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#Idraulico Vicino a Me
prontointervento24 · 2 months
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Questo vale per ogni problema idraulico, ma è particolarmente diffuso quando si lavora su un rubinetto.
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Servizi di Pronto Intervento 24 Ore. Solo con Gruppo Tutto Fare Italia.
Gruppo Tutto Fare Italia: Servizi Pronto Intervento 24 Ore
Gruppo Tutto Fare Italia è qui per te se hai mai avuto bisogno di un pronto intervento a qualsiasi ora! In caso di emergenze di idraulici, elettricisti e fabbri, collaboriamo con tecnici altamente specializzati per fornire assistenza immediata. Anche durante le festività e i fine settimana, siamo operativi 24 ore su 24, 7 giorni su 7.
Sarà assistito da un team di esperti al 3802350668 per risolvere qualsiasi problema.
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Diamo un'occhiata a cosa offre Gruppo Tutto Fare Italia per i clienti:
Pronto Intervento Elettricista: Il nostro elettricista pronto intervento è disponibile 24 ore su 24 per ripristinare il tuo impianto elettrico in caso di guasto improvviso.
Ecco i nostri servizi elettrici:
Assistenza Elettrica
Cambia Salvavita
Certificazione Elettrica
Corto Circuito
Impianto Elettrico
Installazioni Elettriche
Manutenzione Elettrica
Riparazioni Elettriche
Pronto Intervento Fabbro: Ogni problema con la carpenteria metallica, le serrature, le porte e gli infissi può essere risolto rapidamente dai fabbri qualificati del nostro team.
Ecco i nostri servizi fabro:
Riparazione tapparelle
Riparazione serrande
Riparazione finestre
Manutenzione serrande
Cambio Serratura
Apertura Porta Normale
Apertura Porta Blindata
Apertura Cassaforte
Pronto Intervento Idraulico: Collaboriamo con i migliori tecnici per risolvere rapidamente e professionalmente tutti i problemi idrici, dalle perdite d'acqua alle installazioni complicate.
Ecco i nostri servizi idraulici:
Installazioni Idrauliche
Montaggio Doccia
Montaggio Lavandino
Montaggio Scaldabagno
Riparazioni Idrauliche
Sblocco Lavandino
Sblocco Vasca
Sblocco WC
Pronto Intervento Spurgo: In tutti i casi di spurgo, dal ristagno delle acque nelle tubature alla bonifica delle fosse biologiche, tecnici qualificati interverranno rapidamente.
Ecco i nostri servizi spurgo:
Pulizia delle Fosse Settiche
Pulizia Scarichi Fognari
Spurgo e Disostruzione Tubazioni
Spurgo Fognature
Video Ispezione su Colonne e Condutture
Ritrovamento Pozzetti Nascosti
Spurgo e Pulizia Pozzi Neri
Pulizia fosse biologiche
Ricerca Perdita: Tecnici specializzati individuano e tracciano possibili perdite nei sistemi di tubazioni utilizzando tecnologie sofisticate come termocamere e geofoni.
Ecco i nostri servizi di ricerca perdita:
Termocamera
La Videoispezione
Il Geofono
L’igrometro
Gas Tracciante
Dove Operiamo:
Gruppo Tutto Fare Italia fornisce servizi di pronto intervento in diverse regioni d'Italia, tra cui:
Abruzzo – Pescara, L’Aquila, Chieti, Teramo
Emilia-Romagna – Bologna, Ferrara, Modena, Parma, Piacenza, Ravena, Reggio Emilia, Rimini, Forli-Cesena
Friuli-Venezia Giulia – Trieste, Udine, Gorizia, Pordenone
Lazio – Roma, Latina, Tivoli, Frosinone, Viterbo
Liguria – Genova, Imperia, La Spezia, Savona, Sanremo
Lombardia – Milano, Brescia, Como, Lecco, Monza, Pavia, Varese, Bergamo, Sondrio, Cremona, Lodi, Mantova
Marche – Ancona, Macerata, Ascoli, Fermo, Pesaro-Urbino
Piemonte – Torino, Asti, Vercelli, Alessandria, Novara, Biella, Cuneo, Verbano
Toscana – Firenze, Pisa, Siena, Lucca, Livorno, Arezzo, Prato, Pistoia, Massa-Carrara, Grosseto
Trentino-Alto Adige – Trento, Bolzano
Umbria – Perugia, Terni
Veneto – Padova, Vicenza, Verona, Venezia
Conclusione
Vi invitiamo a visitare il nostro sito web all'indirizzo https://gruppotuttofareitalia-ap.it/  per ulteriori dettagli sui nostri servizi e per conoscere meglio il nostro team. In caso di emergenza, non esitate a chiamarci al 3802350668e saremo felici di assistervi.
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Risolvere il problema, chiama subito.
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interventourgente · 5 years
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Idraulico locale a Parma
Richiedere un servizio idraulico, alcune volte non è molto facile. Uno dei problemi che si incontra è un intervento lento. In casi di emergenza allagamenti, oppure di perdite d’acqua è il bisogno di avere un idraulico al più presto possibile nella casa. 
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blondeannalisa · 3 years
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Pioggia
Ciao, sono Annalisa, oggi sono stata molto fortunata. Può essere lo sia in assoluto. Ma un’ora fa, se qualcuno me l’avesse detto, gli avrei menato. Sto parlando di una cosa di cui magari a voi non frega un cazzo, ma a me sì. E’ stato quando la prof mi ha vista e mi ha detto “Ah, ma se c’è anche lei facciamo tutto stasera”. Le ho risposto che sì, insomma, a dire il vero l’esame era previsto per il pomeriggio successivo, io ero solamente venuta a vedere... Però quando una che ha assoluto potere su di te ti risponde “ma non è detto che domani sera sarà più facile” che fai? Che le dici? Io ho detto “va bene”, avrei voluto vedere voi. Anche se tra me e me pensavo “ma guarda tu sta fija de ‘na mignotta, stai a vedè che per questo esame del cazzo mi rovino la media...”.
 E invece no, è andata benissimo. Mi ha pure fatto i complimenti, mi ha detto “signorina, ce ne fossero come lei...”. E’ una un po’ fissata con il fatto che le donne sono sempre state discriminate a proposito di matematica. Mi è pure sempre stata simpatica anche se, appunto, la materia è un po’ del cazzo. Ma in quel momento l’avrei strozzata.
 Comunque ci siamo rivisti tutti al bar, dopo l’esame. Eravamo in sei, eh? Non è che a matematica ci siano tutte ste frotte di gente agli appelli. Anche i miei compagni, quando hanno saputo l’esito, si sono affrettati a sottolineare “ma che culo, Annalì”. Non nel senso in cui in genere me lo dicono. Intendevano proprio la fortuna. Ahò, ma che cazzo volete? Si vede che avevo studiato.
 Già mi pregustavo i complimenti al mio ritorno a casa, avevo in mano le chiavi della macchina. L’unico vero vantaggio di fare un esame a quest’ora del pomeriggio, per la verità si erano fatte le sette, in questa villa fuori dalla città universitaria, è che si trova parcheggio abbastanza facilmente. E della macchina, oggi, ne avevo proprio bisogno. Perché sono tre giorni che piove a dirotto. Ma forte, eh? E non smette mai. Al massimo rallenta un po’ e poi ricomincia.
 A me non è che la pioggia dia fastidio, anche se la gente comincia già a rompere i coglioni dicendo che un tempo così non c’è mai stato. Ora, a parte il fatto che non è vero, di che cazzo vi stupite? Siamo agli inizi di dicembre, è autunno, piove! Fa il dovere suo. E quando fa 27 gradi a Natale che vi dovete preoccupare.
