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#altri mondi
nochkoroleva · 3 months
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gesotoku · 1 year
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mondi-immaginari · 2 years
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Gli Altri Mondi Celtici
Da "Celtic Mythology"di Arthur Cotterell:
Gli “Altri Mondi”celtici
Gli affascinanti altri mondi della mitologia celtica sono gli invisibili reami popolati da divinità,spiriti,fate,elfi,e giganti deformi.Alcuni sono luminosi paradisi,altri minacciosi inferni.Il velo tra il mondo del visibile e quello dell'invisibile è sottile come una ragnatela e si può facilmente lacerare.Veggenti e poeti lo oltrepassano in voli dello spirito o viaggi dell'anima,così come fanno alcuni privilegiati eroi come il noto Finn Mc Cool o gli intrepidi viaggiatori Bran,Brendan e Maeldun.Alcuni eroi,come Cuchulainn, compiono solo fugagi incursioni;mentre Oisin ritorna dal suo viaggio negli altri mondi 300 anni dopo la sua partenza.I varchi verso gli altri mondi si trovano comunemente presso corsi d'acqua  e all'altro capo di ponti stretti,al di sotto di colline e sorgenti che nascondono luminosi paradisi sotterranei o oscuri purgatori.Alla vigilia di Samhain,il 31 ottobre,tutti i varchi verso gli altri mondi si aprono e spiriti incantati emergono dalle grotte delle colline.
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eleonorasimoncini · 5 months
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Per essere liberi bisogna avere fantasia. Bisogna allenarsi a immaginare altre vite, altri mondi, altri sentimenti, altri pensieri, altri linguaggi.
Björn Larsson
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susieporta · 3 months
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[Lei s’innamorò come s’ innamorano sempre le donne intelligenti:
come un’ idiota]
La zia Daniela s’innamorò come s’innamorano sempre le donne intelligenti: come un’idiota. Lo aveva visto arrivare un mattino, le spalle erette e il passo sereno, e aveva pensato: «Quest’uomo si crede Dio». Ma dopo averlo sentito raccontare storie di mondi lontani e di passioni sconosciute, si innamorò di lui e delle sue braccia come se non parlasse latino sin da bambina, non avesse studiato logica e non avesse sorpreso mezza città imitando i giochi poetici di Góngora e di suor Juana Inés de la Cruz come chi risponde ad una filastrocca durante la ricreazione. Era tanto colta che nessun uomo voleva mettersi con lei, per quanto avesse occhi di miele e labbra di rugiada, per quanto il suo corpo solleticasse l’immaginazione risvegliando il desiderio di vederlo nudo, per quanto fosse bella come la Madonna del Rosario. Gli uomini avevano paura di amarla, perché c’era qualcosa nella sua intelligenza che suggeriva sempre un disprezzo per il sesso opposto e le sue ricchezze.
Ma quell’uomo che nulla sapeva di lei e dei suoi libri le si accostò come a chiunque altra. Allora la zia Daniela lo dotò di un’intelligenza abbagliante, una virtù angelica e un talento d’artista. Il suo cervello lo guardò in tanti modi che in capo a dodici giorni credette di conoscere cento uomini.
Lo amò convinta che Dio possa aggirarsi tra i mortali, abbandonata con tutta se stessa ai desideri e alle stramberie di un uomo che non aveva mai avuto intenzione di rimanere e non aveva mai capito neppure uno di tutti i poemi che Daniela aveva voluto leggergli per spiegare il suo amore.
Un giorno così com’era venuto, se ne andò senza neppure salutare. Non ci fu allora in tutta l’intelligenza della zia Daniela una sola scintilla in grado di spiegarle ciò che era successo.
Ipnotizzata da un dolore senza nome né destino, diventò la più stupide delle stupide. Perderlo fu un dolore lungo come l’insonnia, una vecchiaia di secoli, l’inferno.
