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#LA VERA FORZA MERCURIALE
dominousworld · 1 year
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LA VERA FORZA MERCURIALE
LA VERA FORZA MERCURIALE
a cura della Scienza Sacra “La potenza magnetica non è proporzionale alla forza muscolare. Sappiate volere con dolcezza, senza scosse o soprassalti; abbiate un’immaginazione viva, ardente, e uscite da voi stessi per portare aiuto agli altri; coltivate le vostre facoltà volitive e immaginative; così il vostro potere occulto aumenterà senza fine. Tutto sta a imparare a pensare, per servirsi del…
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annalisalanci · 5 years
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Dizionario dell'esoterismo. Storia, simbologia, allegoria. Alchimia
Dizionario dell'esoterismo.Storia, simbologia, allegoria Alchimia
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Scopo dell'alchimia è l'ottenere la Pietra Filosofale, che permette di trasmutare i metalli in oro. Scienza esoterica, essa associa in uno stesso processo una cosmologia e una spiritualità ottime: la trasformazione della coscienza dell'adepto nei suoi rapporti con le forze dell'universo è mista a una pratica concreta mediante la quale l'alchimista cerca di realizzare nel regno la natura (materiale, vegetale, animale), ma perfezionandolo, il processo di putrefazione e di rigenerazione che accompagna la vita stessa. La Grande Opera (Magnum Opus) alchemica è quindi la duplice realizzazione della purificazione e della trasmutazione della materia psichica e naturale. <<La Grande Opera fisica e la Grande Opera mistica sono analoghe, ma nient'affatto identiche. Aver realizzato la seconda vuol dire poter realizzare serenamente la prima; aver realizzato la prima vuol dire sapere quale cammino può condurre alla realizzazione della seconda, ma non significa necessariamente aver percorso quel cammino. E' una differenza che ha un'importanza capitale.>> E' la differenza che consiste nel dare, nella pratica alchemica, la priorità della rigenerazione spirituale (ergon) in quanto chiave della trasmutazione di metalli (parergon). Questa differenza è ciò che permette di distinguere l'alchimia di tutte le pratiche metallurgiche, spagiriche, archimiche, anch'esse note fin dalla remota antichità, ma operanti sui minerali o piante senza tener conto di tutta la dimensione esoterica o sacra propria dell'alchimia. L'alchimia è, un'arte divina, il che vieta per principio di farne la preistoria della chimica. Fulcanelli, maestro esoterico del XIX secolo, dimostra che <<.. la vera antenata della nostra chimica è l'antica spagirica, e non la scienza ermetica stessa>>. Il sacro vi ha un ruolo preponderante che può essere rivelato o trasmesso solo un linguaggio in codice, l'alchimia parla la "lingua degli uccelli", è la "gaia scienza", non un insieme di ricette empiricamente definite. L'alchimia solleva il problema della sua terminologia. Lo studioso Serge Hutin dice che dissimula  i suoi oggetti dietro concetti provenienti da vari registri simbolici (astrologia, cabala, eccetera) di cui deve essere di volta in volta determinata la corrispondenza. Lo stesso linguaggio alchemico ricorre, a una miriade di procedimenti retorici volti a scoraggiare la comprensione letterale del senso dei testi: rebus acrostici, anagrammi, forme idiomatiche, assonanze. <<L'alchimia è dunque a questo titolo una cabala ermetica fornita di quella che gli antichi chiamavano la lingua general (universale), perché cela un duplice significato corrispondente a una duplice scienza, l'una manifesta, l'altra profonda.>>Tutti i testi precisano che si tratta del 'Mercurio filosofae', della sostanza stessa della vita, di un agente universale. E' dunque un principio, ancor prima di essere un metallo. Ma, a seconda della fase dell'Opera filosofale, cioè a seconda del colore, delle virtù, delle proprietà della soluzione ottenuta, il Mercurio è anche chiamato: Magnesia, Ottone, Acqua Mercuriale, Medicina, Acqua Pesante, Latte della Vergine, Alkaest...<<Lavora dunque con quell'Acqua e avrai quello che desideri da lei. Essa è infatti lo spirito e l'anima del Sole e della Luna, l'olio e l'acqua dissolvente, la fontana, il bagno maria, il fuoco contro natura, il fuoco umido, il fuoco segreto, nascosto e invisibile.