 Anyway, stavo per salutare e andare via quando a qualcuno è venuta la bella idea di festeggiare a cena. Declinare mi è stato praticamente impossibile, perché sono partiti una serie di appelli molto gentili, del tipo “dai, Annalì, non fare la stronza come al solito” che non me la sono sentita di rifiutare. E’ stata Elena a convincermi. Non tanto per il suo “viene pure Gilberto”, che io ho registrato mentalmente con un sarcastico “ah beh, allora...”, quanto perché ha detto “viene pure Gilberto e offre lui”. Ok, già va meglio. Sto Gilberto è il suo ragazzo ed è impaccato di soldi, suo padre gli ha comprato – non affittato, comprato – una casa dalle parti del Colosseo dove vivono insieme. Voglio dire, io con Gilberto non ci vivrei mai, ma se a lei piace... No, ok, esagero. Sono carini. Una volta mi hanno invitata a una festa da loro ed è lì che ho conosciuto le mie amiche Serena e Giovanna. Almeno questo glielo riconosco, glielo devo. E poi non è che i miei compagni mi stanno sul cazzo. Sono bravi ragazzi. Non li trovo interessanti, d’accordo, ma per una sera...
 L’unico dubbio mi viene al momento in cui mi annunciano la destinazione: “Da Eataly? Cazzo, ma è dall’altra parte della città, con questa pioggia ci sarà un traffico terrificante, non si può fare altrove? Più vicino?”. No, non si può fare, hanno tutti voglia di andare da Eataly. Mi carico in macchina Elena e partiamo. Durante il viaggio si parla del più e del meno. Si vede che lei è molto compresa nel suo ruolo di ragazza-fuorisede-che-convive-con-il-suo-ragazzo-fuorisede e che le piace molto giocare all’adulta. A me pare molto buffa, ma non gliene voglio, anche se quando mi domanda “ma tu ce l’hai il ragazzo, Annalisa?” a me sembra che voglia più che altro sottolineare la nostra differenza di status. Ma forse mi sbaglio.
 No. No, non ce l’ho il ragazzo. Sì, è vero, sarebbe carino avercelo, ma finora non ho trovato nessuno che.. e poi preferisco pensare solo a studiare, ci tengo molto a finire il prima possibile. Sì, ok, d’accordo, ma come mai, tu così carina, eh lo so ma che ci vuoi fare, ogni tanto qualcuno che sembra interessante lo trovo ma poi... sai com’è, vogliono solo quello. Frasi così, chiacchiere sconclusionate che per fortuna si fermano sempre abbondantemente prima di toccare argomenti più scabrosi. Elena non è il tipo da chiederlo e io certo non mi sogno di rivelarle che razza di troia stia in questo momento al volante, figuriamoci.
 Il problema è che, mentre parliamo, all’argomento “ragazzo” inizio a pensarci io, in piena autonomia, tra me e me. E non mi ci vuole poi molto per fare l’upgrade “ragazzo-sesso”. Anche perché son quasi due mesi che non faccio nulla, ma proprio nulla a parte le (poche) avventure in solitario nel mio letto.
 L’ultima volta è stato con Fabrizio, il più classico degli scopa-amici. L’avevo cercato dopo due esperienze che mi avevano lasciata, per usare un eufemismo, parecchio turbata.
 Essere stata beccata a scoparmi uno dentro casa sua dalla moglie, essere stata menata e buttata fuori di casa nuda sul pianerottolo, sempre dalla suddetta moglie, già mi aveva scossa e non poco. Trovarmi un paio di giorni dopo a essere aggredita insieme alla mia amica Serena dentro la Rinascente da un pazzo omofobo era stata la ciliegina sula torta.
 Ero stata io a cercare Fabrizio, a chiedergli se quella sera fosse libero. Senza ipocrisie, tra noi non ce n’è bisogno. Mentre ero a gambe aperte sotto di lui, mi aveva detto “ma quanto sei troia stasera? sei già venuta sei volte”. Appena finito di dirmelo è arrivata la settima. Io lo adoro, Fabrizio. E non solo perché mi scopa benissimo, ma anche per questi particolari. Perché tiene il conto dei miei orgasmi e perché mi chiama troia come un altro in quei momenti mi chiamerebbe amore mio. Io, troia, lo preferisco. Anche perché nessuno mi ha mai detto amore mio. Sì, oddio, quando ero al liceo ogni tanto c’era qualcuno che lo faceva. Di solito dopo che gli avevo fatto un pompino, a volte anche prima. C’è sempre qualcuno che si innamora o pensa di farlo.
 Ma la verità è che quella sera non ero andata da lui perché volessi farmi chiamare troia. E nemmeno perché avessi voglia solo di essere scopata. In realtà avevo voglia di essere scopata prima e abbracciata dopo. Coccolata. Che avete da guardarmi in quel modo? Anche a me piace essere coccolata, sapete? E che cazzo...
 Comunque, l’ultima volta è stata quella, quasi due mesi fa. Poi Fabrizio è partito. Lui lavora in uno studio di progettazione, è ingegnere idraulico o qualcosa del genere. Arabia Saudita, fino a Natale. In realtà, mi ha spiegato, va più che altro a fare il garzone di bottega, altro che ingegnere. Ma pare che sia la prassi. Ci sono rimasta talmente male a sapere che partiva che gli ho estorto – sì, io, proprio  io – un appuntamento per il suo ritorno. In quel momento non avrei proprio voluto che se ne andasse, e fargli promettere che ci saremmo rivisti al suo ritorno mi era sembrato l’unico modo per lenire il dispiacere.
 Così mi sono buttata sulle lezioni, su questo cazzo di esame a dire il vero molto facile, sono stata molte sere a casa, ho visto le mie amiche. Anche Serena, naturalmente. Con la quale però non c’è stato più nulla, da quel punto di vista. Ho fatto la brava, insomma, la bravissima. E volete sapere una cosa? Non ho nemmeno avuto bisogno di sforzarmi tanto. Ecco.
 Solo che, adesso che sto in macchina con Elena e lei mi chiede come mai una come me non abbia un fidanzato che-a-te-i-ragazzi-dovrebbero-correrti-dietro-mamma-mia, penso in effetti quasi due mesi senza combinare nulla di nulla mi sembrano un periodo piuttosto lungo. Tanto lungo da pensare che forse vale la pena di aspettare qualche giorno e raggiungere i due mesi tondi tondi e intanto fare qualche calcolo per cercare di stabilire se sia o meno un record.
 E invece no, un attimo dopo penso che ho voglia, anche se non so esattamente di cosa. Un attimo dopo ancora capisco di cosa ho voglia: ho voglia di farmi riempire la bocca. Sì, un pompino. Di quelli nemmeno troppo delicati. Odore, sapore e dominio incontrastato di un cazzo nella mia bocca. Anzi no, nemmeno questo a dire il vero. Sì, ok, lo so che vi do ai nervi, ma aspettate un momento, cavolo, sto mettendo a fuoco! Un pompino ok, brutale ok. Ma in realtà, quello che voglio è bere. Bere sperma. Ecco. Sì è questo. Ho una formidabile voglia di ingoiare sperma, in questo momento. Anche se so perfettamente che, vista la compagnia, si tratta di una voglia che di sicuro non esaudirò stasera.
 Non lo so, sono confusa. A tutto pensavo tranne che a questo, quando sono uscita di casa.
 - Cosa stai pensando? – mi domanda Elena. Non so nemmeno da quanto tempo la ascolto senza sentire quello che dice.
 - Scusa – le rispondo – stavo pensando che per festeggiare stasera vorrei bere qualcosa di speciale.
 - Per ora c’è solo acqua – commenta lei. La pioggia batte fortissimo, di là dal vetro faccio fatica a vedere le macchine davanti.
 Il “qualcosa di speciale” è alla fine una birra artigianale, anzi due. Ma per il resto non è che la serata sia il massimo della convivialità. Mangiare, si mangia bene, eh? Non fantastico, ma si mangia bene. Però, un po’ perché i miei amici non sono proprio una banda di allegroni, un po’ perché non ci fanno nemmeno accostare i tavolini, la serata è davvero moscia. La mia proposta di vendicarci dei camerieri parlando ad alta voce da un tavolo all’altro e tirandoci le molliche di pane viene, tra l’altro, bocciata. Ho di fronte a me un tipo, Enrico, che d’ora in poi chiamerò “Harry tre parole”, perché in tutta la cena avrà spiccicato tre parole, appunto. Vi lascio immaginare i discorsi e il divertimento. Mi annoio come in una serata passata davanti alla tv a guardare la De Filippi.
