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                     Selena Finalmente il grande giorno era arrivato, Selena era felice come una bambina. Non vedeva l’ora di entrare nella sala grande, chissà com’era stata addobbata. Era curiosa di vederla, nella sua testa aveva un’immagine ben precisa in mente ma era sicura che sarebbe rimasta comunque sorpresa. Per quanto buona fosse la sua immaginazione non era raro che gli addobbi dei balli superassero le sue aspettative. 
L’appuntamento con Miguel era nella sala comune dei Corvonero, poi sarebbero andati insieme al ballo. Era sembrata ad entrambi la scelta più logica dato che erano compagni di casa. Dopo essere passata a salutare Millie -che non l’aveva ancora perdonata per essere andata al ballo con Miguel- Selena scese le scale del dormitorio poco prima dell’orario stabilito. Si sedette sul divanetto dello spazio comune, ben attenta a non sgualcire il vestito, quando vide che Miguel era già lì. Stava benissimo, era molto elegante e sembrava più grande con quel vestito. “Miguel stai benissimo!” gli disse sincera alzandosi e andando verso di lui per salutarlo. Poi gli porse il braccio e si incamminarono verso la sala grande. Giunta lì rimase a bocca aperta: era tutto fantastico, oltre ogni aspettativa. Non aveva parole per descrivere lo spettacolo che le si presentava davanti agli occhi. Le uscì un debole “Wow” dalle labbra quando posó gli occhi sulle campanule, era come in estasi davanti a quella visione. Non capiva proprio le persone che non apprezzavano i balli, Millie stessa non aveva voluto venire e poi le aveva fatto una scenata perché aveva accettato di andare con Miguel. Inutile dire che la scenata era durata poco, ma da allora sua sorella la evitava come se avesse il vaiolo del drago. La convinzione di essere nel giusto e di averlo fatto a fin di bene e senza secondi fini le permisero comunque di non intaccare la sua felicità, gli sbalzi d’amore di Millie erano una costante, era abituata a non farsi condizionare.
                     Miguel Era raro che Miguel indossasse abiti nuovi, agli eventi di Hogwarts. La scuola di magia e stregoneria era piuttosto costosa e a casa non giravano molti soldi. Sin dal primo anno, infatti, si era abituato a non chiedere nulla ai genitori; gli andava bene così. Aveva quel tot di galeoni annui da spendere per piccoli sfizi - come le cioccorane - e per il resto: i suoi risparmi. Non si sarebbe mai aspettato dunque di ricevere in dono, una settimana prima dell’ultimo giorno di scuola, quel completo. Sopratutto perché ogni singolo pezzo l’aveva adocchiato in uno o nell’altro negozio, durante i mesi estivi, e, sì, sua madre Aleida effettivamente era stata presente ma, Gesù, Miguel aveva solo guardato! Non si era fatto uscire di bocca frasi come “ooh quanto lo vorrei”. Quindi.. come aveva fatto?
Giunta la sera della festa, con indosso quei vestiti Miguel si sentiva così affascinante che non avesse avuto già un’accompagnatrice, probabilmente sarebbe riuscito a rubarla a qualcuno; o almeno, si sarebbe convinto di potervi riuscire… poi per orgoglio e superbia a si sarebbe rintanato nel suo dormitorio. Ma non era quello il caso, perché la dama ce l’aveva; e che dama!  ❝ Tu stai molto meglio. ❞ Si pentì di quelle parole un attimo dopo averle pronunciate. Non era stato affatto poetico! Perché non dirle, a questo punto: “no stai meglio tu”. Idiota. ❝ Voglio dire… il nero ti dona tantissimo! ❞ 
Si sentì fortunato ad arrivare in Sala Grande assieme a Selena. Nel tragitto si perse nei suoi pensieri azzardando un paio di occhiaie al bel profilo di lei; aveva una cotta per Hailie da quasi due anni ma la bellezza della giovane al suo fianco era incontrovertibile; e lui da suo padre aveva ereditato il dono, se così si poteva chiamare, di saperla riconoscere. ❝ Bellissimo sì ❞ lui rimase particolarmente affascinato dalla cascata sfavillante lungo il perimetro. ❝ Che incantesimo c’è dietro, secondo te? ❞
                     Selena
                     Miguel
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Emmeline 𝚊𝚗𝚍 𝑺𝒊𝒓𝒊𝒖𝒔.  [﹙ #ᴀʀᴇꜱᴛᴏᴍᴇᴛᴩʀᴏᴍ ﹚]                        ₁₄ ɢɪᴜɢɴᴏ ₁₉₇₇                     ↷ #03
                          Sirius Amici e nemici. Ne è pieno. Saturo. Al punto che per gestirli tutti, avrebbe bisogno d'altre vite o di un qualcuno, dall'alto, che vi si dedichi al posto suo. Qualcuno di competente; che gli indichi anche il giusto modo di dimostrare riconoscenza a chi, nei suoi confronti, ha sempre nutrito un sincero sentimento d'affetto. Lui, baldo purosangue, semplicemente, non pare esserne è in grado. La sua famiglia, la freddezza dei Black, è stata la sua rovina ma anche la sua più grande giustificazione; la menzogna che rifila a se stesso per espiare i suoi peccati. La pura realtà invece, individua lui come unico responsabile di quel piccolo misfatto che è la sua vita. È un uomo libero infondo, e lo sa. Libero di pretendere i suoi diritti ma anche di farsi carico dei propri doveri. E, almeno per quella sera, se ne fa. Confeziona il suo piccolo pacchetto di presa di coscienza, dopo aver parlato con l'alticcio alter ego di James Potter, e lo fa recapitare, da un delizioso giovane dai folti capelli corvini e dal sorrisetto beffardo perennemente fuori luogo, alla signorina Emmeline Vance. « Mi concedi un ballo, cara amica? » Invece di piombare come un uragano, le si avvicina pacato. Porge una mano, galante, mentre la guarda senza velo alcuno. Per una volta non ha doppi fini. Si sente strano; umano.
                          Emmeline Emmeline deve ammettere che esistono ballerini migliori di Remus al mondo, ma non migliori accompagnatori. 
Si sono divertiti molto fino a questo momento, lei a farsi pestare i piedi e a ridere fino all'apnea e lui a cercare di non sembrare proprio così fuori luogo. La differenza fra loro è lampante, ma Emme non la vede; non vede un ragazzo di origini umili che cerca di mettere insieme due discorsi di senso compiuto a causa della sua timidezza e non vede il suo stesso portamento, rilassato eppure elegante come da abitudine nelle giovani di buona famiglia. Questa distinzione è totalmente annullata dai sentimenti reciproci che provano l'una per l'altro e che hanno il potere di farla ancora arrossire come una quindicenne. Rimangono insieme per tutto il tempo ad eccezione di uno stacco tra un ballo e l'altro. Due ragazzini del quarto anno stanno battibecchiando fra loro con tono coincitato e visto che Remus è un prefetto è logica la scelta di chi dovrà andare a placare quei turbolenti animi. Emmeline ne approfitta per sedersi un istante, sfilando le scarpe dal tacco alto senza che nessuno se ne accorga, sotto al tavolo. Sente la circolazione riprendere lungo le appendici e sospira di sollievo, almeno fino a che non nota uno sguardo fra la gente. Sorride a Sirius mentre si avvicina con fare delicato, ben diverso dal suo solito atteggiamento irriverente. Lo guarda avvicinarsi e pensa sia solo per un saluto, ma nel momento in cui le viene porta la mano, sempre senza celare lo stupore, si alza e appoggia la sua, dalla pelle diafana e le dita sottili, in quella più grande e sicura dell'altro. Gli fa un sorriso, ripresasi dalla sorpresa, prendendo con la mancina la gonna argentata di lato e facendo una piccola riverenza. 《Sarà un onore per me danzare con voi, messere.》 Risponde con tono soave e un sorriso smaliziato sulle labbra rosse.
