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#Resistenza Italiana
gregor-samsung · 15 days
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" Il fascismo non era, come credevano i liberali, una parentesi, una malattia pur grave ma non mortale, bensì l'esplosione virulenta di mali endemici dello sviluppo della società italiana (la mancata Riforma, il Risorgimento rivoluzione fallita, il trasformismo della classe dirigente dopo l'Unità, la prima rivoluzione industriale avvenuta a vantaggio del Nord e a danno del Sud), e di vizi cronici del popolo italiano (cinismo, indifferenza, «o Francia o Spagna purché si magna», e prima di tutto il proprio «particulare»): anche Rosselli avrebbe ripetuto il giudizio di Gobetti, per cui il fascismo è stato «l'autobiografia di una nazione che rinuncia alla lotta politica, che ha il culto dell'unanimità, che rifugge dall'eresia, che sogna il trionfo della facilità, della fiducia e dell'entusiasmo».* Ma non era neppure, come credevano i comunisti, un momento necessario e finale del grande conflitto storico tra la borghesia nell'ultima fase imperialistica e il proletariato nella sua prima fase rivoluzionaria, bensì l'espressione catastrofica e insieme irrazionale di una grande crisi di civiltà, in cui non soltanto l'Italia e la Germania ma tutto il mondo civile era stato coinvolto. Se solo un fatto rivoluzionario poteva mettere fine al fascismo, questo fatto doveva dar vita a un regime diverso tanto dalla democrazia liberale prefascista quanto dal comunismo sovietico. Questo fatto rivoluzionario era la Resistenza, purché fosse intesa non come guerra di liberazione nazionale e neppure come guerra di classe, ma come guerra popolare attraverso cui avviene non soltanto lo scardinamento del regime prefascista a cominciare dall'istituto monarchico, ma anche la rigenerazione di un popolo oppresso da secoli di governi di rapina: come guerra politica (non soltanto militare o civile) che, proprio in quanto guerra politica, avrebbe addestrato il popolo alla nuova democrazia. Uno dei compiti in cui si riconobbero la maggior parte dei gruppi che parteciparono alla Resistenza sotto l'insegna del Partito d'Azione fu quello della trasformazione della guerra di liberazione nazionale in «rivoluzione democratica», o altrimenti lo sbocco della Resistenza in una nuova società in cui fossero poste le premesse per l'attuazione di una «democrazia integrale». "
*Carlo Rosselli, Socialismo liberale, Torino, 1979, p. 117.
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Norberto Bobbio, Profilo ideologico del Novecento italiano, Garzanti (collana gli elefanti / saggi), 1990, pp. 183-184.
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dearsoandso · 15 days
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Buona festa della Liberazione a tuttɜ.
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Ungaretti
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clacclo · 2 months
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Daniele Silvestri Le cose in comune & Resistenza (mashup con Fulminacci)
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spilladabalia · 1 year
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Jolanda Insana, 3 agosto 2012 Fosdinovo (MS)
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italianiinguerra · 1 year
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Stragi partigiane: 5 maggio 1945, l'eccidio di Valdobbiadene
Siamo nei primi giorni del maggio 1945, qualche giorno prima, precisamente il 25 aprile il Comitato di Liberazione Nazionale ha proclamato l’insurrezione generale contro le forze di occupazione tedesche e le autorità della Repubblica Sociale Italiane-. Con le forze americane che hanno sfondato la linea gotica e le forze britanniche che avanzano ormai senza quasi incontrare resistenza sul fronte…
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nomeutenteerrato · 20 days
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« Giacomo Matteotti fu assassinato da sicari fascisti il 10 di giugno del 1924. Lo attesero sotto casa in cinque, tutti squadristi venuti da Milano, professionisti della violenza assoldati dai più stretti collaboratori di Benito Mussolini. L'onorevole Matteotti, il segretario del Partito Socialista Unitario, l'ultimo che in Parlamento ancora si opponeva a viso aperto alla dittatura fascista, fu sequestrato in pieno centro di Roma, in pieno giorno, alla luce del sole.
Si batté fino all'ultimo, come lottato aveva per tutta la vita. Lo pugnalarono a morte, poi ne scempiarono il cadavere. Lo piegarono su sé stesso per poterlo ficcare dentro una fossa scavata malamente con una lima da fabbro.
Mussolini fu immediatamente informato. Oltre che del delitto, si macchiò dell'infamia di giurare alla vedova che avrebbe fatto tutto il possibile per riportarle il marito. Mentre giurava, il Duce del fascismo teneva i documenti insanguinati della vittima nel cassetto della sua scrivania.
In questa nostra falsa primavera, però, non si commemora soltanto l'omicidio politico di Matteotti; si commemorano anche le stragi nazifasciste perpetrate dalle SS tedesche, con la complicità e la collaborazione dei fascisti italiani, nel 1944.
Fosse Ardeatine, Sant'Anna di Stazzema, Marzabotto. Sono soltanto alcuni dei luoghi nei quali i demoniaci alleati di Mussolini massacrarono a sangue freddo migliaia di inermi civili italiani. Tra di essi centinaia di bambini e perfino di infanti. Molti furono addirittura arsi vivi, alcuni decapitati. Queste due concomitanti ricorrenze luttuose, primavera del '24, primavera del '44, proclamano che il fascismo è stato lungo tutta la sua esistenza storica - non soltanto alla fine o occasionalmente - un irredimibile fenomeno di sistematica violenza politica omicida e stragista.
Lo riconosceranno, una buona volta, gli eredi di quella storia? Tutto, purtroppo, lascia pensare che non sarà così.