>>Lo stesso dicasi per lo Zolfo, principio attivo e forma preliminare del Mercurio. Lo Zolfo rappresenta anche la fase ulteriore dell'opera. <<E se cuocete ancora di più, diventa rosso e l'acqua di mare diventa rossa e del colore del sangue>>,  o ancora l'Azoto colora l'Ottone e lo rende bianco, ma l'Ottone riprende il dominio sull'Azoto cambiandolo in vino, cioè rendendolo rosso come il vino. Quanto al Sale, che compare tardi nella letteratura alchemica, esso rappresenta il corpo in seno a una struttura ternaria. Il problema primordiale posto dalla lettura di un testo alchemico finisce per essere il problema di capire quale sia il metallo di cui si tratta, per esempio il Mercurio. Lo si deve intendere metaforicamente, attraverso le corrispondenze che esso ha, con l'antropologia esoterica? Oppure lo si deve comprendere come un'indicazione astrologica, o ancora come un principio cosmologico, o infine come una fase dell'Opera? Scienza esoterica, scienza simbolica che, secondo René Alleau, è più vicina  alla storia delle religioni che alla chimica, l'alchimia pone come pietra angolare la questione della 'materia' da cui conviene iniziare l'Opera. Il successo dell'impresa sta potenzialmente nella scoperta di questo primo segreto della natura, di questa materia denominata di volta in volta 'corvo', 'terra', 'zolfo nero', 'zolfo di natura', 'prigione dell'oro', 'letame', 'tomba del re'. Le indicazioni dei colori, i riferimenti ai pianeti che costellano lo svolgimento della realizzazione dell'Opera, le sue diverse trasformazioni hanno un senso simbolico operativo solo se la sostanza è stata scelta correttamente. La difficoltà deriva dal fatto che la Materia dell'Opera ha tanto il valore di un principio cosmologico quanto quello di un materiale specifico. Bernardo Trevisano dichiara: <<Per avere intendimento di questa Materia, si deve innanzi tutto sapere che Dio ha fatto all'inizio una materia confusa e priva di ordine, la quale era piena, per volontà di Dio, di più materie>>. Nel Mistero delle Cattedrali, si legge: <<E' solo nel regno animale, in cui risiede la semenza metallica, che dobbiamo cercare il soggetto proprio della nostra arte>>. Così in linea di principio, ci si potrebbe servire di qualsiasi sostanza, tutto essendo nella Natura formato dalla stessa materia unica>>. Nella pratica la Materia usata deve esser raccolta in una certa epoca dell'anno: quando il Sole è in Oriente e la Luna in Toro, o quando il Sole è in Scorpione e la Luna in Capricorno, il che le conferisce, individualizzandola, la possibilità di ricevere lo spirito universale, e di rivestirsi dello Zolfo e dei sali volatili e del Mercurio fisso dell'aria e del fuoco. Il delicato problema del 'letame dei filosofi', di cui Eugène Canseliet dà, la chiave teorica, seguendo in ciò il suo maestro Fulcanelli, con il distinguere la prima materia dell'Opera della Materia Prima: <<Così l'oro filosofico tutto pieno di impurità, circondato di spesse tenebre, coperto di tristezza e di lutto, deve esser considerato cionondimeno come la vera e unica prima materia dell'Opera, così come ne è la vera e unica Materia Prima: il Mercurio, da cui questo oro invisibile miserabile e misconosciuto ha avuto origine>>.Si può schematicamente strutturare lo svolgimento del lavoro degli alchimisti in tre grandi tappe: secondo la successone dei sette pianeti, di cui il primo Mercurio, è la chiave di tutto l'insieme: Mercurio, Saturno, Giove, Luna, Venere, Marte, Sole. Mercurio rappresenta l'agente universale, l'acqua che dissolve, l'alimento del frutto spirituale del corpo. Manifestazione la più prossima della Materia Prima, esso collega l'organismo anima-corpo all'oceano cosmico della vita. La prima tappa, sotto l'impero simbolico di Saturno, corrisponde all'annerimento, alla putrefazione, alla mortificazione: <<il lavoro più rude, tutta quanta la fatica, sta nella perfetta preparazione della materia>>. Il drago deve morire. La prima operazione è quella della morte di uno stato chimico per soluzione o liquefazione. Il primo compito consiste dunque nel trovare la materia e il suo solvente, il vetriolo dei saggi, acrostico del programma alchemico stesso: Visita interiora terrae, Rectificandoque Invenies Occultum Lapidum. Dopo la triturazione, la liquefazione della materia, l'Opera Nera (Nigrado), viene l'Albedo, o Opera