                          Sirius Sembra più bassa; o meglio, alta come al solito, ma non alta quanto gli era parsa prima, mentre, con orgoglio al petto ed un caldo sorriso, aveva guardato uno dei suoi migliori amici danzare con lei. Remus, la cui paura più grande era - così credeva Sirius - quella di rimaner solo, limitato dalle condizioni di lupo mannaro, era quello che meno avrebbe dovuto preoccuparsene. Quell’eventualità, dal destino non era neppure contemplata, per persone buone come lui. La relazione con Emmeline ne è la prova vivente. « Ti sei rimpicciolita(?) » da voce alle sue perplessità, mentre, tenendole la mano, cammina all’indietro, accorpandosi agli student intenti a ballare sulle note di una canzone già cominciata. Solleva l’altra mano a quel punto, e quando la compagna fa altrettanto, le congiunge, posando quella con cui l’aveva guidata, sul fianco di lei. Sono cosparsi entrambi di brillanti, su un abito dal fondo scuro. Da fuori, devono sembrare una palla da discoteca. Un passo indietro, allunga il braccio, e lascia che la Corvonero volteggi. La riprende con maestria, sorridendo perché è quasi rimasto accecato. Il silenzio li ascolta nuovamente, assieme alla musica. Guarda James, Sirius, ancora al tavolo ma senza fiaschetta. « Come stanno i tuoi? »
                          Emmeline «Ah Merlino, hai ragione!» Cammina insieme a lui, tenendogli la mano mentre il ragazzo va alla cieca, all'indietro verso la pista da ballo. «Accio scarpe», sussurra prendendo la bacchetta delle balze del vestito ed evocando quelle maledette, che magicamente scivolano fra le persone e si posizionano di fronte a lei. Le infila nuovamente, alzandosi un pelo rispetto a prima e guardando Sirius col capo meno rivolto verso il soffitto. Intreccia le dita a quelle di Sirius, guardandosi un attimo attorno mentre l'altra si appoggia sul suo petto, sulla giacca elegante. «Scusami, sto controllando se c'è quella pazza della Travers nei dintorni. Non vorrei che mi arrivasse una maledizione senza perdono proprio ora che stanno per iniziare le vacanze estive.» Si lascia condurre da Sirius nelle danze, segue il suo sguardo fino a Potter con la coda dell'occhio e si lascia spostare, scivolando con eleganza sulla pista da danza. Il retaggio delle famiglie nobili, essere in grado di non sembrare paraplegici durante i balli. «I miei genitori stanno bene», risponde lei, sorridendogli grata per quel suo interessamento. «Hanno riaperto il negozio un paio di settimane fa. Niente di troppo eclatante, non volevano attirare l'attenzione. Mia madre mi ha chiesto spesso come stai, gli sei proprio rimasto impresso.» Non saprebbe dire se perchè lo ha visto o perchè ha sentito delle sue gesta. Infondo anche Deanna Burke è scappata di casa quando era davvero molto, molto giovane. Emmeline vorrebbe chiedere a Sirius come stanno i suoi, di genitori, ma poi si ritroverebbe a sperare con lui per il peggio. Walburga è davvero un personaggio conosciuto nell'ambiente magico e no, non in chiave positiva. Devia quindi il discorso verso cieli più aperti. «Tuo fratello come sta? Lo vedo gironzolare per la scuola», gli domanda sempre sorridendo. «E con fratello intendo James ovviamente. Regulus so che sta bene, almeno così sembra sul campo da Quidditch.»
                         Sirius Ride, per la battuta. Senza sbilanciarsi all’indietro come al solito poiché Emmeline si sorregge a lui nell’infilare le scarpe. Capitolare a terra, una sopra l’altro, non sarebbe affatto indicato. Una buona idea è invece cercare la Serpeverde anche lui; spinto proprio dai timori dell’amica. Non vorrebbe. Si era prefissato di trascorrere la festa in serenità e incrociare lo sguardo di Ambar sarebbe sufficiente a scatenare il putiferio. Eppure si ritrova a sondare la Sala Grande. Per precauzione.
La vede poco dopo. Emmeline e lei gli sta dicendo dei suoi genitori. È completamente vestita d’argento. Ha un fremito, lui, ma non c’entra l’abito: sta parlando con James. 𝐽𝑎𝑚𝑒𝑠. È quasi tentato di mollare la Corvonero seduta state per raggiungere i due. Prova una sensazione opprimente al centro del petto. A metà tra collera ed inquietudine. Ha paura che lei possa turbarlo ulteriormente; dirgli qualcosa di irreparabile. James non è nelle migliori delle condizioni, chissà cosa lo ridurrebbe a fare la Travers con quel suo caratteraccio.
Continua a guardarli, Sirius. Non fissamente, perché è impegnato con una dama e l’educazione impartitagli da sua madre, suo malgrado, talvolta ha la meglio sulla sua impulsività. Dunque l’ascolta e la guida in quella danza; non può farne a meno quando, delicatamente, la deve sospingere per la vita. In quei momenti sorride divertito, perché non è più uno sfiorare ma è una stretta decisa che si diverte ad enfatizzare. Si riscuote definitivamente solo quando viene menzionato suo fratello. 
« Bene credo » risponde con distacco. Pare sempre scivolare dietro una patina nebbiosa quando si tratta di Regulus. Sirius ha lasciato i Black appena prima di cominciare il sesto anno e d’allora, per orgoglio di lui e per rancore del minore, non si sono quasi più rivolti la parola. Ma poi Emmeline gli dice che si riferisce a James, allora cambia attitudine. Recupera parzialmente la buona predisposizione con la quale l’ha invitata a ballare e finge di aver intuito fin da subito a chi si stesse riferendo, continuando a dire: « cioè è un po’ turbato ma non credo pietrificherà qualcun altro prima di domani. » 
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Missione
╱   𝐈𝐍𝐆𝐑𝐄𝐒𝐒𝐎 𝐒𝐀𝐋𝐀 𝐆𝐑𝐀𝐍𝐃𝐄.       ╰【 #ᴀʀᴇsᴛᴏᴍᴇᴛᴘʀᴏᴍ 】   
             𝐷    𝑒   𝑎    𝑑    !              Uranus 𝙖𝙣𝙙 M𝙖𝙞𝙨𝙞𝙚 ╱𝟣𝟦 𝗀𝗂𝗎𝗀𝗇𝗈 𝟩𝟩              —   #arestomomentumrpg.                                       Maisie        Seduta a terra, scomposta, un bicchiere di succo di zucca in una mano ed un tovagliolo bianco nell'altra, Maisie aveva un'aria stralunata. Teneva la schiena contro la parete dell'ingresso che dava alla Sala Grande, e osserva gli studenti tornare nelle rispettive Sala Comuni guidati dal proprio capocasa.  
       Avrebbe dovuto essere anche lei con i Tassorosso. Pomona Sprite, la sua capocasa, era dentro che radunava i suoi studenti. Maisie tuttavia non voleva saperne di rientrare; non dopo quello che era accaduto.
       Si alzò frettolosamente per infilarsi dietro la grossa porta spalancata, quando passarono i suoi compagni; lasciando a terra il bicchiere con il succo. Professori come Filiius Vitious, uscendo dalla Sala e trovandola lì a terra, le avevano detto di aspettare lì che tanto i suoi compagni sarebbero usciti a breve. Ed era quel che aveva fatto... più o meno.
       ‹‹ Aspen! Aspen, ptss! ›› era un'abitudine, quella di chiamare le persone per il secondo nome. Se lo conosceva, è ovvio. Gli fece cenno con la mano un paio di volte. Sperava riuscisse ad uscire dalla fila senza dare troppo nell'occhio.