Per pochi giorni di luce, per un indizio, per gli occhi d’acciaio e di supplica che le aveva prestato una notte, la zia Daniela sotterrò la voglia di vivere e cominciò a perdere lo splendore della pelle, la forza delle gambe, l’intensità della fronte e delle viscere.
Nel giro di tre mesi divenne quasi cieca, le crebbe una gobba sulla schiena e dovette succedere qualcosa anche al suo termostato interno, perché, nonostante indossasse anche in pieno sole calze e cappotto, batteva i denti dal freddo come se vivesse al centro stesso dell’inverno. La portavano fuori a prendere aria come un canarino. Le mettevano accanto frutta e biscotti da becchettare, ma sua madre si portava via il piatto intatto mentre Daniela rimaneva muta, nonostante gli sforzi che tutti facevano per distrarla.
All’inizio la invitavano in strada, per vedere se, guardando i colombi e osservando la gente che andava e veniva, qualcosa in lei cominciasse a dare segni di attaccamento alla vita. Provarono di tutto. Sua madre se la portò in Spagna e le fece girare tutti i locali sivigliani di flamenco senza ottenere da lei nulla più di una lacrima, una sera in cui il cantante era allegro. La mattina seguente inviò un telegramma a suo marito:«Comincia a migliorare, ha pianto un secondo». Era diventata come un arbusto secco, andava dove la portavano e appena poteva si lasciava cadere sul letto come se avesse lavorato ventiquattr’ore di seguito in una piantagione di cotone. Alla fine non ebbe più forze che per gettarsi su una sedia a dire a sua madre:«Ti prego, andiamocene a casa».
Quando tornarono, la zia Daniela camminava a stento, e da allora non volle più alzarsi dal letto. Non voleva neppure lavarsi, né pettinarsi, né fare pipì. Un mattino non riuscì neppure ad aprire gli occhi.
«E’ morta!», sentì esclamare intorno a sé, e non trovò la forza di negarlo.
Qualcuno suggerì a sua madre che un tale comportamento fosse un ricatto, un modo di vendicarsi degli altri, una posa da bambina viziata che, se di colpo avesse perso la tranquillità di una casa sua e la pappa pronta, si sarebbe data da fare per guarire da un giorno all’altro. Sua madre fece lo sforzo di crederci e seguì il consiglio di abbandonarla sul portone della cattedrale. La lasciarono lì una notte con la speranza di vederla tornare, affamata e furiosa, com’era stata un tempo. La terza notte la raccolsero dal portone e la portarono in ospedale tra le lacrime di tutta la famiglia.
All’ospedale andò a farle visita la sua amica Elidé, una giovane dalla pelle luminosa che parlava senza posa e che sosteneva di saper curare il mal d’amore. Chiese che le permettessero di prendersi cura dell’anima e dello stomaco di quella naufraga. Era una creatura allegra e attiva. Ascoltarono il suo parere. Secondo lei, l’errore nella cura della sua intelligente amica consisteva nel consiglio di dimenticare. Dimenticare era una cosa impossibile. Quel che bisognava fare era imbrigliare i suoi ricordi perché non la uccidessero, perché la obbligassero a continuare a vivere.
I genitori ascoltarono la ragazza con la stessa indifferenza che ormai suscitava in loro qualsiasi tentativo di curare la figlia. Davano per scontato che non sarebbe servito a nulla, ma autorizzarono il tentativo come se non avessero ancora perso la speranza, che ormai avevano perso.
Le misero a dormire nella stessa stanza. Passando davanti a quella porta, in qualsiasi momento, si udiva l’infaticabile voce di Elidé parlare dell’argomento con la stessa ostinazione con la quale un medico veglia un moribondo. Non stava zitta un minuto. Non le dava tregua. Un giorno dopo l’altro, una settimana dopo l’altra.
«Come hai detto che erano le sue mani?», chiedeva.
Se la zia Daniela non rispondeva, Elidé l’attaccava su un altro fronte.
«Aveva gli occhi verdi? Castani? Grandi?».
