo libro è Non ti manchi mai la gioia (Garzanti 2023). Paolo Ercolani (Roma 1972) è filosofo dell’Università di Urbino «Carlo Bo», oltre che saggista e conferenziere. I suoi libri e articoli scientifici sono stati pubblicati in inglese, tedesco e portoghese, oltre che in italiano. Allievo di Domenico Losurdo, studia da molti anni le evoluzioni della società liberale, con particolare riferimento alle tematiche tecnologiche e pedagogiche. È tra i fondatori e membro del comitato scientifico dell’Associazione internazionale «Filosofia in Movimento» (www.filosofiainmovimento.it). Dopo aver collaborato per anni con «il Manifesto» e «MicroMega», oggi scrive per le pagine culturali del «Corriere della sera» e per «Il Fatto Quotidiano». Ospite dei più autorevoli festival culturali italiani e internazionali, è editorialista de «Il Resto del Carlino» e autore costante per «Rai Scuola», «Rai Filosofia» e «Rai Cultura». Il suo ultimo libro, «Nietzsche l’iperboreo. Il profeta della morte dell’uomo nell’epoca dell’intelligenza artificiale» (Il Nuovo Melangolo, 2022), è stato definito «geniale» da Sossio Giametta sul Domenicale de Il Sole 24 Ore. Mons. Angelo Spina (nato a Colle d’Anchise nel 1954), dopo essere stato vescovo di Sulmona-Valva, è stato elevato arcivescovo metropolita di Ancona-Osimo da papa Francesco nel 2017. Nel 2019 è stato eletto vice presidente della Conferenza Episcopale Marchigiana. Tra le sue pubblicazioni ricordiamo da Palumbi: In cammino verso l’amore. Un “sì” per amore, per sempre (2015), A piedi nudi. Il cammino di Francesco nelle Marche (2019), Una storia, una stella, una stalla. Tre parole dentro il Natale (2021); ricordiamo da Shalom Felici di credere. Noi crediamo (2021). Il 4 marzo svolgerà alcune riflessioni su l’agape cristiana, cioè su quella forma di amore come donatività che trova il suo modello in Gesù: “amatevi come io vi ho amato” che inaugura la nuova legge dell’amore evangelico. LA BIBLIOTECA FILOSOFICA Incontri con gli autori PRIMA PARTE Stefano Simoncelli è nato nel 1950 a Cesenatico ma da diversi anni vive ad Acquarola sulle colline di Cesena. Negli anni settanta è stato uno dei vitali redattori di Sul porto importante rivista di poesia e politica che ha avuto tra i suoi collaboratori i più significativi poeti del Novecento. Le sue pubblicazioni hanno ottenuto numerosi premi e riconoscimenti. Con il libro Sotto falso nome edito da Pequod; nel 2023 è stato finalista alla prima edizione del “Premio Strega” per la poesia. Luigi Ferrari nato a Milano vive attualmente a Pesaro. Laureato in Architettura si è anche diplomato in composizione polifonica e analisi musicale a Milano. Ha collaborato con il Piccolo Teatro di Milano, il Teatro alla Scala, il Festival Musica Contemporanea alla Biennale di Venezia. È stato Direttore e Sovrintendente al Teatro Comunale di Bologna, Direttore artistico del Rossini Opera Festival, del Wexford Festival Opera, del Teatro della Maestranza di Siviglia, sovrintendente Fondazione Toscanini e presiede l’Istituto Nazionale Studi Verdiani e l’Associazione Reggio Parma Festival. Il cenacolo Shakespeare edito da Il Melangolo è il suo secondo romanzo. L’Associazione Forma formante APS è stata costituita in data 20/05/52023 e attualmente è guidata da un consiglio direttivo costituito da cinque componenti: Maria Ausilia Gambacorta è presidente, Antonello Mariotti vicepresidente. L’associazione ha sede ad Ancona presso lo studio del suo presidente ed ha conseguito l’iscrizione al Registro Unico nazionale enti del terzo settore. Le finalità perseguite sono quelle di promozione delle attività culturali, artistiche o ricreative di interesse sociale, incluse attività anche editoriali, di promozione e diffusione della cultura. Nell’ottica di perseguire i propri scopi statutari ed, in particolare, di promuovere la cultura fondata sui valori quali l’universale accesso alla conoscenza, la solidarietà e il benessere delle persone come loro bisogno spirituale, l’Associazione pianifica eventi e promuove momenti di approfondimento educativi. Lirici Greci Comunicazione nasce nel 1987 ad Ancona. Lo studio sviluppa design strategico attraverso una consulenza creativa, con il suo team di designer grafici, architetti e fotografi, realizza idee, progetti di comunicazione, e segue i clienti in ogni fase di realizzazione. Segue il progetto del Festival del Pensiero Plurale da ventisei anni in collaborazione con il Prof. Giancarlo Galeazzi, ideatore e direttore scientifico delle “Parole della Filosofia” ed a “Scuola di Filosofia”; presidente onorario della Società Filosofica Italiana di Ancona; studioso di Jacques Maritain; docente emerito presso l’Istituto Teologico Marchigiano della Pontificia Università Lateranense ed autore di molteplici volumi sul pensiero filosofico e quaderni del Consiglio Regionale delle Marche. Nel 2017 il Festival del Pensiero Plurale vince il Premio AWDA – Aiap Women in categoria “Professioniste”, 2017  link ... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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ifattinews · 2 years
