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#Le cinque chiavi del terrore
thebutcher-5 · 2 years
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Le cinque chiavi del terrore
Benvenuti o bentornati sul nostro blog. Nello scorso articolo siamo tornati a parlare di un grande regista che ho sempre amato, John Carpenter, e l’abbiamo fatto con una pellicola realizzata su commissione ma in grado di mostrare la bravura del regista, Christine – La macchina infernale. La storia parla di Arnie, un ragazzo timido e impacciato che un giorno vede una vecchia Playmuoth Fury rossa…
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particellare · 3 years
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Le cinque chiavi del terrore - Freddie Francis
Le cinque chiavi del terrore – Freddie Francis
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recensissimo · 4 years
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Le Cinque Chiavi del Terrore: La Recensione del Film https://ift.tt/2Yy3ApG
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sciatu · 7 years
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ULTIMO RACCONTO DI NATALE: 
IL RAGIONIERE CONCETTO BONARRIGO E LA VOLTA CHE MANDO’ AFFANCULO IL NATALE
Il ragioniere Concetto Bonarrigo schiacciò il pulsante “uguale”e la calcolatrice incominciò ad emettere un rumore meccanico insieme a una lunga striscia di carta. Una volta che la macchina finì i suoi conti il ragioniere strappò la striscia e si porto la parte finale del pezzo di carta vicino agli occhi e lo lesse con una velata nota di disperazione “Trentasettemilaquattrocentoventinovevirgolaventisette”. Il sangue gli si gelò e un sudore freddo sembrò incoronargli la fronte.  Si passò la mano sulla fronte come ad asciugarlo ed incominciò ad andare su e giù sulla lunga colonna di numeri di cui il numero appena letto era il risultato finale: un enorme ammanco di cassa che lui non sapeva come giustificare perché non aveva nessuna ricevuta relativa a diverse spese di cui fino a qualche ora prima, aveva ignorato l’esistenza. Tutti prelievi ingiustificati di cifre diverse, fatti dal conto della società da cui solo lui ed il titolare potevano prelevare. Al mattino, quando il Cavaliere Arrigò era passato a salutarlo dandogli le ultime fatture da contabilizzare e facendogli le ultime raccomandazioni per la chiusura dell’anno, non aveva parlato di alcun prelievo, anzi era contento che Natale fosse arrivato così finivano le spese. La conclusione quindi era una sola: qualchedun’ altro aveva prelevato negli ultimi giorni quella cifra. Ma chi ? e quando? e perché? forse nella fretta e nella concitazione delle prossime festività qualche spesa, o qualche ricevuta gli era sfuggita ed era quindi da mezzogiorno che faceva andare avanti ed indietro la calcolatrice a verificare i conti di tutto l’anno che stava finendo, senza trovare un motivo che giustificasse l’assenza di quella maledetta cifra. Si accasciò sulla poltrona disperato. “E ora ? – si chiese angosciato -  chi lo dice al Cavaliere Arrigò?” Non sapeva più come fare e per un attimo fu vicino quasi a perdere i sensi. Si toccò il colletto della camicia quasi a voler allentare la cravatta, ma questa era ormai larga da qualche ora. Guardò l’orologio e fece un altro balzo sulla sedia “Le sette e ventisette !!” si disse realizzando che proprio alla vigilia di Natale era ancora in ufficio e d’improvviso le mille cose che doveva fare gli caddero tutte addosso: il regalo per la moglie appena sposata, i dolci da comprare, le bollette da pagare, le telefonate da fare al fratello per ricordargli di portare il vino, tutto gli cadde addosso aggiungendo angoscia ad angoscia. Si senti soffocare. Si alzò di scatto a quasi a voler fuggire, usci dalla stanza; nel vestibolo dello studio, indossò il soprabito gessato e si mise il ridicolo cappello di lana a strisce bianche ed azzurre che sua moglie gli aveva regalato per il suo compleanno e che lui profondamente odiava senza avere il coraggio di non metterlo. Nel fare questo si accorse che aveva ancora in mano il pezzo di carta della calcolatrice. Lo guardò senza sapere cosa fare. “Domani torno e vedo meglio, se non capisco il problema finisce che il cavaliere mi fa arrestare per appropriazione indebita” Come faceva con tutti gli oggetti che si trovava in mano e che non sapeva dove mettere, lo mise in tasca e nel far questo, sentì nella tasca la busta con le fatture che ancora doveva registrare e che al mattino il Cavaliere gli aveva dato (e qui una nuova esplosione di sensi di colpa per il ritardo con cui stava chiudendo l’anno) e il suo cellulare. Prese in mano il telefono con terrore per vedere come mai, malgrado l’ora tarda, la moglie non lo avesse tempestato di telefonate per farlo tornare a casa. “Minchia: è scaricu” si disse ancor più disperato guardando lo schermo nero e vuoto dello smartphone. Gli venne una rabbia irrefrenabile, lo stava per sbattere per terra ma si fermò. Era già nei guai, non valeva la pena fare altro danno. Incominciò a cercare le chiavi ma non le trovava. Tornò nello studio, cercò sulla scrivania, alla fine le urtò con un piede e si chinò a raccoglierle ma nel raddrizzarsi batté la testa contro il cassetto che aveva lasciato aperto e si fece male. “..ffanculo….”  