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Documenti e professori dicono bene dell'Italia in Somalia ma per i gendarmi della memoria compimmo solo nefandezze
Documenti e professori dicono bene dell’Italia in Somalia ma per i gendarmi della memoria compimmo solo nefandezze
L’analisi dei documenti d’archivio è fondamentale per lo studio del passato. Il confronto delle risultanze è basilare per unirle alle riflessioni di eminenti studiosi per completare un quadro quanto più possibile corretto e vicino a quelle realtà che non abbiamo vissuto direttamente. Scopri tutte le menzogne raccontate per decenni sulla storia coloniale italiana leggendo il libro “Bugie…
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curiositasmundi · 4 years
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Anche per lo stato d’eccezione la paura è un boomerang
Sarà un caso che il panico sia esploso soprattutto in quelle regioni governate dai leghisti, dove da tempo si istiga all’odio, si indica nell’immigrato il nemico pubblico, portatore di ogni morbo? Sono in molti a chiederselo. E la domanda sembra trovare conferma nelle recenti uscite dei governatori di turno. Con un colpo di scena l’uno tira fuori una mascherina per coprirsi, «autoisolarsi», dichiararsi a rischio, per sé e per gli altri, istillando così di nuovo paura – se non fosse che la mascherina nelle sue mani si muta in maschera e tutto assume contorni pagliacceschi.
L’altro rilancia le consuete discriminazioni – noi superiori, loro inferiori, noi sani, loro malati, noi puliti, loro sporchi – e questa volta arriva all’iperbole grottesca dei «topi vivi», quella famosa prelibatezza cinese che tutti conoscono. Stride un po’ parlare qui di «stato d’eccezione», quel paradigma di governo attraverso cui leggere il mondo attuale, come ce l’ha insegnato magistralmente Giorgio Agamben, il quale lo ha rilanciato su queste pagine (il 26 febbraio scorso).
Al contrario di quel che qualcuno ha sostenuto, il paradigma resta nella sua validità. D’altronde è ormai prassi quotidiana: le procedure democratiche vengono sospese da disposizioni prese nel segno dell’emergenza. Un decreto di qua e un decreto di là: così cittadine e cittadini finiscono per accettare «misure» che dovrebbero garantirne la sicurezza, ma che in effetti ne limitano fortemente la libertà. I provvedimenti presi negli ultimi giorni da governo e regioni – in ordine sparso – sono emblematici. Si giunge fino a chiudere i luoghi della cultura, a vietare manifestazioni e riunioni. Sono «misure» che hanno – inutile dirlo – un sapore autoritario e un carattere inquietante.
Ma sembra che lo «stato d’eccezione» non basti per un mondo così complesso come quello globalizzato, dove la paura svolge ormai un ruolo politico decisivo. Paura per l’estraneo, xenofobia, quella che spinge a erigere barriere e muri, insieme, però, anche alla paura per tutto ciò che è fuori, exofobia, che induce a rinserrarsi nella propria nicchia, a immunizzarsi, proteggersi, guardando quel che accade attraverso lo schermo rassicurante.
La pulsione securitaria è fomentata. Così come fomentata è quella che alcuni scambiano per indifferenza, come se si trattasse di una questione etica, e che è piuttosto una tetania affettiva con tanto di ragion di Stato. È indubbio che si usi biecamente la paura per governare. Proprio per questo il sovranismo, soprattutto quello anti-immigrati, non è una riedizione del vecchio nazionalismo. È un fenomeno nuovo: fa leva sul timore dell’altro, l’allarme per ciò che viene da fuori, l’ansia della precarietà, la voglia di esserne immuni. Ma questo è solo un aspetto. Perché il governante, che scherza con il fuoco della paura, finisce per restarne bruciato. Mentre crede di amministrare a puntino l’odio, di gestire debitamente la paura, tutto gli sfugge di mano. Questo è il punto: la governance, che vorrebbe governare all’insegna dello stato d’eccezione, a sua volta è governata da quel che si rivela ingovernabile. È questo rovesciamento continuo che colpisce, impressiona. Il modello qui è quello della tecnica: chi la impiega, viene impiegato, chi ne dispone, viene scalzato.
La democrazia immunitaria è perciò un’inedita forma di governance dove la politica, ridotta ad amministrazione, per un verso si rimette al dettato dell’economia planetaria, per l’altro si autosospende abdicando alla scienza – «facciamo parlare gli esperti!» – che s’immagina oggettiva, vera, risolutiva. Come se la scienza fosse neutra e neutrale, come se non fosse già da tempo strettamente connessa con la tecnica, altamente tecnicizzata.
Così lo Stato di sicurezza si rivela uno Stato medico-pastorale che garantisce l’immunizzazione al cittadino-paziente, pronto, dal canto suo, a seguire – tra diritto all’amuchina e divieto di ammucchiata – ogni regola igienico-sanitaria che lo protegga dal contagio, cioè dal contatto con l’altro. Non si sa dove finisce il diritto e dove comincia la sanità.
Il coronavirus, questo virus sovrano già nel nome, si fa beffe del sovranismo d’eccezione, che vorrebbe grottescamente profittarne. Sfugge, glissa, passa oltre, varca i confini. E diventa metafora di una crisi ingovernabile, di un crollo apocalittico. Ma il capitalismo, lo sappiamo, non è un disastro naturale.
Di: Donatella di Cesare - via: IlManifesto
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marino222 · 3 years
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Mazzolari rifiuta [..] il fascismo perché violenza e sopraffazione teorica e pratica dell'uomo sull'uomo, perché introduce gerarchie e discriminazioni che negano l'uguaglianza fondamentale degli uomini, figli di Dio e fratelli di Cristo. La scelta della democrazia ha precise radici religiose, è conseguente al rapporto che egli intende stabilire col tessuto umano affidato alla sua cura pastorale. La croce infatti può essere proposta solo a uomini liberi e responsabili. La fede, e la religione che ne consegue, non divengono alienazione nel momento in cui non appaiono contraddittorie al bisogno di elevazione e di emancipazione sociale che scuotono le masse dei diseredati.
G. Miccoli in “don Primo Mazzolari: una presenza cristiana nella cronaca e nella storia italiana” in “Cristianesimo nella storia” 3/1985
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anticattocomunismo · 5 years
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In ginocchio dai politici, il comizio lo offre il vescovo
Discutibile iniziativa a Cagliari. Il vescovo ha chiamato a raccolta i candidati governatori della Regione Sardegna in una chiesa per un dibattito all'americana. Una profanazione di un luogo sacro e una ingerenza nella politica che sa di sottomissione. Soprattutto se l'unico tema affrontato è quello della povertà, tralasciando tutti gli altri principi non negoziabili. Ma per Miglio il compito della Chiesa è scoraggiare l'astensionismo. Invece di insegnare alla politica il Bene comune, la Chiesa si mette in fila da questuante della politica come fosse una qualsiasi associazione di categoria.
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di Andrea Zambrano (14-01-2019)
Il timer piazzato sul pavimento ha dato un non so che di confronto all’americana. E il crocifisso alle spalle dei candidati ha fatto il resto: guardava sconsolato quello che stava accadendo nella sua casa. In occasione delle imminenti elezioni regionali in Sardegna i candidati alla presidenza della più alta amministrazione isolana si sono trovati per un confronto pubblico. Uno dei tanti, di quelli che le associazioni ci categoria organizzano per capire da chi chiede il voto dei cittadini che cosa farà per portare avanti gli interessi di questa o quella associazione. Un’azione di lobby, se vogliamo, legittima nel momento in cui a confrontarsi e a chiedere il confronto sono attori dell’agone politico e elettori.
Ma che cosa succede se l’iniziativa la compie la Chiesa? E che cosa succede se la Chiesa lo fa nientemeno che in chiesa? Proprio dando le spalle al crocifisso e occupando per scopi eminentemente politici uno spazio sacro?
E’ quello che è accaduto a Cagliari sabato pomeriggio nella chiesa di Santa Restituta. Il tempio come il salotto di Porta a Porta con l’arcivescovo Arrigo Miglio nella veste di Bruno Vespa della situazione.
La Chiesa come Coldiretti o Confindustria. C’è qualcosa che non quadra in questa ingerenza sottomessa nel mondo politico. Il prelato ha detto che la politica - citando Papa Francesco - è la più alta forma di carità. Ma ha omesso di dire che la Chiesa non fa politica. E prestare un luogo di culto per chiedere ai candidati che cosa faranno su questo o quel tema non è a modo suo un fare politica? Un orientare, un dare uno strumento di conoscenza ai fedeli che sono anche elettori. E’ questo che deve fare la Chiesa?
Nell’incontro di sabato - presenti tutti i candidati governatori tranne quello pentastellato - organizzato dall’Ufficio di pastorale del lavoro di Cagliari si sono incrociati due problemi: l’occupazione per un’iniziativa politica della casa del signore e l’ingerenza appunto della Chiesa nel dibattito politico, che però alla lunga sa di sottomissione ai meccanismi della politica.
Vediamo il primo: ormai siamo abituati a vedere le chiese utilizzate per gli scopi più inopportuni. Ma a tanto non si erano spinte neppure le pur discutibili linee guida emesse dal Pontificio consiglio per la Cultura circa l’uso delle chiese dismesse, con finalità che non sono di culto. Che poi, la chiesa in oggetto non era neppure dismessa, ergo il suo utilizzo per scopi politici è comunque una profanazione compiuta con il via libera del vescovo. Tutto normale? Non proprio, se si pensa che l’iniziativa si poteva organizzare - ammesso e non concesso che fosse opportuna - in un salone di proprietà della diocesi. Non ce ne sono forse a Cagliari? Impossibile. Si prosegue nell’occupazione delle chiese per scopi socio-ricreativi che evidenziano la cattiva teologia di considerare i luoghi sacri temporaneamente desacralizzati per scopi non religiosi.
Il secondo problema mette in luce l’ingerenza della Chiesa non tanto nei programmi, ma nella conduzione di una campagna elettorale. Votare è un diritto di tutti, ma presentarsi di fronte ai candidati come Chiesa, rischia di trasformare la Chiesa in un soggetto attivo nell’esito del voto. I fedeli sono elettori, certo, ma la Chiesa non può essere considerata un soggetto politico, perché dovrebbe essere al di sopra della politica. Dovrebbe essere la Chiesa a insegnare ai politici e non i politici a raccontare questa o quella promessa alla Chiesa.
I candidati che si impegnano e scendono in campo anche per i valori che stanno a cuore alla Chiesa, devono agire prima di tutto in sede pre-politica, di fede, non perché spinti da una gerarchia ecclesiastica. Non è questo il concetto di bene comune che la Chiesa dovrebbe promuovere.
Sopratutto se il focus sono soltanto alcuni argomenti invece di altri.
Curioso infatti che dalle cronache dei giornali il giorno dopo, l’unico tema affrontato sia stato quello della povertà. Povertà materiale e lavoro. Insomma: la Chiesa sembra chiedere ai candidati soltanto su un problema, quello della povertà e dimenticarsi di tutti gli altri. Un esempio? Le politiche sanitarie regionali avrebbero molto da dire sugli aborti e la diffusione della pillola Ru 486 nei reparti di ostetricia sardi. Se n’è parlato? Dalle cronache e dalle parole dei protagonisti sembra proprio di no. Insomma, dimentichiamoci il principi non negoziabili.
L’unica cosa che sta cuore sono la povertà e il lavoro, quest’ultimo definito dal responsabile della pastorale del lavoro “ciò che dà dignità a una persona”, il suo “essere utile alla società”. E tutto quello che toglie dignità alla persona, come appunto le politiche anti vita? O quelle di indottrinamento di massa con l’imposizione del gender nelle scuole? Lettera morta.
C’è però un altro aspetto ed è il compito che - secondo il vescovo di Cagliari Miglio - deve essere quello della Chiesa: “Compito della Chiesa in questo momento è quello di incoraggiare alla partecipazione - ha detto ai microfoni di una tv locale dopo l’incontro e durante la sua introduzione - dobbiamo preoccuparci dell’astensionismo che ultimamente ha raggiunto livelli non buoni e dunque il compito della Chiesa è dire alle persone di partecipare e impegnarsi. Nell’interesse di tutti, credente e non credente, per mantenere viva la democrazia, che resta viva se c’è partecipazione”.
