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Gli Arcadi di Terra d'Otranto (17/x): Filippo De Angelis di Lecce
di Armando Polito
Comincio da alcune incongruenze emerse nel corso della ricerca riportando  la scheda presente in Francesco Casotti, Luigi De Simone, Sigismondo Castromediano e Luigi Maggiulli, Dizionario biografico degli Uomini Illustri di Terra d’Otranto, a cura di Gianni Donno, Alessandra Antonucci e Loredana Pellè, Lacaita, Manduria, 1999, p. 132.
Premesso che l’Accademia dell’Arcadia di Napoli  non può valere che come la colonia Sebezia (che era la sezione napoletana dell’Arcadia di Roma), debbo dire che il presunto nome pastorale Ficandro non compare in nessun catalogo. Preciso, inoltre, che Domenico Andrea De Milo entrò nell’Arcadia col nome pastorale di Ladinio Bembinio il 23 marzo 16991.
Passo ora in rassegna alcune pubblicazioni che del nostro parlano e comincio proprio dal fondatore dell’Arcadia,  Giovanni Mario Crescimbeni, con quattro suoi contributi:
1) L’istoria della volgar poesia, Antonio de’ Rossi, Roma, 1714, p. 318: Nè meno onorato luogo avrà il cultissimo Rimatore Filippo De Angelis Leccese, allorché metterà al pubblico il suo Comento sopra il Sonetto Mentre che ‘l cor dagli amorosi vermi, il quale, siccome vien detto, è diviso in tre parti, contenenti, la prima la locuzione, la seconda l’artifizio, e la terza la sentenza. 
2) Comentari del canonico Giovanni Mario Crescimbeni custode d’Arcadia intorno alla sua Istoria della volgar poesia, Basegio, Venezia, 1730, volume  II, parte II, p. 267: Filippo De Angelis Leccese, tra gli Arcadi Licandro Buraichiano, ha dato alle stampe, tra le altre cose, un Volume di Rime; e il saggio è preso da i Codici manoscritti d’Arcadia.  Segue il saggio costituito da un sonetto sul quale tornerò più avanti. Qui, intanto, rilevo che Licandro corregge il Ficandro del Dizionario biografico citato all’inizio.
3) La bellezza della volgar poesia, Basegio, Venezia, 1730, p. 396: Licandro Buraichiano. D. Filippo de Angelis Napolitano. Prima aveva scritto Leccese; è vero, ma Napolitano qui sta per cittadino del Regno di Napoli.
4) L’Arcadia, Antonio de’ Rossi, Roma, 1711, p. 353: Licandro … D. Filippo De Angelis Napol.
In quest’ultimo volume il nostro risulta incluso tra gli iscritti all’Arcadia il 4 luglio 1701. Basterebbe questo dettaglio per correggere il secolo XVII della scheda del citato dizionario con XVII-XVIII, tanto più che non manca nell’elenco il simbolo relativo dell’eventuale avvenuto decesso alla data del 1711. Accanto al nome del nostro non compare, infatti, tale segno. I puntini di sospensione che seguono Licandro fanno pensare che alla data del 1711 non gli fosse stata ancora assegnata la seconda parte del nome pastorale, che di solito conteneva un riferimento topografico detto campagna.
Se Licandro fa pensare ad un composto dal greco λύκος (leggi liùcos), che significa lupo/lupa (con riferimento a Lecce2), e il tema ἀνδρ– (leggi andr-) di ἀνήρ (legi anèr), che significa uomo, per Buraichiano ipotizzerei una derivazione dal greco Βουραικός (leggi Buraikòs) fiume dell’Acaia, a sua volta dal nome della città Βούρα (leggi Bura).
Dopo aver integrato la scheda del citato Dizionario biografico … informando che le Rime uscirono per i tipi di Mutio a Napoli nel 1698, che il testo è molto raro (l’OPAC segnala la presenza di due soli esemplari:, entrambi nella  Biblioteca statale del Monumento nazionale di Montecassino a Cassino) e che il titolo originale è Prima parte delle rime di D. Filippo De Angelis dedicate al molto illustre signore il signore Paolo De Matthaeis3, Mutio, Napoli, 16984, riproduco e commento il testo del sonetto, saggio riportato dal  Crescimbeni e da me lasciato in sospeso, che sviluppa il consueto tema di una sorta di riconciliazione tra la religione pagana e la cristiana.
  Cercai, è ver, ma indarnoa, i fonti, e l’acque
del bel Parnasob, e la sacrata fronde
di monte in monte, e fra la terra, e l’onde,
ma stanco il corpo al fin dal sonno giacque.
Quando Donna regal, non so se nacque
simile al mondo ancor: – Tu cerchi altrondec
i lauri – disse – e i fonti; e l’almed sponde
del Tebroe lasci , e ‘l vero Apollof – e tacque.
E l’immago di te, Signorg sovrano,
mostrommi h tutta di piropii ardenti
fregiata, con le Muse intorno assisel.
Disse posciam: – Ogni luogo ermon, e lontano
ben riconosce le virtù splendenti
del mio gran Pietroo; ed io son Roma –  e rise.
_________
a invano
b Monte della Grecia consacrato ad Apollo ed alle nove Muse.
c altrove
d nobili
e Tevere
f dio
g Dio
h mi mostrò
i pietre preziose. Il piropo  è un minerale della famiglia dei granati; dal greco πυρωπός (leggi piuropòs) che alla lettera significa dallo sguardo di fuoco, composto da πῦρ (leggi piùr), che significa fuoco, e da ὄψ (leggi ops), che significa sguardo.
l sedute
m poi
n solitario
o S. Pietro
  Quanto al sonetto citato nel Dizionario biografico … e presente alla fine della Poesia di Lorenzo Grasso, preciso anzitutto che Grasso va corretto in Crasso,  che l’opera ebbe diverse edizioni, anche postume, con titoli diversi5 e che, comunque, Lorenzo morì nel 1681, quasi dieci anni prima che l’Arcadia fosse fondata,  ragion per cui il sonetto in questione esula, per motivi cronologici, dal taglio di questo lavoro.
Un altro sonetto ho reperito, invece, in Alcuni componimenti poetici di Giuseppe Baldassare Caputo detto fra gli Arcadi Alamande per le nozze degli Eccellentissimi Signori Pasquale Gaetano d’Aragona Conte d’Alife e la Principessa Maria Maddalena di  Croy de’ Duchi d’Aurè, sorella della Serenissima Principessa Darmstatt, dedicati alla Eccellentissima Signora la Signora D. Aurora Sanseverino de’ Principi di Bisignano, Duchessa di Laurenzano, etc., Muzio, Piedimonte, 1711, p. 15. A differenza di altri componimenti di altri autori inseriti in questa raccolta, in testa a questo c’è la dicitura Di Filippo De Angelis, senza aggiunta del nome pastorale. Tuttavia il fatto che Giuseppe Baldassare Caputo, abate napoletano, fosse arcade (col nome pastorale di Alamande  Meliasteo) dal 7 febbraio 17076 rende più probabile che si tratti proprio del leccese.
Gioisca lieto omaia il bel Tirreno
in questo giorno avventuroso, e caro;
ogni tristo pensier, fosco,  e amaro
sgombri il Sebetob dal profondo seno.
E ‘l gran Padre Ocean, la Scheldac appieno
faccian Eco gioconda al doppio, e raro
di virtù, di valor ben degno, e chiaro
essemplod, al cui lodar l’arte vien menoe.
E dove muore, e dove nasce il Sole
faccia pompaf Imeneog de l’almah, e illustre
coppia gentil, che qui s’ammira, e gode.
E risuoni con fama eccelsa, industre
Maddalena e Pascale; anzi in lor lode
s’alzi eterno trionfo, eterna molei.
__________
a ormai
b Fiume antico di Napoli. Tirreno e Sebeto sono legati alla figura dello sposo duca d’Alife (in provincia di Caserta).
c Fiume che attraversa Francia, Belgio e Paesi bassi. Ocean e Schelda qui sono legati alla figura della sposa di origine fiamminga.
d esempio
e la cui lode adeguata l’arte non è in grado di fare
f solenne celebrazione
g In origine personificazione del canto nuziale, poi dio conduttore dei cortei nuziali.
h nobile
i testimonianza
(CONTINUA)
Per la prima parte (premessa): http://www.fondazioneterradotranto.it/2019/07/08/gli-arcadi-di-terra-dotranto-premessa-1-x/   
Per la seconda parte (Francesco Maria dell’Antoglietta di Taranto):
http://www.fondazioneterradotranto.it/2019/07/15/gli-arcadi-di-terra-dotranto-2-x-francesco-maria-dellantoglietta-di-taranto/   
Per la terza parte (Tommaso Niccolò d’Aquino di Taranto):
http://www.fondazioneterradotranto.it/2019/07/23/gli-arcadi-di-terra-dotranto-3-x-tommaso-niccolo-daquino-di-taranto-1665-1721/   
Per la quarta parte (Gaetano Romano Maffei di Grottaglie): 
http://www.fondazioneterradotranto.it/2019/07/31/gli-arcadi-di-terra-dotranto-4-x-gaetano-romano-maffei-di-grottaglie/      
Per la quinta parte (Tommaso Maria Ferrari (1647-1716) di Casalnuovo): http://www.fondazioneterradotranto.it/2019/08/16/gli-arcadi-di-terra-dotranto-5-x-tommaso-maria-ferrari-1647-1716-di-casalnuovo/  
Per la sesta parte (Oronzo Guglielmo Arnò di Manduria,  Giovanni Battista Gagliardo, Antonio Galeota e Francesco Carducci di Taranto):
http://www.fondazioneterradotranto.it/2019/08/26/gli-arcadi-di-terra-dotranto-6-x-oronzo-guglielmo-arno-di-manduria-giovanni-battista-gagliardo-antonio-galeota-e-francesco-carducci-di-taranto/  
Per la settima parte (Antonio Caraccio di Nardò): http://www.fondazioneterradotranto.it/2019/09/17/gli-arcadi-di-terra-dotranto-7-x-antonio-caraccio-di-nardo/  
Per l’ottava parte (Donato Capece Zurlo di Copertino): http://www.fondazioneterradotranto.it/2019/09/21/gli-arcadi-di-terra-dotranto-8-x-donato-maria-capece-zurlo-di-copertino/
Per la nona parte (Giulio Mattei di Lecce):
http://www.fondazioneterradotranto.it/2019/09/28/gli-arcadi-di-terra-dotranto-9-x-giulio-mattei-di-lecce/  
Per la decima parte (Tommaso Perrone di Lecce): http://www.fondazioneterradotranto.it/2019/10/03/gli-arcadi-di-terra-dotranto-10-x-tommaso-perrone-di-lecce/  
Per l’undicesima parte (Ignazio Viva di Lecce): http://www.fondazioneterradotranto.it/2019/10/11/gli-arcadi-di-terra-dotranto-ignazio-viva-di-lecce-11-x/  
Per la dodicesima parte (Giovanni Battista Carro di Lecce): 
http://www.fondazioneterradotranto.it/2019/10/18/gli-arcadi-di-terra-dotranto-12-x-giovanni-battista-carro-di-lecce/ 
Per la tredicesima parte (Domenico de Angelis di Lecce): 
http://www.fondazioneterradotranto.it/2019/10/21/gli-arcadi-di-terra-dotranto-13-x-domenico-de-angelis-di-lecce-1675-1718/
Per la quattordicesima parte (Giorgio e Giacomo Baglivi di Lecce): 
http://www.fondazioneterradotranto.it/2019/10/26/gli-arcadi-di-terra-dotranto-14-x-giorgio-e-giacomo-baglivi-di-lecce/ 
Per la quindicesima parte (Andrea Peschiulli di Corigliano d’Otranto): http://www.fondazioneterradotranto.it/2019/10/31/gli-arcadi-di-terra-dotranto-15-x-andrea-peschiulli-di-corigliano-dotranto/
Per la sedicesima parte (Domenico Antonio Battisti di Scorrano): http://www.fondazioneterradotranto.it/2019/11/05/gli-arcadi-di-terra-dotranto-16-x-domenico-antonio-battisti-di-scorrano/
____________
1 Giovanni Mario Crescimbeni, L’Arcadia, Antonio de’ Rossi, Roma, 1711, p. 348
2 Vedi http://www.fondazioneterradotranto.it/2014/02/17/la-terra-dotranto-ieri-e-oggi-814-lecce/
3 Non è dato sapere se e quando uscì la seconda parte.
4 Al di là della rarità del volume, anche se l’avessi reperito in rete, non sarebbe stato possibile qui riprodurne e commentarne il contenuto, che occupa 144 pagine. Di seguito, però, riporto il sonetto  da Filippo dedicato al fratello Domenico ed inserito (nell’originale è a p. 140) nella parte che raccoglie la recensione delle opere di quest’ultimo a p. 260 del secondo volume di Le vite de’ letterati salentini, Raillard, Napoli, 1713:
Domenico fra tanti Archi ed illustri/trofei, che già leggesti onde fu Roma/adorna, or vedi al variar de’ lustri/spenti, ed appena il sito oggi si noma./Ma mirando gl’ingegni alti, ed illustri,/che furo, e che di lauro ornar la chioma,/eterni, e appar di fragili ligustri/avesser sciolta la terrena soma./Teco dirai, che non in bronzi, e in marmi/s’eterna il nome,od in sepolcri alteri:/ma ‘l saper sol può rintuzzar l’obblio.Ma più Signor da’ tuoi laudati carmi,/che per istudio altrui s’attende il rio/tempo già vinto, e che la fama imperi.
5 Epistole heroiche. Poesie di Lorenzo Crasso Napoletano Baba, Venezia, 1655; Poesie di Lorenzo Crasso barone di Pianura, Combi e la Noù, Venezia, 1663; Epistole heroiche. Poesie di Lorenzo Crasso Napoletano Baba, Venezia, 1665; Epistole heroiche. Poesie di Lorenzo Crasso Napoletano, Combi e la Noù, Venezia, 1667; Poesie di Lorenzo Crasso (terza edizione), Conzatti, Venezia, 1668;  Epistole heroiche. Poesie di Lorenzo Crasso Napoletano, Combi e la Noù, Venezia, 1678; Pistole eroiche. Poesie di Lorenzo Crasso Napoletano, Lovisa, Venezia, 1720
6 Giovanni Mario Crescimbeni, L’Arcadia, op. cit. p. 368
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gardenofkore · 3 years
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Anna Maria was born in Messina in 1672 to Paolo Arduino (or Ardoino) Patti, Prince of Polizzi and Marquis of Floresta as well as Grandee of Spain, and Giovanna Furnari (daughter of Duke Antonio of Furnari and belonging to a junior branch of the illustrious Sicilian House of Notarbartolo). She had two younger sibling, Margherita (who would marry Giuseppe Antonio Transo, Prince of Casalito) and Michele (who would inherit his father’s titles).
From a young age, she showed a particular interest and skill in music, dance, poetry and painting. Don Paolo, acknowledging his daughter’s talent, had her educated in literature and liberal arts. Growing up, she was admired both because her beautiful looks and her artistic skills. She was especially considered an accomplished embroiderer and writer (both in Italian and Latin, with Petrarca and Vergil’s styles as her inspiration).
In 1687, at 15 years old,  she wrote and dedicated some Latin poems to Holy Roman Emperor Leopold I and his wife, Empress Elonore Magdalene (“Rosa Parnassi plaudens triumpho imperiali S.M.C. invictissimi Leopoldi de Austria Romanorum Imperatoris etc., eiusque dignissimae uxoris Eleonorae Magdalenae Palatini Rheni”), which were later printed in Naples and even reported by Giovanni Mario Crescimbeni (one of the founder and leader of the Accademia dell’Arcadia) in his work Istoria della volgar poesia (1698, p. 228).
It’s reported Anna Maria could speak Latin, Greek, French and Spanish. She was also versed in philosophy and would perform in argumentations for which she would get praised by her erudite public. Finally, she appeared to have been a skilled amazon and very good at handling weapons, and this appeared to be the reason (or so essayist, politician and fellow Messinese Giuseppe La Farina reported in his Messina ed i suoi monumenti) Giovan Battista Ludovisi, widower (his first wife – who died in 1694- had been María Moncada de Silva, daughter of Guillén Ramón de Moncada y Castro, IV Marquis of Aytona) and Prince of Piombino, fell in love with her.
Giovan Battista was born in 1647 as the eldest child of Niccolò I Ludovisi and his third wife, Costanza Pamphili, niece of Pope Innocent X and daughter of the infamous Donna Olimpia Maidalchini (by many called la papessa, because of her great influence over her Papal brother-in-law, during whose pontificate she actively ruled over the Papal court and the whole Rome, amassing enormous wealth and many privileges).
Nicolò himself was related to a Pope, being the nephew of Pope Gregory XV (Bologna native born Alessandro Ludovisi), although he had received the title of Prince of Piombino through his second wife (ex uxor), Polissena de Mendoza-Appiani d’Aragona, hereditary Princess of Piombino and of the Isle of Elba. Since his son by Polissena, Filippo Gregorio, had died an infant, (his first wife Isabella Gesualdo had bore him a daughter, Lavinia, who would die in 1634), Nicolò had inherited the title and, when he died in 1664, he passed it to his eldest son Giovan Battista.
Anna Maria and Giovan Battista married in 1697 and moved to Rome. The new Princess of Piombino had been so well-liked by her fellow countrymen, that many Messinese poets dedicated her auspicious verses, wishing her a safe journey and a successful life in Rome.
Finally settled in her new home, she was soon to be noticed and appreciated by the Roman society. That same year, she received the honour of becoming a member of the Accademia dell’Arcadia, assuming the pastoral name of Getilde Faresia, and writing many sonnets and poems both in Latin and Italian.
Her husband had one of her musical dramas, I rivali gelosi, performed in the magnificent garden of his Roman family mansion. Giovan Battista Ludovisi might have been a dedicated partner, but he was mostly known by his contemporaries for being a womanizer and a squanderer, having been forced to sell many of his lands due to his prodigality and incompetence in the management of his family’s property.
One year after the wedding, Anna Maria gave birth to a baby boy Niccolò. Unfortunately (or luckily, given Giovan Battista’s history in administering the Ludovisi’s belongings) marriage life would be cut short as the Prince of Piombino died on August 29th 1699, leaving a young widow and an even more younger heir.
Baby Niccolò became the new Prince of Piombino and his mother assumed the regency of the Principality, although for a very short period. The child died on January 17th, 1700 and Anna Maria (who must have been heartbroken) followed him shortly, dying in Naples on December 29th of the same year. She was 28.
Mother and son were buried in the Church of San Diego all’Ospedaletto. Their graves are ornated with two marbled bas-reliefs sculpted by Giacomo Colombo, with Anna Maria portrayed in half-bust, while Niccolò in full-length.
The Principality of Piombino was then inherited by the child’s aunt, Olimpia Ludovisi, Niccolò I’s eldest daughter. Unlike her younger sisters, she had chosen to become a nun (taking the name of Suor Anna) and so she ruled her lands from her Roman nunnery of Tor de’ Specchi. The religious Princess wouldn’t govern for long as she outlived her nephew for less than a year (she died on November 27th 1700). She was succeeded by her younger living sister, Ippolita (Lavinia, Niccolò I’s second daughter, had died in 1682). With Ippolita I the Ludovisi branch of the Principality of Piombino became extinct. With her daughter and heir, Maria Eleonora, started the line of the Boncompagni Ludovisi who would rule over Piombino (with only the short Napoleonic interval) until the Congress of Vienna after which the Principality would be annexed to the Gran Duchy of Tuscany.
Sources
Anna Maria Ardoino Ludovisi in Donne in Arcadia
Anna Maria Arduino. La ��Getilde Faresia” dell’Accademia romana dell’Arcadia
Arduino Anna Maria, Prologo da rappresentarsi nell'opera intitolata Li riuali generosi. Dramma per musica da recitarsi nel giardino Ludouisio. Composto da donna Anna Maria Ardoino Ludouisi principessa di Piombino, frà gl'Arcadi Getilde Faresia
Brunelli Giampiero, LUDOVISI, Niccolò, in Dizionario Biografico degli Italiani, vol 66
Calabrese Maria Concetta, La ricomposizione del ceto dirigente messinese dopo la rivolta, tra guerra di successione e restaurazione borbonica: Francesco Avarna
Cicciù Consolato, Personaggi storici messinesi, la storia di Anna Maria Arduino: dalla passione per pittura e poesia in gioventù alla prematura morte
Crescimbeni Giovanni Mario, Istoria della volgar poesia, p. 228
Ferri Leopoldo, Biblioteca Femminile Italiana, p. 23-24
Fumia Alessandro, Le grandi donne messinesi: Anna Maria Arduino
Gaetani Francesco Maria Emanuele, Della Sicilia nobile, II, p. 386-387
Giannoni Luciano, Un testone inedito di Giovan Battista Ludovisi
Grosso Cacopardi Giuseppe, Memorie de' pittori messinesi e degli esteri che in Messina fiorirono dal secolo XII. sino al secolo XIX. ornate di ritratti, p. 205-206
La Farina Giuseppe, Messina ed i suoi monumenti, p. 7
Mongitore Antonino, Bibliotheca Sicula sive De scriptoribus Siculis: qui tum vetera, tum recentiora saecula illustrarunt, I, p. 37
New from 1701-1714: Royal letters (including from Louis XIV of France) to Ippolita Ludovisi, Princess of Piombino
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eventinews24 · 3 years
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"Dante per tutti" al Teatro Flavio il 16 dicembre 2021
“Dante per tutti” al Teatro Flavio il 16 dicembre 2021
Dante per tutti al Teatro Flavio: Pier delle Vignee la leggenda del diavolo in fuga Nuovo appuntamento della rassegna dantesca in programma al Teatro Flavio fino a maggio 2022 Roma, 16 dicembre 2021, ore 21Teatro Flaviovia Giovanni Mario Crescimbeni 19, Roma Il quarto appuntamento della stagione di Dante per tutti al Teatro Flavio si terrà giovedì 16 dicembre, alle ore 21.00. In programma la…
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qdmnotizie-blog · 6 years
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CINGOLI, 30 ottobre 2018 – Grande entusiasmo a Cingoli per il volume “1968-2018, 50 anni insieme”, pubblicato dalla locale sezione, dedicata ad Antonio Galloppa. Domenica scorsa, 28 ottobre, infatti, è stato presentato il libro al Teatro Farnese da parte degli autori Floriana Crescimbeni (presidente della sezione), Pier Giuseppe Alfei, Gastone Corti, Giovanni Sbergamo e Sabrina Nocelli.
