scienza-magia · 11 months ago
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Iter il progetto Europeo per energia da fusione nucleare
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Energia, viaggio nel cuore di Iter: il sogno della fusione nucleare da 25 miliardi di euro. Il maxi-progetto in Provenza, pronto dopo il 2035, coinvolge Usa, Cina, Russia, Giappone e per l’Europa anche l’Italia. Guardando il Tokamak, il cuore dell’impianto Iter a fusione nucleare in costruzione in Francia, a Cadarache, la prima impressione che ricava chi era un ragazzo all’inizio degli anni ’80, è di trovarsi all’interno della stazione orbitale da battaglia di Star Wars. Ma se quella, nella fantasia di George Lucas, doveva essere l’arma finale dell’Impero, Iter, nella realtà, è l’esatto contrario di un’arma; perché è il progetto che, replicando sulla terra il processo che crea l’energia nucleare pulita e sicura del Sole, potrebbe portare l’umanità a un enorme passo avanti dal punto di vista energetico, garantendo sostenibilità ambientale ed elettricità a basso prezzo; e contribuendo anche, in modo decisivo, a realizzare quel mix energetico verde che, insieme a eolico e fotovoltaico, potrà abbattere i livelli di Co2 a livello globale. Certo, il percorso è ancora lungo ma Iter, proponendosi di dimostrare che è possibile generare un’enorme quantità di energia da un processo di fusione nucleare, attraverso l’unione, in un flusso di plasma, di due isotopi d’idrogeno, deuterio e trizio, punta a segnare il passo successivo rispetto alla fissione di due atomi pesanti (di uranio o plutonio), utilizzata nelle attuali centrali atomiche. La fusione, in effetti, non emette gas serra e si può interrompere in qualsiasi momento, senza pericoli e senza lasciare scorie radioattive per millenni. Ed è per questo che, nel gigantesco impianto, in fase avanzata di costruzione in Provenza, stanno lavorando, fianco a fianco, come oggi non avviene in alcun’altra parte del mondo, gli scienziati, i tecnici e gli operai di Europa, Stati Uniti, Russia, Cina, India, Corea del Sud e Giappone: Paesi che rappresentano più della metà della popolazione mondiale e l’80% del Pil globale. Direzione made in Italy In questo mix di nazionalità, peraltro, l’Italia si è ritagliata un ruolo di primo piano: italiani sono, da ottobre 2022, il direttore del progetto, Pietro Barabaschi e il suo braccio destro Sergio Orlandi. E numerose sono le imprese tricolori che vi lavorano, come Asg Superconductors (della famiglia Malacalza), Ansaldo, Walter Tosto, Monsud, Criotec, Simic, Mangiarotti e Fincantieri. All’interno del complesso di Iter, che sorge su un’area di 420mila metri quadrati, tutto è enorme. Le dimensioni imponenti, spiegano i tecnici, sono essenziali per la riuscita dell’esperimento: c’è il più grande impianto di produzione criogenica del mondo, due vaste sottostazioni elettriche (una per alimentare i sistemi di Iter e l’altra per la gestione dei carichi di consumo convenzionali). In due edifici attigui è collocato l’impianto di convertitori maggiore al mondo, quanto a potenza installata: 2mila megavolt ampere. Sono in tutto 32 e uno solo di questi convertitori ha una potenza tale da alimentare i carichi di una città come Genova durante la notte. Il cuore del reattore Enormi anche i due edifici adiacenti che sono il fulcro del progetto: il Tokamak complex, dove si sta montando il cuore del reattore, e l’Assembly hall; quest’ultima è il luogo in cui i pezzi del Tokamak (parola che nasce dall’acronimo, in russo, di camera magnetica toroidale), vengono montati, per poi essere trasferiti nell’altro edificio, all’interno dello spazio della camera magnetica, dove si trova il vacuum vessel in cui, quando il reattore comincerà a entrare in funzione, si formerà, riscaldando deuterio e trizio a 150 milioni di gradi centigradi, il plasma, un quarto stato della materia fatto di gas ionizzati, come i fulmini, che viene tenuto lontano dalle pareti del Tokamak grazie a campi magnetici ad alta intensità generati dai magneti superconduttori. Questo processo porta alla fusione dei nuclei atomici dei due isotopi di idrogeno, liberando elio e grandi quantità di energia sotto forma di neutroni; il flusso viene poi immesso in un generatore di vapore. Nelle centrali del futuro quest’ultimo azionerà una turbina che produrrà energia elettrica. Ma questo avverrà solo quando sarà costruita Demo, la prima vera centrale a fusione che ci si aspetta arrivi nella seconda metà del secolo. Iter, che deve solo dimostrare la possibilità di industrializzare il sistema, non è dotato di turbina: il calore generato sarà vaporizzato in atmosfera, senza emissioni nocive, con torri simili a quelle delle centrali a fissione. «La possibilità