corsiperpizzaioli · 2 years ago
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scuola di pizza
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Se pensavi di dover rinunciare alla pizza nella tua ricerca di uno stile di vita più sano, ripensaci. Esiste una pizza sana che in realtà è buonissima! A seconda delle tue capacità e di ciò che sei disposto a fare, puoi mangiare la tua pizza e rimanere a dieta. corsi per pizzaioli
Opzione 1 - Pizza fatta in casa
Il modo migliore per garantire la qualità e ottenere esattamente quello che vuoi è preparare la tua pizza da solo. La parte più difficile di fare una pizza sana è ottenere l'impasto giusto. E siamo onesti, è il lievito che sta facendo la maggior parte del lavoro! Se hai una macchina per il pane in casa, tirala fuori. Sul web si trovano tantissime ricette di pasta per pizza integrale. In caso contrario, impastalo tu stesso. Impastare il pane a mano è rilassante e semplice.
Per quanto riguarda i condimenti, ecco perché andare con la pizza fatta in casa è perfetto: decidi tu cosa vuoi risparmiare. Forse ti piace davvero il formaggio, ma potrebbe interessarti di meno dei condimenti. Decidi tu quanto formaggio vuoi aggiungere. Decidi tu se preferisci consumare il tuo apporto calorico con i condimenti. È una tua scelta. Meraviglioso!
Opzione 2 - Metà fatta in casa e metà acquistata
Per questa opzione, puoi acquistare l'impasto per pizza integrale. Certo, non puoi sperimentare la ricetta per renderla perfetta secondo i tuoi gusti. Questo è uno svantaggio di questa opzione. Un altro è che è più costoso.
Se sei a corto di idee salutari per uno spuntino, puoi preparare la tua mini pizza. Prendi metà di un muffin inglese e usalo come crosta. Metti un po' di salsa per spaghetti, formaggio e i tuoi condimenti preferiti. Riscaldalo in un tostapane e avrai un delizioso dolcetto. Sano, anche.
Opzione 3 - Pizza acquistata
Questa è l'opzione peggiore secondo me perché dipendi dalle papille gustative di qualcun altro e sei limitato a ciò che viene portato nel tuo negozio di alimentari locale. Tuttavia, se non sei pronto per sperimentare, puoi acquistare una pizza "sana" surgelata. Assicurati solo di leggere le etichette per assicurarti che le calorie e i grammi di grasso si adattino ai tuoi piani.
Quindi, puoi avere la tua pizza sana e mangiarla anche tu. Che tu decida di farne una da zero, comprare un piccolo aiuto con la crosta o comprare il tutto, trova la pizza che ti piace di più e mangia!
PizzaItalianAcademy è da sempre l'unica vera scuola che organizza corsi professionali di formazione per pizzaioli in tutta Italia oltre che all'estero certificati a livello internazionale ISO 9001.
Grazie al nostro metodo consolidato da anni, con 4/5 ore al giorno e senza alcuna conoscenza di base ti faremo diventare un ottimo pizzaiolo nelle pizzerie accreditate PIA dove potrai da subito esercitarti in un vero ambiente di pizzeria, i nostri corsi sono individuali nel senso che sarai solo tu e il maestro o al massimo riservati a 2 persone per volta. Come lunghezza i nostri corsi partono dalle 2 settimane fino alle 8 settimane dipende da quanta pratica vuoi fare in pizzeria, perché piu tempo passi ad esercitarti con noi e più bravo diventi, e più bravo diventerai e più possibilità di trovare lavoro avrai una volta finito il corso! Solo cosi si può imparare veramente!
references
Storia della pizza
https://it.wikipedia.org/wiki/Storia_della_pizza
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corsoperpizzaiolo2 · 2 years ago
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corso per pizzaiolo
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Tutti amano la pizza. Chi diavolo non lo fa? Ma molte persone sono preoccupate per le loro abitudini alimentari. Tutti si preoccupano della salute al giorno d'oggi. Prima di tutto assicurati di avere una crosta integrale. Se esci a mangiare, non preoccuparti. Molti ristoranti che preparano pizze avranno variazioni più sane come la crosta integrale. È più ricco di sostanze nutritive e fibre per aiutarti a sentirti sazio prima. corsi per pizzaioli
Ottieni più salsa. Assicurati anche che sia fatto in casa con pomodori veri. I pomodori sono ricchi di vitamina C e antiossidanti che combattono il cancro. Prova a prendere anche la salsa come contorno per l'immersione. Evita di andare in fast food e in franchising perché è meno probabile che abbiano alternative più sane. I ristoranti gourmet sono le migliori scommesse. I posti italiani ovviamente hanno sempre pizzaioli e forni in mattoni per più gusto.
Ordinalo con formaggio leggero. Non esagerare con il formaggio. Anche se il formaggio ha calcio ed è una buona fonte di proteine, non dovresti averne un mucchio. Per quanto riguarda i condimenti, punta a più verdure piuttosto che a carne. Il famigerato condimento ai peperoni è più elaborato e grasso. Prendi la pancetta canadese se ti piace una pizza carnosa. È più snello e migliore per te.
Prima di ordinare la pizza prendi un'insalata di contorno in modo da sentirti più pieno quando arriva la pizza. In questo modo tenderai a non mangiare la fetta in più che desideri. Vedi la pizza può ancora essere molto piacevole con alcuni sostituti.
PizzaItalianAcademy è da sempre l'unica vera scuola che organizza corsi professionali di formazione per pizzaioli in tutta Italia oltre che all'estero certificati a livello internazionale ISO 9001.
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Storia della pizza
https://it.wikipedia.org/wiki/Storia_della_pizza
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susieporta · 2 years ago
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I 10 NON-COMANDAMENTI DI OSHO
1)NON UBBIDIRE AD ALCUN ORDINE AL DI FUORI DI QUELLO INTERIORE
Nessun altro saprà mai cosa è buono e giusto per te. Se soffrirai, sarà solo colpa tua. Se sarai felice, sarà solo merito tuo. Tu sei il responsabile del tuo inferno e del tuo paradiso. Nessuno ti può salvare. Essere felice o infelice è una tua scelta, ed è sbagliato credere che qualcun’altro possa farla per te.
2)L’UNICO DIO È LA VITA STESSA
Non è giusto credere che Dio sia un’entità al di fuori di noi. Noi ne siamo parte, e la nostra vita è il bene più prezioso che abbiamo.
3)LA VERITÀ È DENTRO DI TE, NON CERCARLA ALTROVE
Secondo Osho nasciamo come semi ed è nostro compito diventare fiori. Crescere o no dipende tutto da noi, da quello che facciamo e da chi vogliamo essere. Abbiamo dentro di noi la potenzialità di fare qualunque cosa. Le vie sono infinite. Sei unico, non hai bisogno di paragonarti agli altri. Devi essere orgoglioso di chi sei. Amati. Non hai bisogno di diventare un capolavoro, lo sei già. Ognuno lo è, a modo suo.
4)L’AMORE È PREGHIERA
“Non andare mai nella direzione che ti indica la paura. Va dove ti conduce l’amore, va nella direzione in cui ti porta la gioia”, disse Osho. Per lui la preghiera, così come l’amore, non può mai essere un mezzo per ottenere qualcosa. L’amore è fine a sé stesso: ama, ma non per ottenere qualcosa in cambio.
Ama e basta, senza possedere né lasciarti possedere. L’amore può esistere solo fra due persone libere che decidono di camminare l’una affianco all’altra.
5)IL VUOTO È LA SOGLIA DELLA VERITÀ: È IL MEZZO, IL FINE E LA REALIZZAZIONE
Nella nostra cultura siamo abituati a fare qualcosa continuamente. Chi non lavora, non studia e fa il nullafacente, è considerato un perdente. Si tende a pensare che non fare nulla sia sbagliato, che ti rende un individuo inutile. Invece, secondo Osho, siamo ossessionati dall’essere sempre in movimento. Il suo consiglio era di provare a rilassarti, non fare nulla e prenderti del tempo per te stesso.
“Non cercare di capire la vita, vivila! Non cercare di capire l’amore, entraci!” (Osho)
6)LA VITA È QUI E ORA
Quando parliamo del tempo, siamo abituati a dividerlo in passato, presente e futuro. Non ci rendiamo conto che il passato è solo una collezione di ricordi e il futuro è fatto soltanto di sogni. Il passato è morto e il futuro deve ancora nascere.
Guardiamo quello che abbiamo fatto e quello che faremo, senza pensare che la vita vera è qui e ora. Quello che conta è questo piccolo istante che stiamo vivendo, ed è importante viverlo fino in fondo perché non lo potremo mai più riavere.
7)VIVI TOTALMENTE DESTO
“Lo straordinario accade solo quando inizi a vivere le piccole cose ordinarie”, disse il maestro spirituale indiano. Non aspettare che accada qualcosa di straordinario, le cose straordinarie accadono ogni giorno sotto i nostri occhi. L’alba è meravigliosa e apre il cielo coi suoi colori ogni mattina, anche se nessuno è lì a guardarla. La gioia è l’antidoto ad ogni paura.
8)NON NUOTARE, FLUISCI
Smettila di controllare tutto e di predisporre ogni tua singola azione. Trasformati! Perché alla fin fine non importa quello che fai: importa ciò che sei.
9)MUORI AD OGNI ISTANTE, COSÌ DA ESSERE RINNOVATO AD OGNI ISTANTE
Se oggi fosse l’ultimo giorno della tua vita, saresti felice di fare quello che stai per fare? Prova a chiedertelo. Cerca di capire cosa vorresti per te e poi fallo davvero.
“La vera domanda non è se esiste la vita dopo la morte. La vera domanda è se hai vissuto prima della morte”
10)SMETTI DI CERCARE. CIÒ CHE È, È: FERMATI E GUARDA
“Il paradiso è qui, devi solo sapere come viverlo. E anche l’inferno é qui, e sai perfettamente come viverlo. È solo una questione di cambiare la tua prospettiva, il tuo approccio alla vita”
Osho
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tizianacerralovetrainer · 2 years ago
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LA VITA DOPO LA SPIRITUALITÀ
La vostra luna di miele con la "spiritualità", prima o dopo, finirà. Con un'imminente delusione. Ma sarà un addio prematuro, perché il vero amore è possibile solo dopo una simile separazione!
Una delusione nella spiritualità è necessaria per toglierle il suo fascino.
Se ne andrà la maggioranza di libri, e quelli che resteranno saranno come i vecchi amici: un paio di pagine al mese.
Se ne andrà la maggioranza delle pratiche, e starete molto bene con quelle che rimarranno. Come con quei vecchi jeans e maglietta...
E non avrete più la necessità di evitare ciò che credevate non spirituale.
La colpa cederà posto ad una benevola osservazione. Fare qualcosa con la consapevolezza o meno: questo non sarà un problema.
Sembra che diventiamo più pigri di prima, ma in realtà faremo di più perché non faremo più lotta contro noi stessi.
L'eterna ricerca cederà il posto ad una vita viva e profonda.
La speranza nel futuro sarà sostituita con l'attenzione a ciò che è adesso. Non ci sarà più ressa né fretta. Accetteremo il fatto che anche fare una deviazione dalla Via significa comunque restarci.
La vita dopo la spiritualità è l'inizio di una vera spiritualità; senza i fuochi d'artificio, senza le ovazioni. Andiamo dalla superficie verso la profondità, e poi rinasciamo profondamente "superficiali". La vita dopo la spiritualità è parecchio paradossale.
Il silenzio sarà una risposta ad ogni domanda che sorge. Il silenzio è una risposta. Nulla necessita di una spiegazione, è tutto aperto.
La vita dopo la spiritualità sarà dedicata a ciò che è veramente importante.
Tutto ciò che accade è la vita. Ogni situazione nasconde una possibilità. Il maestro è ovunque. La schiuma mentale se ne va, liberando il corpo, facendo uscire l'anima, scoprendo i sogni. Aprendoci a ciò che dobbiamo fare in questo mondo.
La vita dopo la spiritualità è un continuo morire. Qui abbiamo mille dolori e mille gioie che si mescolano in una canzone armoniosa, e noi diventiamo una musica. Un attimo che include tutti gli attimi.