Bianca. Essa comincia con un processo di sublimazione, sotto il segno di Giove, l'anima del corpo, la terra in cui essa si trovava, si è trasformata nella fiala in acqua e aria. L'Uovo filosofico il globo di cristallo ermeticamente chiuso, viene richiuso nell'athanor, il fornello che l'alchimista usa per una combustione lenta e controllata. Quest'uovo è al tempo stesso il simbolo dell'Uovo del Mondo, in cui tutto si prepara per una combustione lenta e controllata. Quest'uovo è al tempo stesso il simbolo dell'Uovo del Mondo, in cui tutto si prepara pazientemente, in modo immanente e segreto. Continuando a riscaldare durante la fase lunare, si porta a compimento la colorazione bianca. Bernardo Trevisano ci confida: <<Te lo dico prendendo, Dio a testimonio, questo Mercurio, una volta sublimato, appare rivestito di un biancore puro come la neve delle alte montagne, dotato di uno splendore cristallino. Quando apro il recipiente, se ne libera un profumo unico al mondo...>>. E' la realizzazione del 'magistero minore', dell''elisir di lunga vita' dalle proprietà medicinali note per il loro potere di rigenerazione cellulare. Viene chiamato anche l''oro potabile', 'la panacea'. E' l'opera di resurrezione che ha dato origine a molteplici allegorie, virginali, incestuose perfino, laddove il figlio deve fecondare la madre che lo ha generato: denominate 'acque mercuriali', tutte significano che sono state ottenute con un moro ascensionale (liquefazione, sublimazione, purificazione). Il grande magistero, l'altro modo discendente (Venere-Marte-Sole) avrà ora inizio, e con esso l'incarnazione dello spirito. A proposito della fase venusiana Bernardo Trevisano dice: <<All'inizio la donna monta sull'uomo, alla fine l'uomo monta sulla donna>>. La forza volatile del Mercurio femminile domina dapprima il corpo solido rappresentato dallo ZolfoM in seguito la forza fissativa dello Zolfo ha il sopravvento sulla volatilità del Mercurio. Allora si produce una cristallizzazione. Ma è il Rame filosofico, quello in cui il Sole è ancora al sommo della croce: l'Oro vi è ancora instabile, non ha ancora penetrato gli strati profondi del corpo. Nella fase marziale lo spirito effettua tale discesa, ma quest'ultima coagulazione, penultima tappa della trasmutazione completa, e ancora senza splendore. La fase solare vede la comparsa del colore rosso; la rubrificazione interviene dopo che la pietra, cuocendo, è passata attraverso tutti i colori dell'arcobaleno. In Le livre des figures hieroglyphoques, Nicolas Flammel (1330-1418) la descrive: <<Il colore rosso-lacca di questo leone volante simile al puro scarlatto dei chicchi della melagrana matura dimostra che la rubrificazione è ora compiuta senza alcuna stortura o difformità, che essa è come quella del leone, che divora ogni Natura Metallica e la muta nella sua vera Sostanza, nel verace puro Oro, più fine di quello delle migliori Miniere>>. La proiezione di una piccola quantità di polvere di questa pietra in una soluzione metallica basta allora a trasmutare il corpo vile in Oro. Conviene effettuare l'operazione tre volte, nonché riscaldare al fine di ottenere per il nuovo metallo una densità uguale a quelle dell'oro. Il riassunto delle principali tappe. Per decifrare il loro linguaggio è necessario anche sapere a quale delle due vie, umida e secca, rimandino i segreti, sempre svelati solo a metà, e i consigli che essi acconsentono a dare. <<Precisiamo ancora che la Prima Vita è detta 'umida' perché, nello stato liquido richiede, sulla lampada moderata, l'uso di utensili in vetro, mentre la Seconda Via qualificata come 'secca' perché, sotto la forma fusibile, necessita l'uso di vasi opachi e refrattari, nel fornello più ardente.>> L'alchimia è fra le scienze esoteriche quella che ha maggiormente conservato il suo carattere ermetico: in primo luogo nel senso storico del termine, perché essa è sotto la protezione di Ermete Trismegisto, il personaggio leggendario greco, corrispondente all'egiziano Toth, la cui dottrina sacra è riassunta nella Tavoletta di Smeraldo, in secondo luogo nel senso della specificità e della difficoltà propria dell'interpretazione dei suoi concetti; a causa del carattere altamente iniziato dall'Opera: l'unione di Cielo e Terra, la materializzazione soggettiva e oggettiva dello spirito e la sottilizzazione della materia.
