Tumgik
#Strategia della tensione in Italia
gregor-samsung · 2 years
Text
“ Con la legge 4 maggio 2007, n. 56 è stato [...] varato un ulteriore “giorno della memoria”, dedicato alle vittime del terrorismo. Nel presentarlo, il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano parlò di un pubblico “riconoscimento che l’Italia da tempo doveva alle vittime del terrorismo”, per “colmare un vuoto di memoria storica e di attenzione umana e civile”. I risultati immediati non furono particolarmente significativi. Dopo la sua approvazione infatti, attraverso le prefetture, i comuni furono invitati a far conoscere al governo le eventuali iniziative assunte in merito; in provincia di Torino, su 315 comuni, solo quello del capoluogo rispose all’invito! Nel corso del dibattito parlamentare, rimbalzarono accenni alla cosiddetta “legge Nassiriya” del 2004, per unificare il ricordo di “tutte le vittime del terrorismo interno e in parte del terrorismo internazionale” (Marco Boato richiamò una sua proposta di legge a favore delle vittime della strage di Kindu, un eccidio che risaliva al novembre del 1961). Si chiesero atti riparatori nei confronti di ogni specie di terrorismo, quello stragista ovviamente, poi quelli di sinistra, di destra, di stampo politico-mafioso, di matrice internazionale. Si proposero diverse ricorrenze, tra le quali appunto il 23 maggio (strage di Capaci, in cui morirono Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e tre agenti di scorta), o il 12 novembre (strage di Nassiriya in Iraq, con ventitré militari italiani uccisi). La discussione più accesa riguardò due diverse opzioni politiche, culturali, storiografiche, per due date diverse: il 9 maggio, giorno dell’assassinio di Aldo Moro, quella che fu effettivamente scelta, e il 12 dicembre, quella che figurava invece nella prima proposta di legge presentata il 29 novembre 2006 dall’Unione familiari vittime per stragi (che comprendeva le Associazioni delle stragi di piazza Fontana, piazza della Loggia, treno Italicus, stazione di Bologna del 2 agosto 1980, Rapido 904, Firenze via dei Georgofili) insieme all’Associazione memoria dei caduti per fatti di terrorismo delle forze dell’ordine e dei magistrati. Nelle motivazioni avanzate dai sostenitori del 12 dicembre (“furono anche i cittadini semplici, impegnati nella vita quotidiana che vennero colpiti, subendo lo stravolgimento della loro vita, del modo di stare insieme e, nonostante ciò, reagirono, non accettarono quella violenza, respinsero il ricatto terroristico e si costituirono in associazioni per non far dimenticare il senso di quella violenza, le sue ragioni, le sue sofferenze. Da piazza Fontana in poi furono i cittadini che reagirono unitariamente, cioè al di là delle sigle o dei gruppi di appartenenza e bloccarono i vari tentativi di stravolgere e condizionare la democrazia italiana a fronte delle ambiguità, delle inefficienze e della connivenza di parte dello Stato”), ricorrevano non solo l’orrore e lo sgomento per la strage ma anche la fierezza di una risposta immediata, di uno strenuo impegno civile per la difesa della democrazia: “Non dobbiamo dimenticare le moltitudini di persone che hanno partecipato ai funerali e alle manifestazioni dopo le varie stragi a Milano, Brescia, Bologna, Firenze e Napoli: alle ambiguità delle autorità è stata contrapposta una risposta ferma e decisa dei lavoratori e dei cittadini che in prima persona hanno impedito che con le stragi si arrivasse a stravolgere l’ordinamento repubblicano”. Tutte queste ragioni furono però disattese. “
Giovanni De Luna, Le ragioni di un decennio 1969-1979. Militanza, violenza, sconfitta, memoria, Feltrinelli Editore (collana Universale Economica / Storia n° 2282), 2011 (1ª ed.ne 2009); pp. 148-150.
4 notes · View notes
ilblogdellestorie · 5 months
Text
Tumblr media
Alle 16 e 37 del 12 dicembre del 1969, un giorno freddo e nebbioso, una bomba esplode nella Banca nazionale dell'Agricoltura in piazza Fontana a Milano, dove erano in corso le contrattazioni del mercato agricolo e del bestiame, causando 17 morti e oltre 80 feriti. Sono passati 54 anni da quella strage, che ha segnato l’inizio della “strategia della tensione” in Italia: un attentato di cui esiste – dopo anni di processi – una verità storica, ma senza che siano mai state accertate le responsabilità personali di esecutori, mandanti e depistatori. Proprio dal cratere scavato dall'esplosivo di Piazza Fontana prende il titolo il podcast e la serie di Flavio Tranquillo "Il Buco nero: storia critica delle strategie della paura", un viaggio dentro stragi, terrorismo e violenza politica del primo mezzo secolo del dopoguerra.
21 notes · View notes
anchesetuttinoino · 14 days
Text
Tumblr media
Ma guarda, proprio adesso, dagli USA, ci dicono che la Russia vuole attaccare l'Europa
E' sicuramente un caso.
E' un caso che ormai l'Ucraina la guerra l'ha persa malamente.
E' sempre un caso che fra un mese ci sono le inutili elezioni europee, quelle che i sondaggi vedono strabordante un unico partito: quello degli astensionisti.
Solita vecchia strategia, molto in voga anche in Italia negli anni 70.
Si aumenta la tensione per cercare il consenso, per mezzo della paura, dipingendo l'EU come entità buona e giusta, ma vittima dei cattivoni russi. Patetici, ripetitivi e senza fantasia.
Conosciuta la strategia applicata, è evidente un fatto: se mai ci saranno attentati, saranno dei false flag.
Il nemico degli europei non parla russo: è l'EU, guidata ormai senza freni, dagli USA.
rainews.it
🔗 In_Telegram_Veritas
11 notes · View notes
crazy-so-na-sega · 3 months
Text
hanno sciolto i cani?
Tumblr media
Una nuova strategia della tensione su scala europea: hanno sciolto i cani…
Per chiunque sia concentrato esclusivamente nella situazione della sua nazione è difficile cogliere la delicatezza e l’insidia del momento attuale.