(Nikolay Bulgakov)
Ph Alexander Grey, Unsplash
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diceriadelluntore · 4 years ago
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I miei dischi del 2020
In un anno dove sono stati cancellati migliaia di concerti, dove la natura dell’esibizione del vivo è passata solo attraverso il virtuale (e non è affatto la stessa cosa), c’è stato un certo fervore di creatività, nonostante per gli ovvio motivi che tutti abbiamo vissuto io ho comprato meno dischi dell’anno scorso (perchè anche in questo sono un compratore di antica razza, vado dal mio negozio di dischi, eroico a resistere ancora). Detto ciò, le mie scelte sono:
A Girl Called Eddy  - Been Around: il seguito, 16 anni dopo, che Erin Moran scrive al suo disco omonimo (A Girl Called Eddie) del 2004. Un disco che sa di Bacharach e Carole King, con una voce fenomenale, arrangiamenti usciti dagli anni ‘70, e una canzone, Someone's Gonna Break Your Heart, da pelle d’oca;
Fontaines D.C. - A Hero’s Death: irlandesi, post punk, che suonano chitarre affilate e potenti, un misto tra Pearl Jam, il folk irlandese e una dose di malinconia dei grandi gruppi anni ‘80, Un gran bel disco, canzone simbolo la malinconia e i paesaggi unici di Oh Such A Spring;
Pearl Jam - Gigatron: appena citati, Gigatron è un esperimento, donare all’aura rock della band di Eddie Vedder una natura più sofisticata, impersonificata dal suono Talking Heads del singolo Dance Of The Clairvoyants. Ma la classe la sfodera nella cara vecchia ballata Seven O’Clock, una delle mie canzoni del 2020.
Bruce Springsteen - Letter To You: registrato in 5 giorni con la E Street Band nel suo studio di registrazione casalingo, circondato da un mezzo metro di neve, come racconta nel libretto, un disco che sa di spiritualità, paure, la sensazione di essere un sopravvissuto, l’eco degli amici che non ci sono più (Danny Federici e Clarence Clemons, rimpiazzato da Jake, nipote del gigante sassofonista), delle paure di essere diventato vecchio. Un disco di bilancio, iniziato e pensato su una chitarra che un giovane fan italiano ha regalato a Bruce all’uscita dal Walter Kerr Theatre. Canzone simbolo Ghosts.
Phoebe Bridgers - Punisher: un gioiello! Al secondo disco, la per me sconosciuta Phoebe Bridgers fa un disco che sa di solitudine e melanconia, ma lo fa in un modo che riempie di emozioni, ed è una grande cosa. Una maturità impressionante, un mix di stili che sa di classe innata, riferimenti precisi tutti scritti nel libretto (che vi consiglio di leggere sempre bene, spesso nascondono tante spiegazioni), un disco che spiazza, come il bluegrass di Graceland Too.
Sault - Untitled (Black Is): nell’anno delle grandi manifestazioni per le questioni razziali degli ultimi 30 anni, una "colonna sonora" meravigliosa, opera del misterioso collettivo underground londinese, una sorta di Bansky musicale, prismatico razzo che proietta la musica soul e r&b nello spazio. Ascoltare Wildfires per credere.
Bob Dylan - Rough And Rowdy Ways: solo lui poteva anticipare il primo disco di inediti dopo Tempest (2012) con un brano da 17 minuti (Murder Most Foul, scritto riguardo l’omicidio di JFK). Un disco eccezionale, con tutta la classe di chi ha scritto la storia della musica, non senza guizzi inaspettati, come Key West (Philosopher Pirate) che porta in luoghi di ritrovo di bucanieri, cantastorie, truffatori...
Khruangbin - Mordechai: Band texana, nome thailandese, una musica che parte dall’elettronica ma lambisce le atmosfere di Ennio Morricone (ciao Maestro!), il funk, il suono Motown, il tutto con un tocco cosmopolita, in pieno senso world music. Canzone simbolo One To Remember.
Brunori SAS - Cip!: il disco della consacrazione, quella della “visione d’insieme” (parole sue). Un disco bello con idee anche azzardate per lui (i sintetizzatori di  Al di là dell’amore), e addirittura un brano chitarra e orchestra (Per due che come noi). Brano cardine: Anche Senza Di Noi.
Lucio Corsi - Cosa Faremo Da Grandi?: un nuovo grande cantautore, come forse serviva ai nostri tempi, un disco che sa di Dylan, alle fiabe dei maestri italiani, al folk d’autore degli anni d’oro. Cosa faremo da Grandi? dice bene cosa è diventato questo ragazzo maremmano.
E i vostri?
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crisaore · 4 years ago
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El tango de la muerte
Fei ansimava soddisfatta mentre scrutava la propria figura allo specchio sostenuta dalle braccia del maestro di tango. Ormai era qualche mese che si era iscritta al corso serale di danza mettendoci molto impegno. Anche il suo istruttore, Diego, l’aveva notato usandolo come pretesto per attaccare bottone. Per ora erano semplici amici, ma Fei si circondava il viso di cuoricini ogni volta che lo ammirava. Terminata la lezione rientrò al suo appartamento, in un condominio di periferia. Salite le scale, recandosi verso la porta di casa, scorse un piccolo pacchettino rettangolare sul proprio zerbino. Incuriosita lo sollevò interrogandosi sulla sua provenienza, in quanto riportava solo la scritta “Per Fei”; nel frattempo entrò, chiudendo poi l’uscio a doppia mandata per la notte. Scartò il regalo e trovò una lettera chiusa con un adesivo a cuore e una videocassetta. Nella missiva era presente una semplice scritta: “Ti ho trovata”. Il messaggio le fece raggelare il sangue. Prese la VHS e la inserì nel videoregistratore. Le immagini erano tutte riprese di Fei mentre svolgeva le sue attività quotidiane in diversi luoghi. Scoppiò a piangere e si fece pervadere dal panico. Terrorizzata, chiamò i genitori, ma essendo essi all'estero in vacanza, le dissero di rivolgersi alle autorità mentre si sarebbero organizzati per il rientro. Fei era certa che l’artefice di tutto ciò poteva essere esclusivamente Constantine, il suo ex. Un uomo, se tale si poteva definire, molto possessivo e che le aveva fatto passare anni intrisi di abusi, insulti e percosse. Aveva trovato la forza di lasciarlo in seguito all'ennesimo litigio, quando si rese conto che la sua esistenza di stava limitando a una semplice sopravvivenza. Reagì e lo denunciò con l'appoggio dei propri cari, cogliendo l'occasione per cambiare città e vita. Decise di rimanere sigillata in casa per quella notte, riuscendo a stento a riposare. Il mattino seguente si recò presso la caserma e riportò tutta la vicenda agli ufficiali, tra i quali vi era anche Diego, suo insegnante di tango, in quel momento in servizio. «Grazie signorina, abbiamo preso la sua deposizione e le faremo sapere, in assenza di prove» disse sbrigativamente il carabiniere più anziano. Diego, visibilmente scosso e affranto, si offrì invece di scortare la sua allieva a casa. I due ebbero modo di chiacchierare e questo fu molto d’aiuto a Fei. Giunti sotto al palazzo, Diego propose di accompagnarla fin sul pianerottolo, ma la donna insisté che non ce ne fosse bisogno. I due si accomiatarono promettendosi un appuntamento. Fei si guardò intorno circospetta per tutto il tragitto, dall’androne comune fino alla porta di casa, ma non notò nulla. Aprì la serratura e si intrufolò rapidamente. Non riuscì tuttavia a richiudere l’uscio, perché sentì una forza spingere dall’altro lato: era Constantine, il quale con uno spintone fu in grado di entrare. «Tesoro mi manchi così tanto… Ti prometto che cambierò, dammi un’altra possibilità» si mise a pregare l’uomo con un’aria da cane bastonato. Fei respinse quelle menzogne sapendo che era un individuo bugiardo e pericoloso. Questo lo indispettì molto, così la afferrò per un braccio strattonandola. Lei cercò di ritrarsi ma, vista la differenza di forza fisica, lui riuscì a tenerla attaccata a sé sussurrandole di essere deciso ad averla di nuovo nella sua vita. Fei cercò in tutti i modi di divincolarsi. Constantine nel frattempo le strinse sempre di più il braccio e la prese anche per i capelli. Fece un ultimo tentativo di fuga tirandosi indietro con forza. Il vile la lasciò e la donna scivolò battendo violentemente la nuca contro lo spigolo di una mensola di marmo. Pian piano il pavimento cominciò a tingersi di rosso. La vittima rimase immobile a terra mentre l’uomo vigliaccamente si dileguò. I pensieri di Fei si facevano via via più confusi. Iniziò a non percepire più i confini con la propria immaginazione; le sembrò di danzare insieme a Diego con un abito rosso fuoco. Un mondo fatto di musica e tango in cui esistevano solo pace e passi di ballo senza problemi o ansie. Si sentiva sempre più leggera e serena mentre il vestito che indossava tingeva tutti i suoi pensieri inondandoli di sangue fino a che quella divenne l'unica visione, sia nel sogno che nella realtà.
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papesatan · 5 years ago
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i shot the sheriff
Sheriff se n’è andato, maestro vado via di Italia, oggi sono Francia, forse domani Spagna, inchallah. Ma a essere onesti non è che se ne sia proprio andato, Sheriff, no, è stato cacciato. Perché la questura un giorno entra in camera tua e dice “Forza, prendi le tue cose e vai, non puoi più dormire qui, te ne devi andare” “E dove dormo?” “Non qui”. E non scorderò mai la dignità con cui quella sera m’ha chiamato per disperazione, senza cadere mai nel panico, senza mai chiedermi niente, se non la possibilità di sfogarsi ed essere ascoltato, rassicurandomi lui stesso, con lucida tranquillità che sì io ce la fo, ora vede, ora pensa, ma andrà tutto bene, inchallah, quando invece tutto ciò a cui riesci a pensare in quell’istante è l’incubo d’un domani senza tetto e senza più nulla. Mi incazzo contro un sistema che palesemente non funziona, se un ragazzo bravo, intelligente, educato e volenteroso come Sheriff viene sbattuto fuori dal mondo a calci in culo, e le stupide teste di cazzo come quel candemonio di Sarjo restano tranquille e beate a tentar di capire come fregare il prossimo. Perché a Sarjo non importa un cazzo d’imparare l’italiano, tanto lui parla inglese, e quindi fancullo italiano, Italia fancullo. Passa le giornate a litigare con tutti, vicini e lontani, abbaiando rabbioso e prepotente “Why!” “Why!” “Why!”. Una sera mi strappa gli auricolari dalla tasca e dice: “Now they are mine, you can buy another pair” no gli dico, riprendendomeli, “If you want them buy them”, “WHY! I don’t have money!” “It’s not my problem” e ride a denti gialli. Sarjo, che lavoro vuoi fare? “Bonjorno” e via tutti a ridere, ché nel loro argot il lavoro del bonjorno è quello di chi si piazza fuori dal supermercato per chiedere soldi in cambio di un saluto. Bravo Sarjo, tu hai capito tutto dell’Italia. E invece rompiamo le palle a chi c’ha voglia di studiare, tipo Princess, la prima della classe, che improvvisamente smette di venire a scuola (e non è più venuta) e dopo due settimane scopro che un giorno sono entrati in camera sua e le hanno detto tu domani te ne vai. Trasferita. Stai a Barletta? No, domani vai a San Ferdinando. E come faccio ad andare a scuola? Cazzi tuoi. Perché qui nessuno ti chiede niente, chiariamoci, si tratta di merce e alla merce non si chiede mai la volontà, si sposta, si compra e si vende. Emmanuel, l’idolo di Naomi, aveva un lavoro a Lecce, un contratto, una vita, no gli hanno detto, tu domani vai a Bari. E te ne vai. E sarò noioso e ripetitivo, ma io sento il dovere, oggi più che mai, di raccontare queste storie, le parole, i sogni e le paure di queste persone. È importante che qualcuno sappia che Ibrahim è incazzato, perché le donne di mezz’età li adescano sulla spiaggia a Taranto, offrendogli aiuto in cambio di sesso. Sarjo dice sì, buono, I will go with them hehehe e Ibrahim s’incazza perché “on n’est venu ici pour baiser. On a laissé le baiser au pays. Elles ne veulent pas nous. Elles veulent seulement baiser, matin, midi et soir” e s’incazza perché non capiscono, dice, non capiscono che se noi abbiamo i documenti, e abbiamo un lavoro, poi inizieremo a pagare le tasse, a comprare cose, ad aiutare l’economia. Ibrahim s’incazza perché lui sa perché è scappato, quando aveva l’Isis alle calcagna e la necessità di lasciare il Mali perché ricercato, con l’unico scopo di non finir trucidato. La sua storia è buona, dice, ma il giudice gli ha dato il negativo. E l’altro giorno mi fa “dobbiamo fare film” e la settimana dopo scopro che è stato scelto con altri tre ragazzi per girare il nuovo film di Checco Zalone. Mi racconta l’esperienza, ridendo “C’est difficile, quoi! On ne devait pas bouger, on ne devait pas rire”, la ricostruzione della Libia era così fedele che molti suoi amici son scoppiati in lacrime e volevano andar via, perché credevano d’esser tornati in Libia. Il venerdì mi dice che è stato richiamato per il giorno dopo, girerà altre scene, guadagnerà altri 100 euro e sono contento, ma poi il sabato lo vedo a scuola, Ibrahim, e il film? E lui risponde: “No, maestro, io volio imparare bene l’italiano. Scuola più importante”. E io non posso far altro che guardarlo spento e abbracciarlo, ché già so come va a finire, ma inchallah ce la faremo. Inchallah.