 Fortunatamente agli altri tavoli c’è un po’ di turn over, così almeno posso distrarmi con la gente che va e viene. Proprio davanti a me, due postazioni più in là, a un certo punto arrivano due coppie. Non li osservo uno per uno, almeno all’inizio, mi mantengo su una visione complessiva del quartetto, per così dire. Solo che quello che sta proprio di fronte a me, a meno di una decina di metri, mentre si siede mi fissa. E mentre mi fissa viene anche a me da fissarlo. Per reazione, più che altro. Non so dire bene che età abbia, intorno ai trentacinque, direi. Ma è davvero difficile, non ci scommetterei. Sono tutti e quattro vestiti molto casual, con jeans e maglioni. Come me del resto. Qualche secondo dopo volto lo sguardo e vedo che mi sta riservando un’occhiata clandestina, poi si sporge un po’ in avanti per dire qualcosa a quella che presumo sia la sua ragazza e finisce sotto la luce della lampada. Non è per niente male. Che sia alto, asciutto e con le spalle larghe me ne ero accorta prima. Ora posso vedere meglio e suoi riccetti corti e castano-chiari, gli occhi azzurri. E, soprattutto, un sorriso da canaglia.
 “Mica male”, penso rimanendo un po’ imbambolata. Lui muove ancora una volta gli occhi nella mia direzione e si accorge che lo sto osservando. Ricambia. Ehi, ma tu sei un uomo, io sono solo una ragazzina. Te ne dovresti accorgere dai miei occhioni spalancati e dal ditino che porto alle mie labbra fingendo di mordermi un’unghia nervosamente. Una ragazzina un po’ impertinente, d’accordo, visto che col cazzo che abbasso lo sguardo, aspetto che sia tu a farlo. Del resto, è uno dei miei giochi preferiti prendere in castagna uomini più grandi di me che mi lanciano occhiate eloquenti di nascosto dalle loro compagne. Mi diverte da matti.
 Tra una chiacchiera e l’altra con le nostre rispettive compagnie il gioco di occhiate va però avanti più del solito. Così decido di giocare un po’ più pesante. Mi alzo e vado verso la cassa a pagare la terza Menabrea, accentuando impercettibilmente il mio naturale sculettamento. Credo che le forme del mio sedere e i jeans stretti facciano il resto. Quando torno a voltarmi verso di lui avanzo bevendo direttamente dalla bottiglia, fissandolo. Arrivo al mio posto e mi siedo continuando a bere dalla bottiglia. Fissandolo. Non ho staccato gli occhi dai suoi nemmeno per un’istante. Sono sfacciata e mi godo il gioco sino in fondo, proprio sulla soglia dell’eccitazione.
 Purtroppo però l’ora di andarsene arriva troppo presto. E poiché il conto lo abbiamo già pagato prima di mangiare, non ci resta che alzarci, metterci i giacconi e scendere. Il boato di un tuono sottolinea il momento. Oltre le vetrate l’acqua riprende a scendere a secchiate.
 Mi volto un’ultima volta, di nascosto. Lui mi sta osservando ancora e si accorge che lo sto guardando anche io con la coda dell’occhio. Spero che possa vedere il mio sorriso, spero che capisca che mi sono divertita.
 Pianto i miei compagni con una scusa. Anzi due, visto che la prima non basta. “Ciao ragazzi, devo andare al bagno”, “dai ti aspettiamo”, “no, ma poi volevo anche fare un giro a cercare una marmellata di mandarino tardivo per mia mamma”, “ah ok, allora ci vediamo a lezione”, “sì, ci vediamo a lezione, ciao ragazzi”. Mi dirigo verso i bagni e, già che ci sono, faccio pipì, compiacendomi della mia innata capacità di inventare cazzate su due piedi.
 Non è che abbia proprio un programma, mi va semplicemente di continuare il gioco, vedere se funziona ancora con qualcun altro. Sì, è vero, non sono appariscente stasera, ma gli sguardi li ho sempre attirati. E stasera ci ho preso proprio gusto. Voglio attirare sguardi e rispondere agli sguardi, altro che mandarino tardivo.
 L’idea è divertente, la sua realizzazione pratica molto meno. Soprattutto perché non mi si caga nessuno. Tranne uno, in realtà, una specie di sosia di Danny De Vito che è meglio perderlo che trovarlo. La cosa mi indispettisce non poco, come sempre quando va così. Anche perché, ma cazzo, fino a cinque minuti fa funzionava benissimo. Forse proprio per questo decido di fare una cosa che non ho mai fatto. Non da sola almeno. Vado alla birreria, direttamente al bancone, mi siedo su uno sgabello alto e aspetto di essere servita dal ragazzo. Assumo un’aria civettuola perfino con lui, faccio l’oca. Voglio proprio vedere se qualcuno si avvicina.
Vorrei chiarire una cosa: non ho voglia di essere rimorchiata. Non ho voglia di sesso. Sì, lo so che prima in macchina avevo pensato che fare un pompino del tutto senza senso a qualcuno e bere il suo sperma non sarebbe stata per nulla una cattiva idea. Ma quel momento è passato e dopo il gioco degli sguardi con il riccetto, interrotto dagli eventi, la mia immaginazione mi ha portata da tutt’altra parte.
 Comunque niente, eh? Non succede un cazzo nemmeno qui. Dopo un po’ l’unica cosa che mi trattiene dall’andarmene è che fuori è ormai un nubifragio vero e proprio e che io ho lasciato la macchina al parcheggio più lontano, cretina che sono.
 Poi però una cosa succede, cazzo. Succede che il riccetto di poco fa è seduto con la sua ragazza e l’altra coppia su un divanetto della caffetteria, e mi ha vista. E che porco cane la situazione non è esattamente quella di prima, quando stavamo a scambiarci occhiate ognuno al riparo delle proprie compagnie. Manco per niente. Quella che lui sta osservando adesso è una ragazzina bionda con la faccia da adolescente che sta facendo l’oca con il ragazzo delle birre e che  ha in pratica un cartello addosso con su scritto “sono una troietta, che aspettate a farvi avanti?”.
 Non so nemmeno io perché, ma improvvisamente mi sento a disagio, mi vergogno. Cioè, non è proprio vergogna. E’ che il gioco con questo tipo è andato anche troppo avanti, mentre a me questo gioco piace perché è fatto di momenti, sguardi allusivi. A me diverte fare l'oca con gli uomini quando sono in compagnia delle loro donne, è vero. Divertono le piccole provocazioni, mi piace l'ammirazione clandestina che leggo nei loro occhi e godo nel vedere come reagiscono quando si accorgono che non volto la faccia dall'altra parte, che li fisso con un'espressione a metà tra l'ironico e il malizioso che dice "ah, se fossimo soli".
 Quasi mi vergogno a scrivervelo, ma in realtà tutto quello che volevo quando mi sono seduta al bancone era essere abbordata da qualcuno, ma non dal riccetto. Con quello meglio di no, troppo pericoloso per questo tipo di gioco.
 Mi andava solo di fare la troietta idiota, rifiutare le eventuali avances di un tipo qualsiasi, almeno per l’immediato, facendogli però capire che uno di questi giorni sarei stata molto più che disponibile a restare come mamma mi ha fatta davanti a lui, dargli un numero di telefono fasullo e lasciarlo all’asciutto. Per poi tornare a casa e sditalinarmi nel mio letto immaginando come sarebbe stato farmi scopare da lui in centouno modi.
 Scema, vero?  Me l’hanno detto in tanti. In ogni caso, il numero del Servizio di igiene mentale della mia zona è 06 7730 8400. Magari potreste volermi fare un favore e segnalare il mio caso.
 Mi alzo quasi di scatto e imbocco il tapis roulant che scende al primo piano, all’uscita. Nubifragio o non nubifragio è meglio levare le tende.
