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Gli Arcadi di Terra d'Otranto (17/x): Filippo De Angelis di Lecce
di Armando Polito
Comincio da alcune incongruenze emerse nel corso della ricerca riportando  la scheda presente in Francesco Casotti, Luigi De Simone, Sigismondo Castromediano e Luigi Maggiulli, Dizionario biografico degli Uomini Illustri di Terra d’Otranto, a cura di Gianni Donno, Alessandra Antonucci e Loredana Pellè, Lacaita, Manduria, 1999, p. 132.
Premesso che l’Accademia dell’Arcadia di Napoli  non può valere che come la colonia Sebezia (che era la sezione napoletana dell’Arcadia di Roma), debbo dire che il presunto nome pastorale Ficandro non compare in nessun catalogo. Preciso, inoltre, che Domenico Andrea De Milo entrò nell’Arcadia col nome pastorale di Ladinio Bembinio il 23 marzo 16991.
Passo ora in rassegna alcune pubblicazioni che del nostro parlano e comincio proprio dal fondatore dell’Arcadia,  Giovanni Mario Crescimbeni, con quattro suoi contributi:
1) L’istoria della volgar poesia, Antonio de’ Rossi, Roma, 1714, p. 318: Nè meno onorato luogo avrà il cultissimo Rimatore Filippo De Angelis Leccese, allorché metterà al pubblico il suo Comento sopra il Sonetto Mentre che ‘l cor dagli amorosi vermi, il quale, siccome vien detto, è diviso in tre parti, contenenti, la prima la locuzione, la seconda l’artifizio, e la terza la sentenza. 
2) Comentari del canonico Giovanni Mario Crescimbeni custode d’Arcadia intorno alla sua Istoria della volgar poesia, Basegio, Venezia, 1730, volume  II, parte II, p. 267: Filippo De Angelis Leccese, tra gli Arcadi Licandro Buraichiano, ha dato alle stampe, tra le altre cose, un Volume di Rime; e il saggio è preso da i Codici manoscritti d’Arcadia.  Segue il saggio costituito da un sonetto sul quale tornerò più avanti. Qui, intanto, rilevo che Licandro corregge il Ficandro del Dizionario biografico citato all’inizio.
3) La bellezza della volgar poesia, Basegio, Venezia, 1730, p. 396: Licandro Buraichiano. D. Filippo de Angelis Napolitano. Prima aveva scritto Leccese; è vero, ma Napolitano qui sta per cittadino del Regno di Napoli.
4) L’Arcadia, Antonio de’ Rossi, Roma, 1711, p. 353: Licandro … D. Filippo De Angelis Napol.
In quest’ultimo volume il nostro risulta incluso tra gli iscritti all’Arcadia il 4 luglio 1701. Basterebbe questo dettaglio per correggere il secolo XVII della scheda del citato dizionario con XVII-XVIII, tanto più che non manca nell’elenco il simbolo relativo dell’eventuale avvenuto decesso alla data del 1711. Accanto al nome del nostro non compare, infatti, tale segno. I puntini di sospensione che seguono Licandro fanno pensare che alla data del 1711 non gli fosse stata ancora assegnata la seconda parte del nome pastorale, che di solito conteneva un riferimento topografico detto campagna.
Se Licandro fa pensare ad un composto dal greco λύκος (leggi liùcos), che significa lupo/lupa (con riferimento a Lecce2), e il tema ἀνδρ– (leggi andr-) di ἀνήρ (legi anèr), che significa uomo, per Buraichiano ipotizzerei una derivazione dal greco Βουραικός (leggi Buraikòs) fiume dell’Acaia, a sua volta dal nome della città Βούρα (leggi Bura).
Dopo aver integrato la scheda del citato Dizionario biografico … informando che le Rime uscirono per i tipi di Mutio a Napoli nel 1698, che il testo è molto raro (l’OPAC segnala la presenza di due soli esemplari:, entrambi nella  Biblioteca statale del Monumento nazionale di Montecassino a Cassino) e che il titolo originale è Prima parte delle rime di D. Filippo De Angelis dedicate al molto illustre signore il signore Paolo De Matthaeis3, Mutio, Napoli, 16984, riproduco e commento il testo del sonetto, saggio riportato dal  Crescimbeni e da me lasciato in sospeso, che sviluppa il consueto tema di una sorta di riconciliazione tra la religione pagana e la cristiana.