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weirdesplinder · 5 years ago
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Festivaletteratura Mantova 2019
Quest’anno ho deciso di iniziare a parlarvi del Festivaletteratura di Mantova, una kermess dal sapore internazionale dedicata ai libri che si tiene nella mia città ogni anno all’inizio di settembre, con largo anticipo perchè si preannuncia un’edizione BOMBA che avrà ospiti scrittori strafamosi e acclamati a livello internazionale, perciò voglio che siate preparati a prendervi qualche giorno di ferie e organizzare un viaggetto a Mantova, che tra l’altro è anche una città molto suggestiva e ricca d’arte da visitare.
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Iniziamo col dire che l’edizione del FESTIVALETTERATURA di MANTOVA 2019 si terrà da mercoledì 4 a domenica 8 settembre 2019.
Ospiti d’eccezione fra i tanti autori presenti: Margaret Atwood, narratrice canadese di fama mondiale, ora ancora più conosciuta grazie alla serie televisiva tratta dal suo racconto distopico Il racconto dell’ancella, il cui seguito atteso da anni dai lettori uscirà in Italia il 10 settembre 2019 col titolo I testimoni.  la scozzese Ali Smith, più volte candidata al Nobel; Jeffery Deaver, autore di gialli/thriller che ha conquistato il pubblico di tutto il mondo con il ciclo di romanzi con protagonista Lincoln Rhyme, il romanziere statunitense Dave Eggers, autore del libro distopico futurista Il cerchio da cui è stato tratto il film omonimo con Tom Hanks e Emma Watson ; Bernhard Schlink, autore tedesco tra i più tradotti al mondo autore tra gli altri di Il lettore (o A voce alta) opera sul senso di colpa post bellico della Germania dopo la fine della seconda guerra mondiale divenuto anche un famoso film con Kate Winslet che le è valso l’Oscar;  Ian McEwan autore di Espiazione e molti altri libri ormai divenuti veri e propri classici,  lo scrittore e saggista statunitense Jonathan Safran Foer autore di Ogni cosa è illuminata;  Pilar del Rio giornalista e traduttrice spagnola nonché vedova di José Saramago, il premio Pulitzer Colson Whitehead autore di La ferrovia sotterranea, Gail Honeyman autore di Eleonor Oliphant sta benissimo;  David Nicholls, sceneggiatore e autore di romanzi sentimentali di grande successo come Un giorno diventato anche un film, Tony Sandoval, autore di graphic novel perennemente in bilico tra il gotico e il fantastico,  e poi ancora Dacia Maraini ed Erri De Luca, Stefania Bertola, Licia Troisi, lo scrittore fantasy Jonathan Stroud e molti altri ancora! 
Ma oltre al Festival, a tutti questi scrittori e al turbinio di libri presenti, ci sono due motivi in più per venire a Mantova il 5 e il 7 settembre, io (Mariachiara Cabrini alias Weirde) e Francesca Cani faremo due incontri aperti al pubblico totalmente liberi senza bisogno di biglietti o altro per presentare il nostro romanzo storico edito da Fanucci, L’Elisir di Mantova.
Ci farebbe veramente piacere potervi conoscere dopo anni che ci parliamo tramite internet e condividiamo le nostre letture e questa credo sia veramente una buona occasione per farlo. Perchè non verreste solo per noi, ma potreste anche prendere parte ad un Festivaletteratura veramente ricco.
Fateci sapere se siete intenzionati a fare un viaggetto a Mantova e vi daremo tutte le dritte giuste per arrivarci e soggiornarvi. Le date in cui noi saremo presenti sono il 5 e il 7 settembre, più avanti vi daremo più dettagli. Per ora vi dico che non vediamo l’ora di potervi conoscere e parlare un poco con voi!
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Alcuni dei libri del Festivaletteratura 2019:
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Il racconto dell’ancella
Margaret Atwood
In un mondo devastato dalle radiazioni atomiche, gli Stati Uniti sono divenuti uno Stato totalitario, basato sul controllo del corpo femminile. Difred, la donna che appartiene a Fred, ha solo un compito nella neonata Repubblica di Galaad: garantire una discendenza alla élite dominante. Il regime monoteocratico di questa società del futuro, infatti, è fondato sullo sfruttamento delle cosiddette ancelle, le uniche donne che dopo la catastrofe sono ancora in grado di procreare. Ma anche lo Stato più repressivo non riesce a schiacciare i desideri e da questo dipenderà la possibilità e, forse, il successo di una ribellione. Mito, metafora e storia si fondono per sferrare una satira energica contro i regimi totalitari. Ma non solo: c'è anche la volontà di colpire, con tagliente ironia, il cuore di una società meschinamente puritana che, dietro il paravento di tabù istituzionali, fonda la sua legge brutale sull'intreccio tra sessualità e politica. Quello che l'ancella racconta sta in un tempo di là da venire, ma interpella fortemente il presente.    
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Inverno
Ali Smith
Una vigilia di Natale in una maestosa e decadente villa in Cornovaglia. Quattro personaggi che in tre giorni di festa, mettono a confronto diverse generazioni, sensibilità, visioni del mondo e provando in qualche modo a convivere. Secondo capitolo della tetralogia che Ali Smith dedica alle stagioni, Inverno alterna riferimenti alla drammatica attualità contemporanea (la Brexit, Donald Trump, i cambiamenti climatici) e luminosi tocchi di realismo magico, intessendo le pagine di allusioni letterarie (da Dickens a Shakespeare).
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Il taglio di Dio
Jeffery Deaver
Diamond District, Manhattan. Jatin Patel, maestro tagliatore di diamanti, giace esanime sul pavimento del suo laboratorio. Pochi metri più in là, una giovane coppia di fidanzati. Hanno caviglie e polsi legati, la gola tagliata. La scena che la squadra di Lincoln Rhyme si trova di fronte, un sabato mattina qualunque nelle stanze della Patel Designs, ha tutti i numeri della classica rapina finita male. Ma per Amelia Sachs qualcosa non torna. I diamanti lavorati non sono stati portati via, e l’assassino si è accanito sulle vittime con una brutalità che suggerisce un movente diverso. Per sposare definitivamente la tesi che dietro all’omicidio si nasconda altro, basta leggere il messaggio sgrammaticato e delirante che il killer ha inviato alla stampa. Non è la prima volta che Rhyme deve entrare nella mente allucinata di un assassino. Se non fosse che la follia del Promittente, così si è firmato, è eguagliata da un’abilità e una lucidità fuori dal comune. Per quanto un errore l’abbia già commesso, un errore che lo potrebbe incastrare.     
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Il cerchio
Dave Eggers
"Mio Dio, questo è un paradiso" pensa Mae Holland quando fa il suo ingresso al Cerchio, la più influente azienda al mondo nella gestione di informazioni web. Mae adora tutto del Cerchio: gli open space avveniristici, le palestre e le piscine distribuite ai piani, la zona riposo con i materassi per chi si trovasse a passare la notte al lavoro, i tavoli da ping pong per scaricare la tensione, le feste organizzate, perfino l'acquario con rarissimi pesci tropicali. Pur di far parte della comunità di eletti del Cerchio, Mae accoglie la richiesta di rinunciare alla propria privacy per un regime di trasparenza assoluta. Nessun problema per Mae, tanto la vita fuori dal Cerchio non è che un miraggio sfocato e privo di fascino. Almeno fino a quando un ex collega non la fa riflettere: il progetto di usare i social network per creare un mondo più sano e più sicuro è davvero privo di conseguenze?          
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Il lettore
Bernhard Schlink
Germania, fine anni Cinquanta. Mentre il paese cerca di archiviare definitivamente gli orrori della guerra, il quindicenne Michael Berg cerca di lasciarsi alle spalle i giorni maledetti della sua adolescenza. Svanita l'itterizia che lo ha costretto a letto per un intero inverno, ora può avventurarsi di nuovo per le strade della sua città, e raggiungere la casa di Hanna Schmitz, la sconosciuta trentenne che lo ha soccorso un giorno d'ottobre in cui, di ritorno dalla scuola, la malattia si era fatta sentire con violenza. Occhi azzurri, capelli biondo cenere, il volto spigoloso ma femminile, Hanna Schmitz esercita un'attrazione fatale sul ragazzo. Nella sua casa, un modesto appartamento in cui la stanza più grande è la cucina, Michael riceve la sua iniziazione alla vita sentimentale. Un'iniziazione fatta di travolgente passione e pudori, interrotti di tanto in tanto da uno strano rituale imposto dalla donna: la lettura ad alta voce da parte del ragazzo dei classici della letteratura tedesca. Un giorno, però, Hanna svanisce nel nulla senza lasciare traccia, gettando Michael nella più cupa disperazione. Alcuni anni dopo, il ragazzo, divenuto studente di legge, la rivede in un'aula di tribunale in cui si celebrano i cosiddetti "Auschwitzprozesse"... in veste di imputata.   
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Nel guscio
Ian McEwan
La gravidanza di Trudy è quasi a termine, ma l'evento si prospetta tutt'altro che lieto per il suo piccolo ospite. Ad attenderlo nella grande casa di famiglia (e nel letto coniugale) non c'è il legittimo marito di Trudy e suo futuro padre, John Cairncross, poeta povero e sconosciuto, innamorato della moglie e della civiltà delle parole, ma il fratello di lui, il ricco e becero agente immobiliare Claude. Dalla sua posizione ribaltata e cieca, il nascituro gode nondimeno di una prospettiva privilegiata sugli eventi in corso, ed è lui a metterci a parte di una vicenda di lutto e di sospetto dagli echi assai familiari. Certo, i due cognati fedifraghi, Trudy e lo zio Claude, non hanno regni nordici cui aspirare. Ma amletico è il crimine orrendo che il narratore vede (o meglio sente) arrivare,Se nel testo shakespeariano l'origliamento, l'atto di spiare e raccogliere informazioni rovistando i recessi e gli anditi del regno, è spesso motore dell'azione, nel guscio l'udito è il senso privilegiato per ragioni fisiologiche, e a essere rovistati a pochissima distanza dal capo dell'inorridito narratore sono spesso e volentieri i recessi e gli anditi del corpo materno. Mentre all'orecchio non sempre affidabile del nostro eroe non-nato si dipana la tragica detective story, nella manciata di giorni che separano il suo «esserci» dal suo protetto «non-esserci» ancora, e il nascituro ha tempo di riflettere su di sé, sulla complicata faccenda dell'amore, sul mondo, coi suoi orrori contemporanei e con le sue desiderate meraviglie. Ha tempo e curiosità sufficienti per farsi domande, interpretare i segni della sua realtà mediata, contemplare azioni e concludere che la sua sola salvezza, la salvezza dell'uomo, sta forse nell'esitazione.     
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Molto forte, incredibilmente vicino
Jonathan Safran Foer
A New York un ragazzino riceve dal padre un messaggio rassicurante sul cellulare: "C'è qualche problema qui nelle Torri Gemelle, ma è tutto sotto controllo". È l'11 settembre 2001. Tra le cose del padre scomparso il ragazzo trova una busta col nome Black e una chiave: a questi due elementi si aggrappa per riallacciare il rapporto troncato e per compensare un vuoto affettivo che neppure la madre riesce a colmare. Inizia un viaggio nella città alla ricerca del misterioso signor Black: un itinerario ricco di incontri che lo porterà a dare finalmente risposta all'enigmatico ritrovamento e ai propri dubbi. E sarà soprattutto l'incontro col nonno a fargli ritrovare un mondo di affetti e a riaprirlo alla vita.       