L’inquisizione antifascista (o antinazionale) ha raggiunto livelli che non si conoscevano da decenni. Vengono vietate non solo le manifestazioni politicamente scorrette, ma perfino le commemorazioni. La propaganda dei media sta sbandierando un pericolo fascista del tutto assurdo. 
Intanto si organizzano e colpiscono bande armate internazionali. Limitandoci a quanto ufficialmente stabilito nei processi, ci sono stati 18 tentati omicidi in Germania e 9 in Ungheria ad opera degli antifa. Gli imputati sono incompatibili per il carcere secondo i giudici tedeschi. In Grecia sono stati arrestati degli anarchici dopo attentati all’esplosivo – con vittime – e, benché siano stati trovati in possesso dei timer, sono stati rilasciati per insufficienza di prove. 
Sembra di rivivere la nascita della strategia della tensione degli anni settanta in Italia, ma su scala europea. 
Cui prodest?
-Kulturaeuropa
11 notes · View notes
vintagebiker43 · 1 year
Text
ANTOLOGIA MACABRA
Il Ministro dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste, Francesco Lollobrigida, evoca la teoria complottista e razzista della sostituzione etnica (19 aprile). Ma poi, stupito delle reazioni inorridite, ci rassicura: tranquilli, la mia è solo ignoranza (20 aprile).
Il Ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, dopo approfondite ricerche sulla storia del pensiero politico, scopre che il fondatore della destra in Italia è Dante Alighieri (14 gennaio), mescolando con signorile nonchalance il grande intellettuale medievale con concetti del moderno pensiero politologico e, perché no, un po’ di capre e un po’ di cavoli.
Il Ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, individua la vera causa che porta milioni di persone a scappare dalla loro terra: il problema non va cercato nel periodo coloniale che ha sconvolto le società che l’hanno subito, e neanche nelle guerre spesso fomentate dal mondo ricco, né, tanto meno, nel cambiamento climatico; il problema è l’opinione pubblica italiana (25 marzo) che, evidentemente, deve essere raddrizzata, in un modo o nell’altro. Lo stesso Ministro ci informa anche che i veri colpevoli della morte di tanti bambini nei viaggi della disperazione sono i loro genitori (27 febbraio) che non li fanno viaggiare su comode e sicure imbarcazioni. Negare i problemi e trovare un colpevole, uno qualunque.
Il Ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, ci rende partecipi della sua personalissima teoria pedagogica: per i bambini che non si conformano allo standard, lo strumento educativo migliore è l’umiliazione (21 novembre). Signor Ministro, alcuni miei amici e io consideriamo questa affermazione aberrante e ritengono che un’educazione fondata sull’umiliazione formi tanti piccoli nazisti, non menti libere e aperte, sia cioè la negazione dell’educazione stessa. Ma, come dice lei Ministro, forse il nostro pensiero è roba vecchia, figlio del periodo dell’”egemonia culturale della sinistra gramsciana che è destinata a cessare” (28 dicembre) (non voglio sapere, per il momento, come pensa di farla cessare). Adesso siamo nell’anno primo dell’era … (già, di quale era?) e tutto è cambiato.
Intanto, il Presidente del Senato, Ignazio La Russa, riscrive la storia dell’attentato di via Rasella e, con un colpo di bacchetta magica, trasforma i nazisti invasori stragisti in una innocua banda musicale di pensionati (31 marzo) e i partigiani in assassini di quegli allegri musicanti.
Il Presidente della Camera dei Deputati, Lorenzo Fontana, persona gentile e equilibrata, storpiandone il cognome in Bàkelet, ci fa intendere di non aver mai sentito parlare dell’omicidio di Vittorio Bachelet sulle scale della Sapienza, degli anni di piombo e del più ampio problema della strategia della tensione che ha segnato, forse fino ai giorni nostri, la storia italiana (20 aprile).
Sembra un’antologia di umorismo macabro, ma sono dichiarazioni dei più alti rappresentanti delle istituzioni. La verità è menzogna e la menzogna è verità. Forse ha ragione il Ministro Lollobrigida, è solo questione di ignoranza (20 aprile). L’ignoranza, di per sé, non è una colpa. Ma l’ignoranza, che spesso fa rima con arroganza, unita al potere, è un’arma di distruzione di massa, innanzitutto di massa cerebrale.
Ma il problema ancor più serio è che – mi pare – ci stiamo assuefacendo ad ascoltare queste parole prive di senso, o dotate di un senso macabro, restando indifferenti. Questa assuefazione, questa indifferenza è ciò che fa paura. E’ importante, oggi più che mai, ricordarci l’un l’altro e insegnare ai giovani che le menzogne non sono opinioni, che i crimini sono crimini, che il bene comune è superiore al bene individuale, che i confini sono punti di contatto, che i bambini sono sacri e non possono essere piegati attraverso umiliazioni senza distruggerli. E che il conflitto fra valori di vita e disvalori di morte non ha niente a che fare con la normale dialettica democratica.
@Riccardo Cuppini
11 notes · View notes
mercantedispezie · 2 years
Text
Livia, sono gli occhi tuoi pieni che mi hanno folgorato un pomeriggio andato al cimitero del Verano. Si passeggiava, io scelsi quel luogo singolare per chiederti in sposa – ti ricordi? Sì, lo so, ti ricordi. Gli occhi tuoi pieni e puliti e incantati non sapevano, non sanno e non sapranno, non hanno idea. Non hanno idea delle malefatte che il potere deve commettere per assicurare il benessere e lo sviluppo del Paese. Per troppi anni il potere sono stato io. La mostruosa, inconfessabile contraddizione: perpetuare il male per garantire il bene. La contraddizione mostruosa che fa di me un uomo cinico e indecifrabile anche per te, gli occhi tuoi pieni e puliti e incantati non sanno la responsabilità. La responsabilità diretta o indiretta per tutte le stragi avvenute in Italia dal 1969 al 1984, e che hanno avuto per la precisione 236 morti e 817 feriti. A tutti i familiari delle vittime io dico: sì, confesso. Confesso: è stata anche per mia colpa, per mia colpa, per mia grandissima colpa. Questo dico anche se non serve. Lo stragismo per destabilizzare il Paese, provocare terrore, per isolare le parti politiche estreme e rafforzare i partiti di Centro come la Democrazia Cristiana l’hanno definita “Strategia della Tensione” – sarebbe più corretto dire “Strategia della Sopravvivenza”. Roberto, Michele, Giorgio, Carlo Alberto, Giovanni, Mino, il caro Aldo, per vocazione o per necessità ma tutti irriducibili amanti della verità. Tutte bombe pronte ad esplodere che sono state disinnescate col silenzio finale. Tutti a pensare che la verità sia una cosa giusta, e invece è la fine del mondo, e noi non possiamo consentire la fine del mondo in nome di una cosa giusta. Abbiamo un mandato, noi. Un mandato divino. Bisogna amare così tanto Dio per capire quanto sia necessario il male per avere il bene. Questo Dio lo sa, e lo so anch’io.