 Solo che, ecco, chiamatelo intuito femminile o come cazzo vi pare, ma sento di essere seguita, sento una presenza alle mie spalle. Non è che ci sia poi tanta gente su questo tapis roulant, sono quasi certa che se mi voltassi lo vedrei. E questo è il motivo per cui non mi va di voltarmi. Il motivo per cui invece mi volto ve l’ho detto prima: sono scema. E’ così, fatevene una ragione che io me la sono fatta da un pezzo.
 L’occhiata che ci scambiamo per un paio di secondi che sembrano interminabili è completamente diversa da tutte quelle che l’hanno preceduta. La mia è l’occhiata della preda che ha individuato il predatore e che viene assalita dal panico perché non sa dove cazzo andare a nascondersi.
 Chiariamoci: a me piace sentirmi preda. A patto però che il cacciatore lo scelga io. Altrimenti ho delle reazioni che variano dall’indifferenza al vattelapijanderculo, dipende da una serie di fattori. In questo caso il cacciatore non è nemmeno male, ve l’ho detto. Ma non l’ho scelto io.
 Avete presente quando fate una cosa e immediatamente dopo vi chiedete "ma perché cazzo l'ho fatto?". E vi date pure della cretina, perché non è che avete seguito un impulso, manco per niente. Avete pianificato le cose, avevate una strategia. E d'improvviso, puff: ma perché ho fatto una stronzata del genere? E’ esattamente quello che è successo. Lui è dietro di me e, a meno che non si tratti di una coincidenza assurda, si appresta a tirare fuori il gancio per il rimorchio. D'improvviso tutto mi sembra implausibile, inattuabile. Inutile, persino. E anche un po' imbarazzante. Voglio dire, io volevo solo giocare e adesso mi trovo a dovere fare i conti con le conseguenze del mio gioco.
 Non sento il rumore delle porte automatiche che si richiudono. Non so se è a causa del fracasso della pioggia sul selciato o del fatto che qualcuno è passato dopo di me e ne ha ritardato la chiusura. Piove da matti, adesso. Non si vede nulla e dalla fine del porticato alla mia macchina ci saranno almeno cento metri allo scoperto. Mi fermo giusto un paio di metri indietro dalla fine della copertura. L’acqua cade talmente forte che le gocce rimbalzano e arrivano a bagnarmi. Ma non è questo su cui sono concentrata, sono concentrata su una cosa che sta per succedere, che è inevitabile che succeda.
 “Ciao, come ti chiami?”, penso tra me e me.
 - Ciao – dice una voce alle mie spalle.
 - Ciao – rispondo dopo essermi voltata lentamente. Una lentezza che mi sono imposta.
 - Che acqua, eh?
 - Già.
 - Io sono Marco.
 - Io Annalisa.
 Nonostante il buio mi è talmente vicino che posso vederlo meglio di come abbia fatto prima. Probabilmente ho fatto male i miei calcoli, credo che abbia di più dei 35 anni che gli davo. E’ molto giovanile nei modi e nel vestire, ma certi dettagli non mentono. Il contorno occhi, per esempio.
 - Stai andando a casa?
 - Sì.
 - Anche io. Vado a prendere la macchina.... inutile bagnarsi in quattro.
 Fisicamente non potrebbe essere più diverso, ma parla come Silvio Muccino, ha persino la zeppa di Silvio Muccino. E’ incredibile quanto sia identico. Per il resto no, per il resto è davvero un bel manzo. Vista l’età dovrei dire un bell’uomo. E non posso non notare il suo modo timido di atteggiarsi, quasi premuroso, che si annulla completamente quando sfodera il sorriso da canaglia. E’ obiettivamente un sorriso fatto per stenderti.
 - Ho visto che mi guardavi – dice.
 - A dire il vero hai cominciato tu...
 - Mi sei piaciuta, non hai mai abbassato gli occhi.
 - Era un gioco...
 - Che tipo di gioco?
 - Nulla una cazzata...
 - Potremmo riprovare a giocare, una sera di queste...
 Istintivamente starei per dirgli “ma no dai, lascia perdere”. Poi mi fermo, senza un motivo. Gli squilla il telefono e mi dice “scusa” prima di rispondere. Dice, presumo alla sua compagna, che è meglio aspettare che spiova un po’, che è una tempesta, che per strada è un lago. E che chiamerà lui quando starà per arrivare, che forse ci vorrà un po’. Mi torna in mente Elena, quando mi ha chiesto se avessi un ragazzo, mi torna in mente il suo ingenuo senso di superiorità. E però immediatamente dopo mi torna anche in mente il pensiero osceno che le sue parole mi avevano portata a fare.
 Per la verità, non so nemmeno io di che cosa ho voglia in questo momento. Sì, ok, farmi riempire la bocca in modo insensato, bere sperma. Avevo pensato questo. Ma ora come ora non saprei nemmeno dire se ho voglia di qualcosa di più. O di meno. O di nulla in assoluto. Mi sento confusa e anche abbastanza idiota.
 - Certi giochi ha senso portarli in fondo una volta che si sono cominciati... – gli dico d’impulso una volta che ha chiuso la telefonata.
 - Cosa intendi dire con “portarli fino in fondo”?
 E’ chiaro che ha capito. O meglio, spera di aver capito. Ma è ancora guardingo.
 - Intendo dire che potresti baciarmi – gli faccio avanzando di un passo verso di lui.
 Si volta per guardarsi alle spalle ma non ce n’è bisogno. Ci siamo solo io e lui qui sotto il porticato. Pochi metri più in là tonnellate di acqua che scendono con violenza. Mi afferra la mano e mi trascina dietro un angolo buio e qui sì che ci bagnamo, cazzo. Ci schiacciamo contro il muro, ma la tettoietta che è sopra di noi è troppo piccola per ripararci da questa valangata di pioggia. Ridacchio stupidamente, è un riflesso nervoso. Lo faccio sempre quando vengo forzata fisicamente a fare qualcosa, non posso farci nulla. L’unica cosa che riesco a fare, in realtà, è coprirmi la testa con il cappuccio della mia The North Face tecnica. Lui fa altrettanto e poi mi bacia.
 E’ un bacio lungo, furioso, cinematografico. In quante canzoni avete sentito il verso “kiss you in the rain”? Abbiamo troppa roba addosso, labbra e lingue sono il nostro unico punto di contatto, eppure bastano e avanzano. Almeno per me.
 - Dimmi che mi vuoi – ansima.
 - Ti voglio... – rispondo quasi in automatico.
 - Domani sera? – domanda. E mentre me lo domanda porta la mano in mezzo alle mie gambe. Avrò pure i jeans, ma vi assicuro che la scossa la sento tutta.
 Io però non riesco a concepire che lui si possa proiettare su domani sera. E adesso che cazzo devi fare, portare a casa la fidanzata? Oppure vivete insieme? Come cazzo pensi di mollarmi qui così? E stanotte? E domani mattina? Che c’è, ti aspettano al lavoro? Mi vuoi così tanto da non poter mandare all’aria niente della tua vita? Sono irragionevole, lo so. Ma se non lo fossi non starei qui sotto l’acquazzone a farmi baciare e a farmi tastare la fregna da un perfetto sconosciuto.
 - Chissà se ci sono, domani sera – gli dico concitata, prima di rituffarmi a baciarlo.
 - Che significa?
 - Significa che ti voglio ora...
 - E come cazzo facciamo?
 Apro la bocca per accogliere la sua lingua e stavolta sono io che gli porto la mano in mezzo alle gambe. Il contatto di questo pacco gonfio per me mi fa quasi piegare le ginocchia.
 - Posso farti venire con la bocca, se vuoi... – gli mormoro quando ci stacchiamo.
 Mi guarda esterrefatto, preso in contropiede. Non so cosa stia pensando. Se stia valutando le possibilità, la fattibilità della cosa. O se mi abbia semplicemente presa per matta.