                                   Uanus Uranus si guardava intorno stralunato, cercava di capire se l’espressione terrorizzata ce l’aveva solo lui o anche i suoi compagni. Lui era un mezzosangue e neanche così abile con la bacchetta. Era appena finito il quarto anno quindi se qualcuno lo volesse morto ci riuscirebbe sicuramente. Non era così felice di tornare a casa con Voldemort nei paraggi. Avrebbe passato l’estate con un forte ansia perenne. Non vedeva l’ora di ritornare in sala comune, così da correre in camera e rifugiarsi sotto le coperte, a piangere magari. Ultimo della fila e con la testa china per via della preoccupazione che lo stava assalendo, non si era accorto che la sorella di Thomas Mulciber, quel Thomas Mulciber, cercava la sua attenzione sibilando quasi. Si girò verso la sua voce perché la sentì pronunciare il suo secondo nome; Aspen. « S... Steno? » Strabuzzò gli occhi quando la vide, non accorgendosi del bicchiere ai suoi piedi. Avvicinandosi, lo calciò rovesciando tutto il succo che c’era all’interno. « PER GIOVE!!!! »
                                   Maisie        Maisie era una disadattata; a fare amicizie non aveva problemi, né tantomeno ne aveva a mantenere saldo un rapporto. I meccanismi li conosceva tutti. Eppure, ovunque si trovasse, aveva sempre il sentore d’essere fuori posto. Essere affiancata da personaggi come Uranus, infatti, se per qualcuno poteva rappresentare un dramma, per lei invece era un sollievo. I casi umani la facevano sentire meno… diversa.        Questo naturalmente non significava che apprezzasse al cento per cento la loro compagnia. Sarebbe stata pazza, in quel caso! Le davano ai nervi tanto quanto gli altri studenti di Hogwarts, forse persino di più, ma lo riteneva un giusto prezzo da pagare. Dopotutto, quella che offriva lei non era vera amicizia e, è triste dirlo, quelli neppure se ne accorgevano.        ‹‹ ST-sta zitto cretino ›› soffiò arrabbiata, strattonandolo per un braccio fino a nasconderlo dietro alla porta insieme a lei. Per sicurezza gli tappò la bocca con l’altra mano; rifilandogli un’occhiataccia che avrebbe potuto incenerirlo.        Assicuratasi che avesse capito di non dover far rumore, lo lasciò andare ed azzardò una sbirciatina fuori del loro nascondiglio. Fortunatamente Uranus era uno degli ultimi della fila, il rumore del bicchiere aveva insospettito solo un paio di studenti. ‹‹ Bene, devi accompagnarmi a fare una cosa… ›› 
                                   Uanus Quella sera era stata devastante per lui; iniziò starnutendo potentemente addosso ad una ragazza, aveva parlato con la Tassorosso, suo capitano della squadra che gli aveva causato la sua prima erezione e Jamie, un ragazzo a suo parere fin troppo espansivo. La ciliegina sulla torta fu investire Miguel con una gomitata e averlo baciato scivolandogli addosso. Aveva dato quindi il suo primo bacio grazie alla sua sbadataggine. La serata finì con Maisie che stava violando il suo spazio vitale toccandolo e respirandogli addosso. Dopo aver cercato di darsi un controllo e capire la situazione delicata in cui si stava trovando, si calmò guardandosi intorno e domandarsi per quale motivo fosse stato “rapito” da lei. « Ac-Accompagnarti dici? » Sussurrò. Uranus era rimasto esterrefatto dalle sue parole, non riusciva a capire come la sorella del ragazzo più pericoloso della scuola volesse essere accompagnata dal lui, il ragazzino più sfigato della scuola. Non poteva chiedere a suo fratello? Strabuzzò gli occhi, guardandola in modo strano, come se fosse impazzita. « Non credo sia una buona idea, ti vedo molto furtiva e io sono... insomma... mi conosci! » Tutto lo conoscevano. Uranus era la persona più impacciata e combina guai di Hogwarts. « Perché non chiedi a... M-Mulciber? » Disse quel cognome a voce alta, con la fifa palpabile tra i denti.
                                   Maisie
                                   Uanus
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14 Giugno 1977 - Quasi le 23.00
                     Uranus La serata stava degenerando, non aveva mai intrapreso due conversazioni con due ragazze in poco tempo, senza rimettere qualcosa addosso alle persone in questione.
Tutto quel parlare però, gli aveva messo sete. O meglio, non sapeva se aveva bisogno di bere per dissetarsi, oppure per recuperare i liquidi che aveva perso parlando con Amelia. Perché se con Sharon non aveva sudato così tanto, con Amelia invece, si. Il ricordo di lui e lei seduti sul divano della casa comune di Tassorosso, con un grosso ed evidentissimo problema intimo, lo agitava a tal punto da confermare il suo essere sfigato.
Uranus si versava con estrema attenzione, senza far gocciolare, il punch all’interno del suo bicchiere. Era la prima volta che assaggiava quella bevanda ed era proprio curioso di sapere se gli sarebbe piaciuta o meno. Soddisfatto di non aver sporcato nulla, alzò il gomito per portarsi il bicchiere alla bocca e cominciare a sorseggiare il liquido colorato, nello stesso attimo che si girò verso destra. Urtò velocemente lo studente che era al suo fianco, perdendo dalle mani il bicchierino e per riprenderlo -salvarlo- goffamente con l’altra mano. Non serve dire che il punch era più addosso a entrambi i ragazzi, che all’interno del bicchiere.
Uranus non aveva proprio notato che vicino a lui, c’era Miguel; che evidentemente voleva pure lui bere o sgranocchiare qualcosa. Il Tassorosso non sapeva proprio cosa dire, era che fissava il disastro che aveva combinato con la bocca completamente spalancata.
                     Miguel Miguel aveva sempre fatto attenzione a non girare intorno ad Uranus. Erano anni che ci riusciva benissimo. Eppure, da quando avevano avuto lo spiacevolissimo incontro ravvicinato, sull’Espresso di Hogwarts e, sopratutto, da quando era stato ripreso da Loralyn Siegel - la quale l’aveva colto a parlare del sopracitato come fosse un fenomeno da baraccone - il Corvonero stava provando a comportarsi esattamente all’opposto del suo solito. Dapprima in realtà, si era giustificato dicendosi che lui non faceva nulla per sottolineare la condizione da emarginato del Tassorosso. Era cocciuto, Miguel; per di più, era amico di molti ragazzi impopolari e questo, secondo il suo imparziale giudizio, faceva di lui una brava persona; quella Loralyn non ci aveva capito niente di lui. Da qualche settimana tuttavia, come anticipato, aveva cominciato a rendersi conto che, pur non facendo nulla, con il suo semplice atteggiamento schivo, e riluttante, in qualche modo ci aveva messo del suo. Anzi, forse quel che faceva lui era persino peggio. Perché perlomeno, chi lo disprezzava, aveva il coraggio di farlo apertamente. Miguel però non si limitò solo ad individuare dove fosse il suo errore. Cercò anche di capire perché con Uranus si fosse sempre comportato diversamente e non avesse mai provato ad offrirgli amicizia - come, appunto, aveva fatto con altri studenti. Arrivò alla conclusione che, se non l’aveva fatto, la colpa era proprio Uranus. Gli aveva sempre dato l’impressione di non voler riabilitare la sua immagine. A supportare la sua tesi vi era il fatto che fosse amico di Thorfinn Rowle. Come poteva essere amico di uno di quelli che, per quel che sembrava a Miguel almeno, più lo maltrattava? Decise di avvicinarsi al tavolo del buffet proprio per prenderlo da parte e dirglielo; per offrirgli il punto di vista di una persona intelligente. Intelligente e disinteressata. Avrebbe fatto una buona azione sul serio quella volta, non a metà - perché comunque, secondo lui, parlare ad Uranus le volte in cui si erano incontrati, era sto indice di bontà d'animo. Camminando si ripeté mentalmente il discorso e, stranamente, si rese conto di quanto insensibile sarebbe stato, da parte sua. Sostanzialmente stava per andargli a dire “ehi, se non sono stato sinceramente gentile con te, e se ho sempre trovato pesante la tua presenza, è colpa tua che ti fai prendere in giro dagli altri”. ❝ Te mato. ❞ Karma. Fu il karma a far sì che Uranus gli rovesciasse addosso il punch. Attonito, Miguel guardò la bocca di Uranus spalancata, riuscendo solo a pensare che avrebbe fatto meglio a chiuderla, o gli ci avrebbe ficcato dentro un piede... era un po’ arrabbiato. Il vestito; le scarpe; era tutto nuovo ed ora gliel’aveva inzozzato! ❝ Dios mío, te mato. ❞