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Camerata Nuova, Un’altra spassosissima  serata con il Cabaret del Parco
Continua con un’ altra serata trionfale  la più importante rassegna itinerante di cabaret del centro Italia “Il Cabaret nel Parco”, manifestazione organizzata  dal Parco Naturale Regionale dei Monti Simbruini, che nella sua terza tappa è giunto nel Comune di camerata Nuova.  L’evento organizzato  dalla Pool Music Agency di Sebastiano Pullo, presentato dalla splendida Paola Delli Colli, ha visto…
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untitled42566 · 3 years
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Reati in calo anche a Jesi dove aumenta la presenza dei Carabinieri sulle strade
Reati in calo anche a Jesi dove aumenta la presenza dei Carabinieri sulle strade
Reati in calo anche a Jesi dove aumenta la presenza dei Carabinieri sulle strade JESI – E’ iniziato il 2021 ed i Carabinieri della Compagnia di Jesi, tracciano un bilancio dell’anno appena trascorso. Sul territorio il Reparto coordina l’attività di 10 Stazioni su 19 comuni (Jesi, Monsano, Camerata Picena, Chiaravalle, Monte San Vito, Morro d’Alba, San Marcello, Santa Maria Nuova, Staffolo, San…
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corallorosso · 5 years
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La Russia ha usato la Lega per iniettare il virus del neo-fascismo antiliberale e antieuropeista nella politica italiana Di Lorenzo Tosa C’è un passaggio, nella straordinaria inchiesta di Report sulla Lega andata in onda ieri sera, in cui Gigi Moncalvo, ex direttore della “Padania“, racconta di quando, nell’inverno 2003, voleva licenziare il suo allora giovane redattore Matteo Salvini per assenteismo e falso. “Aveva falsificato una nota di presenza e quattro note spese – ha dichiarato Moncalvo – Allora per due volte l’ho convocato e gli ho comunicato l’intenzione di volerlo licenziare”. La risposta di Salvini? A muso duro: “Tu passi, io resto. E, credimi, diventerò sempre più potente“. Sembra un particolare marginale, ma in realtà si tratta di un momento chiave all’interno di un reportage che mette a nudo i rapporti della Lega con alcuni dei più potenti e spregiudicati esponenti dell’internazionale sovranista che ha in Mosca la sua capitale e in Salvini la testa di ponte in Italia e in Europa. Cosa sa Salvini in quel momento? Chi conosce? Chi frequenta? È solo la sbruffonata di un giovane giornalista con molta ambizione e poca voglia di lavorare? Oppure quelle parole nascono da un preciso, inconfessabile, piano politico? In quegli anni Salvini non è l’unica personalità controversa che frequenta i corridoi della “Padania”. In una stanza appartata della redazione, tappezzata di simboli e foto naziste e immagini di Hitler, sta facendo carriera un altro giovane giornalista quasi omonimo di Matteo. Uno che non toglie mai la giacca scura, millanta improbabili rapporti e amicizie internazionali e ha l’abitudine di salutare chiunque sbattendo il tacco per terra e al grido di “camerata”. Quel fosco personaggio di nome fa Gianluca e di cognome Savoini e – sempre secondo Moncalvo – all’epoca era una specie di “compagno di merende” per Salvini. Che si ricorderà di lui, dieci anni dopo, quando diventerà segretario federale della Lega, chiamandolo come suo portavoce. È lui, Savoini – quello che il leader del Carroccio ha dichiarato più volte di non conoscere – l’uomo chiave della trasformazione della Lega da partito del nord federalista e secessionista a primo partito in Europa e punto di riferimento del sovranismo in Europa. Ed è sempre Savoini – secondo la ricostruzione di Report – ad avere introdotto l’ex comunista padano nelle alte sfere dei movimenti neo-nazisti e nazionalisti. Lui ad aver fatto da mediatore nella ormai famosa trattativa segreta tra i russi e la Lega all’hotel Metropol di Mosca, a cui avrebbe partecipato anche un uomo di fiducia di Aleksandr Gel’evič Dugin, politologo e filosofo tradizionalista russo considerato l’ideologo numero uno di Putin. La tesi di Report, documentatissima e rafforzata da documenti e interviste esclusive, è semplice. La nuova Lega targata Matteo Salvini che, dal 2013 in avanti, cambia il dna del partito delle origini e lo proietta migliaia di chilometri oltre le rive del Po, non è il frutto di un’intuizione estemporanea del nuovo segretario e di un pugno di strateghi ma la punta dell’iceberg di una strategia politica di infiltrazione su larga scala da parte degli ultraconservatori russi all’interno delle principali democrazie occidentali, utilizzando i nascenti partiti populisti e sovranisti