12 notes · View notes
paoloxl · 2 years
Photo
Tumblr media
(via Ferentino 27 settembre 1970: la morte "strana" di Cinque anarchici del Sud - Osservatorio Repressione)
Nella notte tra il 26 e 27 settembre del 1970, proprio nel momento di passaggio all’ora legale, una Mini minor targata Reggio Calabria, finiva sotto un camion, sul tratto autostradale Napoli-Roma, a 58 km dalla capitale. Morivano Angelo Casile, Gianni Aricò, Franco Scordo, Luigi Lo Celso, giovanissimi anarchici calabresi, i primi tre reggini. Annalise Borth, tedesca, compagna di Gianni Aricò, veniva ricoverata al San Camillo a Roma, dove morirà venti giorni dopo.
Per molto tempo si parlò di un incidente e molti strani e inquietanti elementi che avrebbero dovuto portare a investigare, non furono presi in considerazione: la polizia politica (sic!) arrivò venti minuti dopo l’incidente, furono prelevati tutti i diari, block notes e documenti dei giovani anarchici e mai restituiti alle famiglie, il camion che provocò l’impatto mortale aveva i fari spenti perché non funzionanti. La procura di Roma chiuse immediatamente il caso e non se ne parlò più finché negli anni ’90 il giudice Salvini riaprì il capitolo delle stragi di Stato e, grazie alle confessioni di un pentito (tale Lauro), scoprì che a Gioia Tauro il 22 luglio del 1970 il deragliamento del Treno del Sole, dove morirono sei persone e ci furono ben 139 feriti, non era stato un incidente. Rientrava a pieno titolo nella strategia della tensione: vennero presi gli esecutori ma, come al solito, non i mandanti, come per tutte le altre stragi di quegli anni in cui i servizi segreti (è un ossimoro definirli “deviati”) hanno avuto la regia.
Questi giovani anarchici stavano portando a Roma un dossier che riguardava proprio il deragliamento del treno e, a quanto abbiamo appreso negli ultimi anni, anche alcune informazioni importanti che riguardavano Junio Valerio Borghese e il suo tentativo di golpe.
Nel mese di settembre del 1970 Angelo Casile aveva incontrato a Palermo Mauro de Mauro, pochi giorni prima che il direttore dell’Ora di Palermo fosse fatto fuori dalla mafia siciliana. Angelo riferì che gli aveva rivelato che stava indagando su un possibile colpo di Stato in Italia.
Nessuno gli credette o lo prese in considerazione, compreso il sottoscritto. Sembravano fantasie di compagni ossessionati da quello che era successo in Grecia con il golpe dei colonnelli. Così come Gianni Aricò che disse alla madre «abbiamo scoperto cose che faranno tremare l’Italia», e lo ripeté a chi scrive, sembrava ci fosse un po’ di megalomania, malgrado le continue minacce che subivano al telefono avrebbero dovuto allarmarci.
Oggi sappiamo che era tutto vero e che questi giovani anarchici del Sud sono vittime di una strage di Stato, come quella del treno fatto deragliare a Gioia Tauro, che il presidente Mattarella ha ricordato quest’anno nel cinquantesimo.
Questa storia è stata raccontata per la prima volta da Fabio Cuzzola nel 2001 (Cinque anarchici del Sud, città del sole ed.) e ristampata, con un ricco aggiornamento, oggi dalla Castelvecchi. È una storia che ha una rilevanza nazionale perché in quell’estate del 1970 scoppiava la rivolta di Reggio per il capoluogo, che veniva strumentalizzata dal Msi sul piano politico, ma che, come emerge dal libro di Cuzzola, vedeva costituirsi, per la prima volta, una nefasta alleanza tra ‘ndrangheta, destra eversiva, massoneria, servizi segreti, italiani e stranieri. Un’alleanza tragica per il nostro paese che ha prodotto stragi, lutti, e un arretramento del quadro politico proprio nel momento che più forti erano i movimenti per il superamento di questo modo di produzione capitalistico.
Un’alleanza che nasce sul terreno di una piccola città del profondo Sud e che dei giovani anarchici, da soli, avevano cercato di smascherare, mettendo a rischio la propria vita per un’ideale di libertà e giustizia. Andrebbero ricordati per questo nei libri di storia come ci ricordiamo di quelli che spesero la loro vita per liberarci dal nazifascismo.