di dominare la fusione termonucleare in modo continuo - spiega il Barabaschi - è l’obiettivo principale di Iter. Perché sappiamo, già da tempo, che la fusione è possibile e sappiamo anche che si può ottenere più energia di quella che si immette nel plasma: è stato dimostrato; quel che non sappiamo è se riusciremo a sostenere questa reazione in modo continuativo per tempi lunghi, cioè almeno per un’ora a volta, nel primo periodo. Poi c’è un ultimo quesito: riusciremo a far sì che la fusione sia economicamente conveniente? Questa è una domanda alla quale Iter non risponderà; la risposta arriverà solo quando la tecnologia sarà sviluppata a un punto tale per cui potrà essere presa in mano dalle utilities, cioè da coloro che devono produrre energia in modo continuativo». Costi parabolici Per ora, in effetti, il progetto ha avuto, chiosa Barabaschi, «costi parabolici. È difficile avere un consuntivo preciso: i conti sulle forniture europee e su quelle americane sono sostanzialmente pubblicati. Sapendo qual è il valore di queste forniture e non di quelle di Paesi come India, Cina o Giappone, per cui non ci sono conti pubblicati, si stima che il costo complessivo sia stato, finora, di 20-25 miliardi; circa il 45% di questa somma sono spese Ue, più o meno 10 miliardi. Di questi ultimi, una parte viene finanziata dall’Italia, che, peraltro, ne ha ricavato un beneficio. Il nostro Paese, che contribuisce al bilancio comunitario col 12-13%, mette, per Iter, circa un miliardo di euro; per contro, l’Italia ha ricevuto contratti da 3 miliardi: è il Paese Ue che ne ha ottenuti di più ad alto valore aggiunto. Si tratta di accordi come quello con Asg, in virtù del quale i magneti toroidali, che sono il componente più importante del Tokamak, sono stati fatti metà in Giappone e metà in Italia, da Asg». L’anteprima dell’impianto in costruzione Read the full article
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lanuovaalleanza · 2 months ago
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UNA RIFLESSIONE SERIA SULL' AUTONOMIA DIFFERENZIATA.
Vorrei condividere con voi un mio pensiero, come sempre NON fazioso e NON ideologico, sul perché voterò SÌ al referendum sull' #AutonomiaDifferenziata, mostrandovi la mia ESPERIENZA DI VITA.
Condivido questo mio pensiero per pura onestà intellettuale, non perché mi aspetti in cambio favori e prebende da #ElenaMaiolla, da #Fedriga o da Matteo #Salvini.
Lo scorso 10 maggio ho installato un impianto #fotovoltaico sulla mia abitazione: la sera del 21 maggio 2024 abbiamo fatto (in soli 15 minuti) domanda di contributo in Regione ed il 24 giugno 2024 mi sono trovato 8500€ di bonifico della Regione Autonoma #Fvg: un plauso alla Giunta #Fedriga per l' efficienza!
Lo stesso giorno ho fatto domanda ad #ENEL per l' allacciamento del mio impianto fotovoltaico alla rete elettrica ENEL e per vendere il surplus dell' energia elettrica prodotta ad ENEL. Come sapete bene, i mesi più luminosi sono quelli estivi ed avevo molta energia elettrica da immettere in rete.
ENEL spende un sacco di soldi per video dove pubblica il suo impegno per le energie #green e per ridurre le emissioni di #GasSerra.
Benissimo… nessuno si fa' sentire… il 24 luglio 2024 mi trovo una lettera nella buca delle lettere nella quale stava scritto che dovevo pagare, per ottenere l' allacciamento del mio impianto fotovoltaico alla rete nazionale ENEL, 122€ entro e non oltre il 26 luglio 2024. Due giorni di tempo, altrimenti saltava tutto (e se fossi stato in vacanza?)
Per altri 40 giorni nessuno si è più fatto sentire: oggi, quando il Sole ha ormai perso di forza e le ore di luce si sono ridotte, il #GSE mi ha comunicato l' allacciamento elettrico del mio impianto fotovoltaico alla rete elettrica nazionale.
Quanta #EnergiaElettrica è stata buttata via in questi mesi, per lentezze burocratiche???
Stamattina, appena svegliato, cerco di aprire l'APP per la gestione della vendita (il messaggio dell' avvenuto allacciamento con le credenziali per la gestione online della vendita di energia elettrica mi è arrivato stanotte) …è stata talmente ben fatta che si è piantata sul messaggio per la privacy.
Cosa posso dire, dunque, sulla base della mia esperienza?
Che la Regione AUTONOMA Friuli Venezia Giulia funziona molto bene, mentre ENEL, come #Aliitalia, come le #Ferrovie e come, alle volte, le #PosteItaliane (non quelle di Morsano!) sono dei carrozzoni centralisti irriformabili.
È facile, quando, come il Card. #Zuppi e gli altri Vescovi della #CEI, si è serviti e riveriti dalle suore (che ti cucinano, ti lavano, ti stirano e ti fanno la spesa) perdere il contatto con la realtà e formulare giudizi ideologici che non hanno alcuna relazione con la vita ordinaria dei comuni cittadini.