Tutto qua? Un appello a votare come potrebbe fare il presidente della Repubblica? Siamo sicuri che il compito della Chiesa sia quello di scoraggiare l’astensionismo e non semmai quello di richiamare ogni uomo al rispetto di quei principi non negoziabili così frettolosamente gettati nel cestino? L'impressione è che invece di insegnare ai politici la strada del bene comune, la Chiesa si sia messa in fila dai politici come un qualunque questuante. In fila e in ginocchio.
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italianaradio · 4 years
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PLATI’ VERSO IL VOTO AMMINISTRATIVO L’appello di “Liberi di Ricominciare”
Nuovo post su italianaradio https://www.italianaradio.it/index.php/plati-verso-il-voto-amministrativo-lappello-di-liberi-di-ricominciare/
PLATI’ VERSO IL VOTO AMMINISTRATIVO L’appello di “Liberi di Ricominciare”
PLATI’ VERSO IL VOTO AMMINISTRATIVO L’appello di “Liberi di Ricominciare”
PLATI’ VERSO IL VOTO AMMINISTRATIVO L’appello di “Liberi di Ricominciare” Lente Locale
R. & p.
Il Movimento Liberi di Ricominciare accoglie e sostiene l’appello lanciato da Sua Eccellenza il Vescovo di Locri-Gerace, Mons. Francesco OLIVA,in visita pastorale a Platì, affinchè il Paese torni ad essere amministrato da un Sindaco e da un Consiglio Comunale democraticamente eletti, auspicando il ritorno della democrazia a Platì già dalla prossima tornata elettorale.
Con passione, competenza, esperienza , professionalità ed entusiasmo il Movimento Liberi di Ricominciare è pronto a tornare alla guida dell’Amministrazione Comunale mettendosi al Servizio della Comunità
PLATÌ SENZA BARRIERE: LIBERI DI RICOMINCIARE AVVIERÀ L’ATTIVITÀ AMMINISTRATIVA  METTENDO SUBITO IN ATTO IL PIANO TRIENNALE DELLE OPERE PUBBLICHE CHE RENDERA’ PLATI’ UN PAESE MIGLIORE
Paolo Ferrara: “Se dovessimo avere la fiducia degli elettori il giorno dopo il giuramento in consiglio comunale, daremo alla popolazione Platiese  finalmente la possibilità di ritornare ad essere libera, sì libera di ricominciare da qualsivoglia pregiudizio  e guardare al Futuro con ottimismo .
“Nessuno può fermare la voglia di cambiamento, noi non improvviseremo una campagna elettorale dell’ultima ora, già da tempo siamo presenti in questo territorio, abbiamo dato dimostrazione delle nostre competenze con fatti e non parole, la nostra attività politica la andremo a sviluppare, sviluppando le necessarie sinergie, con le idee ed istanze dettate dai Cittadini e dai territori in stretta collaborazione con Regione , Città Metropolitana ed Istituzioni Tutte”.
Di una cosa siamo certi: il tempo è galantuomo, noi oggi siamo qui, presentandoci agli elettori per il nostro modo di essere e di agire, non faremo promesse ma  garantiremo il nostro impegno per la ripartenza di questo nostro amato territorio che deve essere libero di ricominciare.
Platì 10 Febbraio 2020                                      Il Presidente  del Movimento Liberi di Ricominciare     Prof. Paolo Ferrara
PLATI’ VERSO IL VOTO AMMINISTRATIVO L’appello di “Liberi di Ricominciare” Lente Locale
PLATI’ VERSO IL VOTO AMMINISTRATIVO L’appello di “Liberi di Ricominciare” Lente Locale
R. & p. Il Movimento Liberi di Ricominciare accoglie e sostiene l’appello lanciato da Sua Eccellenza il Vescovo di Locri-Gerace, Mons. Francesco OLIVA,in visita pastorale a Platì, affinchè il Paese torni ad essere amministrato da un Sindaco e da un Consiglio Comunale democraticamente eletti, auspicando il ritorno della democrazia a Platì già dalla prossima tornata […]
PLATI’ VERSO IL VOTO AMMINISTRATIVO L’appello di “Liberi di Ricominciare” Lente Locale
Gianluca Albanese
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castellanzanelcuore · 6 years
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(Comunicato Stampa) DOMENICA 18 NOVEMBRE ALLE ORE 12,00
CERIMONIA DI INTITOLAZIONE DEL CENTRO POLIVALENTE, GIA’ SCUOLA MANZONI, DI VIA VENETO AD ANTONIO BUZZI
Si svolgerà Domenica 18 Novembre alle ore 12,00 (al termine della S. Messa) la cerimonia di intitolazione del Centro Polivalente sito in via Vittorio Veneto 27 a Castellanza, già sede della Scuola Manzoni, ad Antonio Buzzi.
Alla cerimonia interverrà il Sindaco, arch. Mirella Cerini, le autorità civili, militari e religiose della Comunità Pastorale.
La decisione di intitolare il Centro Polivalente è stata assunta dalla Giunta Comunale che con deliberazione ha accolto la proposta formulata dall’ex Sindaco Luigi Roveda di intitolare ad Antonio Buzzi la struttura di proprietà di Castellanza Servizi Patrimonio.
Struttura, una volta sede della Scuola Manzoni, opera realizzata proprio da Antonio Buzzi durante il suo mandato da Sindaco.
L’intitolazione vuole essere un ringraziamento per le grandi capacità amministrative e la lungimiranza nell’azione pubblica di un uomo dalla grande sensibilità e dal forte senso civico che può essere ancora oggi di esempio per i giovani.
Oggi nella struttura, oltre alla sede della società Castellanza Servizi Patrimonio, sono ubicati gli uffici del Settore Servizi Politiche Sociali del Comune, il Servizio Tutela d’Ambito sociale del Distretto di Castellanza, il Poliambulatorio medico (Medicina di gruppo), la Farmacia Comunale San Giulio, e il Centro diagnostico San Nicola.
Antonio Buzzi (1921 – 1978) ebbe una tenace dedizione alla vita civica, specialmente attuata nelle fasi del dopoguerra e a favore dello sviluppo economico e sociale della città di Castellanza.
Entra a far parte della Giunta, guidata dal visconte Leonardo Cerini, nel 1946 venendo nominato commissario per gli alloggi.
A seguito delle dimissioni del sindaco visconte Leonardo Cerini, il 26 agosto del 1948 assume per la prima volta la carica di Sindaco di Castellanza e successivamente nelle elezioni del 1951 e del 1956.
Sempre nel 1948 si laurea in ingegneria meccanica al Politecnico di Milano e subito intraprende l’attività professionale presso ditte locali: Mascheroni di Ferno e poi Franco Tosi di Legnano.
Nel 1957 rassegna le dimissioni da sindaco perché trasferito in Venezuela incaricato dalla Franco Tosi e per conto del Gruppo Industrie Elettromeccaniche per Impianti all’Estero (dirige la costruzione della Centrale di Puerto Cabello).
Ritornato in Italia, pur con impegni professionali molto importanti come dirigente della Franco Tosi, continua a partecipare attivamente alla vita politico-amministrativa di Castellanza, venendo sempre rieletto e assumendo l’incarico di vicesindaco.
La passione politica e l’impegno sociale lo hanno visto impegnato nella Democrazia Cristiana, nell’Azione Cattolica, nelle ACLI, nella CISL, nel movimento Avanguardia Cattolica e nella San Vincenzo. È stato presidente dell’ANPI e della Banda musicale S. Cecilia.
Per il suo passato di militare e partigiano ha ricevuto le medaglie al valore come capitano dell’artiglieria e come partigiano.
È stato un amministratore attento ai bisogni della cittadinanza con particolare riferimento al miglioramento della sua città. Il fatto di essersi insediato subito dopo la conclusione del secondo conflitto mondiale lo ha obbligato a concentrare le energie e le risorse per l’adeguamento delle infrastrutture: strade, scuole, acquedotto, edilizia popolare e così via.
La forte spinta agli investimenti pubblici ha fatto sì che si creassero occasione di lavoro per i molti disoccupati del dopoguerra, andando così incontro e a risolvere situazioni di disagio e di povertà.
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notiziebari · 6 years
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L’Ufficio Diocesano per la Pastorale Sociale e del Lavoro, le Parrocchie e l’Azione Cattolica di Acquaviva delle Fonti, Vi invitano al percorso di Democrazia Partecipativa. Si tratta della quarta tappa dal titolo “Progettando il futuro”. L’appuntamento è per oggi dalle ore 19:30 alle ore...
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unius-rei · 6 years
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Gentiloni PD LGBT M5S
solo un Gentiloni PD LGBT M5S totalmente sprovveduto: può pensare di andare in Africa a fare degli investimenti nella shariah senza reciprocità, infatti shariah significa: "dhimmis murtids kafir io ti ammazzerò!" poi, Gentiloni Bilderberg Soros PD LGBT M5S hanno detto: "la nostra identità di Sodoma? è forte!" .. ecco perché quando gli viene da dietro? lui stringe i denti! arcivescovo metropolita di Trento, S.E. Mons. Luigi Bressan, ha rilasciato un’intervista chiara ed inequivocabile a Vita Trentina sull’ideologia gender e sull’omosessualismo. Il  tema è all’ordine del giorno del Consiglio provinciale, che si appresta a votare una proposta di legge contro l’omofobia (DDL Civico), basata su tre progetti presentati in tempi recenti, sulla falsariga della legge Scalfarotto. Mons. Bressan ha ribadito la cura pastorale che la Chiesa deve riservare ad ogni persona, in qualsiasi condizione di vita, ma “sotto l’aspetto etico, non ogni atto è eguale, mentre la castità, virtù forte, è per tutti. Avere una tendenza non è peccato ed anche uno che la abbia omosessuale può diventare santo”. Ritiene che – rispetto alla questione omofobia –  il Trentino “abbia problemi ben più urgenti e che interessano quasi tutti i cittadini: situazione occupazionale; crisi economica …; il fluido delle politiche nazionali sull’autonomia; calo della produttività industriale e del settore edile, fragilità delle famiglie, rifugiati da accogliere, cultura della pace, ecc .” Ha inoltre evidenziato – a titolo personale, e dopo aver premesso che non intende interferire nel lavoro dei politici – un difetto grave dei progetti di legge, frutto della pressione di lobby potenti operanti a livello internazionale, nazionale e locale:  “l’assenza di una garanzia per la libertà di chi nella vita quotidiana, per motivi religiosi o filosofici, dissente dalle impostazioni proposte dalla legge”. Ed inoltre: “Mi sembra che non si parli nemmeno della famiglia, ma tutto è rimesso alla scuola…e ad associazioni gay-lesbiche. E’ misconoscere il diritto primario dei genitori… ed esso è soprattutto importante nella educazione sessuale. Gli psicologi ci dicono che in età evolutiva si deve esser molto delicati per non disorientare e creare poi disagio per tutta la vita”. E prosegue: “La maggiore criticità è che la Provincia Autonoma di Trento appare abbracciare la “ideologia del genere”, cioè il diritto di scegliersi a quale genere appartenere… (ne hanno contati fino a 103 tipi diversi, mentre non è mai stato individuato nessun gene oggettivo dell’omosessualità, ma vi sono quelli oggettivi della differenziazione sessuale). Inoltre, con il testo proposto, la Provincia si affiderebbe ad associazioni gay-lesbiche . Ora essa dovrebbe restare sopra le, e fuori delle, associazioni di qualsiasi tipo, pur dialogando con tutte loro. Infine (ma solo per limitarmi a tre aspetti) in più passaggi si parla di indottrinare i ragazzi nella scuola (con frasi diverse, ma concordanti)”. https://www.notizieprovita.it/economia-e-vita/omosessualismo-e-gender-la-chiara-presa-di-posizione-dellarcivescovo-bressan-di-trento/ ============= solo un Gentiloni PD LGBT M5S totalmente sprovveduto: può pensare di andare in Africa a fare degli investimenti nella shariah senza reciprocità, infatti shariah significa: poi, Gentiloni Bilderberg Soros PD LGBT M5S hanno detto: "la nostra identità di Sodoma? è forte!" poi, Gentiloni Bilderberg Soros PD LGBT M5S hanno detto: "la nostra identità di Sodoma? è forte!" .. ecco perché quando gli viene da dietro? lui stringe i denti! "dhimmis murtids kafir io ti ammazzerò!" Omosessualismo a Roma: il Tribunale dei minori concede l’adozione a una lesbica Repubblica.it ci dà una notizia che farà lieti i fautori dell’omosessualismo: il Tribunale per i minorenni di Roma ha concesso in adozione una bambina alla convivente della madre biologica (del padre non si ha notizia: è un venditore di seme residente all’estero). Il ricorso della donna è stato accolto sulla base dell’art. 44 della legge  n. 184/1983, modificato dalla legge n.149/ 2001. Lasciamo volentieri ai nostri amici Giuristi per la Vita il compito di spiegare tecnicamente