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Tanti cingolani e tante autorità hanno partecipato all’appuntamento. Dopo il saluto della presidente, gli autori hanno illustrato il volume. “Rivolgo il mio più vivo ringraziamento – queste le parole di Floriana Crescimbeni – a tutti coloro che hanno reso possibile questo pomeriggio: ai donatori, agli ospiti intervenuti, al gruppo di lavoro, alla Corale, al Teatro Liolà, a Simone Massaccesi, e Francesco Cardarelli, agli sponsor: alle ditte RIMAR, di Trillini Emanuela, impresa edile Carlo Crescimbeni, caffè del Duomo di Patty Compagnucci.
Presso la biblioteca “Ascariana” di Cingoli è stato depositato un dvd con contenente le immagini, gli articoli della rassegna stampa e le fotografie.” Erano presenti alla presentazione, salutando brevemente la platea, Angelo Sciapichetti, assessore regionale, Silvano Gironacci, presidente provinciale Avis di Macerata, Enrico Morli, direttore sanitario Avis regionale Marche, Mario Argentati del Csv regione Marche, Bruno Dottori, presidente Avis di Jesi.
Il sindaco, Filippo Saltamartini, ha ringraziato l’associazione per il prezioso contributo alla comunità. Sono intervenuti anche gli inviati delle testate locali Gianfilippo Centanni (Resto del Carlino) e Giacomo Grasselli (Qdmnotizie), il parroco, Don Patrizio Santinelli, gli ex sindaci Leonardo Lippi ed Emanuela Branchesi.
Erano presenti anche i presidenti dell’Aido e della Croce Rossa cingolane, dott. Enrico Montecchiesi e Maurizio Massaccesi, il direttore dell’Area Vasta 3, Alessandro Maccioni, il dirigente scolastico dell’Istituto alberghiero “Varnelli”, prof.ssa Maria Rosella Bitti, il dottor Ioanis Giannullis del Centro Trasfusionale Jesi, insieme vari membri di comitati ed associazioni locali.
Nella seconda parte dell’evento la Corale Polifonica Cingolana – diretta dal maestro Ilde Maggiore – ha eseguito alcuni brani e l’inno composto appositamente per la sezione Avis di Cingoli, con parole e musica del maestro Rossella Maggiore ed armonizzazione della sorella Ilde. Enrico Borsini, Gioia Soldi, Brunella Giulioni e Giovanni Sbergamo, del teatro Liolà, hanno declamato alcuni brani tratti dal libro.
La curiosità dei presenti è stata scandita anche da tanta emozione nel sentire i nomi di molti cingolani e nello sfogliare le pagine del volume, ammirando la ricca galleria fotografica con tanti volti di personaggi locali che hanno fatto la storia dell’AVIS. In particolare si ricordano su tutti il dottor Elio Marconi, fondatore della sezione, e Gigi Galloppa, per molti anni alla guida del sodalizio. Un caloroso saluto denso di affetto è stato riservato a Stefania Galloppa, figlia di Gigi e sorella di Antonio (a cui è dedicata la sezione), anche lei presente all’incontro insieme al marito e al figlio.
L’onda dei ricordi è stata di certo il filo conduttore dell’evento e molte sono state le attestazioni di stima e di compiacimento per la qualità dell’organizzazione e per il notevole interesse che il libro ha suscitato, contenente un centinaio di articoli ed oltre mille fotografie, redatto con molta cura, competenza e professionalità.
  Giacomo Grasselli  
© RIPRODUZIONE RISERVATA
CINGOLI / 50 ANNI DI AVIS, IL LIBRO RACCONTA UNA STORIA BELLA (FOTOGALLERY) CINGOLI, 30 ottobre 2018 – Grande entusiasmo a Cingoli per il volume “1968-2018, 50 anni insieme…
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themaxshow-blog · 6 years
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GIANO BIFRONTE 2018
  Dal 24 al 30 settembre 2018 presso il Cinema Teatro "FLAVIO"
  FESTIVAL "GIANO    BIFRONTE"
  L'altra faccia del cinema .Cineasti del cinema invisibili.
Il Festival che promuove il cinema italiano che non trova spazio ed occasione di visibilità nei circuiti canonici attraverso la selezione di 9 (nove) film lungometraggi abbinati a 9 (nove) cortometraggi, scelti con particolare attenzione per quelli realizzati nella Regione Lazio.Un'occasione unica per far conoscere le opere che, per diverse ragioni, non hanno avuto una  promozione adeguata.Per informazioni:   
Via Giovanni Mario Crescimbeni,19 - Roma    Tel. 06 70497905    mail: [email protected]    Teatro Flavio: www.teatroflavio.it
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Gli Arcadi di Terra d'Otranto: Ignazio Viva di Lecce (11/x)
di Armando Polito
Giovanni Mario Crescimbeni, il fondatore dell’Arcadia nel 1690, ci informa che Verino Agrotereo. D. Ignazio Viva Leccese Barone di Specchiarosa Rap. Col. Clem. entrò in Arcadia il 17 marzo 16991 e che faceva parte della Rappresentanza Stravagante fondata nell’Accademia di tal nome composta di Convittori nel Collegio Clementino di Roma, che ha due luoghi, à 24 d’Aprile 16952.
Domenico De Angelis, in Le vite e’ letterati salentini, Raillard, Napoli, 1713 gli dedicò la Vita di Ascanio Grandi (pp.  135-165). Di seguito la p. 135.
E a p. 138 della dedica si legge: Di quanto godimento si riempiva spesso l’animo mio, e di tutti quei Leccesi, che gli anni passati dimoravano in Roma, mentre, trattenendovi voi per Convittore nel nobilissimo Collegio Clementino, eravate lo scopo di tutte le lodi de’ primi, e più ragguardevoli Personaggi di quella Corte; ed io mi ritrovai più d’una volta presente agli applausi, che da ogn’uno vi venivano  fatti, per l’incomparabile maestria, colla quale eravate solito di comparire pubblicamente in tutti gli essercizi cavallereschi, e in tutte le funzioni letterarie.
Per quanto riguarda i nomi pastorali: per Verino qualsiasi proposta è una pura illazione (come supporre che il riferimento sia a Maria Francesco de’ Vieri detto il Verino secondo, autore di Discorsi. Delle meravigliose opere di Pratolino e d’Amore uscito a Firenze per i tipi di Marescotti nel 1587); più probabilità di cogliere nel segno per Agrotereo, che pare ulteriore sviluppo aggettivale (con aggiunta di un suffisso latino) dell’aggettivo greco ἀγρότερος  (leggi agròteros), che significa campestre.
Di lui ho reperito solo tre sonetti.
Il primo è in Raccolta di componimenti in Lode di sua Eminenza il Cardinale D. Arrigo Enriquez per la di Lui Promozione al Cardinalato indirizzata al medesimo da Giacinto Viva Consolo dell’Accademia de’ Spioni di Lecce, Domenico Viverito, Lecce, 1754, s. p.3
  Signor, per l’opre tue pe ‘l tuo gran cuore
corre superbo il Tago, e L’Ebroa e spande
ciascun tue glorie eccelse, e memorande
e contende all’Italia il sommo onore.
Era dover che Iberiaa il primo amore
di te godesse, e ch’ella alle ghirlande
guatassea come al fonte, onde quel grande
tuo Regio sangue trasse lo splendore.
Roma or ti vuol, deh! Vanne. Ivi è ben giusto
che tu coll’opre della dotta mano
d’onor, di palmed ne divenghi onustoe.
Ogn’un del Tebro fa un guardo tuo sovrano
diverrà Catog al senno, al cuore Augusto
e nuove glorie avranneh il Vaticano.
_______
a Il Tago e l’Ebro sono i due maggiori fiumi della Spagna, paese d’origine dell’Enriquez.
b la Spagna
c guardasse
d riconoscimenti
e carico
f ciascun cittadino romano (Tebro per Tevere).
g Catone; Marco Porcio Catone (III-II secolo a. C.) detto anche il Censore o il Sapiente per la strenua difesa dei valori tradizionali della romanità.
h ne avrà
  Il secondo è in Romualdo Silvio Pascali, Per la felicissima venuta in Napoli dell’Invittissimo Carlo Borbone Re delle due Sicilie ecc. orazione ed una raccolta di vari componimenti poetici, Abri, Napoli, 1734, p. 7
  Spuntò per Noi quel fortunato giorno,
in cui ti accolse, o CARLO, il nostro amore.
Ti precede la fama e ‘l tuo valore
la sparse poi con le Vittorie intorno.
Per te, Signore, or d’alti pregi adorno
sen va il Sebetoa al mar carcob di onore,
più del Tebro, e del Tagoc il suo splendore
or vanta, e alterod mostra il tuo soggiorno.
Per te l’Italia i prischi allorie suoi
rinnovati vedrà, Tu l’assecuri,
che in te ravvisaf i trapassatig Eroi.
Per te vedrem ancor con lieti auguri
surteh le glorie de grand’Avi tuoi,
e pieni di speranze i dì futuri.
________
a Antico fiume di Napoli.
b carico
c Vedi la nota a del componimento precedente.
d fiero
e le antiche glorie
f riconosce
g morti
h risorte
  Il terzo è in Pompa accademica celebrata nel di primo d’ottobre natale dell’augustissimo imperadore Carlo VI re di Spagna per l’anno MDCCXXI nella sala del castello di Lecce da D. Magin De Viles preside di questa provincia consagrata all’eminentis. principe Michele Federico del titolo di S. Sabina Prete Cardin. de’ Conti d’Althann, Nuova stampa del Mazzei, Lecce, 1721, p. 52.
  In così lieto avventuroso giorno
gioir l’Arcadia co’ i pastor si vede,
cheto ‘l Mar, chiaro il fiume, il colle adorno,
e si bacian tra lor Giustizia, e Fede.
Grida il Pastor: – Quel dì fa a noi ritorno
in cui nacque a noi CARLO; itea al suo piede
spargendo lauri, e palme, al sogliob intorno
ove Clemenza, e Maestà risiede -.
Io, poi ch’altro non posso, il più bel teloc
prendo di mia faretra, e – CARLO – esclamo,
e CARLO in ogni tronco, e foglia scrivo.
Così crescendo il nome al tronco, al ramo
di cedro, palma,platano, e d’ulivo,
col favor delle piante io l’ergod al Cielo.
_________
a andate
b seggio
c dardo; dal latino telu(m).
d elevo
  _________
1 Giovanni Mario Crescimbeni, L’Arcadia, Antonio de’ Rossi, Roma, 1711, p. 348: Verino Agrotereo. D. Ignazio Viva Leccese Barone di Specchiarosa Rap. Col. Clem.
2 Giovanni Mario Crescimbeni, La bellezza della volgar poesia, Basegio, Venezia, 1730, pp. 433-434.
3 Nel volume è riportato pure un sonetto di un altro arcade leccese, Tommaso Perrone (Edisio Atteo), per il quale vedi http://www.fondazioneterradotranto.it/2019/10/03/gli-arcadi-di-terra-dotranto-10-x-tommaso-perrone-di-lecce/.
  (CONTINUA)
Per la prima parte (premessa)
http://www.fondazioneterradotranto.it/2019/07/08/gli-arcadi-di-terra-dotranto-premessa-1-x/     
Per la seconda parte (Francesco Maria dell’Antoglietta di Taranto):
http://www.fondazioneterradotranto.it/2019/07/15/gli-arcadi-di-terra-dotranto-2-x-francesco-maria-dellantoglietta-di-taranto/ 
Per la terza parte (Tommaso Niccolò d’Aquino di Taranto)
http://www.fondazioneterradotranto.it/2019/07/23/gli-arcadi-di-terra-dotranto-3-x-tommaso-niccolo-daquino-di-taranto-1665-1721/ 
Per la quarta parte (Gaetano Romano Maffei di Grottaglie)  
http://www.fondazioneterradotranto.it/2019/07/31/gli-arcadi-di-terra-dotranto-4-x-gaetano-romano-maffei-di-grottaglie/    
Per la quinta parte (Tommaso Maria Ferrari (1647-1716) di Casalnuovo): http://www.fondazioneterradotranto.it/2019/08/16/gli-arcadi-di-terra-dotranto-5-x-tommaso-maria-ferrari-1647-1716-di-casalnuovo/
Per la sesta parte (Oronzo Guglielmo Arnò di Manduria,  Giovanni Battista Gagliardo, Antonio Galeota e Francesco Carducci di Taranto) : http://www.fondazioneterradotranto.it/2019/08/26/gli-arcadi-di-terra-dotranto-6-x-oronzo-guglielmo-arno-di-manduria-giovanni-battista-gagliardo-antonio-galeota-e-francesco-carducci-di-taranto/
Per la settima parte (Antonio Caraccio di Nardò): http://www.fondazioneterradotranto.it/2019/09/17/gli-arcadi-di-terra-dotranto-7-x-antonio-caraccio-di-nardo/
Per l’ottava parte (Donato Capece Zurlo di Copertino): http://www.fondazioneterradotranto.it/2019/09/21/gli-arcadi-di-terra-dotranto-8-x-donato-maria-capece-zurlo-di-copertino/
Per la nona parte (Giulio Mattei di Lecce): http://www.fondazioneterradotranto.it/2019/09/28/gli-arcadi-di-terra-dotranto-9-x-giulio-mattei-di-lecce/
Per la decima parte (Tommaso Perrone di Lecce): http://www.fondazioneterradotranto.it/2019/10/03/gli-arcadi-di-terra-dotranto-10-x-tommaso-perrone-di-lecce/
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Gli Arcadi di Terra d'Otranto: premessa (1/x)
di Armando Polito
Il presente lavoro, in fieri per quanto riguarda alcuni autori (da qui la x provvisoria del titolo), si propone di dare un quadro per quanto possibile completo della partecipazione salentina alla famosa accademia fondata a Roma da Giovanni Mario Crescimbeni e Vincenzo Gravina il 5 ottobre 1690. Di seguito lo stemma come appare nei frontespizi di Istoria della volgar poesia, Chracas, Roma, 1698 e L’Arcadia, De’ Rossi, Roma, 1711, entrambe opere del Crescimbeni.
La difficoltà maggiore per chi affronta un’indagine simile è data dal fatto che gran parte della produzione strettamente arcadica dei singoli autori, costituita, fra l’altro di occasionali componimenti celebrativi, si presenta ospitata in raccolte altrui o in miscellanee, il che ne rende difficoltoso il reperimento. Per questa ragione ogni scheda sul singolo autore conterrà non solo le informazioni essenziali sul suo conto ma anche un’antologia dei componimenti sparsi, corredati, laddove mi è sembrato opportuno, delle mie note. Com’è noto, ogni socio dell’Arcadia (pastore) assumeva al momento di entrarvi  uno pseudonimo costituito da due elementi di derivazione greca (ma la forma suppone un intermediario latino): il primo spesso connesso con  un personaggio della poesia pastorale greca o latina (Teocrito, Mosco e Bione per la prima, Virgilio per la seconda), il secondo con valore aggettivale indicante per lo più derivazione geografica. Sempre proposito del secondo componente dello pseudonimo, non sono rari i casi della sua assenza nei cataloghi più datati, segno evidente che, col passare del tempo i nomi geografici connessi con la regione greca dell’Arcadia ancora disponibili diventavano sempre meno numerosi. Non sempre, come vedremo,  è agevole rinvenire la fonte dell’uno o dell’altro o, addirittura, di entrambi e, in assenza, a quanto ne so, di un lavoro specifico in tal senso, ho ritenuto opportuno farlo almeno per i nostri autori. E questo, probabilmente, è l’unico dettaglio originale della mia fatica. L’Arcadia al suo interno annoverava numerose sezioni (colonie) nate in tempi e luoghi diversi e proprio al luogo di origine o, in un certo senso, di competenza amministrativa o di formazione culturale o realizzazione professionale, era legata l’appartenenza di questo o quel pastore ad una colonia.
Così i pastori salentini appartennero alla colonia Sebezia fondata in Napoli il 17 agosto 1703 da Biagio Majola de Avitabile nativo di Agerola. Di seguito lo stemma tratto dalla sua opera Componimenti in lode del nome di Filippo V monarca delle Spagne, recitati dagli Arcadi della Colonia-Sebezia Il dì 2 di Maggio 1706 nel Regal Palagio e pubblicati per ordine di Sua Eccellenza dal Dottor Biagio Majola De Avitabile, Vice-Custode della stessa colonia, Parrino, Napoli, 1706.
La colonia prese il nome dal Sebeto, fiume che bagnava l’antica Napoli. La sua esistenza sarebbe provata da un obolo coniato a Napoli nel IV secolo a. C., che mostra al dritto una testa giovanile di divinità fluviale con corno in fronte, benda tra i capelli e intorno la legenda ΣΕΠΕΙΘΟΣ (leggi Sepeithos); al rovescio una ninfa alata  seduta su una hydria rovesciata e intorno, ΝΕΟΠΟΛΙΤΕΣ (leggi Neopolites).
Nello stemma della colonia arcadica napoletana il giovane dio è sostituito da un vecchio, operazione questa già avvenuta nel 1635  nella Fontana del Sebeto
e che sarà ripresa, con maggiore fedeltà rispetto allo stemma della colonia arcadica,  nella monetazione di Carlo III di Borbone (di seguito una piastra del 1734).
Per completezza va detto che lo stemma originale della colonia del 1706 subì un’evoluzione con l’aggiunta di Pan che impugna la siringa e di tre angeli (una sorta di sincretismo religioso tra il mondo pagano e quello cristiano), come attesta quello presente nel frontespizio di  Apertura della colonia Sebezia fatta in occasione del glorioso arrivo dell’Eccellentissimo Signore D. Giulio Visconti Borromeo, Arese, Cavaliere del Tefon d’oro, Consigliero intimo di Stato, Maresciallo etc., Vicerè, Luogotenente e Capitan Generale del Regno di Napoli, Firenze, 1733, che di seguito riproduco.
Come si conviene alle migliori trasmissioni televisive, anticipo il contenuto della prossima puntata che aprirà la serie degli Arcadi di Taranto e provincia con Francesco Maria dell’Antoglietta. Si passerà poi agli Arcadi di Brindisi, Lecce e relative provincie. Se già questa premessa appare poco stimolante, prego il lettore di dirmelo chiaramente in un suo commento; gli sarò immensamente grato per avermi fatto capire che è meglio che l’in fieri resti tale per sempre …
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Taranto ed Ebalo: un mito sempre vivo
di Armando Polito
Su Ebalo e derivati non mi pare il caso di ripetere quanto ho avuto occasione di scrivere in https://www.fondazioneterradotranto.it/2019/01/08/taranto-piazza-ebalia-le-origini-di-un-toponimo/.
Rischierei, da parte di chi a suo tempo mi lesse, l’accusa di autoriciclaggio o, se preferite, di autocopia-incolla, oppure di avanzata arteriosclerosi …
A chi, invece, sente questo nome per la prima volta e non vuole precludersi la possibilità di comprendere più agevolmente quanto dirò, faccia una visita preliminare al link appena segnalato.
E allora? Qui integrerò aggiungendo i riferimenti testuali ad un autore lì citato con scarne notizie e presentando ex novo un altro più vicino a noi.
Tommaso Niccolò d’Aquino (1665-1721) nel 1706 entrò nell’Arcadia ed assunse lo pseudonimo di Ebalio Siruntino1. Fu sindaco di Taranto, subentrando al padre, nel 1705-1706. In vita non pubblicò nulla. Il suo Deliciae Tarentinae, il cui autografo risulta disperso, fu pubblicato per i tipi della Stamperia Raimondiana a Napoli nel 1771 da Cataldantonio Artenisio Carducci (1733-1775), che lo corredò di traduzione in endecasillabi del testo latino in esametri e di commento.