Tonino Perna
da il manifesto
13 notes · View notes
cinquecolonnemagazine · 10 months
Text
La strage di via D'Amelio e il senso della memoria
Il 19 luglio, giorno in cui ricorre l'anniversario della strage di via D'Amelio, a Palermo è un giorno da segnare sul calendario. C'è una memoria da celebrare. C'è un momento che vede le migliori energie di una città impegnate per mantenere l'attenzione alta sul tema mafia. Quest'anno non è così. In genere dopo tanti anni anche i fatti più sconcertanti tendono a sbiadire nella memoria e la tensione emotiva cala. Per la strage di via D'Amelio, come quella di Capaci, la strada è un'altra: il caso politico che, come tale, divide. La strage di via D'Amelio 31 anni fa Sono passati 57 giorni dalla strage di Capaci. Un attentato senza precedenti che ha scosso un intero Paese. Sia Giovanni Falcone che Paolo Borsellino erano consapevoli del destino che li attendeva e quel tritolo esploso in autostrada ne era stata un'ulteriore conferma. La vita per Borsellino aveva ripreso a scorrere con lo stesso impegno di sempre e quella domenica era andato a far visita alla madre come di consuetudine. Lo scenario che si aprì agli occhi degli inquirenti appena giunti sul posto fu raccapricciante. Il senso di sconforto che nacque si allargò da Palermo a tutta Italia in pochi istanti. Chi non ricorda le parole di Antonino Caponnetto dopo l'ultimo saluto a Paolo Borsellino: "E' finito tutto...". Dal pool antimafia all'abolizione del concorso esterno in associazione mafiosa Grazie al magistrato siciliano era, infatti, nato il cosiddetto pool antimafia, una nuova strategia nella lotta alla mafia nata grazie a un'idea di Rocco Chinnici. I punti di forza di questa strategia erano il coordinamento tra i magistrati, la possibilità di raccordare le diverse inchieste. Grazie a questa metodologia, i magistrati fecero grandi passi in avanti nella lotta alla mafia. Ricostruirono la struttura di Cosa Nostra, istruirono un maxiprocesso per crimini di mafia. Nacque il cosiddetto metodo Falcone che seguiva i flussi di denaro per individuare le attività criminali di Cosa Nostra. Con l'istruzione del maxiprocesso Falcone e Borsellino configurarono una nuova fattispecie di reato che era il concorso esterno in associazione mafiosa. Con questa tipologia di reato si andavano a colpire le persone che favorivano la mafia pur non essendone parte. La memoria tra le polemiche A essere precisi il concorso esterno in associazione mafiosa non è una fattispecie di reato quanto una creazione giurisprudenziale. Uno strumento che nel tempo i magistrati hanno utilizzato per andare a colpire quella rete di connivenze che aveva contribuito in maniera fattiva allo sviluppo della mafia. Parliamo di imprenditori, parliamo di politici. Grazie a questo strumento fu individuata la prassi del cosiddetto voto di scambio che assicurava nelle amministrazioni locali (e non solo) la presenza di politici appoggiati dalla mafia. Quello stesso strumento che oggi il ministro della Giustizia Carlo Nordio vuole abolire. Inondato dalle critiche, il ministro ha precisato che in realtà vuole riformarlo poiché così com'è stato concepito può generare confusione e soprattutto si affida troppo alla discrezionalità del giudice. Le precisazioni non sono bastate a placare le polemiche arrivate soprattutto dal fratello del giudice Borsellino, Salvatore, e dalle associazioni che operano sul territorio come il Movimento delle Agende Rosse. Il timore è che questa riforma segni un clamoroso passo indietro nella lotta alla mafia. Salvatore Borsellino ha dichiarato alla manifestazione di oggi non accoglierà politici che fanno parte del governo e chiesto alla premier Meloni di prendere le distanze dal ministro Nordio. La giornata sarà scandita da due manifestazioni: la prima organizzata dallo stesso Salvatore Borsellino e dalle Agende Rosse che vedrà la partecipazione di Cgil, partiti, associazioni e movimenti di sinistra. Il corteo prenderà il via alle 15 dall'albero Falcone e arriverà a via D'Amelio dove, alle 16.58 (ora della deflagrazione) saranno ricordare le vittime sulle note del silenzio. La seconda sarà la fiaccolata organizzata dalla Destra che si snoderà da piazza Vittorio Veneto a via D'Amelio a partire dalle 20. Che senso ha la memoria se non è condivisa? La lotta alla mafia è un dovere politico non una bandiera da sventolare. In copertina foto di Nat Aggiato da Pixabay Read the full article
2 notes · View notes
marcoleopa · 2 years
Text
Il memorabile intervento del senatore Roberto Scarpinato al Senato. Lo riportiamo integralmente. Da incorniciare
"Noi siamo le nostre scelte On.le Meloni, e lei ha scelto da tempo da che parte stare"
"Signora Presidente del Consiglio, il 22 ottobre scorso Lei e i suoi ministri avete prestato giuramento di fedeltà alla Costituzione.
Molti indici inducono a dubitare che tale giuramento sia stato sorretto da una convinta e totale condivisione dei valori della Costituzione e dell’impianto antifascista e democratico che ne costituisce l’asse portante.
Sono consapevole che nel corso della campagna elettorale, lei Signora Presidente ha testualmente dichiarato: “la destra italiana ha consegnato il fascismo alla storia ormai da decenni, condannando senza ambiguità la privazione della democrazia e le infami leggi anti-ebraiche”.
Concetto che ha ribadito nelle sue dichiarazioni programmatiche.
Tuttavia lei sa bene che il fascismo non è stato solo un regime politico consegnato alla storia della prima metà del Novecento, ma è anche un’ideologia che è sopravvissuta al crollo della dittatura e all’avvento della Repubblica, assumendo le forme del neofascismo.
Un neofascismo che si è declinato anche nella costituzione di formazioni politiche variamente denominate che sin dai primi albori della Repubblica hanno chiamato a raccolta e hanno coagulato tutte le forze più reazionarie del paese per sabotare e sovvertire la Costituzione del 1948, anche con metodi violenti ed eversivi, non esitando ad allearsi in alcuni frangenti persino con la mafia.
Un neofascismo eversivo del nuovo ordine repubblicano che è stato coprotagonista della strategia della tensione attuata anche con una ininterrotta sequenza di stragi che non ha uguali nella storia di nessun altro paese europeo, e che ha vilmente falcidiato le vite di tanti cittadini innocenti, considerati carne da macello da sacrificare sull’altare dell’obiettivo politico di sabotare l’attuazione della Costituzione o peggio, di stravolgerla instaurando una repubblica presidenziale sull’onda dell’emergenza.