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La ferrovia sotterranea
Colson Whitehead 
«La ferrovia sotterranea» è il nome con cui si indica, nella storia degli Stati Uniti, la rete clandestina di militanti antischiavisti che nell’Ottocento aiutava i neri a fuggire dal Sud agli stati liberi del Nord. Nel suo romanzo storico dalle sfumature fantastiche, Colson Whitehead la trasforma in una vera e propria linea ferroviaria operante in segreto, nel sottosuolo, grazie a macchinisti e capistazione abolizionisti. È a bordo di questi treni che Cora, una giovane schiava nera fuggita dagli orrori di una piantagione della Georgia, si imbarca in un arduo viaggio verso la libertà, facendo tappa in vari stati del Sud dove la persecuzione dei neri prende forme diverse e altrettanto raccapriccianti. Aiutata da improbabili alleati e inseguita da uno spietato cacciatore di taglie, riuscirà a guadagnarsi la salvezza? La ferrovia sotterranea è una testimonianza scioccante – e politicamente consapevole – dell’eterna brutalità del razzismo, ma si legge al tempo stesso come un’appassionante storia d’avventura che ha al centro una moderna e tenacissima eroina femminile. Unico romanzo degli ultimi vent’anni a vincere sia il National Book Award che il Premio Pulitzer, è un libro che sembra già destinato a diventare un classico.                   
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Eleanor Oliphant sta benissimo
Gail Honeyman
Mi chiamo Eleanor Oliphant e sto bene, anzi: sto benissimo. Non bado agli altri. So che spesso mi fissano, sussurrano, girano la testa quando passo. Forse è perché io dico sempre quello che penso. Ma io sorrido. Ho quasi trent'anni e da nove lavoro nello stesso ufficio. In pausa pranzo faccio le parole crociate. Poi torno a casa e mi prendo cura di Polly, la mia piantina: lei ha bisogno di me, e io non ho bisogno di nient'altro. Perché da sola sto bene. Solo il mercoledì mi inquieta, perché è il giorno in cui arriva la telefonata di mia madre. Mi chiama dalla prigione. Dopo averla sentita, mi accorgo di sfiorare la cicatrice che ho sul volto e ogni cosa mi sembra diversa. Ma non dura molto, perché io non lo permetto. E se me lo chiedete, infatti, io sto bene. Anzi, benissimo. O così credevo, fino a oggi. Perché oggi è successa una cosa nuova. Qualcuno mi ha rivolto un gesto gentile. Il primo della mia vita. E all'improvviso, ho scoperto che il mondo segue delle regole che non conosco. Che gli altri non hanno le mie paure, non cercano a ogni istante di dimenticare il passato. Forse il «tutto» che credevo di avere è precisamente tutto ciò che mi manca. E forse è ora di imparare davvero a stare bene. Anzi: benissimo.
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Noi
David Nicholls
Douglas e Connie si conoscono alla fine degli anni Ottanta, quando il muro di Berlino era ancora in piedi. Trent'anni e dottore in biochimica, Douglas trascorreva allora i giorni feriali e gran parte del weekend in laboratorio a studiare il moscerino della frutta. Connie, invece, divideva il suo tempo con una "combriccola di artistoidi", come li chiamavano i genitori di Douglas: aspiranti attori, commediografi e poeti, musicisti e giovani brillanti che rincorrevano carriere improbabili, facevano tardi la sera e si radunavano a volte a casa di Karen, la sorella di Douglas piuttosto promiscua in fatto di amicizie, a bere e discutere animatamente. Ed è durante una festa nell'appartamento di Karen, che Douglas si imbatte per la prima volta in Connie: capelli ben tagliati e lucenti, un viso stupendo, una voce sensuale, distinta ed elegante con i suoi vestiti vintage cuciti su misura, attillati e perfetti. Sono trascorsi più di vent'anni da allora e Douglas e Connie sono sposati da decenni e hanno un figlio, Albie. Douglas ha cinquantaquattro anni e la sensazione di scivolare verso la vecchiaia come la neve che cade dal tetto. Connie è sempre attraente e Douglas la ama cosi tanto che non sa nemmeno come dirglielo, e dà per scontato che concluderanno le loro vite insieme. Una sera, però, a letto, Connie proferisce le parole che Douglas non avrebbe mai voluto sentire: "Il nostro matrimonio è arrivato al capolinea, Douglas. Penso che ti lascerò".
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La trilogia di Bartimeus
Jonathan Stroud
Il millenario jinn Bartimaeus, il demone che costruì le mura di Uruk, Karnak e Praga, che parlò con re Salomone, che cavalcò per le praterie con i padri dei bisonti, viene improvvisamente richiamato dal mondo degli spiriti ed evocato a Londra. Una Londra tetra e cupa dove la magia consiste in un'unica capacità: quella di evocare e asservire demoni, i quali, loro malgrado, obbediranno a ogni ordine del mago che li tiene in suo potere. Bartimaeus deve compiere una missione difficilissima: rubare l'Amuleto di Samarcanda al temibile e ambizioso Simon Lovelace...                
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cartofolo · 6 years ago
Note
Perché il genere umano è così stupido la maggior parte delle volte? Oggi vorrei porti questa domanda riguardo i libri evocativi, come la chiave di Salomone,il più famoso,ammesso che funzioni,cosa ci sarebbe di bello nell invocare o comandare demoni o angeli? Lo ammetto sono incuriosita da questo genere di cose, però non arriverei mai a fare “rituali”, non andrei mai ad invocare qualcosa che nn conosco e non saprei controllare, anche solo per avere conferma che esistono, non lo farei,lei?
Beh, escludendo quelle ritualità che si appoggiano a idee assurde di evocazioni negromantiche, se ci fai caso, tutta la nostra vita è all'insegna di qualche rito.Il rito è il nostro modo di comprendere un aspetto della realtà, ed è anche un nostro modo di manipolare quelle energie psichiche che le religioni codificano nelle loro dottrine. Questo da sempre è stato l'espressione di una comunità o di un singolo, nel suo rapportarsi al trascendente. Infatti come potrebbe l’uomo rapportarsi al mistero dello spirito se non simboleggiando e codificando l’intuizione mistica? Devo dirti che, anche se non la pratico, mi piace la ritualità della magia; è suggestiva e certamente produce dei movimenti di energie che non è facile valutare. Ma forse le si dà più importanza di quello che viene raccontato nella tradizione occulta.Lo spiega bene Eliphas Levi (famoso filosofo ed esoterista del 1800) nel suo libro "Il Grande Arcano" - edizioni Atanor, di cui ti propongo un brano.
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Cercate dentro la tomba di Salomone, sarebbe a dire dentro la cripta della filosofia occulta, non il suo anello, ma la sua sapienza.Con l'ausilio della sapienza e di una perseverante volontà, arriverete a possedere l'Arcano Supremo della saggezza che consiste nella libera dominazione sul movimento equilibrato. Potrete soltanto allora procurarvi l'anello facendolo fabbricare da un orafo, al quale voi non avrete bisogno di raccomandare il segreto. Non sapendo egli stesso ciò che fa, non potrà rivelarlo agli altri.Eccovi la ricetta dell'anello:Prendete ed amalgamate insieme una piccola quantità di oro e il doppio di argento nelle ore del sole e della luna (ore planetarie e zodiacali dell'Astrologia esoterica), aggiungetevi tre misture, identiche alla prima, di rame ben purificato, quattro misture di stagno, cinque di ferro, sei di mercurio e sette di piombo. Incorporate tutto insieme alle ore che corrispondono ai metalli e fate, del tutto, un anello la cui parte circolare sia appiattita e abbastanza larga per incidervi i caratteri.Modellate in questo modo un'inquadratura di forma quadrata in modo da incastrarvi una pietra rossa incassata in un doppio anello d'oro. Incidete sulla pietra, di sotto e di sopra, il doppio sigillo di Salomone.Incidete sull'anello i segni occulti dei sette pianeti tal quali sono rappresentati negli arcidossi magici di Paracelso o nella filosofia occulta di Agrippa; magnetizzate fortemente l'anello consacrandolo tutti i giorni, durante la settimana con le cerimonie segnate nel nostro rituale "Dogma e rituale nell'alta magia" (edizione Atanor), senza dimenticare il colore dei vestiti né i profumi speciali né la presenza degli animali simpatici né gli scongiuri speciali che dovranno sempre precedere lo scongiuro dei quattro segnati sul nostro rituale.Dopo di ciò avvolgete l'anello in un tessuto di seta e, dopo averlo profumato, potrete portarlo su di voi.Una piastra rotonda di cristallo o un talismano, preparati alla stessa maniera, avranno le stesse virtù dell'anello.Un oggetto, preparato in questo modo, è come un serbatoio di volontà. E' un riflettore magnetico che può essere molto utile, ma che non è mai necessario.Abbiamo detto, del resto, che gli antichi riti hanno perduto la loro efficacia dopo che il Cristianesimo è apparso nel mondo.La religione cristiana e cattolica, in effetti, è la figlia legittima di Gesù, re dei Magi.Il suo culto non è altra cosa che l'Alta Magia sottomessa alle leggi della gerarchia  che le sono indispensabili perché essa sia giusta ed efficace.Un semplice scapolare, portato da una persona veramente cristiana, è un talismano più invincibile dell'anello o del pentacolo di Salomone.Gesù Cristo, quest'uomo-Dio così umile, diceva parlando di lui stesso " la regina di Saba è venuta dal fondo dell'Oriente per vedere e sentire Salomone, e qui vi è più che Salomone".La Messa è la più prodigiosa delle evocazioni.I negromanti evocano i morti, lo stregone evoca il diavolo e trema, ma il prete cattolico non trema evocando il dio vivente.Che cosa sono tutti i talismani della sapienza antica a paragone dell'ostia consacrata?Lasciate dormire nella sua tomba di pietra lo scheletro di Salomone e l'anello che egli potrebbe avere al suo dito scarnato.Prendete uno di questi anelli d'argento che si vendono alla porta delle chiese e che portano l'immagine del crocefisso e i dieci grani del rosario. Se voi siete degni di portarlo, sarà più efficace dentro la vostra mano quanto non lo sarebbe il vero anello di Salomone.I riti magici e le pratiche minuziose del culto, sono tutto per gli ignari e per i superstiziosi, e ci fanno ricordare, nostro malgrado, una storiella molto conosciuta, che noi descriveremo in poche parole adattandosi a questo caso.
Due monaci entrano in una casupola custodita da due fanciulli. Essi domandarono di riposarsi e di mangiare, se ciò fosse stato possibile.  I ragazzi risposero che non avevano nulla e che perciò nulla potevano dare."Ebbene ", disse uno dei monaci, "ecco del fuoco; prestateci soltanto la pentola e un po' d'acqua e faremo da noi stessi la nostra minestra. " E con che cosa?". "Con questo ciotolo." Risponde il furbo religioso raccogliendo un pezzetto di silice. "Non sapete dunque ragazzi che i discepoli di San Francesco  hanno il segreto della zuppa di ciotolo?". Quale meraviglia per i fanciulli! Si promette loro che l'assaggeranno e la troveranno eccellente.Subito si prepara la pentola. Vi si versa dell'acqua, si attizza il fuoco ed il ciotolo viene disposto nell'acqua con precauzione. "Molto bene", dicono i monaci. "E adesso un po' di sale e qualche legume; ve ne solo là, dentro il vostro orto. Vi si potrebbe aggiungere un po' di lardo affumicato: la zuppa sarà migliore".I fanciulli, accoccolati davanti al focolare, guardano stupiti. La pentola bolle. "Andiamo, tagliate del pane e avvicinate la zuppiera. Eh, che bel fumo! Coprite e lasciate macerare. Quanto al ciotolo, avvolgetelo con cura; ve lo lasciamo per il vostro disturbo, poiché non si consuma e può servire sempre. Ora gustate la zuppa! Ebbene, che ne dite?". " Oh, è eccellente!" Dicono i piccoli contadini battendo le mani.  Era, infatti, una buona zuppa di cavoli e lardo che i ragazzi non avrebbero mai saputo offrire ai loro ospiti senza il prodigio del ciotolo.
I riti magici e le loro pratiche religiose, sono un po' come il ciotolo dei monaci. Essi servono i pretesto e di occasione alla pratica delle virtù le quali soltanto sono indispensabili alla vita morale dell'uomo.Senza il ciotolo i buoni monaci non avrebbero pranzato: il ciotolo aveva dunque un potere. Si', nell'immaginazione dei fanciulli messa in gioco dall'abilità dei buoni padri.Ciò sia detto senza offendere o biasimare alcuno. I frati ebbero dello spirito e non furono dei bugiardi. Essi aiutarono i ragazzi a fare una buona azione e li meravigliarono facendoli partecipi di una buona minestra.Per questo a coloro che hanno fame e a coloro per i quali la zuppa di cavoli è troppo difficile, consigliamo loro di fare la zuppa di ciotolo.