disse arrabbiatissimo e con un colpo chiuse il cassetto e si allontano. Sentì un rumore di stoffa lacerata. Una falda del soprabito era rimasta incastrata nel cassetto e quando lui si era mosso il soprabito si era rotto. “Affanculo…!!!” ripetè sempre più incazzato. Usci dallo studio e tirò la porta cercando nello stesso tempo, a causa della gran fretta che aveva, di infilare la chiave nella toppa, con il risultato che il mignolino della mano restò incastrato tra il pesante battente della porta corazzata che si chiudeva e quello fisso. Lancio un urlo. Prese le chiavi che aveva in mano e le lanciò contro la porta “Affanculo…!! Affanculo tu, il cavaliere , mia moglie, tutta la mia famiglia e tutti gli abitanti di Messina e del pianeta e questo minchia di Natale” e per sottolineare il concetto diede un gran calcio alla porta . Si dimenticò però che aveva i mocassini di capretto, quelli sottili sottili, così quando il piede arrivò a contatto con la porta vide le stelle. “Buttana da miseria, buttana i stu minchia i Natali e di tutti parenti e cavaleri” disse saltellando su pianerottolo mentre l’ascensore d’improvviso si apri ed un signore con un cappotto nero ed una sciarpa bianca come i suoi capelli l’osservò stupito. Si guardarono, il signore dritto nell’ascensore e lui acciambellato a tenersi il piede come se fosse un fachiro che si voleva addentare la punta della scarpa. “Scende ?” chiese il signore con fare educato. “Si… grazie…” rispose Concetto molto imbarazzato dalle urla che aveva lanciato e dalla strana posizione che aveva assunto. Raccolse le chiavi e, con un po’ di difficoltà a causa del mignolo che gli pulsava dal dolore, chiuse la porta. Zoppicando entrò in ascensore. Per darsi un contegno cercò di giustificarsi “ Natali non dovrebbe mai venire, c’è solo stress e confusione, succedi di tuttu!! in cinque minuti mi sono fatto male tre volte!!…” Lo disse convinto come se tutte le sue disgrazie, dall’ammanco di cassa al fatto che non aveva comprato i cannoli, al mignolino dolorante, tutto, ma proprio tutto dipendesse dal Natale. Il signore lo guardò con una faccia neutrale. “Non dovrebbe dire queste cose” disse alla fine tutto serio. “Il Natale si potrebbe vendicare!” “Ma quannu mai… - fece Concetto ridendo – Se lei pensa a quanti soldi spendiamo per cose che non servono e per mangiate cibi che dovremmo evitare e se pensa poi a tutti i parenti che non vede mai e a cui ora devi dare conto per forza, allora sarebbe d’accordo con me. E’ tutto un mangia mangia, una ipocrisia inutile: oggi ci baciamo domani ci mandiamo a qual paese. Era meglio se domani si lavorava invece che stendere ancora i piedi sotto la tavola per riempirsi la pancia di cose pesanti e costose”. Il signore lo guardo ancora più seriamente. La porta dell’ascensore si apri e prima di uscire rivolgendosi a Concetto gli disse “Allora, visto che non crede al Natale, le auguro solo buona sera” “Buonasera, buonasera” ripetè sciutto sciutto Concetto. Usci dall’edificio e si diresse verso la Villa Dante per prendere i cannoli al laboratorio di pasticceria. “ma chi minchia mi significa u Natali? – si disse camminando svelto con gli occhi fissi sul marciapiede -  ca fossi domani l’ammanco si risolve? che forse serve qualcosa a sopportare i suoceri ed i genitori per due giorni di seguito ? e sentire le spiritosaggini di mio fratello, le minchiate del cognato, il casino dei nipoti che romperanno di sicuro qualcosa, e stare fino a mezzanotte a giocare a tombola o a sette mezzo per poi andare in quella chiesa che è fredda come una tomba a sentire il coro degli avvinazzati che distrugge salmi e canti natalizi! Ma questo sarà il mio ultimo Natale a casa, di sicuro!! Come faccio a spiegare al cavaliere che mancano quei soldi? Cosa devo fare? Finirò in galera! altro che Natale e Santo Stefano. E allora che senso ha festeggiare se il giorno dopo sarò già in commissariato. Ma chi me l’ha fatto fare questo lavoro da topo, fare il contabile con tutti questi ladri che appena ti volti ti scippanu puru l’occhi! Ma che se ne vadano tutti a fanculo a incominciare dal Natale e a finire a tutti quanti! tutti! Tutti!!!” 