«Piccoli», rispose la zia Daniela, aprendo bocca per la prima volta dopo un mese.
«Piccoli e torbidi?», domandò Elidé.
«Piccoli e fieri», rispose la zia Daniela, e ricadde nel suo mutismo per un altro mese.
«Era sicuramente del Leone. Sono così, i Leoni», diceva la sua amica tirando fuori un libro sui segni zodiacali. Le leggeva tutte le nefandezze che un Leone può commettere. «E poi sono bugiardi. Ma tu non devi lasciarti andare, sei un Toro: sono forti le donne del Toro».
«Di bugie sì che ne ha dette», le rispose Daniela una sera.
«Quali? Non te ne scordare! Perché il mondo non è tanto grande da non incontrarlo mai più, e allora gli ricorderai le sue parole: una per una, quelle che ti ha detto e quelle che ha fatto dire a te».
«Non voglio umiliarmi».
«Sarai tu a umiliare lui. Sarebbe troppo facile, seminare parole e poi filarsela».
«Le sue parole mi hanno illuminata!», lo difese la zia Daniela.
«Si vede, come ti hanno illuminata!», diceva la sua amica, arrivate a questo punto.
Dopo tre mesi ininterrotti di parole la fece mangiare come Dio comanda. Non si rese neppure conto di come fosse successo. L’aveva portata a fare una passeggiata in giardino. Teneva sottobraccio una cesta con frutta, pane, burro, formaggio e tè. Stese una tovaglia sull’erba, tirò fuori la roba e continuò a parlare mettendosi a mangiare senza offrirle nulla.
«Gli piaceva l’uva», disse l’ammalata.
«Capisco che ti manchi».
«Sì» disse la zia Daniela, portandosi alla bocca un grappolo d’uva. «Baciava divinamente. E aveva la pelle morbida, sulla schiena e sulla pancia».
«E com’era… sai di che cosa parlo», disse l’amica, come se avesse sempre saputo che cosa la torturava.
«Non te lo dico», rispose Daniela ridendo per la prima volta dopo mesi. Mangiò poi pane e burro, formaggio e tè.
«Bello?», chiese Elidé.
«Sì», rispose l’ammalata, ricominciando a essere se stessa.
Una sera scesero a cena. La zia Daniela indossava un vestito nuovo e aveva i capelli lucidi e puliti, finalmente liberi dalla treccia polverosa che non si era pettinata per tanto tempo.
Venti giorni più tardi, le due ragazze avevano ripassato tutti i ricordi da cima a fondo, fino a renderli banali. Tutto ciò che la zia Daniela aveva cercato di dimenticare, sforzandosi di non pensarci, a furia di ripeterlo divenne per lei indegno di ricordo. Castigò il suo buon senso sentendosi raccontare una dopo l’altra le centoventimila sciocchezze che l’avevano resa felice e disgraziata.
«Ormai non desidero più neppure vendicarmi», disse un mattino a Elidé. «Sono stufa marcia di questa storia».
«Come? Non mi ridiventare intelligente, adesso», disse Elidé. «Questa è sempre stata una questione di ragione offuscata: non vorrai trasformarla in qualcosa di lucido? Non sprecarla, ci manca la parte migliore: dobbiamo ancora andare a cercare quell’uomo in Europa e in Africa, in Sudamerica e in India, dobbiamo trovarlo e fare un baccano tale da giustificare i nostri viaggi. Dobbiamo ancora visitare la Galleria Pitti, vedere Firenze, innamorarci a Venezia, gettare una moneta nella Fontana di Trevi. Non vogliamo inseguire quell’uomo che ti ha fatto innamorare come un’imbecille e poi se n’è andato?».
Avevamo progettato di girare il mondo in cerca del colpevole, e questa storia che la vendetta non fosse più imprescindibile nella cura della sua amica era stata un brutto colpo per Elidé. Dovevano perdersi per l’India e il Marocco, la Bolivia e il Congo, Vienna e soprattutto l’Italia. Non aveva mai pensato di trasformarla in un essere razionale dopo averla vista paralizzata e quasi pazza quattro mesi prima.