Ne riporto fedelmente i versi che ci interessano, con la mia traduzione perché quella del Carducci raramente coincide con l’estensione del verso originale:
LIBRO I
1 Oebaliae canimus silvas, bimarisque Tarenti (Cantiamo le selve di Ebalia e di Taranto dai due mari)
82 magna per Oebalios volant examina campos (grandi sciami volano per i campi ebalii)
137 explicat, Oebaliae qua surgunt moenibus arces (elargisce, per dove le rocche di Ebalia sorgono con le loro mura)
151 Oebalii exultant, et amabilis ora Phalanti (esultano gli Ebalii e l’amabile contrada di Falanto)
166 Oebaliam iuxta, nec longo dissita tractu (Presso Ebalia, né lontana per lungo tratto)
232 Oebalias parit, unda tamen sua munera nutrit ([il clima caldo] genera le ebalie [qualità], l’onda tuttavia nutre i suoi doni)
237 Perpetuus micat Oebaliae thesaurus aquarum (In Ebalia brilla il perpetuo tesoro delle acque)
244 Oebaliam propter felicibus ora fluentis (presso Ebalia una contrada dalle copiose acque)
298 Alluit Oebaliam longi molimine tractus (Bagna Ebalia un corso d’acqua dal lungo tratto con argine)
326 Oebaliam ingreditur, secum arcubus ipsa triumphans [l’acqua entra in Ebalia, trionfando essa stessa con getti arcuati)
335 civibus Oebaliis: agitant sub nocte choreas (per i cittadini ebalii: di notte intrecciano le danze)
372 appulit Oebalios fines spartana iuventus (la gioventù spartana
437 Oebalii plaudunt, tolluntque ad sidera nomen (Gli Ebalii applaudono ed elevano il nome alle stelle)
456 Instant adversi Oebalii, ferroque coruscant (Gli Ebalii oppongono resistenza e brillano nell’armatura)
493 nutriit Oebaliae divino nectare alumnos (nutrì gli allievi col divino nettare di Ebalia)
544 Oebalii: fors astra, novo seu Cinthia ([del mare] di Ebalo: per caso gli astri o la luna col nuovo)
LIBRO II
4 sit pecori: Oebalio quanta experientia nautae (ci sia per il gregge di Nereo; quanta esperienza per il marinaio ebalio)
35 Oebalius certo piscator tempore jactat (il pescatore Ebalio in tempo opportuno getta)
72 Oebalio illuxit quondam medicata veneno (trattata col veleno ebalio un tempo superò)
263 Oebaliae servant, riguo data munera coelo (custodiscono [le conchiglie] di Ebalia, doni concessi dal cielo ricco di piogge)
269 vir fuit Oebaliae quo non praestantior alter (ci fu un uomo di Ebalia del quale un altro non fu più forte)
459 Oebalio vel quae nascantur in aequore conchae (di Ebalia o le conchiglie che nascono in mare)
473 O decor Oebaliae, si quid mea carmina possunt (O decoro di Ebalia, se i miei canti possono qualcosa)
611 Oebaliam pacis regat inviolabile foedus (un inviolabile patto regga la pace ebalia)
LIBRO III
23 te vocat Oebaliae lucus, te nota Galaesi (te chiama il bosco di Ebalia, te le note del Galeso)
51 Oebalii, generose, soli tu numine vindex (tu, o generoso, vendicatore con la tua potenza del suolo ebalio)
82 quae Oebalios fines oris accedat Hyberis (che dalle coste iberiche approdi ai confini ebalii)
468 panditur Oebaliis, frondentibus undique ramis (si apre agli ebalii, mentre da ogni parte verdeggiano i rami)
LIBRO IV
12 Oebaliae assurgunt tibi prata nitentia gazis (sorgono per te i prati ebalii splendenti di ricchezze)
24 Oebalios per agros, Coelum ditavit amicum (per le campagne ebalie arricchì il clima favorevole)
35 laudibus Oebaliae certent. Rhodos aurea neve (potrebbero gareggiare con le lodi di Ebalia. né Rodi con l’aurea neve)
65 Italicus sic Oebalios ad sidera lucos (così Italicoquesti boschi alle stelle)
72 visitur Oebalium variabile floribus arvum (vien vista la campagna ebalia ricca di fiori)
111 Oebalias inter silvas celebrabitur Hymen (tra le selve ebalie sarà celebrato l’imeneo)
158 Oebaliae nunc silva, et nostri placet aura recessus (piace ora la selva di Ebalia e il clima del nostro erifugio)
168 jugiter Oebaliis spes prodiga nata secundo (subito la prodiga speranza nata agli ebalii col favorevole)
273 Oebalii vernare horti, vernare recessus (rinverdire i giardini ebalii, rinverdire i rifugi)
313 dulce solum Oebaliae, et foecunda fruge superbit (dolce il suolo d’Ebalia e sarà orgoglioso dell’abbondante messe)
359 caesa gravi, queis Oebaliae praecepta ministrans (intagliati nel duro i precetti con i quali insegnando  ad Ebalia)
393 Hannibal Oebalius tollit victricia signa (l’ebalio Annibale solleva le insegne vittoriose)
419 Oebaliam reperet, praeeritque potentibus armis (entrerà in Ebalia e dominerà con le potenti armi)
423 attulit Oebaliae, et victricia cornua miscens (
431 Oebaliae plaudent arces, collesque supini (applaudiranno le rocche di Ebalia e gli inclinati colli)
448 Hoc reget Oebaliam, gaudens sua sceptra, caputque (questo reggerà Ebalia godendo il suo scettro e la testa)
464 Hoc genus Oebaliae praeerit, vix Regis habenas (questa stirpe reggerà Ebalia, a stento le redini del re)
503 haesit et Oebalio nimium dilecta Phalanto (restò unita e troppo amata dall’ebalio Falanto)
507 gloria, et Oebalii cecidit laus pristina fastus (la gloria e cadde la primitiva lode del fato ebalio)
515 Haec super Oebaliis ludens ad barbita plectro (queste cose sugli ebalii dilettandomi col plettro alla cetra)
Nel 1964 il tarantino Carlo D’Alessio rinveniva a Roma tra alcuni manoscritti arcadici Galesus piscator, Benacus pastor, ecloga del D’Aquino che venne pubblicata a cura di Ettore Paratore per i tipi di Laicata a Manduria nel 1969 con traduzione in prosa dell’originale latino in esametri (uno incompleto, in gergo tecnico tibicen=puntello: il v. 18). Procedo come sopra:
106 curabo, Oebaliumque Galesum hic Arcades inter (mi prenderò cura, e qui tra gli Arcadi che l’ebalio Galeso)
116 muricis Oebalii Clamydes, haec munera tandem ([mantelli tinti col colore] della conchiglia ebalia, questi doni finalmente) 
Giuseppe Dell’Antoglietta, discendente di Francesco Maria3, nel 1846 ristampava presso l’editore Pansini a Bari con le sue aggiunte l’opera di Scipione Ammirato Della famiglia Dell’Antoglietta di Taranto,  uscita per i tipi di Marescotti a Firenze nel 1597, col nuovo titolo Storia della famiglia dell’Antoglietta scritta da Scipione Ammirato stampata in Firenze appresso Giorgio Marescotti nell’anno 1597 con licenza dei superiori arricchita ed ornata di varie altre antichissime notizie storiche.
Giuseppe pensò bene di chiudere la pubblicazione con un componimento3 in onore dell’avo già pubblicato nel 1717 da Carlo Maria Lizzani detto l’Accademico Ritirato4. Ai vv. 83-84: la Signoria donò di Fragagnano/nell’Ebalia maremma5.
   Alessandro Criscuolo6, Ebali ed Ebaliche, Vecchi, Trani, 18877.
La voce di cui mi sto occupando non compare all’interno del volume, ma la sua presenza nel titolo al maschile ed al femminile è allusiva ai personaggi protagonisti delle undici storie raccontate ed al loro rapporto con Taranto. E sotto questo punto di vista spicca Lalla tarantata, che occupa le pp. 127-142.  ____________
1 Giovanni Mario Crescimbeni, L’Arcadia, Antonio de’ Rossi, Roma, 1711, p.  367.
2 Per quest’ultimo vedi https://www.fondazioneterradotranto.it/2019/07/15/gli-arcadi-di-terra-dotranto-2-x-francesco-maria-dellantoglietta-di-taranto/.
3 Il titolo è Composizione epiditticha d’un illustre Ingegno, ovvero dell’Accademico Ritirato riguardante l’istoria della famiglia Dell’Antoglietta dirizzata al quindicesimo Signore, e Marchese di Fragagnano D. Francesco Maria Dell’Antoglietta stampata in Napoli presso Domenico Roselli l’anno 1717 col dovuto permesso.
4 Soprannome che aveva nell’Accademia degli Infuriati di Napoli. Pubblicò Manipolo di primizie dell’ingegno, Tommasini, Venezia, 1714, dove è inserito in lode dell’Antoglietta un sonetto.
5 Nel significato etimologico (la voce è dal latino maritima) di zona marittima.
6 (1850-1938), principe del foro, brillante conferenziere e letterato tarantino. Riporto le principali pubblicazionibed alcuni frontespizi:
Intorno a due artisti tarantini, S. Latronico & figlio, Taranto, 1874
Discorso intorno alla vita di Cataldo Sebastio, Tipografia Paisiello di S. Parodi, Taranto, 1880
Efesina: ricordi della Magna Grecia, Latronico, Taranto, 1881
Discorso letto il dì 5 giugno 1881 premiandosi gli alunni del Comune, Latronico, Taranto, 1881
Per Giuseppe Garibaldi celebrandosi la civile commemorazione dalle tre società: Operaia, de’ Muratori e de’ Figli del mare, In Taranto, il dì 11 giugno 1882, Latronico, Taranto, 1882
Difesa di Giuseppe e Vito Modesto Greco, Francesco Buttai e Domenico Scudieri accusati di grassazione, Latronico, Taranto, 1883
Discorso letto nel giorno della festa nazionale 7 giugno 1885 : premiandosi gli alunni del Liceo, delle scuole Tecniche ed Elementari del Comune di Taranto, Vecchi, Giovinazzo, 1885
Ebali ed Ebaliche, Vecchi, Trani, 1887
Ricordi di Nicola Mignona, Latronico, Taranto, 1888
Per Camillo Callari (appellato) contro G. N. De Crisci: valore di contro-dichiarazione fatta per privata scrittura contro il terzo, Latronico, Taranto, 1888
Nei testamenti la condizione di farsi prete deve aversi per non apposta? (Art. 849, C. C.) : causa Ricci contro Ricci, Latronico, Taranto, 1891
Della corruzione di persona minore dei sedici anni mediante atti di libidine che infettino malattia venerea : interpretazione degli articoli 335, 336, 351 Codice Penale, Tipografia del Commercio, Taranto, 1892
Alligazione per il sig. Augusto Pegazzano tenente di vascello querelato per rapimento, Tipografia del Commercio, Taranto, 1895
Cronaca giudiziaria tarantina, Latronico, Taranto, 1895
Bugie e pregiudizi, Mazzolino, Taranto, 1896
Il giorno augurale del nuovo Palazzo degli Uffizi in Taranto 28 giugno 1896, Martucci, Taranto, 1896
Taranto ai suoi illustri cittadini D. Acclavio e G. De Cesare, Vecchi, Trani, 1907
Giureconsulti politici e libertà italiche, Spagnolo & Guernieri, Taranto, 1910
Le Alpi: orazione pronunziata in Taranto al Teatro Orfeo il 2 marzo 1916, Società tipografica Leonardo Da Vinci, Città di Castello, 1916
Discorso del gr. uff. avv. Alessandro Criscuolo nel Foro tarantino per Luigi Perrone, L’ora nuova, Taranto, 1924
Per l’inaugurazione della biblioteca Ugo Granafei, Società tipografica Leonardo da Vinci, Città di Castello, 1926
Medaglioni tarantini della storia e della leggenda, Pappacena, Taranto, 1926 (a p. 20 è trascritta la lapide in onore di Tommaso Niccolò d’Aquino collocata dal Comune di Taranto nell’aprile 1921 nella via a lui dedicata)
Discorso ai giovani, Il popolo ionico, 1927
I funerali di G. B. Vico in L’almanacco dell’avvocato 1934, La Toga, Napoli, 1934
Epigrafi, Lodeserto, Taranto, 1921 e Pappacena,Taranto, 1937
Nella ricorrenza del suo giubileo professionale : discorso pronunziato nel Palazzo di Giustizia di Taranto il 3 maggio 1925, Biblioteca dell’ Eloquenza, Roma, 1938
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La settecentesca accademia di S. Vito dei Normanni (1/2)
di Armando Polito
Inutile cercarla  in rete o in biblioteca, almeno che non si ricorra, sapendolo, all’unica fonte esistente, vale a dire un manoscritto (ms_F/7) del XVIII secolo custodito nella biblioteca pubblica arcivescovile “Annibale De Leo” a Brindisi. Quello delle accademie è un fenomeno molto diffuso nei secoli passati e se ne ebbero di tutti i gusti, nel senso che i temi in esse dibattuti potevano essere di natura scientifica, filosofica o, in senso lato, letteraria. Tra le accademie letterarie chi non ha almeno una volta sentito parlare dell’Arcadia, fondata a Roma nel 1690 da Giovanni Mario Crescimbeni e della quale negli anni furono pastori (così si chiamavano i soci) anche parecchi salentini1?
Non tutta la produzione di ogni accademia ebbe il privilegio di esser data alle stampe e non mancano casi, come il nostro, in cui solo una fortuita e fortunata circostanza consente di liberarne, magari solo parzialmente, la memoria dalla polvere del tempo e dalla limitatissima frequentazione tipica dei manoscritti: in fondo, se è lecito paragonare le piccole cose alla grandi, pure Fleming scoprì la penicillina per caso …
Il manoscritto, in gran parte inedito (solo pochi componimenti di pochi autori sono stati pubblicati da Pasquale Sorrenti in La Puglia e i suoi poeti dialettali: antologia vernacola pugliese dalle origini ad oggi, De Tullio, Bari, 1962; ristampa Forni, Sala Bolognese, 1981; una copia è custodita nella biblioteca “Achille Vergari” di Nardò), del quale ci accingiamo a leggere una parte (è mia intenzione, se avrò vita e voglia, di pubblicarlo integralmente), è una sorta di diario, con allegata documentazione, delle assemblee tenute dai componenti di un’accademia che si riuniva a S. Vito in casa del principe Fabio Marchese2.
Il tutto ricalca perfettamente, anche nei dettagli (tra i quali spicca la finalità, in alcuni casi, dichiaratamente  encomiastica) le coeve pubblicazioni a stampa di altre accademie, in primis l’Arcadia, con l’unica differenza che non risultano indicati  i soprannomi  che i singoli pastori si davano. Se i temi trattati non fossero seri (con preponderanza di quelli religiosi) qualcuno potrebbe ritenere che l’Accademia di San Vito fosse un’associazione di buontemponi , anche perché, come vedremo, ad un certo punto gli associati l’11 giugno 1730 elessero a loro principe (un ruolo parallelo a quello che nell’Arcadia era ricoperto dal custode), come vedremo, Vito Petrino, un ragazzo di appena quattordici anni, al quale spettava esprimere un giudizio sulla questione del giorno trattata prima in due parti da due distinti componenti dell’assemblea; per giunta, l’imberbe fanciullo succedeva al principe della precedente (o, più precisamente, la prima registrata) riunione del 5 marzo 1730, il sacerdote Francesco Ruggiero, che molto probabilmente, come vedremo in seguito, è lo stesso che sarebbe diventato arciprete della chiesa maggiore (S. Maria della Vittoria) dI S. Vito dei Normanni.
Vito Petrino fu principe anche della terza riunione del  5 novembre 1730; le successive (17 gennaio, 2 aprile e 14 marzo del 1731 e 1 gennaio e 12 febbraio 1738) non ebbero principe. L’elezione a principe di Vito Petrino è celebrata nella carta che di seguito riproduco.
c. 54r
Eiusdem ad Illustrem Dominum Vitum Petrinum quarto decimo anno natum, qui prò excellentia virtutis Princeps praesentis Achademiae conspicitur. Sexasticon
  Laudibus es dignus, laudes Petrine mereris,
rethoricas artes dum studiosus amas.
Tu puer egregia fulges Demostenis arte.
Laurea virtutum pendet ab ore tuo.
Sit tibi longa salus, sint Nestoris Anni,
ut Domui Lumen sis, patriaeque decus.
  Ad Dominam Victoriam Avossa Matrem eiusdem, prae gaudio flentem. Octasticon
  Mellifluo eloquio nati Victoria gaudes,
et lato ostendis corde tui lacrimas.
Mater amas, et amare licet sine crimine Natum,
virtutum comitem, moribus atque piis
apparent vultu, mentem quae gaudia tentant,
ex oculis meritò fletus ut unda fluit.
Laetare o felix, faciemque ostende serenam,
doctrinis Gnati laeta, iucunda fave.
            (del medesimo [Scipione Ruggiero] all’illustre Don Vito Petrino a 14 anni, che per eccellenza di virtù viene considerato principe della presente accademia. Esasticoa
  O Petrino, sei degno di lode, meriti lode, mentre diligente ami la retorica. Tu ragazzo risplendi nell’arte di Demosteneb dalla tua bocca pende l’alloro delle virtù. Abbia tu lunga vita, abbia tu gli anni di Nestorec, affinché tu sia luce per la famiglia e decoro per la patria.
  A Donna Vittoria Avossa3 madre del medesimo, piangente per la gioia. Ottasticod
  Tu, Vittoria, godi dell’eloquio del figlio e mostri per il tuo  gran cuore le lacrime. da madre tu ami ed è lecito amare senza distinzione il figlio compagno delle virtù e per i pii costumi appaiono in volto le gioie che accarezzano la mente, dagli occhi a ragione il pianto scorre come onda. Rallegrati, o felice e mostra il volto sereno, lieta del sapere del figlio, gioiosa applaudi)
______________  
a Epigramma di sei versi.
b Famoso politico e oratore greco del IV secolo a. C.
c Fu il più vecchio e il più saggio tra i sovrani greci che, sotto la guida di Agamennone, assediarono Troia.
d Epigramma di otto versi.
  Le altre carte che ho estrapolato e che ora riproduco costituiscono, per così dire, l’ossatura dell’intero manoscritto. La prima riunione avvenne il 5 marzo 1730, come testimonia la carta che segue
c. 12v
Problema Accademico ove vieppiù approfittara si puose un virtuoso nell’Accademie, ovvero nello solitario studio. Sostenuto nella Casa delli Signori de Leo dalli Signori clerici Don Carmine di Leo, e Signor Don Ortenzio di Leo, e giudicato dal Reverendo Signor Don Francesco Ruggiero Prencipe dell’Accademia a 5 marzo seconda Domenica di Quaresima 1730 Santo Vito
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a Nel senso etimologico di giovare (quando ancora la collaborazione non aveva assunto il concetto egoistico con cui il verbo viene usato oggi).
  Spiccano i nomi della famiglia De Leo, soprattutto quello di Ortensio, esperto in legge, archeologo ed antiquario, zio di Annibale, il fondatore della biblioteca brindisina. Le carte 13r-14v riportano l’introduzione all’argomento a firma di Francesco Ruggiero, le 15r-19v l’intervento di Carmine De Leo, le 20r-25r quello di Oronzo De Leo (altro rappresentante della famiglia), la 25v il giudizio di Francesco Ruggiero, lo stesso che aveva introdotto l’argomento. Le carte 26r-36v contengono componimenti poetici di Carlo De Marco, Scipione Ruggiero (molto probabilmente parente di Francesco), Andrea De Leonardis (2), Vito Petrino (4), Oronzo Calabrese (2), Anselmo De Leo (2), Giuseppe Ruggiero (probabilmente parente di Francesco e di Scipione) (2), Francesco Ruggiero (2) (non recitato/come Prencipe non potè recitare), Giuseppe Milone, Ferdinando De Leo.
Di Carlo De Marco la stessa biblioteca conserva molti manoscritti costituenti il fondo del suo epistolario (alcune lettere sono indirizzate a Ferdinando De Leo).
Per quanto riguarda la famiglia De Leo a Carmine ed Ortensio (di lui nello stessa biblioteca si custodisce un manoscritto contenente la Vita di Gianfrancesco Maia Materdona di Mesagne, datata 1780, per cui vedi https://www.fondazioneterradotranto.it/2018/02/19/mattarella-la-cagnetta-mesagne-larcivescovo-brindisi/) si sono aggiunti Anselmo e Ferdinando, per la famiglia Ruggiero a Francesco si sono aggiunti Scipione e Giuseppe. La partecipazione, tenendo conto del numero dei componimenti inseriti per ciascuno o per ciascuna famiglia, appare abbastanza bilanciata. Al numero di contributi di Vito Petrino potrebbe non essere estraneo il fatto che appartenesse, magari solo per parentela, allo stretto entourage di Fabio Marchese2.
  La seconda riunione ebbe luogo il 14 giugno 1730, come si legge nella carta che segue.
c. 39r
Problema accademi: se San Vito avesse dimostrato magior costanza nella Fede per non sgomentarsi dalli minaccie de’ Tiranni, o pure per resistere alli vezi di bellissime sonzelle. Sostenuto nella Casa dell’Eccellentissimo Sig. Principe di Santo Vito dalli Signori Dottori D. Giacomo de Leonardis,e Ferdinando di Leo; e giudicato dal Signor Vito Petrino Principe dell’Accademia alli 14 di Giugno vigilia del detto Santo. 1730 ore 22
Le carte 40r-41v  contengono l’introduzione di Vito Petrino, le 42r-45v l’intervento di Giacomo De Leonardis, le 46r-50v quello di Ferdinando De Leo, le 51r-51v il giudizio di Vito Petrino, le 52r-89r i componimenti poetici di Scipione Ruggiero (6, il secondo3 e il quarto4 presentano un tema che ha dei punti di contatto con quanto riportato in nota 2), Andrea Felice De Leonardis (3), Domenico Oronzo Ruggiero (4), Fra’ Rosario Mazzotti di Brindisi, lettore filosofo dell’Ordine dei Predicatori (7; il sesto e il settimo, carte 73r-73v sono in dialetto), Lorenzo  (6), Teodomiro De Leo (4), Giuseppe Giovanni Greco (2), Carmine De Leo (11), Francesco Ruggiero (8), Fra’ Luigi Maria dell’ordine dei Predicatori (2), Fra’ Domenico dei Minori Osservanti, Fra’ Rusino da S. Vito dei Minori Osservanti (3), Fra’ Anselmo da S. Vito dei Minori Osservanti, Salvatore Calcagnuti, Giuseppe Ruggiero, Giuseppe Bardari (5), Ortensio De Leo (2), Giacinto Greco, Cosmo Greco di Taranto (2).
Da notare come ai precedenti sisono aggiunti nuovi nomi, come ai rappresentanti della famiglia De Leo si è aggiunto Teodomiro e come nell’elenco che ho riportato la parte del leone la recitano con il loro elevato numero di contributi Rosario Mazzotti con 7 componimenti e, soprattutto, Carmine De Leo con 11.
La terza riunione ebbe luogo il 5 novembre 1730, come si legge nella carta che segue.
c. 91r
Problema accademico. Qual renda più glorioso un principe: l’uso dell’esatta giustizia, o quello della clemanza? Tenuta in Casa dell’Eccellentissimo Signor Principe di S. Vito a 5 novembre giorno di domenica nell’anno 1730 coll’intervento dell’Illustrissimo D. Cono Del Vermea Vescovo d’Ostuni ad ore 22
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a Fu vescovo di Ostuni dal 1720 al 1747; di lui fu pubblicata la Dichiarazione fatta in favore della causa della venerabile madre suor Rosa Maria Serio carmelitana, s. n., Ostuni, 1747. Di Maria Serio si parlerà più avanti in riferimento a Vito Petrino.