Cercate di comprendere bene: non vogliamo dire che i segni e i riti siano una grande mistificazione. Essi lo sarebbero se gli uomini non ne avessero bisogno. Ma è bene tener conto di questo fatto incontestabile: che tutte le intelligenze non sono uguali. Si sono sempre raccontate delle favole ai fanciulli e se ne racconteranno sempre finchè vi saranno delle nutrici e delle madri. I fanciulli hanno la fede ed è questo che li salva. Immaginatevi un bambino di sette anni che vi dicesse: "Non voglio ammettere nulla di ciò che non comprendo". Che cosa gli si potrebbe insegnare a questo piccolo mostro?Accetta prima la cosa sulla parola del tuo Maestro, mio buon uomo, poi studia, e se non sei un idiota comprenderai.C'è bisogno di favole per i fanciulli, come occorrono dei miti e delle cerimonie per i popoli: occorrono degli aiuti alla loro debolezza.Felice colui che possiede l'anello di Salomone, ma più felice colui che eguagliasse o superasse Salomone in sapienza e saggezza, senza aver bisogno del suo anello.
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emanuelepinelli · 6 years ago
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Di quando conoscemmo Alëša
                                     (Romania on the road - quarta puntata)
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Il 2 agosto mia sorella e mia cugina si trovavano in Sardegna, beatamente spaparanzate in acqua. All’improvviso si è avvicinato un gruppo chiassoso di ragazzine, età scuole medie. “Scusate”, gli hanno detto, “ma voi la conoscete Chiara?”
“Chiara chi?”
“Chiara Ferragni!” saltellavano su e giù nell’acquetta. “Sappiamo che sta in vacanza in Sardegna…e magari chissà, è proprio lì, su una di quelle barche!” Poi la proposta: “Dai, vi va di aiutarci un secondo a gridare tutte insieme Chiaraaaaa! così se per caso è su quella barca ci sentirà?”
….
Ogni giovane che si rispetti ha i suoi idoli. E sogna di incontrarli. Di scambiarci due parole. Anche solo “Ciao come stai”. Di toccarli nella loro fisicità.
L’idolo può essere un modello da imitare, o al contrario una persona che affascina proprio perché è inimitabile, irraggiungibile, strutturalmente diversa dal giovane che la idolatra: “la nostalgia del Totalmente Altro”, direbbe Horkheimer.
Ora, incontrare dal vivo Chiara Ferragni, o persino Leonardo di Caprio o Johnny Depp, non è un’operazione facilissima, ma è pur sempre virtualmente possibile. Quelle ragazzine della Sardegna, nella loro melensa omologazione, si erano ritagliate pur sempre una minuscola possibilità di realizzare il loro sogno e di incontrare dal vivo il loro mito.
Beh…tutto questo si complica orrendamente quando hai 28 anni suonati e sei un fan dei Fratelli Karamazov.
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Tralasciando le specificità che distinguono i Fratelli Karamazov dagli altri romanzi del secondo ‘800, è comprensibile la sofferenza di chi, come me e Massimiliano, vorrebbe incontrare dal vivo personaggi che non solo non sono mai esistiti, ma talvolta – come nel caso di Alëša – sono volutamente idealizzati, concepiti dal loro creatore apposta per incarnare una purezza, una delicatezza, un candore che in natura non si sono mai visti. E ve lo assicuro: lo smaniare di una piccola fan di Johnny Depp non è nulla in confronto alla disperazione repressa di noi, che, sfogliando quel romanzo, ci siamo innamorati di Alëša, eppure sappiamo di non poterlo mai incontrare, poiché è non solo un personaggio fittizio, ma addirittura un personaggio idealizzato.
Ma la Storia a volte fa strani scherzi. E così, quel giorno, mentre quelle ignare ragazzine cuocevano a bagnomaria nella noia di un pomeriggio in spiaggia come gli altri, Massimiliano ed io, arrancando su un ripido sentiero cosparso di rocce aguzze, percorrevamo gli 8 km di foresta che separano il monastero di Sihla dagli ultimi scampoli della Civiltà.
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FedEle non era certo una fuoristrada, anzi: era una Golf del colore di un’oliva andata a male, la city car più city car che vi possiate immaginare. Già quel mattino, al monastero di Neamţ, ci aveva dato i primi segnali di esaurimento.  Al momento di ripartire, la batteria non si era più accesa. Niente di spaventoso, se la macchina fosse stata nostra, o se fosse stata affittata da qualche Europcar o da qualche Hertz della situazione, tanto rassicurante quanto avido. Ma FedEle, lo ricordiamo, ci era stata procurata da un nostro conoscente, che prima di andare in pensione aveva lavorato per anni come vigile urbano, quindi sapeva perfettamente quale macchina avesse ogni abitante del paesino. FedEle era, quindi, l’auto di un suo compare.
In Romania c’è un modo di dire molto eloquente: “Garantisco con la mia barba”. Io e Massimiliano avevamo capito all’istante. Avremmo dovuto trattare quella macchina meglio di una fidanzata, perché il minimo graffio o danno avrebbe significato una valanga di guai per lui e – di rimando – per noi.
Conoscendo questo retroscena, potete intuire quale panico ci abbia presi quando quella batteria non si è riaccesa la mattina del 2 agosto, davanti alle muraglie del monastero di Neamţ. Per fortuna il monastero, che è il più famoso della Moldavia, aveva cospicue proprietà terriere, e a differenza di tanti contadini moldavi, che avevamo visto con i nostri occhi lavorare ancora a colpi di falce, i monaci potevano permettersi il lusso di un trattore. Un monaco robusto, in tunica nera, con due larghe occhiaie e una barba spiovente, ha guidato il trattore fino alla macchina in panne, e ci ha prestato un po’ di elettricità attraverso due funi che chiamare “cavetti” sarebbe offensivo.  
Al bookshop, che aveva piuttosto l’aria di un’enorme e caotica bancarella di libri usati, ho comprato una raccolta di poesie di Eminescu (volendo banalizzare, il Leopardi rumeno). Ne ho capito meno di un verso su due. Ma quel libriccino, che da allora in avanti ha avuto il posto d’onore sul cruscotto di FedEle, ci ha fatto un po’ da talismano: insieme alla targa rumena ha contribuito a farci passare per nativi, risparmiandoci un sacco di possibili noie sia con i ladri che con le guardie.
(A proposito: il padrone di FedEle, quando gli avevo chiesto se in Romania fossero frequenti i furti nelle auto, mi aveva risposto sogghignando: “Niente affatto. Qui non ci sono mica i rifugiati, come da voi”. Al di là dell’amarezza per il fatto che il razzismo non te lo lasci dietro nemmeno se cammini 5.000 km, ho ripensato con ironia a quei 10-15 anni in cui gli italiani davano ai rumeni la colpa di qualsiasi furto o aggressione. E noi, con santa pazienza, a dire “No, sono tutte stronzate…”)
C’è un’anima che piange, e col desiderio corre
Verso la dolce patria e le lucenti valli...
     (Eminescu, “Dall’esilio”, 29 luglio 1866)
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Abbiamo curiosato una mezz’ora anche nel convento femminile di Agapia, dipinto, stavolta, da Grigorescu, uno dei grandi nomi dell’arte rumena, formatosi alla scuola di Barbizon. Dato il curriculum, non gli rendono per niente onore quei bambingesù rosa porcello sullo sfondo di aurore pastellose, che ricordano i peggiori quadretti devozionali delle nostre bisnonne. (L’Ottocento è stato una stagione di magra per l’arte sacra ufficiale…forse perché era diventata sacra l’arte in sé?)
E finalmente attacchiamo quel sentiero accidentato che sale tra i boschi verso Sihla, l’ultimo dei nove monasteri toccati dal nostro viaggio, ma anche quello che ci segnerà di più. Conduco FedEle a passo di lumaca, studiando in anticipo ogni palmo di terreno, attentissimo a ogni pietra, ad ogni buca, ad ogni dosso, quasi presago dell’importanza che avrà per noi quell’ascesa. Dal finestrino dell’auto davanti alla nostra, una bambina sventola un orsetto.
Eccoci. Le macchine dei pochi pellegrini stanno sparse in un piazzale esterno. Dall’arco bianco d’ingresso, una strada selciata, lunga, in salita, congiunge tra loro le varie dimore dei monaci. Intorno c’è solo la quiete della foresta.
Le barbe brune dei monaci, alcuni dei quali giovanissimi, ci brulicano attorno senza far risuonare una parola.
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“In certi casi si può trascorrere la notte nel monastero”, diceva la Guide du Routard. Magari! Eravamo ancora provati dalla nottata da Mihai l’Arreso, e in più morivamo dalla voglia di goderci a pieni polmoni quel totale isolamento. Così, ci presentiamo a un monaco dall’aria torva, che pare un maestro di arti marziali, e con un inchino gli chiediamo se sia possibile restare.
“Tornate alle otto”, ci risponde. “E cercate il fratello David. Lui vi farà sapere”.
Mancano ancora tre ore alle otto. Ne approfittiamo per recarci alla grotta di santa Teodora da Sihla, una mistica molto venerata nella regione, a giudicare dalle molte icone di lei che avevamo visto a valle.
“Che faremo se ci dicono di no?”
“Eh…che faremo?” alzo le spalle. “Qualcosa ci inventeremo. Come al solito”.
La grotta è angusta, umidissima, con gocce che colano in continuazione e pozze stagnanti. La santa viveva sdraiata in una fenditura, dove adesso le candele votive bruciano fra i mazzi di fiori. L’acqua la attingeva da una roccia concava poco distante, che con la pioggia si riempiva a mo’ di cisterna. Ma come riusciva a sopravvivere d’inverno, con le temperature di laggiù? E dove vagava il suo spirito, mentre il suo corpo era confinato notte e giorno in quella specie di tomba senza un filo di luce?
Dalla grotta decidiamo di scavalcare le recinzioni e di perderci un po’ nella foresta. Non c’è davvero un’anima. Le uniche voci che si sentono provengono dal monastero, e non sono dei monaci, badate, ma degli ultimi visitatori che se ne stanno andando.
L’atmosfera è perfetta per leggere a Massimiliano un certo mio racconto inedito, ambientato in una foresta russa. Gliene avevo parlato più volte, e più volte mi era capitato di citargliene a memoria qualche stralcio o qualche scambio di battute, quando la situazione si prestava. Adesso, seduti sul muschio, senza nessuno a correrci dietro, era il momento ideale per gustarcelo da cima a fondo.
Più tardi, lui ricambierà leggendomi per intero le annotazioni che aveva tenuto sul suo diario a proposito del volontariato con i pazienti psichiatrici.
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“Sai cosa ho pensato, Manu?
Che è bello poter leggere qualcosa che ti riporta in una foresta, in un luogo dove il tempo è sospeso e non c’è più la società…
…credo che ognuno di noi abbia bisogno di una foresta di qualche tipo in cui rifugiarsi, e di un libro di qualche tipo che gliela faccia crescere intorno…”
Le campane. Sono le otto. Si decide il nostro destino.
Il fratello David ci accompagna da un gruppo di ragazzi in borghese. Sono seminaristi, si preparano a diventare Pope. Hanno fra i 17 e i 20 anni. Vestono con polo e calzoncini, un look anche meno austero del nostro. “Potete aggregarvi a loro”, ci dice. “Sono qui per uno stage di canto liturgico. Mangerete con loro e dormirete nella loro camerata”.
Stavamo ancora festeggiando la grande notizia, stavamo ancora facendo conoscenza con i nostri nuovi amici, stavamo ancora ficcando le mani in una grossa pagnotta appena sfornata, molle e filamentosa all’interno come pasta da impastare, quando da dietro è arrivato lui.
Lui.
Sì, proprio lui.
Aleksej Fëdorovič Karamazov.
In carne ed ossa.
Lasciate che vi spieghi, prima che mi prendiate per uno di quei pazienti psichiatrici con cui lavorava Massi.