come stargate per iniettare il virus del neo-fascismo antiliberale e antieuropeista nelle vene della politica italiana, ma anche quella francese, olandese, belga, di Visegrad, ovunque ci sia un terreno fertile su cui seminare. E non c’è un terreno più fertile della Lega di Salvini che sei anni fa si affacciava sul panorama italiano, a braccetto con i fascisti di CasaPound e Forza Nuova. La Lega di Salvini non è mai stata un partito ma un enorme container con cui trasportare clandestinamente germi e virus eversivi da iniettare nella società attraverso la porta principale. E Salvini il guitto ambizioso e senza scrupoli in grado di parlare alle masse e trasformarle in voti, un po’ come quello che, anni prima, era stato Beppe Grillo per Gianroberto Casaleggio. C’è una frase che, più di altre, ti colpisce nel corso della lunga inchiesta firmata dal bravissimo Giorgio Mottola. A pronunciarla è Konstantin Malofeev, l’oligarca russo proprietario del fondo Marshall Capital, a cui a un certo punto viene chiesto: “Perché la Lega? Perché è stata scelta proprio la Lega per attuare questo piano?”. La risposta è inquietante e, al tempo stesso, illuminante. “Semplice. Perché ha un livello socio-culturale molto basso“. Un livello così basso – spiega Malofeev – da essere penetrabile. Un terreno fertile su cui seminare. E, in fondo, se ci pensate, è tutto qui. La cultura come unico argine possibile del fascismo, del fanatismo, della deriva nazionalista. E la mente ritorna inevitabilmente a quell’inverno di 16 anni fa quando il giovane e quasi sconosciuto Salvini si può permettere di rivolgersi senza alcuna remora al suo allora direttore evocando, dieci anni prima, la sua futura ascesa e predicendo senza mezzi termini quello che poi sarebbe davvero avvenuto. Le cose sono due, anzi tre: o Salvini è un veggente; o un bullo molto fortunato; oppure sapeva cose di cui ancora oggi nessuno conosce contorni e dettagli, ma che prima o poi rischiano di deflagrare come una bomba nel cuore della politica italiana.
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Caro alle Muse: Luigi Marti da Ruffano a Pallanza
di Paolo Vincenti
  Il poeta salentino Luigi Marti nasce nel 1855 a Ruffano da Pietro ed Elena Manno. La sua era una famiglia della media borghesia delle professioni ma tuttavia indigente a causa dell’alto numero dei suoi componenti. Dovevano infatti pesare non poco sul magro bilancio famigliare quindici figli, come apprendiamo da alcune memorie inedite di Pietro Marti(1863-1933)[1], l’ultimo e il più noto dei suoi fratelli. Pietro infatti fu storico e giornalista, fondò e diresse molte riviste letterarie, ad alcune delle quali collaborò lo stesso Luigi. Esperto di arte e di archeologia, fu Direttore della Biblioteca Provinciale “Bernardini”di Lecce e nonno del famoso poeta Vittorio Bodini[2].
Altri fratelli furono: Donato, il primogenito, Giuseppe, Francesco Antonio, nato nel 1856, Maria Domenica Addolorata, nel 1858, Caterina, Raffaele, nato nel 1859, Pietro Efrem (che morì dopo 3 mesi) nel 1861. La loro fu una famiglia di letterati, a partire da Giuseppe, per il quale Pietro Marti, nelle sue memorie, ha parole di grande lusinga ed ammirazione, sebbene le condizioni di estrema povertà impedirono anche a lui di spiccare il volo verso la gloria artistica. Alfredo Calabrese, Le memorie di Pietro Marti cit., p.33.
Luigi trascorre gli anni della fanciullezza a Ruffano proprio sotto la guida del fratello maggiore Giuseppe, che però scompare prematuramente. A lui il poeta era molto legato, tanto da dedicargli la sua opera Un eco dal Villaggio. Dopo lo smembramento della famiglia (Pietro e Raffaele, per esempio, vennero condotti a Lecce in un orfanotrofio), Luigi, insieme ad Antonio e altri fratelli, si trasferisce a Maglie per gli studi ginnasiali presso il Liceo Capece e poi a Lecce presso il Liceo Palmieri, nel cui Convitto entra con la qualifica di “Prefetto di Camerata”[3], dove consegue il titolo di Dottore in Lettere. Oltre all’amore per la storia e lo scavo erudito, ha una notevole inclinazione per le arti visive, in particolare per il disegno, che però non estrinseca se non in bozzetti che restano manoscritti e nelle illustrazioni di alcune sue opere, arabescate da ornati e volute e piccoli quadrettini. L’amore per il disegno però si riflette nelle sue composizioni poetiche e nei romanzi, in cui si avverte una potenza espressiva che ha la stessa forza del colore sulle tavole pittoriche, specie nelle descrizioni paesaggistiche e degli spettacoli della natura, come dalla critica del tempo gli viene unanimemente riconosciuto. I suoi principali referenti letterari sono il Foscolo e il Carducci.
Maestro elementare a Lecce, con i fratelli Pietro e Raffaele fonda nel capoluogo nel 1884 una scuola privata, che era uno dei due ginnasi privati leccesi insieme a quello del Collegio Argento[4].