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pangeanews · 5 years
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“La civiltà non c’entra con il denaro, dipende dallo spirito degli esseri umani”. Su Patrick White, il genio ingiustamente sottovalutato
Avete letto qui del Nobel 1973 Patrick White. Ho trovato al Libraccio, a questo banco dei pegni contemporaneo, un suo lungo romanzo pubblicato da Einaudi, I passeggeri del carro. Di qui sono sbocciate altre curiosità riguardo le sue due raccolte poetiche – la prima, stampata in proprio e sotto pseudonimo a diciassette anni, è protetta in un caveau della biblioteca nazionale australiana perché White voleva che fosse fatta sparire da ogni biblioteca. La cosa buffa è che esistono solo altre tredici copie di questi suoi esperimenti poetici, o ‘juvenilia romantiche’ come le chiamano in Australia. Le sue altre poesie sono raccolte in Ploughman, edito nel 1935. Senza vanterie comuniste, alla ricerca di poeti contadini, White nel 1935 compone la sua elegia dedicata, secca, come nella tradizione scozzese, allo zappatore, al ploughman.
* Quando gli diedero il Nobel, dopo inchini sontuosi e mezz’ora di discorso giustificativo del premio, gli svedesi additarono il lupus in fabula: la malinconia dietro White. Ma leggiamo: “Il suo lavoro creativo, eseguito in solitudine e senza dubbio battendo i denti contro un’opposizione considerevole, tra vari generi di avversità, si è gradualmente composto raggiungendo risultati durevoli e sempre più apprezzati, nonostante i dubbi che lui stesso può aver nutrito riguardo il valore dei suoi sforzi. Il lato controverso di Patrick White si spiega con l’estrema tensione dell’autoespressione, col suo assalto ai problemi più complessi: qui ci sono le qualità che costituiscono la sua grandezza assoluta. Senza queste qualità non sarebbe stato capace di conferire quella vera consolazione che ritroviamo al centro delle sue malinconie: la convinzione che ci debba essere qualcosa più degno per noi di esser vissuto, qualcosa che offra di più che non sia la nostra veloce civiltà frettolosa”.
*
Del resto White non era un diplomatico nato. Mandò un conoscente a raccogliere il Nobel e dopo un discorso terra terra, tutto autobiografico, senza dichiarazioni di amori o innamoramenti estetici, terminava di punto in bianco così: “Qui, in Australia, spero di continuare a vivere, e mentre ne ho ancora la forza spero allo stesso modo di popolare il vuoto australiano nell’unico modo che sono capace di fare”.
Lo stesso anno del Nobel, nel 1973, White straparla sui giornali australiani contro il progresso facile & a ogni costo: prende le difese dei bianchi che si vedono espropriati dalle loro dimore storiche per far posto a inutili grattacieli, nel segno del dollaro mercuriale e della speculazione edilizia degli yankee.
L’articolo, oggi sperso in Patrick White speaks (1989) attacca con piglio deciso: “Quel che mi sembra essere continuamente sopravvalutato da chi pianifica lo sviluppo edilizio è la reazione di chi si trova più fortemente colpito da questo sviluppo – sono esseri umani di cui si dispone al pari di pecore e mucche. Questo mi passava per la testa quando vidi anche la strada dove vivo sotto il giogo della demolizione”.
Dopo questo attacco da giornalista strapazzato, ecco come si rialza nel finale, aprendo il ventaglio delle ingiurie: “Questi speculatori, a voler essere perfettamente franchi, sono abili ad afferrare le loro oche diventando milionari nottetempo. Dopo, ottengono il titolo di cavalieri. E dobbiamo riconoscere che se riescono in queste loro prodezze, lo si deve alla loro controparte australiana che è lieta di sottoporsi ai magheggi del dollaro rapido – doloroso constatare che fino a un decennio fa erano gli immigrati stranieri a rendere la vita australiana più interessante, più fruttuosa ed efficiente, aiutandoci a raggiungere qualcosa che rimane ancora lontano, che forse otterremo col passare del tempo: la civiltà. Perciò puntiamo a questa piuttosto che al ‘progresso’, un termine che potrebbe rivelarsi, contrariamente alle intenzioni di chi lo adopera, come vuoto di senso. La civiltà non è faccenda di denaro e concretezza. (Guardate cosa è successo agli Stati Uniti!). La civiltà, per come io la vedo, dipende dallo spirito degli esseri umani, dai loro valori”. E con queste parole White si è consegnato, coerentemente, all’oblio dei posteri… nonostante la sua seconda comparsa nel catalogo Einaudi nel 1976, con I passeggeri del carro (1961) fosse celebrata così sul retro della copertina: “Dal 1948 White vive in una fattoria non lontana da Sidney. È scrittore epico e visionario, della razza dei Melville e dei Conrad. È autore di nove romanzi e due raccolte di racconti. Nel 1973 gli è stato conferito il Premio Nobel per la letteratura”.