Con la coda dell’occhio intravide il semaforo rosso si fermò per evitare che qualche esaltato del Natale lo investisse. Solo allora alzò gli occhi accorgendosi che nell'incrocio che doveva attraversare non c’erano macchine o persone. Si avventurò in mezzo all'incrocio malgrado la luce rossa. Notò che c’era un silenzio irreale. Si guardò intorno senza vedere nessuno. Si voltò a guardare verso viale San Martino che a quell’ora doveva essere pieno di gente e di macchine che correvano per gli ultimi acquisti, ma non scorse nessuno. Guardò a destra, a sinistra, ma niente: non c’era un’anima viva.  Andò avanti ancora per qualche decina di metri e vide all’angolo della strada che arrivava alla Villa Dante, la tabaccheria dove si fermava a comprare i tagliandi della sosta, camminò più velocemente per raggiungerla e guardare dentro. Non vide nessuno. Entrò e chiamò con voce forte “Scusate….si può…” Nessuno gli rispose né da dietro il bancone del gratta e vinci, né dall’interno della tabaccheria. La cosa lo riempì di stupore. Usci e si guardò nuovamente attorno senza vedere nessun passante e nessuna macchina sfrecciare nel viale alberato. “Minchia…” pensò e con passo veloce si diresse verso il cimitero dove generalmente c’era sempre traffico nella strada e sui marciapiedi dove arrostivano e vendevano le stigghiole o le salsicce. La strada di fronte al cimitero era vuota ed intorno ai banchi dei panini non c’era nessuno malgrado si levasse un fumo denso e bianco come se prima di scomparire qualcuno avesse messo sulla brace qualcosa da arrostire. Continuò a camminare ma non vedeva nessuno, né di fronte al mercato o al macellaio di carne equina o alla panetteria: nessuno. Tutti i negozi erano aperti e con il disordine tipico di quando si prepara una grande festa: buste sui banconi, scaffali semi vuoti, lunghe file di lampade di Natale che si accendevano e spegnevano per nessun cliente o commesso. Concetto pensò per un momento ad uno di quei telefilm di “Ai confini della realtà” ma l’accostamento lo intristì ancor di più: lui era reale, il quartiere intorno a lui era reale, solo che mancava il caos della vigilia, i venditori nei negozi, la gente che camminava per gli ultimi acquisti, gli ambulanti, le vespe che zizzagavano tra le macchine, e le macchine stesse: mancavano le persone, quelle che lui poco prima aveva mandato a ‘fanculo. Incominciò a correre, prima piano poi sempre più forte verso casa. Arrivato al suo palazzo incominciò a fare le scale a quattro a quattro ed arrivato sul pianerottolo di casa sua vide la porta del suo appartamento aperta. Entrò chiamando, sperando di trovarla la moglie “Cammela… Cammela….”. Non rispose nessuno. In cucina c’era il caos delle grandi cene, con pentole sui fornelli, farina sulla tavola frutta esotica sparsa qua e là, le bottiglie di vino che il fratello aveva portato, persino un enorme vassoio di cannoli che probabilmente Carmela aveva preso sapendo che lui era troppo impegnato per ricordarsene. Si sentì in colpa. La moglie aveva pensato a lui e lui si era occupato solo dei conti del Cavaliere, senza ricordarsi di comprarle almeno un regalo. Andò in salotto; alla televisione c’era il solito “Mamma ho perso l’aereo” che ogni Natale replicavano. Intorno alla televisione però mancavano i nipoti; c’erano le loro macchinine sul grande tavolo di noce tanganica su cui lui aveva vietato di giocare. Ma i nipoti, le loro grida e corse attorno al tavolo inseguiti dai nonni, i loro salti sul divano, le urla della cognata per calmarli, non c’erano. C’erano solo le voci della televisione che rendevano più irreale il silenzio che dominava la casa, c’era la mantella che sua madre si era fatta all’uncinetto appoggiata alla poltrona, la pipa del suocero, le pantofole di suo padre, ma la casa era vuota. Le luci dell’albero di Natale si accendevano e spegnevano indifferenti al vuoto che li circondava, in modo automatico, quasi a dirgli