Nel 1880 pubblica una delle sue opere più apprezzate e conosciute: Un eco dal villaggio[5]. Quest’opera viene positivamente recensita dallo Stampacchia, da Nicola Bortone, ecc.  “In quei versi freme l’animo e l’ingegno di un giovane, che sente profondamente gli affanni del proletariato, e li rende in una forma, alcune volte, rude, ma sempre efficace e solenne”, scrive La Direzione (probabilmente il fratello Pietro Marti) nelle note biografiche del libro Il Salento[6]. L’opera è dedicata “alla memoria di mio fratello Giuseppe morto giovanissimo vissuto a bastanza per conoscere e patire”. Raccoglie poesie di alto impegno civile, in cui l’autore affronta temi come le raccomandazioni, i debiti contratti con gli usurai (“L’obligazione”), la prostituzione minorile, le sperequazioni della giustizia che si dimostra debole con i forti e forte con i deboli (“Ladro di campagna”), il riposo del contadino (“Il villano”). Nell’Introduzione, “A chi legge”, scritta dallo stesso autore, Marti fornisce dei cenni esegetici della propria poesia, alla quale è dedicata la liminare lirica della raccolta (“Alla Poesia”).
Egli è anche un apprezzato giornalista ed assidua è la sua collaborazione ai giornali diretti dal fratello Pietro Marti; in particolare la sua firma compare spesso su “La Voce del Salento”, insieme a quella dell’altro fratello, Raffaele, storico e scienziato, col quale condivide gli interessi eruditi[7]. La musa della poesia invece lo accomuna al fratello Antonio, autore di pregevoli opere liriche[8]. Nel1889, pubblica La Verde Apulia[9]. Nella raccolta, che si compagina di dodici sonetti, insieme ai versi, sono presenti molte note archeologiche, geografiche e storiche, sui luoghi che via via i componimenti toccano, e inoltre disegni illustrativi di mano dello stesso autore, sicché questo libro può essere considerato una summa del talento e delle conoscenze del Nostro. Canta di Leuca e del suo Faro, di Otranto, “Niobe delle città marittime”, di Maglie, dove erano sepolti un fratello ed il padre, di Lecce, “l’Atene delle Puglie”, di Brindisi, con le sue vestigia romane e il suo porto a testa di cervo, di Taranto, di Gallipoli, “molle Sirena’ del mar Jonio”, dei grandi personaggi che hanno illustrato il Salento, come il Galateo, Liborio Romano, Giuseppe Pisanelli. Sono versi che dai critici vengono accostati al Byron e al Foscolo per la loro vigoria ed icasticità.
Nel 1889 pubblica un’altra raccolta poetica, intitolata Liriche[10]. Nella prima pagina è riportato il titolo della Prima sezione, ovvero Odi (Strofe libere), con alcuni versi in epigrafe tratti dalle “Egloghe”(IV) di Virgilio: paulo maiora canamus. Si tratta di componimenti di carattere civile, dall’intonazione sostenuta, che si rivolgono ai principali protagonisti della scena pubblica italiana dell’epoca, a cominciare da Umberto I di Savoia, cui è dedicata l’esordiale lirica, occasionata dall’epidemia di colera che si verificò nel 1884, passando per Victor Hugò (“Nel giorno della sua morte”), Garibaldi (in “Monumento a Caprera. Visione”), e Giosuè Carducci, cui è dedicata “Per i caduti in Africa”. Seguono liriche di argomento salentino, dedicate a Castro, ai Martiri di Otranto, et alia.  Si apre poi la seconda sezione, Sonetti, fra i cui versi compaiono ancora personaggi di spicco dell’Italia postrisorgimentale, Garibaldi, Giuseppe Libertini, Giovanni Prati, ma anche personaggi ai quali l’autore si sente evidentemente consentaneo, come Giulio Cesare Vanini, che omaggia con due poesie, Antonio De Ferrariis Galateo, Liborio Romano e Giuseppe Pisanelli.
Accanto alle opere poetiche, produce opere di erudizione varia e disparati argomenti, come Ricordi delle conferenze del R. Provveditore agli Studi Francesco Bruni sulla Ginnastica Educativa, stampata a Lanciano, presso Rocco Carraba, nel 1881, in cui riprende le conferenze tenute dal Provveditore agli Studi della Provincia di Lecce Bruni, che in apertura di libro gli scrive una lettera gratulatoria.  Fra le altre opere: Umberto I di Savoia, che è una lunga lirica al Sovrano (nella copia conservata presso la Biblioteca Provinciale di Lecce, sulla prima pagina è scritta una dedica, di mano dell’autore: “Al chiarissimo Dottore Gaetano Tanzarella per stima ed affetto”)[11]; e poi ancora A Vittor Hugò[12], L’Africa a Giosuè Carducci[13], Manfredi nella Storia e nella Commedia dell’Alighieri,[14]Umberto I e la Verde Apulia[15], Manfredi nella Divina Commedia: Conferenza[16], Bonaparte e la Francia: nella mente e nelle opere di Ugo Foscolo[17]. Per motivi di insegnamento da Lecce si trasferisce a Pallanza, in provincia di Novara, dove si sposa e comunque non interrompe la sua attività letteraria.
 Nel 1891 esce Un secolo di patriottismo[18]. Nel 1896 è la volta di Il Salento. Poemetto lirico[19]. Questa sua fatica letteraria è pubblicata nella collana “Il Salotto Biblioteca tascabile”, edita da Salvatore Mazzolino e diretta da Pietro Marti, il quale in Appendice scrive delle Annotazioni in cui commenta i vari sonetti con approfondimenti storici e cenni di critica letteraria. Si tratta di un excursus storico sull’antico Salento, scritto in versi: l’autore tocca le città di Lecce, Brindisi, Taranto, Otranto, evocando le antiche vestigia e la gloriosa storia di queste città, e non mancano riferimenti a personaggi illustri del passato quali Vanini, Liborio Romano e Galateo.