  Cercai, è ver, ma indarnoa, i fonti, e l’acque
del bel Parnasob, e la sacrata fronde
di monte in monte, e fra la terra, e l’onde,
ma stanco il corpo al fin dal sonno giacque.
Quando Donna regal, non so se nacque
simile al mondo ancor: – Tu cerchi altrondec
i lauri – disse – e i fonti; e l’almed sponde
del Tebroe lasci , e ‘l vero Apollof – e tacque.
E l’immago di te, Signorg sovrano,
mostrommi h tutta di piropii ardenti
fregiata, con le Muse intorno assisel.
Disse posciam: – Ogni luogo ermon, e lontano
ben riconosce le virtù splendenti
del mio gran Pietroo; ed io son Roma –  e rise.
_________
a invano
b Monte della Grecia consacrato ad Apollo ed alle nove Muse.
c altrove
d nobili
e Tevere
f dio
g Dio
h mi mostrò
i pietre preziose. Il piropo  è un minerale della famiglia dei granati; dal greco πυρωπός (leggi piuropòs) che alla lettera significa dallo sguardo di fuoco, composto da πῦρ (leggi piùr), che significa fuoco, e da ὄψ (leggi ops), che significa sguardo.
l sedute
m poi
n solitario
o S. Pietro
  Quanto al sonetto citato nel Dizionario biografico … e presente alla fine della Poesia di Lorenzo Grasso, preciso anzitutto che Grasso va corretto in Crasso,  che l’opera ebbe diverse edizioni, anche postume, con titoli diversi5 e che, comunque, Lorenzo morì nel 1681, quasi dieci anni prima che l’Arcadia fosse fondata,  ragion per cui il sonetto in questione esula, per motivi cronologici, dal taglio di questo lavoro.
Un altro sonetto ho reperito, invece, in Alcuni componimenti poetici di Giuseppe Baldassare Caputo detto fra gli Arcadi Alamande per le nozze degli Eccellentissimi Signori Pasquale Gaetano d’Aragona Conte d’Alife e la Principessa Maria Maddalena di  Croy de’ Duchi d’Aurè, sorella della Serenissima Principessa Darmstatt, dedicati alla Eccellentissima Signora la Signora D. Aurora Sanseverino de’ Principi di Bisignano, Duchessa di Laurenzano, etc., Muzio, Piedimonte, 1711, p. 15. A differenza di altri componimenti di altri autori inseriti in questa raccolta, in testa a questo c’è la dicitura Di Filippo De Angelis, senza aggiunta del nome pastorale. Tuttavia il fatto che Giuseppe Baldassare Caputo, abate napoletano, fosse arcade (col nome pastorale di Alamande  Meliasteo) dal 7 febbraio 17076 rende più probabile che si tratti proprio del leccese.
Gioisca lieto omaia il bel Tirreno
in questo giorno avventuroso, e caro;
ogni tristo pensier, fosco,  e amaro
sgombri il Sebetob dal profondo seno.
E ‘l gran Padre Ocean, la Scheldac appieno
faccian Eco gioconda al doppio, e raro
di virtù, di valor ben degno, e chiaro
essemplod, al cui lodar l’arte vien menoe.
E dove muore, e dove nasce il Sole
faccia pompaf Imeneog de l’almah, e illustre
coppia gentil, che qui s’ammira, e gode.
E risuoni con fama eccelsa, industre
Maddalena e Pascale; anzi in lor lode
s’alzi eterno trionfo, eterna molei.
__________
a ormai
b Fiume antico di Napoli. Tirreno e Sebeto sono legati alla figura dello sposo duca d’Alife (in provincia di Caserta).
c Fiume che attraversa Francia, Belgio e Paesi bassi. Ocean e Schelda qui sono legati alla figura della sposa di origine fiamminga.
d esempio
e la cui lode adeguata l’arte non è in grado di fare
f solenne celebrazione
g In origine personificazione del canto nuziale, poi dio conduttore dei cortei nuziali.