*
O forse no. Se qualche pio gentiluomo, se qualche degna madama entrasse al Feltrinelli lasciando al bancone dodici euro per comprare la ristampa Mondadori de L’esploratore Voss, avremmo fermato per un attimo il disordine dell’universo in espansione che frantuma anche White. Scherzo.
In realtà White non è mai uscito dalla discussione anglofona sul progresso e, per gli adolescenti australiani che si spostano a frotte sulla Pacific Coast, è ancora un totem. Prendete questo pezzo dello scorso settembre su Lithub, che è il santo Graal degli hipster. È firmato da una coetanea, Madeleine Watts, che fa rimpallare il pezzo, da brava, anche su Twitter. Devo dire che il suo articolo Su Patrick White, grande romanziere australiano dimenticato invoglia alla lettura, oltre che per il colore locale, soprattutto per la piccante madeleine delle prime righe: “Quando avevo 22 anni ero innamorata di un uomo che aveva una fotografia di White incorniciata sopra il suo letto. Sono cresciuta con le copie di libri di Patrick White ‘vissute’ da mio padre, ne ho studiato i libri all’università, ma solo anni dopo sono riuscita a guardare senza astio, con reale interesse, a questo autore – unico Nobel australiano – e alla sua opera”. Quando si dice che la psicanalisi ormai è inutile…
*
Al di là delle comode amenità di moda, dall’anno scorso è su Youtube una buona intervista rilasciata da White a caldo, appena saputo del Nobel. Siccome non sono disponibili i sottotitoli, vi riassumo per punti quella chiacchierata di mezz’ora:
“Il paesaggio dell’infanzia, quello che per me è importante sul piano creativo, può apparirmi senza personaggi. Mentre il paesaggio inglese, col suo verdume, non mi ha mai detto molto. Quello dell’infanzia australiana è diventato più tenue nel tempo, ma ho capito che era fondamentale”.
“I giovani possono anche andar via per del tempo, ma devono tornare a casa per avere una sorta di vita intellettuale. Non mi considero però un intellettuale ma un artista e come artista affermo che anche le persone ordinarie riescono ad avvertire il decadimento attuale, il decadimento materiale, morale. Non si può credere a nessuno, meno che mai ai politici: rapinano, rapinano più che possono tra case e yatch”.
“Mi sento un repubblicano australiano antimonarchico. Vorrei tornare in Inghilterra solo per i suoi teatri e lascerei l’Australia anche solo per non lasciare i miei soldi ai suoi politici”.
“Per quel che posso dire osservandomi, avrei voluto fare l’attore. Scrissi per il teatro ma proprio volevo diventare attore. Quando mi siedo a scrivere, per quanto brancoli, rimango solo; mentre l’attore deve collaborare con le altre persone. Le voci di alcuni attori da giovane mi ossessionavano, volevo scrivere per loro. Sai, quando i critici hanno paragonato L’esploratore Voss a Tolstoj hanno detto un nonsense. In ogni caso, odio Voss – è andato nelle mani di gente sbagliata e tutto è andato a rotoli quando se ne progettò il film. Non vorrei parlarne”.
“Se mi dicono che afferro la grandezza al modo di Thomas Mann, che ho un grande schema con le sue contrapposizioni: è come per i premi della corona Britannica, non accetterei mai quei complimenti. Li rimanderei al mittente. È stato già abbastanza difficile essere autonomo. Sono dell’idea di creare un premio in denaro per gli scrittori australiani. Purtroppo l’establishment vorrebbe metterli tutti quanti al museo”.
“Sono un pessimista, nell’insieme, ma tento di fare del mio meglio per far qualcosa che rechi più vita al mondo”.
*
Eccovi i passaggi mozzafiato del discorso per il ricevimento del Nobel: “Poco prima dei diciott’anni convinsi i miei genitori a farmi ritornare in Australia per vedere se, almeno, sarei riuscito ad adattarmi alla vita dei campi prima di tornare in Inghilterra per l’università a Cambridge. Lavorai per due anni come aspirante pecoraio [jackeroo], prima nelle montagne meridionali del Nuovo Galles, che divenne per me il posto più desolato del pianeta, e in seguito su una delle proprietà materne dei Whitycombe, da uno zio che abitava nel nord bollente e piagato alternativamente da siccità e alluvioni. Riesco ancora a ricordare come conducevo il mio cavallo attraverso sentieri allagati per andare a prendere la posta, mentre mi godevo un piatto di ortiche stufate a causa della penuria di verdure. Una vita simile mi era abbastanza congeniale, ma ogni discorso finiva sempre per ruotare intorno alla lana e al tempo che faceva. Sviluppai un’abitudine a scrivere romanzi nascosto da una porta chiusa, o al tavolo da pranzo da mio zio. Fatto ancora più grave, dopo esser passato per un colono alla scuola inglese, ora ero un ‘Pom’ per i miei conterranei australiani a causa della pronuncia inglese. Perciò non osavo più parlare e accolsi l’opportunità di scapparmene al King’s College di Cambridge. Anche se l’università si fosse trasformata in una nuova scuola dell’obbligo, avevo deciso di perdermi come un’anonima particella nella Londra che già amavo”.