Il gruppo dirigente post-fascista, vinte le elezioni nell'ottobre del 2022, aveva davanti a sé due strade: ripudiare il suo passato neo-fascista oppure cercare di riscrivere la storia. Ha indubbiamente imboccato la seconda via.
Dopo aver evitato l'argomento in campagna elettorale, la Presidente del Consiglio, quando costretta ad affrontarlo dagli anniversari storici, si è pervicacemente attenuta alla linea ideologica della sua cultura neofascista di provenienza: ha preso le distanze dalle efferatezze indifendibili perpetrate dal regime (la persecuzione degli ebrei) senza mai ripudiare nel suo insieme l'esperienza fascista, ha scaricato sui soli nazisti le stragi compiute con la complicità dei fascisti repubblichini, infine ha disconosciuto il ruolo fondamentale della Resistenza nella rinascita italiana (fino al punto di non nominare mai la parola "antifascismo" in occasione del 25 aprile 2023).
Mentre vi parlo, siamo di nuovo alla vigilia dell'anniversario della Liberazione dal nazifascismo. La parola che la Presidente del Consiglio si rifiutò di pronunciare palpiterà ancora sulle labbra riconoscenti di tutti i sinceri democratici, siano essi di sinistra, di centro o di destra. Finché quella parola - antifascismo - non sarà pronunciata da chi ci governa, lo spettro del fascismo continuerà a infestare la casa della democrazia italiana. »
- Antonio Scurati
Monologo (censurato dalla Rai), ma qui per condividerlo perché: antifascismo sempre!
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ilfascinodelvago · 20 days
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Ecco il testo integrale del monologo di Antonio Scurati sul 25 aprile, censurato dalla Rai:
"Giacomo Matteotti fu assassinato da sicari fascisti il 10 di giugno del 1924. Lo attesero sottocasa in cinque, tutti squadristi venuti da Milano, professionisti della violenza assoldati dai più stretti collaboratori di Benito Mussolini.
L’onorevole Matteotti, il segretario del Partito Socialista Unitario, l’ultimo che in Parlamento ancora si opponeva a viso aperto alla dittatura fascista, fu sequestrato in pieno centro di Roma, in pieno giorno, alla luce del sole.
Si batté fino all’ultimo, come lottato aveva per tutta la vita. Lo pugnalarono a morte, poi ne scempiarono il cadavere. Lo piegarono su se stesso per poterlo ficcare dentro una fossa scavata malamente con una lima da fabbro.
Mussolini fu immediatamente informato. Oltre che del delitto, si macchiò dell’infamia di giurare alla vedova che avrebbe fatto tutto il possibile per riportarle il marito. Mentre giurava, il Duce del fascismo teneva i documenti insanguinati della vittima nel cassetto della sua scrivania.
In questa nostra falsa primavera, però, non si commemora soltanto l’omicidio politico di Matteotti; si commemorano anche le stragi nazifasciste perpetrate dalle SS tedesche, con la complicità e la collaborazione dei fascisti italiani, nel 1944.
Fosse Ardeatine, Sant’Anna di Stazzema, Marzabotto. Sono soltanto alcuni dei luoghi nei quali i demoniaci alleati di Mussolini massacrarono a sangue freddo migliaia di inermi civili italiani. Tra di essi centinaia di bambini e perfino di infanti. Molti furono addirittura arsi vivi, alcuni decapitati.
Queste due concomitanti ricorrenze luttuose �� primavera del ’24, primavera del ’44 – proclamano che il fascismo è stato lungo tutta la sua esistenza storica – non soltanto alla fine o occasionalmente – un irredimibile fenomeno di sistematica violenza politica omicida e stragista. Lo riconosceranno, una buona volta, gli eredi di quella storia?
Tutto, purtroppo, lascia pensare che non sarà così. Il gruppo dirigente post-fascista, vinte le elezioni nell’ottobre del 2022, aveva davanti a sé due strade: ripudiare il suo passato neo-fascista oppure cercare di riscrivere la storia. Ha indubbiamente imboccato la seconda via.
Dopo aver evitato l’argomento in campagna elettorale, la Presidente del Consiglio, quando costretta ad affrontarlo dagli anniversari storici, si è pervicacemente attenuta alla linea ideologica della sua cultura neofascista di provenienza: ha preso le distanze dalle efferatezze indifendibili perpetrate dal regime (la persecuzione degli ebrei) senza mai ripudiare nel suo insieme l’esperienza fascista, ha scaricato sui soli nazisti le stragi compiute con la complicità dei fascisti repubblichini, infine ha disconosciuto il ruolo fondamentale della Resistenza nella rinascita italiana (fino al punto di non nominare mai la parola “antifascismo” in occasione del 25 aprile 2023).
Mentre vi parlo, siamo di nuovo alla vigilia dell’anniversario della Liberazione dal nazifascismo. La parola che la Presidente del Consiglio si rifiutò di pronunciare palpiterà ancora sulle labbra riconoscenti di tutti i sinceri democratici, siano essi di sinistra, di centro o di destra.
Finché quella parola – antifascismo – non sarà pronunciata da chi ci governa, lo spettro del fascismo continuerà a infestare la casa della democrazia italiana".