 - Un pompino... – gli sussurro come se sentissi la necessità di spiegarmi, guardandolo negli occhi. Dall’alto in basso, perché nonostante io non sia proprio una nana, lui è decisamente alto. Ehi, l’hai capita? Sto parlando di succhiartelo...
 - Ma chi cazzo sei, Baby?
 - Ahahaha... sicuramente sono meno annoiata di Chiara, ma probabilmente sono anche peggio, da quel punto di vista...
 - Quale punto di vista?
 - Indovina...
 Adesso il suo sguardo non è più esterrefatto. Adesso il suo sguardo è quello di un maschio che si è velocemente arrapato e che sta per prendersi qualcosa che gli è stato offerto su un piatto d’argento.
 - Corriamo in macchina... – propone.
 - Rischiamo di annegare prima di arrivarci, alla macchina – gli dico – qui va bene.
 - Qui? – domanda sorpreso.
 - Qui. Qui è perfetto.
 - Tu sei strana, non sei normale... – mi dice, ma il suo è più che altro un tono sorpreso, di autodifesa.
 “Cos’è normale?” gli domando mentre mi accuccio davanti a lui. Non mi sembra il caso di posare le ginocchia per terra. Mentre gli lavoro le cerniere del giaccone e dei pantaloni sento la sua voce ancora un po’ incredula che mi apostrofa con un “ma lo sai che sei un po’ troia?”. Gli rispondo “anche più di un po’” in modo veloce, quasi disinteressato, senza nemmeno alzare lo sguardo verso di lui. L’unica cosa su cui sono concentrata in questo momento è il tentativo di liberare quel bozzo che vedo sotto il tessuto delle mutande color prugna.
 Sarà che mi sono raffreddata con tutta questa pioggia, ma non sento nessun odore particolare quando glielo tiro fuori. Non è ancora duro, ma quasi. Duro lo diventa quando me lo lascio scivolare dentro la bocca e inizio a rotearci la lingua intorno. Nonostante tutta la stranezza della situazione, mentre lo faccio ammetto con me stessa che il pompino mi sta venendo benissimo. Forse perché oltre a voler bere il suo sperma voglio che gli piaccia davvero, che ne goda. Non saprei dire perché, ma ci tengo.
 Dire che abbia un grande arnese sarebbe una bugia, ma chissenefrega. La sua consistenza mi gratifica, il suo sapore mi gratifica. Il suo “oh cazzo” sospirato quando glielo prendo tutto mi gratifica. Siamo fradici e infreddoliti, ma la mia bocca e il suo uccello sono roventi.
 “Che troia”, “sei bravissima”, “sei una bravissima troia”. Anche queste frasi smozzicate mi gratificherebbero, e non poco, se non fosse per il suo telefono che riprende a squillare. Se non mi interrompessi, sinceramente non lo so se lui risponderebbe. Ma comunque lo faccio, e lui risponde.
 - Sì, c’è anche uno che blocca la sbarra del parcheggio con la macchina, sto deficiente, ma adesso arrivo, vi chiamo io...
 Penso tra me e me che anche lui non è male, quando si tratta di inventare cazzate. Lo guardo dal basso in alto, tenendo in mano il suo affare. Improvvisamente, però, non ne ho più voglia. Che cazzo ne so. Potrei dire che ho paura che la sua ragazza scenda e che mi meni anche lei, come ha fatto la moglie di quello che mi aveva rimorchiata al parco. Ma non è vero, non è così. La verità è che non mi va più e basta. Con quella telefonata si è rotta la magia del momento, se vogliamo chiamarla così.
 - Lasciamo perdere, dai, non voglio farti passare un guaio – gli sorrido cercando di rimettergli il cazzo nelle mutande.
 Mi guarda con un misto di riconoscenza e di rimpianto. Spero solo che capisca che non sono incazzata con lui, mi dispiacerebbe. E’ andata così, non è colpa di nessuno. Mi rialzo e gli appoggio la testa sotto la spalla. Cazzo, se è alto.
 - Che hai da ridere? – mi domanda.
 Rido. Non ci posso fare nulla, mi viene da ridere. Anzi, da ridacchiare. Nulla di esplosivo, però inarrestabile.
 - E' la prima volta che faccio un pompino con un cappuccio in testa - riesco a dire. E poi riattacco a ridere.
 - Come prima volta non c'è male... però non hai finito, non è stato un vero e proprio pompino...
 Trovo la precisazione un po’ pignola, ma sono indulgente e sto al gioco. “Ok, allora diciamo che è la prima volta che succhio un cazzo con un cappuccio in testa...”. Mi risponde ridacchiando anche lui, mentre io forse per la prima volta realizzo lo stato in cui si trovano i miei jeans.
 - Dio santo, sono tutta bagnata.
 - Non in quel senso, intendi.
 - Ahahaha... non lo so, sono talmente zuppa che in quel senso dovrei controllare...
 - Se vuoi controllo io...
 - Ahahahahah meglio di no... meglio che andiamo.
 - Annalisa, hai detto?
 - Non è molto carino da parte tua non ricordarti il nome...
 - Se domani sera continua a piovere possiamo darci appuntamento qui...
 - Ahahahah... magari domani sera ho la polmonite...
 - Sarebbe carino, però. Potrei metterti con le spalle al muro. Anche quella è una cosa che non ho mai fatto sotto la pioggia.
 - Ah, ecco... non so se avrei voglia di essere inchiodata a quel muro.
 In realtà, se ci penso, la prospettiva non mi dispiace affatto. Pioggia o non pioggia. Ma è meglio non creare tante aspettative.
 - "Inchiodata al muro"... ma parli sempre così?
 - In genere no. Ci sono cose che si pensano e non si dicono...
 - Ma si immaginano...
 - Sì...
 - Immagine per immagine, non spalle al muro, ma faccia al muro. E con i jeans calati. Io immagino di inchiodarti così, prima un buco e poi l'altro.
 Eccolo, anzi eccoli. Lo spasmo e il calore. Adesso sì che non ho più bisogno di controllare se sono bagnata anche sotto le mutandine.
 - Sei un porco... – sibilo.
 - E tu una troia...
 - Non sai quanto, te l’ho detto. E poi avevo proprio voglia di qualcuno che mi chiamasse troia.
 Mi stringe, poi mi bacia ancora. Sta combattendo contro il suo desiderio, lo sento. E la cosa mi piace. Il mio calore avanza.
 - Allora facciamo per domani sera? - sussurra.
 - No – gli rispondo senza nemmeno pensarci tanto.
 - Perché no? – domanda sorpreso.
 - Perché no. E nemmeno dopodomani o un’altra volta. Vorrei dirti restiamo semplicemente amici – gli dico sbottando quasi a ridere – ma in realtà chi cazzo ti conosce?
 - Te l’ho detto prima – mi fa dopo qualche secondo di silenzio – non sei normale.
 - E io te l’ho chiesto prima, ma non mi hai risposto: cos’è normale? Scambiarsi i numeri, vedersi domani sera o comunque quando sarai libero, uscire, corteggiarsi, farti un pompino in macchina, portarmi a casa tua? Scoparmi in un albergo?
 - Cosa ci sarebbe di male? – chiede.
 - Nulla. Per carità, nulla. Anzi. Ma perché sarebbe stato meglio di un pompino qui? Poi è andata buca, pazienza... ma sarebbe stato fantastico.
 - Però avremmo più tempo – obietta - staremmo più comodi. Di sicuro più asciutti.
 - Non discuto. Ma a me andava ora.
 - Davvero non me lo dai il telefono?
 - Davvero.
 - Sei proprio matta...
 - Sì, lo so. Matta e troia. Una troia matta... Stammi bene, Marco.
 Mi volto e comincio a correre verso il parcheggio, verso la mia macchina. Non perché non voglia bagnarmi. Tanto, nonostante l’acqua continui a precipitare in modo assurdo, più bagnata di così non potrei essere. Corro perché ho voglia di scomparire alla sua vista, ho voglia di non voltarmi indietro. Ho voglia di salire in macchina grondante e bagnare i sedili, accendere il riscaldamento e correre il più veloce possibile a casa. Spogliarmi e infilarmi sotto una doccia bollente.