che quella gioia che davano veniva dalla presenza di chi mancava, non era qualcosa che l’albero da solo poteva dare, ma solo sottolineare. Anche la casa, così senza nessuno, senza voci, senza quel chiasso e quella confusione che precedeva lo sedersi a tavola per la mangiata della vigilia, sembrava fredda ed estranea, quasi non fosse più casa sua, ma la scena di un film in cui lui era capitato per caso e di cui era estraneo. “Chi minchia succedi?” si disse confuso, disorientato, impaurito dall’essere l’unica persona viva in un mondo di fantasmi. Si trovò a lato del Presepio, ed osservandolo vide che anche il presepe era vuoto. Era vuota la capanna, mancava il pastore davanti a lei che suonava la cornamusa, il pescatore con il pesce in mano, la vecchia con il tombolo per filare, il panettiere, l’oste, le pecore, i maiali, l’angelo, tutti i personaggi mancavano, quasi che quella messa in scena di muschio e cartone non fosse altro che lo specchio del mondo reale: mancando i viventi, mancavano anche i piccoli simulacri di plastica che li riassumevano. Il mondo reale diventato eguale a quel mondo simulato, come se l’uno non potesse esistere senza l’altro. Concetto senti che gli tornavano i sudori freddi alla testa, aveva bisogno di aria, andò alla finestra e l’apri incominciando a respirare e a raccogliere le idee. Fu allora che lo notò. Era li seduto su i gradini di una casa dall’altra parte della strada: era l’uomo con il cappotto nero, la sciarpa ed i capelli bianchi “Ehi”  gridò Concetto con tutta la voce che aveva. L’uomo alzò la testa, lo vide e con calma piegò il giornale che leggeva, si alzo e se ne andò. Concetto corse fuori di casa, ridiscese gli scalini così come li aveva fatti, a quattro a quattro, arrivando in strada trafelato ed ansante. SI diresse nella direzione dove l’uomo era scomparso. Non lo trovava. Continuò a correre fino a che non arrivò sul viale Catania che dal quartiere di Provinciale portava fino al Cimitero e alla Villa Dante. Incominciò a correre trafelato fino a che lo rivide nuovamente. Era sula panchina di fronte ai gradini della chiesa di  Santa Maria del Gesù e impassibile al silenzio che lo circondava leggeva la Gazzetta dello sport. 
Concetto corse trafilato e a pochi metri dalla panchina rallentò. Se in quel silenzio lui lo vedeva, allora doveva essere qualcuno di speciale, per cui, una volta arrivato alla panchina, si sedette accanto come se fosse una cosa normale come se tutti e due stavano aspettando l’autobus. Dopo qualche secondo si schiarì la voce e chiese “Cosa…. cosa è successo?”. L’uomo, che sembrava assorto nella lettura, si girò a guardarlo e voltando la pagina gli rispose “non lo so, ha fatto tutto lei” e si immerse nella lettura di un trafiletto. “Come tutto io…” “E’ lei che ha mandato affanculo a tutti senza motivo, no?” rispose il vecchio sempre immerso nella lettura. “Ma io …- Concetto dentro di se disse che aveva dei buoni motivi: l’ammanco di cassa…doveva comprare i cannoli…i suoceri… , ma non aveva il coraggio di dirlo – io non volevo…” concluse. L’uomo girò ancora una pagina “Lei non voleva, ma l’ha fatto, anche Caino non voleva, ma l’ha fatto. E per che cosa poi? l’ammanco di cassa? Lei ha fatto girare quella calcolatrice fino a che a momenti non si è fusa senza fermarsi un momento a pensare, a considerare. Ma si è guardato in tasca?” “In tasca…” “Si in tasca, guardi, guardi pure” Concetto mise le mani in tasca e tirò fuori la busta che al mattino il cavaliere gli aveva dato. “E’ la busta delle fatture” disse mostrandola al vecchio “Ma le ha aperte? si è accorto che il cavaliere ha messo dentro anche delle nuove ricevute di pagamenti fatti a diversi enti benefici, ospedali, associazioni per i bimbi down? Lo sa quanto è il totale” Concetto lo guardò, ma sapeva già la risposta “Trentasettemila quattrocento venti nove virgola venti sette - disse il vecchio scandendo la cifra - Vede, non c’è