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cutulisci · 20 days
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Giacomo Matteotti fu assassinato da sicari fascisti il 10 di giugno del 1924. Lo attesero sottocasa in cinque, tutti squadristi venuti da Milano, professionisti della violenza assoldati dai più stretti collaboratori di Benito Mussolini. L’onorevole Matteotti, il segretario del Partito Socialista Unitario, l’ultimo che in Parlamento ancora si opponeva a viso aperto alla dittatura fascista, fu sequestrato in pieno centro di Roma, in pieno giorno, alla luce del sole. Si batté fino all’ultimo, come lottato aveva per tutta la vita. Lo pugnalarono a morte, poi ne scempiarono il cadavere. Lo piegarono su se stesso per poterlo ficcare dentro una fossa scavata malamente con una lima da fabbro. Mussolini fu immediatamente informato. Oltre che del delitto, si macchiò dell’infamia di giurare alla vedova che avrebbe fatto tutto il possibile per riportarle il marito. Mentre giurava, il Duce del fascismo teneva i documenti insanguinati della vittima nel cassetto della sua scrivania. In questa nostra falsa primavera, però, non si commemora soltanto l’omicidio politico di Matteotti; si commemorano anche le stragi nazifasciste perpetrate dalle SS tedesche, con la complicità e la collaborazione dei fascisti italiani, nel 1944. Fosse Ardeatine, Sant’Anna di Stazzema, Marzabotto. Sono soltanto alcuni dei luoghi nei quali i demoniaci alleati di Mussolini massacrarono a sangue freddo migliaia di inermi civili italiani. Tra di essi centinaia di bambini e perfino di infanti. Molti furono addirittura arsi vivi, alcuni decapitati. Queste due concomitanti ricorrenze luttuose – primavera del ’24, primavera del ’44 – proclamano che il fascismo è stato lungo tutta la sua esistenza storica – non soltanto alla fine o occasionalmente – un irredimibile fenomeno di sistematica violenza politica omicida e stragista. Lo riconosceranno, una buona volta, gli eredi di quella storia? Tutto, purtroppo, lascia pensare che non sarà così. Il gruppo dirigente post-fascista, vinte le elezioni nell’ottobre del 2022, aveva davanti a sé due strade: ripudiare il suo passato neo-fascista oppure cercare di riscrivere la storia. Ha indubbiamente imboccato la seconda via. Dopo aver evitato l’argomento in campagna elettorale, la Presidente del Consiglio, quando costretta ad affrontarlo dagli anniversari storici, si è pervicacemente attenuta alla linea ideologica della sua cultura neofascista di provenienza: ha preso le distanze dalle efferatezze indifendibili perpetrate dal regime (la persecuzione degli ebrei) senza mai ripudiare nel suo insieme l’esperienza fascista, ha scaricato sui soli nazisti le stragi compiute con la complicità dei fascisti repubblichini, infine ha disconosciuto il ruolo fondamentale della Resistenza nella rinascita italiana (fino al punto di non nominare mai la parola “antifascismo” in occasione del 25 aprile 2023). Mentre vi parlo, siamo di nuovo alla vigilia dell’anniversario della Liberazione dal nazifascismo. La parola che la Presidente del Consiglio si rifiutò di pronunciare palpiterà ancora sulle labbra riconoscenti di tutti i sinceri democratici, siano essi di sinistra, di centro o di destra. Finché quella parola – antifascismo – non sarà pronunciata da chi ci governa, lo spettro del fascismo continuerà a infestare la casa della democrazia italiana
monologo di Antonio #Scurati sul 25 aprile, censurato dalla Rai
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falcemartello · 2 months
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della vita politica italiana, con particolare riferimento agli ultimi due inquilini del Quirinale.
Si tratta di parole il cui tenore letterale non è equivocabile, tanto è chiaro.
Parole pesanti come macigni perché Juncker è stato presidente della Commissione dal 2014 al 2019 e presidente dell’Eurogruppo dal 2005 al 2013.
Due crocevia fondamentali per la gestione della crisi finanziaria del 2009 e della crisi del debito del 2011-2012, che hanno messo in serio pericolo la tenuta dell’unione monetaria e della stessa #UE.
Juncker ricorda che “Vi sono personalità italiane che mi hanno profondamente marcato – risponde –.
Prima di tutto, Carlo Azeglio #Ciampi, uomo saggio e ponderato, ma anche Giorgio #Napolitano.
In questi anni di dibattiti feroci, gli italiani hanno dimostrato finezza nello scegliere i loro presidenti che si sono sempre differenziati dalla maggioranza delle personalità politiche italiane per la loro serietà e per la loro capacità a riflettere oltre la loro persona. Non amavano la combinazione, ma l’armonia”. In francese, il termine combinazione si riferisce al bizantinismo della politica italiana, agli accordi sottobanco, all’opportunismo fine a sé stesso.
“Con Giorgio #Napolitano e poi con Sergio #Mattarella, che appartiene alla schiera dei presidenti che ho appena citato, ho spesso negoziato, non dico in segreto ma senza troppa pubblicità, quando avevo dei problemi con i primi ministri italiani.
O meglio, quando i primi ministri italiani avevano dei problemi con il presidente della commissione europea.
Amavo i miei scambi con Giorgio Napolitano. Ascoltando le sue descrizioni della vita dall’interno del governo italiano sono diventato uno specialista di cose che non dovevo sapere…”.
Si tratta di parole pronunciate non da uno di passaggio, ma da chi ha cominciato a frequentare i corridoi e le stanze dei bottoni di #Bruxelles circa 40 anni fa, i cui ricordi potrebbero riempire più di un libro.
Ma sentirsi dire che, quando i primi ministri italiani avevano problemi con la Commissione, lui “negoziava” (in segreto, o meglio, senza troppa pubblicità) con Napolitano e Mattarella è come fare entrare un elefante in una cristalleria.
A quale tipo di problemi si riferisce?
Forse a qualche tentativo di resistenza del governo Berlusconi e del suo ministro Giulio Tremonti, rispetto a soluzioni di politica economica che hanno zavorrato il nostro Paese per 10 anni?
Oppure all’indecente pressione esercitata.