 E sditalinarmi prima che mi scompaia dalla mente l’immagine di lui che si stupra una ragazzina tenendola faccia al muro. Una ragazzina bionda con i jeans abbassati e il giaccone tirato un po’ su. Sotto la pioggia che batte e che copre ogni altro rumore intorno. Ma che non riesce a coprire gli strilli di quella zoccoletta.
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guadalupe-andira · 7 years
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Il caboclo, Dio e gli ospiti
Carissimo Francesco, oggi ho deciso di aggiornare la corrispondenza e informarti di come è trascorso questo mese di maggio. Arrivato da San Paolo, mi sono fermato alcuni giorni a Parintins per mettere ordine nelle mie cose. Il parroco, padre Ornello, gentilmente, mi ha messo a disposizione un armadio dove ho lasciato dei vestiti che userò quando verrò a Parintins. Così il  9 maggio dell’anno 2017, alle 10 del mattino, a bordo della canoa Guadalupe, Fernando, il carpentiere, muratore e idraulico, Jobsom, figlio di Fernando, Danico il marinaio e io, partiamo da Parintins verso il rio Andirà. Data storica ed importante: il ritorno a casa! Ci sono volute quasi 4 ore perché la canoa era strapiena e il motore di Danico, un 15 cavalli, faceva fatica. Devi sapere anche che in questo tempo di piena, la corrente del fiume è più forte e il viaggio è quasi tutto contro corrente. Verso le 11,30 siamo arrivati a casa di Raimundo, un caro amico, che abita in riva al Paraná do Limão. La sua casa si trova proprio sulla strada e la moglie, Nara, ci aspettava col pranzo pronto: gallina che, fino a poche ore prima era ruspante, riso, frutta e caffè. È bello fermarsi da Raimundo, lui e la moglie Nara sono sempre accoglienti, sorridenti ed hanno sempre delle novità da raccontare. Così, lentamente, rimetto in ordine le notizie, riprendo il gusto ad ascoltare il caboclo che parla e racconta con una caratteristica tutta speciale, e mi aiuta a riprendere contatto con la realtà. La gente semplice e serena ha questa caratteristica: ti aiuta subito a sentirti a tuo agio, come uno di casa...una delle caratteristiche dell’ospitalità!
Vorrei proprio poter imparare da loro ad essere ospitale... Chissà se riuscirò a fare della mia casa a Guadalupe un luogo di ospitalità. L’ospite è Dio che si fa presente nella nostra vita... in modo speciale con gli ospiti inaspettati  e a volte indesiderati! Tutto quello che esce dai nostri programmi, dalle nostre organizzazioni, dai nostri progetti, mi fa sentire l’odore di Dio, di qualcosa di nuovo che sta per accadere, di una presenza che si sta rivelando... Caro Francesco, come sono lontano da quanto ti sto scrivendo. Ma spero che il Buon Dio mi aiuti a correggere il mio istinto egoista e e programmato! Vedi, quando sono seduto in una canoa circondato dalle acque, immerso nell’immensità mi sento come in chiesa, meglio che in chiesa, sento Dio vicino e mi sento in pace. Quando poi scendo dalla canoa e metto i piedi a terra divento il Vincenzo che sono... Allora l’umanità prende il sopravvento e i pensieri della canoa rischiano di essere solo pensieri e nient’altro. Ma sono sicuro che Dio mi sta portando per mano...sono curioso di vedere fin dove mi condurrà.  
Verso sera siamo arrivati a casa...Ti lascio immaginare le sensazioni che ho vissuto in pochi momenti. Sulla riva ad aspettarci Jaisom con tutta la sua famigliola: Lailza, la prima dama, Laira  la bambina e Gabriel il piccolino, che in un anno ne ha fatta di strada! Non mancavano i due cani, che arrivano sempre primi. Un veloce saluto e poi due scatole di cioccolatini per i bambini che prontamente la mamma ha preso in custodia. Dovranno durare per alcuni giorni, fosse per i bambini in un attimo finirebbero. Ho dato un ordine perentorio: “Se vedo carte di cioccolatini per terra me li ridate indietro”. Finora la pulizia è completa. Rimettiamo gli inversori di corrente nei pannelli , che si erano bruciati e torna la luce...Lailza è contenta perché può tornare a vedere la televisione...che cosa? Ma è logico: la telenovela! Una cena veloce e poi a nanna... L’amaca mi sta aspettando e non vedo l’ora di cascarci dentro! Sono stanco e lasciamo per domani tutte le novità! Caro Francesco, non so quando potrò spedire ma intanto la metto in archivio. Don Vincenzo.
Guadalupe 10 maggio 2017
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morepoetry-blr · 5 years
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ogni singola volta che torno da un viaggio, piango.
piango sempre, c’è poco da fare, ci provo a trattenermi, ma niente.
ho questa capacità di non piangere per mesi e poi scoppiare tutta d’un botto.
come quella volta che sono andata alla national gallery, stavo lì, col naso all’insù e la bocca spalancata, incantata come una bambina la mattina di natale, quando trova tutti i pacchi sotto l’albero e non capisce come ci siano finiti.
giro, schivo la gente, vago senza meta e poi sbam! qualcosa chiama il mio sguardo, mi giro, il mio corpo va da solo verso un quadro, uno di turner che vi giuro, è piccolo di un piccolo che più piccolo non si può. ma io vado lí.
non faccio in tempo a guardarlo che il mio labbro superiore inizia a tremare, gli occhi mi si riempiono di lacrime come dei palloncini per gavettoni, apro i rubinetti e inizio a dar sfogo a tutte le emozioni.
continuo il giro, singhiozzando come non so cosa, me ne frego delle persone che mi guardano, anzi, in realtà non mi si filava nessuno, come fosse normale. a me sembra normalissimo piangere.
arrivo da van gogh e niente, stessa scena, uguale a prima, con la differenza che stavolta sono stizzita. c’è troppa gente e non riesco a vedere bene. scappo via, potrei dare di matto.
continuo il giro, convinta che a questo punto io sia abbastanza al sicuro da pianti improvvisi. giro un paio di angoli, con un alone di malinconia addosso, ma è gestibile.
sono quasi all’uscita quando, di nuovo, i miei piedi vanno da soli, un quadro mi sta chiamando ed eccolo lì, il motivo della mia crisi di pianto più grande degli ultimi mesi. un quadro di un artista mai sentito, mai visto, mai studiato, in cui vi è rappresentato san giorgio che uccide il drago.
quando ero piccola andavo sempre al paese dei miei nonni siciliani e, vicino alla spiaggia, c’era questo quadro del protettore del paese, ovvero san giorgio, davanti al quale passavo intere ore, senza muovermi, guardando e basta, in totale contemplazione facendo a volte preoccupare tutta la sfilza di parenti perché non mi si trovava.
forse è stato proprio questo ricordo a farmi piangere tanto, però io sto lì, non mi muovo, piango e basta. vorrei mettermi seduta, evitare che altri mi si piazzino davanti per vederlo, vorrei fosse mio, mio e solo mio. ma mi limito a esercitare il moccio per le prossime olimpiadi de “il pianto più lungo della storia”.
a un certo punto scappo via, cerco i miei amici, li trovo seduti, arrivo da loro e andrea mi fa “come va?”. io, che ho appena smesso di piangere, con due occhi da pesce palla, il naso di rudolf e le spalle pronte per la disco dancing, mi giro, lo guardo, e inizio a piangere.
il giorno dopo, british museum. io gasata come un bambina il primo giorno della prima elementare, mi faccio il giro col mio migliore amico.
passa la sezione egizia, quella assira e quella babilonese. sto discutendo con lui della raffinatezza dei dettagli delle sculture di questi popoli antichi e nel frattempo camminiamo.