Il giovane monaco che ci era comparso davanti aveva 25 anni, ed era entrato a Sihla quando ne aveva 19. Una vocazione precocissima, dopo la quale non si era allontanato se non due o tre volte da quelle mura. Aveva già la barba lunghissima, ispida, con qualche treccia qua e là. Occhi color nocciola, profondi, incantevoli. E il viso più innocente che avessi mai visto. Pareva un agnellino, quel ragazzo. Che dico? Un angelo. Un essere celeste, non più mortale. Trasmetteva serenità soltanto a guardarlo.
Parlava sottovoce, in tono dimesso, come il fruscìo di una foglia, ma sapeva l’inglese. Là, tra i suoi vecchi amici in polo e calzoncini, lui, con la sua tunica nera, faceva un effetto al contempo straniante e attraente.
Tra un discorso e l’altro, così, en passant, ho provato a chiedergli: “Ma come riusciva santa Teodora a sopravvivere d’inverno in quella grotta?”
Lui, cogliendo una vena scettica nelle mie parole (che in effetti c’era), si è come rabbuiato in viso, e ha risposto seccamente: “La proteggeva lo Spirito Santo”. Pausa. “Tutti noi monaci siamo protetti dallo Spirito Santo, grazie all’intercessione di san Serafino di Russia. Per questo riusciamo a fare cose impossibili per gli altri”.
Aveva venticinque anni, ma per lui non c’erano i “se”, i “ma”, non c’era da raziocinare o da adattarsi ai giovani d’oggi. “Tutti noi monaci siamo protetti dallo Spirito Santo”. Fine. Per lui era una realtà. E quel volto così tenero si era oscurato, scavato, guastato, di fronte alla mia mancanza di fede.
Non ricordo più il suo vero nome proprio perché lui, per me, in quel momento, era Alëša, e resterà per sempre Alëša. Nelle tappe successive del nostro viaggio, sia fisico che metaforico, soprattutto in certi paesi dei balocchi per turiste ubriache tipo Budapest, ci siamo spesso chiesti: “Che cosa direbbe Alëša, se fosse qui con noi? Se il suo stareţ lo mandasse nel mondo, e lui venisse in un posto come questo, che cosa farebbe?” E lo immaginavamo che piangeva, che piangeva sconsolato, non per se stesso, però, ma per noi.
Non era il vero Alëša, ovviamente, anzi, forse non è mai esistito un vero Alëša. Ma per noi importava poco. Sapete perché ai monaci ortodossi è proibito tagliarsi la barba? “Perché il nostro volto deve somigliare il più possibile al volto di Cristo”, ci ha spiegato lui. Nella cultura orientale, che è permeata di platonismo, attraverso la somiglianza visiva viene già comunicata una parte dell’essenza della persona. L’immagine contiene già un primo assaggio della realtà. Guardando quell’imitazione di Cristo che è il monaco si vede, già in parte, Cristo stesso. Così, ai nostri occhi, quel ragazzo ha riprodotto in sé Alëša, personaggio che già per Dostoevskij doveva riprodurre in sé, agli occhi dei lettori, qualcuno di ancora più puro e di ancora più santo.
Ci siamo addormentati solo dopo aver passato un’ora abbondante sotto il cielo stellato.
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corsiperpizzaioli · 2 years ago
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Pizza sana - 3 opzioni
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Se pensavi di dover rinunciare alla pizza nella tua ricerca di uno stile di vita più sano, ripensaci. Esiste una pizza sana che in realtà è buonissima! A seconda delle tue capacità e di ciò che sei disposto a fare, puoi mangiare la tua pizza e rimanere a dieta. corsi per pizzaioli
Opzione 1 - Pizza fatta in casa
Il modo migliore per garantire la qualità e ottenere esattamente quello che vuoi è preparare la tua pizza da solo. La parte più difficile di fare una pizza sana è ottenere l'impasto giusto. E siamo onesti, è il lievito che sta facendo la maggior parte del lavoro! Se hai una macchina per il pane in casa, tirala fuori. Sul web si trovano tantissime ricette di pasta per pizza integrale. In caso contrario, impastalo tu stesso. Impastare il pane a mano è rilassante e semplice.
Per quanto riguarda i condimenti, ecco perché andare con la pizza fatta in casa è perfetto: decidi tu cosa vuoi risparmiare. Forse ti piace davvero il formaggio, ma potrebbe interessarti di meno dei condimenti. Decidi tu quanto formaggio vuoi aggiungere. Decidi tu se preferisci consumare il tuo apporto calorico con i condimenti. È una tua scelta. Meraviglioso!
Opzione 2 - Metà fatta in casa e metà acquistata
Per questa opzione, puoi acquistare l'impasto per pizza integrale. Certo, non puoi sperimentare la ricetta per renderla perfetta secondo i tuoi gusti. Questo è uno svantaggio di questa opzione. Un altro è che è più costoso.
Se sei a corto di idee salutari per uno spuntino, puoi preparare la tua mini pizza. Prendi metà di un muffin inglese e usalo come crosta. Metti un po' di salsa per spaghetti, formaggio e i tuoi condimenti preferiti. Riscaldalo in un tostapane e avrai un delizioso dolcetto. Sano, anche.
Opzione 3 - Pizza acquistata
Questa è l'opzione peggiore secondo me perché dipendi dalle papille gustative di qualcun altro e sei limitato a ciò che viene portato nel tuo negozio di alimentari locale. Tuttavia, se non sei pronto per sperimentare, puoi acquistare una pizza "sana" surgelata. Assicurati solo di leggere le etichette per assicurarti che le calorie e i grammi di grasso si adattino ai tuoi piani.
Quindi, puoi avere la tua pizza sana e mangiarla anche tu. Che tu decida di farne una da zero, comprare un piccolo aiuto con la crosta o comprare il tutto, trova la pizza che ti piace di più e mangia!
PizzaItalianAcademy è da sempre l'unica vera scuola che organizza corsi professionali di formazione per pizzaioli in tutta Italia oltre che all'estero certificati a livello internazionale ISO 9001.
Grazie al nostro metodo consolidato da anni, con 4/5 ore al giorno e senza alcuna conoscenza di base ti faremo diventare un ottimo pizzaiolo nelle pizzerie accreditate PIA dove potrai da subito esercitarti in un vero ambiente di pizzeria, i nostri corsi sono individuali nel senso che sarai solo tu e il maestro o al massimo riservati a 2 persone per volta. Come lunghezza i nostri corsi partono dalle 2 settimane fino alle 8 settimane dipende da quanta pratica vuoi fare in pizzeria, perché piu tempo passi ad esercitarti con noi e più bravo diventi, e più bravo diventerai e più possibilità di trovare lavoro avrai una volta finito il corso! Solo cosi si può imparare veramente!
references Storia della pizza https://it.wikipedia.org/wiki/Storia_della_pizza
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corsoperpizzaiolo2 · 2 years ago
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Suggerimenti per fare una pizza più sana
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Tutti amano la pizza. Chi diavolo non lo fa? Ma molte persone sono preoccupate per le loro abitudini alimentari. Tutti si preoccupano della salute al giorno d'oggi. Prima di tutto assicurati di avere una crosta integrale. Se esci a mangiare, non preoccuparti. Molti ristoranti che preparano pizze avranno variazioni più sane come la crosta integrale. È più ricco di sostanze nutritive e fibre per aiutarti a sentirti sazio prima. corsi per pizzaioli
Ottieni più salsa. Assicurati anche che sia fatto in casa con pomodori veri. I pomodori sono ricchi di vitamina C e antiossidanti che combattono il cancro. Prova a prendere anche la salsa come contorno per l'immersione. Evita di andare in fast food e in franchising perché è meno probabile che abbiano alternative più sane. I ristoranti gourmet sono le migliori scommesse. I posti italiani ovviamente hanno sempre pizzaioli e forni in mattoni per più gusto.
Ordinalo con formaggio leggero. Non esagerare con il formaggio. Anche se il formaggio ha calcio ed è una buona fonte di proteine, non dovresti averne un mucchio. Per quanto riguarda i condimenti, punta a più verdure piuttosto che a carne. Il famigerato condimento ai peperoni è più elaborato e grasso. Prendi la pancetta canadese se ti piace una pizza carnosa. È più snello e migliore per te.
Prima di ordinare la pizza prendi un'insalata di contorno in modo da sentirti più pieno quando arriva la pizza. In questo modo tenderai a non mangiare la fetta in più che desideri. Vedi la pizza può ancora essere molto piacevole con alcuni sostituti.
PizzaItalianAcademy è da sempre l'unica vera scuola che organizza corsi professionali di formazione per pizzaioli in tutta Italia oltre che all'estero certificati a livello internazionale ISO 9001.
Grazie al nostro metodo consolidato da anni, con 4/5 ore al giorno e senza alcuna conoscenza di base ti faremo diventare un ottimo pizzaiolo nelle pizzerie accreditate PIA dove potrai da subito esercitarti in un vero ambiente di pizzeria, i nostri corsi sono individuali nel senso che sarai solo tu e il maestro o al massimo riservati a 2 persone per volta. Come lunghezza i nostri corsi partono dalle 2 settimane fino alle 8 settimane dipende da quanta pratica vuoi fare in pizzeria, perché piu tempo passi ad esercitarti con noi e più bravo diventi, e più bravo diventerai e più possibilità di trovare lavoro avrai una volta finito il corso! Solo cosi si può imparare veramente!
references Storia della pizza https://it.wikipedia.org/wiki/Storia_della_pizza
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bergamorisvegliata · 3 years ago
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VOI NON AVETE IDEA
Il Maestro Pietro De Angelis a commento di una nota del MIUR
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"Apriremo scuole nei boschi e biblioteche nei prati.
Guarderemo insieme l'alba e il tramonto tenendoci per mano.
Respireremo liberi l'aria di vetta, pura e tagliente.
Leggeremo libri e inventeremo fiabe. Faremo girotondi cantando nel vento. Non domerete mai il nostro spirito, non ingabbierete mai la nostra libertà. Perché noi abbiamo qualcosa che voi non avete, e non avrete mai.
Noi sappiamo ancora incantarci di fronte alla bellezza struggente della vita. Sappiamo camminare piano, per non fare rumore.
Rimanere fermi, per non disturbare. Costruire con le mani immerse nella terra e gli occhi rivolti al cielo.
Il nostro unico dio è lo stupore. Sappiamo trovare l'infinito riflesso in una pozzanghera.
Siamo figli della luce, fratelli degli animali, piccole luci nella notte.
Non ci avrete mai.
Vi guizzeremo via dalle mani, come tanti pesciolini ribelli.
Voi non avete idea, perché non avete immaginazione.
Noi sappiamo accendere lo sguardo di un'altra creatura, portare amore dove c'era solo abbandono, e gioia dove c'era solo tristezza, e unione dove c'era solo vuoto e separazione.
Voi non avete idea.
Eppure vi dico, le nuvole giocano anche per voi nel cielo.
E l'acqua si getta giù per rapide e cascate, anche per voi.
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Per voi, è anche il volo pazzo degli uccelli e il ronzio estatico delle api.
Provate a fare una cosa, volete?
Provate a osservare un uccellino mentre fabbrica il suo nido; la pazienza, la fatica, la sofferenza, la perfezione.
Guardate tutto, dall'inizio alla fine, e poi ditemi: voi sapreste farlo?
Sapreste costruire una simile meraviglia di ingegneria dove prima non c'era niente?
Che diritto avete, allora, voi sulla vita? Voi non avete idea.
Dovete tornare a edificare castelli di sabbia in riva al mare e tentare di difenderli scavando fossati; solo allora, potrete tornare a fare leggi e a governare gli uomini.
Avete avuto maestri sbagliati - il denaro, il potere, la fama.
Gli unici maestri che possono insegnarvi qualcosa sono i bambini e gli animali. Andate a scuola da loro, e imparerete tutto ciò che c'è da sapere.
Vi auguro quello che auguro a tutti coloro che si sono distaccati dalla terra, che l'hanno rinnegata; vi auguro di tornare a sentire, prima di capire.
Sentire con tutto il vostro corpo, senza bisogno di alcun pensiero, di alcuna ragione.
Di respirare e sentire.
Semplicemente, sentire.
La violenza cieca e ottusa che dimostrate mi sgomenta, ma non mi terrorizza; è parte del mistero, dell'incanto, della bellezza che mi contiene e mi sovrasta.
Ho seppellito un piccolo fratello scoiattolo, pochi giorni fa nel bosco, e dopo anche una piccola sorella talpa; li ho deposti nell'erba, all'ombra.
Voi avete mai seppellito un animaletto nel bosco?