«Dobbiamo andare a cercarlo. Non mi diventare intelligente prima del tempo», le diceva.
«E’ arrivato ieri», le rispose la zia Daniela un giorno.
«Come lo sai?»
«L’ho visto. Ha bussato al mio balcone come una volta».
«E che cosa hai provato?»
«Niente».
«E che cosa ti ha detto?»
«Tutto».
«E che cosa gli hai risposto?»
«Ho chiuso la finestra».
«E adesso?», domandò la terapista.
«Gli assenti si sbagliano sempre».
Ángeles Mastretta
[racconto tratto dal libro “Donne dagli occhi grandi”]
*traduzione di Gina Maneri
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sara-saragej · 1 year
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Buon🌼giorno
Vorrei essere ciò che ho voglia di essere dietro il sipario della follia:
mi occuperei dei fiori per tutto il giorno;
dipingerei il dolore,l’amore e la tenerezza...
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...riderei di tutto cuore dell’idiozia degli altri e tutti direbbero:
poverina, è matta.
Soprattutto, riderei di me.
Costruirei un mondo che,finché vivessi,andrebbe d’accordo con tutti i mondi.
- Frida Kahlo
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cywo-61 · 2 months
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Le relazioni nei social
Con distacco guardo a questo mondo illusorio e che illude. Vedo chi si cerca, si desidera e chi invece segretamente o apertamente si ama, e chi alla fine rimane solo pur credendoci.
Con alcuni crei legami, con altri amicizia, chi si confessa e chi vuole solo fotterti....come la vita vera il mondo è vario.
In una cosa però coincidono i due mondi...c'è tanta solitudine. Alla ricerca di chi ci vuole amare e chi possiamo amare, di amicizie che durano il tempo dell'alleanza per poi vergognosamente spezzarsi on line quando si è discordi.
Ricordatevi che la vita vera è altrove anche se a volte il web riserva delle sorprese...confidenze e risate, qualche amico, che io per discrezione poco cerco.
Un amore...per quello ci vuole la presenza fisica, reale e tangibile. Questo almeno è rimasto uguale.
cywo
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"Il mondo è fatto di tanti mondi. Alcuni di questi sono connessi tra loro, altri no."
-Perfect Days
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kon-igi · 10 months
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QUEL POST CON CUI EMPATIZZERANNO IN TRE (ME COMPRESO) Parte 1
Non è una storia triste, non ci sono plot twist né morali strazianti per cui togliete pure il secchio da sotto la sedia ché i testicoli rimarranno al loro posto (figura retorica gender-inclusiva).
L’altro giorno @der-papero ha rebloggato un mio post in cui c’era l’immagine di una mazza ferrata per ‘resettare’ un pc dicendo ‘Non fare male ai computer che sono stati i miei unici amici per tanti anni! (o qualcosa del genere) ed è a quel punto che io ho pensato la stessa cosa, anche se in modo più specifico e meno informatico del suo.
Dal 1979 a oggi ci sono stati degli ‘amici’ che sono diventati una sorta di pietra miliare temporale a cui posso tornare con la memoria in modo microscopico e con una precisione quasi eidetica, al punto che li posso usare come una personalissima radiodatazione al carbonio per conoscere gli eventi contestuali occorsi in un dato periodo.
Quando ero piccolo ho sempre creduto che tutti giocassero ai videogames, sia con la propria console a casa che nei bar o nelle sale giochi e invece ho lentamente scoperto che non solo quasi nessuno aveva un console per videogames a casa ma che anche i cabinati che erano nelle sale giochi o nei bar per molti non erano affatto un’attrattiva.
Beh... per il sottoscritto le cose andavano in modo molto differente.