a un certo punto, a tradimento, ma a tradimento vero, giro l’angolo e mi ritrovo davanti una statua greca. mezzo secondo e niente scoppio a piangere. emi mi guarda preoccupata e in quel momento vedo andrea e irene e scrocco nuovamente un fazzoletto a andre. non ce la sto facendo. singhiozzo come quando avevo cinque anni e facevo i capricci.
si lo so, sembra che io non faccia altro che piangere. ma non è finita qui.
la sera dopo sono all’o2 a vedere il concerto di john mayer. sto lì sulla mia bella poltroncina numero 175 e vedo alla perfezione il palco, siamo un po’ lontani è vero, ma amen io e i miei amici siamo qui per il concerto e basta.
i minuti passano, l’arena si riempie, noi ci facciamo i nostri selfie di rito, contenti come pochi. a un certo punto si spengono le luci, parte una proiezione sul maxi schermo, inizia lo spettacolo.
appena lo vedo lì, in carne e ossa a poche entrate da me, inizio a piangere e a ridere come una pazza isterica. non mi sembra vero.
il concerto va avanti, io mi ripiglio, l’unica cosa che vorrei è ballare ogni singola canzone.
pausa. mi giro verso i miei friends e siamo tutti increduli, emozionati, spaventati dalla seconda parte. scommettiamo sulla scaletta e mentre ancora ci guardiamo totalmente smarriti, john ricomincia.
mi fanno male le mani, un po’ per gli applausi, un po’ perché sto giro andò alla piccola batterista sulle mie cosce. domani sarò piena di lividi, lo so già.
una, due, tre canzoni, ma quella che aspetto io non arriva.
uno dei suoi musicisti fa un pezzo cantato meraviglioso, io lo ascolto, totalmente rapita, mi perdo nei miei pensieri tanto che non mi accorgo che ha finito di cantare. realizzo appena in tempo per sentire la prima nota della canzone che voglio sentire, anzi no l, che fremo di sentire live da tutta la vita.
alla seconda nota sono già faccia spalmata sui palmi, e piango. piango tantissimo, non respiro, cerco di essere silenziosa, non voglio perdermi nulla, ma non riesco a guardare il palco, continuo a piangere e piango, piango, sempre, fino alla fine. otto minuti di canzone e io li piango tutti, dal primo all’ultimo.
la canzone finisce, io sono disperata, guardo emi, lui senza dire nulla, mi abbraccia, mi accarezza la testa e piange, più composto di me. non abbiamo nemmeno un minuto di tregua da quello strazio dilaniante, che il concerto riprende, e noi con lui.
usciamo. morale sotto i piedi, gioia tanta. io cerco un bagno, devo fare pipì e sciacquarmi la faccia. sembro un panda. ho il trucco nero che è arrivato fino al collo.
esco, trovo gli altri, cerchiamo un bus per tornare a casa. faccio fatica a parlare, sono troppo immersa nelle mie emozioni.
arriviamo a casa, una fame della madonna, mi metto ai fornelli e faccio una pasta per me e emi, andre e ire si mangiano due cagate e vanno a letto.
mangiamo, facciamo due chiacchiere, ci laviamo e ci mettiamo a letto anche noi. io ho sonno zero e così costringo quel povero cristo di emiliano a rimanere sveglio con me, anche se la cosa non sembra dispiacergli.
si fanno le quattro, propongo uno shot di vodka ghiacciata di frigo, il mio compagno di bevute preferito accetta di buon grado. spariamo due cazzate in cucina e torniamo in camera.
ho un macigno sullo stomaco, me ne devo liberare, do fiato alla bocca.
chiedo scusa a emi per tutto, per non avergli risposto, per averlo ingorato, per non avergli detto come stanno le cose, quanto sono agitata per l’università, la mia continua spirale di depressione, i litigi con mia sorella, lui che mi manca da dio perché si è trasferito.
mi salgono le lacrime, sto per fare come gli altri giorni, come qualche ora prima, sto per aprire tutta la diga di sentimenti che trattengo molto, troppo spesso.
gli ripeto quanto mi manca, quanto non so vedermi senza di lui a due passi da casa, anche se in realtà non ci vediamo praticamente mai. però ecco mi sembra bello sapere che una persona sta lì e che al limite basta suonare a un campanello. adesso no, adesso lui sta a chilometri e chilometri da me, e nonostante fino a qualche anno fa la cosa era al contrario, ora mi sembra che c’è qualcosa fuori posto. gli dico che lui è il mio centro, il mio punto fisso e ora è come se la mia stella polare si fosse spostata, facendomi perdere in un mare sconfinato di tristezza.
sono arrabbiata con lui perché mi ha lasciata sola.
lui mi abbraccia, mi accarezza la schiena, i capelli, mi coccola e mi culla, quasi fossi una bambina impaurita, mi sento piccola piccola vicino a lui. gli infradicio la maglietta, continuo a piangere, non riesco a fermarmi, finché non so se per il suo respiro calmo o il ritmo crescente del suo battito cardiaco, riesco piano piano a riprendermi.
mi dice che anche a lui manco molto. mi aggiusto fra le sue braccia, fino a che le nostre labbra si sfiorano. lui le appoggia delicatamente sulle mie e iniziamo a baciarci. sono baci di consolazione, dolcissimi, assomigliano molto al primo bacio, il primo in assoluto, che non sai come funziona ma lo fai, totalmente guidato dall’istinto.
mi scende ancora qualche lacrima, ma continuo a baciarlo, ormai troppo presa per smettere. ad essere sincera non voglio smettere. io lo voglio, lo voglio con tutta me stessa. i baci cambiano ritmo, si fanno le sei, ci mettiamo a dormire, io ho smesso di piangere e lui ha iniziato a russare. mi addormento felice.
il giorno dopo non piango, mai, mi rattristo forse, ma non piango. strano ma vero.
oggi siamo tornati a casa. abbiamo fatto notte bianca e io sono collassata sul volo. mi sveglio una volta atterrati. mi viene da piangere, piango. gli altri non mi vedono, direi anche menomale perché la cosa potrebbe risultare patetica, quantomeno per andre e ire, per emi no, mi rimprovera sempre quando dico di essere patetica se piango.
usciamo dall’aeroporto, mi accompagnano al treno.
ogni singola volta che torno da un viaggio, piango. non importa se è stato lungo, breve, stancante, divertente o deprimente. io piango, sempre.
piango perché lascio i posti, saluto le persone, il clima, le abitudini, insomma devo salutare tutto.
devo salutare i miei compagni di viaggio, il che mi uccide sempre. fosse per me vivrei solo con i miei amici. sempre.
ogni singola volta che torno da un viaggio, piango.
come adesso, che sono due ore che sto sul treno, e ho bisogno di un idraulico perché sto piangendo come una disperata.
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prontointervento24 · 2 months
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Noi di Pronto Intervento 24 comprendiamo l’importanza di investire in un idraulico affidabile per la tranquillità e la qualità del servizio
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Tecnici più abile a Cremona per tutti i servizi idraulici
Poiché le emergenze idrauliche, di solito si verificano nei momenti più scomodi, è necessario il nostro numero di assistenza di emergenza per tenere sotto controllo il problema. Offriamo servizi di riparazione idrauliche + sos idraulico, riparazione condizionatori, riparazione caldaie e scaldabagni, riparazione lavandini e tubature, emergenza allagamenti, perdite acqua, installazione sanitarie ( montaggio della vasca e della doccia ). In dettaglio, metodi di successo ci consentono di rispondere rapidamente alle emergenze fuori orario. Il nostro servizio clienti lavora 24 ore al giorno, quindi non perdono una chiamata. Chiamaci per avere un impianto idraulico sano. In effetti, i problemi idraulici possono ridurre drasticamente la funzionalità della tua casa. Quindi è necessario un idraulico 24 ore su 24 a Cremona per garantire una funzionalità idraulica ottimale. Di conseguenza, chiamaci ora se stai cercando un idraulico vicino a me. Inoltre, con noi troverai l'idraulico più abile a Cremona. Chiama 03721786032 e ti troveremo il miglior tecnico vicino a voi o visita il nostro sito https://prontointerventoidraulico-h24.it/idraulico-cremona/ per tutti i servizi idraulici che noi offriamo.