                     Uranus Uranus era sinceramente dispiaciuto per Miguel, per il suo completo rovinato e per l’ennesima figuraccia che faceva in sua presenza. Dopo aver chiuso la bocca, rendendosi conto che sembrava ancora più imbranato di quanto non lo sembrasse già, cominciò a balbettare lettere a caso perché non sapeva veramente cosa dire. Non sapeva come scusarsi, come rimediare al suo totale pasticcio che aveva causato. In più, sentire come sottofondo delle parole incomprensibili in una lingua che non conosceva (perché di spagnolo conosceva solo il saluto), lo agitavano ancor di più. Soprattutto perché il tono che stava usando Miguel contro di lui, era un tono alquanto minaccioso. Uranus voleva sotterrarsi. Quasi con le lacrime agli occhi per la situazione e lo stress generale di tutta quella serata, i suoi occhi vagarono su tutto il corpo di Miguel. Si muovevano velocemente così come il volto, così come le mani aperte portate quasi davanti al petto del colombiano. « SCUSA! » Urlò, in preda al panico. « SCUSA - SCUSA - SCUSA - SCUSA... » Continuò a chiedere perdono come un disco rotto, dopo quel momento di silenzio che lo fece ragionare; non sapeva come chiedere scusa? Lo fece a raffica cercando di non ascoltare quelle parole che gli sembravano fossero parolacce. Meglio le parolacce che minacce di morte. Si girò velocemente, continuando a chiedere scusa con un tono di voce alto e squillante, come se volesse farsi sentire. Come se, più la sua voce fosse acuta più avrebbe avuto possibilità per essere perdonato da Miguel. Ancora in preda all’imbarazzo, al panico di non poter fare nulla e di non trovare niente per pulirlo, cominciò a toccare qualsiasi cosa che c’era sopra il tavolo del buffet; bicchieri, contenitori colorati con schifezze croccanti varie, piatti con avanzi, e finalmente; tovaglioli. « USA QUESTI! » Urlò ancora. Uranus afferrò in malo modo e senza tatto, una cinquantina di fazzoletti di carta. Dalla velocità, ne perse alcuni a terra, i rimanenti che aveva ancora tra le mani erano completamente rovinati, a causa della sua stretta esagerata. « TIENI! NO È STATA COLPA MIA FACCIO IO! » Parlava a vanvera, con gli occhi sbarrati e l’agitazione che saliva ancora di più. « PULISCO QUI! ECCO ANCHE QUA, OH SANTO GIOVE MI DISPIACE, SCUSA-SCUSA-SCUSA-SC... » Era veloce nel parlare tanto quanto ad asciugare le macchie di liquido ancora visibili sul completo di Miguel. Non lo stava più a sentire, Uranus. Il non sapere cosa fare e il rimediare al suo sbaglio lo hanno portato ad una confusione terrificante. Così tanta confusione che non stava ascoltando se Miguel lo stava ancora rimproverando in spagnolo e con quel tono di voce timoroso. Era solo concentrato su sé stesso e su cosa poteva fare per rimediare. Pensò dunque di prendere altri fazzoletti, buttando a terra senza pensarci quelli usati fino a quel momento. « ASPETTA SEI ANCORA BAGN...» Dopo essersi girato per tornare a salvare il salvabile di quell’abito: « ...AAH! »scivolò con la punta del piede sopra quell’ammasso di fazzoletti bagnati che c’erano tra loro. Perse l’equilibrio in avanti ma senza cadere a terra. Non cadde rovinosamente a terra perché c’era Miguel a sostenerlo. Più che altro, c’erano le sue labbra. Mentre era scivolato in avanti, non aveva fatto a tempo di tenersi all’estremità del tavolo, successe tutto così in fretta che non ci aveva neanche pensato, in realtà. Quindi, anche a causa della vicinanza che c’ara già precedentemente tra i due, Uranus diede il suo primo bacio (se bacio poteva essere chiamato) grazie al suo essere un imbranato. Inutile dire che si tirò indietro subito dopo aver percepito le labbra di Miguel sulle sue; allontanando il viso con la stessa identica espressione di quando gli versò addosso il ponch.
                     Miguel Non gliene importava più niente; né del fatto che Uranus avesse bisogno di amici sinceri come lui, né dell’incidente. Ne aveva abbastanza. Per quel completo e per quelle scarpe, i suoi genitori avevano fatto dei sacrifici. Non lo stette a sentire. Ignorò tutte le sue scuse. Era pronto a detestarlo in silenzio fino alla fine dei suoi giorni. Uranus voleva sotterrarsi. Miguel voleva sotterrarlo. Livido, gli intimò di starsene zitto e fermo. Poco ci mancò che non lo bloccasse lui stesso. ❝ Oye, non mi devi toccare ❞ cercò di contrastare l’avanzata frenetica di quelle mani infazzolettate, con piccoli scatti scorbutici delle braccia. Il pavimento a loro circostante, nel frattempo, si colorava del viola dei tovaglioli: Uranus li stava indecentemente buttato a terra. 
❝ Ci penso io ❞ ripeté, fumante, provando a fare un passo indietro - due sarebbe stato meglio. Gliene strappò uno di mano e questa volta si dovette trattenere dall’istinto di spingerlo via. Non osava guardarsi intorno. Farlo, avrebbe reso evidente l’alta considerazione che aveva all’opinione altrui. Parte della sua collera si riconduceva a questo: si stava comportando esattamente come Hogwarts si aspettava che uno studente reagisse ad un danno inflitto da un soggetto con la reputazione di Uranus. Aveva visto studenti seviziarne altri per molto meno. Una ragazza di Grifondoro era stata cruciata senza che avesse fatto nulla di male; se lo ricordava bene. Lui non sarebbe mai sceso a quei livelli, ma non voleva neppure far la figura del debole che, difronte ad un torto, non faceva una piega. 
❝ Uranus non sto giocando, levami le mani di dosso o te lo giuro… ❞ urlare non gli piaceva, ma arrivato a quel punto anche la sua, di voce, era alta. Se ne accorse giunto al culmine della sua minaccia. S’interruppe per prendere un grosso respiro. Doveva essere superiore. Strinse i pugni. Guardò in basso, per concentrarsi su un qualcosa di stabile e non in frenetico movimento. 
Il bacio non lo vide arrivare. 
Tirò su il capo, deciso ad uscire da quella situazione e la faccia del Tassorosso gli piombò addosso senza che potesse dire o fare alcunché. Paonazzo come le sue scarpe, come la ciotola del punch, come le loro labbra a contatto; il fiato mozzo; occhi spalancati; Miguel rimase pietrificato. Fu l’altro, il primo a distaccarsi. Rotta quell’unione, per il Corvonero fu come recuperare il senso dell’udito. Tutti i bisbigli dei presenti, le risatine, la musica alta, le voci lontane, gli riempirono la testa. Lo stesso fece il martellare crescente del suo cuore. Saturo di tutto, dalla rabbia, non vide più Uranus, ma solo una sagoma sfocata. E gli tirò un pugno. 
                     Uranus Se Miguel non aveva visto le labbra di Uranus avvicinarsi alle sue, Uranus non riuscì a notare in tempo il pugno che Miguel gli tirò in pieno viso, prendendo in pieno lo zigomo sinistro.