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Fatelo, e poi, solo dopo averlo fatto, tornate a governare gli uomini. Altrimenti, non avrete mai idea di che cos'è la vita, di quanto sia sacra e inviolabile e assoluta. E non avrete mai idea del potere immenso che risiede nelle mani di chi quella vita ama e onora. Non ci avrete mai; potete vessarci, umiliarci, derubarci.
Noi saremo sempre da un'altra parte rispetto a dove voi pensate di trovarci. Apriremo scuole nei boschi e biblioteche nei prati.
Sopravviveremo come tanti invisibili semi sotto la neve, e quando ci avrete dimenticati sbocceremo, e la nostra primavera improvvisa sarà la fine del vostro interminabile inverno.
Voi non avete idea."
GRAZIE 🙏
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groovysludgekidlight · 3 years ago
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VOI NON AVETE IDEA
Apriremo scuole nei boschi e biblioteche nei prati.
Guarderemo insieme l'alba e il tramonto tenendoci per mano.
Respireremo liberi l'aria di vetta, pura e tagliente.
Leggeremo libri e inventeremo fiabe. Faremo girotondi cantando nel vento.
Non domerete mai il nostro spirito, non ingabbierete mai la nostra libertà. Perché noi abbiamo qualcosa che voi non avete, e non avrete mai.
Noi sappiamo ancora incantarci di fronte alla bellezza struggente della vita. Sappiamo camminare piano, per non fare rumore.
Rimanere fermi, per non disturbare. Costruire con le mani immerse nella terra e gli occhi rivolti al cielo.
Il nostro unico dio è lo stupore.
Sappiamo trovare l'infinito riflesso in una pozzanghera.
Siamo figli della luce, fratelli degli animali, piccole luci nella notte.
Non ci avrete mai.
Vi guizzeremo via dalle mani, come tanti pesciolini ribelli.
Voi non avete idea, perché non avete immaginazione.
Noi sappiamo accendere lo sguardo di un'altra creatura, portare amore dove c'era solo abbandono, e gioia dove c'era solo tristezza, e unione dove c'era solo vuoto e separazione.
Voi non avete idea.
Eppure vi dico, le nuvole giocano anche per voi nel cielo.
E l'acqua si getta giù per rapide e cascate, anche per voi.
Per voi, è anche il volo pazzo degli uccelli e il ronzio estatico delle api.
Provate a fare una cosa, volete?
Provate a osservare un uccellino mentre fabbrica il suo nido; la pazienza, la fatica, la sofferenza, la perfezione.
Guardate tutto, dall'inizio alla fine, e poi ditemi: voi sapreste farlo?
Sapreste costruire una simile meraviglia di ingegneria dove prima non c'era niente?
Che diritto avete, allora, voi sulla vita? Voi non avete idea.
Dovete tornare a edificare castelli di sabbia in riva al mare e tentare di difenderli scavando fossati; solo allora, potrete tornare a fare leggi e a governare gli uomini.
Avete avuto maestri sbagliati - il denaro, il potere, la fama.
Gli unici maestri che possono insegnarvi qualcosa sono i bambini e gli animali. Andate a scuola da loro, e imparerete tutto ciò che c'è da sapere.
Vi auguro quello che auguro a tutti coloro che si sono distaccati dalla terra, che l'hanno rinnegata; vi auguro di tornare a sentire, prima di capire.
Sentire con tutto il vostro corpo, senza bisogno di alcun pensiero, di alcuna ragione.
Di respirare e sentire.
Semplicemente, sentire.
La violenza cieca e ottusa che dimostrate mi sgomenta, ma non mi terrorizza; è parte del mistero, dell'incanto, della bellezza che mi contiene e mi sovrasta.
Ho seppellito un piccolo fratello scoiattolo, pochi giorni fa nel bosco, e dopo anche una piccola sorella talpa; li ho deposti nell'erba, all'ombra.
Voi avete mai seppellito un animaletto nel bosco?
Fatelo, e poi, solo dopo averlo fatto, tornate a governare gli uomini. Altrimenti, non avrete mai idea di che cos'è la vita, di quanto sia sacra e inviolabile e assoluta. E non avrete mai idea del potere immenso che risiede nelle mani di chi quella vita ama e onora. Non ci avrete mai; potete vessarci, umiliarci, derubarci.
Noi saremo sempre da un'altra parte rispetto a dove voi pensate di trovarci. Apriremo scuole nei boschi e biblioteche nei prati.
Sopravviveremo come tanti invisibili semi sotto la neve, e quando ci avrete dimenticati sbocceremo, e la nostra primavera improvvisa sarà la fine del vostro interminabile inverno.
Voi non avete idea.
- Il maestro Pietro De Angelis
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emmalynthewriter · 4 years ago
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Speedy criceto spaziale
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                                          Speedy criceto spaziale 
Il timido sole di una mattina d'autunno si preparava a lasciare il suo nascondiglio di foglie e nuvole, e appena sveglio, un bambino sgusciava fuori dal suo letto. A nove anni, era ben felice di frequentare la quarta elementare, andare a scuola e ritrovarsi circondato da visi amici, o per meglio dire, i pochi che era riuscito a conquistare con il tempo. Tranquillo, il giovane Elliott si avvicinò lentamente alla sua scrivania, dove, almeno a detta della mamma, c'era sempre di tutto. Libri di scuola, libri da leggere, costruzioni fatte con i blocchi Bricko iniziate e mai finite, pile di fogli, quiz e compiti in classe che gli insegnanti lasciavano che portasse a casa così che proprio la madre potesse congratularsi e appenderli al frigo con un magnete a forma di faccina sorridente, tutto.  Abituato a quello stranissimo disordine, che si divertiva a definire caos organizzato, il ragazzino non sembrava mai farci caso, e se c'era una sola parte di quella scrivania ad essere costantemente in ordine, quello era lo spazio dedicato al suo amico Speedy. Piccolo e peloso, un criceto dal pelo bianco e arancio, il nasino e le zampette rosa e gli occhietti vispi. Sveglio da poco come il padroncino, descrisse piccoli cerchi nel pellet della sua gabbia, poi si sdraiò. Sorridendogli, Elliott gli andò vicino, e facendo passare appena un dito attraverso le sbarre di metallo, lasciò che il piccolo roditore si avvicinasse, incuriosito, per annusarlo. Restando in silenzio per non spaventarlo, poi, si distrasse soltanto per dare uno sguardo all'orologio appeso al muro. Blu scuro come il cielo notturno, era circondato da stelle su tutto il quadrante, e le lancette, simili a piccole frecce, avevano a suo parere un che di futuristico. Era strano a pensarci, Elliott lo sapeva bene, ma le sue passioni erano quelle che erano, e nessuno, neanche lui in verità, poteva farci nulla. Fra le tante, si annoveravano le feste di compleanno, il calcio, le scienze e lo spazio. Sì, lo spazio. Non quello che ogni oggetto nella sua stanza occupava, no, al contrario tutto ciò che si poteva osservare guardando fuori da una finestra con l'arrivo della notte. Stelle, pianeti, buchi neri, galassie, costellazioni... qualunque cosa riguardasse la volta celeste, lui sembrava conoscerla. Tutto merito di quella passione e dei libri che mamma Laura gli aveva comprato nel tempo, uno per ogni compleanno, buon voto e obiettivo raggiunto. Orgoglioso, li teneva impilati in un angolo della scrivania, perdendosi a volte più nel guardare le copertine che nel leggerli. L'ultimo che aveva iniziato si concentrava esaurientemente sulle meraviglie della volta celeste visibili a occhio nudo, come la luna, e anche se da poco, aveva avuto un'idea. Proprio in quel periodo ogni bambino nella sua scuola stava preparando un progetto per una famosa e divertente fiera delle scienze, e se i suoi due migliori amici avevano scelto di concentrarsi su qualcosa di facile e per lui noioso, come un vulcano capace di eruttare innocue bevande gassate talvolta miste a strani grumi di gelatina colorata, con l'aiuto della mamma e di un vicino di casa, il buon vecchio Lewis, che in realtà poi così vecchio non era, aveva voluto fare le cose in grande, ed era allora che si era davvero impegnato. Così, madre e figlio si erano letteralmente stanziati nella cucina di casa per pomeriggi interi, al solo scopo di navigare il web in lungo e in largo alla ricerca di un progetto che potesse, amichevolmente, era ovvio, surclassare gli altri compagni. C'erano voluti giorni, Elliott ne aveva contati ben dieci, ma alla fine, sua madre e l'amico Lewis ce l'avevano fatta. Consultando un manuale di istruzioni trovato online, e unendo insieme, cartone, fil di ferro e cartapesta, erano riusciti a creare il miglior progetto di scienze che il ragazzino avesse mai presentato. Un razzo spaziale. Rudimentale, certo, ma stando alle prove tecniche ripetute più volte nel giardino di casa, e al sorriso dipinto sul volto di un astronauta ottenuto modellando della plastilina bianca per dare l'idea della famosissima tuta e del casco protettivo, pronto al lancio. Felice, il bambino non aveva atteso a metterlo subito al sicuro in una scatola di scarpe vuota, nascosto in fondo al suo armadio così che nessuno glielo rubasse, e quella mattina, a mezz'ora dalla campanella, non aveva esitato a prepararsi per la scuola. "Dai, mamma, faremo tardi! C'è la fiera delle scienze, devo presentare il progetto!" aveva continuato a ripetere, stringendo la mano della mamma così forte da arrivare quasi a farle male. "Elliott, smettila! Hai fatto del tuo meglio, vedrai che andrà tutto bene." Gli aveva risposto lei più volte, calma e comprensiva. "Questo lo so, me lo sento, ma grazie." Si era limitato a risponderle il figlio, felice mentre trasportava il proprio zaino tenendolo in spalla e camminando lentamente per non far cadere quella preziosa scatola, che da poco, oltre al progetto, conteneva anche qualcos'altro. Non provando per il figlio nulla di dissimile dall'orgoglio, Laura salì in macchina e accese il motore, e in breve, dopo un tragitto per loro fortuna di appena venti minuti, eccola. La scuola che il bambino frequentava, privata e non pubblica, elitaria e riservata a piccoli geni come lui e i suoi amici. Contento di vederlo, l'insegnante di scienze, il professor Sweeney si avvicinò all'auto parcheggiata per salutarlo, e con un sorriso e un gesto della mano, rassicurò la madre. Da allora in poi, l'avrebbe accompagnato nel cortile con gli altri fino alla fine della fiera e poi della giornata, e in altre parole, non c'era nulla di cui preoccuparsi. Annuendo a sè stessa come all'insegnante, Laura scese dall'auto, e lontana dal figlio, si avviò verso le madri degli altri bambini, felici come e forse più di lei all'idea di scoprire quale fra i piccoli scienziati avrebbe trionfato. Di lì a poco, tutti i progetti ebbero il loro turno sotto le luci della ribalta. Come c'era d'aspettarsi, i finti vulcani andarono per la maggiore, seguiti poi da numerosi plastici e diorami del Sistema Solare, e ultimi, ma non per importanza, le navi e i razzi simili a quelli costruiti con impegno e dedizione dal caro Elliott. Calmo e sicuro di sè stesso, aveva insistito per presentarsi a scuola con indosso un vero e proprio camice da laboratorio, e in disparte con il resto dei genitori, ma comunque contenta, Laura aspettava. I minuti sembrarono ore, la tensione aleggiava nell'aria rendendola elettrica, e a riprova di ciò, alcuni bambini, inclusa una signorinella dai capelli biondi, non facevano altro che sudare e fregarsi le mani, nervosi. "Andrà tutto bene. Ha ragione la mamma, tutto bene." Si ripeteva invece Elliott, mascherando il nervosismo dietro la felicità. Nel farlo, teneva gli occhi sulla sua famosissima scatola, quasi sussultando ogni volta che vedeva il coperchio muoversi. "No, non adesso!" intimò sussurrando a qualcosa, anzi, qualcuno che riuscì a vedere sollevandolo. Sorprendentemente, proprio il caro Speedy, che nervoso, continuava a correre per la scatola, nascondendosi talvolta negli angoli e tremando. Forse per la paura, forse a causa della tensione, Elliott lo capiva, ma scuotendo la testa, si impose di calmarsi. Uno per uno, tutti i suoi compagni presentarono a turno il loro lavoro, e dopo quella che gli parve un'eternità, ecco che finalmente il professore e la sua assistente, o tirocinante, come di solito la chiamava, fecero il suo nome. "Va bene, Elliott, vieni avanti. Facci vedere cos'hai portato." Gli disse la giovane donna, che ad occhio e croce doveva avere la stessa età di sua madre. Nervoso, lui deglutì a vuoto, e fatti pochi passi, fu al centro del cortile. Con mani tremanti, posò la scatola in terra, e tirato fuori il suo razzo, fece lo stesso anche con quello. Ultimo, ma mai per importanza, Speedy, che al sicuro fra le mani del padroncino, si lasciò guidare fin dentro quel minuscolo abitacolo, al posto del finto astronauta. "Bene, io ho... ho costruito un razzo, sono stato aiutato, ecco, e dovrebbe... dovrebbe riuscire a volare, sapete?" balbettò, improvvisamente insicuro. "Sta tranquillo, giovanotto, siamo tutti sicuri che non fallirai." Lo rassicurò il maestro, guardandolo con fare quasi paterno. Convinto, Elliott annuì ancora a sè stesso, ed estraendo dalla tasca del camice un pratico telecomando con un solo pulsante rosso, si preparò a premerlo. L'aveva visto tantissime volte nei suoi amati film di fantascienza, doveva funzionare. Per sua sfortuna, però anche dopo un caratteristico conto alla rovescia da dieci, non accadde nulla. Più nervoso di prima, premette più volte quel bottone, e proprio quando tutto sembrò perduto, un vero miracolo. All'improvviso, vere fiamme lanciarono quel razzo verso il cielo, e felicissimo, Elliott sorrise, alzando un pugno in segno di vittoria. Meravigliati, adulti e bambini alzarono lo sguardo, mentre libero come un uccello, quel razzo solcava l'azzurro. "Complimenti, Elliott, ormai sarà in orbita! E poi che bello, è molto meglio del mio stupido vulcano!" commentò a quel punto uno dei compagni, come sconvolto. "Grazie." Riuscì a malapena a rispondere, ancora divorato dall'ansia. Lento, il tempo continuò a scorrere, e non appena sentì che il momento più giusto per farlo fosse ormai arrivato, premette quel pulsante ancora una volta. "Non è finita, ho fatto delle ricerche e tante prove perchè non si schiantasse, e guardate!" dichiarò, tronfio e felice mentre indicava ancora il cielo. Senza dire altro, gli adulti tornarono a scrutarlo, e proprio allora, eccolo. Piccolo ma funzionale grazie ai tanti test preventivi, un paracadute, che uscito dalla punta di quella sorta di navicella, la riportò sana e salva fino a terra, o meglio, proprio in mano al ragazzino, che spiccando un balzo, riuscì ad afferrarla. Emozionati, gli adulti diedero inizio a un applauso, e non contento di avere tante attenzioni tutte per sè, Elliot pensò bene di condividerle con l'amico roditore, lasciandolo finalmente uscire allo scoperto. Confusi, i bambini non seppero cosa pensare, ma bastarono un attimo e la curiosità di una delle partecipanti, e il peloso astronauta divenne mascotte per un giorno, e come tutta la scuola non fece che ripetere per le settimane successiva, Speedy, il primo vero criceto spaziale.