Andrea Bianchi
L'articolo “La civiltà non c’entra con il denaro, dipende dallo spirito degli esseri umani”. Su Patrick White, il genio ingiustamente sottovalutato proviene da Pangea.
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allmadamevrath-blog · 6 years
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Dizionario dell'esoterismo. Storia, simbologia, allegoria. Alchimia
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Dizionario dell'esoterismo. Storia, simbologia, allegoria
Alchimia
Scopo dell'alchimia è l'ottenere la Pietra Filosofale, che permette di trasmutare i metalli in oro. Scienza esoterica, essa associa i uno stesso processo una cosmologia e una spiritualità attive: la trasformazione della coscienza dell'adepto nei suoi rapporti con le forze dell'universo è unita a una pratica concreta mediante la quale l'alchimista cerca di realizzare il regno della natura (minerale, vegetale, animale), ma perfezionandolo, il processo di putrefazione e di rigenerazone che accompagna la vita stessa. la Grande opera (Magnium Opus) alchemica e quindi la duplice realizzaione della purificazione e della trasmutazione della materia psichica e naturale. La Grande Opera fisica e la Grande Opera mistica sono analoghe, ma nient'affatto identiche. Aver realizzato la seconda vuol dire poter realizzare sovranamente la prima; aver realizzato la prima vuol dire sapere quale cammino può condurre alla realizzazione della seconda, ma non significa necessariamente aver percorso quel cammino. E' una differenza che ha un'importanza capitale. E' la differenza che consiste nel dare, nella pratica alchemica, la priorità alla rigenerazione spirituale (ergon) in quanto chiave della trasmitazione dei metalli (parergon). Questa differenza è ciò che permette di distinguere l'alchimia da tutte le pratiche metallurgiche, spagiriche, archimiche, anch'esse note fin dalla più remota antichità. ma operanti anche su minerali o piante senza tener conto di tutta la dimensione esoterica o sacra propria dell'alchimia. L'alchimia è, un'arte divina, il che vieta per principio di farne la preistoria della chimica. Fulcanelli, maestro esoterico del XIC secolo, dimostra che <<...la vera antenata della nostra chimica è l'antica spagirica, e non ha la scienza ermetica stessa>>. Il sacro vi ha un ruolo preponderante, che può esser rivelato o trasmesso in un linguaggio in codice: l'alchimia parla "la lingua degli uccelli", è la 'gaia scienza', non un insieme di ricette empiricamente definite. L'alchimia slleva il problema della sua terminologia. Lo studioso Serge Hutin dice che <<l'alchimista non deve scoprire qualcosa di nuovo, ma ritrovare un segreto>>. Questo segreto è velato da una terminologia che dissimula i suoi oggetti dietro concetti provvenienti di varr egistri simbolici (astrologia, cabala, eccetera) di cui deve essere di volta in volta determinata la corrispondenza. Lo stesso linguaggio alchemico ricorre, a una miriade di procedimenti retorici volti a scoraggiare la comprensione letterale del senso dei testi: rebus, acrostici, anagrammi, forme idiomatiche, assonanze. <<L'alchimia èdunque a questo titolo una cabala ermetica fornita di quella che gli antichi  chiamavano la lengua general (universale), perché cela un duplice significato corrispondente a una duplice scienza, l'una manifesta, l'altra profonda>>. Tutti i testi precisano che si tratta del "Mercurio filosofale", della sostanza stessa della vita, di un agente universale. E' dunque un principio, amche prima di essere un metallo. Ma, a seconda della base dell'Opera filosofale, cioè a seconda del colore, delle virtù, delle proprietà della soluzione ottenuta,  il Mercurio è anche chiamato: Magnesia, Ottone, Acqua Mercuriale, Medicina, Acqua pesannte, Latte della Vergine, Alkaest...<<Lavora dunque con quell'Acqua e avrai quello che desideri da lei, Essa è infatti lo spirito e l'animadel Sole e della Luna, l'olio e l'acqua dissolvente, la fontana, il bagno-maria, il fuoco contro natura, il fuoco umido, il fuoco segreto, nascsto e invisibile>>. Lo stesso dicasi per lo Zolfo, principio attivo e forma preliminre del Mercurio. Lo Zolfo rappresenta anche la fase ulteriore dell'Opera. <<E se cuocete ancora di più, diventa rosso e l'acqua di mare diventa rossa e del colore del sangue>>, o ancora l'Azoto colora l'Ottone e lo rende bianco, ma l'Ottone riprende il dominio sull'Azoto cambiandolo in vino, cioè rendendolo rosso come il vino.  