Il Tassorosso un attimo prima pensava a che grave guaio avesse combinato. La figuraccia fatta con il Corvonero lo aveva fatto arrossire fino alle orecchie, ma era più spaventato riguardo alle voci di corridoio ad un’eventuale scontro con il Corvonero. Potevano essere letali le chiacchiere, lo sapeva molto bene Urina. Cosa avrebbero detto i loro compagni di casa? I ragazzi più grandi Serpeverde che non aspettavano altro che bullizzare i più piccoli? Era già Urina, era già un lurido mezzosangue, non voleva essere preso di mira anche a causa della sua sessualità, per quanto in questo caso non c’entrasse nulla siccome quel bacio era stato dato solo per sbaglio. Uranus si sentiva bene con sé stesso, non gli importava essere diverso sotto quel punto vista. Ma gli ignoranti avrebbero compreso che non era un male essere bisessuale? Mezzosangue, Babbano, o anche semplicemente impacciato e timido? Avrebbero reso la vita impossibile pure a Miguel? Uranus non se lo sarebbe mai perdonato. Un attimo prima aveva tutti questi pensieri che gli frullavano velocemente in testa, un attimo dopo sentì solo un dolore lancinante allo zigomo. Con quel pugno così veloce e carico di rabbia, non riuscì a scusarsi nuovamente. Emise solo una specie di grugnito misto ad un urlo di sorpresa -coperto dalla musica alta in sottofondo- che lo accompagnò fino al bordo del tavolo. Perché si, Uranus era così magrolino e basso che un pugno del genere gli fece prima girare il volto velocemente e poi perdere completamente l’equilibrio fino a girare quasi del tutto il corpo, o almeno, finché perdendo l’equilibrio la fronte non trovò lo spigolo del tavolone ben allestito. Un dolore lancinante sul petto a causa della vergogna del momento, una bruciatura sulla parte del viso sinistra a causa del taglio in cui le nocche di Miguel crearono sulla pelle liscia e bianca di Uranus, e la botta che iniziava a colorarsi di vinaccia intorno allo zigomo, erano nulla a confronto allo spigolo che colpì. Un colpo sordo per lo scontro, e poi il nulla. Uranus vide nero, il buio. Caduto a terra, rimase completamente privo di sensi.
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▸ ( #ᴀʀᴇsᴛᴏᴍᴇᴛᴘʀᴏᴍ )                     ᴠᴇɴᴇʀᴅɪ̀ ₁₄ ₀₆ ₁₉₇₇        ✩ ✩ ✩              ↻ 𝙁𝙪𝙤𝙘𝙤
     With: Thoɾfinn Rowɭe | 𝐺𝑟𝑒𝑎𝑡 𝐻𝑎𝑙𝑙.                    ✰  ★  ✰    
      【 🔥 】 Malgrado al suo fianco vi fosse Thomas Mulciber a farle da accompagnatore, la vista di Priscille con Thorfinn le provocò un forte fastidio per tutta la serata. Con la ragazza, Jacqueline, pur avendola in camera, aveva smesso di parlare da quando aveva saputo che sarebbe andata al ballo con il Tassorosso. E neppure era a conoscenza del trascorso "scottante" avvenuto tra i due giovani, mesi prima! Se solo l'avesse immaginato avrebbe fatto in modo di cacciare via tutti i francesi dalla scuola.
Ovviamente ce l'aveva anche con Rowle. Aveva programmato di non degnarlo neppure di uno sguardo, alla festa; per punirlo. Ma gli eventi la portarono a fare tutto il contrario. Stava giusto addentando un cupcake, quando udì del ragazzo che aveva rischiato di prendere fuoco sotto le scintille. Si interessò all'accaduto solamente per non rimanere indietro con i pettegolezzi e a quel punto scoprì di chi si trattava...
‹‹ Thorfinn! Thorfinn è tutto apposto? ›› facendosi largo tra la folla che accerchiava il giovane, gli si precipitò davanti correndo; le mani avvinghiate alla stoffa dell'ingombrante gonna, per evitare di inciampare sul vestito. ‹‹ Com'è successo? ›› domandò; i grossi occhi spalancati, ad accertarsi che non fosse rimasto scottato.
                     Thorfinn Se non fosse stato per le continue lamentele dei giorni precedenti da parte di Urina, Thorfinn non sarebbe mai andato al ballo. Il fatto di non aver avuto la prontezza di invitare Jacqueline l'aveva infastidito molto, ma poi le cose con Priscille avevano avuto una certa precoce evoluzione da spingerlo al punto di invitare lei al ballo. I due si erano appena separati, quando uno strano e improvviso calore lo pervase tra i capelli e poi lungo gran parte della schiena. Thorfinn fu quasi pietrificato, non riusciva a rendersi conto di ciò che gli stava accadendo, ma grazie alle urla di alcuni studenti fu attirata su di se l'attenzione dei professori, i quali in modo molto tempestivo riuscirono a domare le fiamme che oramai aveva preso il sopravvento sul caso del Serpeverde. Quando finalmente tutti cessarono di guardarlo una voce a lui molto familiare si fece strada tra la folla di studenti. « Jacqueline, sto bene. Non ti preoccupare. Non è successo nulla di grave. » Come era successo? Nemmeno lui aveva avuto il tempo di vedere la scintilla che aveva provocato tutto ciò. « Non ne ho idea, sarà stato colpa di un incantesimo difettoso. »
                     Jacqueline Tirò un sospiro di sollievo. A sentire le voci attorno, era stato salvato da William, Amelia ed una certa Emmeline. Avrebbe ringraziato la Bones in seguito; le stava sempre più simpatica. Non poteva dire lo stesso di suo cugino; si chiese infatti perché diavolo ronzasse vicino a Rowle. Sperava non fosse per quell’unica volta che lei e il Tassorosso erano andati alla cena del Lumaclub insieme. Neppure suo fratello Travor s’impicciava così tanto dei suoi affari, quando ancora andava a scuola. ‹‹ Devi assolutamente informare i tuoi genitori ›› imperativa, si rivolse a Thorfinn scuotendo il capo. Ancora non poteva crederci. Per fortuna l’idea di passare sotto quelle scintille infernali non le era balzata per la mente. ‹‹ Ci sarà sicuramente qualche legge a tuo favore; devi chiedere i danni. ›› Stava cominciano a parlare a raffica. ‹‹ A scuola come vai? Con un’incidente del genere scommetto che neppure ti possono bocciare  ›› lei ne avrebbe approfittato per farsi nominare prefetto, l’anno successivo. Parlò ad alta voce comunque, beccandosi le occhiatacce degli studenti più fedeli ad Hogwarts che alle loro stesse vite, evidentemente.
                     Thorfinn Thorfinn non riusciva a comprendere tutta la preoccupazione che Jacqueline stava mostrando nei suoi confronti, in fin dei conti loro due nell'ultimo periodo non avevano avuto molte occasioni per stare insieme e le loro strade avevano preso due percorsi ben differenti. « No, non informerò i miei genitori. Mi basta già che lo sappia mia sorella, non ho voglia di sentire mia madre e le sue scenate. » Tra i due quello più agitato era decisamente la Bulstrode, ed è per questo che Thorfinn va ad appoggiare entrambe le mani sulle spalle di lei come se con quel gesto volesse chiederle di rimanere calma e tranquilla, perché comunque lui stava bene. « Non rischio nessuna bocciatura e poi, no. Non mi abbasserei a tanto per delle stupide fiamme. » Odiava Jacqueline per aver accettato l'invito di Thomas, ma nonostante questo gli risultava difficile essere scontroso con lei. O meglio era quello che credeva il Rowle. « Dovresti tornare dal tuo cavaliere, non è stato carino da parte tua lasciarlo da solo per venire qua da me. »
                     Jacqueline Il problema di Jacqueline sostanzialmente era dare troppa importanza alle cose. Lei da quando il tassorosso l’aveva invitata alla cena del professor Lumacorno, si era convinta di aver consolidato un qualche tipo di legame con il ragazzo; che niente aveva a che vedere con l’amicizia. 
Certo si erano persi di vista, ma a differenza di quel che andava dicendo Jamie Young a sua insaputa, Jacqueline non aveva mai partecipato ad eventi accompagnata da qualcuno che non fosse solo un amico. E neppure aveva avuto relazioni! Ai tempi in cui suo fratello frequentava Hogwarts era stato letteralmente impossibile. Dunque non le sembrava così strano essersi preoccupata per Thorfinn. Fu felice quando le mise le mani sulle spalle. Avrebbe dato un eccessiva rilevanza anche a questo gesto, sicuramente, se solo lui non avesse proseguito dicendole di tornare da Thomas Mulciber. 