Ebbene non è a mio parere certamente indice di convinta adesione ai valori della Costituzione, la circostanza che Lei e la sua parte politica sino ad epoca recentissima abbiate significativamente eletto a figure di riferimento della vostra attività politica, alcuni personaggi che sono stati protagonisti del neofascismo e tra i più strenui nemici della nostra Costituzione.
Mi riferisco, ad esempio, a Pino Rauti, fondatore nel 1956 di Ordine Nuovo che non fu solo centro di cultura fascista, ma anche incubatore di idee messe poi in opera nella strategia della tensione da tanti soggetti, alcuni dei quali riconosciuti con sentenze definitive autori delle stragi neofasciste che hanno insanguinato il nostro paese, tra i quali, per citare solo alcuni esempi, mi limito a ricordare Franco Freda, Giovanni Ventura, Carlo Digilio, Carlo Maria Maggi, Maurizio Tremonti, tutti gravitanti nell’area di Ordine Nuovo.
A proposito di padri nobili e di figure di riferimento, mi pare inquietante che il 14 aprile del 2022 il deputato di Fratelli di Italia Federico Mollicone abbia organizzato nella sala capitolare di questo Senato un convegno dedicato alla memoria del generale Gianadelio Maletti, capo del reparto controspionaggio del Sid negli anni ‘70, condannato con sentenza definitiva a 18 mesi di reclusione per favoreggiamento dei responsabili della strage di Piazza Fontana del 12 dicembre 1969 che causò 17 morti e 88 feriti e che diede avvio al periodo stragista della strategia della tensione.
Proprio i depistaggi delle indagini posti in essere in quella strage e in tante altre stragi da personaggi come il generale Maletti, hanno garantito sino ad oggi l’impunità di mandanti ed esecutori, segnando l’impotenza dello Stato italiano a rendere giustizia alle vittime e verità al Paese.
Ebbene il deputato Mollicone ha definito il generale Maletti come un “uomo dello Stato che ha sempre osservato l’appartenenza alla divisa”.
Dinanzi a simili affermazioni, viene da chiedersi, Presidente Meloni, quale sia l’idea di Stato della sua parte politica.
Lo Stato di Giovanni Falcone, di Paolo Borsellino, e di tante altre figure esemplari che hanno sacrificato le loro vite per difendere la nostra Costituzione, oppure lo Stato occulto di personaggi come Maletti, traditori della Costituzione, che hanno garantito l’impunità dei mandanti eccellenti di tante stragi e dato assistenza e copertura agli esecutori neofascisti?
E mi sembrano coerenti con il suo quadro di valori di ascendenza neofascista, antinomici a quelli costituzionali, alcune significative iniziative politiche da Lei assunte nel recente passato.
Mi riferisco, ad esempio, al suo sostegno nel 2018 alla proposta di legge di abolire la legge 25 giugno 1993, n. 205 (c.d. legge Mancino) che punisce con la reclusione chi pubblicamente esalta i metodi del fascismo e le sue finalità antidemocratiche.
E ancora, a proposito della incoerenza del suo quadro di valori con quelli costituzionali, mi pare significativa la sua proposta di abrogare il reato di tortura subito dopo che tale reato fu introdotto dal legislatore il 14 luglio 2017, a seguito della sentenza di condanna del nostro paese emessa dalla Corte Europea dei diritti dell’Uomo per le violenze ed i pestaggi posti in essere dalle Forze di Polizia alla Scuola Diaz in occasione del G8 svoltosi nel luglio del 2001 a Genova.
La sua parte politica definì testualmente tale nuovo reato “una infamia” e lei Presidente Meloni dichiarò che il reato di tortura impediva agli agenti di fare il proprio lavoro.
Ho citato tali precedenti perché sia chiaro che non bastano né la sua presa di distanza dal Fascismo storico, né la cortese e labiale condiscendenza del neo Presidente del Senato Ignazio La Russa al discorso di apertura dei lavori del nuovo Senato della senatrice Liliana Segre, vittima della violenza fascista, per dichiarare chiusi i conti con il passato ed inaugurare una stagione di riconciliazione nazionale, che sarà possibile solo se e quando questo paese avrà piena verità per le tutte le stragi del neofascismo e quando dal vostro Pantheon politico saranno definitivamente esclusi tutti coloro che a vario titolo si resero corresponsabili di una stagione di violenza politica che costituì l’occulta prosecuzione della violenza fascista nella storia repubblicana.
Un paese che rimuove il suo passato dietro la coltre della retorica, quella retorica di stato che Leonardo Sciascia definiva il sudario dietro il quale si celano le piaghe purulente della Nazione, è un paese di democrazia incompiuta e malata, sempre esposto al pericolo di rivivere il passato rimosso.
E a questo riguardo desta viva preoccupazione la volontà da Lei ribadita di volere mettere mano alla Costituzione per instaurare una repubblica presidenziale che in un paese di democrazia fragile ed incompiuta, in un paese nel quale non esiste purtroppo un sistema di valori condivisi, potrebbe rilevarsi un abile espediente per una torsione autoritaria del nostro sistema politico, per fare rivivere il vecchio sogno fascista dell’uomo solo al comando nella moderna forma della c.d. democratura o della democrazia illiberale.
I problemi irrisolti del passato si proiettano sul futuro anche sotto altri profili che hanno una rilevanza immediata.
Può una forza politica che si appresta a governare con simili ascendenze culturali, ampiamente condivise dalle altre forze politiche della maggioranza, Lega e Forza Italia, attuare politiche che pongano fine alla crescita delle disuguaglianze e della ingiustizia sociale che affligge il nostro paese?
La risposta è negativa.
Perché questa crescita delle disuguaglianze e della ingiustizia non è frutto di un destino cinico e baro, ma il risultato di scelte politiche a lungo praticate dall’establishment di potere di questo paese che ha surrettiziamente sostituto la tavola dei valori della Costituzione con la bibbia neoliberista, i cui principi antiegualitari e antisolidaristici sono ampiamente condivisi dal grande e piccolo padronato nazionale.
Lei signora Presidente e la sua maggioranza politica non siete l’alternativa all’ establishment.