C'è un primato della coscienza che è il PRIMO TRA I VICARI DI #CRISTO e, come insegna #Ratzinger, la relazione con #Dio, che Ti parla nel segreto della tua coscienza, è sempre PERSONALE.
Per questo, dopo un lungo travaglio interiore, ho deciso di votare SI all' Autonomia Differenziata e di NON ascoltare le indicazioni della Conferenza Episcopale Italiana, senza per questo temere di finire dannato tra le fiamme eterne dell' #inferno.
GovernoMeloni #Lega #Calderoli #Autonomia #Newman #Norfolk
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isacopraxolu · 3 months ago
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Trasformare i gas serra in combustibili green grazie a catalizzatori di nuova concezione
#gasserra #combustibiligreen #tfnews #29luglio
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sistemieconsulenze · 3 years ago
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Effetto serra: come ridurre i gas serra L’effetto serra è un fenomeno naturale che regola la temperatura del nostro pianeta, intrappolando il calore del sole, grazie a questo effetto la terra non ha una temperatura troppo bassa. I gas effetto serra (tra cui metano, CO2 e ozono) consentono ai raggi IR, radiazione infrarossa, di riflettersi verso terra, trattengono parte del calore mitigando il clima della terra... #effettoserra #gasserra #inquinamento #cambioclimatico #sistemieconsulenze Leggi l'articolo completo su: https://www.sistemieconsulenze.it/gas-effetto-serra/ https://www.instagram.com/p/CYYfVvHIMaY/?utm_medium=tumblr
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megachirottera · 3 years ago
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I ghiacciai che esistono oggi sono stati assenti per quasi tutti gli ultimi 10.000 anni
La criosfera non riesce a cooperare con la narrativa del riscaldamento globale antropogenico secondo cui l’aumento delle emissioni di gas serra dovrebbe fondere catastroficamente il ghiaccio artico.
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dw-tblog · 5 years ago
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Altro nuovo #record dei livelli di #gasserra. Lo dice l'#Organizzazionemeteorologicamondiale (#Omm) nel #bollettino pubblicato oggi. Questa #tendenza a lungo termine, dicono gli #esperti, si traduce in "#impatti sempre più gravi dei #cambiamenticlimatici, con #temperature in #aumento, #condizionimeteo più #estreme, #stressidrico, #innalzamento del livello del #mare e #perturbazione degli #ecosistemi marini e terrestri !!!!! salviamoci salvando il #Pianeta !!!! #seasy #seasy_blog #seasy_fbp #wd57 #walsat #vk #vkpost http://www.ansa.it/canale_ambiente/notizie/inquinamento/2019/11/25/climanuovo-record-gas-serraeventi-sempre-piu-estremi_d92aa9a7-aad8-4d44-9eca-0d33c83ba5cc.html https://www.instagram.com/p/B5Wz3hjowKI/?igshid=81ntgcslxhyt
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rispettoanimali-blog · 7 years ago
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#rispettoanimali #rispetto #animali #industria #bestiame #emissioni #gasserra #animalivivi #ambiente #madrenatura #rispettaglianimali #rispettalanatura #educazioneambientale
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ultimavoce · 7 years ago
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Superman & Co: supereroi o superinquinatori?
L'#inquinamento da #gasserra passa anche attraverso i #Supereroi.
Batman, Superman, l’Uomo Ragno e gli eroi dei fumetti non sarebbero altro che criminali che inquinano senza ritegno. Proprio questo è il messaggio di Miles Traer, geologo e “pop scientist” americano:
Basta salvare il pianeta! Piuttosto guardate quanto state inquinando!
Naturalmente è uno scherzo. Lo scienziato vuole infatti, utilizzando i superpoteri degli eroi dei comics americani, farci capire…
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vokque · 11 years ago
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Non sono stato io... #puzza #loffa #chernobyl #gasserra #tossico #solfatara #caramanico
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scienza-magia · 1 year ago
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Città italiane virtuose verso la transizione energetica