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giancarlonicoli · 5 years ago
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07 settembre 2019
L'addio a Gianni Brera. Quel giorno da Malta, Mura scrisse: "Ciao Gianni, sei morto con i tuoi amici" di GIANNI MURA
Ecco il pezzo scritto su Repubblica da Gianni Mura, il giorno della morte di Gianni Brera. Uscì sull'edizione del 20 dicembre 1992
TI sia lieve la terra, Giovanni. Comincio come avresti concluso tu se fossi morto io, come hai concluso tante volte i coccodrilli. Sono pezzi che toccano ai più vecchi, o a quelli che hanno più memoria, e del calcio di Repubblica il più vecchio adesso sono io. E comincio a capire il peso che hanno i coccodrilli, e mi viene in mente di quando tu mi hai raccontato della morte di Consolini, il discobolo. L'avevi saputo che stavi in America, e ti eri messo a piangere e a imprecare, da solo, nel parcheggio di un motel di Dallas, o forse era Chicago. Adesso qui a Malta è quasi uguale, solo che c'è il mare oltre il parcheggio, e molto vento, Giovanni. Ti chiamo così perché l'ultima volta che ci siamo visti, la settimana scorsa, hai scherzato sui nostri nomi, sul Gianni piccolo-borghese imposto da zie, sorelle o madri. Mi hai anche regalato due pacchetti di Super col filtro, la solita generosità, in un momento di astinenza forzata. Qui ti piangono e ti rimpiangono, li conosci tutti e tutti ti conoscevano. E molti dicono la cosa più ovvia, che se venivi qui non eri su quella strada tra Codogno e Casalpusterlengo. Dove finisce il territorio dei gallo-liguri e inizia quello dei celti, Giovanni? Qui sappiamo così poco e ognuno si taglia coi suoi ricordi. Io ne ho tanti. Per cominciare, ti devo la scelta del lavoro, se tu non avessi scritto come scrivevi, sul "Giorno", oggi sarei un insegnante di lettere o di francese, in qualche scuola lombarda. E scrivevi come vivevi, da persona piena di umori e di amori, con una cultura larga e profonda che andava dalla pesca degli storioni all'uso del verso alessandrino. E le invenzioni, Giovanni, i neologismi. Ne hai inventate di parole. Ti avevo chiesto un appuntamento nel ' 65, in "Gazzetta" ero il ragazzo di bottega, per capire qualcosa di questo mestiere, degli strumenti da usare. E venendo da te sentivo di non tradire Gualtiero Zanetti, il mio direttore: eravate amici, sulla stessa linea ideologica, vi univa Nereo Rocco. "Venga sul lago verso le 11, poi parliamo". Mi aveva colpito l'uso del lei. E, poi, il fatto che appena arrivato tu mi chiedesti di aiutarti a raccogliere le uova, facendo attenzione a un'oca feroce ribattezzata De Gaulle. Questo Brera inventa anche sulle oche, pensavo, e in verità l'oca somigliava molto al generale, e intanto stavo attento a non scivolare sul pesticciato del pollaio. E per un pomeriggio ero stato ad ascoltarti spiegare tutto, anche cose non richieste, anche la tua nascita settembrina col fatto che nella Bassa pavese le donne non potevano uscire a lavarsi, d' inverno, per il freddo, post coitum. E la laurea in scienze politiche (figlio di un sarto povero, ma tutti i figli mandati all'università, perché il pezzo di carta avrebbe dato pezzi di pane), e i paracadutisti, e la Resistenza senza sparare un colpo, e il pallone preso a calci con la maglia dei Boys a Milano, con Cina Bonizzoni allenatore. Lo sport. Certo sapevo che eri stato direttore della "Gazzetta", a trent'anni, e te ne eri andato sbattendo la porta per una bega amministrativa. Non sapevo, me lo avresti detto tu, che lo sport aveva due tipi di cantori: quelli che definivi i professori, gli epigoni del Vate Gabriele, digiuni di tecnica ma ben provvisti di parole alate, e gli scribi, i cronisti, quelli che seguivano lo sport da vicino, con qualche nozione ma senza lingua, senza le parole adeguate. E tu con coscienza e scrupolo artigianale (ma io non dimentico tutti i libri che hai in casa) avevi inventato una lingua viva, piena di venature, di rimandi, come uno che aveva letto Runyon ma anche Folengo. Eri nato con l'atletica e il ciclismo, sapevi raccontare gli uomini e le strade. E' sempre più dura, Giovanni, con questo pezzo spezzato dalle telefonate e dai colleghi che mi chiedono un ricordo di te. Uno della Rai mi ha presentato come tuo erede e so che ne era convinto, ma io non voglio. Mi è venuto in mente e mi sono commosso, ma con un microfono sotto il naso non si può piangere, di quando tu hai detto a tua moglie Rina, guardandomi: ma hai visto il profilo del naso di Giovannino, la barba? Potrebbe essere nostro figlio, sputato. Sì, aveva detto la Rina, che ha occhi di un azzurro incredibile. E adesso io vorrei essere vicino a lei, non qui. Mentre sta suonando una banda. Io non sarò il tuo erede, Giovanni. Siamo onesti, come te non c'è stato nessuno e non ci sarà più nessuno. Mica solo per lo sport. Se c'è un libro di gastronomia da salvare, è "La pacciada", che hai scritto tu con Luigi Veronelli. Che adesso starà bevendo in memoria tua. Se si vuol capire qualcosa di ciclismo, degli anni eroici del ciclismo, bisogna leggere "Addio bicicletta", l'hai scritto tu un sacco di anni fa. E pochi letterati da Strega e da Campiello avrebbero descritto il paese di Coppi come hai fatto tu. Io non sarò il tuo erede, ma continuerò a portarti in giro, Giovanni. Lo facevo già prima, lo farò ancora. Lo facevamo in tanti. Anche venerdì sera, a tavola con gli altri di Repubblica, ci siamo chiesti se quel Cabernet Sauvignon maltese a te sarebbe piaciuto. No, ho deciso io, non ti sarebbe piaciuto. E' strano, ma negli ultimi tempi ci si vedeva poco, proprio adesso che lavoravamo nello stesso giornale. Ma era normale, se tu stavi a San Siro io andavo a Torino, se tu eri a Roma io a Parma, se io ero a Malta, tu fra Codogno e Casalpusterlengo. E adesso che sta partendo il pullman per lo stadio, in un sole assurdo. Non sappiamo nemmeno se c'era nebbia lì, a quell'ora, ma non importa. Ricordo di quanto avessi paura, in macchina, tu, e come strillavi appena si passavano i 120 in autostrada. Conosco anche quelli che sono morti con te, ci abbiamo mangiato assieme e giocato a carte, da Giuliano. Sei morto come avresti sperato, ammesso che si possa sperare di morire, il come se non il quando. Tu che giravi pieno di pilloline contro tutto, nel tuo leggendario borsello di pelle d'ippopotamo, hai evitato l'orrida vecchiezza, dicevi tu, l'infermità, il bussare insistente della signora dai denti verdi. Sei morto come auguravi ai tuoi eroi sportivi, assunti in cielo su un carro di fuoco. Non sei morto di cuore né di fegato né di polmone, Giovanni, tu che fumavi cento sigarette al giorno e non parliamo di quello che hai bevuto, oppure parliamone, e parliamo del culo che ti sei fatto sgobbando fra le stanghe della Olivetti (il computer mai, avevi ragione tu, non fa rumore, ti cambia le parole già in testa) più di cinquant' anni. Sei morto con gli amici, come avevi vissuto. Non è il maestro di giornalismo che ci manca, né il suscitatore di polemiche sempre affrontate a testa alta. Ci manca il compagno di strada e d'avventure, anche avventure intorno a un tavolo che era la rampa di lancio per sentirti raccontare delle storie, poteva essere Alarico o Girardengo, eri tu che le raccontavi, e chi ti poteva contestare la data della dieta di Worms? O la vera ricetta della zuppa alla pavese? Solo una volta ti ho beccato, su un vino di Giacomo Bologna, morto anche lui, fegato. Anche lui ricco d'avventure e di umanità. Passa il tempo e si fa la conta e i debiti coi morti sono i più difficili da pagare. Ne ho tanti, da oggi uno in più. Per esempio, se hai bisogno chiamami, non te lo sentirò più dire. Se mi ammalo farò come il cinghiale solengo, che si apparta e non vuole vedere più nessuno, dicevi. Ti è andata bene, è forse l'unica consolazione, amico, maestro, pezzo di cuore che se ne va. Sei morto nella Bassa, vicino a dove sei nato. Non avrei mai voluto scriverne. Dicevi che non si deve scrivere barocco, anche se un po' è inevitabile, nello sport: il muscolo si gonfia come il lessico. Come il cuore, Giovanni, come il cuore. Anche la morte può aprire autostrade di retorica. Ma questo oggi ti devo: la coscienza che non si può essere avari, nella vita e nel mestiere, che bisogna spendersi, meglio dieci righe in più che dieci in meno, semmai qualcuno le taglierà. Meglio un'ora in più con gli amici che un'ora in meno. Meglio il fiotto che la goccia. Meglio il rosso che il bianco. Meglio la sincerità, anche quando può far male, che la reticenza o la bugia. E adesso basta, tiremm innanz, come ha detto uno della tua sponda. Quel po' di strada che c'è ancora da fare la faremo insieme, tu non ti stancherai, neanche al Tour. E io se sentirò un peso al petto o un bruciore agli occhi darò la colpa alle sigarette, al vino, ai chilometri. Sto dettando dallo stadio Tà Qali, gioanbrerafucarlo, siamo già partiti.
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