Ci rimase male. Era ovvio che non ci fosse nulla tra loro. I più belli di Serpeverde erano andati al ballo insieme; cose che capitano. Tuttavia, punta sul vivo dalla verità ( perché in cuor suo sperava che Thomas l’avesse invitata in virtù di un sentimento maturato negli anni - certo ) s’irrigidì. « Hai ragione » mosse un passo all’indietro, sgusciando via dalle sue mani.  ‹‹ Vado... buon proseguimento con Priscille. ›› Marcò il nome della compagna di stanza. La odiava. 
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Alysia 𝚊𝚗𝚍 𝑺𝒊𝒓𝒊𝒖𝒔.  [﹙ #ᴀʀᴇꜱᴛᴏᴍᴇᴛᴩʀᴏᴍ ﹚]                        ₁₄ ɢɪᴜɢɴᴏ ₁₉₇₇                     ↷ #05
                      Sirius Lasciare messaggi alle campanule, poteva essere fatto in due modi: in anonimo o firmandosi - metaforicamente. Alysia Williams sorprese Sirius. Perché a dispetto delle mille e più voci contraffatte udite quella sera, lei gli augurò un buon ultimo giorno di scuola lasciando detto "...e auguri a Sirius, che ci piace così com'è", senza nascondersi. L'apprezzò sinceramente. Soprattutto perché con la compagna aveva parlato poco e niente durante l'anno. Un gran peccato, questo; poiché ricordava d'aver passato giornate gradevoli assieme a quest'ultima, tempo addietro.
« Williams! » L'appellò da lontano, notandola con indosso un abito stravagante - assai bizzarra la moda magica! « Auguri anche a te! Sai già cosa farai quest'estate? »
                      Alysia *Alysia aveva scritto tante, tantissime parole, per ogni persona che aveva reso quell'anno diverso, pieno di emozioni, di gioia, aveva reso il suo penultimo anno meno solo e più...magico. Aveva scritto per Ivan, anche se lui ovviamente non era lì, aveva scritto per William, per Thomas, per Genevieve, per chi, ne bene e nel male aveva decorato la sua vita e poi aveva scritto a Sirius, con lui non aveva passato tanto tempo, ma quel tempo che avevano passato insieme non lo avrebbe mai dimenticato, avrebbe custodito quei ricordi sempre, perché era il suo ultimo anno e gli voleva bene. Quando uscì dalla campanula Alysia cercò di non darsi a vedere, era il suo regalo, non voleva in grazie, per questo si fece strada verso il tavolo delle bevande. Cercava di non farsi notare, mentre portava il punch alle labbra, ma tutto quel guardarsi attorno non servì a nulla, dal momento che lui la chiamò avvicinandosi. Aly si girò, il bicchiere tra le dita ed un sorriso sulle labbra* Grazie Sirius *Disse, poggiando il bicchiere, un lieve rossore sulle guance* Oh, non lo so ancora, fosse per me rimarrei qui, ma non posso, ancora devo pensarci, invece tu cosa farai? Idee, progetti? 
                     Sirius « Non lo so in realtà » disse sinceramente, gettando uno sguardo sul salone, dove individuò Avery. Continuando a guardare il Serpeverde responsabile, - insieme a Mulciber - d’aver reso un’inferno il quinto anno di Mary Macdonald, si pentì di non aver lasciato un messaggio anche a lui, nella campanula. Peccato che Sirius ignorasse i precedenti di Alysia e Thomas. Altrimenti l’avrebbe resa partecipe di quel che aveva in serbo per il Serpeverde. 
Tornando a posare gli occhi sulla Tassorosso, indugiò qualche istante sul suo abito. Era sempre un piacere ammirare le sue compagne in vesti più eleganti. Parlò solo dopo aver risalito la sua figura a partire dalla vita. Certo non era la McKinnon...  « Spero di poter raggiungere mio zio in qualche località esotica. » « Viaggia molto lui » sapeva già che non sarebbe andato. Suo zio gli aveva scritto una lettera il mese prima. Tuttavia era vero quel che “sperava”. Dunque non trovò errato esporle i suoi propositi. 
« E voglio prendere una moto. Sai, gli aggeggi babbani con due ruote » spiegò perché ricordava fosse per metà una Krum. Era probabile che non avesse idea di cosa stesse parlando. 
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James 𝚊𝚗𝚍 𝑺𝒊𝒓𝒊𝒖𝒔.
 [﹙ #ᴀʀᴇꜱᴛᴏᴍᴇᴛᴩʀᴏᴍ ﹚]                        ₁₄ ɢɪᴜɢɴᴏ ₁₉₇₇                     ↷ #02                      Sirius Trovò James accasciato su una sedia. Abbacchiato, con i gomiti poggiati al suo tavolo - poiché era diventato suo, dopo aver emanato disperazione da ogni poro. Ecco spiegato perché non l'aveva trovato in camera quando era rientrato per prepararsi. Aveva provato a chiedere a Remus ma neppure lui sembrava essere al corrente. « Vecchio mio, ci divertiamo di già? Da quanto è iniziata la festa, venti minuti? » Canzonatorio, gli tolse a fatica, di mano, la fiaschetta da cui stava trangugiando. Quel Grifondoro da strapazzo ovviamente aveva provveduto a portarsela da sé, l'essenza della felicità - e a sentire dall'odore, doveva essere whisky.
« Cos'è successo? Drammi in paradiso? »
                      James Non voleva rovinare la festa alla sua accompagnatrice, eppure il suo umore era letteralmente sottozero da quel che i suoi occhi avevano visto quella mattina. Avvicinò la fiaschetta alle labbra ed assaporò il sapore del whisky incendiario ancora una volta. Quel giorno sembrava che solo l'alcool potesse aiutarlo a tirarsi su di morale, ed infatti era ubriaco ancor prima che la festa avesse inizio. Allontanò la fischietta dalle labbra poco prima che Sirius si avvicinasse alla sua persona, ed alzò lo sguardo verso l'amico. " Ci voleva, non credi? " Lo guardò male, quando gli tolse la fiaschetta dalle mani, non pensando che l'altro ragazzo molto probabilmente lo faceva per il suo bene. " Ehi, quella è mia. Se volevi divertirti anche tu, bastava chiedere " Era il suo amico, a lui avrebbe passato la fiaschetta senza problemi. " Perché esiste il paradiso? Comunque sto bene, non si vede? "
                     Sirius Apprensivo, posò una lunga occhiata sul capo dell’amico, dall’alto del suo metro e ottantacinque, pensando alla sua triste situazione. James ridotto in quello stato, faceva male alla vista. Specialmente perché, anche se non gliel’aveva ancora confessata, immaginava già la ragione del suo turbamento. Trascinò fuori da sotto al tavolo una sedia, prendendola per lo schienale. Stancamente vi si sedé. L’avrebbe voluti prendere tutti e tre da parte - Peter, Jemma e James - obbligandoli a chiarirsi. Voleva bene a Jemma… ma quella situazione non riusciva a sopportala. I Malandrini ne avevano passate tante - quasi sempre per colpa sua. Quell’anno invece, dove era stato la versione migliore di se stesso, ci si metteva lei con i suoi problemi di cuore. Non avrebbe potuto scegliere modo peggiore per smettere d’essere la piccola bambolina che lo idolatrava in giro per i corridoi. « Prongs… coraggio. » « Ci sono tante ragazze alla festa. Amelia dov’è? »
                     James La colpa era stata tutta sua, dei suoi sentimenti. Inizialmente credeva di aver accettato che Jemma aveva scelto Peter e di poter convivere con ciò, ma poi dopo averli visti in certe condizioni tutto era cambiato, una cosa era pensare a ciò, una cosa era vedere con i propri occhi, ed era proprio per ciò che si sentiva distrutto, mentalmente e forse anche fisicamente, l'amore era una brutta bestia e giorno dopo giorno lo stava capendo, per questo si era comportato in quel modo e per questo era in quelle condizioni. " Lì ho visti sai? Erano nella nostra camera, ero appena rientrato...non sapevo che erano lì, erano nudi padfoot, nudi " Disse quelle parole quasi ridendo, anche se al contrario i suoi occhi erano lucidi. Rideva per colpa dell'alcool, rideva per non piangere, ma era la cosa più difficile da fare al momento. " Ora la fiaschetta, grazie " Allungo leggermente la mano verso l'amico, dopo quelle parole aveva bisogno di bere, non gli era bastato l'alcool che aveva ingerito fino ad allora per riprendersi al meglio.