h nobile
i testimonianza
(CONTINUA)
Per la prima parte (premessa): http://www.fondazioneterradotranto.it/2019/07/08/gli-arcadi-di-terra-dotranto-premessa-1-x/   
Per la seconda parte (Francesco Maria dell’Antoglietta di Taranto):
http://www.fondazioneterradotranto.it/2019/07/15/gli-arcadi-di-terra-dotranto-2-x-francesco-maria-dellantoglietta-di-taranto/   
Per la terza parte (Tommaso Niccolò d’Aquino di Taranto):
http://www.fondazioneterradotranto.it/2019/07/23/gli-arcadi-di-terra-dotranto-3-x-tommaso-niccolo-daquino-di-taranto-1665-1721/   
Per la quarta parte (Gaetano Romano Maffei di Grottaglie): 
http://www.fondazioneterradotranto.it/2019/07/31/gli-arcadi-di-terra-dotranto-4-x-gaetano-romano-maffei-di-grottaglie/      
Per la quinta parte (Tommaso Maria Ferrari (1647-1716) di Casalnuovo): http://www.fondazioneterradotranto.it/2019/08/16/gli-arcadi-di-terra-dotranto-5-x-tommaso-maria-ferrari-1647-1716-di-casalnuovo/  
Per la sesta parte (Oronzo Guglielmo Arnò di Manduria,  Giovanni Battista Gagliardo, Antonio Galeota e Francesco Carducci di Taranto):
http://www.fondazioneterradotranto.it/2019/08/26/gli-arcadi-di-terra-dotranto-6-x-oronzo-guglielmo-arno-di-manduria-giovanni-battista-gagliardo-antonio-galeota-e-francesco-carducci-di-taranto/  
Per la settima parte (Antonio Caraccio di Nardò): http://www.fondazioneterradotranto.it/2019/09/17/gli-arcadi-di-terra-dotranto-7-x-antonio-caraccio-di-nardo/  
Per l’ottava parte (Donato Capece Zurlo di Copertino): http://www.fondazioneterradotranto.it/2019/09/21/gli-arcadi-di-terra-dotranto-8-x-donato-maria-capece-zurlo-di-copertino/
Per la nona parte (Giulio Mattei di Lecce):
http://www.fondazioneterradotranto.it/2019/09/28/gli-arcadi-di-terra-dotranto-9-x-giulio-mattei-di-lecce/  
Per la decima parte (Tommaso Perrone di Lecce): http://www.fondazioneterradotranto.it/2019/10/03/gli-arcadi-di-terra-dotranto-10-x-tommaso-perrone-di-lecce/  
Per l’undicesima parte (Ignazio Viva di Lecce): http://www.fondazioneterradotranto.it/2019/10/11/gli-arcadi-di-terra-dotranto-ignazio-viva-di-lecce-11-x/  
Per la dodicesima parte (Giovanni Battista Carro di Lecce): 
http://www.fondazioneterradotranto.it/2019/10/18/gli-arcadi-di-terra-dotranto-12-x-giovanni-battista-carro-di-lecce/ 
Per la tredicesima parte (Domenico de Angelis di Lecce): 
http://www.fondazioneterradotranto.it/2019/10/21/gli-arcadi-di-terra-dotranto-13-x-domenico-de-angelis-di-lecce-1675-1718/
Per la quattordicesima parte (Giorgio e Giacomo Baglivi di Lecce): 
http://www.fondazioneterradotranto.it/2019/10/26/gli-arcadi-di-terra-dotranto-14-x-giorgio-e-giacomo-baglivi-di-lecce/ 
Per la quindicesima parte (Andrea Peschiulli di Corigliano d’Otranto): http://www.fondazioneterradotranto.it/2019/10/31/gli-arcadi-di-terra-dotranto-15-x-andrea-peschiulli-di-corigliano-dotranto/
Per la sedicesima parte (Domenico Antonio Battisti di Scorrano): http://www.fondazioneterradotranto.it/2019/11/05/gli-arcadi-di-terra-dotranto-16-x-domenico-antonio-battisti-di-scorrano/