nessun ammanco. Ed i cannoli… lei pensa che sua moglie che la conosce non abbia capito che era troppo impegnato per prenderli? Ed i suoi suoceri, non pensa che preferirebbero starsene a casa senza la confusione che fanno i suoi nipoti e lei che non li guarda neanche…? e suo fratello, non pensa che lo fa sentire un raccattato per strada, quasi forse un barbone, quando lo invita alla cena di Natale ma durante tutto l’hanno non gli fa una telefonata? Forse tutti loro l’avrebbero già mandata a affanculo, come oggi lei ha fatto con loro e con il Natale. Ma ogni Natale vengono a trovarla. E lo sa perché’ Perché il Natale è un’opportunità! è il momento in cui la sincerità e l’umiltà dovrebbero contagiarci e farci capire che se un Dio nasce in una stalla, anche noi dobbiamo lasciar perdere quanto è inutile e quanto non serve, per tornare ai nostri affetti, quelli veri, quelli essenziali, quelli che ci fanno capire come tutti dipendiamo dall’amore che diamo e riceviamo. Tutto il resto, non è Natale, sono ammanchi di cassa che non esistono, doveri che non sappiamo rispettare perché non possiamo, affetti che subiamo solo perché non li accettiamo e non li capiamo.” “Ho capito” disse alla fine Concetto. “Ha capito veramente?” chiese l’uomo con il soprabito nero. “Si – rispose concetto – c’è un tempo per ogni cosa, il Natale è il tempo per chi amiamo. Per chi dobbiamo mettere prima dei conti, delle abitudini e delle convenzioni”.
 Improvvisamente arrivò un autobus dell’atm e diverse persone scesero, mentre altre apparse dal nulla salirono. La strada si animò riempiendosi di macchine, del rumore dei loro motori, delle voci, dei passi di persone che correvano verso casa, che salivano i gradini della chiesa, degli ambulanti, dei ragazzi sui motorini o delle coppie abbracciate negli angoli bui della strada. Un orologio della chiesa batte le  20:45. Erano passati solo 15 minuti da quando aveva lasciato l’ufficio, ma a lui era sembrata un’eternità. Concetto, che stava guardando la vita che riprendeva il suo corso intorno a lui si voltò verso l’uomo con il soprabito nero, ma questi era scomparso. Spaventato si alzò guardando il viale, ma l’uomo con il soprabito non si vedeva da nessuna parte. Si diresse verso casa; camminando per la strada osservava le persone che incontrava, entrava nei negozi per vedere tutta la gente che li affollavano, le macchine che intasavano il viale strombazzando a più non posso, intorno ai baracchini che vendevano le stigghiole c’erano ragazzi che prendevano panini o che si facevano riempire vassoi da portare a casa e tutto gli sembrava straordinario come se lo vedesse per la prima volta. Arrivò a casa ed entrò trovando la solita grande confusione delle feste; l’odore del cibo era stratificato nel corridoio e parlava di baccalà fritto e di rispeddi, di cozze e di dolci alla vaniglia; i parenti erano nella sala da pranzo, che gridavano per sentirsi, il televisore parlava al solito per conto suo mentre i nipoti si inseguivano nel corridoio usando i rotoli della carta per i regali come spade laser. La moglie lo accolse sorridendo, felice perché aveva chi amava tutti intorno a lei e gli disse di lavarsi le mani che era pronto e tutti erano a tavola ad aspettarlo. Lui come un automa l’osservò andare via, con una ciocca che le cadeva sugli occhi, il grembiule macchiato ed il profumo di vaniglia che la seguiva. Fu come se per la prima volta capisse che quello che lo legava a lei era più di un semplice cappellino a strisce bianco ed azzurro o del baccalà fritto, quello che li univa era quanto lui trovava in quel sorriso, quanto lei faceva per lui, quello che ormai era il senso stesso del suo vivere. Andò a tavola e finalmente vide tutti insieme i suoi ospiti seduti ai loro posti, i nipoti pestiferi, il cognato e la cognata ciarliera, il fratello, i suoceri ed i genitori. Tutti lo salutarono con le bocche piene di antipasti e i bicchieri in mano. 