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gregor-samsung · 7 months
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" Abbiamo sempre saputo e sappiamo che l’avanzata delle classi lavoratrici e della democrazia sarà contrastata con tutti i mezzi possibili dai gruppi sociali dominanti e dai loro apparati di potere. E sappiamo, come mostra ancora una volta la tragica esperienza cilena, che questa reazione antidemocratica tende a farsi più violenta e feroce quando le forze popolari cominciano a conquistare le leve fondamentali del potere nello Stato e nella società. Ma quale conclusione dobbiamo trarre da questa consapevolezza? Forse quella, proposta da certi sciagurati, di abbandonare il terreno democratico e unitario per scegliere un’altra strategia fatta di fumisteria, ma della quale è comunque chiarissimo l’esito rapido e inevitabile di un isolamento dell’avanguardia e della sua sconfitta? Noi pensiamo, al contrario, che, se i gruppi sociali dominanti puntano a rompere il quadro democratico, a spaccare in due il paese e a scatenare la violenza reazionaria, questo deve spingerci ancora più a tenere saldamente nelle nostre mani la causa della difesa delle libertà e del progresso democratico, a evitare la divisione verticale del paese e a impegnarci con ancora maggiore decisione, intelligenza e pazienza a isolare i gruppi reazionari e a ricercare ogni possibile intesa e convergenza fra tutte le forze popolari. È vero che neppure l’attuazione coerente di questa linea da parte dell’avanguardia rivoluzionaria esclude l’attacco reazionario aperto. Ma chi può contestare che essa lo rende più difficile e crea comunque le condizioni più favorevoli per respingerlo e stroncarlo sul nascere? "
Brano tratto da Via democratica e violenza reazionaria, articolo di Enrico Berlinguer pubblicato il 5 ottobre 1973 su Rinascita, periodico politico-culturale del Partito Comunista Italiano.
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3nding · 20 days
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Testo del monologo di Scurati censurato dalla Rai
"Lo attesero sotto casa in cinque, tutti squadristi venuti da Milano, professionisti della violenza assoldati dai più stretti collaboratori di Benito Mussolini. L’onorevole Matteotti, il segretario del Partito Socialista Unitario, l’ultimo che in Parlamento ancora si opponeva a viso aperto alla dittatura fascista, fu sequestrato in pieno centro di Roma, in pieno giorno, alla luce del sole. Si batté fino all’ultimo, come lottato aveva per tutta la vita. Lo pugnalarono a morte, poi ne scempiarono il cadavere. Lo piegarono su se stesso per poterlo ficcare dentro una fossa scavata malamente con una lima da fabbro. Mussolini fu immediatamente informato. Oltre che del delitto, si macchiò dell’infamia di giurare alla vedova che avrebbe fatto tutto il possibile per riportarle il marito. Mentre giurava, il Duce del fascismo teneva i documenti insanguinati della vittima nel cassetto della sua scrivania. In questa nostra falsa primavera, però, non si commemora soltanto l’omicidio politico di Matteotti; si commemorano anche le stragi nazifasciste perpetrate dalle SS tedesche, con la complicità e la collaborazione dei fascisti italiani, nel 1944. Fosse Ardeatine, Sant’Anna di Stazzema, Marzabotto. Sono soltanto alcuni dei luoghi nei quali i demoniaci alleati di Mussolini massacrarono a sangue freddo migliaia di inermi civili italiani. Tra di essi centinaia di bambini e perfino di infanti. Molti furono addirittura arsi vivi, alcuni decapitati. Queste due concomitanti ricorrenze luttuose – primavera del ’24, primavera del ’44 – proclamano che il fascismo è stato lungo tutta la sua esistenza storica – non soltanto alla fine o occasionalmente – un irredimibile fenomeno di sistematica violenza politica omicida e stragista. Lo riconosceranno, una buona volta, gli eredi di quella storia? Tutto, purtroppo, lascia pensare che non sarà così. Il gruppo dirigente post-fascista, vinte le elezioni nell’ottobre del 2022, aveva davanti a sé due strade: ripudiare il suo passato neo-fascista oppure cercare di riscrivere la storia. Ha indubbiamente imboccato la seconda via. Dopo aver evitato l’argomento in campagna elettorale, la Presidente del Consiglio, quando costretta ad affrontarlo dagli anniversari storici, si è pervicacemente attenuta alla linea ideologica della sua cultura neofascista di provenienza: ha preso le distanze dalle efferatezze indifendibili perpetrate dal regime (la persecuzione degli ebrei) senza mai ripudiare nel suo insieme l’esperienza fascista, ha scaricato sui soli nazisti le stragi compiute con la complicità dei fascisti repubblichini, infine ha disconosciuto il ruolo fondamentale della Resistenza nella rinascita italiana (fino al punto di non nominare mai la parola ‘antifascismo’ in occasione del 25 aprile 2023). Mentre vi parlo, siamo di nuovo alla vigilia dell’anniversario della Liberazione dal nazifascismo. La parola che la Presidente del Consiglio si rifiutò di pronunciare palpiterà ancora sulle labbra riconoscenti di tutti i sinceri democratici, siano essi di sinistra, di centro o di destra. Finché quella parola – antifascismo – non sarà pronunciata da chi ci governa, lo spettro del fascismo continuerà a infestare la casa della democrazia italiana".
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fridagentileschi · 3 months
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LE FOIBE E PERTINI
Pertini e' ritenuto da molti, troppi, il miglior presidente d'Italia e sapete perche'? Perche' ai mondiali di calcio del 1982 alzo' la coppa vinta dall'Italia in quell'occasione!!!
Nella realta' questo essere non si e' mai ritenuto italiano e per l'Italia non fece mai nulla. Au contraire! Fece un discorso il 31 dicembre alla nazione con un bambino arabo di Gaza....tanto per abituarci alla futura invasione progettata dai comunisti come lui...