Fino c. 92v prosegue l’introduzione di Vito Petrino Principe dell’Accademia. le carte 93r-100v  contengono l’intervento di Francesco Ruggiero, le 101r-108r quello di Giuseppe Bardari, le 108v-110r il giudizio di Vito Petrino Principe dell’Accademia, le 110v-129r i componimenti poetici di Vito Petrino, Cono Dello Verme Monsignore d’Ostuni (10), Giuseppe Marchese (probabilmente parente di Fabio), Angelo Lauresich canonico d’Ostuni (5), Carmine De Leo (4), Teodomiro De Leo (4), Fra’ Raimondo Arcuti di Ruffano lettore filosofo dell’Ordine dei Domenicani (2, il secondo, a c. 128r è in dialetto leccese), Giuseppe Ruggiero (2).
Altri nomi si sono aggiunti e tra essi spicca, anche per il numero di contributi, quello del vescovo dimOstuni Cono Luchini del Verme.
La quarta riunione si svolse il 17 gennaio 1731, come apprendiamo dalla carta che segue.
c. 129v
Assemblea accademica in occasione del natale dell’Eccellentissimo Signore D. Fabio Marchese tenuta nella Sala del detto Eccellentissimo Signore alli 17 gennaio giorno di mercordì festa di S. Antonio Abbate1731 ad ore 22.
Le carte 130r-140v contengono i componimenti poetici di Carmine De Leo (3, il secondo a c. 134r è ropalico), Ferdinando De Leo (7; il terzo a c. 138v è un anagramma purissimo letterale).
La c. 141r contiene il sonetto introduttivo di Teodoro De Leo alla sua commedia, che occupa le cc. 141v-146r. Le cc. 146v-156v ospitano componimenti di Ortensio De Leo (3), Giuseppe Ruggieri (2), Girolamo Bax, Oronzo De Leo (2), Francesco Ruggiero.
La quinta riunione si ebbe il 2 aprile 1731, come testimonia la carta che segue.
c. 161r
Problema accademico. Qual sia stato maggior portento del Glorioso San Francesco di Paola; l’entrar nel fuoco, e non abbruggiarsi o il passar il mare e non annegarsi. Tenuta nella Chiesa del Convento dei PP. Antoniani di Santo Vito a 2 aprile 1731 lunedì ad ore 21 giorno del detto Glorioso Santo
Le cc. 162r-171v contengono il discorso di Andrea Felice De Leonardis, le 172r-190v i componimenti di Scipione Ruggiero, Giuseppe Giovanni Greco (3), Francesco Ruggiero (2), Carmine De Leo (2), Ferdinando De Leo (5),Teodomiro De Leo (5), Ortensio De Leo (4).
La sesta riunione si svolse il 14 marzo 1731, come attesta la carta che segue.
c. 191r
  Problema accademico. Qual fusse stato magiore: il piacimento di Modesto nel’aver il Glorioso San Vito abbracciata la fede Cattolica, o la dispiacenza d’Ila nel’aver il detto Santo suo figlio lasciato l’infedeltà? Sostenuta la prima Parte dal Reverendo Signor D. Andrea Felice De Leonardis licenziato in Teologia, e la 2a parte fu sostenuta dal Dottor Signor D. Ferdinando di Leo. E la detta Accademia fu tenuta nella Maggior Chiesa della Terra di Santo Vitoa sotto li 14 del Mese di Giugno del 1731 Giorno di Giovedì viggilia del menzionato nostro Protettore Martire di Cristo Glorioso S. Vito. E s’incominciò ad ore 22 del suddetto giorno. Li discorsi de quali sono l’infrascritti.
14 marzo 1731 ore 22
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a È la chiesa di S. Maria della Vittoria.
Le cc. 192r-197v contengono L’intervento di Andrea Felice De Leonardis, le 198r-203r quello di Ferdinando De Leo; seguono alle cc. 204r-211r i componimenti di Francesco Ruggiero (2), Carmine De Leo, Teodomiro De Leo (3), Ortensio De Leo (4)
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1 Sul tema vedi https://www.fondazioneterradotranto.it/2019/07/08/gli-arcadi-di-terra-dotranto-premessa-1-x/ 
2 Casimiro di S. Maria Maddalena, Cronica della provincia de’ Minori Osservanti Scalzi di S. Pietro Alcantara, Abbate, Napoli, 1729, tomo I, p. 234: Nell’anno 1698 la Terra di Martano assieme con Calimera dal medesimo D. Orazio Trani, Duca di Corigliano fu venduta a D. Girolamo Belprato Marchese, Principe di Crucoli, e S. Vito. Tomo 3 del Repertor. fog. 594, e Quintern. 185 fog. 86. Questa nobilissima Famiglia: Marchese prese ancora il Cognome Belprato, allorchè D. Giuseppe Marchese Principe di Crucoli, restò erede di D. Pompeo, e D. Bernardino Belprato, Conti d’Anversa in Appruzzo, che morirono senza Figli. A D. Giuseppe succedè D. Girolamo suddetto suo Figlio primo Signor di Martano. Nel mese di Novembre dell’anno 1676, aveva già presa per Moglie D. ELeonora Caracciolo de’ Marchesi dell’Amorosa. Da Lei ebbe il presente D. Fabbio suo Figlio Principe di Crucoli, e S. Vito, e secondo Signor di Martano. A’ 7 di Febbraio del 1700 sposò D. Fulvia Gonzaga, ch’er de’ più stretti Parenti del Duca di Mantova. Egli vive con una generosità, e magnificenza propria di Principe, onde pare, ch’abbia accresciuto maggiore splendore alla sua cospicua Famiglia. Sugli antenati di Fabio Marchese fino a quasi la metà del secolo XVII vedi Ferrante della Marra, Discorsi delle famiglie estinte, forastiere, o non comprese nei seggi di Napoli, Beltrano, Napoli, 1641, pp. 224-236.
3 Giuseppe Gentili, Vita della Venerabile Madre Rosa Maria Serio di S. Antonio, Recurti, Venezia, 1742, pp. 338-340: Molti altri miracoli trovo ancora registrati ne’ processi, operati dalla Serva di Dio nella Terra di S. Vito, uno de’ quali fu in persona dell’Eccellentissimo Signor Principe D. Fabio Marchesi Padrone di detta Terra. Ritrovandosi egli nel mese di Luglio dell’anno 1726 attaccato da Febbre maligna con pessimi segni, e sintomi mortali, e vedendo, che il male ogni giorno più l’opprimeva, senza ricevere giovamento alcuno da tanti medicamenti sperimentati, un giorno, in cui per la violenza del male neppure poteva sofferire un picciolo spiraglio di luce, onde gli conveniva star totalmente all’oscuro, gli sovvenne di ricorrere alla Serva di Dio Suor Rosa Maria, di cui aveva avuto in dono dalla Superiora del monastero di Fasano un Berrettino intriso del suo sangue. Chiamato pertanto un Giovane, che gli assisteva, per nome Vito Domenico Petrini, e fattogli prendere dal suo scrigno il detto Berrettin, con gran divozione, e con viva fede nei meriti della Serva di Di, applicollo alla sua testa, e indi a non molto comandò a’ suoi domestici, che aprissero le Finestre, e ad alta voce esclamò: – Io sto bene, ed ho ricevuto la grazia -. Quasi nel tempo medesimo sopraggiunsero i Medici, e disse loro, che voleva alzarsi, sentendosi bene in salute, per ispeciale miracolo della Serva di Dio; e quantunque i Medici lo trovassero netto di Febbre, nulladimeno non volevano accordargli l’uscir da lett, mentre non avendo egli avuta crisi alcuna, era cosa facile, che ritornasse la Febbre. Ma egli affidato nella protezione della sua liberatrice: – No – soggiunse loro – non tornerà, perché questa è grazia, ed io ho viva Fede nella Serva di Dio, che me l’ha fatta -. E in loro presenza volle alzarsi dal letto, né più lo molestò la Febbre, godendo poi una perfetta salute. Da questa miracolosa guarigione concepì il detto Signor Principe tale affetto, e fiducia verso la Serva di Dio, e tal confidenza nella sua Reliquia, che quante volte deve accingersi a qualche viaggio, la prima cosa, a cui rivolge il suo pensiero, è il premunirsi con la detta prodigiosa Reliquia, tenendo per certo, avere in essa uno scudo contra ogni pericolo, ed un forte riparo da tutte le disgrazie. Per mostrar poi la dovuta gratitudine, si è più volte portato apposta a venerarne il Sepolcro, e le Religiose di quel Monastero riconoscono nella persona di questo Principe uno de’ maggiori  Protettori del loro Istituto, ed un singolar promotore della Santità della loro V. Madre. Lo stesso Vito Domenico Petrini, del quale abbiamo poco di anzi fatto menzione, fu nel mese di Gennaio 1729 sorpreso da un gravissimo dolore di petto con febbre ardente, e affannoso respiro accompagnato da sputo sanguigno, e da un totale stordimento di capo. Li Medici giudicarono essere il male pericoloso, e mortale, perciocché da’ segni esterni argomentavano esser pontura; determinarono però di non applicargli per allora, che erano le 21 ore, rimedio alcuno, volendo aspettare la mattina vegnente, acciò che il male si fosse maggiormente manifestato. La Madre vedendo il Figlio estremamente angustiato, e li Medici molto lenti nell’operare, desiderosa di porgergli qualche presentaneo sollievo, prese una Reliquia della Serva di Dio Suor Rosa Maria (ed era appunto una di quelle pezze intrise nel sangue, che usciva dalle ferite del suo cuore) avuta dalla Superiora del Monastero, applicolla con fede viva al cuore dell’affannato Figliuolo, e poi fece scrivere una lettera alle Religiose del Monastero di Fasano, dando loro contezza del pessimo stato del medesimo, acciocché colle sue orazioni gl’impetrassero dalla Ven. Madre la grazia. Prima però di spedire la lettera, fece ritorno alla Stanza dell’Infermo, ed interrogatolo come se la passasse, egli rispose di star bene, di non sentir più dolore, né affanno, né calore febbrile … Un fratello minore del sopradetto Vito Domenico, chiamato Andrea, non uno, ma due portentosi miracoli ricevette, coll’applicargli Vittoria Accossa loro Madre le Reliquie della Serva di Dio …  
Alla fine del brano riportato apprendiamo che la madre di Vito si chiamava Vittoria Accossa. Su questo nome la carta 54r, che sopra abbiamo analizzato, pone un problema con il suo Vittoria Avossa. Errore del copista del nostro manoscritto o di stampa del volume del Gentili?
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Gli Arcadi di Terra d'Otranto: Gregorio Messere di Torre S. Susanna (20/20)*
di Armando Polito
* Questo post corregge ed integra quanto apparso in http://www.fondazioneterradotranto.it/2015/10/23/gli-emblemata-di-gregorio-messere-1636-1708-di-torre-s-susanna-13/
http://www.fondazioneterradotranto.it/2015/10/25/gli-emblemata-di-gregorio-messere-1636-708-di-torre-s-susanna-23/
http://www.fondazioneterradotranto.it/2015/10/26/gli-emblemata-di-gregorio-messere-1636-1708-di-torre-s-susanna-33/
La prima biografia del nostro (1636-1708), originario di Torre S. Susanna1, è la Vita di Gregorio Messere Salentino detto Argeo Caraconasio scritta dal D. Gaetano Lombardo Napolitano detto Emio Caraconasio, in  Le vite degli Arcadi illustri scritte da diversi autori, v. II, De Rossi, Roma, 1710, pp. 47-59, col testo preceduto dal ritratto che riproduco di seguito.  Va rilevato, anzitutto, che al Caraconasio del titolo, replicato a p. 58 dove sono riportate due dichiarazioni di voto favorevole alla pubblicazione della biografia, a firma la prima di Milesio Meneladio (nome pastorale di Giusto Fontanini di Cividale del Friuli e di Faunio Stomiate (nome pastorale di Biagio Garofalo di Napoli), la seconda di Arato Alalcomenio (nome pastorale di Domenico De Angelis di Lecce), si oppongono il Choraconasio della didascalia del ritratto e il Coraconasio presente in una delle pagine iniziali, non numerate, dell’indice.
C(OETUS) U(NIVERSI) C(ONSULTO)
ARGEO CHORAGONASIO PASTORI ARCADI
D(E)F(UNCTO) PHILOLOGO EMIUS CHORAGONASIUS
PASTOR ARCAS PRAECEPTORI ET
DECESSORI B(ENE) M(ERITO) P(OSUIT)
OLYMPIAD(E) DCXXI AN(NO) III AB A(RCADIA) I(NSTAURATA)
OLYMPIAD(E)  V AN(NO) II
(Per decisione dell’intera assemblea/ad Argeo Coragonasio pastore arcade filologo defunto Emio Coragonasio, pastore arcade, al maestro e predecessore benemerito pose. Olimpiade 621a del terzo anno dall’istituzione dell’Arcadia/Olimpiade quinta anno secondo2)
Ai due angoli inferiori il nome degli autori: P(etrus) L(eo) Ghezzius del(ineavit)=Pietro Leone Ghezzi disegnò e D(ominicus) Franceschini sculpsit=Domenico Franceschini incise. Il Franceschini, tra i più famosi incisori Romani del XVIII secolo, fu autore, fra gli altri, del frontespizio di Collectanea antiquitatum Romanarum quas centum tabulis aeneis incisas et a Rodulphino VenutiAcademico Etrusco Cortonensi notis illustratas exhibet Antonius Borioni, Bernabo, Roma, 1736. La sua arte immortalò anche in una incisione donata a Vincenzo Giustiani  l’uccisione di un capodoglio avvenuta nei pressi del porto di Pesaro  il 18 aprile 1713, secondo la notizia che si legge in una lettera indirizzata da Vito Procaccini Ricci a Ottaviano Targioni Tozzetti e pubblicata in Giornale di fisica, Chimica, Storia naturale, Medicina ed arti, decade II tomo VIII, Fusi, Pavia, 1825, p. 46. Pier Leone Ghezzi è famoso per gli affreschi di Villa Falconieri a Frascati e per le caricature. Le sue opere raggiunsero quotazioni elevate mentr’era ancora in vita. Non era digiuno di poesia se nel 1702 sul retro del suo primo autoritratto (1702) vergò questi versi: Pier Leone son io/di casa Ghezzi che dì 28 giugno/quando al mille e seicento/anni settanta quattro ancor/s’aggiunse io nacqui e si congiunse/a questi l’età mia di vent’ott’anni/ch’ora nel mille settecentoedue/mi mostra il tempo, e le misure sue./Or mentre questo fugge e mai s’arresta/io mi rido di lui e mi riscatto/col dar perpetua vita al mio ritratto.   
In Vittorio Giovardi3, Notizia del nuovo teatro degli Arcadi aperto in Roma l’anno MDCCXXVI, Antonio De Rossi, Roma, 1727, p. 21-22: Voltando la fronte verso il Portone si comincia a godere della veduta di Roma, e insensibilmente salendovi si rimirano a destra, e a sinistra ripartiti in quattro quadrati i folti Lauri, che dividendosi, formano di quà4 , e di là due brevi, ma spaziosi viali, al fine dei quali con vaga, e propria simmetria vengono collocate le Lapidi di Memoria de’ nostri defunti Pastori, che in numero fin’ora di quarantadue sono state dalla nostra Adunanza inalzate, e sono le seguenti …
Questa trascrizione appare decisamente sciatta, tanto più che si presume frutto di un esame autoptico. Sorprende non tanto CHORAGONASIO/CHORAGONASIUS quanto PHILOGO, errore di cui ci si dovette accorgere troppo tardi, visto che si rimediò dopo qualche decennio,  essendo custode dell’accademia Michele Giuseppe Morei, in Memorie istoriche dell’adunanza degli Arcadi, De Rossi, Roma, 1761, p. 133, dove, però, permangono CHORAGONASIO/CHORAGONASIUS. 
Apprendiamo, così, che il dedicatore della tavola fu Emio Coragonasio, nome pastorale di Gaetano Lombardo di Napoli, cioè l’autore di questa prima biografia, che nella seconda parte del nome pastorale assunse quella del suo maestro, il che appare confermato dal fatto che in L’Arcadia del can. Gio. Mario Crescimbeni, Antonio De’ Rossi, Roma, 1708, p. 116 compare solo la prima parte (Emio)5. Chi pensa che su Coragonasio il discrso finisce qui, si sbaglia di grosso.
In Domenico De Angelis, Le vite de’ letterati salentini, s. n., Firenze, 1710, v. I, a p. 167 leggo: nostro saggio, e dotto Emio Caraconasio.
In Acta Eruditorum anno MDCCXIII, Muller, Lipsia, 1713, a p. 502 si legge Argeus Carconasius.
In Dell”istoria della volgar poesia  scritta da Giovan Mario Crescimbeni, Basegio, Venezia, 1730, v. V, a p. 316 si legge Argeo Caraconasio e a p. 365 Argeo Coraconasio.
In Biografia degli uomini illustri del Regno di Napoli, a cura di Domenico Martuscelli, Gervasi, Napoli, 1817, s. p., in cui è inserita la seconda biografia di cui ci occuperemo fra poco, si legge: Argeo Caraconessio e il bello è che dopo qualche parola si fa riferimento preciso (con citazione della p. 47) alla prima biografia con cui ho iniziato.
E poteva mancare, a questo punto, l’Argeo Caroconasio che si legge in Versi d’occasione e scritti di scuola/ Giambattista Vico ; con appendice e bibliografia generale delle opere a cura di Fausto Nicolini, Laterza, Bari, 1941, p. 42?.
In conclusione: mi pare che la forma corretta tra tante, esclusa l’ultima, pressoché contemporanee, debba individuarsi in Coragonasio, non solo per il carattere “ufficiale” del ritratto ma anche perché esso fu il secondo nome pastorale (il primo è Astildo), oltre che, come s’è detto, del Lombardo, anche di Giovanni Battista Lanfranchi Lanfreducci di Pisa.
Definito questo dettaglio (ma le altre varianti sono solo per il momento accantonate) , prima di accennare alla seconda biografia, cercherò di dare ragione del nome pastorale nelle sue due componenti.
Argeo è piuttosto ambiguo (e tale ambiguità, forse, anche in questo caso fu assunta ad arte) perché può derivare direttamente dal latino Argeus=argivo (Argo era considerata dai Greci come la loro città più antica), ma Argo era anche il nome del mostro della mitologia greca, fornito di molti occhi (e in senso  figurato può valere come persona alla quale nulla sfugge). Come non pensare, però, pure al greco ἀργός (leggi argòs), che significa splendente, luminoso e al suo omofono che significa pigro? Tutto ciò, secondo me,  è perfettamente in linea col Gregorio ironico ed autoironico tramandatoci dalle biografie, col suo spirito direi socratico, consapevole dei suoi mezzi ma anche dei loro limiti. E questo, sempre secondo me, spiega abbondantemente il fatto che di lui non ci sia rimasta nessuna opera autonoma, ma solo componimenti in versi, inseriti, come vedremo, in raccolte curate da altri6.
Coragonasio (parto dalla variante che ho appena ritenuto la più attendibile) appare come forma aggettivale di Coragonaso. La seconda parte dei nomi pastorali  spesso è legata ad un toponimo (detto campagna, quasi ideale ambiente personale del socio che, com’è noto, era chiamato pastore), ma poteva pure evocare un personaggio del mito o contenere altri riferimenti più o meno criptici. Coragonasio (parto dalla variante che ho appena ritenuto la più attendibile) appare come forma aggettivale di Coragonaso. La seconda parte dei nomi pastorali  spesso è legata ad un toponimo  (detto campagna, quasi ideale ambiente personale del socio che, com’è noto, era chiamato pastore), ma poteva pure evocare un personaggio del mito o contenere altri riferimenti più o meno criptici. Escluso il toponimo7, si può supporre che sia un nome composto (poteva esserlo pure l’eventuale toponimo); e qui il ventaglio delle voci, tenendo conto pure delle varianti, che potrebbero entrare in campo, è abbastanza ampio: χώρος (leggi choros) o  χώρα (leggi chora)=terra+ἀγών (leggi agòn)=lotta+ ἄζω (leggi azo)=rispettare; χορός (leggi choròs=coro)+le due altre componenti indicate per l’opzione precedente; per coraconasio: χώρος/χώρα+ἀκοναῖος (leggi aconàios)=pietroso oppure χορός+ἀκονάω (leggi aconao)=eccitare oppure κόραξ (leggi corax)=corvo+νήσιον (leggi nèsion)=isoletta; per Caraconasio il primo componente potrebbe essere κάρα (leggi cara)=testa. Lascio alla fantasia del lettore la possibile giustificazione semantica di ogni combinazione, convinto del fatto che solo l’interessato, qualora se ne fosse dato cura, avrebbe potuto lasciare un lumicino acceso a diradare, almeno in parte, le tenebre.
Di Andrea Mazzarella da Cerreto, invece, è la seconda biografia inserita nel tomo IV di Biografia degli uomini illustri del Regno di Napoli, op. cit., preceduta dal ritratto, un’incisione, cosa ricorrente in questa raccolta, della scuola di Raffaello Morghen (1758-1833). Il nome pastorale che qui si legge è, come s’è detto, Argeo Caraconessio, per il quale, come se non bastasse quanto al riguardo s’è detto, potrebbe essere messo in campo come componente finale Νέσσος (leggi Nessos)=Nesso, il mitico centauro ucciso da Ercole.
S’è detto che del Messere non c’è neppure una pubblicazione esclusiva. Nella compilazione di quella che vuole essere ambiziosamente la documentazione testuale (per così dire dal vivo, con immagini in dettaglio tratte daile pubblicazioni originali)  di tutta la produzione del nostro con l’aggiunta di qualche mia nota di commento,  non trascurerò quanto da lui scritto prima del 1690 (data di fondazione dell’Arcadia), anche se la suddivisione adottata è, dal punto di vista artistico, piuttosto fittizia.