la incredibile forzatura operata dai giudici (la fattispecie non si trova nella legge 149). Purtroppo siamo abituati alla “giurisprudenza creativa”: gli interpreti della legge – che hanno già avuto il coraggio di scrivere nella motivazione di una sentenza che la maternità è “un concetto controverso” –  non sanno stare al loro posto e inventano di sana pianta regole nuove (in barba alla democrazia parlamentare). Anche chi non sa di legge, però, non avrà difficoltà a riconoscere che, se la cosa è stata motivata dal “supremo interesse del minore ad avere una famiglia”, l’interesse di quella bambina – in questo caso – è stato ampiamente calpestato:    perché due lesbiche non sono una famiglia (e Repubblica specifica con solerzia che la bimba è figlia di una sola delle due donne: poteva essere altrimenti? La natura cosa impone?);    perché  l’interesse del minore, come tutti gli psicologi e gli psichiatri degni della professione che svolgono riconoscono, è quello di avere una mamma e un papà. In mancanza del papà c’è la mamma o l’amica o la parente della mamma. NON due mamme. Perché due mamme (dello stesso bambino, nello stesso nucleo familiare) in natura non esistono, come non esistono nel nostro ordinamento: dire che un bambino ha “due mamme” è una menzogna. E’ oggettivamente e indiscutibilmente FALSO. E’ facile poi prevedere che la decisione in questione assumerà una portata ideologica e servirà come “precedente”, di modo che la giurisprudenza potrà subdolamente riconoscere famiglie adottive che contraddicano in pieno proprio i principi ispiratori della legge 149 del 2001:    gli adottanti devono essere affettivamente idonei e capaci di educare, istruire e mantenere i minori: come già detto, il buon senso (che riconosce la ricchezza specifica della figura paterna e materna nell’educazione dei figli) e i migliori studi in materia evidenziano tutti i pericoli e gli effetti negativi della cosiddetta “omogenitorialità”.    gli adottanti devono, come minimo, garantire una convivenza altamente stabile: ora le statistiche mostrano come proprio le relazioni omosessuali siano in assoluto le più instabili.    gli adottanti devono essere, tranne eccezioni previste, uniti in matrimonio: proprio perché il matrimonio dà le migliore garanzie di stabilità, di buona educazione, ecc. Ora le coppie omosessuali non sono coniugi nel nostro ordinamento … … O dovremmo dire “non sono ancora coniugi”? Perché è anche questo un pericolo concreto della decisione del Tribunale per i Minorenni di Roma, qualora diventasse modello di certa giurisprudenza: “se gli omosessuali possono essere genitori adottivi perché non si possono sposare?“, sosterranno molti. Così, è completa l’attuazione del programma omosessualista: la caduta del divieto dell’eterologa nel nostro paese rischia di moltiplicare casi come quello in esame, e i tribunali saranno indotti a concedere sempre più spesso la “stepchild adoption”. La società sarà così pronta per il riconoscimento dei “matrimoni gay” …. del resto, non si parla già di unioni civili? Decisione dunque inaccettabile, per il suo contrasto con l’interesse dei bambini, con i principi di ordine pubblico e con i valori eterni che dovrebbero ispirare ogni società. Cliccate qui per leggere i commenti alla sentenza pubblicati da Avvenire, e qui potete leggere l’articolo de Il Foglio. https://www.notizieprovita.it/economia-e-vita/omosessualismo-vincente-il-tribunale-dei-minori-concede-ladozione-a-una-lesbica/ ======================= solo un Gentiloni PD LGBT M5S totalmente sprovveduto: può pensare di andare in Africa a fare degli investimenti nella shariah senza reciprocità, infatti shariah significa: "dhimmis murtids kafir io ti ammazzerò!" poi, Gentiloni Bilderberg Soros PD LGBT M5S hanno detto: "la nostra identità di Sodoma? è forte!" .. ecco perché quando gli viene da dietro? lui stringe i denti! “Gay e trans, la parola ai protagonisti” è il titolo di un agile libretto di 15 pagine che raccoglie testimonianze molto particolari. Contiene articoli scritti da diversi collaboratori di ProVita: l’abbiamo distribuito a piazza San Giovanni il 20 giugno, l’abbiamo allegato alla rivista mensile (gli abbonati ce l’hanno sicuramente), lo regaliamo ogni volta che ci troviamo a una conferenza o a un convegno. Vista l’importanza di questo momento storico, visto che per diffondere informazioni veritiere e corrette non servono i canali ufficiali dei mass media, ma dobbiamo darci da fare tra di noi, troverete cliccando qui la versione di detto opuscolo. Scaricatela, leggetela, diffondetela. BruceBrendaDavid_presentazionelibro_Brescia Bruce/David Reimer, quando gli facevano cedere di essere Brenda. Perché è importante e “particolare”? Perché contiene storie di vita vissuta e testimonianze di prima mano di persone che conoscono molto bene il mondo LGBT e la conseguenze pratiche dell’ideologia gender. Troverete la sintesi della triste vicenda di Bruce/Brenda/David Reimer, la testimonianza di Claire Breton e di Oscar Lopez, cresciuti con “due mamme”, quella di Dawn Stefanowicz, cresciuta con “due papà”, la storia di Walt Heyer, un ex transessuale che si dedica all’aiuto psicologico delle persone con disforia di genere che – troppo superficialmente – vengono indirizzati dal chirurgo plastico e poi se ne pentono amaramente, e qualche dichiarazione rilasciata da noti omosessuali che non si sottomettono alla dittatura omosessualista e mantengono la loro libera autodeterminazione razionale, come Dolce & Gabbana, Alfonso Signorini, Jean-Pier Delaume-Myard. Non poteva mancare, poi, una pagina dedicata a Luca Di Tolve, uno davvero odiato dalla lobby LGBT, perché rivendica il diritto di libertà di scegliere di uscire dalla condizione di omosessuale e di riscoprire la dimensione eterosessuale che è in ciascuno di noi. Banner_Ebook_Gay_Trans Tutta gente – chi più chi meno – censurata, perseguitata, minacciata, esposta alla gogna mediatica per aver avuto il coraggio di dire la verità su quello che tutti sanno (che “le foglie sono verdi…”), ma ormai pochi hanno il coraggio di dire: la natura umana è maschile o femminile. Il maschio e la femmina si attraggono naturalmente e fanno figli. I figli sono fatti per avere una madre e un padre. Tutto il resto esiste, è sempre esistito e sempre esisterà, ma non è né naturale, né salutare, e per gli individui e per la società. Buona lettura. https://www.notizieprovita.it/economia-e-vita/gay-e-trans-la-parola-ai-protagonisti-e-book-in-omaggio/ ========================= solo un Gentiloni PD LGBT M5S totalmente sprovveduto: può pensare di andare in Africa a fare degli investimenti nella shariah senza reciprocità, infatti shariah significa: "dhimmis murtids kafir io ti ammazzerò!" poi, Gentiloni Bilderberg Soros PD LGBT M5S hanno detto: "la nostra identità di Sodoma? è forte!" .. ecco perché quando gli viene da dietro? lui stringe i denti! Transgenderismo – Da professore a professoressa “Da oggi chiamatemi Cloe“. Con questa frase, per certi versi quasi banale, il transgenderismo ha fatto ingresso nelle scuole italiane. Pare infatti che il professore di fisica dell’Istituto Scarpa-Mattei di San Donà di Piave abbia iniziato così la lezione in una prima superiore lo scorso venerdì 27 novembre. La notizia è racchiusa in una lettera inviata dal padre di un alunno all’Assessore all’Istruzione e Formazione del Veneto Elena Donazzan, la quale l’ha resa nota su Facebook e ha subito richiesto un’ispezione per verificare i fatti. “Il prof. di Fisica […] entra in classe – scrive il padre all’Assessore – e con tanto di stivali con tacchi, minigonna, seno prorompente, chioma bionda esordisce con: ‘Non chiamatemi più […] ma Cloe‘. Lascio a Lei immaginare i volti dei ragazzi, qualche risata certo ma lo choc c’è stato e molto (una ragazza di un’altra classe si è sentita male). Il prof o la prof ha cominciato con il motivare questa ‘trasformazione’ dice: ‘Lo desideravo da quando avevo 5 anni’, e poi: ‘L’ho fatto adesso perchè sono diventato/a finalmente di ruolo’“. trangenderismo Tutto questo è successo all’insaputa degli altri docenti della scuola e delle famiglie. Anche se ad essere coinvolti sono stati ragazzi neanche quindicenni (età in cui, lo si sa, gli ormoni non sono proprio tranquilli e che è piuttosto delicata). Dalle prime ricostruzioni sembra invece che il preside della scuola fosse al corrente di quanto voleva fare il professore di fisica e che, anzi, lo avesse autorizzato a procedere. Ipotesi, questa, smentita dal direttore dell’ufficio scolastico territoriale di Venezia Domenico Martino, che ha affermato, secondo quanto riporta Il Timone: “Il giorno dell’accaduto mi aveva chiamato il preside – spiega lui –, ci ha detto che non era stato avvisato e ci ha chiesto come comportarsi. Ora devo sentire il direttore Beltrame. Personalmente penso che possa avere sbagliato il modo di comunicare la sua scelta, ma anche convinto che la scuola richieda competenze didattiche e che le scelte personali non rientrino certo nei compiti del docente“. In sintesi: la questione in sé va bene, se proprio vi è stato un mero errore di comunicazione. Il che si può tradurre come: “Il transgederismo non è opinabile, è una scelta bella e buona come tutte le altre“. Nel concludere non possiamo che riprendiamo le parole – amaramente vere – scritte ancora dal padre di un alunno all’Assessore: “Ma davvero la scuola si è ridotta così? E a distanza di un giorno nessuno della dirigenza scolastica è intervenuto con i genitori, nulla. Forse questo è un fatto ‘normale’ per tanti, ma non per noi che viviamo quei valori che ci sono stati donati e che all’educazione dei nostri figli ci teniamo, lottando quotidianamente, bersagliati ogni giorno da chi quei valori vuole distruggere, teorie gender e quant’altro“. https://www.notizieprovita.it/economia-e-vita/transgenderismo-da-professore-a-professoressa/ ================== solo un Gentiloni PD LGBT M5S totalmente sprovveduto: può pensare di andare in Africa a fare degli investimenti nella shariah senza reciprocità, infatti shariah significa: "dhimmis murtids kafir io ti ammazzerò!" poi, Gentiloni Bilderberg Soros PD LGBT M5S hanno detto: "la nostra identità di Sodoma? è forte!" .. ecco perché quando gli viene da dietro? lui stringe i denti! Negli ultimi due anni sono stati introdotti nelle scuole diversi progetti ispirati alle teorie del gender. Progetti che, con pretesti apparentemente lodevoli come la lotta alla discriminazione ed il contrasto alla violenza, hanno spesso lo scopo di insegnare agli studenti a negare la naturale differenza sessuale, ad identificarsi in qualsiasi “genere”, equiparando ogni tipo di “famiglia” e normalizzando ogni comportamento sessuale. Per vedere alcuni dei casi che sono stati denunciati si può cliccare qui. vademecum_gender_scuola_buonascuola Finora tali progetti sono stati introdotti mediante il sostegno finanziario di Regioni, Comuni, Province, del MIUR e dell’UNAR. Da ultimo, poi, con la legge “Buona Scuola” si richiamano certe norme che sono decisamente ispirate all’ideologia gender. Per capire bene si può cliccare qui. Perciò, ProVita ha elaborato un vademecum che intende dare alcuni consigli concreti ai genitori, che hanno diritto di vigilare sull’educazione trasmessa ai propri figli, pur senza sfociare in allarmismi isterici e controproducenti per tutti (qui se ne può leggere il sommario). Il documento è stato poi rinnovato, ampliato, aggiornato e stampato. Potete cliccare qui e compilare il modulo per ordinarne delle copie cartacee: vi verranno spedite a casa, a fronte di un contributo di € 6 per 5 libretti € 20 per 20 libretti € 90 per 100 libretti E’ in atto una vera e propria emergenza educativa: i media e le Istituzioni negano l’evidenza (dicono che “il gender non esiste”) e troppi genitori ed educatori si lasciano irretire dalle sirene del politically correct; troppi sono vittime di un vero e proprio lavaggio del cervello posto in essere dalla dittatura del pensiero unico dominante. Questo libretto sarà uno strumento prezioso, indispensabile, da distribuire tra amici e conoscenti, per risvegliare le coscienze, per proclamare la verità, per