Ma raccontare gli orrori di Pertini -come raccomandare lo stupro delle italiane durante la seconda guerra mondiale e stupratore lui stesso...e' davvero lungo...qui ve lo voglio raccontare in relazione alla tragedia delle Foibe e di Porzûs che agli inizi degli anni '80 erano solo appena sussurrate negli ambienti della destra extraparlamentare e completamente ignorate dalla storiografia ufficiale, comunista-partigiana. Parlare di queste tragedie che imbrattavano l'ideologia della Resistenza si rischiava di essere bollati fascisti e revisionisti. Esattamente come oggi.
Ebbene, Tito, il dittatore jugoslavo comunista, morì nel 1980. L'allora presidente Sandro Pertini — il presidente più amato dagli italiani... e credo dagli ex jugoslavi — anziché restarsene al Quirinale, andò a rendergli omaggio, ignorando (si fa per dire) del tutto quel che accadde nell'Istria tra il '43 e il '45. Ignorando la tragedia delle Foibe e quanto i comunisti, sotto gli ordini diretti di Tito, combinarono a danno degli italiani, colpevoli solo di essere italiani. Nessun capo di Stato che avesse avuto un minimo di senso nazionale avrebbe mai reso omaggio al macellaio del suo popolo. Ma Sandro Pertini lo fece. E non si limitò a rendergli omaggio con la sua presenza, ma baciò persino il suo feretro e la bandiera nel quale era avvolto.
Questo fece Sandro Pertini, nonostante le urla di sangue e dolore degli infoibati e degli esuli che fuggirono dall'Istria e Dalmazia. E questo fu solo un episodio (forse il più eclatante). Da bravo socialista partigiano, appartenente alla vecchia scuola (quella di Nenni e Matteotti), Pertini concesse persino la Grazia a Mario Toffanin, altrimenti noto come il 'Giacca'. Un partigiano che durante la guerra aveva compiuto (con la complicità di altri partigiani comunisti) la strage di Porzûs per la quale, nel 1954, la Corte d'Assise di Lucca lo aveva condannato all'ergastolo. Pena a cui erano stati sommati altri trent'anni di reclusione per sequestro di persona, rapina aggravata, estorsione e concorso in omicidio aggravato e continuato. Mario Toffanin, tuttavia, non sconterà mai queste pene, perché riuscirà a riparare in Jugoslavia, godendo persino della pensione italiana che la Grazia di Pertini gli aveva permesso di percepire dall'estero (l'ex partigiano infatti non rientrerà mai più in Italia).
Che differenza c'e' tra lui e Napolitano? Tra lui e i nazisti?
Che vergogna la memoria corta degli italiani...
Che questa giornata della memoria possa re-insegnare la storia agli italiani, e mettere finalmente Pertini la' dove merita, nell'elenco dei criminali!
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limoniacolazione · 15 days
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Prima di addormentarsi, Guillaume ieri notte mi ha detto "buon 25 aprile, Cocchina". Con tutti gli amici ci siamo scambiati messaggi di viva la libertà, io ho ri-uscito il libro delle lettere dei condannati a morte della resistenza italiana, come da tradizione, mi sono rimemorata gli ultimi saluti di giovani più giovani di me, ma con ideali giganti che li proiettavano in un futuro diverso, libero dall'oppressore.
Dirsi antifascisti mica è difficile, quando non s'è fascisti.
Viva i partigiani, Viva la libertà.
Ciau.
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angelap3 · 15 days
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Chi liberò veramente l’Italia
25 aprile liberazione
Si può celebrare in tanti modi la Liberazione dell’Italia nel 1945 ma ci sono dati, numeri e vite che non si possono smentire e che sono la base necessaria e oggettiva per dare una giusta dimensione storica all’evento. Dunque, per la Liberazione dell’Italia morirono nel nostro Paese circa 90mila soldati americani, sepolti in 42 cimiteri su suolo italiano, da Udine a Siracusa. Secondo i dati dell’Anpi, l’associazione dei partigiani, furono 6882 i partigiani morti in combattimento.
Ricavo questi dati da una monumentale ricerca storica, in undici volumi raccolti in cofanetto, dedicata a La liberazione alleata d’Italia 1943-45 (Pensa ed.), basata sui Report of Operations di diversi reggimenti statunitensi, gli articoli del settimanale Yank dell’esercito americano e i reportage dell’Associated press. E naturalmente la ricerca storica vera e propria. Più un’ampia documentazione fotografica. L’autore è lo storico salentino Gianni Donno, già ordinario di Storia contemporanea, che ha analizzato i Reports of Operations in originale, mandatigli (a pagamento) da Golden Arrow Military Research, scannerizzati dall’originale custodito negli Archivi nel Pentagono. L’opera ha una doppia, autorevole prefazione di Piero Craveri e di Giampiero Berti e prende le mosse dallo sbarco di Salerno.
Secondo Donno, non certo di simpatie fasciste, il censimento dell’Anpi è “molto discutibile” ma già quei numeri ufficiali rendono le esatte proporzioni dei contributi. Facciamo la comparazione numerica: per ogni partigiano caduto in armi ci furono almeno 13 soldati americani caduti per liberare l’Italia. Senza considerare i dispersi americani che, insieme ai feriti, furono circa 200mila. E il conto risuona in modo ancora più stridente se si comparano i 120mila militari tedeschi caduti in Italia, soprattutto nelle grandi battaglie (Cassino, Anzio e Nettuno) contro gli Alleati e sepolti in gran parte in quattro cimiteri italiani.