____________
1 Giovanni Mario Crescimbeni, L’Arcadia, Antonio de’ Rossi, Roma, 1711, p. 348
2 Vedi http://www.fondazioneterradotranto.it/2014/02/17/la-terra-dotranto-ieri-e-oggi-814-lecce/
3 Non è dato sapere se e quando uscì la seconda parte.
4 Al di là della rarità del volume, anche se l’avessi reperito in rete, non sarebbe stato possibile qui riprodurne e commentarne il contenuto, che occupa 144 pagine. Di seguito, però, riporto il sonetto  da Filippo dedicato al fratello Domenico ed inserito (nell’originale è a p. 140) nella parte che raccoglie la recensione delle opere di quest’ultimo a p. 260 del secondo volume di Le vite de’ letterati salentini, Raillard, Napoli, 1713:
Domenico fra tanti Archi ed illustri/trofei, che già leggesti onde fu Roma/adorna, or vedi al variar de’ lustri/spenti, ed appena il sito oggi si noma./Ma mirando gl’ingegni alti, ed illustri,/che furo, e che di lauro ornar la chioma,/eterni, e appar di fragili ligustri/avesser sciolta la terrena soma./Teco dirai, che non in bronzi, e in marmi/s’eterna il nome,od in sepolcri alteri:/ma ‘l saper sol può rintuzzar l’obblio.Ma più Signor da’ tuoi laudati carmi,/che per istudio altrui s’attende il rio/tempo già vinto, e che la fama imperi.
5 Epistole heroiche. Poesie di Lorenzo Crasso Napoletano Baba, Venezia, 1655; Poesie di Lorenzo Crasso barone di Pianura, Combi e la Noù, Venezia, 1663; Epistole heroiche. Poesie di Lorenzo Crasso Napoletano Baba, Venezia, 1665; Epistole heroiche. Poesie di Lorenzo Crasso Napoletano, Combi e la Noù, Venezia, 1667; Poesie di Lorenzo Crasso (terza edizione), Conzatti, Venezia, 1668;  Epistole heroiche. Poesie di Lorenzo Crasso Napoletano, Combi e la Noù, Venezia, 1678; Pistole eroiche. Poesie di Lorenzo Crasso Napoletano, Lovisa, Venezia, 1720
6 Giovanni Mario Crescimbeni, L’Arcadia, op. cit. p. 368
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Gli Arcadi di Terra d'Otranto (2/x) : Francesco Maria dell'Antoglietta di Taranto
di Armando Polito
Francesco Maria Dell’Antoglietta di Taranto (1674-1718) fu barone di Fragagnano. L’immagine di testa, tratta da Vittorio Spreti, Enciclopedia storico-nobiliare italiana, v. I, Milano, 1928, p. 402, mostra lo stemma di famiglia. Esso si presenta troncato nel 1° di azzurro ad un corvo di nero avente nel becco un anello di oro, accompagnato nell’angolo destro da un crescente d’argento avente fra le corna una stella di oro1; nel 2° di oro alla croce di rosso caricata nelle estremità da 4 stelle d’argento, e nel centro da una cometa del medesimo ed accompagnata nel lato destro superiore da un leone d’oro. Francesco Maria fu socio dell’Accademia degli Audaci di Taranto, degli Assecrati di Napoli e, infine, dell’Arcadia, in seno alla quale ebbe lo pseudonimo di Sorasto Trisio. Nella premessa ho anticipato che non per tutti i nomi arcadici appare agevole individuare l’etimo. È il caso dello pseudonimo del nostro autore: se per Sorasto mi pare plausibile mettere in campo la radice di Σώρα (leggi Sora), con riferimento non chiaro alla cittadina laziale, in unione ad un suffisso –άστης (leggi –àstes), che, però, in greco integra una radice verbale, per Trisio confido nell’aiuto di qualcuno che abbia dimestichezza con simili problemi.
Fu autore di diverse opere, alcune delle quali molto rare:
Estri di gioventu o’ vero Entusiasmi del genio, Cavallo, Napoli, 16972
Silla in Atene, Raillard, Napoli,. 17003
L’Arcadia coronata, s, n,, s, l., s. d.4
Vita di Antonio Bruni, Abri, Napoli, 17115
Poesie varie, Rosselli, Napoli, 17176
Orazione a’ sapientissimi, ed eruditissimi signori Accademici della Crusca, Chiriatti, Lecce, 17227
Vita di Antonio Caraccio (Lacone Cromizio) e Vita di Domenico De Angelis rispettivamente nel tomo I (pp. 331-336 e II (pp. 94-100) di Notizie istoriche degli Arcadi morti usciti per i tipi di Antonio De Rossi a Roma  nel 1720.
La sua produzione in versi comprende pure componimenti pubblicati in ordine sparso, tutti di carattere encomiastico, anche in opere di altri autori. Comincio proprio da quelli inseriti nella citata vita del Bruni (di seguito il frontespizio).