Quanto al Sale, che compare tardi nella letteratura alchemica esso rappresenta il corpo in seno a una struttura ternaria. Il problema primordiale prosto dalla lettura di un testo alchemico finisce per essere il problema di capire quale sia il metallo di cui si tratta, per esempio il Mercurio. Lo si deve intendere metaforicamente attraverso le corrispondenze che esso ha, con l'antropologia esoterica? Oppure lo si deve comprendere come un'indicazione astrologica, o ancora come un principio cosmologico, o infine come una fase dell'Opera? Scienza esoterica, scienza simbolica che, secondo René Alleau, è più vicina alla storia delle religioni che alla chimica, l'alchimia pone come pietra angolare la questione della 'materia' da cui conviene iniziare l'Opera. Il successo dell'impresa sta potenzialmente nella scoperta di questo primo segreto della natura, di questa Materia denominata di volta in volta 'corvo', 'terra', 'zolfo nero', 'zolfo di natura', 'prigione dell'oro', 'letame', 'tomba del re'. Le indicazioni dei colori, i riferimenti ai pianeti che costellano lo svolgimento della realizzazione dell'Opera, les ue diverse trasformazioni hanno un senso simbolico operativo solo se la sostanza è stata scelta correttamente. La difficoltà deriva deriva dal fatto che la Materia dell'Opera ha tanto il valore di un principio cosmologico quanto quello di un materiale specifico. Bernardo Trevisano dichiarava: <<Per averre intendimento di questa Materia, si deve innanzi tutto sapere che dio ha fatto all'inizio una materia confusa e priva di ordine, la quale era piena, per volontà di Dio, di più materie>>. Nel Mistero delle Cattedrali si legge: <<E' solo nel regno animale, in cui risiede la semenza metallica, che dobbiamo cercare il soggetto proprio dela nostra arte>>. Così in linea di principio, ci potrebbe servire di qualsiasi sostanza, tutto essendo nella Natura formato dalla stessa Materia unica. Nella pratica la Materia usata deve essere raccolta in una certa epoca dell'anno: quando il Sole è in Ariete e la Luna in Toro, o quado il Sole è in Scorpione  e la Luna in Capricorno, il che la conferisce individualizzandola, la possibilità di ricevere lo spirito universale, e di rivestirsi dello Zolfo e dei sali volatili e del Mercurio fino all'aria e del fuoco. Il delicato problema del letame dei filosofi, di cui Eugène Conseliet dà, se non altro, la chiave teorica, seguendo ciò che il maestro Fulcanelli, con il distinguere la prima materia dell'Opera dalla Materia Prima. da cui questo oro invisibile miserabile e misconosciuto ha avuto origine>>. Si può schematicamente strutturare lo svolgimento delle operazioni dell'Opera degli alchimisti in tre grandi tappe, secondo la successione dei tre colori dell'Opera: nero, bianco e rosso; o ancora in sei tappe, secondo la successione dei sette pianeti, di cui il primo, Mercurio, è la chiave di tutto l'insieme: Mercurio, Saturno, Giove, Luna, Venere, Marte, Sole, Mercurio rappresenta l'agente universale, l'acqua che dissolve, l'alimento del frutto spirituale del corpo. Manifestazione la più prossima alla Materia Prima, esso collega l'organismo anima-corpo all'oceano cosmico della vita. La prima tappa, sotto l'impero simbolico di Saturno, corrisponde all'avvenimento, alla putrefazione, alla mortificazione: <<il lavoro più rude, tutta quanta la fatica, sta nella perfetta preparazione della materia>>. Il drago deve, morire. La prima operazione è quello della morte di uno stato chimico per soluzione e liquefazione. Il primo compito consiste dunque nel trovare la amteria e il suo solvente, il vetriolo dei saggi, acrostico del programma alchemico stesso: Visita Interiora Terrae, Rectifincandoque Invenies Occultum Lapidum. Dopo la triturazione, la liquefazione della materia, l'Opera Nera (Nigredo), viene l'Albedo, o Opera Bianca. Essa comincia con un processo di sublimazione, sotto