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Crescita record dell'energia solare in Italia: Brescia, Roma e Padova sul podio, seguono Torino e Milano. Gli impianti solari in Italia sono 100 mila in più rispetto allo scorso anno, sul podio Brescia (+3.856 impianti), Roma (+3.179) e Padova (+3.111). «Grazie all'incremento dell’energia solare gli obiettivi climatici mondiali sono ancora raggiungibili» sottolinea l’ingegnere Moreno Scarchini, ceo di EnergRed, E.S.Co. che ha ridisegnato la “Geografia delle fonti energetiche rinnovabili”. «Nel 2050, l’86% dell’energia generata in Europa proverrà da energia solare, eolica onshore, eolica offshore o idroelettrica» sottolinea Moreno Scarchini, ceo di EnergRed (www.energred.com), E.S.Co. impegnata nel sostenere la transizione energetica delle pmi italiane, che —basandosi su dati dell’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS), su dati Bloomberg NEF, sul report “The Future of European Renewable Energy” promosso da Panasonic e su proiezioni basate su fonti proprie��� ha ridisegnato la “Geografia delle fonti energetiche rinnovabili”. Al secondo posto in graduatoria troviamo l’Australia con l’80% e sul podio anche l’India con il 57%. Mentre la Cina si attesta al 49% e gli Stati Uniti al 36%. Ma, se fino ad oggi sono stati i Paesi nordici a guidare la transizione energetica, nei prossimi anni sarà l’Europa meridionale a guidare la crescita, con i maggiori investimenti sia in impianti di produzione che in infrastrutture. «Più in particolare in Italia si investirà soprattutto sulla produzione di energia solare, che registrerà un incremento del 120% entro il 2030» sottolinea il ceo di EnergRed. Già ad oggi nel nostro Paese la crescita c’è e si vede: nel primo trimestre del 2023 gli impianti solari in Italia sono 100 mila in più rispetto allo scorso anno, per un totale di 1,3 milioni di impianti. Numeri che confermano un trend che in Italia è costante. Sul podio della crescita (in valori assoluti) troviamo le province di Brescia con 3.856 nuovi impianti, Roma (+3.179) e Padova (+3.111). Ma nella top-5 ci sono anche Torino (+2.907) e Milano (+2.903). Al netto del maggior numero di installazioni realizzate nei primi 3 mesi dell’anno, la provincia d’Italia che conta più impianti solari è invece quella di Roma (50.887 impianti), sul podio insieme a Brescia (45.979) e Treviso (41.303). Seguono poi Padova (41.168), Vicenza (35.364), Torino (34.718), Venezia (31.619), Bergamo (30.834), Milano (30.371) e Verona (29.817). «Abbiamo appena vissuto —tra giugno ed agosto 2023— il trimestre più caldo del Pianeta, con ben 2 mesi su 3 che hanno conquistato il primato dei più caldi di sempre; ma portare le emissioni di gas serra del settore energetico mondiale ad un valore prossimo allo zero, limitando il riscaldamento globale a 1,5 gradi, rimane un obiettivo possibile grazie appunto alla crescita record delle principali tecnologie energetiche pulite» dicono gli esperti di EnergRed. Basandosi sulle diverse fonti prese in considerazione, la piattaforma EnergRed.com ha riaggiornato la previsione di spesa mondiale in nuove attività di generazione di energia da qui al 2050: 14 mila miliardi di dollari, dei quali l’80% impiegato verso fonti rinnovabili. «Prevediamo che il solare e l’eolico possano attirare investimenti per circa 5 mila miliardi di dollari ciascuno, mentre un altro miliardo di dollari verrà speso per le batterie» conclude Moreno Scarchini. Read the full article
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scienza-magia · 2 years ago
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Lo scioglimento del permafrost immette CO2 in atmosfera
Antartide. Dal permafrost emissione di grandi quantità di gas serra causata dal riscaldamento globale. Un recente studio è stato condotto in Antartide nell'ambito del Progetto SENECA. Un recente studio condotto sulle zone peri-costiere dell'Antartide, in particolare nelle McMurdo Dry Valleys, ha evidenziato come il riscaldamento globale sia la causa dei fenomeni di degassamento, ovvero del rilascio di grandi quantità di gas serra dal permafrost, il suolo perennemente ghiacciato ma non coperto dalla calotta glaciale antartica, in atmosfera. Lo studio, condotto nell'ambito del Progetto SENECA (SourcE and impact of greeNhousE gasses in AntarctiCA), è stato effettuato dall'INGV, il GNS Science (Nuova Zelanda), l'Università di Otago (Nuova Zelanda), l'Università di Oslo (Norvegia), l'Università Sapienza di Roma, l'Università di Padova e l'Istituto di geologia ambientale e geoingegneria del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR-IGAG).