PRIMA DEL 1690
Sono tutti componimenti encomiastici, in distici elegiaci, di un’opera altrui, inseriti in questa, insieme con quelli di altri letterati, nelle pagine iniziali per lo più non numerate.
In Notizie di nobiltà. Lettere di Giuseppe Campanile8 Accademico Umorista et Ozioso indirizzate all’Illustrissimo et Eccellentissimo D. Bartolomeo di Capova Principe della Riccia, e Gran Conte di Altavilla etc.,  Luc’Antonio di Fusco, Napoli, 1672, s. p.:
(Del signor Gregorio Messere. Afflitto gemerà a causa delle lacrime di Partenope spuntate poiché la terra ha sepolto illustrissimi cavalieri. Frattanto passa a volo la fama e si sfiora le ali. Una piuma e solo una cade sul lido campano. Campanile è lì: prende la piuma caduta dal cielo, la prende e comincia a celebrare le gesta per gli uomini estinti. Lui comincia, gli eroi, abbandonate le tombe, cominciano a risorgere e ad essere elevati alle stelle mentre la morte manifesta il suo malcontento. Dico evviva Giuseppe! Ora lo grida l’illustre sirena; mentre tu fai tali doni, dico evviva. Evviva, ma vivrai in eterno: i tuoi scritti degni del cielo già ti hanno fatto meritare eterna vita)
In Giovanni Giacomo Lavagna, Poesie,  Conzatri, Venezia, 1675, parte I, p. 245:
(Quale musa t’insegnò la poesia, quale sirena la musica? Quale fiume ti offrì un’acqua tanto dolce? Tu agiti il plettro: l’onda della Sebetidea immobile tace; pizzichi le corde:  muovi le pietre e i cuori crudelib. O Lavagna, o sarai, lo dirò io, un poeta ismarioc o la lira ismaria a te è stata mandata dal cielo)
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a Patronimico, epiteto attribuito alla figlia del fiume Sebeto inteso come divinità.
b Così, secondo il mito, faceva Orfeo con la sua lira.
c Dell’Ismaro, monte della Tracia, dove, secondo le fonti più antiche, a Lebetra, era nato Orfeo.
In Tomaso di S. Agostino, Strada franca al cielo per il peccatore, Mollo, Napoli, 1677, s. p.:
(Se, dice il Poeta a, è facile la discesa dell’Averno ma tendere in alto questo è il compito, questa la fatica, con questo libro pra è facile la scalata dell’Olimpo né è una fatica andare verso il cielo)
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a Virgilio, Eneide, VI, 126-129: … facilis descensus Averno:/noctes atque dies patet atri ianua Ditis;/sed revocare gradum superasque evadere ad auras,/hoc opus, hic labor est. Da notare che Averni è la lezione di alcuni manoscritti abbandonata per Averno dagli editori moderni.
In Stefano Tropeano Sessa, Il palagio della sapienza fondato sù le sette colonne dell’arti liberali, Porsile, Napoli, 1680, s. p.:
(Per il nobile furto stellare di Stefano Tropeano Sessaa. Ora è tempo di sollevare audaci sguardi al cielo, ora di apprendere i vari moti degli astri. Il Toro percorre l’ultima orbita mentre le stelle brillano  e il Capricorno è sommerso dalle acqueoccidentali. Arturo, Cefeo, Procione, Delfino, Orione, Auriga e Perseo, Pegaso, Andromeda e l’erculeo Leone ammirano il furto di suo nipote, furto degno della fatica di Prometeob. Piccolo uccello illustre nei segni di Archimede per il quale volle la sfera, mentre il cielo stupiva. Qui si affretti chi vuole essere un grande indovino: con questo libro da scorrere potrà conoscere cose acute)
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a Nel frontespizio del volume correttamente si dichiara che essa è una traduzione da Latino nell’Idioma Italiano dall’Opere manoscritte (sull’astrologia) del Dottissimo Sig. D. Fabrizio Sessa suo Zio, e maestro.
b Rubò il fuoco agli dei per donarlo rlo agli uomini. Zeus lo punì incatenandolo ad una rupe ai confini del mondo dove un’aquila gli rodeva di giorno il fegato ricresciuto durante la notte e poi facendolo sprofondare nel Tartaro, al centro della Terra. È uno dei simboli della lotta del progresso e della libertà contro il potere.
In Giovanni Canale, Amatunta, dedicata all’Illustrissimo Signore Antonio Magliabechi eruditissimo Bibliotecario del Serenissimo Cosimo Terzo Gran Duca di Toscana, Conzatti, Venezia, 1681, s. p.:
(Epigramma del tarantinoa Gregorio Messere. Come Arione canta tra i veloci delfini, come il Cigno canta presso le rive dell’Eridanob, così la zampogna del defunto Sinceroc cantò presso le onde, così prossima a Sincero canta la tua musa)
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a Segue l’opinione, errata, di Carlo Susanna, per cui vedi nota 1.
b Nome mitico e poetico del Po.
c È il nome del pastore personaggio principale dell’Arcadia di Iacopo  Sannazzaro (1457-1530), dietro il quale si nasconde lo stesso autore, il cui nome umanistico era Actius Sincerus.
  DOPO IL 1690
In Componimenti recitati nell’Accademia a’ dì 4 di Novembre ragunata nel Real Palagio in Napoli per la ricuperata salute di Carlo II, Parrino. Napoli, 1697, pp. 170-172.
(Mio re austriacoa  insigne per devozione e valore militare, grazie al quale solo protettore la luna barbarab cadrà, giace con una gran debolezza negli anni giovanili. Onnipotente, avendo pietà, portagli aiuto! Ti muova il gemito del Libano, la flebile onda del Giordano, i pii voti di Sionc . Viva, e mi liberi dalle catene, cinte le tempie delle palme idumeed, importante si diriga alle stelle. Aveva detto Gerusalemme in lacrime. Tuona l’alto Olimpo, la malattia è scomparsa, viene l’amica salute)
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a Carlo II d’Asburgo (1661-1700) re di Spagna, dei territori spagnoli d’oltremare, nonché re di Napoli col nome di Carlo V. Fu di salute cagionevolissima.
b La mezzaluna, simbolo della potenza turca.
c Sineddoche per Gerusalemme, che è costruita sul monte Sion.
d Idumea era il nome di una contrada della Palestina.
(Smetti, o Vesuvio, di scuotere gli astri col terrificante gemitoa; placide acque del Sebeto, non addoloratevi; tu, Mergellina, dirigi sul monte le allegre danze: tu Antinianab, cingi le chiome di nitide rose! Toccate, o Sirene, toccate le corde dal dolce suono; o Amadriadic, giocate, o Nereidid, applaudite! O muse, aprite il Parnasoc e muovete i canti! O secolo felice! O giorno benigno! Vive la nostra salvezza,vive l’unica speranza del mondo: Carlo, gloria degli Austriaci, sta bene)
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a L’anno 1697 registrò un’intensa attività eruttiva del vulcano.
b Nome di una ninfa che Giovanni Pontano (1429-1503) s’inventò come trasfigurazione di Antignano, località sulla collina del Vomero, dove c’era la sua villa, in Ad Bacchum consecratio, quinto carme del secondo libro del De amore coniugali.
c Un particolare tipo di Driadi , cioè di Ninfe boscherecce, la cui vita dipendeva da quella delle querce. La voce è dal greco  ἁμαδρυάδες (leggi Amadriuàdes), composto da ἄμα (leggi ama)=insieme+δρῦς (leggi driùs)=quercia.
d Ninfe acquatiche, figlie di Nereo.
e Monte della Grecia. Nell’antichità sacro ad Apollo e a Dioniso e considerato sede delle Muse,divenne simbolo della poesia.
(Tespiadia Muse, figlie di Giove, date inizio al canto, battete il barbitob o la lira. Sul Pindo eseguite danze coi morbidi piedi. Si gioisca delle argentee acque di Castaliad. L’austriaco Carlo, che lo splendente Apollo ha amato, Carlo, luce dell’Oriente e dell’Occidente, si è liberato della mancanza di forze, sta bene. O giorno armonioso, o età felice, o beata notizia!)
a Perché  onorate a Tespie, città della Beozia.
b Specie di lira.
c Monte della Grecia sacro ad Apollo ed alle Muse.
d Mitica fanciulla di Delfi che per sfuggire ad Apollo si suicidò gettandosi in una sorgente presso il santuario di Delfi, che da lei ebbe nome. Coloro che si recavano a consultare l’oracolo dovevano compiervi un bagno di purificazione. Dai poeti romani le fu attribuita la virtù d’ispirare la poesia.
Lo stesso destino, quello di non comparire in una pubblicazione destinata solo a loro, toccò agli Emblemata, che risultano inseriti in Pompe funerali celebrate in Napoli per l’eccellentissima signora D. Caterina d’Aragona e Sandovale, duchessa di Segorbia, Cardona etc., con l’aggiunta di altri componimenti sul medesimo soggetto, Roselli, Napoli, 1697, pp. 57-68.  Lo stesso volume, sul quale ritornerò più avanti, ospita pure alle pp. 185-189 altri componimenti del nostro, cinque in latino e due in greco. Il numero complessivo di pagine del volume ospitanti il Messere (17 su un totale di 165) è prova evidente del credito di cui egli godeva e in particolare l’estensione degli Emblemata (12 pagine) non avrebbe certo fatto gridare allo scandalo se l’autore li avesse pubblicati come un opuscoletto, tanto più che essi appartenevano ad un genere letterario che vantava nobili natali9. A tal proposito vale la pena approfondire. Emblèmata è voce latina trascrizione dal greco ἐμβλήματα (leggi emblèmata) plurale di ἔμβλημα (leggi èmblema). All’ἔμβλημα greco corrisponde in latino emblèma, da cui la voce italiana usata nel senso generico di simbolo. In greco la parola [derivata dal verbo ἐμβάλλω (leggi emballo)composto da ἐν (leggi en)=dentro e da βάλλω (leggi ballo)=gettare]  indicava qualsiasi cosa inserita, come, fra l’altro le tessere del mosaico; tale significato passò in latino, dove emblema veniva chiamato l’intero mosaico. Ed è proprio partendo dall’idea delle tessere musive che è nato il significato generico moderno di simbolo[non a caso dal latino symbolu(m), trascrizione del greco σύμβολον (leggi siùmbolon), composto da σύν (leggi siùn)=insieme e dal già visto βάλλω . Ciò avvenne nel XVI secolo con l’avvento di un vero e proprio genere letterario che ha il suo antesignano in Andrea Alciato (1492-1550) e nei suoi Emblematum libellus10, raccolta di rappresentazioni simboliche accompagnate talora da un titolo e sempre da  una didascalia per lo più in versi, il tutto in funzione moraleggiante.
Passeremo ora in rassegna i veri e propri emblemi contenuti nelle pp. 57-68, successivamente quelli delle pp. 185-189, che per comodità definirò spuri in quanto mancanti, a differenza degli altri, dell’immagine.
Ricapitolando: in base a quanto si legge nel frontespizio  le Pompe in morte di Caterina sono dedicate a suo figlio Luigi della Cerda, discendente di Ludovico. I meriti di quest’ultimo sono indicati nella seconda dedica ed occupano la prima pagina della stessa e la parte iniziale della seconda. Luigi ricompare ancora in DI TANTO PRINCIPE, ma è evidente come la composizione tipografica faccia risaltare, con gradazioni diverse, il nome della defunta [DI D(ONNA) CATERINA D’ARAGONA] con quello che sembra essere il suo merito principale (DEGNISSIMA MADRE) e quello di Napoli (PARTENOPE) che le tributa l’omaggio.
Passo ora agli emblemata spuri delle pp. 185-189.
Tre suoi componimenti, sempre in distici elegiaci (il primo in latino, gli altri in greco), sono in Componimenti in lode del giorno natalizio di Filippo V, Re di Spagna, di Napoli, etc. recitati a dì XIX di Decembre l’anno MDCCIV nell’Accademia per la Celebrazione di esso Giorno nel Real Palagio tenuta dall’illustriss. ed eccellentiss. Signor S. Giovanni Emanuele Pacecco Duca di Ascalona, Vicerè, e Capitan Generale del Regno di Napoli, Niccolò Bolifoni, Napoli, 1705, pp. 259-261:
(Quando l’alma genitrice partorì dall’augusto grembo FILIPPO DI BORBONE a, le fatidiche Parche tessendo gli aurei filib dissero: – Nasci, nasci, grande fanciullo. Ti attendono come re i duplici confini del mondo, quelli dell’Europa da soli non sufficienti al tuo impero)
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a Filippo V. figlio di Luigi, il gran Delfino, e di Anna Maria di Baviera, nonché nipote di Luigi XIV, era nato nel 1683 e diventerà re di Spagna nel 1700. Qui si direbbe che il Messere riveli doti profetiche, se non fosse più che normale per un rampollo di discendenza reale l’augurio che il salentino gli esprime nei due versi finali.
b Nella mitologia greca le tre Parche (Cloto, Lachesi ed Atropo) rispettivamente tessevano, misuravano e tagliavano il filo simboleggiante la vita di ogni uomo. Si fosse trattato di un poveraccio, il filo sarebbe stato di materiale infradiciato; trattandosi di un futuro re, poteva non essere d’oro?
(Filippo, re potente e buono delle regioni  occidentali, amato allo stesso modo dagli dei e dagli uomini, oggi è nato presso le dolci sponde del Rodano. Correte, Muse dell’Olimpo, incoronate i capelli di fiori primaverili, battete le corde dal bel suono, ascoltate anche le notizie della nascita del Borbone, ascoltate! Egli certamente con molte vittorie, con molti trionfi farà giungere di nuovo l’età dell’oro sulla terra)
  (Per la nascita dello stesso monarca. Quando il sole è nel segno del toro nella stagione primaverile spunta la rosa, ma dura poco. Il fiore borbonico nato nel bel mezzo dell’inverno è sempre rigoglioso di foglie di oro)
Un distico elegiaco funge da didascalia al ritratto di Antonio Sanfelice senior (1515-1570) frate minorita autore di Campania uscito per i tipi di Cancer a Napoli nel 1562. Il ritratto è a corredo dell’edizione curata da Antonio Sanfelice iunior (vescovo di Nardò dal 1707 al 1736) uscita per i tipi di Giovanni Francesco Pani a Napoli nel 1726 e dedicata dal fratello di Antonio, architetto, a Benedetto XIII. In basso a destra si legge And(reas) Maillar sc(u)lp(sit)=Andrea Maillar incise. Il Maillar, nato a Napoli verso il 1690, incise soggetti storici alla maniera di Solimena e , fra gli altri ritratti, anche quelli dei membri della famiglia Carafa. Il concittadino architetto Giovanni De Cupertinis m’informa che il disegno del ritratto del frate fu eseguito dall’architetto Ferdinando Sanfelice, che per l’occasione realizzò un bozzetto a penna, acquerello e sanguigna, attualmente conservato presso il Gabinetto dei Disegni del Museo di Capodimonte di Napoli.
O utinam posset pingi, ut mortalis imago,/sic genus et Pietas, CUIUS ET INGENIUM./d. Gregorius Messerius.
Volesse il cielo che si potesse dipingere come l’immagine mortale così la nobiltà e la devozione e la sua indole.
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1 Carlo Susanna erroneamente lo crede tarantino in Vita di Carlo Buragna inserita in Poesie del Signor D. Carlo Buragna, Castaldo, Napoli, 1683, s. p. e pure, probabilmente da lui attingendo, Giangiuseppe Origlia Paolino in Istoria dello studio di Napoli, Giovanni Di Simone, Napoli, 1754, v. II, p. 102.
2  Antonio Caraccio, l’arcade di Nardò, op. cit., p. 58 n. 27
3 Di Veroli; il suo nome pastorale era Zetindo Elaita. Nell’opera descrive il Bosco Parrasio, la villa fatta costruire dall’accademia, grazie alla munificenza di Giovanni V di Portogallo. Fu la sua prima sede stabile, inaugurata il 9 settembre 1726. Dal volume la tavola che segue: disegno di Antonio Canevero, incisione di Vincenzo Franceschini  (Roma 1680-Firenze 1740; quest’ultimo, della stessa famiglia di Domenico autore del ritratto inserito nel volume del 1710, risulta vincitore del primo premio della terza classe della pittura nel 1711 (Le belle arti pittura, scultura, e architettura, compimento, e perfezione delle bellezze dell’universo mostrate nel Campidoglio dall’Accademia del disegno il dì 24 settembre 1711, essendo Principe della medesima il Sig. Cavalier Carlo Marattti  e Viceprincipe il Signor Cavalier Carlo Francesco Person. Relazione di Giuseppe Ghezzi pittore, e segretario accademico e fra gl’Arcadi Afideno Badio dedicata dagl’Accademici  alla Santità di N. S. Clemente XI Pont. Ott. Mass., Zenobi, Roma, 1711, s. p.
4 Forma in uso fino agli inizi del XX secolo.
5 Così anche in Vincenzo Lancetti, Pseudonimia ovvero tavole alfabetiche de’ nomi finti o supposti degli scrittori con la contrapposizione de’ veri, Luigi Di Giacomo Pirola, Milano, 1836.
6 In prosa ci restano tre  lezioni tramandateci da un manoscritto settecentesco in due volumi (mss. 9221 e 9222), custodito presso la Biblioteca Nazionale di Spagna, intitolato Raccolta di varie lezioni accademiche sopra diverse materie, recítate nell’Accademia dell’Eccmo. Signore Duca di Medina Celi & c., Vicere et Capitan Generale 6 C. nel Regno di Napoli. Nel primo volume: Dell’Imperador Nerva Cocceio (carte 168r-174v) e Della vita di Trajano Imperadore (carte 175r-199v); nel secondo: Della poesía (carte 195r-203v).  La raccolta è stata pubblicata a cura di Michele Rak per dall’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici a Napoli  dal 2000 al 2005.Nel manoscritto si leggono pure lezioni di altri arcadi: Giuseppe Valletta (nome pastorale Bibliofilo Atteo)  Sopra la vita dell’Imperadore Galba Ragionamento 1° cc. 36r-48v, Ragionamento 2° carte 49r-59v, Ragionamento 3° carte 60r-69v, Della vita dell’Imperadore Pertinace lezione unica cc. 355r-363v, Della vita di Massimino Imperadore carte 364-374, Della vita di Gordiano Imperadore carte 375r-384v, Della vita di Aurelio Alessandro Severo Imperador di Roma carte 385-393; Niccolò Crescenzi (nome pastorale Liburno  Sopra la vita di M. Aurelio filosofo Lezione 1a carte 255r-262v, lezione 3a carte 263r-271v, lezione 4a carte 272r-282v, Della vita dell’Imperador Lucio Antonino Commodo (carte 283r-312v, Considerazioni su l’lmperio di M. Didio Severo Giuliano Imperador di Roma carte 313r-323v), Della vita di Settimio Severo Imperador Romano carte 324r-335r, Della vita di Aurelio Antonino Bassiano detto Caracalla (carte 336r-342v), Considerazione sopra la vita e l’Imperio di Opilio Macrino carte 343r-354v; Filippo Anastasio (nome pastorale Anastrio Liceatico) Intorno all’arte nautica carte 183r-194v; Giuseppe Antonio Cavalieri (nome pastorale Floridano Ateneio) Delle Sibille carte 216r-228v; Giuseppe Lucina (nome pastorale Filomolfo Corebio) Dell’agghiacciamento e della cagione di quello carte 236r-245v.
Le lezioni sulla poesia sono conservate pure in un manoscritto (ms. XII G. 58)custodito presso la Biblioteca Nazionale di Napoli.
7 Vorrei tanto chiedere all’autore della scheda in wikipedia
(https://it.wikipedia.org/wiki/Gregorio_Messere), dove si legge  Coraconasio, “dalle campagne dell’isola Coraconaso”, visto pure il virgolettato, da dove ha tratto il nome di questa fantomatica isola. La disgrazia è che in rete l’invenzione in rete è destinata a diventare infezione molto più rapidamente di quanto succede con la carta stampata.
8 Pubblicò anche:
Parte prima delle poesie, Cavallo, Napoli, 1648.
Prose varie, divise in Funzioni Accademiche, mandate al Sig. D. Francesco Carafa Principe di Belvedere, in ettere Capricciose al Sig. Principe di Sant’Agata D. Pietro Farao, in Dialoghi morali a’ Sign. D. Pietro, e D. Lorenzo Casaburo, suoi Amici, Luc’Antonio di Fusco, Napoli, 1666.
9 Tanto più che, a quanto ne so, fu l’unico salentino ad applicare originalmente questo genere alla commemorazione funebre, quasi una versione dotta dei “ricordi” in uso ancora oggi spesso con l’immagine del defunto (in passato un’altra con il tema cristiano della morte e della resurrezione) e una frase più o meno importante, per lo più una citazione di carattere sacro, raramente poche semplici parole. Da aggiungere anche all’originalità l’abilità nel trattare ripetutamente  in modo non banale lo stesso tema. Al solito, dominante sottofilone filosofico-letterario, invece, è da ascrivere l’unico emblema di un altro salentino, il neretino Alberico Longo, inserito nell’opera di Achille Bocchi (alle pp. CCCXL-CCCXLI) registrata nella nota successiva a questa.