il segno di Giove, l'anima del corpo, la terra in cui essa si trovava, si è trasformata nella fiala in acqua e aria. L'Uovo filosofico, il globo di cristallo ermeticamennte chiuso, viene ricnhiuso all'athanor, il fornello che l'aalchimista usa per una combustione lenta e controllata. Quest'uovo è al tempo stesso il simbolo dell'Uovo del Mondo, in cui tutto si preparva pazientemente, in modo immanente e segreto. Continuando a riscaldare durante la fase lunare, si porta a compimento la colorazione bianca. Bernardo Trevisano ci confidò: <<Te lo dico prendendo Dio testimonio, questo Mercurio, una volta sublimato, appare rivestito di un biancore puro come la neve delle alte montagne, dotato di uno splendore cristallino. Quando apro il recipiente, se ne libera un profumo al mondo...>>. E' la realizzazione del 'magistero minore', dell'elisir di lunga vita dalle proprietà medicinali noto per il loro potere di rigenerazione cellulare. Viene chiamato anche 'l'oro potabile', la 'panacea'. E' l'opera di risurrezione che ha dato origine a molteplici allegorie, virginali, incestuose perfino, laddove il figlio deve fecondare la madre che lo ha generato: denominate 'acque mercuriali?, tutte significano che sono state ottenute con un moto ascensionale (liquefazione, sublimazione, purificazione). Il grande magistero, l'altro moto discendete (Venere-Marte-Sole) avrà ora inizio e con esso l'incarnazione dello spirito. A proposito della fase venusiana Bernardo Trevisano dice: <<All'inizo la donna monta sull'uomo, alla fine l'uomo monta sulla donna>>. La forza volatile del Mercurio femminile domina dapprima il corpo solido rappresentato dallo Zolfo; in seguito la forza fissativa dello Zolfo ha il sopravvento sulla volatilità del Mercurio. Allora si produce una cristallizzazione. Ma è il Rame filosofico, quello in cui il Sole è ancora al sommmo della croce: l'Oro vi è ancora instabile, non ha ancora penetrato gli strati profondi del corpo. Nella fase marziale lo spirito effettua tale discesa, ma quest'ultima coagulazione, penultima tappa della trasmutazione completa, è ancora senza splendore. La fase solare vede la comparsa del colore rosso, la rubrificazione interviene dopo che la pietra, cuocendo, è passata attraverso tutti  i colori dell'arcbaleno. In Le livre des figures hieroglyphiques, Nicolas Flammed (1330-1418) la descrive: <<Il colore rosso-lacca di questo leone volante simile al puro scarlatto dei chicchi della melagrana dimostra che la rubrificazione è ora compiuta senza alcuna stortura o difformità, che essa è come quel leone, che divora ogni pura Natura Metallica e la muta nella sua viva Sostanza, nel verace e puro Oro, più fine di quello delle migliori Miniere>>. La proiezione di una piccola quantità di polvere di questa pietra in una soluzione metallica basta allora a trasmutare il corpo vile in Oro. Coviene effettuare l'operaazione tre volte, nonchè riscaldare, il fine di ottenere per il nuovo metallo una densità uguale a quella dell'oro. Per decifrare il linguaggio delle principali tappe è necessario anche sapere a quale delle due vie umida e secca, rimandino i segreti, sempre svelati solo a metà, e i coniugi che essi acconsentano a dare. <<Precisiamo ancora la Prima Via è detta 'umida' perché, nello stato liquido, richiede, sulla lampada moderata, l'uso di utensili di vetro, mentre la Seconda Via è detta 'umida' perché, sotto la formaa fusibile, necessita l'uso di vasi opachi e refrattati, nel fornello più ardente>>. L'alchimia è fra le scienze esoteriche quella che ha maggiormente conservato il suo carattere ermetico: in primo luogo nel senso del termine, perché essa è sotto la protezione Ermete Trismegisto, il personaggio leggendario greco, corrispondente all'egiziano Toth, la cui dottrina sacra è riassunta nella Tavoletta di Smeraldo; in secondo luogo nel senso della specificità e della difficoltà propria dell'interpretazione dei suoi concetti, a causa del carattere altamente iniziatico dell'Opera: l'unione di Cielo e Terra, la materializzazione soggettiva e oggettiva dello spirito e la sottilizzazione della materia.
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