Alle console che ho posseduto dedicherò la seconda parte di questo post ma ora vi dico che sul viale pedonale principale di Viareggio (quello del carnevale, per intenderci) c’erano due sale giochi ENORMI (posso confermarlo a distanza di anni che non era solo lo sguardo di bimbo) e mio nonno paterno lavorava li vicino, ragion per cui mi bastava mendicargli mille o duemila lire, cambiare tutto in monete da 200 lire (i gettoni dovevano ancora arrivare) e giocare come se non ci fosse un domani.
Io non so se la seguente descrizione possa avere un senso per la maggior parte di voi ma dovete considerare quanto fosse ENORME il trip sinestesico nell’entrare in uno di quei luoghi: prima di tutto passavi dalla luce del sole a una penombra che assomigliava molto a un buio luminoso, poi le tue orecchie venivano sopraffatte da parecchi decibel di musichette a 8 bit che si mescolavano a formare un meraviglioso cachinno eustordente e infine l’odore di sigaretta che permeava ogni centimetro cubo dell’ambiente con una coltre di fumo in cui lampeggiavano gli schermi dei cabinati come finestre su altri mondi.
(in effetti a posteriori posso capire perché la mia passione non fosse così condivisa)
Ho parlato del 1979 perché quello fu l’anno in cui da flipper, biliardini e altri giochi analogici (che io schifavo) si passò al primo videogame completamente elettronico a grafica vettoriale: ASTEROIDS.
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Ora, siccome sono ben consapevole che la maggior parte di voi non ha la minima idea di cosa io stia parlando, sappiate che quando parlavo di finestre su altri mondi era proprio quella la sensazione che allora si provava: dalla visione passiva di un programma televisivo su tubo catodico passavi a poter FARE COSE SULLO SCHERMO, un qualcosa che pochi fra voi possono capire quanto fosse pazzesco.
E quello per me segnò un altro modo di considerare lo scorrere del tempo.
Per esempio, nell’Agosto del 1983 giocai per quindici giorni a Moon Patrol nel piccolo bar dell’Isola del Giglio dove andai in vacanza coi miei genitori 
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mentre al Bar Sombrero del mio quartiere nell’inverno del 1984 a Mag Max e Kung Fu Master, quest’ultimo a scrocco perché avevo imparato come accedere al sensore che veniva toccato dalla monetina e dava 1 credito
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la stessa estate, nella sala giochi in pineta, scoprii e finii Bubble Bobble (l’intro musicale mi dà ancora i brividi) mentre il Juke Box mandava in loop una canzone che dopo ho scoperto essere Sweet Dreams degli Eurythmics. 
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Trojan nel bar Moreno sotto a una tenda minuscola, R Type al chiosco sul viale dei tigli, Tiger Road al bagno Aretusa, Circus Charlie nel bar della stazione vecchia vicino al biliardo dal panno verde consumato e segnato dalle sigarette, Knuckle Joe in un hotel in Val d’Aosta per la gita di terza media, Wiz nel bar vicino casa di mia nonna materna, Bomb Jack al maneggio dove Diego con 200 lire giocava tutto il giorno e regalava crediti, Bank Panic al bar del cinema all’aperto e New Zeland Story in quello del palazzetto dello sport mentre mangiavo un Paciugo all’amarena, prima Green Beret e poi Iron Horse nella pasticceria sotto casa di mia nonna paterna con l’odore di sfoglie alla crema, Robocop e Xain’d Sleena al bar del liceo, finiti entrambi a memoria prima che suonasse la campanella, i tornei di Dark Stalker con i miei amici al bar della stazione nuova e poi ancora X-Men e Avengers.
Centinaia di giochi che meriterebbero decine di post perché con mille lire potevo andare in un mondo dove non ero più il ciccione sfigato che non sapeva giocare a pallone... ero quello che poteva sconfiggere i nemici e alla fine vincere, sempre.
L’ultimo arcade cabinato a cui giocai - e poi dopo quella data praticamente scomparvero per essere sostituiti dalle Slot Machine - fu Metal Slug, in data 1997, dopo aver lasciato Figlia Grande all’asilo nido nel piccolo ritaglio di tempo prima di andare nello studio medico dove avevo appena cominciato a lavorare.