(FILOLOGIA SIMBOLICA. Dì che bisogna avere
grande indulgenza per le fatichea)
10 Wechel, Parigi, 1534. Solo nel corso del XVI secolo l’opera contò altre 8 edizioni. Ne seguirono 6 nel secolo successivo, in cui ne uscì pure una (la prima e l’ultima che conosco) con la traduzione in italiano di Giacomo Pighetti (tozzi, Padova, 1626). Dopo l’Alciato, solo per citare i nomi più importanti:
Achille Bocchi, Symbolicarum quaestionum libri quinque, Società tipografica Bolognese, Bologna, 1574
Cesare Ripa, Iconologia overo descrittione dell’immagini universali cavate dall’antichità et da altri luoghi, Eredi di Giovanni Gigliotti, Roma, 1593 (altre 8 edizioni nel secolo XVII)
Jean Jacques Boissard, Emblematum liber, Theodor de Bry, Francoforte sul Meno, 1593
Giorgio Camerario, Emblemata amatoria, Tipografia Sarcinea, Venezia, 1627
Non  tardarono a mancare, data l’ampiezza di scelta del materiale pubblicato e del successo editoriale del genere, i compilatori fin dal secolo XVII; basti citare Filippo Piconelli, Mondo simbolico, Pezzana, Venezia, 1678 (650 pagine escludendo i corposissimi indici).
(FINE)
Per la prima parte (premessa): https://www.fondazioneterradotranto.it/2019/07/08/gli-arcadi-di-terra-dotranto-premessa-1-x/       
Per la seconda parte (Francesco Maria dell’Antoglietta di Taranto): 
https://www.fondazioneterradotranto.it/2019/07/15/gli-arcadi-di-terra-dotranto-2-x-francesco-maria-dellantoglietta-di-taranto/   
Per la terza parte (Tommaso Niccolò d’Aquino di Taranto):
https://www.fondazioneterradotranto.it/2019/07/23/gli-arcadi-di-terra-dotranto-3-x-tommaso-niccolo-daquino-di-taranto-1665-1721/   
Per la quarta parte (Gaetano Romano Maffei di Grottaglie):
https://www.fondazioneterradotranto.it/2019/07/31/gli-arcadi-di-terra-dotranto-4-x-gaetano-romano-maffei-di-grottaglie/    
Per la quinta parte (Tommaso Maria Ferrari (1647-1716) di Casalnuovo): https://www.fondazioneterradotranto.it/2019/08/16/gli-arcadi-di-terra-dotranto-5-x-tommaso-maria-ferrari-1647-1716-di-casalnuovo/
Per la sesta parte (Oronzo Guglielmo Arnò di Manduria,  Giovanni Battista Gagliardo, Antonio Galeota e Francesco Carducci di Taranto):
https://www.fondazioneterradotranto.it/2019/08/26/gli-arcadi-di-terra-dotranto-6-x-oronzo-guglielmo-arno-di-manduria-giovanni-battista-gagliardo-antonio-galeota-e-francesco-carducci-di-taranto/  
Per la settima parte (Antonio Caraccio di Nardò):
https://www.fondazioneterradotranto.it/2019/09/17/gli-arcadi-di-terra-dotranto-7-x-antonio-caraccio-di-nardo/  
Per l’ottava parte (Donato Capece Zurlo di Copertino): https://www.fondazioneterradotranto.it/2019/09/21/gli-arcadi-di-terra-dotranto-8-x-donato-maria-capece-zurlo-di-copertino/  
Per la nona parte (Giulio Mattei di Lecce): https://www.fondazioneterradotranto.it/2019/09/28/gli-arcadi-di-terra-dotranto-9-x-giulio-mattei-di-lecce/ 
Per la decima parte (Tommaso Perrone di Lecce): https://www.fondazioneterradotranto.it/2019/10/03/gli-arcadi-di-terra-dotranto-10-x-tommaso-perrone-di-lecce/ 
Per l’undicesima parte (Ignazio Viva di Lecce): https://www.fondazioneterradotranto.it/2019/10/11/gli-arcadi-di-terra-dotranto-ignazio-viva-di-lecce-11-x/ 
Per la dodicesima parte (Giovanni Battista Carro di Lecce): 
https://www.fondazioneterradotranto.it/2019/10/18/gli-arcadi-di-terra-dotranto-12-x-giovanni-battista-carro-di-lecce/ 
Per la tredicesima parte (Domenico de Angelis di Lecce): 
https://www.fondazioneterradotranto.it/2019/10/21/gli-arcadi-di-terra-dotranto-13-x-domenico-de-angelis-di-lecce-1675-1718/ 
Per la quattordicesima parte (Giorgio e Giacomo Baglivi di Lecce): 
https://www.fondazioneterradotranto.it/2019/10/26/gli-arcadi-di-terra-dotranto-14-x-giorgio-e-giacomo-baglivi-di-lecce/ 
Per la quindicesima parte (Andrea Peschiulli di Corigliano d’Otranto): https://www.fondazioneterradotranto.it/2019/10/31/gli-arcadi-di-terra-dotranto-15-x-andrea-peschiulli-di-corigliano-dotranto/
Per la sedicesima parte (Domenico Antonio Battisti di Scorrano): https://www.fondazioneterradotranto.it/2019/11/05/gli-arcadi-di-terra-dotranto-16-x-domenico-antonio-battisti-di-scorrano/
Per la diciassettesima parte (Filippo De Angelis di Lecce):
https://www.fondazioneterradotranto.it/2019/11/24/gli-arcadi-di-terra-dotranto-17-x-filippo-de-angelis-di-lecce/
Per la diciottesima parte (Mauro Manieri di Lecce) https://www.fondazioneterradotranto.it/2019/12/02/gli-arcadi-di-terra-dotranto-18-x-mauro-manieri-di-lecce/
Per la diciannovesima parte (Felice Zecca di Lecce, Tommaso possente di Trepuzzi, Riccardo Mattei e NiccolòArnone di Alessano):
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Gli Arcadi di Terra d'Otranto (19/x): Felice Zecca di Lecce, Tommaso Possente di Trepuzzi, Riccardo Mattei e Niccolò Arnone di Alessano
di Armando Polito
Quattro autori in un colpo solo, perché solo di qualcuno di loro son riuscito a reperire qualcosa, oltre  a scarne informazioni . Ho condensato il tutto nelle relative schede.
FELICE ZECCA
Nel volume IV dei cataloghi manoscritti dell’Arcadia custoditi nella Biblioteca Angelica di Roma, volume che si riferisce alla custodia di Michele Giuseppe Morei (dal 1743 al 1766), si legge: Altibio Elimeo, Felice Zecca da Lecce, dottore.
In Efraimo Chambers, Dizionario universale delle arti e delle scienze, Pasquali, Venezia, 1749, s. p. compare nell’elenco dei leccesi appartenenti alla Società Reale di Napoli con la dicitura: Il Signor Dottor D. Felice Zecca Med.
Per quanto riguarda il nome pastorale, se per Altibio mi sfugge qualsiasi riferimento, Elimeo potrebbe essere forma aggettivale dal greco  Ἐλιμία (leggi Elimìa), località della Macedonia.
Un suo sonetto è segnalato dal Dizionario biografico degli Uomini Illustri di Terra d’Otranto, Lacaita, Manduria, 1999 in Raccolta di componimenti de’ signori accademici Spioni di Lecce composta in occasione della natività del serenissimo primogenito reale infante D. Filippo. Intitolata alla maestà di Carlo Borbone dall’illustriss. signor D. Domenico Maria Guarini patrizio, e general sindaco della città di Lecce, Viverito, Lecce, 1747. Del volume l’OPAC registra l’esistenza di due soli esemplari: uno, mutilo, è custodito presso la Biblioteca Provinciale Nicola Bernardini di Lecce, l’altro presso  la Biblioteca Nazionale Vittorio Emanuele III di Napoli. Lascio a qualche volenteroso lettore quel controllo diretto che non mi è stato possibile fare e ringrazio anticipatamente chi vorrà comunicarne l’esito e, eventualmente, trasmettere il testo del sonetto.
  TOMMASO POSSENTE
In Giovanni Mario Crescimbeni, L’Arcadia, Antonio de’ Rossi, Roma, 1711, p. 363 si legge: Larisbo Zanio. Il Padre Agostino di S. Tommaso d’Aquino Procuratore generale de’ Cherici Regolari delle Scuole Pie, al secolo Tommaso Possente da Trepuzzi. Colon(ia). Mar(iana). Viene riportata a margine come data di ingresso nell’Arcadia il 27 novembre 1704. La colonia Mariana fu fondata nella Religione dei Chierici Regolari delle Scuole Pie l’8 novembre 1703. Il suo motto era: Hinc satur (Da qui sazio).
Per Larisbo non ho individuato nessun possibile riferimento, mentre Zanio potrebbe essere una forma aggettivale da Ζάν/Ζανός (leggi Zan/Zanòs), forma dorica per Ζήν/Ζηνός (leggi Zen/Zenòs) che significa Zeus.
RICCARDO MATTEI
In Comentari del Canonico Giovanni Mario Crescimbeni Custode d’Arcadia intorno alla sua Istoria della volgar poesia, Basegio, Venezia, 1730, volume IV, p. 376 si legge: Darelmo … Il Dottor Riccardo Mattei d’Alessano.
I puntini di sospensione dopo Darelmo significano che la seconda parte del nome pastorale (che di solito contiene un riferimento toponomastico) non risulta assegnata. Ma per Darelmo mi sfugge qualsiasi possibile riferimento.
Il Dizionario biografico degli Uomini Illustri di Terra d’Otranto, op. cit. segnala tre suoi sonetti: uno in Oronzo Carro, L’ Accademia degli spioni di Lecce, Chiriatti, Lecce, 1723, p. 15 e gli altri due in Pompa accademica celebrata nel dì orimo d’ottobre natale dell’Augustissimo Imperadore Carlo VI di Spagna per l’anno MDCCXXI, Nuova stampa del mazzei, Lecce, 1721, pp. 64-65. Della prima opera l’OPAC registra l’esistenza di un solo esemplare presso la Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze e, per i motivi già addotti per Felice Zecca, confido nell’aiuto di qualche volenteroso lettore. La rete, invece, mi consente di riprodurre quanto contenuto nella seconda.
Colmo d’alta letizia il giorno riedea,
che a noi refulseb d’almac luce, e pura,
CARLO nascendo, a cui l’eterna cura
de l’Iberiad, e Germania il freno diede.
Dì tu Signor, che d’invincibil fede
armato reggi, ed è nostra ventura,
Lecce, l’illustri, ed all’età futura
fai gire la gloria sua, ch’ogn’altra eccedef.
Ben n’avrai mertog egual, che l’oprah è tale,
che non teme del tempo ingiuria, ed ira,
ma sarà sempre chiara, ed immortale.
Un sì bel dì per te sia sacro al Tempio
del’onore, e fin dove il Sole gira
giungerà di tua Fede un vivo esempio.
_____________ 
a ritorna
b brillò
c nobile
d Spagna
e avanzare
f supera
g merito
h impresa
   Signor vorrei in queste selve anch’io
cantar le lodi di sì lieto giorno,
che nascer vide d’ogni grazia adorno
CARLO de’ regni suoi dolce desio.
Ma non s’erge tant’alto il canto mio,
che solo il gregge a questa valle intorno
ode pascendo, e quando ei fa ritorno
al chiuso loco, onde il mattino uscìo,
bensì là dove il bosco in più segreta
parte, raccoglie de’ silvestri Dei,
la turba, e delle Ninfe il sacro coro.
Pregarò, ch’al mio Regea, offrendo loro
sovraa rustico altare i voti miei
ogni ventura sia felice, e lieta.
__________
a re
b sopra
  NICCOLÒ ARNONE
In Comentari del Canonico Giovanni Mario Crescimbeni Custode d’Arcadia intorno alla sua Istoria della volgar poesia, Basegio, Venezia, 1730, volume IV, p. 376 si legge:  Democle … Niccolò Arnone d’Alessano.
Democle potrebbe essere connesso con il greco Δημοκλῆς (leggi Democlès), variante di Δαμοκλῆς (leggi Damoclès), cioè Damocle, il cortigiano di Dioniso II di Siracusa,  che per aver adulato il suo signore fu da questi  fatto sedere sul proprio trono con sul capo sospesa una spada retta solo da un crine di cavallo, perché capisse i pericoli incombenti sui regnanti.
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Gli Arcadi di Terra d'Otranto (18/x): Mauro Manieri di Lecce
di Armando Polito
Nacque a Lecce nel  1687 da Angelo, medico e letterato originario di Nardò, e da Maria Grismondi.  Utriusque iuris doctor1, è più noto come architetto, meno come pittore, meno ancora come letterato, il che sicuramente è legato all’intensità con cui si dedicò ai vari settori. Per questo non stupisce che del letterato, come vedremo, non ci è rimasto quasi nulla, nonostante un altro arcade leccese, Domenico De Angelis, in una lettera al marchese Giovanni Giuseppe Orsi di Bologna, pure lui arcade (nonché accademico della Crusca e dei Gelati) col nome pastorale di Alarco Erinnidio, lo definisca come giovane di elevatissimo ingegno, e di molte aspettazione nelle lettere latine e nonostante fosse membro dell’Accademia degli Spioni2, fondata, con altri, dal padre nel 1683.
In Giovanni Mario Crescimbeni, L’Arcadia, Antonio de’ Rossi, Roma, 1711, p. 370 si legge: Liralbo …. D. Mauro Manieri Leccese e come data d’ingresso nell’Arcadia il 19 aprile 1708. Evidentemente alla data del 1711 non gli era stata ancora assegnata la seconda parte del nome pastorale, cioé Fereate come risulta nei suoi (del Crescimbeni) Comentari intorno all’Istoria della volgar poesia, Basegio, Venezia, 1730, p. 397. Se per Liralbo non ho proposte, Fereate potrebbe essere una forma aggettivale connessa con il greco Φεραῖος (leggi Feràios), che significa di Fere, città della Tessaglia.
Un suo epigramma costituito da due distici elegiaci è in Pompa accademica celebrata nel dì primo d’ottobre natale dell’augustissimo imperadore Carlo VI re di Spagna per l’anno MDCCXXI nella sala del castello di Lecce da D. Magin De Viles preside di questa provincia consagrata all’eminentis. principe Michele Federico del titolo di S. Sabina Prete Cardin. de’ Conti d’Althann, Nuova stampa del Mazzei, Lecce, 1721, p. 56.
Austriacis CAROLI Lux aurea condita fastis
nascere, et aeternum concolor inde redi.
Audior, Alma nites Magnum Imperii incrementum
et laevum nobis Juppiter intonuit 
(O luce aurea dell’austriaco Carlo, nasci fondata sui fasti e da lì ritorna dello stesso colore come cosa eterna. Sono ascoltato: tu risplendi nobile come grande incremento dell’Impero e per noi Giove ha tuonato propizio) 
Per tradizione indiretta, come spesso è successo per tante opere perdute, ci è giunto un frammento di un’elegia in lode di Fabrizio Pignatelli, che fu vescovo di Lecce dal 1696 al 1734: due distici elegiaci citati da Iacopo Antonio Ferrari, Apologia paradossica, Mazzei, Lecce, 1728, p. 6. 
Quid referam heroas naturae arcana secutos,
qui rerum ignotos explicuere sinus
quique novo caecosa explorant lumine causas,
auspicio doctos, te praeunte, gradus.
________
a Errore per caecas.
(Perché dovrei ricordare gli eroi che hanno indagato i misteri della natura, che hanno spiegato gli ignoti cuori delle cose e quelli che con nuova luce esplorano le cieche cause, passi insegnati con autorità sotto la tua guida)
Sicuramente dopo gradus o più avanti questa parte dell’elegia, che probabilmente è l’incipit, doveva concludersi con il punto interrogativo. Gli eroi sono i membri dell’accademia degli Spioni, con riferimento ai loro interessi culturali, che erano prevalentemente quelli scientifici e filosofici. La guida è quella del vescovo e sicuramente l’elegia fu scritta dopo il 24 aprile 1719, quando il prelato rientrò in Lecce da cui si sera allontanato per Roma, su ordine del viceré, nel 1711 a causa di grandissimi contrasti con l’Università.
________
1 Dottore in diritto civile e canonico.
2 Vedi  Archivio storico per le province napoletane, Giannini, Napoli, 1878, anno III, fascicolo I, pp. 150-153.
  Per la prima parte (premessa): http://www.fondazioneterradotranto.it/2019/07/08/gli-arcadi-di-terra-dotranto-premessa-1-x/       
Per la seconda parte (Francesco Maria dell’Antoglietta di Taranto): 
http://www.fondazioneterradotranto.it/2019/07/15/gli-arcadi-di-terra-dotranto-2-x-francesco-maria-dellantoglietta-di-taranto/   
Per la terza parte (Tommaso Niccolò d’Aquino di Taranto):
http://www.fondazioneterradotranto.it/2019/07/23/gli-arcadi-di-terra-dotranto-3-x-tommaso-niccolo-daquino-di-taranto-1665-1721/   
Per la quarta parte (Gaetano Romano Maffei di Grottaglie):
http://www.fondazioneterradotranto.it/2019/07/31/gli-arcadi-di-terra-dotranto-4-x-gaetano-romano-maffei-di-grottaglie/    
Per la quinta parte (Tommaso Maria Ferrari (1647-1716) di Casalnuovo): http://www.fondazioneterradotranto.it/2019/08/16/gli-arcadi-di-terra-dotranto-5-x-tommaso-maria-ferrari-1647-1716-di-casalnuovo/
Per la sesta parte (Oronzo Guglielmo Arnò di Manduria,  Giovanni Battista Gagliardo, Antonio Galeota e Francesco Carducci di Taranto):
http://www.fondazioneterradotranto.it/2019/08/26/gli-arcadi-di-terra-dotranto-6-x-oronzo-guglielmo-arno-di-manduria-giovanni-battista-gagliardo-antonio-galeota-e-francesco-carducci-di-taranto/  
Per la settima parte (Antonio Caraccio di Nardò):
http://www.fondazioneterradotranto.it/2019/09/17/gli-arcadi-di-terra-dotranto-7-x-antonio-caraccio-di-nardo/  
Per l’ottava parte (Donato Capece Zurlo di Copertino): http://www.fondazioneterradotranto.it/2019/09/21/gli-arcadi-di-terra-dotranto-8-x-donato-maria-capece-zurlo-di-copertino/  
Per la nona parte (Giulio Mattei di Lecce): http://www.fondazioneterradotranto.it/2019/09/28/gli-arcadi-di-terra-dotranto-9-x-giulio-mattei-di-lecce/ 
Per la decima parte (Tommaso Perrone di Lecce): http://www.fondazioneterradotranto.it/2019/10/03/gli-arcadi-di-terra-dotranto-10-x-tommaso-perrone-di-lecce/ 
Per l’undicesima parte (Ignazio Viva di Lecce): http://www.fondazioneterradotranto.it/2019/10/11/gli-arcadi-di-terra-dotranto-ignazio-viva-di-lecce-11-x/ 
Per la dodicesima parte (Giovanni Battista Carro di Lecce): 
http://www.fondazioneterradotranto.it/2019/10/18/gli-arcadi-di-terra-dotranto-12-x-giovanni-battista-carro-di-lecce/ 
Per la tredicesima parte (Domenico de Angelis di Lecce): 
http://www.fondazioneterradotranto.it/2019/10/21/gli-arcadi-di-terra-dotranto-13-x-domenico-de-angelis-di-lecce-1675-1718/ 
Per la quattordicesima parte (Giorgio e Giacomo Baglivi di Lecce): 
http://www.fondazioneterradotranto.it/2019/10/26/gli-arcadi-di-terra-dotranto-14-x-giorgio-e-giacomo-baglivi-di-lecce/ 
Per la quindicesima parte (Andrea Peschiulli di Corigliano d’Otranto): http://www.fondazioneterradotranto.it/2019/10/31/gli-arcadi-di-terra-dotranto-15-x-andrea-peschiulli-di-corigliano-dotranto/
Per la sedicesima parte (Domenico Antonio Battisti di Scorrano): http://www.fondazioneterradotranto.it/2019/11/05/gli-arcadi-di-terra-dotranto-16-x-domenico-antonio-battisti-di-scorrano/
Per la diciassettesima parte (Filippo De Angelis di Lecce):
http://www.fondazioneterradotranto.it/2019/11/24/gli-arcadi-di-terra-dotranto-17-x-filippo-de-angelis-di-lecce/
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Gli Arcadi di Terra d'Otranto (15/x): Andrea Peschiulli di Corigliano d'Otranto
di Armando Polito
L’accademia dell’Arcadia era stata fondata il 5 ottobre 1690 e Andrea (nato nel 1601) morì il 9 gennaio 1691. La sua vita da pastore arcade durò, dunque, pochissimo tempo, ma gli onori che gli furono tributati dal consesso romano mostrano chiaramente la fama già acquisita. A tal proposito basterebbe leggere la biografia tracciatane da Domenico De Angelis1, la quale è preceduta da una tavola che di seguito riproduco e per la quale, nonché per altri dati iconografici, rinvio a http://www.fondazioneterradotranto.it/2016/09/08/andrea-peschiulli-1601-1691-corigliano-dotranto-quattro-ritratti-traduzione-galeotta/.
E il ricordo rimase vivo nel tempo, come dimostra la presenza del suo nome pastorale (l’ho sottolineato), insieme con quello di altri arcadi, in un’ecloga di Viminio Delfense, nome pastorale dell’abate Giacomo Zaghetti da Roma2:
Qui recinat, qui cantet Hylam, qui cantet Alaurum,
Philemonem, Eufisium, Thaerona, Bianora, Moerim,
( … Chi potrebbe celebrare a più riprese Ila3, chi cantare Alauro4, Filemone5, Eufisio6, Terone7, Bianore8, Meri9, …) 
Meri Foloetico fu il nome pastorale assunto dal Peschiulli. Meri è da Moeris, uno dei due pastori che dialogano nell’ecloga IX di Virgilio. Foloetico è forma aggettivale dal greco Φολόη (leggi  Folòe), nome di un monte tra l’Arcadia e l’Elide.
Per le ragioni cronologiche prima dette sarebbe stato strano se il Peschiulli ci avesse lasciato un’ampia produzione “arcadica”. E infatti non ce ne resta nemmeno un verso.