Naturalmente, diverso è parlare di vittime italiane della guerra civile, fascisti e no, di cui esiste un’ampia documentazione, da Giorgio Pisanò a Giampaolo Pansa, per citare le ricerche più scomode e famose. Ma non sto parlando di fascismo e guerra civile, bensì di Liberazione d’Italia, ovvero di chi ha effettivamente liberato l’Italia dai tedeschi o se preferite dai “nazifascisti”.
Pur avendo un giudizio storico molto diverso dalla vulgata ufficiale e istituzionale, confesso una cosa: avrei voluto dire il contrario, che l’Italia fu liberata dalla Resistenza, dalla lotta di liberazione, dall’insurrezione popolare degli italiani contro l’invasore. Avrei preferito, da italiana, dire che furono loro a battere i tedeschi, fino a sgominarli, come suggerisce la narrazione ufficiale e permanente del nostro Paese. Ma non è così; e se non bastassero i giudizi storici, la conoscenza di eventi e battaglie, le sottaciute testimonianze della gente, bastano quei numeri, quella sproporzione così evidente di morti, di caduti sul campo per confermarlo. Furono gli alleati angloamericani, sul campo, a battere i tedeschi; senza considerare il ruolo decisivo che ebbero i bombardamenti aerei degli alleati sulle nostre città stremate e sulle popolazioni civili per piegare l’Italia e separarla dal nefasto alleato tedesco. Si può aggiungere che la liberazione d’Italia sarebbe avvenuta con ogni probabilità anche senza l’apporto dei partigiani; mentre l’inverso, dati alla mano, è impensabile. Dunque la Resistenza può conservare un forte significato sul piano simbolico e si possono narrare singoli episodi, imprese e protagonisti meritevoli di essere ricordati; ma sul piano storico non si può davvero sostenere, alla luce dei fatti e dei numeri, che fu la Resistenza a liberare l’Italia. Nella migliore delle ipotesi è mito di fondazione, pedagogia di massa, retorica di Stato. Il mito della resistenza di cui scrisse uno storico operaista di sinistra radicale come Romolo Gobbi.
Per essere precisi, la Liberazione non si concluse il 25 aprile a Milano come narra l’apologetica resistenziale, ma l’ultima, aspra battaglia tra alleati e tedeschi, sostiene Donno, si combatté nel comune di San Pietro in Cerro, nel piacentino, tra il 27 e 28 aprile. A San Pietro c’era anche il regista americano John Huston, inviato col grado di Capitano, a girare docufilm. Ma i filmati erano così duri che gli Alti comandi americani decisero di non diffonderli fra le truppe se non in versione edulcorata.
Sulle lapidi dei cimiteri di guerra disseminati tra Siracusa e Udine, censiti da Massimo Coltronari, ci sono nomi di soldati e ufficiali hawaiani, australiani, neozelandesi, perfino maori, indiani e nepalesi, francesi e marocchini, polacchi, greci, anche qualche italiano del Corpo italiano di liberazione, e poi brasiliani, belgi, militi della brigata ebraica; ma la stragrande maggioranza sono americani, caduti sul suolo italiano. Molti erano di origine italiana: si chiamavano Ferrante, Lovascio, Gualtieri, Rivera, Valvo, Pizzo, Mancuso, Capano, Quercio, Colantuonio, Barrolato, Barone…
“È stata e continua ad essere – dice Donno – una grande opera di mascheramento della “verità” quando non di falsificazione… i miei volumi hanno l’ambizione di rompere questa cortina di latta (che, ammaccata dappertutto, tuttora sopravvive nella discarica del tempo) facendo emergere dati e fatti oscurati ed ignorati”. Naturalmente possono divergere i giudizi tra chi considera gli alleati come benefattori e liberatori, chi come occupanti e nuovi invasori; chi avrebbe preferito che fossero stati i sovietici a liberarci; e chi si limita a considerarli combattenti, soldati in guerra e non eroi, soccorritori o invasori. La memorialistica sulla liberazione d’Italia minimizza e trascura l’apporto americano; invece, sottolinea Craveri, è evidente che furono loro i protagonisti della liberazione d’Italia.
La verità, vi prego, sull’onore.
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viendiletto · 3 months
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Bibliografia
A. Colella, L’esodo dalle terre adriatiche – Rilevazioni statistiche, Opera per l’Assistenza ai Profughi Giuliani e Dalmati, 1958
A. Santin, Al tramonto. Ricordi autobiografici di un vescovo, 1978
L. Vivoda, L’esodo da Pola - agonia e morte di una città italiana, Nuova LitoEffe, 1989
S. Cella, La liberazione negata. L’azione del Comitato di Liberazione Nazionale dell’Istria, Tipografia Del Bianco, 1990
R. Pupo, Venezia Giulia 1945. Immagini e problemi, Editrice Goriziana, 1992
S. Cella, Dal plebiscito negato all’esodo, ANVGD Gorizia, 1993
G. Perselli, I Censimenti della popolazione dell’Istria, con Fiume e Trieste, e di alcune città della Dalmazia tra il 1850 e il 1936, 1993
E. Bettiza, Esilio, Mondadori, 1996