“Un brindisi dal padrone di casa che è sempre impegnato, forza…” disse suo fratello ironico mettendogli in mano un bicchiere pieno di spumante. Lui li guardò tutti uno ad uno girando lo sguardo intorno alla lunga tavola, riscoprendone i volti, i sorrisi, i tic e risentendo quello che per lui erano: la sua storia, i suoi affetti, la sua famiglia, il mondo vivo in cui lui stava e che lo circondava. “Voglio dire solo due cose – incominciò lentamente, quasi cercando le parole, mentre il vociare che c’era a tavola si spense – voglio chiedervi scusa perché pur volendovi bene, non ve lo dimostro abbastanza come meritate. La nostra carne ha bisogno di cibo ma la nostra anima ha bisogno dell’amore degli altri da prendere e da restituire e in questo momento penso che forse non ve ne ho restituito mai per quanto me ne avete dato. La seconda cosa che voglio dirvi è grazie di essere venuti perché senza di voi, malgrado l’amore di mia moglie che la riempie, questa casa, in questo giorno, sarebbe stata vuota come un presepe senza statuine. Grazie perciò di essere qui e di volerci bene. Buon Natale… “ Tutti lo osservarono per un paio di secondi, stupiti da quello che aveva detto. “Buon Natale..” risposero alla fine tutti insieme colpiti dalle sue parole e finito di bere incominciando a far girare le forchette nei piatti o a passarsi la pasta con le vongole che la moglie aveva preparato commentando le sue parole. Lui bevve un sorso di spumante e sedendosi, si girò a guardare il presepe per rassicurarsi che tutti i personaggi fossero al loro posto. C’erano tutti: il pastore, la vecchia con il fuso, il panettiere, il pescatore, le pecore e la sacra famiglia sotto la capanna. Stava incominciando a mangiare portando la prima forchettata di pasta vicino alla bocca quando vide, a lato della capanna, seduto sotto una palma, la statuina di un signore con un soprabito nero, con la sciarpa ed i capelli bianchi che leggeva la Gazzetta. Gli sembrò normale trovarlo li. Alzò la forchetta nella sua direzione e ripeté “Buon Natale…”
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jamariyanews · 8 years
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Stragi "islamiche". Per marketing israeliano
Maurizio Blondet 24 dicembre 2016 Mentre i media sollevano il polverone  utile ai mandanti, e sviluppano la “narrativa”  conseguente , mi limito a sottolineare solo tre o quattro dati  su Amri.
Il calibro ridicolo, un .22, della sua arma. Con  la quale il terrorista ritiene opportuno sparare ai due agenti, dando così loro la  motivazione   legale per “rispondere al fuoco” (capirai, ne ha”ferito uno”) e freddarlo immediatamente. Nemmeno ferirlo, ma farlo secco subito. L’orrendo squarcio prodotto sulla giacca dell’agente ferito dal cal.22.
Il piazzale Primo Maggio dove è stato fulminato è a 300 metri dal Centro Islamico di via Tasso, dove c’è movimento continuo giorno e notte. Ma soprattutto, dove probabilmente il tunisino ha bussato o provato a bussare ad alcune porte che conosceva e riteneva ‘sicure’ (non aveva nemmeno ricambi d’abito), e che può aver trovato “chiuse”.
Il TIR polacco – mi indica un amico – prima di andarsi a schiantare a Berlino aveva fatto un carico alla OMM srl. In  via Cesare Cantù 8, a Cinisello. Ossia a un chilometro dal piazzale della Stazione di Sesto dove Amri ha trovato la morte.
Dunque, Amri si è fatto ammazzare là dove il camion polacco era partito  per il suo ultimo viaggio; e forse dal punto in cui anche lui era  venuto.  Siamo sicuri che all’andata, oltre alle merci da portare a Berlino, il polacco non portasse anche Amri, caricato anche lui a Cinisello? Spesso i guidatori di TIR caricano clandestini dietro compenso.