proteggere i bambini e “dar voce a chi non ha voce”, che è proprio lo scopo che tutti, insieme a ProVita, possiamo e dobbiamo perseguire. Toni Brandi DIFENDIAMO I BAMBINI E LA FAMIGLIA DAI TENTATIVI DI LEGALIZZAZIONE DELLE UNIONI CIVILI https://www.notizieprovita.it/attivita/gender-a-scuola-nuovo-vademecum-di-provita-per-i-genitori/ ======================= solo un Gentiloni PD LGBT M5S totalmente sprovveduto: può pensare di andare in Africa a fare degli investimenti nella shariah senza reciprocità, infatti shariah significa: "dhimmis murtids kafir io ti ammazzerò!" poi, Gentiloni Bilderberg Soros PD LGBT M5S hanno detto: "la nostra identità di Sodoma? è forte!" .. ecco perché quando gli viene da dietro? lui stringe i denti! Niente gender in Veneto. Il Consiglio regionale ha detto “No” all’introduzione nelle scuole  di “ideologie destabilizzanti e pericolose per lo sviluppo degli studenti quali l’ideologia gender”. Avevamo già parlato (vedi qui) del dibattito che si è acceso la settimana scorsa in materia. Nella giornata di ieri, con il voto della maggioranza, l’assemblea legislativa del Veneto ha approvato (24 favorevoli e 9 contrari) una mozione del consigliere di Fratelli d’Italia Sergio Antonio Berlato che chiede per l’appunto di non introdurre la teoria gender nelle scuole. Il testo è stato sottoscritto anche dal capogruppo Fdi Forza Italia Massimiliano Barison. Hanno votato a favore anche la Lega Nord e la Lista Zaia. Contrari invece il Partito Democratico e il Movimento 5 Stelle. Il documento in questione chiama la Giunta regionale ad “intervenire nelle scuole di ogni ordine e grado della Regione perché non venga in alcun modo introdotta la teoria del gender”, perché “venga rispettato il ruolo prioritario della famiglia nell’educazione all’affettività e alla sessualità, riconoscendo il suo diritto prioritario ai sensi dell’articolo 26 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo”. Per il consigliere Fdi e per la maggioranza, è necessario interpellare gli organi rappresentativi dei genitori e delle famiglie “in ogni strategia educativa della scuola, rispettando, sia nei contenuti che nelle modalità di elaborazione e diffusione, il diritto fondamentale della famiglia”. Bludental Allo stesso modo, le famiglie devono essere coinvolte nella “predisposizione dei progetti sull’affettività e sulla sessualità e nell’opera di educazione, rendendo i loro contenuti trasparenti ed evitando il contrasto con le convinzioni religiose e filosofiche dei genitori”. Infine, la mozione votata e approvata specifica che deve essere oggetto di “spiegazione e di studio la ragione per la quale la nostra Costituzione, all’articolo 29, privilegia la famiglia come ‘società naturale fondata sul matrimonio’, della quale riconosce gli speciali diritti, diversamente da ogni altro tipo di unione”. Come nel caso di Padova, questa è la dimostrazione che, se si combatte, si può vincere. Redazione Fonte: Il Giornale d’Italia https://www.notizieprovita.it/notizie-dallitalia/ideologia-gender-il-veneto-dice-no/ =================== solo un Gentiloni PD LGBT M5S totalmente sprovveduto: può pensare di andare in Africa a fare degli investimenti nella shariah senza reciprocità, infatti shariah significa: "dhimmis murtids kafir io ti ammazzerò!" poi, Gentiloni Bilderberg Soros PD LGBT M5S hanno detto: "la nostra identità di Sodoma? è forte!" .. ecco perché quando gli viene da dietro? lui stringe i denti! La scuola è fucina di menti ma purtroppo, sempre più spesso, anche di modelli educativi che poco hanno a che fare con le istituzioni scolastiche. Il ruolo della famiglia viene usurpato da progetti che cavalcano finalità apparentemente positive -la lotta alla discriminazione, la liberazione dagli stereotipi – per porre invece in essere disegni di tutt’altra matrice. Ed anche per questo motivo apprendiamo con piacere e rilanciamo sul nostro portale la nascita del Comitato Articolo 26 . Il Comitato fa proprio il motto “famiglia e scuola, insieme per educare“, partendo dal presupposto che le due istituzioni pedagogiche hanno confini e competenze distinte ma, anche, che sia necessario, per il raggiungimento di una armoniosa crescita dei minori, collaborare in modo responsabile. L’associazione è composta da genitori, docenti e da professionisti dell’educazione, coadiuvati da psicologi, pedagogisti ed operatori culturali. Il Comitato è disponibile per richieste di informazioni, analisi di singole situazioni problematiche o dubbi in merito ai progetti educativi presentati nelle scuole e tante altre forme di cooperazione. Per maggiori informazioni, visitate il sito del Comitato Articolo 26 ! https://www.notizieprovita.it/notizie-dallitalia/scuola-e-famiglia-nasce-il-comitato-articolo-26/ ============ solo un Gentiloni PD LGBT M5S totalmente sprovveduto: può pensare di andare in Africa a fare degli investimenti nella shariah senza reciprocità, infatti shariah significa: "dhimmis murtids kafir io ti ammazzerò!" poi, Gentiloni Bilderberg Soros PD LGBT M5S hanno detto: "la nostra identità di Sodoma? è forte!" .. ecco perché quando gli viene da dietro? lui stringe i denti! Roma, favola gay – Ora spiegano anche l’inseminazione per le lesbiche Una rivolta sacrosanta, quella avvenuta nei confronti degli insegnanti e dei dirigenti dell’istituto “Il Castello Incantato”, che ha visto genitori e associazioni cattoliche schierarsi contro l’ennesima trama ideologica firmata Lgbt. Siamo alla Bufalotta, periferia Nord-est di Roma, dove, secondo le testimonianze raccolte dalle associazioni, alcune maestre avrebbero distribuito ai piccoli alunni un opuscolo con la fiaba gay dal titolo: “Margherita ha due mamme: Mery e Franci”. Una favola in cui si legge:    “Le due mamme volevano una famiglia, ma mancava il semino. Franci si è fatta dare in una clinica olandese il semino donato da un signore gentile e l’ha messo nella pancia di Mery”. Una provocazione che non è caduta nel silenzio, come dimostrato dalla nota del comitato Articolo 26:    “Con il cavallo di Troia della lotta alla discriminazione, con il pretesto dell’educazione sessuale o più semplicemente, appunto, con escamotage che sfruttano la distrazione dei genitori, si spalancano le porte degli istituti scolastici ad una valanga di ‘progetti educativi’ di stampo gender.  Il nido di Roma non è certo un caso isolato” denuncia in un nota il comitato Articolo 26.    “Spesso – prosegue la nota – all’insaputa dei genitori, si va affermando una linea ben precisa. Si impone, in modo più o meno limpido, una cultura insidiosa, che mira alla decostruzione dei modelli di genere, alla sovversione delle evidenze di natura e allo stravolgimento del senso di famiglia e di genitorialità. Detto in altre parole, si insegna ai bambini, sin dalla più tenera età, che non si nasce maschi o femmine ma che ‘sei quello che senti di essere’, senza differenza. Che non esistono una mamma e un papà, ma un genitore 1 e 2. E che perciò la famiglia può essere tutto e il suo contrario”. Ma la cosa più grave, a nostro avviso, è che il suddetto libretto dice una falsità, una menzogna enorme: conclude dicendo che le due donne sono “i genitori” della piccola! Non si possono raccontare queste balle ai bambini! Che “educazione” è? Ovviamente la scuola, dopo il polverone, ha smentito ogni tipo di coinvolgimento e, come riportato da Repubblica, ha affermato che “il testo non esiste nemmeno all’interno del nido”. Era solo “in un elenco di libri che avevamo suggerito ai genitori, e non ai bambini, di leggere, per discuterne con le educatrici nei pomeriggi di laboratorio genitori-insegnanti che tradizionalmente facciamo, anche nell’ambito del progetto “Educare alle differenze” sostenuto dal Comune”. Insomma, un altro progetto volto alla lotta alle discriminazioni, contro l’omofobia e l’intolleranza, secondo l’Istituto. O meglio, l’ennesimo attacco alla famiglia e ai bambini delle nostre scuole. https://www.notizieprovita.it/notizie-dallitalia/roma-favola-gay-ora-spiegano-anche-linseminazione-per-le-lesbiche/ Luca Colavolpe Severi ======================== solo un Gentiloni PD LGBT M5S totalmente sprovveduto: può pensare di andare in Africa a fare degli investimenti nella shariah senza reciprocità, infatti shariah significa: "dhimmis murtids kafir io ti ammazzerò!"poi, Gentiloni Bilderberg Soros PD LGBT M5S hanno detto: "la nostra identità di Sodoma? è forte!" .. ecco perché quando gli viene da dietro? lui stringe i denti! La crociata del sesso nelle scuole Un riassunto della portata virale dell’ideologia gender nelle scuole e nelle Istituzioni, precipuamente concentrate a colpire bambini e ragazzi. Dall’UNAR alle singole scuole, dalle superiori all’asilo. Dagli uffici delle anagrafi alle fiabe. Tutto per rendere desueto il concetto di padre e madre, famiglia tradizionale e figli. Mamma, papà? Maschio e femmina? Definizioni vecchie e cliché da evitare coi bambini. Almeno secondo la “Strategia nazionale per la prevenzione e il contrasto delle discriminazioni basate sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere (2013 -2015)” emanata dall’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali del Dipartimento per le Pari Opportunità. Una “strategia”  in sintonia con le linee guida per l’educazione sessuale dell’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità)  già dall’asilo, improntate alla precocità e ad una certa non definizione dell’identità di maschio e femmina. Da esse trae ispirazione in diverse parti il Decreto Legge Carrozza, convertito nella legge 128/2013,  che contiene misure urgenti in materia di istruzione, università e ricerca. In sostanza, per legge coi bambini e ragazzi dovranno essere promossi i valori dell’omosessualità, transessualità, bisessualità in nome della non-discriminazione. Il decreto all’art. 16, lettera d, finalizza obbligatoriamente “la formazione dei docenti all’aumento delle competenze relative all’educazione, all’affettività, al rispetto delle diversità e delle pari opportunità di genere ed al superamento dei stereotipi di genere”. Il tutto con corsi obbligatori. Un nuovo dogma incentrato sul “gender”: non esiste maschio e femmina, ma tanti “orientamenti”. E così è partita la campagna informativa rivolta a bambini, ragazzi ed insegnanti nelle scuole e nelle università sulla cosiddetta “identità di genere” e sulla “parità di tutti gli orientamenti sessuali”: corsi di formazione all’Università di Padova, istruzioni ai giornalisti su come scrivere riguardo le tematiche LGBT (lesbo, gay, bisex, trans), fondi stanziati dalla Statale di Milano ad organizzazioni LGBT a scopo “educativo”. In varie scuole, poi, nei documenti si stanno sostituendo i termini padre e madre con “genitore uno” e “genitore due”. A Venezia, poi, oltre ai corsi di aggiornamento su questi temi, il Comune distribuirà 46 fiabe che raccontano l’omosessualità ed altri temi sulle relazioni di coppia e familiari da leggere ai bimbi di asili e scuole materne. Nei testi si parla delle diverse forme familiari: da quella con due papà a quella con due mamme, passando per “E con tango siamo in tre”, la storia di due pinguini maschi che covano un uovo. C’è poi “Il grande grosso libro delle famiglie”, che narra dei diversi modi di metter su un nucleo familiare, oltre a quello tradizionale con madre e padre. “Piccolo uovo”, disegnato dal celebre vignettista Altan, racconta invece la fecondazione assistita. Tutto ciò sta avvenendo per legge e per disposizone delle autorità. E’ un corto circuito: perché le famiglie e i minori devono accettare   che la scuola dell’obbligo li obblighi a ricevere certi “insegnamenti”? Sarà pure laica questa “strategia” dei presunti educatori-sessuali, ma ricorda tanto l’ora di religione in classe. Solo che sulla cosiddetta educazione sessuale non pare si possa scegliere. Francesco Buda https://www.notizieprovita.it/notizie-dallitalia/la-crociata-del-sesso-nelle-scuole/ ================ solo un Gentiloni PD LGBT M5S totalmente sprovveduto: può pensare di andare in Africa a fare degli investimenti nella shariah senza reciprocità, infatti shariah significa: "dhimmis murtids kafir io ti ammazzerò!" poi, Gentiloni Bilderberg