(CONTINUA)
Per la prima parte (premessa)
http://www.fondazioneterradotranto.it/2019/07/08/gli-arcadi-di-terra-dotranto-premessa-1-x/      
Per la seconda parte (Francesco Maria dell’Antoglietta di Taranto):
http://www.fondazioneterradotranto.it/2019/07/15/gli-arcadi-di-terra-dotranto-2-x-francesco-maria-dellantoglietta-di-taranto/  
Per la terza parte (Tommaso Niccolò d’Aquino di Taranto)
http://www.fondazioneterradotranto.it/2019/07/23/gli-arcadi-di-terra-dotranto-3-x-tommaso-niccolo-daquino-di-taranto-1665-1721/  
Per la quarta parte (Gaetano Romano Maffei di Grottaglie)
http://www.fondazioneterradotranto.it/2019/07/31/gli-arcadi-di-terra-dotranto-4-x-gaetano-romano-maffei-di-grottaglie/     
Per la quinta parte (Tommaso Maria Ferrari (1647-1716) di Casalnuovo): http://www.fondazioneterradotranto.it/2019/08/16/gli-arcadi-di-terra-dotranto-5-x-tommaso-maria-ferrari-1647-1716-di-casalnuovo/ 
Per la sesta parte (Oronzo Guglielmo Arnò di Manduria,  Giovanni Battista Gagliardo, Antonio Galeota e Francesco Carducci di Taranto): http://www.fondazioneterradotranto.it/2019/08/26/gli-arcadi-di-terra-dotranto-6-x-oronzo-guglielmo-arno-di-manduria-giovanni-battista-gagliardo-antonio-galeota-e-francesco-carducci-di-taranto/ 
Per la settima parte (Antonio Caraccio di Nardò): http://www.fondazioneterradotranto.it/2019/09/17/gli-arcadi-di-terra-dotranto-7-x-antonio-caraccio-di-nardo/ 
Per l’ottava parte (Donato Capece Zurlo di Copertino): http://www.fondazioneterradotranto.it/2019/09/21/gli-arcadi-di-terra-dotranto-8-x-donato-maria-capece-zurlo-di-copertino/ 
Per la nona parte (Giulio Mattei di Lecce): http://www.fondazioneterradotranto.it/2019/09/28/gli-arcadi-di-terra-dotranto-9-x-giulio-mattei-di-lecce/ 
Per la decima parte (Tommaso Perrone di Lecce): http://www.fondazioneterradotranto.it/2019/10/03/gli-arcadi-di-terra-dotranto-10-x-tommaso-perrone-di-lecce/ 
Per l’undicesima parte (Ignazio Viva di Lecce): http://www.fondazioneterradotranto.it/2019/10/11/gli-arcadi-di-terra-dotranto-ignazio-viva-di-lecce-11-x/ 
Per la dodicesima parte (Giovanni Battista Carro di Lecce):
http://www.fondazioneterradotranto.it/2019/10/18/gli-arcadi-di-terra-dotranto-12-x-giovanni-battista-carro-di-lecce/
Per la tredicesima parte (Domenico de Angelis di Lecce):
http://www.fondazioneterradotranto.it/2019/10/21/gli-arcadi-di-terra-dotranto-13-x-domenico-de-angelis-di-lecce-1675-1718/
Per la quattordicesima parte (Giorgio e Giacomo Baglivi di Lecce):
http://www.fondazioneterradotranto.it/2019/10/26/gli-arcadi-di-terra-dotranto-14-x-giorgio-e-giacomo-baglivi-di-lecce/
__________
1 Vita di Andrea Peschiulli da Corigliano ne’ Salentini detto Meri Foloetico scritta dall’Abate Domenico De Angelis leccese detto Arato Alalcomenio, in Giovanni Mario Crescimbeni (a cura di), Le vite degli Arcadi illustri, Antonio de’ Rossi, Roma, 1710, parte seconda, pp. 107-130.
2 In I giuochi Olimpici celebrati in Arcadia nell’ingresso dell’Olimpiade DCXXXIII in onore degli Arcadi illustri defunti, Monaldini, Roma, 1744, p. 296.
3 Ila Orestasio era il nome pastorale completo di Angelo Antonio Somai.
4 Alauro Euroteo era il nome pastorale completo di Bernardino Perfetti.
5 Filemone Clario era il nome pastorale completo di Carlo Cartari.
6 Eufisio Clitoreo era il nome pastorale completo di Pirro Maria Gabrielli.
7 Terone Filacio era il nome pastorale completo di Marcello Malpighi.
8 Bianore Craneo era il nome pastorale completo di Giuseppe Rocco Volpi.
9 Meri Foloetico, come dirò subito dopo, era il nome pastorale completo di Andrea Peschiulli.
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Gli Arcadi di Terra d'Otranto (14/x): Giorgio e Giacomo Baglivi di Lecce
di Armando Polito
Si dice che madre non è la donna che ti che ti ha generato ma colei che ti ha cresciuto, anche se rimane vivo quasi sempre il desiderio di conoscere la propria madre naturale. La prima parte del detto, in fondo, potrebbe valere per tutti gli autori di questa collana che fecero fortuna o trascorsero la maggior parte della loro vita lontani dal luogo natio, nel nostro caso la Terra d’Otranto. Lo stesso vale all’incontrario (anche se solo inizialmente) per Giorgio e Giacomo Baglivi  che, nativi di Ragusa in Dalmazia, vennero adottati nel 1684 da due fratelli leccesi (rispettivamente Piero Angelo e Oronzo Baglivi, il primo  medico, il secondo canonico della Cattedrale) del quale assunsero il cognome. Giorgio, che era nato nel 1668, divenne uno dei medici più famosi d’Europa e morì nel 1707.  Inizio da lui.
Dato il taglio di questa collana, tralascio di citare le numerosissime sue pubblicazioni scientifiche e a tal proposito mi limito a riprodurre le pagine iniziali di una del 1704, il cui frontespizio risulta preceduto da un’antiporta contenente il suo ritratto.
Su quest’ultimo1, che di seguito riproduco da solo, voglio spendere qualche parola.
La cornice dell’ovale appare costituita dalla doppia riproduzione del bastone di Asclepio, antico simbolo associato alla medicina, consistente in un serpente attorcigliato intorno ad una verga, qui intorno ad una corona d’alloro sormontata da un sole splendente, simboli entrambi alludenti alla chiara fama del nostro. Ma un sottile legame lega il sole al gallo rappresentato nella parte inferiore su un letto di rami ardenti: un tramite tra la notte e il giorno, tra la morte e la vita, ben oltre il valore di animale sacrificale legato alla guarigione secondo un’interpretazione non superficiale di un passo di Platone2, non sfuggita ad un attento commentatore di qualche secolo fa3.
Passo alla parte testuale della tavola:
GEORGIUS BAGLIVUS AETAT(E) 34 (Giorgio Baglivi a 34 anni)
Più in basso: a sinistra C(laude). Duflos sc(ulpsit) e a destra Parisiis. L’incisione, dunque, è del francese Claudio Duflos (1665-1727), che operò a Parigi.
Fuori campo: Carolus Maratta inv(enit), delin(eavit) et Autori amico D(ono) D(edit) D(edicavit) Romae 1703 (Carlo Maratta ideò, disegnò e all’autore amico diede in dono, dedicò Roma 1703). Sul Maratta e sui suoi legami con gli Arcadi di Terra d’Otranto rinvio a Caraccio e Maratta e ad Antonio Caraccio di Nardò           .
Qui mi preme sottolineare, in rapporto all’analisi fatta della tavola, quanto felice fu “l’idea” del Maratta ed efficace il suo disegno.
È tempo che mi occupi di Giorgio come arcade.
Entrò nell’accademia il 10 aprile 16994 col nome pastorale di Epidauro Pirgense. Se Epidauro evoca immediatamente la greca Ἐπίδαυρος (leggi Epìdauros) in Argolide, che non dev’essere stata scelta casualmente dal Baglivi, essendo essa la patria di Asclepio, il dio della medicina, Pirgense è dall’aggettivo latino Pyrgense(m), che significa relativo a Pirgi [in greco Πύργοι (leggi Piùrgoi), in latino Pyrgi], cittadina dell’Etruria.
La stima di cui godeva anche in seno all’Arcadia trova una conferma nella biografia che Giovanni Mario Crescimbeni, uno dei fondatori della stessa accademia, di lui scrisse5 e in un sonetto che un altro fondatore gli dedicò6 e che di seguito riporto.
Trasformazione in Fenicea. Di Montano Falanziob uno de’ XII colleghi. In lode d’Epidauro Pirgense
Se, come altri già ottenne, a me pur lice,
anco ad onta, e stupor di mia natura,
novamente cangiar sorte, e figura,
deh fammi, o Feboc, diventar Fenicea.
Né pensar, che desii Dd’esser felice
con quella vita io già, ch’eterna dura:
ch’anzi temer potrei per mia sventura
eternamente allor farmi infelice.
Ciò bramo io sol, perché in più giusti modi,
e almen con tempo al di lui merto egualee,
d’Epidauro cantar potrò le lodi.
Perch’eif, che spesso ad altrui pròg lo straleh
spezzò di morte, e ne schernìo le frodii,
mertal in Pindom a ragion vita immortale.
______________
a O araba fenice, mitico uccello che rinasceva dalle proprie ceneri.
b Nome pastorale dell’abate Pompeo Figari di Genova.  
c Epiteto di Apollo; dal greco φοῖβος (leggi fòibos), che significa lucente.
d che io desideri
e e almeno in uno spazio temporale adeguato ai suoi meriti
f egli
g vantaggio
h freccia
i e si fece beffa dei suoi inganni
l meriti
m Monte della Grecia, anticamente ritenuto sede delle Muse.
Molto probabilmente gli impegni scientifici impedirono a Giorgio di dedicare un po’ del suo tempo alla produzione letteraria, il che spiega l’esito finora negativo che hanno avuto i tentativi di trovare qualche suo componimento in raccolte altrui.
Un po’ più fruttuosa per questo aspetto è stata la stessa indagine operata su Giacomo (1670-1712) che era entrato nell’Arcadia contemporaneamente al fratello col nome pastorale di Meropo Alittorio. Parecchi personaggi mitologici ebbero il nome di Merope, ma tra essi il più candidabile per il riferimento relativo (con cambio della desinenza al maschile?) mi pare essere  una delle Eliadi, figlia di Helios e dell’oceanina Climene. Per quanto riguarda Alittorio so soloche venne assunto come seconda parte del nome pastorale pure da Giuseppe Odazzi di Atri e da Paolo Borghese di Roma, ma questo non mi ha aiutato nel reperire uno straccio di riferimento.
Di lui ho reperito7 solo un’ecloga in esametri latini.. Secondo il modello classico essa è costituita da uno scambio di battute tra due pastori, Meropo …8 (Giacomo Baglivi) e Estrio Cauntino (l’agostiniano Giovanni Battista Cotta da Tenda):
La riporto pagina per pagina  in formato immagine facendola seguire dalla mia traduzione con le opportune note.
(Ecloga di Meropo … e di Estrio Cauntino
Meropo  Estro
Quel giorno è giunto in cui è lecito stimolare con la voce, o Arcadi, ed entrare nei premi sotto un facile giudice, in cui è lecito tentare melodie e toccare l’agreste zampogna. Oh dopo che ci siamo concessi al bosco, oh se qualcuno mi si ponesse di fronte a gareggiare a versi alterni! a
ESTRIO Ci sono le forze né manca il canto e la zampogna a due fori, con i quali sarei capace non solo di gareggiare con te nel verso ma di chiamare a gara nel canto lo stesso Febo. Ma perché è necessario, tolta la pelle, mettere allo scoperto i nostri arti e cospargere le selve di vivo sangue? Celebriamo piuttosto Alnanob con alterno onore.
MEROPO Oh, Estrio, forse è adeguato canto dalla gracile zampogna esaltare un Pastore che spinto dai meriti in nobile
_________________
a Questa battuta, anche se non è indicato espressamente, è da ascrivere a Meropo.
b Alnano Melleo era il nome pastorale di Giovanni Francesco Albani di Urbino, cardinale e poi  papa  col nome di Clemente XI, socio dell’Arcadia per acclamazione dal 12 maggio 16959 e dedicatario della raccolta.   
sedea, già da tempo evitandola, infine ne accolse l’onore per dare compimento ai comandi celesti, egli che, come l’Olimpo con la vetta sta tra i monti, tanto egli si distingue in altezza tra i sacri Padri, Tuttavia, per non sottrarmi, verrò dovunque mi chiamerai. Comincia! Seguiremo quel che la Musa ci concederà.
ESTRIO Comincerò. Ho visto Alnano mentre cinto di porpora e brillante di bisso camminava nella nobile cittàb: quale regina delle api, circondato da lunga schiera, risplende di nativa maestà e brilla di oro. Così andava tra i benemeriti Padri e il sacro senato, veramente più grande del regno e più grande della tiara. E. mentre l’aria risuonava intorno di voci festose, in Arcadia i verdi colli rimbombarono di festoso mormorio, Eco che si nascondeva rispose con applausi e i campi sembrarono rivestirsi improvvisamente di fiori. Da qui ritornano le antiche arti: pronte le Camenec sollevano il collo disprezzato  e quelle che arrossirono nei campi  osando a stento di emettere un canto, a stento di toccare il plettro, mentre viene Alnano, improvvisano pubblicamente melodie e con verso non timoroso addolciscono le taciturne selve. Ma dove la musa trascina colui che canta le gesta del Pastore! Per esempio io ora canto cose più grandi di quanto ispirino i campi e il bosco. Ma le nostre selve. che sarebbero  state un tempo degne di un antico Console, ora lo sono di un Principe. Come talora il fiume abbandona il letto nativo oltrepassate le rive, così io Estrio, immemore della campagna, immemore di aver vissuto già da misero bovaro, cercando alte mete esclamo: – Voi, selva e campi, state bene! -. Ma ora guarda quanto Dio arda in un volto illustre e quanto grande sia la gradita maestà dell’eccelso pudore! Guarda le forze dell’animo, quali neppure le poesie immaginano per i semidei, guarda lo sguardo e il decoro della fronte!
____________
a il papato
b Roma
c Le Camene erano antiche divinità latine delle sorgenti, assimilate alle Muse dei Greci, e perciò assunte a simbolo dell’ispirazione poetica.
Chi poteva piegare lo scettro, chi, più degno, la città? Da solo affronta fatiche temibili per gli dei, Potente per saggezza e parola: tanta è la facoltà dell’ingegno che illustri romani ammirano i responsi . Tu, o Cinziaa, vedi lui vigile in pesanti preoccupazioni; lo vedi tu, Febo, e più ampio illumini il cielo.
MEROPO Senza dubbio egli volge queste preoccupazioni al pubblico interesse, un tempo pastore dell’Arcadia, ora della città, guidando il peso delle cose sacre e il peso di Quirinob. Si prepara a costruire tempi miti per il mondo turbato, a correggere con le leggi i costumi e le frodi e di mandare fino alle regioni più lontane e ai regni barbari i salutari riti e i diritti da rispettare, per convertire a dei migliori le genti malate affinché si faccia strada la fede per gli dei e l’onore per gli altari. Proteggerà l’Italia, l’Italia che geme sotto il crudele Marte, ora con la preghiera, ora con le lacrime, ora conciliando con nobile voce i cuori dei re con la desiderata pace, mentre il Pastore stimola premuroso l’opera di pace e mentre il Padre commiserando l’afflitto invoca un’era tranquilla. Da qui una sicura quiete e tempi che non sanno cos’è la guerra spingeranno le stragi degli uomini e l’amore del massacro al di là del Tanaic e del Tigri e dei tempestosi giacigli del sole. Così il padre e il Pastore a voce altissima insegneranno a far sentire un suono tra le sacre trombe, non tra gli accampamenti. Tu, Temid, che nel frattempo hai commiserato gli antichi Penatie, affrettati a consegnare a Clemente i piatti della bilancia affidati a vantaggio dello stato romano , della religione gemente. La gloria richiesta con tali auspici trasferirà alla gioventù latina le virtù e il coraggio consoni ai Romani e in seguito rinvigorirà le memorie degli avi. Se sotto un tale Principe è prossima la fine per lo stato di rovina e una migliore età per i secoli a venire,
____________
a Epiteto di Diana; dal monte Cinto su cui era nata.
b Nella leggenda della fondazione di Roma fu identificato con Romolo. Qui sta come il simbolo del detentore del potere amministrativo (distinto solo formalmente da quello religioso appena nominato).
c Antico nome del Don; dal latino Tanais, a sua volta dal greco Τάναις (leggi Tànais), che è probabilmente da”iranico dānu che significa fiume.
d Dea greca del diritto e delle leggi. Regge una bilancia, simbolo del giudizio.
e Divinità romane protettrici della famiglia.
chi negherebbe i pascoli al gregge, i ruscelli alle erbe assetate, il latte agli agnelli, i fiori alle api e il citiso alle caprette? La terra grazie alla diffusa rugiada concederà le messi, le mammelle della vacca produrranno latte più del solito e cresceranno già un altro gregge e un altro ovile. Se, o grande Padre, Dio ha mandato te dall’alto Olimpo a presidio per le terre, con comune dono vivi una lunga vita e dispensatore di pace e di placida quiete, vigilando nello stesso tempo sulla speranza e sul gregge e benigno sui nostri campicelli, proteggerai l’asilo del sacro boscoa.
ESTRIO Con questa guida non la volpe, il feroce leone, non il velenoso serpente e l’orsa che suscita ansia circonderà i campi parrasib.
MEROPE Con questa guida l’ombra non nuocerà ai solchi, non alle messi, né la spiga ormai gonfia avrà paura delle fredde stelle.
ESTRIO Se qualche pecora si perde per i luoghi solitari dello scosceso monte, sollevata dalle braccia si nutre di erbe migliori.
MEROPE Se qualche scabbia, quella che rovinaC i velli, colpisce il gregge, subito al contagio appone la vigile mano.
ESTRIO Se qualche albero si protende verso il cielo con gracile tronco, grazie all’agricoltore Alnano respinge  le nevi e i venti.
MEROPE Se qualche speranza di preda spinge il lupo intorno agli ovili, grazie al Pastore Alnano vanifica gli inganni e la preda.
ESTRIO Oh felice Pastore, al quale  sorridono i campi, i coloni applaudono e le nostre ninfe modulano canti!
MEROPE Oh felice Pastore, al quale Roma prepara, il Lazio raddoppia e la terra  contraccambia grandi promesse e preghiere!
ESTRIO  Intorno a te scorrano moltissime generazioni, e per te le sorelle filino concordi stami senza fine.
MEROPE Febo volge al tramonto. Tu smetti:  infatti se in te, Clemente, ci sono tante arti di un santo cuore, che hanno potuto celebrare i sibili di un’esile zampogna?
______________
a Bosco Parrasio fu il nome generico scelto dagli Arcadi per le sedi  provvisorie delle loro adunanze, passato poi definitivamente alla prima stabile inaugurata nel 1726. Parrasio è da Parrasia, regione della Grecia antica nella parte meridionale dell’Arcadia.
b Vedi la nota a.
c Nel testo originale si legge tenera, che, oltretutto, genererebbe insanabile difficoltà metrica;  è evidente che si tratta di un errore per temerat, ascrivibile, data la caratura degli autori, alla composizione tipografica.
d Sono le tre Parche, che presiedevano alla vita di ogni uomo:Cloto filava il filo simboleggiante la vita, Lachesi ne stabiliva la lunghezza, Atropo lo recideva.
_________
1 Con un’operazione scorretta, a quei tempi difficilmente scopribile e sanzionabile, lo stesso ritratto, ma senza le firme degli autori e la dedica, compare come antiporta in un’altra edizione (s. n., Anversa, 1715). Frutto di un altro rame di qualità visibilmente inferiore, come, a parte quanto detto, mostrano altri dettagli che lascio al lettore individuare.
2 Fedone, 118a (sono gli ultimi attimi di vita di Socrate): Ἥδη οὖν σχεδόν τι αὐτοῦ ἦν τὰ περὶ τὸ ἦτρον ψυχόμενα, καὶ ἐκκαλυψάμενος—ἐνεκεκάλυπτο γάρ—εἶπεν—ὃ δὴ τελευταῖον ἐφθέγξατο—‘ὦ Κρίτων, ἔφη, τῷ Ἀσκληπιῷ ὀφείλομεν ἀλεκτρυόνα· ἀλλὰ ἀπόδοτε καὶ μὴ ἀμελήσητε.’ (Ormai dunque erano fredde le parti intorno al cuore e scoperto, infatti era stato coperto, disse, furono le sue ultime parole: – O Critone, siamo debitori di un gallo ad Asclepio, ma dateglielo e non ve ne dimenticate!)
3 Sebastiano Erizzo, I dialoghi di Platone, Varisco, Venezia, 1574, pp. 243-245.
4 L’Arcadia del Canonico Giovanni Mario Crescimbeni, Antonio de’ Rossi, Roma, 1711, p. 349.
5 Notizie istoriche degli Arcadi morti, Antonio de’ Rossi, Roma, 1721, tomo III, pp. 276-280.
6 I giuochi olimpici celebrati in Arcadia nell’Olimpiade DCXXII in lode degli Arcadi defunti nella precedente Olimpiade pubblicati da Giovanni Mario Crescimbeni,  Antonio de’ Rossi, Roma, 1710, p. 84.
7 I giuochi olimpici celebrati dagli Arcadi nell’Olimpiade DCCXX in lode della Santità di N. S. Papa Clemente XI e pubblicati da Giovanni Mario de’ Crescimbeni Custode d’Arcadia, Monaldi, Roma, 1701, pp. 33-36.
8 Alla data del 1710, dunque, non risulta ancora assegnata a Giacomo la seconda parte del nome pastorale (conteneva di solito un riferimento toponomastico detto campagna).