(un amico, Nuke the Whales, mi fa notare quanto segue: Caro Blondet, e se la realtà fosse che il buon Samri non si sia mai mosso da Milano? Questo spiegherebbe molte cose, magari è rimasto rinatato in un buco per poi scoprire di essere accusato di essere un terrorista. per poi incappare “casualmente” in un controllo. Sì, mi sembra più plaudibile. A “viaggiare ” e giungere a Berlino possono essere stati i suoi documenti di identità,  per  incastrarlo.  Come ho fatto  a non pensarci ?) Infine il video in cui Amri si dichiara vendicatore dell’IS e bla bla bla. E’   firmato dalla solita e nota sigla  (che i media hanno generalmente nascosto):SITE di  Rita Katz. A mio parere è una firma. Secondo me, bisognerebbe indagare se l’organizzazione che sta dietro la sigla  SITE fa’ fare questi video a gente che ha condannato alla morte jihadista, e che convince con qualche soldo. Compito facile, si tratta di marginali Da  valutare insieme alle altre  che rendono la strage di Berlino così simile a quella di Nizza il 14 luglio. Anche qui, alla strage è presente un israeliano, Shlomo Shpiro. Un esperto di terrorismo, docente di “terrorismo” (sic) nell’università Bar-Illan di Tel Aviv, uomo dei servizi, decorato per non si sa quali meriti da Shimon Peres nel 2010. Naturalmente i nostri  quattro lettori ricordano che a Nizza, proprio nel momento, si trovava il fortunato giornalista tedesco Richard Gutjahr,  marito di Einat Wilf, deputata israeliana, estremista e interna ai servizi.  Ma non basta: colui che ha fatto il video più completo sulla sparatoria degli agenti francesi che, di notte, circondano il camion del terrorista, è un ebreo:  Ynet News (l’agenzia dei coloni)  lo chiama Silvan Ben Weiss.  Il suo vero nome (o il  suo altro nome) è Sylvain Ben-ouaich.  Uno che ha lavorato  come uomo della security per la ditta vinicola Baron Edmond de Rotschild, nonché, per 12 anni, per lo Israel Export Institute, una agenzia del governo sionista, che è stata a lungo diretta da Rafi Eitan, un leggendario dirigente del Mossad. (Per vedere il suo video e il suo profilo di fanatico israeliano, qui: http://ift.tt/2a0eOKb). Ricordo   che anche il giorno della strage “islamista” di Charlie Hebdo, il primo video col telefonino fu preso – da chi? Nelle prime ore, si disse: da Amchai Stein. Nientemeno che il vicedirettore della tv israeliana Channel 1, che si disse, s’era rifugiato sul  tetto. Poi la notizia è scomparsa, e si è dichiarato autore del video tale Martin Boudot, giornalista di agenzia, precario,  che dice di essere andato a trovare quel giorno l’agente di guardia a Charlie Hebdo, suo amico di sempre . Che  quel giorno  non c’era.
Anche al Bataclàn
Il sangue è ancor fresco quando la foto è stata scattataAnche nella spaventosa strage del Bataclàn  c’è stata una “firma”  israeliana. E’in quella che pare esser l’unica foto dell’interno  del teatro, sparso di cadaveri tra fiumi di sangue, un’immagine orrenda che, dopo, è  stata mostrata solo sfocata.  Chi ha diffuso per primo quella foto? La fonte più strana: Israel Hatzolah, il gruppo  – con sede a Gerusalemme –  di soccorritori ultra-sionisti che, spesso, vediamo intervenire (con la kippah e i cernecchi) a portare i feriti in attentati in Israele.  Ma come mai uno dei volontari si trovava all’interno del Bataclàn subito dopo la strage? (per tutti i particolari  vedere qui: http://ift.tt/1XkgChB). Così informati, torniamo al nostro esperto che era a Breitscheidplatz  pochi minuti prima che avvenisse la strage.   Lo ha raccontato il Juedische Allgemeine, giornale ebraico di Berlino: http://ift.tt/2hWbL9e Lo stesso giornale poi intervista l’esperto, e gli chiede: “Cosa la Germania può imparare da Israele” nella lotta al terrorismo islamico? Shlomo Shpiro – consulente anche della NATO per il terrorismo (come farlo?).http://ift.tt/2hBcJqq “Fare  come Israele”,   “impariamo da Israele”, è il leitmotiv  che è risonato anche dopo la strage di Nizza. “Facciamo come in Israele. Ognuno diventi sentinella “ Dureghello  (presidente della Comunità ebraica romana). Civiltà in pericolo. Va > alzata l’attenzione da parte di tutti” di Filippo Caleri (Il Tempo, > 18 luglio 2016)_ “Finalmente, con anni di ritardo, molti comprendono in Italia e in   Europa che l’unico modo per ridurre – non per annullare – la minaccia terroristica è imparare dagli israeliani, che convivono da sempre con  un terrorismo islamico feroce, ma sanno contrastarlo e contenerlo come  nessuno al mondo” (Meno comfort e privacy valgono il prezzo della  libertà”  Carlo Panella (il  famoso neocon)  (Libero, 21 luglio 2016): “Dovete tutti sentirvi parte di un esercito in guerra di Fausto  Carioti (Libero, 21 luglio 2016): «… “Sicurezza negli aeroporti: perché adottare il sistema israeliano ”  di  Gabriele Mirabella (Voci di Città, 22 luglio 2016). Sono solo alcuni dei titoli che sono apparsi sui media italici subito dopo l’attentato di Nizza  (potrei mettercene dozzine).  