Soros PD LGBT M5S hanno detto: "la nostra identità di Sodoma? è forte!" .. ecco perché quando gli viene da dietro? lui stringe i denti! Educazione sessuale: quando Planned Parenthood sale in cattedra Life News ha pubblicato un vide (in inglese) che mostra quali siano i contenuti degli interventi  di educazione sessuale per adolescenti: pratiche sadomasochiste (delle quali tralasciamo la specificazione per motivi di decenza). Quello che i nostri lettori devono ben tenere a mente è che queste cose non avvengono lontano, oltreoceano: l’ombra mefitica della IPP (International Planned Parenthood) si stende sopra le istituzioni “umanitarie” internazionali, ammorba l’OMS, le agenzie dell’ONU e le istituzioni dell’UE. La propaganda della contraccezione e dell’aborto, la sessualizzazione precoce dei bambini, che sta prendendo piede anche da noi, l’omosessualismo, l’ideologia gender, tutto viene da lì e dal giro di soldi miliardario che c’è dietro. Francesca Romana Poleggi https://www.notizieprovita.it/notizie-dallitalia/educazione-sessuale-quando-planned-parenthood-sale-in-cattedra/ ==================== solo un Gentiloni PD LGBT M5S totalmente sprovveduto: può pensare di andare in Africa a fare degli investimenti nella shariah senza reciprocità, infatti shariah significa: "dhimmis murtids kafir io ti ammazzerò!" poi, Gentiloni Bilderberg Soros PD LGBT M5S hanno detto: "la nostra identità di Sodoma? è forte!" .. ecco perché quando gli viene da dietro? lui stringe i denti! Firma la petizione #chiudeteUNAR per chiedere l’immediata chiusura dell’UNAR alla Presidenza del Consiglio e al Presidente della Repubblica. UNAR: firma la petizione #chiudeteUNAR di ProVita! L’UNAR (Ufficio Nazionale Anti-discriminazioni Razziali) si è infine mostrato per quello che è: un ufficio del Governo non soltanto inutile e pericoloso ma che sperpera soldi pubblici, destinandoli ad associazioni LGBT che promuovono orge gay e servizi sessuali gay a pagamento. L’UNAR, che dovrebbe occuparsi solo di discriminazioni razziali e basate sull’origine etnica, ha da tempo violato i limiti delle sue competenze occupandosi di tematiche LGBT e promuovendo la teoria del gender nelle scuole. La sua famosa “strategia nazionale” diretta anche alle scuole, escludeva le associazioni di famiglie e genitori e includeva soltanto 29 associazioni LGBT. Ha anche preteso di censurare e plasmare il linguaggio dei giornalisti conformandolo ai dettami LGBT. UNAR: firma la petizione #chiudeteUNAR di ProVita! Firma anche tu! Ora, la goccia che fa traboccare il vaso: un servizio de Le Iene ha rivelato che l’UNAR destinava fondi (più di 55 mila euro!) ad un’associazione gay che si dedica soprattutto alla promozione di orge gay, prostituzione, e pratiche sessuali estreme. ProVita Onlus, minacciando azioni legali, ha rivelato alla stampa il nome dell’associazione gay (l’ANDDOS) tenuto nascosto da Le Iene e il fatto che il direttore dell’UNAR, Francesco Spano, conosceva bene le attività dell’associazione. In seguito il direttore dell’UNAR si è dimesso. Questa è una prima vittoria che ci deve spingere a chiedere la chiusura di un ufficio (l’UNAR) che si è dimostrato così incompetente, inutile, pericoloso e dannoso, e che sperpera i soldi dei cittadini per destinarli alla promozione delle attività più ignobili. Perciò firma anche tu e diffondi tra tutti i tuoi contatti la petizione #chiudeteUNAR lanciata da ProVita Onlus per chiedere al Presidente del Consiglio Gentiloni e al Presidente della Repubblica Mattarella la chiusura immediata dell’UNAR e la devoluzione dei fondi alle politiche per la famiglia. UNAR: firma la petizione #chiudeteUNAR di ProVita! Firma anche tu! È anche possibile scaricare qui il modulo cartaceo per la raccolta manuale delle firme. https://www.notizieprovita.it/notizie-dallitalia/unar-firma-la-petizione-chiudeteunar-di-provita/ ======================s
olo un Gentiloni PD LGBT M5S totalmente sprovveduto: può pensare di andare in Africa a fare degli investimenti nella shariah senza reciprocità, infatti shariah significa: "dhimmis murtids kafir io ti ammazzerò!" poi, Gentiloni Bilderberg Soros PD LGBT M5S hanno detto: "la nostra identità di Sodoma? è forte!" .. ecco perché quando gli viene da dietro? lui stringe i denti! Rai2, Gesù gay in prima serata – Rassegna stampa della denuncia di ProVita e Giuristi per la Vita Su questo sito abbiamo raccontato come il 30 maggio 2014 nel corso della trasmissione “LOL” in onda su Rai2, dopo il telegiornale  delle 20.30, veniva presentato uno sketch “comico” il quale mostrava Gesù Cristo, gli apostoli ed una donna allegramente riuniti nel contesto dell’Ultima Cena. Le note della celebre aria di Mendelssohn trasmesse in sottofondo alludevano evidentemente ad una scena di matrimonio, e parevano riferirsi alle nozze tra Gesù e la donna che gli sedeva accanto. L’equivoco veniva subito chiarito quando nella scena lo stesso Gesù bacia sulla bocca uno degli apostoli, verosimilmente Simon Pietro, con evidente e chiara allusione al matrimonio omosessuale. CLICCA QUI PER VEDERE IL VIDEO Vista la gravità dell’insulto alla fede di milioni di italiani, e non potendo accettare una tale strumentalizzazione blasfema dell’immagine di Gesù in favore della propaganda omosessualista, ProVita onlus e Giuristi per la Vita hanno deciso di presentare un esposto alla Procura della Repubblica contro questa rappresentazione blasfema che offende il sentimento religioso, particolarmente inaccettabile in quanto trasmessa su Rai2, televisione di Stato. Gesù che si bacia con un uomo, lasciando intendere che tra di loro vi sia un vincolo omosessuale che porterà ad un matrimonio, è qualcosa che va ben oltre a qualsivoglia contenuto riconducibile ad umorismo o satira. FIRMA QUI! Anche dopo la denuncia, i responsabili della Rai non hanno preso le distanze dalla rappresentazione incriminata. Per questo motivo invitiamo tutti i lettori ad aderire alla petizione, rivolta al Presidente della Rai affinché presenti pubblicamente le proprie scuse, in nome della Rai, e si adoperi fattivamente perché, in futuro, la televisione di Stato non venga utilizzata a fini ideologici e rispetti i valori e le tradizioni religiose del popolo. La petizione sarà inviata anche all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom) e alla Commissione Parlamentare per l’ indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi. Non è la prima volta che la Rai si distingue per profonda blasfemia: ricordiamo il Festival di Sanremo, evento in cui è stato invitato -a spese dei contribuenti- il cantante Rufus, noto per i testi in cui rappresentano Gesù omosessuale in atteggiamenti indicibili. Con la tua firma possiamo evitare che cose simili si ripetano in futuro! https://www.notizieprovita.it/attivita/per-rai-2-gesu-e-gay-parte-la-denuncia-di-provita-e-giuristi-per-la-vita/ =============== solo un Gentiloni PD LGBT M5S totalmente sprovveduto: può pensare di andare in Africa a fare degli investimenti nella shariah senza reciprocità, infatti shariah significa: "dhimmis murtids kafir io ti ammazzerò!" poi, Gentiloni Bilderberg Soros PD LGBT M5S hanno detto: "la nostra identità di Sodoma? è forte!" .. ecco perché quando gli viene da dietro? lui stringe i denti! Dopo aver denunciato gli insegnanti del Giulio Cesare di Roma che hanno fatto leggere agli studenti un romanzo porno, ProVita Onlus ed i Giuristi per la Vita hanno denunciato l’Arcigay alla Procura della Repubblica di Reggio Emilia per la distribuzione di un pamphlet porno. Ecco i fatti: 1. Presso l’istituto scolastico I.T.C.G. Cattaneo-Dall’Aglio di Castelnovo ne’ Monti, alcuni rappresentanti del Comitato Provinciale Arcigay “Gioconda” di Reggio Emilia, dopo aver tenuto in classe una lezione contro l’omofobia, hanno distribuito a studenti minorenni un opuscolo illustrativo intitolato “SAFER SEX HIV e Infezioni Sessualmente Trasmissibili”, il cui contenuto denota un evidente e sconcertante natura pornografica. 2. Il predetto opuscolo, infatti, non solo mostra al suo interno immagini oscene, ma contiene, altresì, affermazioni del seguente tenore: (a) «L’epatite B si trasmette principalmente nel corso di rapporti sessuali anali ed orali non protetti. Utilizzando un preservativo con un’adeguata dose di lubrificante a base d’acqua durante i rapporti anali e un preservativo durante i rapporti orali potrai evitare il contagio»; (b) «L’epatite A la prendi ingerendo acqua o cibo contaminati o, nel caso di rimming (pratica sessuale che comporta il contatto della bocca con l’ano o con le regioni perianali, ndr), se la tua bocca entra in contatto con le feci (anche minime tracce) di un partner infetto. Per proteggerti dall’epatite A durante i rapporti oro-anali puoi utilizzare una normale pellicola trasparente ben aderente (dental dam) o un preservativo tagliato a metà e appoggiato all’ano del partner»; (c) «Per l’epatite A e B esiste il vaccino che conviene fare. Inoltre la vaccinazione contro l’epatite B è gratis per i gay. Basta che tu dica al medico di essere gay»; (d)«Se fai il pompino senza preservativo, non farti venire in bocca e non ingoiare, perché la concentrazione di virus HIV nello sperma è potenzialmente alta. Se però capita che l’altro ti venga in bocca, sputa lo sperma immediatamente, sciacqua la bocca con semplice acqua tiepida, non usare il collutorio e non correre a lavarti i denti (non irritare le gengive)». (e) Per evitare il rischio di infezione della gonorrea, si invita ad «utilizzare un guanto di lattice per la penetrazione», e a «evitare lo scambio di sex toys». Risulta quindi evidente che, con il pretesto di fare opera di prevenzione dell’AIDS, in realtà gli autori del pamphlet fanno propaganda pornografica LGBT allo scopo di intervenire nell’educazione fisica, psichica e spirituale dei nostri figli sin dalla giovane età.                    Con i Giuristi per la Vita riceviamo segnalazioni di propaganda LGBT nelle scuole da tutta Italia:     aiutaci a difendere la vita,   aiutaci a difendere l’educazione dei nostri giovani,      aiutaci a preservare l’innocenza dei nostri bambini! https://www.notizieprovita.it/attivita/pamphlet-porno-a-scuola-provita-e-giuristi-per-la-vita-denunciano-larcigay/
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Lecce e due casi di realtà virtuale ante litteram
di Armando Polito
Oggi la tecnologia ci consente di immortalare e condividere  qualsiasi momento, anche il più banale e meno coinvolgente per gli altri, della nostra vita. Non ci rendiamo conto che proprio la condivisione, che sembra essere il non plus ultra della libertà e della democrazia, rappresenta il cibo quotidiano che ogni giorno ingrassa colossi che eludono il fisco e, quel che è peggio, custodiscono le testimonianze, intelligenti e stupide, della nostra vita. C’è, però, anche il rovescio della medaglia perché in quella messe di dati è celata una potenzialità sbalorditiva di conoscenza che nel breve volgere di qualche decennio, visto il rapido mutare, soprattutto per colpa nostra, di ciò che ci circonda, può costituire una fonte preziosa per la ricostruzione del passato. Così un semplice selfie, per esempio, potrà essere importantissimo non per il dettaglio più importante al momento dello scatto, cioè il nostro volto o la nostra figura, ma il secondario, cioè lo sfondo. Insomma gli scatti condivisi assumeranno l’importanza che hanno le cartoline d’epoca. In riferimento al tema di oggi va detto che prima dell’avvento della fotografia le uniche fonti visive erano le rappresentazioni artistiche (bozzetti, disegni, incisioni, dipinti, sculture) che per la loro natura non garantiscono tutte la certezza di una riproduzione fedele, oggi diremmo fotografica, della realtà. D’altra parte, ad essere sinceri, nemmeno le fonti letterarie spesso consentono un’interpretazione univoca della realtà e in certi casi basta una sola, miserabile variante della tradizione manoscritta per dar luogo ad una ridda di ipotesi contrastanti. Pensate che noia mortale sarebbero i nostri tentativi di conoscere, se per loro le porte del successo si spalancassero più o meno immediatamente e tutto fosse incontrovertibilmente chiaro.