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Alessandra Sciarra, ricercatrice dell'INGV, ha spiegato che le zone dell'Antartide note come McMurdo Dry Valleyd situate nel settore orientale, a circa 100km dalla base americana di MCMurdo e neozelandese Scott Base, costituiscono la più estesa area priva di ghiaccio del continente antartico dove la scarsissima umidità, le temperature gelide (tra -14°C e -30°C) e venti a oltre 300km/h hanno generato uno degli ambienti più estremi del Pianeta. Nelle zone antartiche il fenomeno non era ancora stato approfondito, a differenza dell'emisfero settentrionale, dove recenti studi hanno rilevato che la stabilità del permafrost ha un ruolo importante nell'attuale ciclo del carbonio, dal momento che può intrappolare considerevoli quantità di gas serra. Il riscaldamento globale causa una maggiore fusione del permafrost, con il conseguente rilascio in atmosfera di grandi quantità di gas serra, tra cui la CO2. Livio Ruggiero, ricercatore INGV ha spiegato inoltre che 'in Antartide, le McMurdo Dry Valleys rappresentano circa il 10% del suolo deglaciato dell'intero continente e, così come avviene per le regioni polari del nord, tendono a scaldarsi, anche se più lentamente. Durante l'estate australe del 2019/2020, è stata effettuata la prima campagna geochimica estensiva su una superficie di circa 22 km quadrati nella Taylor Valley. L'indagine ha permesso la misura in superficie della concentrazione di un'ampia gamma di gas, tra cui anidride carbonica, metano e idrogeno, nel suolo e del flusso di CO2 al fine di identificare le vie preferenziali di risalita per i fluidi profondi e valutarne i meccanismi di migrazione'. 'Confrontando questi dati con i pochi dati pregressi a disposizione è stato osservato un incremento nel flusso dell'anidride carbonica, stimato in circa 15 tonnellate al giorno su un'area di 21,6 km quadrati. L'emissione di CO2 calcolata durante il periodo estivo è circa 448,5 tonnellate al mese per l'intera area', prosegue Livio Ruggero. 'Nelle Dry Valleys la degradazione del permafrost causata del riscaldamento globale favorisce i fenomeni di degassamento che potrebbero non limitarsi soltanto alla Taylor Valley, ma estendersi anche lungo gli oltre 24000 km di costa del continente antartico. I risultati della ricerca hanno evidenziato la necessità di effettuare ulteriori indagini per valutare le emissioni di gas serra in regioni caratterizzate dalla presenza di permafrost. Questo lavoro ha prodotto inoltre una mappa delle emissioni di CO2 che potrà costituire un punto di partenza per future ricerche finalizzate al monitoraggio delle emissioni di gas serra rilasciati dal permafrost antartico', conclude Livio Ruggiero. Read the full article
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scienza-magia · 2 years ago
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Urgono investimenti per l'idrogeno verde
Per sviluppare il potenziale dell’idrogeno servono politiche industriali tempestive. Ha un grande potenziale in termini di riduzione di anidride carbonica, soprattutto nei settori hard to abate, ma i decisori politici devono agire nell’immediato per garantire la transizione energetica industriale L’idrogeno verde è stato ospite frequente delle conversazioni sulla transizione energetica sin dal 2019. Se si guarda indietro, la cosa non sorprende granché: il mondo sta affrontando una crisi climatica e, in risposta al preoccupante avvertimento del “Rapporto speciale sul riscaldamento globale di 1,5°C” dell’IPCC del 2018, sempre più nazioni si sono impegnate a raggiungere lo zero netto di emissioni di anidride carbonica (CO2). Tuttavia, raggiungere una profonda decarbonizzazione delle economie richiederà sforzi coordinati e ampi in tutti i settori economici. È essenziale che si apportino cambiamenti fondamentali e trasformativi al modo in cui produciamo e consumiamo energia, oltre che ai sistemi socioeconomici sottostanti.
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Per la transizione energetica è necessario che si passi in maniera significativa dai combustibili fossili alle fonti di energia rinnovabile (p. es. solare ed eolica), nonché ad una maggiore efficienza energetica e all’ampia elettrificazione degli utenti di energia, compresi i trasporti e il riscaldamento/raffreddamento degli edifici. Eppure, non tutti i settori possono passare dall’utilizzo di combustibili fossili all’elettricità. I settori dell’acciaio, del cemento, dei prodotti chimici, dei trasporti a lunga distanza, dei trasporti via mare e dell’aviazione sono tra quelli difficili da elettrificare (poiché è difficile abbattere le emissioni); l’idrogeno verde può costituire l’anello di congiunzione mancante tra tali settori e la produzione di elettricità rinnovabile, un fenomeno crescente e sostenibile. Di conseguenza, scenari zero netto come lo Scenario 1,5°C del World Energy Transitions Outlook di IRENA attribuiscono all’idrogeno verde un ruolo da protagonista, sebbene con livelli di penetrazione significativamente diversi. Comprendere il legame tra idrogeno verde e settori in cui è difficile abbattere le emissioni (c.d. “hard-to-abate”) è stata la scintilla da cui è scoppiato il crescente interesse per questo gas, spostando l’attrattiva nell’uso dell’idrogeno dalle applicazioni distribuite (automobili, caldaie, celle a combustibile) a quelle più centralizzate, come le grandi industrie. Gli ostacoli al pieno sviluppo L’idrogeno verde dovrà superare molti altri ostacoli per realizzare il suo pieno potenziale. Gli investimenti sono intralciati dalla