Naturalmente lo finii ma finì anche col chiudersi quella parentesi durata appena vent’anni ma lunga una vita intera.
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Chi di voi è abbastanza vecchio da capirmi?
@axeman72​? @renatoram​? @ilnonnodiinternet​​? 
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Per essere liberi bisogna avere fantasia.
Bisogna allenarsi a immaginare altre vite, altri mondi, altri sentimenti, altri pensieri, altri linguaggi.
Björn Larsson, Bisogno di libertà
____Martin Vlach.
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mucillo · 3 months
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Mark Knopfler - Brothers In Arms (Berlin 2007 | Official Live Video)
youtube
.. .Ci sono così tanti mondi diversi
così tanti altri soli
e noi abbiamo solo un mondo
ma viviamo in mondi diversi....
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la-scigghiu · 4 months
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“Ci sono altri mondi, ma sono in questo. Ci sono altre vite, ma sono in te.”
.🦋.
🔸Paul Éluard
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luigidelia · 2 months
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Una bella notizia, cari, sputo il rospo tutto insieme. Non avevo ancora scritto niente su questa novità ma a questo punto il viaggio è cominciato e bisogna pur attirare le energie positive: SONO STATO NOMINATO CONSULENTE PER LO SVILUPPO DELLA NUOVA BIBLIOTECA DI BRINDISI, IL MEDIAPORTO. E il prossimo 22 marzo con un convegno si inaugurano i lavori per la creazione di un OSSERVATORIO DI INNOVAZIONE CULTURALE ED EDUCATIVA ATTRAVERSO LA "NARRAZIONE" E L'ARTE.
Voilà. Una piccola rivoluzione, sì. Una bellissima notizia: una biblioteca e un centro di ricerca sulla povertà culturale attraverso la narrazione. Tutto insieme. All’adrenalina del palco ora si affianca un’energia ancora diversa. E credo che mi toccherà cercare un nuovo centro di gravità "errante".
Il MediaPorto - Biblioteca di Brindisi è uno spazio multifunzionale ristrutturato con il progetto della Regione Puglia Community Library. Qualche anno fa il progetto vincitore lo scrisse Simonetta Dellomonaco e ora una cordata di istituzioni e persone speciali sono davanti a me a tirare la slitta, per dirla alla Zanna Bianca: Luigi De Luca per i #polibibliomuseali della Regione Puglia, Emilia Mannozzi, per il Polo di Brindisi, Toni Matarrelli per la Provincia di Brindisi, Giovanni Luca Aresta per #santateresaspa che di quella slitta ora tiene con energia nuova le redini in mano, il Teatro Pubblico Pugliese e un'infinità di persone laboriose che poco alla volta sto scoprendo dietro le quinte di questo luogo prezioso come l’ossigeno.
Il MediaPorto - Biblioteca di Brindisi comprende sale studio (già affollate dalla riapertura!), un auditorium, una biblioteca ragazzi, una caffetteria di prossima apertura, sale convegni, spazi di co-working e mille altri spazi fisici e immateriali che saranno dedicati ai nuovi media, al cinema, ai libri, alle mie tanto amate storie. Ma soprattutto, e qui batte il cuore, a creare uno spazio dove il potenziale creativo delle ragazze e dei ragazzi del territorio possa trovare nutrimento. Il più alto possibile. E nel massimo rispetto della sovranità e dei mondi intoccabili dei ragazzi. Chi mi conosce può capire a cosa mi riferisco.