R. Pupo, Violenza politica tra guerra e dopoguerra: foibe, deportazioni ed esodo delle popolazioni istriane e dalmate (1943-1956), in «Annali/Museo storico italiano della guerra», 1997
N. Milani, A. M. Mori, Bora. Istria, il vento dell’esilio, Marsilio, 1998
G. Nemec, Un paese perfetto. Storia e memoria di una comunità in esilio: Grisignana d’Istria (1930-1960), LEG Edizioni, 1998
F. Rocchi, L’esodo dei 350mila Giuliani Fiumani e Dalmati, Difesa Adriatica, 1998
F. Salimbeni, Le foibe, un problema storico, Unione degli Istriani, 1998
L. Vivoda, Campo profughi giuliani Caserma Ugo Botti, Istria Europa, 1998
N. Luxardo, Dietro gli scogli di Zara, Editrice Goriziana, 1999
A. Petacco, L’esodo, Mondadori, 1999
R. Spazzali, Epurazione di frontiera: le ambigue sanzioni contro il fascismo nella Venezia Giulia 1945-1948, LEG Edizioni, 2000
G. Rumici, Fratelli d’Istria: 1945-2000, italiani divisi, Ugo Mursia, 2001
M. Brugna, Memoria negata. Crescere in un centro raccolta profughi per esuli giuliani, Condaghes, 2002
G. Oliva, Foibe. Le stragi negate degli italiani della Venezia Giulia e dell’Istria, Mondadori, 2002
G. Rumici, Infoibati (1943-1945): i nomi, i luoghi, i testimoni, i documenti, Ugo Mursia, 2002
R. Pupo, R. Spazzali, Foibe, Mondadori, 2003
R. Marsetič, I bombardamenti alleati su Pola 1944-1945, 2004
E. Ratzenberger, Via Volta 2. Un’infanzia a Fiume, Edizioni Biografiche, 2005
G. Crainz, Il dolore e l’esilio. L’Istria e le memorie divise d’Europa, Donzelli, 2005
E. Miletto, Con il mare negli occhi. Storia, luoghi e memorie dell’esodo istriano a Torino, Franco Angeli, 2005
G. Paiano, La memoria degli Italiani di Buie d’Istria, 2005
M. Cattaruzza, L’Italia e il confine orientale, Il Mulino, 2007
L. Giuricin, La memoria di Goli Otok - Isola Calva, 2007
E. Miletto, Istria allo specchio. Storia e voci di una terra di confine, Franco Angeli, 2007
E. Rover, Cronache istriane di un esule, L. G. Ambrosini & C. Tipografia Editrice, 2008
G. Rumici, O. Mileta Mattiuz, Chiudere il cerchio. Memorie giuliano-dalmate. Primo volume: dall’inizio del Novecento al Secondo conflitto mondiale, ANVGD Gorizia - Mailing List HISTRIA, 2008
P. Sardos Albertini, Il rumore del silenzio: la storia dimenticata dell’Adriatico orientale, 2008
S. Tazzer, Tito e i rimasti. La difesa dell’identità italiana in Istria, Fiume e Dalmazia, Libreria Editrice Goriziana, 2008
R. Turcinovich Giuricin, La giustizia secondo Maria. Pola 1947: la donna che sparò al generale brigadiere Robert W. De Winton, Del Bianco Editore, 2008
L. Vivoda, Quel lungo viaggio verso l’esilio, Istria Europa, 2008
G. Rumici, M. Cuzzi, R. Spazzali, Istria, Quarnero, Dalmazia: storia di una regione contesa dal 1796 alla fine del XX secolo, LEG Edizioni, 2009
E. Miletto, Arrivare da lontano. L’esodo istriano, fiumano e dalmata nel biellese, nel Vercellese e in Valsesia, Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea nelle province di Biella e Vercelli “Cino Moscatelli”, 2010
G. Rumici, O. Mileta Mattiuz, Chiudere il cerchio. Memorie giuliano-dalmate. Secondo volume: il Secondo conflitto mondiale, ANVGD Gorizia - Mailing List HISTRIA, 2010
G. Oliva, Esuli. Dalle foibe ai campi profughi: la tragedia degli italiani di Istria, Fiume, Dalmazia, Mondadori, 2011
G. Nemec, Nascita di una minoranza. Istria 1947-1965: storia e memoria degli italiani rimasti nell’area istro-quarnerina, 2012
G. Rumici, O. Mileta Mattiuz, Chiudere il cerchio. Memorie giuliano-dalmate. Terzo volume: L’immediato dopoguerra, ANVGD Gorizia - Mailing List HISTRIA, 2012
L. Vivoda, In Istria prima dell’Esodo. Autobiografia di un esule da Pola, Istria Europa, 2012
V. Facchinetti, Protagonisti senza protagonismo. La storia nella memoria di giuliani, istriani, fiumani e dalmati nel mondo, La Mongolfiera, 2014
V. Petaros Jeromela, 11 luglio 1920: l’incidente di Spalato e le scelte politico-militari, 2014
R. Turcinovich Giuricin, … e dopo semo andadi via, Edizioni Laguna – ANVGD Gorizia, 2014
F. Molinari, Istria contesa. La guerra, le foibe, l’esodo, Ugo Mursia, 2015
G. Nemec, Dopo venuti a Trieste. Storie di esuli giuliano-dalmati attraverso un manicomio di confine 1945-1970, Alpha & Beta, 2015
A. Cuk, Cuori senza frontiere: il cinema del confine orientale, 2016
E. Varutti, Italiani d’Istria, Fiume e Dalmazia esuli in Friuli 1943-1960, 2017
O. Moscarda Oblak, Il “Potere Popolare” in Istria. 1945-1953, 2017
A. Cuk, La città dolente, Alcione Editore, 2020
R. Turcinovich Giuricin, R. Poletti, Tutto ciò che vidi. Parla Maria Pasquinelli. 1943-1945 fosse comuni, foibe, mare, Oltre Edizioni, 2020
R. Pupo, Adriatico amarissimo. Una lunga storia di violenza, Laterza, 2021
G. La Perna, Pola Istria Fiume 1943-1945. L’agonia di un lembo d’Italia e la tragedia delle foibe, Ugo Mursia, 2022