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italianbark · 7 years
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I told you here about my small bathroom makeover and the ideas for its new design. My bathroom restyling was actually the result of a practical need, the one of converting my bathtub into a shower.
People divide into two categories: the one who use bathtub and the ons who use shower. Well, I am the second. And you?
In this post I’m telling you how it was the process for turning my bathtub into a shower. But before let’s go through some general things to consider before.
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[ ITA]
Vi raccontavo qui del progetto di makeover del mio piccolo bagno e del fatto che è nato dall’esigenza pratica di trasformare la vasca in doccia. 
Secondo me le persone si dividono in due categorie: quelli che fanno il bagno, anche se solo ogni tanto, e chi fa sempre la doccia. Bene, io appartengo di sicuro della seconda categoria.
In questo articolo ti racconto come ho trasformato la vasca in doccia (e insieme poi tutto il bagno). Ma prima bisogna fare qualche considerazione tecnica.
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Things to consider before starting a bathtub to shower conversion 
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Converting a tub to a shower presents several good opportunities such as upgrading the layout by adding new shelves and niches, also to upgrade lighting and venting. But before starting there are some things you maybe did not consider:
✓ Tiles
What will be of the lower area of the walls in place of the old bathtub? Are you considering to change your bathoom tiles/cladding or not? Do you have some spare tiles to cover it? If not, consider some options with wall showers (as I did)
✓ Drain
Always ask your plumbing to check for draining conditions and position.
✓ Doors and Windows
Make sure there is room for the door to swing open without hitting anything, or consider a sliding door (as I did)
Second question, is your bathtub near a window? In this case you may need to do further consideration. A shower near a window looks beautiful but it’s not always a great idea because of the moldings and infiltrations it may cause on the window frames
✓ Shower curb 
If you are dreaming about a clean shower without a shower curb, that’s to say in the same level of your bathroom flooring, consider higher costs and that it’s not always possible. Curbless shower stalls are so beautiful but trickier, because the drainage slope of the floor need to be below the level of the surrounding flooring surface. Two possibilities then, or raising the surrounding floor, or lowering the shower pan. As you can imagine, this is not an easy thing for a simple makeover on an existing bathroom. Showers with curbs are of course then easier and cheaper to install (as I did).
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[ ITA]
Trasformare una vasca in doccia dà una serie di vantaggi a cominciare da un migliore utilizzo dello spazio, ed è perciò l’ideale per bagni di piccole dimensioni. Prima però ricordatevi di fare alcune considerazioni pratiche:
✓ Piastrelle
Cosa andate a mettere nella fascia inferiore della parete al posto della vasca? Cambierete anche tutto il rivestimento del bagno oppure no? Se no, avete conservato delle piastrelle uguali a quelle della vostra parete? Se no, prendete in considerazione una cabina doccia con nuove pareti (come ho fatto io)
✓ Scarichi
Chiedete sempre ad un idraulico di verificare condizione e posizione dello scarico
✓ Porte e Finestre
Tenete in considerazione lo spazio per aprire una nuova porta, oppure sceglietene una scorrevole (come ho fatto io)
Seconda domanda, la vostra vasca è vicino a una finestra? In questo caso dovrete fare qualche considerazione in più, perché le docce vicino alle finestre sono molto belle ma altrettanto problematiche (leggi: muffa e infiltrazioni sugli infissi)
✓ Piatto doccia 
Se sogni una doccia super minimale con piatto a filo pavimento, non è detto che si possa sempre fare. Questo perché serve una pendenza per lo scarico e ovviamente se il piatto è a filo con il resto o abbassi il livello della doccia o alzi quello del pavimento del bagno. Cosa piuttosto complicata nel caso si un semplice restyling di bagno esistente.
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Easy & Fast Bathtub to Shower Conversion | Revolution by Novellini
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There are bathtub to shower conversion systems that will make you save a lot of money and time.
I chose the Revolution shower by Novellini:
It is a super fast and beautiful bathtub to shower conversion system which enquires minimal building work.
It also gives the possibility to choose between a very large shower (same area of the tub) or a smaller one, by using the remaining the space for a new cabinet. The cabinet can be 30 cm wide, to fit some open and closed shelves and a small bench, or wider to contain for example the washing machine. I chose the 30 cm cabinet so I could finally design a very light and open cabinet for the washbasin.
The Revolution shower is also highly customizable with different finishes. I chose white for the walls, to fit with the tiles we repainted, and black for frames, and curb.
As I told you here I was looking for a very clean design in black and white. I also had to chose an high tray because of the existing plumbings so I decided to chose it in black as hiding was impossible! Here a few first pics but will show you more next week.
||| Have a look here at the Revolution system
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[ ITA]
Esistono sistemi per trasformare la vasca in doccia che fanno risparmiare tempo e denaro.
Io ho scelto il sistema Revolution di Novellini:
E’ un sistema molto veloce e bello per trasformare la vasca in doccia che richiede minimi interventi di muratura.
C’è inoltre la possibilità di scegliere tra un grande piatto doccia (ovvero con la stessa area della vasca) oppure uno più piccolo, per utilizzare lo spazio rimanente come mobile contenitore. Il mobile può essere di larghezza 30 cm, con mensole e ante chiuse ed una piccola seduta, oppure più largo in modo da contenere ad esempio la lavatrice. Io ho scelto il mobile più stretto così ho potuto far fare un mobile lavandino aperto su misura. 
La doccia Revolution si può inoltre personalizzare con tante finiture diverse. Io ho scelto il bianco per le pareti e il mobile, e il nero per i profili e il piatto doccia.
Come vi raccontavo qui l’idea era quella di un bagno in bianco e nero, pratico e minimale. Ho dovuto optare per il piatto doccia alto a causa degli scarichi esistenti e a questo punto l’ho scelto in nero, tanto nasconderlo era impossibile! Ecco alcune foto, vi mostrerò di più a breve.
||| Qui trovate la collezione completa del sistema Revolution di Novellini
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How it Works | Revolution by Novellini
The new shower can be installed in one working day. But before, you have to do some easy works before with a plumber and a construction worker, then by the installer. Here what was done in my bathroom:
to demolish the old bathtub and prepare the flooring
to check and move drain
to prepare a flooring surface same level as the bathroom new flooring
to first place the new shower tray
to place then the new shower frames
to enjoy your new shower!
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[ ITA]
Come funziona | Revolution di Novellini
La nuova doccia shower viene installata in un giorno. Prima però, assicurati di chiamare un idraulico e un muratore per fare una serie di piccoli interventi. Ecco cosa ho fatto (fare) io a casa mia: 
demolire la vecchia vasca e tappare la base
controllare lo scarico e spostarlo
livellare la superficie della doccia allo stesso piano del nuovo pavimento
posizionare per prima cosa il nuovo piatto doccia
posizionare poi i nuovi profili, e di seguito tutto il resto
la nuova doccia è pronta!
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Novellini is a 100% Italian brand I told you about in this post last year, when I visited their huge factory.
The good thing is that Novellini sells worldwide!
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ITALIANBARK x Novellini
[ to be continued ]
#MYHOMERESTYLING | Bathtub to Shower Conversion I told you here about my small bathroom makeover and the ideas for its new design. My bathroom restyling was actually the result of a practical need, the one of…
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prontointervento24 · 3 months
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Collabora con idraulici, elettricisti e fabbri.
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prontointervento24 · 3 months
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chiama un Intervento Idraulico Urgente Milano
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prontointervento24 · 4 months
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Se hai problemi con Impianto Idraulico o hai bisogna di sostituzione caldaia e scaldabagno allora sei nel posto giusto, contatta Pronto Intervento Idraulico Roma.
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prontointervento24 · 4 months
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Se avete trovato un cortocircuito nella vostra casa o sospettate di averne uno, chiamate Pronto Intervento 24 per un’ispezione del cablaggio.
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prontointervento24 · 5 months
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