Cominciamo il 22 marzo alle ore 17 in rete con le scuole di ogni ordine e grado della provincia, l’ufficio scolastico provinciale, le reti scolastiche più prossime, la ASL, il Comune di Brindisi (il cui sindaco Giuseppe Marchionna ha dato avvio a tutto questo prima di diventare primo cittadino), la consulta provinciale degli studenti, il consiglio comunale dei ragazzi, le reti più virtuose della città (guarda caso la nomina è arrivata da un bando dove come concorrenti eravamo tutti amici cari di mille progetti svolti in città e dintorni) e lo facciamo con un convegno che apre il percorso per la creazione di un OSSERVATORIO DI CONTRASTO ALLA POVERTA’ CULTURALE ED EDUCATIVA ATTRAVERSO LA NARRAZIONE LE ARTI. Il Convegno è aperto a tutti. Muove un primo passo significativo del progetto culturale che vorrei nascesse in questo luogo.
Ho piantato letteralmente migliaia di alberi (erano i tempi che dai miei spettacoli nascevano i progetti di forestazione partecipata) e ho ben chiaro che il bosco nasce solo quando arriva un’esplosione ormai irrefrenabile dalla Terra, dalla Pancia. Quando l’ego, colui che vuole piantare, “io”, ha fatto, forse, quello che doveva fare e poi si è tolto di mezzo. Qui voglio fare questo: ariamo un poco il terreno insieme e quando sarà il momento, se lo sarà, togliersi di mezzo e qualcosa nascerà da sola. E non sappiamo nemmeno che forma avrà.
Che dire? D’ora in poi vi racconterò anche di questo luogo che si chiama Mediaporto di Brindisi. Ovunque siate fra poco potrà valere la pena venire a trovarci. Ah, dimenticavo: l’Osservatorio che sta nascendo si chiama MINISTERO DEI SOGNI. Vi piace? <3 (In una foto io e Carolina in uno dei boschi, vero Antonio…)
Ecco il programma del convegno del 22 marzo, h 17, vi aspettiamo. Contattatemi. Cerchiamoci. ---
Mediaporto di Brindisi 22 marzo 2024, ore 17.00
MINISTERO DEI SOGNI Osservatorio d’innovazione culturale ed educativa Convegno d’apertura
Saluti istituzionali
Introduce Giovanni Luca Aresta, Amministratore Unico di Santa Teresa S.p.A. Loredana Capone, Presidente del Consiglio della Regione Puglia Toni Matarrelli, Presidente della Provincia di Brindisi Giuseppe Marchionna, Sindaco di Brindisi Emilia Mannozzi, Direttrice Polo-Biblio Museale Brindisi Angela Tiziana Di Noia, Dirigente Ufficio Scolastico Provinciale
Interventi e contributi
Luigi D’Elia, Consulente per lo Sviluppo del Mediaporto e coordinatore dell’Osservatorio Gaia D’Argenio, Presidente della consulta provinciale studentesca di Brindisi e Coordinatrice Regionale Luigi De Luca, Coordinatore Poli Biblio Museali della Regione Puglia Rosetta Carlino, Dirigente ICS “Cappuccini” Brindisi - Coordinatrice Rete delle Scuole che promuovono la Salute per la Provincia di Brindisi Mina Fabrizio, Dirigente ITT “Giorgi” Brindisi - Scuola Polo per la formazione Ambito PUGLIA BR 11 Diego Caianiello, Sindaco del CCR Brindisi Consiglio Comunale dei Ragazzi di Brindisi Maria Rita Greco, Dirigente ASL Settore psicologia clinica e pedagogia dell'età evolutiva Lucia Portolano, Dirigente scolastica Coordinatrice de Tavolo docenti per l’educazione ambientale e i “diversi” linguaggi Modera gli interventi Luigi D’Elia
Info: 0831 544301 - [email protected] Si raccomanda l’Iscrizione al link: https://docs.google.com/forms/d/e/1FAIpQLSeCQzKzUy5S_gjj5wzWxZCstD2nGm25fIiuBUgnHvvrN8k8yA/viewform?usp=sf
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aurozmp · 1 year
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ci sono tanti altri mondi dentro di te oltre a quello che vedi tu.