R. Pupo, Il lungo esodo: Istria : le persecuzioni, le foibe, l’esilio, Rizzoli, 2022
R. Spazzali, Pola. Città perduta. L’agonia, l’esodo (1945-47), Ares, 2022
R. Turcinovich Giuricin, Esuli due volte: dalle proprie case, dalla propria patria, Oltre Edizioni, 2022
E. Dionis Bernobi, Una vita appesa a un filo, 2023
R. Spazzali, Il disonore delle armi: Settembre 1943: l’armistizio e la mancata difesa della frontiera orientale italiana, Ares, 2023
E. Varutti, La patria perduta. Vita quotidiana e testimonianze sul Centro di Raccolta Profughi giuliano-dalmati di Laterina (1946-1963), Aska Edizioni, 2023
Documenti e articoli
Le vittime di nazionalità italiana a Fiume e dintorni (1939-1947) – Zrtve talijanske nacionalnosti u rijeci i okolici (1939-1947)
Mappa ed elenco delle foibe
Grido dell’Istria, n° 20, 21 e 41
Arnaldo Harzarich, l’angelo delle foibe
Documentari, incontri e lezioni
Adriatico amarissimo. La stagione delle fiamme e la stagione delle stragi
Conferenze del giovedì dell’ANVGD di Milano
Da quella volta non l’ho rivista più. Incontro con Raoul Pupo
Esodo. L’Italia dimenticata
Esodo. La memoria tradita
Istria: il ricordo che brucia (1, 2)
Le Foibe
Le foibe, l’esodo e la catastrofe dell’italianità adriatica
Il tempo del ricordo. Le foibe e l’esodo istriano-giuliano-dalmata
Vergarolla
Filmati storici
Martiri italiani. Le foibe del Carso (1946)
L’esodo da Pola. La salma di Nazario Sauro a Venezia (1947)
L’esodo degli italiani da Pola (1947)
Pola addio (1947)
Pola, una città che muore (1947)
Le condizioni dei profughi giuliani accolti a Roma (1948)
Fertilia (1949)
Piccoli profughi giuliani (1951)
A Sappada con i piccoli profughi giuliani (1952)
Siti utili
Archivio de L’Arena di Pola
Associazione Dalmati Italiani nel Mondo – Libero Comune di Zara in Esilio
Associazione delle Comunità Istriane
Associazione Fiumani Italiani nel Mondo – Libero Comune di Fiume in Esilio
Associazione Giuliani nel Mondo
Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia
Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia – Comitato Provinciale di Bologna
Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia – Comitato Provinciale di Udine
Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia – Comitato Provinciale di Venezia
Associazione Triestini e Goriziani in Roma
Centro di Documentazione Multimediale della Cultura Giuliana, Istriana, Fiumana e Dalmata
Centro di ricerche storiche Rovigno
Circolo di Cultura Istroveneta “Istria”
Comitato 10 Febbraio
Comunità di Lussinpiccolo
Coordinamento Adriatico
Deputazione di Storia Patria
Elio Varutti
FederEsuli
Fondazione Giorgio Perlasca – Le Foibe e l’Esodo
Fondazione Rustia-Traine
Istituto Regionale per la Cultura Istriano-fiumano-dalmata
L’Arena di Pola – Libero Comune di Pola in Esilio
Lega Nazionale
Mailing List Histria
Società Dalmata di Storia Patria
Società di Studi Fiumani
Unione degli Istriani – Libera Provincia dell’Istria in Esilio
Unione Italiana
Università Popolare di Trieste
Romanzi d’autori istro-quarnerini e dalmati
P. A. Quarantotti Gambini, La rosa rossa (1937)
E. Bettiza, Il fantasma di Trieste (1958)
F. Tomizza, Materada (1960)
F. Tomizza, La ragazza di Petrovia (1963)
F. Tomizza, Il bosco di acacie (1963)
P. A. Quarantotti Gambini, I giochi di Norma (1964)
P. A. Quarantotti Gambini, Le redini bianche (1967)
F. Tomizza, L’albero dei sogni (1969)
F. Tomizza, La torre capovolta (1971)
F. Tomizza, La quinta stagione (1975)
F. Tomizza, La miglior vita (1977)
F. Tomizza, Il male viene dal Nord (1984)
L. Zanini, Martin Muma (1990)
N. Milani, Una valigia di cartone (1991)
E. Bettiza, Esilio (1996)
M. Madieri, Verde acqua. La Radura (1998)
G. Fiorentin, Chi ha paura dell’uomo nero? (2000)
F. Tomizza, La visitatrice (2000)
F. Tomizza, Il sogno dalmata (2001)
E. Bettiza, Il libro perduto (2005)
F. Molinari, L’isola del Muto. Storia del pescatore dalmata che parlava ai gabbiani (2006)
A. M. Mori, Nata in Istria (2006)
N. Milani, Racconti di guerra (2008)
L. Toth, La casa di calle San Zorzi (2008)
L. Zanini, Martin Muma (2008)
R. Turcinovich Giuricin, S. De Franceschi, Una raffica all’improvviso, navigando lungo le coste dell’Istria e Quarnero (2011)
L. Toth, Spiridione Lascarich – Alfiere della Serenissima (2011)
A. M. Mori, L’anima altrove (2012)
E. Bettiza, La distrazione (2013)
N. Milani, La bacchetta del direttore (2013)
N. Milani, Lo spiraglio (2017)
L. Toth, Il disertore dalmata (2018)
N. Milani, Di sole, di vento e di mare (2019)
N. Milani, Cronaca delle Baracche (2021)
E. Mestrovich, A Fiume, un’estate (2022)
R. Turcinovich Giuricin, Di questo mar che è il mondo… (2023)
Pellicole cinematografiche e spettacoli teatrali
La città dolente (1949)
Cuori senza frontiere (1950)
Magazzino 18 (2013)
Red Land Rosso Istria (2018)
La rosa dell’Istria (2024)
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