Come attesta anche la composizione della sua squadra di governo e la crescente condiscendenza dei Palazzi del potere nei confronti del suo governo, siete piuttosto il suo ultimo travestimento che nella patria del Gattopardo consente al vecchio di celarsi dietro le maschere del nuovo, creando l’illusione del cambiamento.
Voi siete stati storicamente e resterete l’espressione degli interessi del padronato.
E quanto alla sua dichiarata intenzione di mantenere una linea di fermezza contro la mafia, mi auguro che tale fermezza sia tenuta anche nei confronti della pericolosa mafia dei colletti bianchi, che va a braccetto con la corruzione, anche se mi consenta di nutrire serie perplessità al riguardo tenuto conto che il suo governo si regge sui voti di una forza politica che ha tra i suoi soci fondatori un soggetto condannato con sentenza definitiva per collusione mafiosa che mai ha rinnegato il proprio passato, e che grazie al suo rapporto privilegiato con il leader del partito, continua a mantenere tutt’oggi una autorevolezza tale da consentirgli di dettare legge nelle strategie politiche in Sicilia.
Perplessità che si accrescono tenuto conto dell’intenzione anticipata dal neo Ministro delle Giustizia di tagliare le spese per le intercettazioni, strumenti indispensabili per le indagini in tale materia, di abrogare il reato di abuso di ufficio, e di dare corso ad una serie di iniziative che hanno tutte la caratteristica di limitare i poteri di indagine della magistratura nei confronti della criminalità dei colletti bianchi.
Noi siamo le nostre scelte On.le Meloni, e lei ha scelto da tempo da che parte stare.
Certamente non dalla parte degli ultimi, non dalla parte della Costituzione e dei suoi valori di eguaglianza e di giustizia sociale, non dalla parte dei martiri della Resistenza e di coloro che per la difesa della legalità costituzionale hanno sacrificato la propria vita."
3 notes · View notes
unita2org · 5 months
Text
PIAZZA FONTANA: anni di strategia della tensione ricostruiti da Scarpinato
guarda su AntimafiaDuemilaTv https://www.youtube.com/watch?v=Pr6gamMlOoQ “Le stragi del ’92 e ’93 sono gli ultimi episodi in ordine di tempo di una sanguinosa guerra del potere e per il potere che è stata combattuta dietro le quinte in Italia sin dall’inizio della Repubblica”. Così il senatore del M5S Roberto Scarpinato, intervenuto al dibattito “Lo Stato Profondo”, organizzato dal Coordinamento…
Tumblr media
View On WordPress
0 notes
colonna-durruti · 6 months
Text
Saverio Ferrari
NON CI SONO PIU' MISTERI SULLA BOMBA DI PIAZZA FONTANA
Saverio FERRARI
PIAZZA FONTANA, GLI ULTIMI DUECENTO METRI DEL PERCORSO DELLA BOMBA.
«Si è soliti dire che persista più di un mistero riguardo alla strage del 12 dicembre 1969 in piazza Fontana. Nulla di più falso. Sappiamo moltissimo, quasi tutto, di questa tragica vicenda. Non ci si lasci ingannare dalle sentenze. Nelle attività di indagine sono state acclarate le ragioni che ispirarono la strage in funzione di un salto di qualità nel percorso della «strategia della tensione» e messo a fuoco il complesso dei mandanti, tra vertici militari e ambienti Nato, complici ampi settori delle classi dirigenti e imprenditoriali, tentati da avventure eversive. Sono anche stati individuati gli esecutori materiali, ovvero gli uomini di Ordine nuovo, con il riconoscimento delle responsabilità personali di Franco Freda, Giovanni Ventura e Carlo Digilio.
Sulla base delle carte che si sono accumulate, interrogatori, confessioni, incrocio di indizi, sarebbe addirittura possibile ricostruire il percorso compiuto dalla bomba collocata all’interno della Banca nazionale dell’agricoltura. Ne riassumiamo i passaggi fondamentali, omettendo doverosamente alcuni nomi che pur sono emersi. Sono mancati, infatti, quei riscontri inoppugnabili che altrimenti avrebbero determinato dei rinvii a giudizio. Personaggi comunque ad oggi non tutti più processabili, dato il venir meno delle loro esistenze negli anni precedenti le indagini.
Dalla Germania in Italia
Sulla provenienza dell’esplosivo siamo in possesso di due versioni diverse. La prima è stata fornita dal generale Gianadelio Maletti, ex capo dell’Ufficio D del Sid, che in più occasioni (sia nel 2001 a Milano nel corso del dibattimento di primo grado nell’ultimo processo e sia in una lunga intervista nel 2010) ha sostenuto che fosse «esplosivo di tipo militare» e provenisse da una base Nato della Germania, poi transitato con un tir dal Brennero per essere alla fine consegnato a una «cellula» di neofascisti del Veneto. Questa versione è stata in parte ribadita dall’allora vice presidente del Consiglio Paolo Emilio Taviani che nelle sue memorie scrisse testualmente «un americano portò dell’esplosivo dalla Germania in Italia».
La seconda versione la fornì Carlo Digilio, l’armiere di Ordine nuovo, che parlò di un esplosivo prodotto in Jugoslavia, il Vitezit 30. Come noto un foglio di istruzioni per l’utilizzo di questo esplosivo fu rinvenuto nell’abitazione di Giovanni Ventura.
Da Mestre a Milano
L’esplosivo che sarà alla fine rinchiuso in una cassetta metallica Juwel (poco meno di tre chili), trasportato da due esponenti di Ordine nuovo nel bagagliaio di una vecchia 1100, venne periziato qualche giorno prima del 12 dicembre in un luogo tranquillo ai bordi di un canale a Mestre dall’esperto in armi della stessa organizzazione, Carlo Digilio. Il timore era che potesse deflagrare lungo il tragitto verso Milano. L’esperto li rassicurò a patto che venisse utilizzata un’altra vettura, con sospensioni adeguate. I due gli fecero presente che già si era pensato a una Mercedes di proprietà di un camerata di Padova. Una figura nota nell’ambiente, protagonista di azioni squadriste, con anche un ruolo pubblico nella federazione del maggior partito cittadino di estrema destra. La notte prima del viaggio, destinazione Milano, la Mercedes, di color verde bottiglia, venne posteggiata sotto la casa di un ancor più noto dirigente ordinovista.