Quanto agli articoli, il tono è- come definirlo? – pubblicitario.  Sono  consigli per  gli  acquisti della   insuperabile security che Israele ha sviluppato nella repressione alla resistenza palestinese. Ecco un esempio di pubblicità. “L’efficacia di questo sistema risiede principalmente nell’abilità di  un personale di sicurezza altamente qualificato più che nell’utilizzo  accentuato dei body scanner o di qualche altro macchinario  all’avanguardia. Poco importa se i passeggeri sono costretti ad   attendere tre ore prima di imbarcarsi, passando attraverso ben cinque  livelli di sicurezza, se ciò significa assicurare l’incolumità  fisica di fronte alla minaccia globale del terrorismo…”. E pullulano   ditte (start up) che vendono la sicurezza  alla israeliana con grande successo, tutte fatte da ex militari o mossadiani. Una di queste   appartiene a Marco Carrai,  l’amico israeliano di Matteo Renzi, o il suo “controllo”….   Ma non precorriamo i  tempi. E’ certo che  la  security israeliana  – ovviamente creata e gestita da “ex” agenti del Mossad  dotati di esperienza  repressiva –   è un gran business. O può esserlo, se nell’opinione pubblica  europea si crea un  sufficiente allarme per il terrorismo. “Dovete tutti sentirvi parte di un esercito in guerra”, e allora chiederete al governo di comprare  il know how israeliano.  A caro  prezzo, ma che importa? Ne va  della  vostra vita. Ora non fatemi dire che coloro che  propongono la rinomata juden-security  possono benissimo anche provocare gli attentati terroristici – come forma di marketing.  E che il Mossad lo sa e può fare senza il minimo scrupolo, come ha già dimostrato più volte nella storia.  Se avete questa idea, io me ne dissocio con forza. Mi limito a ricordare  che pochi mesi prima della strage islamica del 14 luglio,  Olivier Rafowic, colonnello della riserva di Tsahal,   si trovava a Nizza con una “equipe  israeliana” proprio per “valutare”  la sicurezza della città; l’ha trovata scarsa, e quindi ha proposto al Comune  un  ottimo sistema di juden-security chiavi-in-mano. L’ha spiegato lo stesso colonnello   Rafowic alla tv i24, israeliana- francese: http://ift.tt/2a63eiO Si doveva anche tenere un congresso di israeliani, proprio a Nizza. Un convegno internazionale sulla sicurezza  e le sue falle, più volte rimandato, e infine cancellato dopo la strage del 14 luglio. Guardate qui gli organizzatori: http://ift.tt/2hBfUOV Boaz Ganor, il rettore della Lauder School of Government and Diplomacy at the Interdisciplinary Center.   Fondatore e direttore esecutivo International Policy Institute for Counter-Terrorism,  è anche membro della  Israel’s National Committee for Homeland Security Technologies. Un lettore del sito  francese  ha commentato: “Sembra la Mafia che propone ‘protezione’ a  un commerciante,   che se non paga il pizzo  trova le vetrine del negozio rotte…”.  Ma è un’idea mostruosamente cospirativa e antisemita, da cui tutti noi  ci dissociamo con forza. Forse  questo articolo richiederà un’altra puntata, sul lato  italiano della cyber security. Per intanto buon Natale  a tutti, e godetevi la narrativa mediatica. Originale, con video: http://ift.tt/2hmiM6a http://ift.tt/2iYdzBT
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thebutcher-5 · 2 years
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Across the River - Oltre il guado
Across the River – Oltre il guado
Benvenuti o bentornati sul nostro blog. Nello scorso articolo abbiamo continuato a parlare di horror e ci siamo spostati in Inghilterra e più precisamente negli anni ’60 per discutere di un film antologico, Le cinque chiavi del terrore. La storia inizia con cinque sconosciuti dentro lo scompartimento di un treno. Vengono raggiunti da un sesto individuo, un uomo che afferma di poter leggere il…
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