Nel 1902 pubblica il poema Dalle valli alle vette Cantiche[20]. La copia conservata presso la Biblioteca Provinciale di Lecce, reca sull’antiporta una dedica autografa dell’autore a Cosimo De Giorgi, mentre la dedica a stampa recita: “A te che mi aleggi d’ intorno”. In epigrafe, subito dopo la dedica, è scritto: “Ho cercato alla profonda quiete delle valli, alla pura sublimità de le vette, il vigore necessario a spogliarmi delle vecchie consuetudini ed aprir l’anima a la nuova fede. Nelle Cantiche che pubblico, si riflette, con le impressioni della natura e della vita, il divenire della mia coscienza”. E la raccolta infatti si apre con “La mia arte”, quasi manifesto programmatico della poetica dell’autore. Il poema è diviso in sezioni: Valle Ossola, Valle Anzasca, Pestarena, Macugnaga, Ascensione, Tra i ghiacci, Valle del Mastellone, Riti e costumi, Valle Canobina, Emigrazioni, Valle Diveria, Ancora in alto, Inno alla natura, per un totale di 68 liriche.
Altre opere creative sono: Conflitto d’anime (Romanzo) e Verso Roma (Nuove cantiche), sulle quali non abbiamo ottenuto ancora riscontri. Inoltre scrive Orazioni, Discorsi, articoli, pubblicati in riviste e volumi miscellanei.
Da Pallanza, per motivi di lavoro, si trasferisce a Salerno, dove muore prematuramente all’età di 56 anni[21]. Questo, appena tracciato, è solo un primo parziale profilo bio-bibliografico del poeta di origine ruffanese, in attesa di ulteriori doverosi approfondimenti.
  Note
[1] Alfredo Calabrese, Le memorie di Pietro Marti, in “Lu lampiune” n.1 Lecce, Grifo, 1992, pp.27-34.
[2] Sulla figura dell’erudito Pietro Marti (1863-1933) esiste una cospicua bibliografia. Tra gli altri: Carlo Villani, Scrittori ed artisti pugliesi antichi, moderni e contemporanei, Trani, Vallecchi, 1904, p.578 (nuova edizione Napoli, Morano, 1920, pp-137-138); Domenico Giusto, Dizionario bio-bibliografico degli scrittori pugliesi (dalla Rivoluzione Francese alla rivoluzione fascista), Bari, Società Editrice Tipografica, 1929, pp.187-188; Aldo de Bernart, Nel I centenario della nascita di Pietro Marti, in “La Zagaglia”, Lecce, n. 21, 1964, pp.63-64; Pasquale Sorrenti, Repertorio bibliografico degli scrittori pugliesi contemporanei, Bari, Savarese, 1976, pp.375-376; Ermanno Inguscio, La civica amministrazione di Ruffano (1861-1999). Profilo storico, Galatina, Congedo, 1999, pp.174-175; Paolo Vincenti, Pietro Marti da Ruffano, in “NuovAlba”, dicembre 2005, Parabita, 2005, pp-17-18; Aldo de Bernart, In margine alla figura di Pietro Marti, in “NuovAlba”, aprile 2006, Parabita, 2006, p.15; Ermanno Inguscio, Vanini nel pensiero di Pietro Marti, in “Note di Storia e Cultura Salentina”, Società Storia Patria Puglia, sezione di Maglie, n. XX, Lecce, Argo, 2009, pp.137-148;Idem, Pietro Marti direttore di giornali, in “Terra di Leuca. Rivista bimensile d’informazione, storia, cultura e politica”, Tricase, Iride Edizioni, a. VII, n. 39, 2010, p. 6; Idem, L’attività giornalistica di Pietro Marti, in “Note di Storia e Cultura Salentina”, Società Storia Patria Puglia, sezione di Maglie, n. XXI, Lecce, Argo, 2010-2011, pp.227-234;Idem, Il giornalista Pietro Marti, in “Terra di Leuca. Rivista bimensile d’informazione, storia, cultura e politica”, Tricase, Iride Edizioni, a.VIII, n.40, 2011, p.7;Idem, Liborio Romano e le ragioni del Sud nel periodo postunitario. Il contributo di Pietro Marti sul patriota salentino, in “Risorgimento e Mezzogiorno. Rassegna di studi storici”, n.43-44, dicembre 2011, Bari, Levante, pp.147-161; Idem, Pietro Marti e la cultura salentina. Apologia di Liborio Romano, in “Note di Storia e Cultura Salentina”, Società Storia Patria Puglia, sezione di Maglie, n. XXII, Lecce, Grifo,2012, pp.164-185; Aldo de Bernart, Cenni sulla figura di Pietro Marti da Ruffano, Memorabilia 35, Ruffano, Tip. Inguscio e De Vitis,2012; Ermanno Inguscio, Pietro Marti, il giornalista, il conferenziere, il polemista, in “Note di Storia e Cultura Salentina”, Società Storia Patria Puglia, sezione di Maglie, n. XXIII, Lecce, Argo, 2013, pp.40-58; Idem, Pietro Marti (1863-1933) Cultura e giornalismo in Terra d’Otranto, a cura di Marcello Gaballo, Fondazione Terra D’Otranto, Nardò, Tip. Biesse, 2013.