Le bombe vengono assemblate
L’esplosivo doveva essere consegnato in un luogo sicuro, un ufficio in corso Vittorio Emanuele II con un’insegna posta all’esterno che all’imbrunire si accendeva di un color rosso. Qui la bomba, meglio le bombe (una era destinata alla Banca Commerciale Italiana di piazza Della Scala), vennero assemblate. I temporizzatori che dovevano innescarle, acquistati da una ditta di Bologna, davano un margine di un’ora. Gli uffici in questione offrivano un riparo sicuro, bisognava percorrere solo qualche centinaio di metri per raggiungere i posti prescelti per gli attentati. Nel caso di un qualche intoppo o contrattempo si poteva tornare velocemente sui propri passi e disinnescare gli ordigni. Un’operazione di questo genere non poteva essere certo affidata all’improvvisazione. Non si poteva neanche lontanamente pensare alla toilette di un bar o l’interno di una vettura posteggiata. Troppo rischioso.
Da corso Vittorio alla Banca
La bomba per la Banca Nazionale dell’Agricoltura venne portata a mano. Chi la trasportava non era solo. Uno di loro se ne sarebbe in seguito anche vantato in una festicciola tra camerati e con l’armiere del gruppo.
Provenienti da corso Vittorio Emanuele II, attraversata la Galleria del Corso, in piazza Beccaria, al posteggio dei Taxi, uno degli attentatori metterà in opera una delle più grossolane operazioni di depistaggio per incastrare gli anarchici. Rassomigliante a Pietro Valpreda farà di tutto per farsi riconoscere dal tassista Cornelio Rolandi. Si farà portare per 252 metri fino in via Santa Tecla, distante 117 metri a piedi dalla banca, per poi tornare al taxi, percorrendo in totale 234 metri a piedi, per non farne 135, ovvero la distanza da piazza Beccaria all’ingresso della Banca Nazionale dell’Agricoltura. Si farà infine scaricare in via Albricci, dopo soli 600 metri, a soli 465 metri dalla banca.
Forse sappiamo tutto, anche cosa accadde negli ultimi duecento metri o poco più. Sarebbe possibile anche fare i nomi, ma siamo costretti a far finta di non saperli e a raccontare le mosse e gli atti di costoro come in un film o in un romanzo.
0 notes
samdelpapa · 1 year
Photo
Tumblr media
​COSA ERA LA STRATEGIA DELLA TENSIONE E PERCHÉ ARRIVÒ ALLO STRAGISMO Di Maurizio Barozzi «Fu così che in quel periodo si incontrarono le necessità dei nostri egemonizzatori Atlantici di ispirare attentati destabilizzanti, con quella di certi criminali inebriati di anticomunismo viscerale e “superomismo” che per una loro demenziale prospettiva rivoluzionaria, speravano di innescare un colpo di Stato o la proclamazione di uno stato di emergenza. Vi era l’alibi di difendere dal comunismo il “mondo libero” quale male minore, quando invece era il peggior nemico dell’uomo. Si sparse così sangue italiano innocente che poi non si potè più fermare». Nella ricorrenza del mese di febbraio che nel 1969 si ebbe a Roma, un attentato dinamitardo dimostrativo senza feriti, ad un ingresso secondario di Palazzo Madama, spacciato come “anarchico” dopo la visita di Nixon a Roma, arrivato il giorno prima, il 27 febbraio, seguito a marzo da un attentato contro la sede del ministero della Pubblica istruzione e sempre a fine a marzo, un altro contro il palazzo di Giustizia, quest’ultimo rivendicato come “anarchico”, vogliamo ricordare e precisare una volta per tutte cosa fu la “strategia della tensione” un intensificarsi di violenze diffuse nella società per far degenerare manifestazioni e scioperi, quindi attentati dimostrativi, sui treni, in un crescendo arrivato fino alla strage, bomba di Piazza Fontana il 12 dicembre 1969, madre di tutte le stragi che da quel momento non fu più possibile interrompere. Come vedremo con questo articolo, la Strategia della tensione in Italia ha avuto due fasi con due finalità: una fase per così dire “autoritaria” (1969 1974), dove le false flag che le bombe fossero di natura anarchica, sovversiva, doveva innescare reazioni autoritarie, e una fase successiva di natura “progressista” (1974 – 1993), dove invece, dietro lo spauracchio di una fantomatica “eversione nera” contribuire a incanalare la cultura nazionale, borghese e cattolica su sponde progressiste neoradicali spostando in tal senso anche tutta la società. Non di rado gli esecutori erano pescati negli stessi ambienti della destra neofascista, tranne forse qualche Servizio segreto, attraverso https://www.instagram.com/p/CopTSaWNJ4H/?igshid=NGJjMDIxMWI=
0 notes
enkeynetwork · 1 year
Link
0 notes
archiviodati · 2 years
Text
Non esistono Nazioni Buone
Tumblr media
La questione della Decima MAS (*), probabilmente, offre l'occasione più unica che rara - in questi tempi di manicheismo fanatico - di  aprire uno spazio di riflessione su quanto sia irrealistica (e mistificatoria) questa idea che possano esistere delle Nazioni Buone, che si battono fino alla morte contro le Nazioni Cattive. La nostra storia relativamente recente, proprio con riferimento all'epitome del Male Assoluto, ci dovrebbe mettere bene in guardia: l'Italia è stata la patria del fascismo e noi siamo stati a lungo alleati di Hitler, fino al punto di dar seguito anche alle deliranti politiche razziste, a partire dal luglio del 1938 (in foto, la prima pagina de Il Giornale d'Italia che dava la grande notizia). Anche dopo l'apertura agli Alleati, nel 1943, in Italia ci furono forze che rimasero fieramente fasciste e forze che continuarono a rispondere direttamente al comando tedesco, decimando le forze partigiane e senza alcun rispetto per le sorti dei civili. Questi che scelsero di rimanere al fianco dei nazisti