Alla fine del volume si legge: Se l’ozio, che mi si nega, e la mia giovanile età non permettono castigato un componimento, frà lo spazio di nove anni, supplirà alla debolezza della mia Penna l’eruditissimo Abate D.Domenico d’Angelis, nel Secondo Tomo delle Vite de’ Letterati Salentini8, mentre io divoto delle sue preclare virtù, venerando le ceneri illustri del celebrato Defonto, più col cuore, che con la mano, sospendo per orrevole ricordanza de’ Secoli avvenire questi lagrimevoli Aborti della mia Musa. 
Il lettore non si lasci ingannare da quel sospendo, qui sinonimo funebre di dedico. Seguono, infatti, i due componimenti che di seguito trascrivo (come per i successivi con le mie note in calce per renderne più agevole ed immediata la lettura) non prima di aver segnalato su Antonio Bruni http://www.fondazioneterradotranto.it/2016/08/30/antonio-bruni-1593-1635-manduria-suo-campione-vendite/.
Seguono, dettaglio per me un po’ narcisistico in linea con quanto osservato nella nota a all’ultima poesia commentata, anche se normale per il gusto del tempo (comunque preziosi perché ci tramanda nomi che altrimenti non avremmo conosciuto), alcuni componimenti in lode dell’Antoglietta, che, a loro volta precedono l’elenco, con cui il volume si chiude, delle opere a stampa e manoscritte del Bruni.
Apro una parentesi dicendo che il tarantino si sdebiterà sei anni dopo dedicando a Virginia Bazani de Gilles Cavazzoni ed a Rosa Agnese Brunichelli di Orvieto le Poesie varie, in cui inserì di ciascuna di loro un sonetto a lui dedicato. Li riporto entrambi nell’ordine.
Chiudo la parentesi su queste lodi al Dell’Antoglietta riproducendo le due ultime inserite nella Vita d’Antonio Bruni. Sono entrambe di Baldassarre Pisani, letterato napoletano di vent’anni più grande del tarantino.  La prima, un sonetto, è una prosopopea del Bruni sulla falsariga di quella dell’Antoglietta (VENERI armoniose), la seconda, un epigramma in distici elegiaci, accomuna nella fama il Bruni e l’Antoglietta.
Archiviata la Vita d’Antonio Bruni, continuo con la documentazione dei componimenti del Dell’Antoglietta sparsi qua e là.
Due sonetti dedicati ad Aurora Sanseverino sono in Alcuni componimenti poetici di Don Giuseppe Baldassare Caputo detto fra gli Arcadi Alamande per le faustissime nozze degli Eccellentissimi Signori Pasquale Gaetano d’Aragona Conte d’Alife e la Principessa Maria Maddalena di Croy de’ Duchi d’Aurè sorella della Serenissima Principessa Darmstatt dedicati alla Eccellentissima Signora la Signora D. Aurora Sanseverino de’ Principi di Bisignano, Duchessa di Laurenzano, ecc., Muzio, Piedimonte, 1711, pp. 19-20:
Un’ode epitalamica è in Vari componimenti per le faustissime Nozze degli Eccellentissimi Signori D. Niccolò Arrigo Loffredo Conte di Potenza, Marchese di Trevico. etc. e D. Ginevra Grillo de’ Marchesi di Chiarafonte, etc. raccolti dal Dott. Giuseppe Sorge Napoletano, Manfrè, Padova, 1712, s. p.:
Un sonetto è in Componimenti per le felicissime nozze degl’Illustrissimi ed Eccellentissimi Signori il Signor D. Andrea Imperiali Simiana Principe di Montefia, etc. et la Signora D. Anna Caracciolo de’ Principi della Torella, Felice Mosca,Napoli, 1717, p. 26:
Quattro sonetti sono in In Rime degli Arcadi, tomo VIII, Antonio de’ Rossi, Roma, 1720, pp. 320-322:
Un sonetto è in Francesco Maria Tresca, Rime, e prose in lode dell’invittissimo ed augustissimo Imperadore Carlo VI, Mazzei, Lecce, 1717, p. 262:
Un sonetto è in Francesco Maria Tresca, Rime, e prose in lode dell’invittissimo ed augustissimo Imperadore Carlo VI, Mazzei, Lecce, 1717, p. 262:
Il Tresca a p. 263 gli risponde con questo sonetto:
  Un sonetto è in Domenico De Angelis, Le vite de’ letterati salentini, parte II, Raillard, Napoli, 1713, p. 269:
Il componimento appena riportato appare come un attestato di riconoscenza nei confronti del De Angelis, che gli aveva dedicato nella prima parte uscita a Firenze (manca il nome dell’editore) nel 1710 la vita di Scipione Ammirato di Lecce (pp. 62-116)  e in questa seconda parte quella di Bonaventura Morone di Taranto  (pp. 103-134).