[3] Aldo de Bernart, Il Salento nella poesia di Luigi Marti, in “Nuovi Orientamenti”, Gallipoli, marzo-aprile 1984, n.85, p.25.
[4]Ermanno Inguscio, Pietro Marti (1863-1933) Cultura e giornalismo in Terra d’Otranto, a cura di Marcello Gaballo, Fondazione Terra D’Otranto, Nardò, Tip. Biesse, 2013, p.34.
  [5] Luigi Marti, Un eco dal villaggio, Lecce, Tip. Scipione Ammirato, 1880.
[6] Luigi Marti, Il Salento. Poemetto lirico, Taranto, Mazzolino, 1896, p. 4.
[7] Raffaele Marti (1859-1945) fu autore di moltissime opere, quali: Foglie sparse, Taranto, Tip. Spagnolo, 1907; Gli acari o piaghe sociali. Dramma in quattro atti e cinque quadri, Lecce, Tip. Conte, 1913; Le coste del Salento Viaggio illustrativo, Lecce, Tip. Vincenzo Conte, 1924; Lecce e suoi dintorni. Borgo Piave, S. Cataldo, Acaia, Merine, S. Donato, S. Cesario ecc., Lecce Tip. Gius. Guido, 1925. L’estremo Salento, Lecce, Stabil. Tipografico F.Scorrano e co., 1931. Su Raffaele si rinvia a Paolo Vincenti, Un letterato salentino da riscoprire: Raffaele Marti in “Il Nostro Giornale”, Supersano, giugno 2019, pp.41-43.
[8] Fra le opere di Antonio Marti (1856-1935): Povere foglie, Lecce Tip. Editrice Sociale- Carlino, Marti e Cibaria, 1891, e Scritti vari –Novelle e Viaggi, Intra,Tipografia Bertolotti Paolo e Francesco,1893.
  [9] Luigi Marti, La Verde Apulia Lecce, Stab. Scipione Ammirato, 1885.
[10] Idem, Liriche, Lecce Tip. Garibaldi, 1889.
[11] Idem, Umberto I di Savoia, Lecce, Editrice Salentina, 1884.
[12] Idem, A Vittor Hugò, Lecce, Editrice Salentina, 1885.
[13]Idem, L’Africa a Giosuè Carducci Lecce, Stab Tipografico Italiano, 1887.
[14] Idem, Manfredi nella Storia e nella Commedia dell’Alighieri Lecce, Tipografia Salentina, 1887.
[15] Idem, Umberto I e la Verde Apulia, Lecce, Editrice Salentina, 1889.
[16] Idem, Manfredi nella Divina Commedia: Conferenza, Lazzaretti, 1889.
[17] Idem, Bonaparte e la Francia: nella mente e nelle opere di Ugo Foscolo, Pallanza, Tipografia Verzellini,1892
[18] Idem, Un secolo di patriottismo, Pallanza, Tipografia Verzellini, 1891.
[19] Idem, Il Salento. Poemetto lirico, Taranto, Mazzolino, 1896.
[20] Idem, Dalle valli alle vette Cantiche, Milano, La Poligrafica, 1902.
[21] Aldo de Bernart, op.cit.,p. 26.
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scienza-magia · 4 years
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75 anni fa moriva Benito Mussolini insieme alla sua amante
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Le ultime ore di Mussolini. Ieri 28 aprile 1945 - 75 anni fa - Benito Mussolini fu ucciso insieme a Claretta Petacci. Ecco la ricostruzione ufficiale di quelle ultime ore di vita del duce. E le altre che furono ipotizzate in seguito per raccontare quei convulsi momenti finali. Benito Mussolini, dopo che era stato destituito il 25 luglio 1943, era costretto a vivere sul lago di Garda, dove si era insediato, per volere di Hitler il nuovo governo della Repubblica sociale italiana. Nella sua nuova residenza, Villa Feltrinelli a Gargnano (Brescia), si svegliava tutte le mattine alle 7:30, indossava una divisa grigioverde, senza gradi né mostrine: era praticamente prigioniero dei nazisti, che lo avevano liberato a Campo Imperatore il 12 settembre del 1943 e costretto a creare un governo fantoccio nel Nord d'Italia. A Milano, il 25 aprile. Finito e braccato, temeva di essere sempre sotto controllo e in pericolo, e all'inizio del 1945 decise di cercare una soluzione politica. Alla fine decise di andare a Milano, dove il cardinale e arcivescovo Ildefonso Schuster era pronto a mediare con gli alti gradi partigiani. L'incontro fu fissato proprio per il 25 aprile, giorno dell'insurrezione di Milano. Il duce arrivò per primo quel pomeriggio, nella sede dell'arcivescovado. Per quanto preoccupato e teso, sperava forse in una soluzione politica dignitosa per sé. Ma le cose non andarono come si era immaginato.  Quando arrivarono i delegati del Comitato di liberazione nazionale Alta Italia uno di loro, Achille Marazza, chiese senza mezzi termini a Mussolini la resa incondizionata. Poco dopo arrivò anche la notizia che i tedeschi in Svizzera stavano trattando una resa separata (Hitler era già rinchiuso da mesi nel suo bunker di Berlino, molti metri sottoterra). Mussolini capì di essere solo, si avviò alla porta, ormai deciso ad abbandonare.