E poi c’è la realtà virtuale che con un realismo abbastanza spinto consente esplorazioni di ogni tipo senza spostarsi nemmeno di un passo e un’immersione sufficientemente attendibile dal punto di vista scientifico nelle testimonianze del passato delle quali nulla (o nei casi migliori pochi resti) rimane di materiale.
Tutta questa premessa per presentarvi la tavola di un libro e per giustificare il titolo che farebbe invidia ad una puntata di Voyager …
Di seguito il frontespizio del libro e la tavola che ne costituisce l’antiporta (per chi volesse consultarlo integralmente: https://books.google.it/books?id=_QSzTrz4uHsC&printsec=frontcover&dq=i+primi+martiri+di+Lecce&hl=it&sa=X&ved=0ahUKEwjO1pL-iP_UAhWiB8AKHav_BjkQ6AEIIjAA#v=onepage&q=i%20primi%20martiri%20di%20Lecce&f=false).
Ritornerò dopo a commentare l’immagine. Ora mi preme sintetizzare la struttura del libro, che consta di 147 pagine così distribuite:
pp. 6-37 libro I (Istoria de’ tre santi, e primi martiri della città di Lecce Oronzio, Giusto, e Fortunato)
pp. 38-64 libro II (Istoria de’ santi di Lecce Giusto, Oronzio, e Fortunato
pp. 65-79 libro III (Martirio di Emiliana e Petronilla)
pp. 80- 97 libro IV (Vita di S. Fortunato)
pp. 98-131 libro V (Miracoli e grazie concesse da Dio per intercessione di S. Oronzio)
pp. 132 Oremus
pp. 133-134 Inni in onore del santo
pp.135-140 Memoria della grazia concessa della liberazione del contagio di questa fedelissima città dii Lecce, e sua provincia del glorioso S.Oronzio padrone e protettore, registrata nel libro Rosso dell’istessa
pp.140-147 Questa parte contiene un sintetico ricordo dell’intervento del santo in occasione dei terremoti del 1743 e del 1835.
Tutto questo perché l’edizione del 1835 fu preceduta da quella del 1714, a sua volta preceduta da quella del 1672. Poiché quest’ultima è introvabile (nella scheda dell’OPAC, pur essendo riportato  nelle note generali frontespizio preceduto da antiporta xilografata  A c. O8v. vignetta xilografata S. Orontio Segn.: *8 A-O8, manca qualsiasi indicazione nello spazio riservato alle biblioteche che la custodiscono). passo a quella del 1714 (http://www.internetculturale.it/jmms/iccuviewer/iccu.jsp?teca=&id=oai%3Awww.internetculturale.sbn.it%2FTeca%3A20%3ANT0000%3ASBLE013227).
Essa consta di 110 pagine così articolate:
pp. 3-4 Dedica del Barichelli alla città di Lecce
pp. 5-6 Avviso del Barichelli ai lettori
pp. 7-8 Richiesta di stampa da parte del Mazzei e imprimatur
pp. 9-15 libro I (Lecce Oronzio, Giusto, e Fortunato)
pp.1 6-27 libro II (Dell’istoria de’ santi di Lecce Giusto Oronzio – e Fortunato)
pp. 28-36 libro III (Martirio dfi Emiliana, e Petronilla)
pp. 37-41 libro IV (Dell’istoria de’ tre santi e primi martiri della città di Lecce Orontio Giusto – e Fortunato)
pp. 42-57 libro V (Miracoli e gratie concesse da Dio per intercessione di santo Oronzio
pp. 58-59 Inni in onore del santo
pp. 60-66 Semplice e diligente relazione della rinovata Divozione verso il glorioso Martire di Cristo, Patrizio, e primo Vescovo di Lecce S. Oronzo di Giovanni Camillo Palma Dottor Teologo, & Arcidiacono di Lecce
pp. 67-73 Lettera pastorale di Monsignor Luigi Pappacoda vescovo di Lecce alla sua città, & diocesi
Alla fine di p. 73 c’è la seguente immagine.
Credo che in essa possa ravvisarsi la rappresentazione, per quanto libera, della città vista da Porta Rudie. Lo stesso profilo della porta mi pare sovrapponibile a quello mostrato dalla tavola di Lecce a corredo della seconda parte dell’opera postuma di Giovanni Battista Pacichelli Il regno di Napoli in prospettiva diviso in dodeci provincie, Parrino, Napoli, 1703. Di seguito la tavola e il dettaglio della porta.
  Riprendo la descrizione interrotta della struttura del volume:
pp.74-90 Ricordi per il vivere cristiano ad ogni stato di persona, del glorioso S. Carlo Borromeo
pp.91 Memoria della colonna
La p. 92 presenta l’immagine di seguito riprodotta.
Da notare nella parte superiore, da sinistra a destra, lo stemma della città di Lecce, quello del vescovo Fabrizio Pignatelli (1696-1734) e uno scudo vuoto.
pp. 93-110 Lecce con la sua provincia de’ Salentini preservata dalla peste negl’anni 1656 e 1690 …
L’immagine che costituisce l’argomento centraledi questo post, dunque, non compare nell’edizione del 1714 ma non doveva, anzi non poteva comparire neppure in quella del 1672. La ripropongo per rendere più agevole la lettura del commento che avevo promesso.
La didascalia recita: S. ORONZIO VESCOVO E MARTIRE. Protettore della Città e della Provincia di Lecce. In Lecce da Gaetano de Blasi.
Al di sotto del margine inferiore destro della raffigurazione si legge: d’Angelo inc.
Molto probabilmente di tratta di Raffaele D’Angelo, incisore napoletano attivo nella prima metà del XIX secolo. Di lui la Biblioteca Nazionale Vittorio Emanuele III di Napoli conserva tre stampe:
a) Ritratto a mezzo busto di tre quarti verso sinistra in atteggiamento benedicente di Giuseppe Maria Trama (1790-1848), vescovo di Calvi e Teano.
b) Ritratto a mezzo busto di tre quarti verso sinistra di Francesco Antonio Fasani (1681-1742); in alto a sinistra, su di una nuvola, la Madonna calpesta il serpente.
c) Il beato Vincenzo Romano (1761-1831) prega inginocchiato dinanzi ad un altare.
Del D’angelo è pure un ritratto di suor Serafina di Dio (1621-1699), al secolo Prudenza Pisa. La tavola è inserita nel volume di Salvatore Farace Un gioiello di arte ossia la chiesa di S. Michele Arcangelo detta Paradiso terrestre : con un cenno della veneranda Madre Serafina di Dio e dei monumenti e ricordi di Anacapri, Giannini & Sons, Napoli, 1931.
L’assenza di Raffaele nella “firma” della nostra immagine mi suscita qualche dubbio sulla sua paternità, non sulla  quanto sua cronologia. In altre parole: Gaetano de Blasi avrebbe fatto stampare a sue spese un’incisione che, per via dell’assenza di Raffaele, potrebbe essere un falso.
Del De Blasi nulla ho potuto reperire, se non il fatto che a sue spese fece stampare pure un’altra tavola sullo stesso tema. La riproduco da http://www.vecchiaprovinciadilecce.it/images/small/c3b.jpg.
La scheda presente nel link appena segnalato al dato Autore reca la dicitura Lit. Pötel, come data di stampa 1850 circa, mentre sconosciuto risulta il luogo di stampa e, lacuna secondo me gravissima per un sito “ufficiale”, non c’è nessuna indicazione circa il luogo di custodia. L’unica cosa certa è, come si legge nella didascalia, che la litografia fu realizzata A SPESE DI GAETANO DE BLASI.
Con tutte le perplessità finora espresse non mi rimane che fare l’esame comparativo tra quest’ultima immagine e la nostra.
Il presunto Raffaele D’Angelo, pur apparendomi più rozzo nel tratto, mi appare più coinvolgente da un punto di vista emotivo rispetto al tema rappresentato per tre dettagli, uno paesaggistico, gli altri due umani. Lo spazio extra moenia antistante Porta Napoli appare più selvaggio, incolto e disordinato, La figura femminile a braccia tese orizzontalmente nel vuoto dell’arco (nell’altra immagine, invece, si intravvedono dei fabbricati) sembra esultare alla visione del santo, mentre il giovane in primo piano (si trova più o meno laddove ora sorge l’obelisco) appare congelato nell’atto di impugnare una zappa.Insomma, a costo di sembrare banale: la perfezione tecnica non è toiut court, e non solo in questo campo, sinonimo di convincente interpretazione.
Mi pare molto probabile, poi, che nel modello compositivo i due incisori abbiano tenuto presente Nicolas Perrey e la sua tavola raffigurante S. Gennaro che ferma l’eruzione del Vesuvio del 1631, tavola inserita alla fine del volume di Francesco Balzano L’antica Ercolano, overo la Torre del Greco tolta all’obblio, Paci, Napoli, 1688.
In conclusione: è probabile che la tavola del 1714 in cui ho ravvisato Porta Rudie fosse la stessa che compariva nell’edizione, introvabile come ho detto, del 1672 e che rappresentasse, sia pure in modo sommario, la porta com’era prima della ricostruzione in seguito al crollo della fine del XVII secolo.
Non è da escludere che anche la vecchia porta, come avverrà per quella ricostruita, fosse dedicata a S. Oronzo, il che renderebbe tale tavola più congruente al tema trattato nel volume di quella relativa a Porta Napoli presente nell’edizione del 1835.
Per tornare, infine, alla realtà virtuale del titolo, la ricostruzione del passato appare, secondo me, più convincente nel reale o presunto Raffaele D’Angelo, per la cui immagine, almeno, a differenza dell’altra di Pötel, abbiamo la fonte, oltre che una definizione decisamente più accettabile, per cui mi chiedo che senso abbia pubblicare un documento pressoché illeggibile nei dettagli. E questa non è affatto un’altra storia …
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fancityacireale · 7 years
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Cinquant’anni dalla morte di don Lorenzo Milani
A cinquant’anni dalla morte di don Lorenzo Milani esce la raccolta di tutti i suoi scritti: due volumoni per un totale di quasi 2800 pagine. Alla prima presentazione è intervenuto il Papa con un messaggio video in cui ricordava i percorsi originali del prete fiorentino, percorsi – aggiungeva – «talvolta, forse, troppo avanzati e, quindi, difficili da comprendere e da accogliere nell’immediato».
Un anticipo di canonizzazione, parrebbe, tanto più che si associa alla visita alla sua tomba. Ma «ci vorrebbe del coraggio, un giorno, a canonizzarlo» diceva il suo padre spirituale. Del resto don Lorenzo sapeva che ai santi accade di essere venerati e di non essere creduti: «Tragico destino di chi vien dalla Chiesa benedetto e consacrato» ironizzava; e concludeva nel suo stile paradossale: «bisogna sempre parlare sboccatamente e ineducatamente e farsi odiare quanto occorre per essere almeno presi sul serio». Così a un giovane confratello augurava di «star sui coglioni a tutti come sono stati i profeti innanzi e dopo Cristo». Nessuna canonizzazione, dunque. Meglio prenderlo sul serio. Per esempio leggendo i suoi scritti, se non con affetto come suggerisce sempre il Papa («l’affetto di chi guarda a lui come a un testimone di Cristo e del Vangelo»), quanto meno col rispetto che meritano.
Qualcuno parla di riabilitazione. Anche qualche anno fa, quando da Roma fecero sapere (l’arcivescovo di Firenze divulgò la notizia tutto contento) che nei confronti del libro di Milani Esperienze pastorali, di cui era stato decretato il ritiro dal commercio, c’era stato ‘solo’ un provvedimento di opportunità ma non era stata emessa alcuna condanna. Bella scoperta: si sapeva. Gli effetti di una condanna ci furono, però, e pesanti, specie per lui, che in più era già stato ‘esiliato’ in una parrocchietta di montagna. Un esilio vissuto con la «ribellione obbedientissima» che lui teorizzava e praticava: prendere le decisioni in piena autonomia e libertà di coscienza, e obbedire alle stangate che ne possono derivare; chi si comporta così, spiegava, «non blocca il progresso teologico, pastorale, sociale, politico».