poca chiarezza sulla domanda di idrogeno verde e i governi potrebbero non essere propensi a finanziare una tecnologia senza conoscere espressamente il rapporto costi-benefici e la strategia aziendale. Gli investitori potrebbero pensare che queste iniziative siano troppo rischiose, perché in fatto di idrogeno verde non esiste né una chiara politica pubblica né un’effettiva domanda. Le industrie siderurgiche e le industrie chimiche di base hanno consumato 87 Mt di idrogeno grigio nel 2020: l’idrogeno verde può aiutare a ridurre sostanzialmente le loro emissioni. Tuttavia, queste industrie mostrano ancora una certa lentezza nel decarbonizzare i propri processi. I prodotti verdi più costosi entrerebbero in competizione con le opzioni grigie consolidate più economiche (in particolare nei settori ad alta intensità di capitale con margini di profitto bassi) in una realtà in cui i consumatori sono scarsamente incentivati ad acquistare prodotti verdi e gli appalti pubblici di beni si focalizzano in primis sulla compressione dei costi. Serve un approccio politico integrato per superare la resistenza iniziale e raggiungere una soglia minima di penetrazione del mercato: la previsione è che una nuova ondata di politiche sosterrà l’idrogeno verde. Come precisato nell’iniziativa IRENA “Green Hydrogen for Industry: A guide to policy making”, il processo decisionale relativo all’idrogeno verde sarà sostanzialmente diverso dagli altri insiemi di politiche per la transizione energetica. Alcune di queste differenze sono già visibili: per esempio, le strategie relative all’idrogeno stanno divenendo una caratteristica ricorrente dei paesi che intendono muovere i primi passi in questo settore, al contrario di quanto avvenuto per i settori solare ed eolico, per i quali i documenti strategici non erano così diffusi. Circa 60 paesi stanno redigendo o hanno pubblicato documenti strategici sull’idrogeno entro settembre 2022 (rispetto a 1 solo paese nel 2018). Le strategie riguardanti l’idrogeno sono il risultato di un lungo processo e segnano l’inizio di una nuova ondata di politiche. Non esistendo un formato o uno standard concordato per l’elaborazione di una simile strategia, tra le varie elaborate in merito dai paesi è possibile trovare documenti molto dettagliati recanti descrizioni esaustive dei settori nazionali coinvolti nell’idrogeno, nonché molte misure che il governo intende adottare e documenti di visione che comprendono impegni futuri di alto livello. Rispondere a domande come “perché stiamo investendo nell’idrogeno” e “perché in questi settori” nonché “quando” è una finalità piuttosto comune delle strategie: in tal senso, la modellazione degli scenari in genere le correda di informazioni, spesso con la partecipazione di figure accademiche e dell’industria. Solitamente una strategia definisce obiettivi a medio e a lungo termine (che possono assumere forme variegate), fissa il livello di ambizione che orienterà il lavoro nelle fasi successive e presenta una serie di misure per sostenere la crescita locale del settore dell’idrogeno verde. La strategia copre specifiche politiche dirette, tra cui politiche di integrazione e abilitazione che sono necessarie per garantirne l’attuazione in tutto il sistema. Le misure più comuni introdotte finora nelle strategie sono i meccanismi finanziari, che includono sovvenzioni e prestiti, sgravi fiscali, contratti per differenza di carbonio e aste bilaterali (come il progetto H2Global in Germania).  Inoltre, un aspetto interessante delle misure presentate nelle strategie per l’idrogeno e, in alcuni casi, già intraprese dai paesi è il (ri)emergere della politica industriale, definibile come la varietà di interventi politici volti a orientare e controllare il processo di trasformazione strutturale di un’economia. La rinascita delle politiche industriali Sebbene fosse una pratica comune nel secondo dopoguerra, la politica industriale iniziò a perdere consensi verso la fine del XX secolo, essendo percepita come una maniera inefficace per il governo di esercitare il controllo sul settore privato. Tuttavia, in molte parti del mondo si è assistito a una “rinascita” della politica industriale come conseguenza della necessità di una ripresa economica dopo la crisi finanziaria del 2008. Sono svariati gli obiettivi sociali conseguiti negli ultimi anni attraverso la politica industriale (o “politica industriale verde”), tra cui la necessità di passare ad economie a basse emissioni di carbonio per accelerare le transizioni energetiche. Lo sviluppo della politica industriale è stato particolarmente efficace nel sostenere le industrie “neonate”, ovvero quei settori che ancora non riescono a competere con gli incumbent. L’idrogeno verde si adatta perfettamente a questa descrizione ed è quindi un buon candidato per una politica industriale dedicata, soprattutto ora che vi è una maggiore consapevolezza di quanto ciò sia importante per operare un cambiamento strutturale. Tra gli esempi di (ri)adozione della politica industriale per la transizione energetica si annovera la recente US Defense Production Act Presidential Determination statunitense, che sostiene le industrie legate alla transizione energetica (compresi i produttori di elettrolizzatori) con fondi dedicati per la creazione di una catena del valore a livello locale. Un’ulteriore prova è l’emergere di strategie di decarbonizzazione industriale, recentemente adottate nel Regno Unito e negli Stati Uniti; dal canto suo, la Germania prevede di introdurre a breve delle strategie settoriali. Le strategie di decarbonizzazione