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25 aprile 1945: Mussolini lascia la prefettura di Milano, nell’ultima fotografia che lo mostra da vivo | Wikipedia Il piano del duce. Ma che cosa aveva davvero in mente, a quel punto? L'ipotesi più probabile è che più che espatriare in Svizzera (che tra l'altro si era già dichiarata contraria a dare asilo al duce e alla sua famiglia) volesse raggiungere il cosiddetto Ridotto alpino repubblicano, dove pensava (sbagliandosi) che camicie nere e milizia repubblichina fossero in grado di controllare il territorio. Da qui avrebbe probabilmente contattato gli Alleati per accordarsi con loro, portando con sé alcuni documenti che mostravano i rapporti intercorsi tra lui e il governo britannico. Si trattava con ogni probabilità del misterioso carteggio Mussolini-Churchill, di cui non si conosce il contenuto e mai desecretato dal governo britannico. Il panico tra i gerarchi. Nonostante il parere contrario dei gerarchi, alle 20 Mussolini, in divisa grigioverde della milizia di Salò, si mise in marcia, destinazione Como. Il 26 aprile, a Menaggio, lo raggiunse Claretta con il fratello Marcello, la moglie di lui e i loro 2 figli piccoli. I gerarchi non erano affatto contenti della presenza della Petacci. La ritenevano infatti la causa di molti errori politici del duce. La situazione era tesissima e regnava l'incertezza: le riunioni andavano avanti ore, fino a notte fonda. Inoltre, il panico cominciava a spargersi soprattutto tra i gerarchi e le loro famiglie. Per quanto difficile, una decisione andava presa. Mussolini non era solo. Lo accompagnava una colonna di automezzi che formava un serpentone di circa 1 chilometro: 28 automezzi che trasportavano quasi 200 militari tedeschi e 174 italiani. Non proprio l'ideale per non dare nell'occhio. Partiti di buonora, i mezzi, che si fermavano e ripartivano caoticamente e senza un ordine preciso fermandosi spesso per i guasti, impiegarono almeno un'ora per fare appena 12 chilometri. Camerata ubriaco. A Musso la colonna fu bloccata una prima volta, il 27 aprile, da un gruppo di partigiani guidati dal comandante "Pedro". Qui iniziò una lunga trattativa fra tedeschi e partigiani, alla fine della quale solo i tedeschi della colonna ebbero il permesso di ripartire. Poco più avanti, a Dongo, il convoglio venne di nuovo fermato dalla 52a Brigata Garibaldi. Nel frattempo, si era diffusa la voce che nella colonna ci fosse Mussolini. Alcuni militari tedeschi, non si sa se per denunciare o proteggere il duce, segnalarono la presenza di un camerata ubriaco in uno dei camion. Qui partigiani trovarono il duce con un cappotto militare tedesco, armato e con la preziosa borsa dei documenti stretta tra le braccia. Il corpo morto di Benito Mussolini L'arresto e l'interrogatorio. Riconosciuto e arrestato, fu portato nel municipio di Dongo. Qui avvenne un sommario interrogatorio. Dopodiché il duce viene tenuto, per precauzione, a Germasino, nella casermetta della Guardia di Finanza. Ripartito nel cuore della notte, viene riunito alla Petacci (su insistente richiesta di lei). Passarono l'ultima loro notte a Bonzanigo, in una semplice abitazione di contadini, quella dei De Maria, che i partigiani avevano scelto per loro. Mussolini portava una benda sulla testa che nascondeva l'inconfondibile cranio e parte del viso e i due furono presentati ai proprietari come una coppia di tedeschi feriti. Qui il duce si sbendò. Con i De Maria, Mussolini scambiò poche parole, non accettò bevande (per il timore forse di essere avvelenato) e la mattina del 28 aprile consumò il suo ultimo pasto, senza quasi toccare cibo: un po' di salame e un po' di pane.