Pre-canonizzazione o riabilitazione, una faccenda interna alla Chiesa cattolica italiana. O no? Niente affatto. Intanto, riabilitare vuol dire farsi eredi dei persecutori. Se di questo si trattasse, osserva lo storico Alberto Melloni che ha diretto l’edizione delle opere, sarebbe «il più vigliacco dei torti che ha subito e il peggior torto che potrebbero fare a stessi il cattolicesimo e la democrazia di questo paese». Anche la sfera politica è interpellata da quel prete che faceva scuola «in santa atmosfera d’apparente ateismo», come un «liberalaccio miscredente», e rivendicava: «nella mia scuola i poveri vengono educati con più ‘laicismo’».
Perciò sul versante laico e civile va segnalato l’evento del 5 giugno scorso tenutosi nel suo nome al ministero dell’Istruzione sul tema “Insegnare a tutti”. E ha fatto bene la ministra Valeria Fedeli a ricordare in quell’occasione Tullio De Mauro, scomparso sei mesi fa, per il contributo da lui dato alla realizzazione istituzionale delle pari opportunità educative, convinto com’era, con don Milani, che l’uguaglianza passa anche per il possesso della parola. Una lettera da Barbiana pubblicata ora per la prima volta è particolarmente chiara al riguardo: «Non c’è che una scelta – scriveva Milani –: o rientrare nella torre dei privilegiati a dirsi l’un l’altro cose altissime nel linguaggio privato degli eletti, o dedicarsi soltanto alla missione di dare un linguaggio ai poveri, ma che sia un linguaggio che intendano tutti, un linguaggio che apre e allarga la cerchia di chi intende, e non un linguaggio che restringe e esclude».
È la dimensione intuita dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella nel suo saluto, con quella che pare una semplice sfumatura ma è un’indicazione sostanziale: don Milani «ha posto con forza la questione dell’uguaglianza tra cittadini [l’uguaglianza dei cittadini è già nell’articolo 3 della Costituzione] e della rimozione delle barriere tra di loro».
(Sebastiano Vecchio)
Cinquant’anni dalla morte di don Lorenzo Milani was originally published on Fancity Acireale
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Cosa ha consentito a Roma di costruirsi l'impero?
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Cosa ha consentito a Roma di costruirsi l'impero?
Lo storiografo greco Polibio (II secolo a.C.) individua nella Costituzione romana la ragione prima della travolgente conquista romana. Polibio passa molta parte della sua vita a Roma, ospite coatto della famiglia Scipione. Coatto, perché ostaggio. Infatti, nell’imminenza dello scontro con Perseo, figlio di Filippo V di Macedonia, i romani chiesero alle città della Lega Achea di allearsi con loro. E Megalopoli, patria di Polibio, faceva parte di quella Lega. Questa si dichiarò neutrale, ed allora i romani, per garantirsi quella neutralità, si fecero consegnare mille ostaggi, persone di alto prestigio sociale, dalle città della Lega Achea, e li distribuirono per tutta l’Italia. Tra questi Polibio, figlio di una famiglia eminente di Megalopoli, e già in vista come autore di opere storiche. Megalopoli esiste tuttora, è al centro nord del Peloponneso, non lontano da Olimpia, nella regione dell’Arcadia, zona divenuta mitica nella cultura europea, sito dell’ideale vita campestre, amena e pastorale. Gli Scipioni lo vollero in casa loro, e divenne precettore dei giovani di casa, in particolare di Emiliano, figlio naturale del console Paolo Emilio vincitore di Perseo a Pidna, e nipote adottivo di Scipione l’Africano. Secondo l’uso romano dell’adozione, il suo nome da Emilio divenne Emiliano, ed entrava a far parte dell’onomastica del giovane, che quindi fu Publio Cornelio Scipione Emiliano. Egli conquistò Cartagine e la distrusse nel 146 a.C. , e sul sito fece spargere il sale a significare che nulla più avrebbe dovuto nascere là. E Polibio era presente, e ci riferisce che il suo giovane allievo, invece di festeggiare, pianse. Alla domanda di Polibio rispose: “Piango questa città così importante ed ora distrutta. E penso a Roma, e mi angoscia il pensiero che possa finire così anche lei!”. Ed allora divenne l’Africano Minore, essendo il nonno adottivo l’Africano Maggiore: junior e senior. Ed Emiliano fu l’animatore del circolo culturale, che diede un potente impulso alla cultura romana, che evolvette nelle tematiche e nella lingua, sotto il magistero della Grecia. Polibio in primis.
La Costituzione romana secondo Polibio è perfetta, e garantisce la stabilità politica necessaria alla formazione di un grande impero. Non sembri strano questo tifare di Polibio per un grande impero, che era stato vagheggiato ormai per secoli, un impero che, unendo tutti i popoli rivieraschi del Mediterraneo, fondasse il regno della pace. Alessandro Magno era stato quello che più di tutti l’aveva fatto intravvedere, ma era morto troppo presto, che l’opera non era ancora ultimata. I romani – dice Polibio – mettono in equilibrio reciproco le tre forme PURE di costituzione, le quali da sole e senza equilibrio reciproco, sono destinate a scadere nelle forme degenerative corrispondenti: così la monarchia diventa tirannide, l’aristocrazia (forma pura) abbatte la tirannide, ma dopo un po’ degenera nell’oligarchia, e questa a sua volta viene abbattuta dalla democrazia, che poi degenera nell’anarchia convulsa. Dimentichi dell’esperienza storica precedente, ci si affida all’Uomo della Provvidenza. E si ricomincia da capo. I romani hanno messo insieme le tre forme pure: i consoli ed i pretori sono come i re (monarchia), ma sono elettivi, a tempo (1 anno) e collegiali (almeno in due); il senato ha il ruolo della forma pura dell’aristocrazia, mentre i comizi popolari sono la veste romana della democrazia. Finché monarchia, aristocrazia e democrazia coesistono, tutto fila liscio. E a Roma esisteranno equilibrandosi a vicenda, lo Stato sarà stabile e potente. L’interpretazione appare affascinante e fondata, ma ha un evidente difetto dico io: la Costituzione è perfetta, e la perfezione non appartiene all’uomo. Allora è preferibile una Costituzione imperfetta, che meglio si adatta all’imperfezione umana, e questa forma si chiama democrazia, forma imperfetta e illimitatamente perfettibile. E chiedo scusa per l’intrusione personale. Polibio comincerà ad avere anche lui qualche dubbio, e lo scrive.
SPQR, Senatus PopulusQue Romanus, la famosa sigla, che ben sintetizza i primi 500 anni circa della vita politica romana: il Senato e il Popolo. In epoca monarchica (753-510) alla morte del re il Senato ed il Popolo eleggono il successore: una monarchia elettiva dunque e non ereditaria, almeno fino ai re etruschi (Tarquinio Prisco, Servio Tullio, Tarquinio il Superbo). Il popolo (la plebe) ha sempre dovuto lottare contro i privilegi dei patrizi (i discendenti dei Patres, i vecchi patriarchi dei cento clan iniziali), per strappare i propri diritti, ed il sistema ha funzionato fino alla fine della guerra annibalica (202). Poi la ricchezza ha preso il sopravvento, con la nascita del latifondismo e dell’urbanesimo: la plebe di fatto fu declassata, ed il popolo perdette di autonomia: uno dei tre pilastri, quello democratico, iniziò a perdere di forza. E Roma iniziò a traballare.
Perché Roma conquistasse l’Italia, ci vollero circa 500 anni, con una serie infinita di guerre feroci contro popolazioni irriducibili e battagliere: etruschi sanniti galli latini ed anche campani diedero ai romani tanto filo da torcere. Alla fine Roma li sottomise tutti, ma le occorsero 500 anni. E questi popoli, che tanto avevano combattuto il dominio romano, tuttavia all’arrivo di Annibale restarono per lo più fedeli a Roma, contrariamente alle attese del cartaginese, e consentirono ai romani di resistere per 16 anni, una sconfitta dopo l’altra, fino alla vittoria di Scipione a Zama. Come mai? I romani lasciavano ai popoli sottomessi larga autonomia amministrativa, imponendo pochi obblighi. Niente più politica estera, ormai prerogativa di Roma, i tributi alla capitale, le truppe in caso di bisogno. Ma poi anche strade, templi, abbellimenti di città, acquedotti, terme e vasti territori pacificati, nei quali muoversi senza problemi. Inoltre i romani evitavano l’arroganza verso i vinti, perché non escludevano affatto di poter imparare qualcosa da tutti. Poi loro magari la perfezionavano. Ed avevano cura di trovare una forma di cooptazione con i potenti locali.
I 500 anni di asperrime lotte con gli italici avevano forgiato una forza militare praticamente invincibile. Le migliaia di morti seminati in tale lungo periodo avevano fornito ai romani un’esperienza, che in oriente nemmeno potevano sognare. Ed i romani abbatterono con irrisoria facilità tutti i regni orientali e nordafricani, stendendo dappertutto l’ala della pax romana. Il dominio romano toccò la massima estensione territoriale con l’imperatore soldato Ulpio Traiano, all’inizio del II secolo d.C.
L’esercito dunque è stato un altro importante fattore dell’impero romano. Per circa 500 anni il servizio militare era sentito, più che come un dovere, come un diritto, la maniera principale per affermare il proprio status di civis romanus. La disciplina era ferrea, e l’imperium del console o del dittatore era terribile. Il console Tiberio Claudio Nerone, che si era accampato nei pressi del campo di Annibale, saputo che il duce cartaginese attendeva l’arrivo del fratello Asdrubale con un secondo esercito, lasciò nel campo alcune centinaia di uomini, con l’ordine di agitarsi, per dare ai cartaginesi la convinzione che i soldati romani fossero ancora là. Invece nottetempo li fece uscire zitti zitti, ed a tappe di circa 60 km al giorno li portò a sorprendere Asdrubale sul Metauro nelle Marche. Dopo la vittoria, a tappe rapide fece il cammino a ritroso, e, come messaggio terribile per Annibale, mandò a gettare nel campo punico la testa di Asdrubale. Era l’episodio che invertiva l’inerzia della guerra. Gli eserciti romani subirono delle sconfitte da parte degli schiavi guidati da Spartaco. Assunse il comando Licinio Crasso, che mise in fila i suoi uomini e ne fece uccidere uno ogni dieci: era la decimazione, con la promessa di fare peggio, in caso di ulteriore sconfitta. Disciplina ferrea e tremenda.
Altro fattore di forza era la ferrea logica che presiedeva alle decisioni. Annibale aveva nelle sue mani diecimila soldati romani, dei quali chiese il riscatto. In senato si disse che, se il riscatto conveniva ad Annibale, non conveniva ai romani. Quindi che li uccidesse pure. Ma non ne ebbe l’animo. Ed il riflesso tuttora tangibile della logica ferrea lo si coglie nella lingua, un modo di esprimersi quasi da computer. Noi diciamo: “Potremmo fare una gita.”. I romani dicevano: “Possiamo fare una gita.”. Insomma o si può o non si può: potremmo non ha senso. Una lingua concreta, direi ancorata al mondo. Cicerone diceva: “Quando io ero console”, e non “Durante il mio consolato”, dato che ‘consolato’ è una astrazione. E Polibio dice che i romani, quando si ficcano in testa di fare una cosa, la fanno, non illudersi che rinuncino.
I tribuni della plebe Tiberio e Caio Gracco, e dopo di loro il tribuno Livio Druso, tentarono una riforma agraria, tesa a restituire la dignità del lavoro ai plebei, restituendo loro la libertà economica perduta con l’urbanesimo. Ma andarono a toccare interessi ormai troppo grandi e consolidati, e quindi morirono di morte violenta: era l’inizio del tramonto. Lo storico Tito Livio, di epoca augustea, dice che è incredibile la rapidità con cui Roma ha sottomesso l’intero mondo allora conosciuto, una crescita di potenza sotto il cui peso l’intero edificio inizia a scricchiolare. Le disuguaglianze economiche avevano scavato un solco largo e profondo tra classe dirigente e popolo. E questo cominciò a sognare l’Uomo Carismatico, che si chiamò imperatore, un sistema prossimo allo Stato Etico, che tutto cristallizzò, in un crepuscolo in apparenza senza fine e dorato all’inizio, a partire da una crisi demografica cronica, di cui si rese conto Augusto per primo, e che invano cercò di guarire. Una crisi demografica cronica di un popolo, per perdita di identità nebulosità del futuro difficoltà del presente, è il lento suicidio di massa di quel popolo. Si crea un vuoto di popolazione, e, come nei vasi comunicanti si sposta l’acqua, così nei territori si trasferiscono le persone. Quando i barbari arrivarono, trovarono un fragile guscio vuoto, in apparenza integro, ma ormai senza difese. Non sono state le invasioni a demolire l’impero, ma questo era già svuotato dal suo interno a dispetto delle apparenze. E per i barbari fu facile.