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nusta · 3 months
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Oggi sono stata al cinema con una mia amica, abbiamo visto il nuovo film di Miyazaki, "Il ragazzo e l'airone", che nella versione originale si chiama "How do you live?" e forse il titolo così è più appropriato al film. È stato strano, perché è stato lento più di quanto siano già solitamente lenti alcuni film dello studio ghibli, ma è stato anche uno dei primi film che non mi hanno commosso come invece spesso mi succede, e nonostante la trama sia una di quelle che si presterebbero molto alla commozione, dato che parla di lutto e sofferenza e rinascita. Forse è anche perché non sono più abituata a vedere film al cinema e l'atmosfera è diversa, o forse era l'abbiocco post pranzo o forse semplicemente il ritmo di questo film è tale che una seconda visione è più godibile di una prima, quando ancora non sai cosa aspettarti e pensi che sta passando un sacco di tempo e ancora non è successo niente di particolarmente strano. Mi ha ricordato in molti momenti degli altri film di Miyazaki, il viaggio onirico de La città incantata, le porte su altri mondi de Il castello errante di Owl, la malattia e la fuga/smarrimento della famiglia de Il mio vicino Totoro, la distruzione della guerra di Si alza il vento. Ci sono anche  le vecchine e le creaturine e la natura che ci sono in tantissimi altri film di Miyazaki, sembrava proprio una citazione continua, ma forse è semplicemente il suo universo che è popolato di questi elementi e, una volta che li conosci, li riconosci inevitabilmente in ogni film.
Tornata a casa, dopo averne parlato un po' con la mia amica per condividere impressione e frustrazione, perché anche per lei a livello emotivo non ha avuto l'impatto che ci aspettavamo, ho cercato un po' di opinioni online e ho salvato qualche post di tumblr. A quanto pare, oltre alla lettura più immediata dell'elaborazione del lutto e della condizione di malattia, c'è una metafora generazionale e anche una estremamente personale di Miyazaki rispetto al suo mestiere e alla sua storia con il suo mentore. Alcuni la leggono anche verso l'altra direzione, con suo figlio. In ogni caso sono ancora più convinta che a una seconda visione piacerà di più anche a me. Commuovermi però non lo so, vedremo quando sarà il caso, credo sia proprio una questione di ritmi e di investimento emotivo nei personaggi, non so se questi sono riusciti ad entrarmi nel cuore con la stessa immediatezza degli altri che di solito sono raccontati nei suoi film e in generale nei film dello studio ghibli.
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susieporta · 2 months
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Lasciami andare via!" disse il defunto.
Come posso lasciarti andare? Dove trovo le forze per farlo?
~Impiega le forze che usi per trattenermi: dirigile verso il tuo cammino di vita. Hai ancora tanto da fare: non sprecare il tuo e il mio tempo. Io ho bisogno di essere libero, io voglio essere libero! Non nutrirti della mia assenza: moriresti e non mi lasceresti mai morire. E' il mio momento, non il tuo!
Ma io ti voglio ricordare, ti voglio vivere ancora, ti voglio qui con me ogni giorno della mia vita!
~Facendo così mi legheresti a te in un mondo che non mi appartiene più. Questo non è amore: è possesso! Ora devo continuare il mio cammino. Ci incontreremo ancora, ma in altri mondi. Io voglio liberare entrambi da questa prigionia. E' una vita che mi preparo a morire: non rovinarmi questo viaggio!
Ho paura di perderti...
~Hai paura di perdere te stessa. Lasciami andare e incontrati davvero! Facciamo come quando siamo nati: ci diamo appuntamento dall'altra parte e fingiamo di non conoscerci. Saremo diversi: più consapevoli, più attenti, più veri! Ma ci riconosceremo! Sempre! Vivi però il resto dei giorni che ti rimangono come giorni di scoperta: della tua missione di vita! Non perdere tempo a frenare la mia corsa divina!
Proverò a lasciarti andare...
~E' l'unico modo... Per incontrarsi davvero.
Elena Bernabè
Art. dal web
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