Un sonetto è in Agostino Gobbi, Rime d’alcuni illustri autori viventi aggiunte alla scelta d’Agostino Gobbi, parte IV, Baseggio, Venezia, 1727, p. 278:
  Non potevo non integrare la serie degli elogi espressi in versi nei riguardi dell’arcade tarantino  con un sonetto in vernacolo. Il contrasto con gli altri che abbiamo avuto occasione di leggere è evidente per lo stile tutt’altro che aulico e paludato e sorprendente per la persona da cui proviene, cioè Niccolò Capassi (1671–1744), poeta, teologo, letterato e giureconsulto. Qualcuno nel leggere il suo sonetto10 storcerà il naso ma bisogna riconoscere che il suo autore, una sorta di Sgarbi ante litteram …, ha scritto un pezzo di critica letteraria in cui stigmatizza il manierismo petrarchesco-marinista che contraddistingue la produzione arcadica:
  Più composto, invece, sullo stesso tema e con lo stesso destinatario, quest’altro sonetto, sempre del Capassi:
(CONTINUA)
Per la prima parte (premessa): http://www.fondazioneterradotranto.it/2019/07/08/gli-arcadi-di-terra-dotranto-premessa-1-x/
__________
­­­­­­­­­1 Secondo quanto si legge in Domenico Ludovico De Vincentiis, Storia di Taranto, Latronico, 1878, v. IV, p. 22, era questo lo stemma originario concesso nel 1477 a Donato Dell’Antoglietta ed a suo zio D. Antonio d’Ayello arcivescovo di Bari dal re d’Ungheria Mattia, presso il quale erano stati inviati come ambasciatori di re Ferrante.
2 Esemplari 2: Biblioteca statale del Monumento nazionale di Montecassino a Cassino e Biblioteca provinciale Nicola Bernardini a Lecce.
3 Esemplari 1: Biblioteca provinciale S. Teresa dei Maschi-De Gemmis, Bari.
4 Esemplari 2: Biblioteca provinciale Nicola Bernardini a Lecce e Biblioteca comunale Giosuè Carducci a Città di Castello.   
5 Esemplari 3: Biblioteca nazionale centrale a Firenze, Biblioteca provinciale Nicola Bernardini a Lecce e Biblioteca della Società napoletana di storia patria a Napoli.
6 Esemplari 2: Biblioteca pubblica arcivescovile Annibale De Leo a Brindisi e Biblioteca provinciale Nicola Bernardini a Lecce.
7 Esemplari 2: Biblioteca nazionale centrale di Firenze e Biblioteca comunale Giosuè Carducci a Città di Castello.
8 Nello stesso anno (1711) in cui uscì quest’opera dell’Antoglietta Domenico De Angelis pubblicò a Firenze (manca il nome dell’editore) la prima parte de Le vite de’ letterati salentini. Alla fine compare un Catalogo de’ Letterati Salentini che si conterranno nella Seconda Parte in cui il Bruni è presente ed un Catalogo degli Autori, che si conterranno nella Prima Parte dell’Istoria de’ Scrittori Salentini in cui il Bruni è  L’annuncio del De Angelis ripreso dall’Antoglietta resterà un pio desiderio perché tra le vite della seconda parte uscita a Napoli per Raillar nel 1713 manca quella del Bruni e la stessa annunciata Istoria non vedrà mai la luce.
9 Dunque fece parte della stessa accademia bolognese cui apparteneva Virginia Bazani de Gilles, di Mantova. Siccome, però, nella dedica della sua poesia all’Antoglietta nel volume del 1711 manca tale dato fra gli altri consimili, si deve concludere che l’ingresso dell’Antoglietta nell’Accademia dei Gelati avvenne non prima del 1711 e non dopo il 1717.   
10 Riporto il testo da I sonetti in dialetto napoletano di Niccolò Capassi, Napoli, Gennaro Reale, 1810, p. 237.
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