                   Sirius Non piaceva neppure a lui l’idea di Peter e Jemma insieme; sapere che James li avesse sorpresi nel pieno di una sottospecie di attività sessuale gli piacque poco - sottospecie perché sebbene l’avesse visto in mutande, continuava a dubitava che Peter fosse un pene munito più o meno come un bambino continua a credere all’esistenza di babbo natale dopo aver visto i genitori mettere i regali sotto l’albero.  I suoi sospetti comunque si erano rivelati fondati. Se l’amico era a pezzi la causa principale era quel dannato triangolo. Mai, mai farsela con le amiche.
Sentiva la mancanza dei tempi in cui gli riempiva la testa di curiosità su Lily Evans. Anche perché gli era sempre piaciuta l’idea che loro, migliori amici, si fossero presi una bella sbandata per le migliore amiche (Lily e Marlene) dello stesso anno. Quando stava con Grace Rowle, difatti, aveva mantenuto un occhio di riguardo verso la Grifondoro. Alla luce degli eventi comunque, non se la sentì di tenergli sotto sequestro l’unica via di fuga - metaforica - a lui rimasta. 
« Va bene » facendo uscire il braccio dallo schienale della sedia gli restituì la fiaschetta « Ma datti una regolata Potter, ti concedo solo questa sera » per deprimerti, avrebbe voluto dire, ma non proseguì. Certo che l’amico avrebbe capito lo stesso.  « E vedi di non pietrificare nessun altro » si alzò, scavalcando con una gamba la seduta per assumere una posizione decente, e gli puntò due dita contro, alla “ti tengo d’occhio”. 
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Maɾy 𝚊𝚗𝚍 𝑺𝒊𝒓𝒊𝒖𝒔.  [﹙ #ᴀʀᴇꜱᴛᴏᴍᴇᴛᴩʀᴏᴍ ﹚]                        ₁₄ ɢɪᴜɢɴᴏ ₁₉₇₇                     ↷ #05                        Sirius  Tra le ragazze di sesto, Mary non è la sua compagna di follie. Mai lo è stata. Quel ruolo appartiene ad Hestia o a Dorcas - quando si stanca di tirargli contro i bolidi. Mary è l'amica che ogni ragazzo trova sulla sua strada; riservata, chiusa; è quell'amica che ti spinge a comportarti da amico, perché non puoi fare altrimenti; ne ha bisogno. E che lo spinge, nel suo caso specifico, a frenare il lato malandrino... il più delle volte, perlomeno.
« MacDonald, entriamo nelle campanule a lasciare messaggi minatori? »
                       Mary     mary non è solita dipendere dalle persone ed è anche per questo motivo che al ballo di fine anno ha voluto presenziare da sola, nonostante i numerosi inviti; purtroppo, però, vi sono anche degli svantaggi come l'essere sola con un bicchiere di champagne in mano accanto al tavolo del buffet. Fortuna che arriva Sirius in suo aiuto.    « per quanto mi sto annoiando ti direi di sì, ma non vorrei creare guai e poi — sono io quella che ti riporta nella buona strada, no? », ridacchia, bevendo l'ultimo sorso di champagne.
                      Sirius  « Su non essere noiosa. » Non bada al bicchiere dell’amica e, mani sulle spalle di lei, la guida verso una campanula. Entrare in due è contro le regole, rischiano d’essere ammoniti dai prefetti o - addirittura - dagli insegnanti. Sirius confida nella sua buona stella. Un guizzo di tessuto e si trovano dentro. « Comincio io, a Thomas Mulciber : alla stazione le prendi. Goditi il viaggio domani. » S’accende una luce dopo che ha fatto il nome del Serpeverde, e si spegne non appena finisce di parlare. 
« A te ora, cara Mary. »
                      Mary     « ehi! », esclama con sorpresa quando egli la trascina all'interno della campanula ed in men che non si dica Sirius comincia a parlare. Appena / quel / nome fuoriesce dalle labbra del giovane un piccolo brivido percorre il corpo sinuoso della grifondoro. per quanto abbia cercato di dimostrare a tutti che abbia superato benissimo l'attacco del quinto anno, non è affatto così, anzi, la notte fa fatica a dormire. dopo quelle parole ella ha paura che Avery e Mulciber, ma soprattutto quest'ultimo, si possano vendicare ancora su di lei.     «  sei un idiota, Sirius Black  », e detto ciò esce dalla campanula senza pronunciare ulteriori parole.
                      Sirius  « MacDonald » la chiama subito. Le spiace averla fatta arrabbiare tuttavia non può fare a meno di ridere sotto i baffi, è fatto così, dunque esita un istante evitando di farsi linciare dalla compagna per uno scoppio di risa. Allunga un braccio, prova ad afferrarla ma lei scivola fuori dalla fessura di tessuto prima che lui possa riuscirvi. « Mary ma che ho fatto!? » la segue. Sa un po’ di lamento il modo in cui l’appella, per la seconda volta; supplichevole, anche - per fare in modo che si fermi. Sirius davvero non ci arriva. Non è un gioco quel che ha subito la sua amica, ne è perfettamente consapevole. Tuttavia quello è l’ultimo anno del Serpeverde - no, anzi, l’ultimo giorno di scuola dell’ultimo anno di quella faccia da culo, quindi dov'è il problema nel preannunciargli la scarica di botte che prenderà? 
                      Mary     forse ha reagito in maniera eccessiva, ma non può bloccare il fastidio che ancor prova dentro di sé al sol esser coinvolta in qualcosa che riguarda Mulciber. E' consapevole che Sirius non lo ha fatto con cattiveria, ma sebbene sia l'ultimo anno del Serpeverde, ciò non significa che non può più farle del male, o addirittura incaricare qualcun altro di fargliene.     appena viene raggiunta dal ragazzo ella si volta e lo osserva con una patina velata sugli occhi e solo dopo alcuni istanti proferisce parola: «  preferirei che tu, o gli altri, non faceste nulla, nemmeno per scherzo. ormai la situazione è passata ed è meglio dimenticarla   », risponde ed infine gli regala un piccolo sorriso, per esser più convincente, ma in realtà non riesce convincere nemmeno sé stessa. la situazione è complicata e se solo avesse potuto dimenticarla in breve tempo, l'avrebbe fatto.    « possiamo anche cambiare argomento — no?», una pausa. « Mulciber è così ripugnante che mi viene il voltastomaco solo a nominarlo, per non parlare di Avery »
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Rupert 𝚊𝚗𝚍 𝑺𝒊𝒓𝒊𝒖𝒔.  [﹙ #ᴀʀᴇꜱᴛᴏᴍᴇᴛᴩʀᴏᴍ ﹚]                        ₁₄ ɢɪᴜɢɴᴏ ₁₉₇₇                     ↷ #06                          Sirius   Punch o non punch? Il quesito lo stava portando alla dannazione. Anziché godere delle frivole dichiarazioni d'amore a lui rivolte, poiché idealizzato dalle giovinette del castello, s'aggirava tra gli studenti gioiosi con quell'unico dilemma. Aveva da poco terminato un piacevole ballo con Emmeline, da cui - se possibile - ne era uscito come una persona nuova. Eppure, eccolo lì. Perso. Fermo, ora, al lato di una campanula, entro cui non aveva voglia di udire ulteriori /vacue/ dichiarazioni d'amore. Il volto incolore a mietere vittime di cuore, nel momento in cui poggiava lo sguardo su una ragazza, o l'altra, rimase in quello stato per qualche istante ancora. E le dita, a toccare il petalo del fiore dalle mille indistinte voci, indugiarono sulla piacevolezza suscitata al tatto. Le piccolezze della vita, cosa non erano. Ma questo maledetto punch, era il caso di berlo dunque? Tale domanda ne rivelava un'altra: sarebbe stato opportuno, dopo aver raggiunto la sala in compagnia della McKinnon; dopo uno scambio mite di significativi sguardi, mentre tra le sue braccia volteggiava l'amica di Corvonero; tornare da lei, con in mano due bicchieri colmi di liquido rosso? « Fratello, mi dicono che c'è un messaggio per te. » Si rivolse ad un Remus di passaggio, fermandolo per un braccio. Ilare nei modi. L'aveva lasciato lui, il segreto, ed in effetti era alquanto puerile. Degno di quel sorriso malandrino che sfoggiò subito dopo aver voltato le spalle al migliore amico, diretto al tavolo con il buffet. Al diavolo, doveva idratarsi.   ( . . . ) « L'ho voluto io cosa? » Discutere con Wilkes, da quando si era fatto bocciare, aveva perso il suo fascino - e di molto! Oltretutto, lui, a differenza di Goyle, era un tipo piuttosto rude. Fin troppo, per suscitare in Sirius il minimo interesse nel provocarlo. Non che comunque, non l'avesse spintonato di proposito per raggiungere la ciotola del punch. Perché l'aveva fatto eccome, è chiaro. Tuttavia era stato un gesto così, tanto per. « Oh scusa, c'eri prima tu? Tieni » ri-adagiò il mestolo e gli porse, mellifluo, il bicchiere appena riempito.