erano appunto i corpi scelti della X-MAS di Junio Valerio Borghese (sì, quello che poi cercò anche di fare un golpe sul finire del 1970, nell'ambito della famigerata strategia della tensione). Sarebbe molto importante riflettere su cosa siamo stati noi, come Nazione, e su tutto quello che si era cercato di fare a partire dal 1948 per la costruzione di una comunità internazionale dopo le due sanguinarie guerre mondiali e sotto la minaccia dell'olocausto atomico. Perché è evidente che, in larga misura, è andato perso questo sforzo di pacificare il pianeta e aprire una nuova stagione della storia umana. (*) Reparto dei mezzi d’assalto della Marina italiana che nel marzo del 1941 assunse la denominazione di X flottiglia MAS (dal motto dannunziano memento audere semper). Nel maggio 1943 il comando della D. MAS fu assunto da J.V. Borghese, il quale, dopo l’8 settembre, ne fece una formazione militare autonoma per continuare a combattere al fianco del Terzo Reich. In questa fase, fu impegnata soprattutto nella lotta contro i partigiani. Fonte: https://www.treccani.it/enciclopedia/decima-mas_%28Dizionario-di-Storia%29/ Sul "golpe" Borghese del 1970: https://www.treccani.it/enciclopedia/junio-valerio-borghese_%28Dizionario-di-Storia%29/ Sulla strategia della tensione: https://www.treccani.it/enciclopedia/strategia-della-tensione_%28Dizionario-di-Storia%29/
0 notes
arcobalengo · 2 years
Text
Roma, 3 maggio 1965. A poche decine di metri dalla villa Borghese, ai margini del quartiere più chic della capitale (Parioli) sorgeva un albergo di lusso, meta di estremisti di destra e di faccendieri legati alla Cia. Defilato rispetto al traffico cittadino. L’Hotel Parco dei Principi aveva l’altro pregio di trovarsi a duecento metri dalla residenza dell’ambasciatore statunitense a Roma. Quella mattina di metà primavera, fecero il loro ingresso nell’albergo molti esponenti dell’estrema destra italiana, oltre a giornalisti e personaggi legati ai servizi segreti italiani. Erano tutti attesi a un convegno organizzato dall’Istituto di studi militari Alberto Pollio (organismo privato da poco costituito da ambienti vicini allo stato maggiore della Difesa), dal titolo “La guerra rivoluzionaria”. Obiettivo del simposio era «sviluppare una strategia per contrastare l’avanzata delle forze comuniste in Occidente». In altre parole, la versione italiana dell’Operazione Chaos. I soldi per pagare i quattro giorni di discussione vennero attinti al fondo spese del Sifar, il servizio segreto militare italiano, molto legato agli ambienti del Pentagono. La discussione alla fine partorì un vero e proprio piano d’azione, nota anche come “strategia della tensione”. In altre parole, negli anni che seguirono, in Italia nacque una miriade di gruppi estremisti di destra e di sinistra che scatenarono il caos, spaventando l’opinione pubblica, spingendola così ad avere paura del nuovo che avanzava (il Partito comunista). Scontri di piazza, atti terroristici, rapimenti, stragi, tentativi di colpi di Stato. Tutto aveva come unico scopo il mantenimento dello status quo. Nei quindici anni successivi, in Italia si contarono 6.314 atti terroristici, il sessantatré per cento dei quali attribuibili alla destra eversiva. Seicentododici morti e oltre duemila feriti. Gran parte delle azioni furono finanziate, organizzate e coperte dai servizi segreti italiani. Certo, non tutte le sigle e le organizzazioni eversive furono frutto di pianificazione, ma la gran parte sì. Come confermò al giornalista Rai Sergio Zavoli, un agente dei nostri servizi intervistato a volto coperto. Come un ruolo decisivo ebbero, in questa partita, anche i neofascisti e i neonazisti. Gli stessi che si potevano ritrovare altrove (Spagna, Portogallo, Grecia, Francia, Belgio, Germania, America Latina), intenti a compiere azioni criminose e a spalleggiare alcune delle più sanguinose dittature del pianeta. I gruppi neonazisti come Ordine Nuovo e Avanguardia Nazionale erano, al contempo, una creatura dei servizi segreti militari Usa (come il Counter Intelligence Corp o l’Us Army Intellicence Corps che hanno compiti informativi, di sabotaggio e contro-insorgenza) e di quelli subalterni italiani, svolgendo il ruolo di organizzazioni parallele delle forze Nato. Minetto, Digilio, Maggi, Zorzi, Soffiati, Freda, Ventura, Bandoli, Franco, Gunnella furono inseriti a pieno titolo nel cosiddetto “sistema difensivo atlantico” come informatori, reclutatori di elementi anticomunisti, elementi della polizia politica segreta, provocatori e specialisti della guerra sporca non convenzionale. I loro referenti statunitensi erano Joseph Luongo, Leo Joseph Pagnotta, David Carret, Teddy Richards, Robert Edward Jones e John Louis Hall. Tutti questi fascisti (assieme ad altri personaggi anticomunisti) erano costantemente in contatto, indirizzati, addestrati, coordinati, sorvegliati e pagati dagli ufficiali di stanza nelle basi Usa e Nato in Italia, specie quelle dell’area del Triveneto, che nelle direttive del Pentagono dovevano essere centri operativi per le “operazioni speciali”.
Franco Fracassi - The Italy Project
0 notes
orestegiurlani · 2 years
Photo
Tumblr media
Pescia: PER NON DIMENTICARE MAI !!! La strage di Bologna, compiuta la mattina di sabato 2 agosto 1980 alla stazione ferroviaria di Bologna, è il più grave atto terroristico avvenuto in Italia nel secondo dopoguerra, da molti indicato come uno degli ultimi atti della strategia della tensione. #lamemoria #ilricordo #pernondimenticaremai @orestegiurlani https://www.instagram.com/p/Cgvvs6PMNTT/?igshid=NGJjMDIxMWI=
0 notes