9 L’Arcadia del Canonico Giovanni Mario Crescimbeni, op. cit., p. 345.
(CONTINUA)
Per la prima parte (premessa)
http://www.fondazioneterradotranto.it/2019/07/08/gli-arcadi-di-terra-dotranto-premessa-1-x/      
Per la seconda parte (Francesco Maria dell’Antoglietta di Taranto):
http://www.fondazioneterradotranto.it/2019/07/15/gli-arcadi-di-terra-dotranto-2-x-francesco-maria-dellantoglietta-di-taranto/  
Per la terza parte (Tommaso Niccolò d’Aquino di Taranto)
http://www.fondazioneterradotranto.it/2019/07/23/gli-arcadi-di-terra-dotranto-3-x-tommaso-niccolo-daquino-di-taranto-1665-1721/  
Per la quarta parte (Gaetano Romano Maffei di Grottaglie)
http://www.fondazioneterradotranto.it/2019/07/31/gli-arcadi-di-terra-dotranto-4-x-gaetano-romano-maffei-di-grottaglie/   
Per la quinta parte (Tommaso Maria Ferrari (1647-1716) di Casalnuovo): http://www.fondazioneterradotranto.it/2019/08/16/gli-arcadi-di-terra-dotranto-5-x-tommaso-maria-ferrari-1647-1716-di-casalnuovo/ 
Per la sesta parte (Oronzo Guglielmo Arnò di Manduria,  Giovanni Battista Gagliardo, Antonio Galeota e Francesco Carducci di Taranto) : http://www.fondazioneterradotranto.it/2019/08/26/gli-arcadi-di-terra-dotranto-6-x-oronzo-guglielmo-arno-di-manduria-giovanni-battista-gagliardo-antonio-galeota-e-francesco-carducci-di-taranto/ 
Per la settima parte (Antonio Caraccio di Nardò): http://www.fondazioneterradotranto.it/2019/09/17/gli-arcadi-di-terra-dotranto-7-x-antonio-caraccio-di-nardo/
Per l’ottava parte (Donato Capece Zurlo di Copertino): http://www.fondazioneterradotranto.it/2019/09/21/gli-arcadi-di-terra-dotranto-8-x-donato-maria-capece-zurlo-di-copertino/ 
Per la nona parte (Giulio Mattei di Lecce): http://www.fondazioneterradotranto.it/2019/09/28/gli-arcadi-di-terra-dotranto-9-x-giulio-mattei-di-lecce/ 
Per la decima parte (Tommaso Perrone di Lecce): http://www.fondazioneterradotranto.it/2019/10/03/gli-arcadi-di-terra-dotranto-10-x-tommaso-perrone-di-lecce/ 
Per l’undicesima parte (Ignazio Viva di Lecce): http://www.fondazioneterradotranto.it/2019/10/11/gli-arcadi-di-terra-dotranto-ignazio-viva-di-lecce-11-x/ 
Per la dodicesima parte (Giovanni Battista Carro di Lecce):
http://www.fondazioneterradotranto.it/2019/10/18/gli-arcadi-di-terra-dotranto-12-x-giovanni-battista-carro-di-lecce/
Per la tredicesima parte (Domenico De Angelis di Lecce):
http://www.fondazioneterradotranto.it/2019/10/21/gli-arcadi-di-terra-dotranto-13-x-domenico-de-angelis-di-lecce-1675-1718/
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Gli Arcadi di Terra d'Otranto (13/x): Domenico De Angelis di Lecce (1675-1718)
di Armando Polito
Dato il taglio documentario di questa raccolta relativo ai componimenti sparsi in raccolte altrui1, per la vita ed altri dati rinvio alla biografia scritta dal tarantino Francesco Maria Dell’Antoglietta (anche lui arcade col nome pastorale di Sorasto Trisio2) ed inserita in Notizie istoriche degli Arcadi Morti , Antonio de’ Rossi, Roma, 1720, tomo II, pp. 94-100 ed a quella scritta dal gallipolino G. B. De Tommasi ed inserita in Biografia degli uomini illustri del Regno di Napoli, Gervasi, Napoli, 1818, tomo V, s. pp. Da quest’ultimo volume riproduco il ritratto che segue.
Arato Alalcomenio era il suo nome pastorale. Se Arato fa pensare al poeta greco Arato di Soli (IV-III secolo a. C.) certamente Alalcomenio contiene un riferimento ad Ἀλαλκομένιον (leggi Alalcomènion), antica città della Beozia. Risulta iscritto all’Arcadia il 3 agosto 16983.
Un madrigale è in I giuochi olimpici celebrati dagli Arcadi nell’Olimpiade DCXX in lode della Santità di N. S. Papa Clemente XI e pubblicati da Giovanni Mario de’ Crescimbeni Custode d’Arcadia, Monaldi, Roma, 1701, p. 80:
Ghirlanda di Gigli, e di Viole. Madrigale d’Arato Alalcomenio
Di bei candidi Gigli, e rugiadosi
colti dal verde piano,
e di vaghe Viole
colte dal vicin Fonte
priaa che nascesse il Sole,
del glorioso ALNANOb
circonderei la sacra augusta Fronte,
per adornar dell’immortal Pastore
con sì leggiadri Fiori, et odorosi
dell’Animo il candore,
e l’umiltà del Core.
__________ 
a prima
b Alnano Melleo era il nome pastorale di Clemente XI (Francesco Albani) arcade acclamato nel 1695, prima che nel 1700 fosse eletto papa.
  Un sonetto è in Rime e prose di Francesco Maria Tresca in lode dell’Invittissimo edAugustissimo Imperadore Carlo VI e redelle Spagne, consacrate all’Augustissima Maria Elisabetta di Volfenputel  Imperadrice regnante da Fra’ Berardino Tresca Cavaliere Gerosolimitano fratello dell’auttore, Mazzei, Lecce, 1717, p. 276.
Del Canonico Domenico De Angelis Accademico degli Spioni4
O beati quei tempi, in cui l’alloro
passò de’ vati a coronar Regnantia
e con bel cambio si rendean tra loro
e questi e quelli eternità di vanti.
Servia di tromba allor plettro canoro
a rendere immortali i trionfanti,
ma del trionfo poi l’alto lavoro
tornava ai vatib, e fea felici i canti.
Per te eccelso cantor bram’io, che riedac
del’aurea etate il Secolo vetustod
e che al tuo mertoe egual mercèf conceda.
A me liceg sperarlo, e troppo è giusto,
che tua mercedef il Mondo ammiri, e veda
rinnovellatoh il secolo d’Augusto.
  Non è raro in pubblicazioni del genere che ad un componimento encomiastico segua la risposta del celebrato. Così successe per il De Angelis e, se a rispondere era un papa, l’onore diventava doppio.5 
______
a passò dai poeti a incoronare i re
b poeti
c ritorni
d il secolo antico dell’età dell’oro
e merito
f conceda pari ricompensa
g è lecito
h rinnovato
  Un sonetto è in Corona poetica rinterzata in lode della Santità di N. S. Papa Clemente XI da Giovanni Mario de’ Crescimbeni Custode d’Arcadia, Chracas, Roma, 1701, p. 30:
  D’Arato Alalcomenio. Uno de’ XII Colleghi.
Di tua mente uno sguardo almoa, e giocondo
render può sol felice, anzi beato
il nostro Pastoral ruvido stato,
ch’era a noi di gravoso inutil pondob.
L’umìl zampogna esiliar dal Mondo
volean l’Invidia, e ‘l fiero avverso Fato,
né più sentiasic il cantar dolce usato
(e s’ei fiad spento, qual sarà il secondo?).
Ma tosto si vedran d’Invidia a scorno
scortie da saggia, e gloriosa guida
far nel Parrasio Boscof al fin ritorno
dolce cantar, santa Amicizia,e fida,
di tuo splendore un gentil raggio adorno
se alle nostre Foreste avvien che arrida.
  _______
a nobile
b peso
c si sentiva
d sarà
e scortati
f Così gli Arcadi chiamavano il luogo scelto per le loro adunanze prima che tale nome venisse assunto dalla suggestiva villa che si fecero costruire su progetto dell’architetto arcade Antonio Canevari (nome pastorale: Elbasco Agroterico) e dell’allievo Nicola Salvi (nome pastorale: Lindreno Issuntino), inaugurata il 9 settembre 1926. Parrasio è dal greco Παρράσιος (leggi Parràsios), che significa di Parrasia, regione della Grecia antica nella parte meridionale dell’Arcadia.
(CONTINUA)
  Per la prima parte (premessa)
http://www.fondazioneterradotranto.it/2019/07/08/gli-arcadi-di-terra-dotranto-premessa-1-x/      
Per la seconda parte (Francesco Maria dell’Antoglietta di Taranto):
http://www.fondazioneterradotranto.it/2019/07/15/gli-arcadi-di-terra-dotranto-2-x-francesco-maria-dellantoglietta-di-taranto/  
Per la terza parte (Tommaso Niccolò d’Aquino di Taranto)
http://www.fondazioneterradotranto.it/2019/07/23/gli-arcadi-di-terra-dotranto-3-x-tommaso-niccolo-daquino-di-taranto-1665-1721/  
Per la quarta parte (Gaetano Romano Maffei di Grottaglie)
http://www.fondazioneterradotranto.it/2019/07/31/gli-arcadi-di-terra-dotranto-4-x-gaetano-romano-maffei-di-grottaglie/     
Per la quinta parte (Tommaso Maria Ferrari (1647-1716) di Casalnuovo): http://www.fondazioneterradotranto.it/2019/08/16/gli-arcadi-di-terra-dotranto-5-x-tommaso-maria-ferrari-1647-1716-di-casalnuovo/ 
Per la sesta parte (Oronzo Guglielmo Arnò di Manduria,  Giovanni Battista Gagliardo, Antonio Galeota e Francesco Carducci di Taranto) : http://www.fondazioneterradotranto.it/2019/08/26/gli-arcadi-di-terra-dotranto-6-x-oronzo-guglielmo-arno-di-manduria-giovanni-battista-gagliardo-antonio-galeota-e-francesco-carducci-di-taranto/
Per la settima parte (Antonio Caraccio di Nardò): http://www.fondazioneterradotranto.it/2019/09/17/gli-arcadi-di-terra-dotranto-7-x-antonio-caraccio-di-nardo/ 
Per l’ottava parte (Donato Capece Zurlo di Copertino): http://www.fondazioneterradotranto.it/2019/09/21/gli-arcadi-di-terra-dotranto-8-x-donato-maria-capece-zurlo-di-copertino/ 
Per la nona parte (Giulio Mattei di Lecce): http://www.fondazioneterradotranto.it/2019/09/28/gli-arcadi-di-terra-dotranto-9-x-giulio-mattei-di-lecce/ 
Per la decima parte (Tommaso Perrone di Lecce): http://www.fondazioneterradotranto.it/2019/10/03/gli-arcadi-di-terra-dotranto-10-x-tommaso-perrone-di-lecce/ 
Per l’undicesima parte (Ignazio Viva di Lecce): http://www.fondazioneterradotranto.it/2019/10/11/gli-arcadi-di-terra-dotranto-ignazio-viva-di-lecce-11-x/
Per la dodicesima parte (Giovanni Battista Carro di Lecce):
http://www.fondazioneterradotranto.it/2019/10/18/gli-arcadi-di-terra-dotranto-12-x-giovanni-battista-carro-di-lecce/
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1 Sue opere “autonome” furono: Della patria d’Ennio, Monaldi, Roma, 1701 e s. n., Firenze, 1702; Le vite dei letterati salentini, s. n., Firenze, 1710 (v. I) e Napoli, Raillart, 1713 (v. II); Orazione in morte dell’augustissimo imperadore Gioseppe Primo d’Austria, recitata nel duomo della città di Gallipoli, s. n., Gallipoli, 1711; Lettere apologetiche istorico-legali, nelle quali rispondendosi ad alcune scritture pubbliche in nome del Governatore di Lecce, scritte intorno alle differenze, che versano tra l’illustrissimo Monsignore Vescovo, e la medesima illustrissima Città di Lecce per la giurisdizione del Casale di S. Pietro di Lama, e di S. Pietro Venotico, si dimostrano vane le pretensioni della Città, e si stabiliscono le ragioni della Vescovil Chiesa di Lecce, s. n., s. l. s. d.
2 http://www.fondazioneterradotranto.it/2019/07/15/gli-arcadi-di-terra-dotranto-2-x-francesco-maria-dellantoglietta-di-taranto/  
3 Giovanni Mario Crescimbeni, L’Arcadia, Antonio de’ Rossi, Roma, 1711, p. 348.
4 Per l’Accademia degli Spioni vedi in Archivio storico per le province napoletane, Giannini, Napoli, 1878, anno III, fascicolo I, pp. 150-153.
5 Clemente XI gli rispose con questo sonetto: Trattai con dubia man plettro sonoro/strade tentando inusitate avanti/,ma quando alfin credea l’alto lavoro/conobbi i miei pensieri andar erranti./Felice te, che delle muse il coro/colmi di tutti i preggi onesti, e santi,/tal che eccelso cantor fusti per loro/e scrittor d’alme di virtuti amanti./Godi, che il tuo gran merto altro non chieda/,di pura lode e di due palme onusto/in ben sicura parte alberghi, e sieda./Ch’io se del calle faticoso e angusto/uscirò mai, dritto è che ognun ben creda/che il Real suo splendor mio stil fè augusto.
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Gli Arcadi di Terra d'Otranto (7/x): Antonio Caraccio di Nardò
di Armando Polito
Entrò nell’Arcadia il 2 maggio 16911 ed assunse il nome pastorale di Lacone Cromizio.  Per Lacone il riferimento potrebbe essere al greco Λάκων (leggi lacon), che significa della Laconia, spartano. Tuttavia, siccome è la seconda parte del nome pastorale che di regola contiene un riferimento toponomastico (e qui, oltretutto, sarebbe in ballo la Laconia e non l’Arcadia, anche se essa confina a nord con la prima), mi pare più probabile che Lacone evochi uno dei due protagonisti pastori del  quinto idillio di Teocrito [(IV-III secolo a. C.), l’altro è Comata], che si rimproverano vicendevolmente di furto, il primo della siringa, il secondo di una pelliccia. Quanto a Cromizio credo sia un a forma aggettivale di origine latina (Cromitius) dal greco Κρῶμι (leggi Cromi), una delle cinquanta città d’Arcadia che secondo la testimonianza di Pausania2 (II secolo d. C.) furono  fondate dagli altrettanti figli di Licaone. Cromo, appunto, fondò Cromi.
Per la vita e le opere rinvio alla biografia scritta dall’arcade Domenico De Angelis (di lui tratterò nella parte 12 di questa collana), dedicata all’altro arcade Tommaso Maria Ferrari (vedi la parte 5 di questa collana) ed inserita in Giovanni Mario Crescimbeni (a cura di), Le vite degli Arcadi illustri, Antonio de’ Rossi, Roma, 1708, parte I, pp. 141-168.
Per quanto riguarda la produzione arcadica (dunque successiva al 1690, data di fondazione dell’accademia; il Caraccio vi era entrato, come sappiamo, il 2 maggio 1691) riporto i versi iniziali dei componimenti inseriti in Rime degli Arcadi, tomo IV, Antonio de’ Rossi, Roma, 1717, pp. 147-174. Da un controllo effettuato, però, è risultato che essi erano già stati pubblicati tutti meno uno in Poesie liriche del barone Antonio Caraccio dedicate all’Eminentissimo e Reverendissimo Signor Cardinale Pamphilio, Tinassi, Roma, 16893. Di seguito i versi iniziali con la doppia indicazione della pagina del volume del 1689 e di quello del 1717 e, evidenziato in rosso, quello dell’unico componimento nuovo del volume del 1717.
O degli affanni, e de’ piacer compagna (p. 164/p. 147)
Non spente già di due leggiadre gote (p. 165/p. 147)
Or che sen vien alla città del Taro (p. 248)
Libera già fuor del suo mortal pondo (p. 191/p. 148)
Qui, dove scoglio in mar sorge eminente (p. 192/p. 149)
Benché, Donna gentil. dal tuo bel viso (p. 122/p. 149)
In quella età, che al gioco intenta,  e al riso (p. 2/p. 150)
Poi che l’emula imago alfin compita  (p. 134/p. 150)
Al marmo, all’urna, or che fa il biondo Dio (p. 21/p. 151)
Due luci adoro, e un dolce irato sguardo (p.3/p. 151)
L’egro timor, che l’invisibil vede (p. 20/p. 152)
Non sentii fuoco allor, che un guardo, un riso (p. 3/p. 152)
Mentre a i zefiri molli il crin sciogliea (pp. 13-19/ pp. 153-156)
Celebre ancor sotto le sacre piante (pp. 183-187/pp. 156-158)
È d’antico romor fresca memoria (pp. 172-178/pp. 161)
Oltre le mete, che segnò del Mondo (pp. 54-79/pp. 161-1749))
Mi limiterò, perciò, a riprodurre ed a commentare il testo dell’unico componimento che, per motivi cronologici, può considerarsi arcadico. Non posso non precisare. però, che queste distinzioni sono fittizie, in quanto tutta la produzione arcadica del XVII secolo segue, sostanzialmente, le linee guida di quella barocca.
Or che sen viene alla città del Taroa
Donnab, dal cui real fecondo seno
nascer vedremo, quai  vide già l’Ismenoc,
i figli cinti di nativo acciarod,
mentre un letto raccoglie in dolce, e caro
nodo, quinci la Parmae, e quindi il Renof.
Miri i due Regi Sposi il Ciel sereno
con aspetto felice insieme, e chiaro.
Non già qual di Peleo fece, e di Tetig
ne gli imenei fatali al gran Pelide,
o pur d’Alcmena a i talami segretih.
Bastano quei, che il gran Concetto vide
d’Alessandro lor’Avo,almi Pianeti,i
né Achille a Grecia invidiarem, né Alcidel. 
a Parma.
b Dorotea Sofia di Neuburg, prima principessa e poi duchessa di Parma in quanto moglie di Francesco Farnese.
c Fiume della Beozia sulle cui sponde avvenne una celebre battaglia tra i Tebani e i sette Capi immortalata da Eschilo nella tragedia I sette contro Tebe.
d acciaio; sta in senso etimologico per arma: dal latino aciarum, a sua volta da acies=punta.
e Riferimento ai Farnese.
f Riferimento alla terra d’origine della sposa.
g non già come fece nei confronti di Peleo e di Teti dalla cui unione nacque Achille dall’infelice destino (tra una vita anonima e lunga ed una gloriosa e breve, possibilità di scelta offertagli dagli dei, Achille scelse la seconda).
h In occasione dell’assenza del marito Anfitrione, Giove ne assunse le sembianze e trascorse con lei una notte d’amore la cui conseguenza fu la nascita di Eracle.
i Basta la protezione di quei nobili pianeti che vide il concepimento del loro avo Alessandro
l Epiteto di Eracle; dal greco Ἀλκείδης (leggi Alchèides), che significa discendente di Alceo, del quale Eracle era nipote.
I sonetti che iniziano, rispettivamente, con In quella età, che al gioco intenta,  e al riso e con
Poiché l’emula imago alfin compita saranno inseriti, in ordine inverso, in Rime dell’avvocato Giovanni Battista Zappi e di Faustina Maratti sua consorte coll’aggiunta delle più scelte di alcuni rimatori del precedente secolo, Hertz, Venezia, 1723. A parte il fatto che quest’opera ebbe una serie infinita di edizioni fino a quella napoletana (manca il nome dell’editore) del 1833, il che contribuì, sia pure indirettamente,  a perpetuare la memoria del Caraccio arcade, va ricordato che Faustina Maratti (o Maratta) era la figlia di quel Carlo un dipinto del quale il Caraccio aveva celebrato nel sonetto iniziante per Poiché l’emula imago alfin compita, per il quale vedi http://www.fondazioneterradotranto.it/2019/09/07/antonio-caraccio-di-nardo-e-le-sue-ecfrasi/?fbclid=IwAR1c54p-fX6hDfK46_im2yti5qOFwpe3YnQQC9OkD_rV-fWvh1tBEgIz444. 
  CONTINUA
Per la prima parte (premessa) http://www.fondazioneterradotranto.it/2019/07/08/gli-arcadi-di-terra-dotranto-premessa-1-x/
Per la seconda parte (Francesco Maria dell’Antoglietta di Taranto:
http://www.fondazioneterradotranto.it/2019/07/15/gli-arcadi-di-terra-dotranto-2-x-francesco-maria-dellantoglietta-di-taranto/
Per la terza parte (Tommaso Niccolò d’Aquino di Taranto): http://www.fondazioneterradotranto.it/2019/07/23/gli-arcadi-di-terra-dotranto-3-x-tommaso-niccolo-daquino-di-taranto-1665-1721/
Per la quarta parte (Gaetano Romano Maffei di Grottaglie) http://www.fondazioneterradotranto.it/2019/07/31/gli-arcadi-di-terra-dotranto-4-x-gaetano-romano-maffei-di-grottaglie/   
Per la quinta parte (Tommaso Maria Ferrari di Casalnuovo): http://www.fondazioneterradotranto.it/2019/08/16/gli-arcadi-di-terra-dotranto-5-x-tommaso-maria-ferrari-1647-1716-di-casalnuovo/
Per la sesta parte (Oronzo Guglielmo Arnò di Manduria, Giovanni Battista Gagliardo, Antonio Galeota e Francesco Carducci di Taranto): http://www.fondazioneterradotranto.it/2019/08/26/gli-arcadi-di-terra-dotranto-6-x-oronzo-guglielmo-arno-di-manduria-giovanni-battista-gagliardo-antonio-galeota-e-francesco-carducci-di-taranto/
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1 L’Arcadia del Canonico Giovanni Mario Crescimbeni, Antonio de’ Rossi, Roma, 1711, p. 331.
2 Periegesi della Grecia VIII, 3, 4.
3 L’opera reca l’imprimatur di Tommaso Maria Ferrari, altro arcade salentino, per il quale vedi http://www.fondazioneterradotranto.it/2019/08/16/gli-arcadi-di-terra-dotranto-5-x-tommaso-maria-ferrari-1647-1716-di-casalnuovo/.
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