industriale illustrano l’entità delle sfide legate alla decarbonizzazione e propongono dei modi per affrontarle, riflettendo le specificità dei settori industriali del paese e generando un vantaggio comparato. È importante sottolineare che tali sforzi dovrebbero puntare a una svolta nella tecnologia che riduca la possibilità per i futuri asset incagliati relativi ai combustibili fossili e alle emissioni di divenire bloccati. Pianificare la transizione faciliterà l’attuazione dei processi di profonda decarbonizzazione e allineerà le azioni di investitori e aziende con quelle del pubblico. L’approccio di svolta può includere anche il divieto o l’eliminazione graduale delle tecnologie che si basano sui combustibili fossili nei settori hard-to-abate: inserire nella lista nera determinate tecnologie entro un lasso di tempo coerente con il clima può dare spazio a soluzioni decarbonizzate. In alternativa, un vincolo sulle quote potrebbe generare una domanda stabile di idrogeno verde, riducendo così il rischio di prelievo. Ultimo, ma non meno importante, attraverso la politica industriale si può garantire una costante e significativa domanda di idrogeno verde: gli appalti pubblici sostenibili (che fungerebbero da motore iniziale e coerente della domanda di prodotti e materiali rispettosi dell’ambiente) e le quote di materiali verdi sono due strumenti politici capaci di favorire il conseguimento di questo obiettivo e, insieme, di gettare le basi per lo sviluppo del mercato dei materiali verdi, attualmente inesistente. Le misure illustrate finora non sono idee inverosimili e sono tutte presenti in diverse strategie pubblicate riguardanti l’idrogeno; tuttavia, la loro effettiva adozione tarda ad arrivare. I paesi sviluppati (e in particolare i membri del G7) hanno adottato degli strumenti finanziari, ma hanno veicolato la maggior parte dell’attenzione sul lato dell’offerta, il che significa supportare i primi elettrolizzatori. Urgono interventi tempestivi I decisori politici devono tradurre in realtà l’impegno di far uscire l’idrogeno verde dalla nicchia per proiettarlo nel mainstream; a tal fine, sarà essenziale allineare gli sforzi dal lato dell’offerta con quelli dal lato della domanda, dando la priorità ad azioni dirette ai grandi consumatori di idrogeno, capaci di creare la domanda di partenza per il futuro upscale. Sarà importante non smorzare gli sforzi che tentano di introdurre l’idrogeno verde nei settori in cui la decarbonizzazione è ottenibile in modo più economico ed efficiente attraverso l’elettrificazione diretta. Infine, i decisori politici dovranno (ri)orientare il proprio stato d’animo verso la politica industriale se intendono tutelare e sostenere un’industria nascente che sostanzialmente favorirà la lotta al cambiamento climatico. Vero è, però, che le risorse industriali durano a lungo e che le industrie sono inestricabilmente intrecciate con la società, fornendo occupazione e ricchezza. Con l’avvicinarsi del 2050, data-obiettivo per il clima, qualsiasi ulteriore ritardo complicherà le transizioni industriali. Questi fattori richiedono un intervento tempestivo e adeguato da parte dei decisori politici, invitati ad agire nell’immediato per garantire le transizioni energetiche industriali. Questo articolo è stato originariamente pubblicato sul numero 54 di We – World Energy, il magazine di Eni Read the full article
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scienza-magia · 2 years ago
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La guerra mette in pericolo gli equilibri ambientali dell'intero pianeta
Guerra in Ucraina, le conseguenze per ambiente e salute sono devastanti ma nessuno ne parla. Dal 24 febbraio di quest’anno l’Ucraina subisce gli effetti dei bombardamenti da parte delle milizie russe: vittime umane in primis, ma non solo. Colonne di fumo nere cariche di pericolosi inquinanti si sollevano fino al cielo, per poi ricadere a terra depositandosi ovunque. Aria contaminata notte e giorno dai gas che si sprigionano dagli incendi che oltre ai siti militari, interessano case private, ospedali, centrali elettriche, siti industriali metallurgici, fabbriche di prodotti chimici e depositi di sostanze infiammabili. L’Ucraina ha vietato l’utilizzo dell’amianto soltanto nel 2020. Tutti gli edifici sono quindi ancora contaminati e la loro distruzione, provocata dai bombardamenti, causa il disperdersi delle fibre d’amianto che sono cancerogene, e se inalate provocano il mesotelioma, un tumore fortemente aggressivo del polmone. Per non parlare dell’uranio impoverito. Questo metallo pesante altamente tossico è un sottoprodotto dell’industria del combustibile nucleare e dell’industria bellica. È detto “impoverito” perché è formato dagli scarti del processo estrattivo, composto principalmente da uranio 238. Viene usato nelle munizioni anticarro e nelle corazzature di alcuni sistemi d’arma, sia per i penetratori contro i bersagli corazzati, sia nelle armature contro i proiettili ad energia cinetica. Secondo i diversi studi condotti, le molecole di questo metallo sono in grado di viaggiare in ogni parte del corpo umano, compreso lo sperma e gli ovociti, provocando il cancro (linfoma di Hodgkin) e perfino danni al patrimonio genetico causando malformazioni anche ai futuri figli dei militari. Tuttavia, non sono solo le milizie a subirne gli effetti: poiché i resti degli armamenti rimangono per lungo tempo nel terreno inquinandolo, provocano danni anche ai civili, che ingerendo acqua e cibo contaminato ne subiscono le conseguenze anche decenni più tardi.