                         Rupert  Completamente solo, così era arrivato al ballo. Come sperava, dopotutto. Nessuna responsabilità, nessuno sforzo di apparire diversamente rispetto a com'era davvero solo per non far fare una figura barbina alla donzella che stava accompagnando. Si era vestito come voleva, aveva lasciato qualche messaggio sarcastico dentro le primule per qualcuno di cui ricordava solo il nome, sentito distrattamente durante le passeggiate in corridoio o perché le aveva sentito durante le discussioni disinteressate del suo gruppetto di amici, sopratutto da parte di Mulciber che si trovava spesso a parlare di ragazze che aveva frequentato o con cui aveva avuto una mera avventura di una notte. Aveva lasciato qualcosa anche per Susaɳe Lucy, due messaggi diversi ma impregnati della stessa squallida ironia tragica che lo caratterizzava. Il suo lavoro era fatto, adesso doveva solo bere e mangiare qualcosa prima di uscire da quell'inferno e "farmi i cazzi miei, Cristo Santo menomale che la fine è arrivata, non avrei resistito un mese in più qui dentro." Era ovvio che la sua serata stava andando fin troppo bene, comunque. Se ne rese conto quando ebbe la grave sfortuna di incontrare Sirius Black al tavolo del rinfresco, spaccone ed arrogante come sempre. Erano due facce della stessa medaglia. O meglio, a Rupert faceva piacere pensarla così. In Sirius Black era presente del marcio che stava attecchendo nel suo cuore e lo stava circondando con le sue edere spinose ed urticanti fino a soffocarlo del tutto. Solitamente Rupert non si sbagliava sulle persone, ma in questo caso aveva esagerato nella sua analisi in modo esorbitante. Certo, erano entrambi un po' arroganti, ma si trattava di un' arroganza diversa. Almeno, a Rupert non risultava che Sirius avesse mai bruciacchiato l'indice di un ragazzo con la sigaretta solo per essere stato chiamato "stronzo figlio di puttana." Ecco, appunto. « Hai già combinato abbastanza, Black. Non lo voglio il tuo punch del cazzo, da quello che so avresti potuto sputarci dentro. » Gli rispose, freddo, afferrando uno dei bicchieri dal tavolo. Ovviamente, chi pensava che Rupert avrebbe lasciato correre si sbagliava di grosso. Ecco perché la camicia di Sirius si era sporcata di rosa nel momento in cui il Serpeverde aveva preso in mano il mestolo. « Oh, scusa! Proprio non volevo, è stato involontario. »
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Marlene e 𝑺𝒊𝒓𝒊𝒖𝒔.
 [﹙ #ᴀʀᴇꜱᴛᴏᴍᴇᴛᴩʀᴏᴍ ﹚]                        ₁₄ ɢɪᴜɢɴᴏ ₁₉₇₇                     ↷ entrance                        Marlene Doveva ammettere al buon senso di Lily che, come le aveva suggerito perplessa non appena l'aveva vista vestita di tutto punto per il ballo, che muoversi all'interno di quell'abito non risultava una delle cose più semplici a cui abituarsi. Tuttavia, il risultato ottenuto non poteva che renderla soddisfatta mentre si dirigeva verso la tanto attesa festa. Se l'anno passato era stato tutt'altro che roseo, nei festeggiamenti per la sua fine Marlene aveva intenzione di dare tutta sé stessa per divertirsi e godersi la serata.
Percorrendo il corridoio che portava alle scalinate per raggiungere l'entrata della Sala Grande, notò la figura del compagno di Casa ferma ai loro piedi. Avvolto in un completo scuro tempestato da punti luce della stessa tonalità, a impersonare la versione più kitsch della costellazione di cui portata il nome - chissà se lo aveva fatto apposta; perfetto per il tema del ballo e molto bello indubbiamente.
  « Bel vestito, Black, scommetto che passerai inosservato. » esordì - palesemente sarcastica visto ciò che / lei / aveva indosso - annunciandosi alle sue spalle.
                       Sirius  Fortunatamente per Sirius, il buon senso di Lily non aveva dissuaso Marlene dall’indossare quel meraviglioso abito scarlatto. La giovane, bellissima, stagliandosi davanti al Grifondoro, lo lasciò ammutolito. In contemplazione. Sarcasmo o no, il ragazzoera certo non si sarebbe rivelata tanto diverso dalla realtà, quell’affermazione; al fianco della McKinnon sarebbe passato inosservato. « McKinnon stai benissimo. » Non sfoderò i suo sorriso sghembo; sembrò che mancasse qualcosa poiché il tono invece, l’aveva tinto, involontariamente, di quel misto d’ironica sufficienza che, invero, si traduceva come paura nel dire, senza mezzi termini, cose che lo rivelassero. « Aspetti qualcuno? » ora un piccolo accenno, si scorse; nell’angolo destro delle labbra sollevato.
                       Marlene « Ti ringrazio, stasera potrei anche crederti. » sorrise la ragazza, fermandosi davanti al compagno interrompendo il ticchettio delle scarpe sul pavimento di pietra. Alla sua provocazione faticò a trattenere un sorriso sghembo, che suo malgrado fece capolino sulle labbra, facendole ridere anche gli occhi. Il ricordo del drammatico "invito" da parte del giovane e del conseguente bisticcio era ancora vivo in entrambi, piacevole sottotesto che li legava. « Potrei farti la stessa domanda, ragazzo appuntato ai piedi delle scale. Quale povera studentessa hai plagiato per farti da accompagnatrice? » chiese appoggiando un gomito alla balaustra delle scale. E -- poteva forse essere stizza quella sfumatura nella voce?
                       Sirius  « Potresti anche credermi e potresti farmi la stessa domanda… » ripeté le parole di lei ad alta voce, come per analizzarle. Un Sirius riflessivo difatti, lento, scostandosi dalla balaustra congiunse le mani tra loro, un palmo sopra l’altro - nella tipica posa da bodyguard di cui fece un uso affettato - e avanzò d’un passo. « Stai tentando di accattivare la mia persona con quest’uso del condizionale? /Potrei/ anche cadere nella tua trappola se ammetti che vorresti esserti fatta “plagiare”, come dici tu, l’altra sera, dal sottoscritto- » Soffiò quelle parole avvicinandosi sempre più al suo volto, sorridendo, infine, sfrontato. Mani ancora congiunte davanti a sé, giù, all’altezza delle sue gambe; allungò un dito per sfiorare quella gonna impreziosita, tenendo lo sguardo fisso in quello della McKinnon. « -e che ti sei pentita. »
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