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Benito Mussolini e Claretta Petacci furono fucilati davanti a questo cancello di Villa Belmonte, a Giulino di Mezzegra, sul lago di Como. | Wikimedia il 28 aprile 1945. Alle 16:10 di quel 28 aprile 1945, Benito Mussolini e Claretta Petacci furono fucilati davanti al cancello di Villa Belmonte, a Giulino di Mezzegra, sul lago di Como. A sparare, secondo la versione ufficiale, fu il colonnello partigiano "Valerio", Walter Audisio. A volerlo morto era il Clnai, contro il volere degli Alleati, ai quali fu comunicato telegraficamente dal comando partigiano: "Spiacenti non potervi consegnare Mussolini che processato Tribunale popolare è stato fucilato ". Erano le 3 del mattino del 28 aprile, e il duce era ancora vivo. Ma gli Alleati, che tempestavano di cablogrammi i comandi partigiani perché consegnassero il duce, dovevano essere depistati. Mussolini era affare degli italiani. Le altre versioni. Sono trascorsi settantacinque anni dalla morte di Mussolini, eppure gli storici discutono ancora oggi attorno alle modalità di quell'esecuzione. La "versione ufficiale", esposta già nel corso del 1945 sul quotidiano comunista l'Unità, e riassunta qui sopra afferma che il duce e la sua amante Claretta Petacci vennero fucilati alle 16:10 del 28 aprile 1945, davanti al cancello di Villa Belmonte, a Giulino di Mezzegra, sul lago di Como. Esecutore della condanna a morte, che fu decisa dal Clnai (Comitato di liberazione Alta Italia), sarebbe stato il colonnello "Valerio", alias Walter Audisio, comunista, emissario dei vertici della Resistenza. "Valerio" fu affiancato, nella sua missione, da altri due personaggi: Aldo Lampredi detto "Guido", uomo di fiducia del leader del Pci Luigi Longo, e un partigiano locale, Michele Moretti, "Pietro". Gli stessi protagonisti si sono contraddetti tra loro, aggiungendo particolari su quei drammatici istanti. Lampredi e Moretti, in separate testimonianze rese verso la fine dei loro giorni, hanno voluto chiarire che, in contrasto con il racconto di Audisio, tendente a rappresentare un Benito Mussolini tremebondo, il dittatore avrebbe affrontato la morte chiedendo ai suoi fucilatori di mirare al cuore e gridando "Viva l'Italia!". Ecco le altre ipotesi avanzate da storici e studiosi. La tesi della “doppia fucilazione” Nel 1973 il giornalista Franco Bandini lanciò una clamorosa ricostruzione alternativa della fine del duce. In base a questa tesi (non accreditata dagli storici), Mussolini e la Petacci sarebbero stati giustiziati, nella tarda mattinata del 28 aprile 1945, da un commando partigiano guidato nientemeno che da Luigi Longo, a poca distanza dal casolare dei contadini De Maria dove i due prigionieri avevano pernottato, nella frazione Bonzanigo. Nel pomeriggio, i responsabili dell'esecuzione avrebbero condotto una seconda, falsa fucilazione, nel luogo indicato dalla versione ufficiale: il cancello di Villa Belmonte, a Giulino. Testimoni. Questa teoria è stata ripresa dall'esponente del Msi Giorgio Pisanò, che ha basato il suo racconto sulla testimonianza di un'abitante del luogo, Dorina Mazzola, al tempo dei fatti diciannovenne. La Mazzola, dalla propria abitazione, avrebbe colto la successione degli accadimenti, così ricostruiti da Pisanò: nella prima mattinata, l'esecuzione di Mussolini, nel cortile dei De Maria; dopo un paio di ore, l'assassinio di Claretta, avvenuto durante il trasporto del cadavere del duce da parte dei partigiani. Una finta fucilazione sui 2 cadaveri ci sarebbe stata poi, nel pomeriggio, al cancello di Villa Belmonte.
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La "pista" inglese Dagli anni Novanta l'ex partigiano comunista Bruno Giovanni Lonati ("Giacomo"), classe 1921, sostenne di essere intervenuto, a Mezzegra, la mattina del 28 aprile, in qualità di giustiziere di Mussolini, insieme a un agente italo-britannico: il capitano "John". In base a tale versione, il partigiano "Giacomo" avrebbe aperto il fuoco su Mussolini, mentre sarebbe toccato all'inglese sparare a Claretta. L'esecuzione sarebbe avvenuta a poca distanza dalla casa dei De Maria, a Bonzanigo. A parte talune incongruenze nel suo racconto, la testimonianza di Lonati non ha però potuto essere convalidata da nessun'altra fonte, in quanto dell'ufficiale inglese, tale Robert Maccaroni, non è emersa alcuna traccia. Accordi segreti? La versione di Lonati, tuttavia, ha consentito di rilanciare studi approfonditi sul ruolo giocato dagli inglesi nella delicata partita della sorte da riservare al dittatore. Del resto, sono in molti a sostenere che la Gran Bretagna avesse tutto l'interesse a favorire una soluzione cruenta del problema. Mussolini vivo, infatti, chiamato a deporre in un processo, avrebbe potuto mettere in imbarazzo il Regno Unito, rivelando le intese segrete che aveva raggiunto con eminenti statisti di quel Paese. L'enigma di Moretti Michele Moretti, il partigiano "Pietro" che prese parte all'esecuzione di Mussolini e di Claretta, potrebbe essere stato il vero autore di quell'atto simbolico che pose termine all'esperienza fascista e alla guerra. Lo stesso Moretti, subito dopo quei drammatici fatti, non faceva mistero di essere stato il "giustiziere" di Mezzegra. Poi, quando il suo partito, il Pci, intervenne d'autorità per dettare la linea di quella che divenne la versione ufficiale (quella con Audisio nel ruolo di esecutore materiale), "Pietro", fedele e disciplinato, rientrò nei ranghi. Documenti. In anni recenti è tuttavia riemerso un documento (foto sopra) che sembrerebbe confermare il ruolo di Moretti. Si tratta di una dichiarazione, datata 15 maggio 1945 e a firma del comandante della piazza di Como, Oreste Gementi, in cui il Cln locale certifica che fu il partigiano "Pietro" l' artefice di quell'esecuzione. Nero su bianco. Nel foglio si legge: "Secondo gli accordi presi con la Missione militare russa, che in questi giorni ha preso contatto con il nostro Cln, consegnamo alla stessa, per il Museo Militare di Mosca, l'arma (un mitragliatore Mas, ndr) con la quale il partigiano "Pietro" delle formazioni garibaldine del Lario, ha giustiziato Mussolini". Read the full article
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