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In Ucraina orientale, nella regione del Donbass, nelle province di Donetsk e Luhansk hanno sede più di 4000 imprese minerarie, metallurgiche e chimiche. Quel territorio era considerato un disastro ambientale tra i più grandi d’Europa già prima della guerra; oggi, molte di quelle imprese e miniere di carbone sono state abbandonate, con la conseguenza che senza monitoraggio, sostanze tossiche e radioattive si riversano nel terreno. Secondo l’Unicef, fin dall’inizio del confitto armato nel 2014 nel Donbass, attività come bere, lavarsi e cucinare sono diventate una sfida quotidiana perché questi anni di guerra hanno inquinato profondamente le infrastrutture idriche della regione, avvelenando i fiumi e le falde acquifere. Più di due terzi delle aree protette in Ucraina sono state invase dall’esercito russo; ecosistemi distrutti dal loro passaggio e degradazione degli habitat con conseguente devastazione della biodiversità. E come se non bastasse, per danneggiarne l’economia e rendere più difficile la ripresa a guerra finita, i russi stanno collocando mine nei campi destinati alla semina. A differenza che nel passato, a causa delle armi sempre più sofisticate, le guerre odierne hanno effetti letali destinati a durare nel tempo. Effetti che non restano confinati ai singoli stati, ma si riverberano sulla salute e sull’ambiente anche degli stati confinanti. Tuttavia, l’incubo peggiore di questi giorni resta l’incidente nucleare (in Ucraina ci sono quattro centrali, per un totale di quindici reattori) e non vogliamo nemmeno immaginare gli effetti devastanti che potrebbero generare le radiazioni se fossero liberate nell’atmosfera. Per il momento, se è vero ciò che ci dicono, il rischio maggiore per gli impianti pare sia la continuità dell’alimentazione di energia. A distanza di trent’anni dal disastro di Chernobyl, secondo un rapporto pubblicato da Greenpeace nel 2016, oltre diecimila chilometri quadrati tra Russia, Bielorussia e la stessa Ucraina sono totalmente inagibili, e i dieci chilometri quadrati attorno alla centrale lo saranno per diecimila anni a causa del plutonio che ha inquinato il terreno. Greenpeace ha analizzato il latte di Rivne, una zona a 303 chilometri a ovest di Kiev, e ha riscontrato una concentrazione di cesio 137 superiore ai livelli considerati sicuri. Le guerre inquinano, ma le guerre le fa l’uomo, senza dubbio l’animale più stupido dell’universo. Un giorno, un regista con cui collaboravo ricevette una sceneggiatura: la storia era ambientata dopo un’apocalisse nucleare, e l’unico uomo rimasto sulla Terra vagava armato fino ai denti. Ricordo ancora l’esclamazione del regista a fine lettura: “Ma brutto imbecille, sei rimasto solo al mondo, e invece di cercare un altro umano e abbracciarlo e baciarlo per il resto dei tuoi giorni, tu giri armato?”. Spero di non ritrovarmi, un giorno, nella realtà distopica di quella sceneggiatura. Read the full article
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sistemieconsulenze · 4 years ago
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Carbon neutral: che cosa è? https://www.sistemieconsulenze.it/carbon-neutral/ Tempo di Lettura: 4 Minuti Con il termine carbon neutral si definisce il pareggiamento della somma di due fattori. Quantità di emissioni di anidride carbonica. Metodiche di abbattimento, o bilanciamento delle emissioni di anidride carbonica. Il pensiero del carbon neutral si riferisce quindi al raggiungimento di zero emissioni nette di anidride carbonica. Questo strumento fa parte delle politiche ambientali sulla … #gasserra https://www.sistemieconsulenze.it/carbon-neutral/ https://www.instagram.com/p/CMB6TkRJW2Y/?igshid=ynbaeofhdkzv
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scienza-magia · 4 years ago
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Eliminare i gas serra convertendoli in combustibile
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Anidride carbonica convertita in metanolo con nuovo dispositivo multi catalitico. Un nuovo sistema catalitico per convertire in maniera più efficace l’anidride carbonica in metanolo è stato costruito da un team di chimici del Boston College i quali hanno descritto la propria invenzione in uno studio apparso su Chem. Convertire il biossido di carbonio in metanolo vuol dire non solo ottenere un combustibile alternativo molto utile ma anche far diminuire la presenza dello stesso biossido di carbonio, un gas serra, nell’ambiente. I ricercatori hanno installato diversi catalizzatori in un unico dispositivo racchiuso all’interno di un materiale cristallino poroso, una cosiddetta struttura metallo-organica, come spiegano Jeffery Byers e Frank Tsung, gli autori principale dello studio. Il materiale poroso, simile ad una spugna, serve per tenere in posizione i catalizzatori che lavorano dunque in maniera separata. I ricercatori si sono ispirati al lavoro che svolgono le cellule: queste ultime si servono di reazioni chimiche multicomponente per essere più efficienti. Con questo approccio sono riusciti a convertire un gas serra in un combustibile rinnovabile. I ricercatori ora intendono ottimizzare ulteriormente questo sistema multicomponente in modo che la reazione funzioni senza che ci sia bisogno di una grande quantità di additivi. Approfondimenti:A Read the full article
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