Virgilio al tempo di Augusto indicava ai romani il destino che loro competeva: “Parcere subiectis, debellare superbos”, comprensione per i sottomessi, punizione per i superbi. Cento anni dopo, Tacito scriveva: “Fanno il deserto [i romani], e lo chiamano pace.”. Ma straordinaria è l’eredità di valori che ci hanno lasciato, che sarebbe salvifico riscoprire nella nostra epoca così disorientata: “Homo sum, humani nihil a me alienum puto”, diceva Terenzio. Sono un uomo, e nulla di ciò che tocca un altro uomo lo ritengo a me estraneo. E’ l’humanitas, l’antidoto al vitello d’oro, cioè il dio profitto uno e quattrino, il PIL, e ai valori dell’humanitas sarebbe necessario educare i nostri giovani, nella prospettiva di un nuovo e urgente umanesimo. Nuccio Ordine, professore emerito, ha scritto un prezioso volumetto, “L’utilità dell’inutile”, dove l’inutile sarebbero le materie umanistiche, secondo alcuni. E vi si dice che, se il criterio di giudizio si impernia sull’utile, allora in una nostra casa lo spazio più importante è il cesso. Come per Ferreri ne “La grande abbuffata”.
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valeria-manzella · 7 years
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...VISITA ALLA TOMBA DI DON PRIMO MAZZOLARI...DISCORSO COMMEMORATIVO DEL SANTO PADRE...Chiesa parrocchiale di San Pietro Apostolo - Bozzolo (Cremona)..Cari fratelli e sorelle, buongiorno!..Mi hanno consigliato di accorciare un po’ questo discorso, perché è un po’ lunghetto. Ho cercato di farlo, ma non ci sono riuscito. Tante cose venivano, di qua e di qua e di qua…Ma voi avete pazienza! Perché non vorrei tralasciare di dire tutto quello che vorrei dire, su don Primo Mazzolari..Sono pellegrino qui a Bozzolo e poi a Barbiana, sulle orme di due parroci che hanno lasciato una traccia luminosa, per quanto..scomoda..nel loro servizio al Signore e al popolo di Dio. Ho detto più volte che i parroci sono la forza della Chiesa in Italia, e lo ripeto. Quando sono i volti di un clero non clericale, come era quest’uomo, essi danno vita ad un vero e proprio..magistero dei parroci..che fa tanto bene a tutti. Don Primo Mazzolari è stato definito..il parroco d’Italia..e San Giovanni XXIII lo ha salutato come..la tromba dello Spirito Santo nella Bassa padana..Credo che la personalità sacerdotale di don Primo sia non una singolare eccezione, ma uno splendido frutto delle vostre comunità, sebbene non sia stato sempre compreso e apprezzato. Come disse il Beato Paolo VI..Camminava avanti con un passo troppo lungo e spesso noi non gli si poteva tener dietro! E così ha sofferto lui e abbiamo sofferto anche noi. E’ il destino dei profeti..(Saluto a pellegrini di Bozzolo e Cicognara). La sua formazione è figlia della ricca tradizione cristiana di questa terra padana, lombarda, cremonese. Negli anni della giovinezza fu colpito dalla figura del grande vescovo Geremia Bonomelli, protagonista del cattolicesimo sociale, pioniere della pastorale degli emigranti..Non spetta a me raccontarvi o analizzare l’opera di don Primo. Ringrazio chi negli anni si è dedicato a questo. Preferisco meditare con voi..soprattutto con i miei fratelli sacerdoti che sono qui e anche con quelli di tutta l’Italia: questo era il..parroco d’Italia..meditare l’attualità del suo messaggio, che pongo simbolicamente sullo sfondo di tre scenari che ogni giorno riempivano i suoi occhi e il suo cuore: il fiume, la cascina e la pianura..Il fiume è una splendida immagine, che appartiene alla mia esperienza, e anche alla vostra. Don Primo ha svolto il suo ministero lungo i fiumi, simboli del primato e della potenza della grazia di Dio che scorre incessantemente verso il mondo. La sua parola, predicata o scritta, attingeva chiarezza di pensiero e forza persuasiva alla fonte della Parola del Dio vivo, nel Vangelo meditato e pregato, ritrovato nel Crocifisso e negli uomini, celebrato in gesti sacramentali mai ridotti a puro rito. Don Mazzolari, parroco a Cicognara e a Bozzolo, non si è tenuto al riparo dal fiume della vita, dalla sofferenza della sua gente, che lo ha plasmato come pastore schietto ed esigente, anzitutto con sé stesso. Lungo il fiume imparava a ricevere ogni giorno il dono della verità e dell’amore, per farsene portatore forte e generoso. Predicando ai seminaristi di Cremona, ricordava..L’essere un..ripetitore..è la nostra forza…Però, tra un ripetitore morto, un altoparlante, e un ripetitore vivo c’è una bella differenza! Il sacerdote è un ripetitore, però questo suo ripetere non deve essere senz’anima, passivo, senza cordialità. Accanto alla verità che ripeto, ci deve essere, ci devo mettere qualcosa di mio, per far vedere che credo a ciò che dico; deve essere fatto in modo che il fratello senta un invito a ricevere la verità..La sua profezia si realizzava nell’amare il proprio tempo, nel legarsi alla vita delle persone che incontrava, nel cogliere ogni possibilità di annunciare la misericordia di Dio. Don Mazzolari non è stato uno che ha rimpianto la Chiesa del passato, ma ha cercato di cambiare la Chiesa e il mondo attraverso l’amore appassionato e la dedizione incondizionata. Nel suo scritto..La parrocchia..egli propone un esame di coscienza sui metodi dell’apostolato, convinto che le mancanze della parrocchia del suo tempo fossero dovute a un difetto di incarnazione. Ci sono tre strade che non conducono nella direzione evangelica..La strada del..lasciar fare..E’ quella di chi sta alla finestra a guardare senza sporcarsi le mani..quel ..balconear.. la vita..Ci si accontenta di criticare, di ..descrivere con compiacimento amaro e altezzoso gli errori.. del mondo intorno. Questo atteggiamento mette la coscienza a posto, ma non ha nulla di cristiano perché porta a tirarsi fuori, con spirito di giudizio, talvolta aspro. Manca una capacità propositiva, un approccio costruttivo alla soluzione dei problemi..Il secondo metodo sbagliato è quello dell’..attivismo separatista..Ci si impegna a creare istituzioni cattoliche (banche, cooperative, circoli, sindacati, scuole...). Così la fede si fa più operosa, ma..avvertiva Mazzolari..può generare una comunità cristiana elitaria. Si favoriscono interessi e clientele con un’etichetta cattolica. E, senza volerlo, si costruiscono barriere che rischiano di diventare insormontabili all’emergere della domanda di fede. Si tende ad affermare ciò che divide rispetto a quello che unisce. E’ un metodo che non facilita l’evangelizzazione, chiude porte e genera diffidenza..Il terzo errore è il..soprannaturalismo disumanizzante..Ci si rifugia nel religioso per aggirare le difficoltà e le delusioni che si incontrano. Ci si estranea dal mondo, vero campo dell’apostolato, per preferire devozioni. E’ la tentazione dello spiritualismo. Ne deriva un apostolato fiacco, senza amore..I lontani non si possono interessare con una preghiera che non diviene carità, con una processione che non aiuta a portare le croci dell’ora..Il dramma si consuma in questa distanza tra la fede e la vita, tra la contemplazione e l’azione..La cascina. Al tempo di don Primo, era una..famiglia di famiglie..che vivevano insieme in queste fertili campagne, anche soffrendo miserie e ingiustizie, in attesa di un cambiamento, che è poi sfociato nell’esodo verso le città. La cascina, la casa, ci dicono l’idea di Chiesa che guidava don Mazzolari. Anche lui pensava a una Chiesa in uscita, quando meditava per i sacerdoti con queste parole..Per camminare bisogna uscire di casa e di Chiesa, se il popolo di Dio non ci viene più; e occuparsi e preoccuparsi anche di quei bisogni che, pur non essendo spirituali, sono bisogni umani e, come possono perdere l’uomo, lo possono anche salvare. Il cristiano si è staccato dall’uomo, e il nostro parlare non può essere capito se prima non lo introduciamo per questa via, che pare la più lontana ed è la più sicura...Per fare molto, bisogna amare molto...Così diceva il vostro parroco. La parrocchia è il luogo dove ogni uomo si sente atteso, un..focolare che non conosce assenze..Don Mazzolari è stato un parroco convinto che..i destini del mondo si maturano in periferia..e ha fatto della propria umanità uno strumento della misericordia di Dio, alla maniera del padre della parabola evangelica, così ben descritta nel libro..La più bella avventura..Egli è stato giustamente definito il..parroco dei lontani..perché li ha sempre amati e cercati, si è preoccupato non di definire a tavolino un metodo di apostolato valido per tutti e per sempre, ma di proporre il discernimento come via per interpretare l’animo di ogni uomo. Questo sguardo misericordioso ed evangelico sull’umanità lo ha portato a dare valore anche alla necessaria gradualità: il prete non è uno che esige la perfezione, ma che aiuta ciascuno a dare il meglio..Accontentiamoci di ciò che possono dare le nostre popolazioni. Abbiamo del buon senso! Non dobbiamo massacrare le spalle della povera gente..Io vorrei ripetere questo, e ripeterlo a tutti i preti dell’Italia e anche del mondo: Abbiamo del buon senso! Non dobbiamo massacrare le spalle della povera gente. E se, per queste aperture, veniva richiamato all’obbedienza, la viveva in piedi, da adulto, da uomo, e contemporaneamente in ginocchio, baciando la mano del suo Vescovo, che non smetteva di amare.Il terzo scenario..il primo era il fiume, il secondo la cascina..il terzo scenario è quello della vostra grande pianura. Chi ha accolto il ..Discorso della montagna.. non teme di inoltrarsi, come viandante e testimone, nella pianura che si apre, senza rassicuranti confini. Gesù prepara a questo i suoi discepoli, conducendoli tra la folla, in mezzo ai poveri, rivelando che la vetta si raggiunge nella pianura, dove si incarna la misericordia di Dio (Omelia per il Concistoro). Alla carità pastorale di don Primo si aprivano diversi orizzonti, nelle complesse situazioni che ha dovuto affrontare: le guerre, i totalitarismi, gli scontri fratricidi, la fatica della democrazia in gestazione, la miseria della sua gente. Vi incoraggio, fratelli sacerdoti, ad ascoltare il mondo, chi vive e opera in esso, per farvi carico di ogni domanda di senso e di speranza, senza temere di attraversare deserti e zone d’ombra. Così possiamo diventare Chiesa povera per e con i poveri, la Chiesa di Gesù. Quella dei poveri è definita da don Primo un’..esistenza scomodante..e la Chiesa ha bisogno di convertirsi al riconoscimento della loro vita per amarli così come sono..I poveri vanno amati come poveri, cioè come sono, senza far calcoli sulla loro povertà, senza pretesa o diritto di ipoteca, neanche quella di farli cittadini del regno dei cieli, molto meno dei proseliti..Lui non faceva proselitismo, perché questo non è cristiano. Papa Benedetto XVI ci ha detto che la Chiesa, il cristianesimo, non cresce per proselitismo, ma per attrazione, cioè per testimonianza. E’ quello che don Primo Mazzolari ha fatto: testimonianza. Il Servo di Dio ha vissuto da prete povero, non da povero prete. Nel suo testamento spirituale scriveva..Intorno al mio Altare come intorno alla mia casa e al mio lavoro non ci fu mai..suon di denaro..Il poco che è passato nelle mie mani…è andato dove doveva andare. Se potessi avere un rammarico su questo punto, riguarderebbe i miei poveri e le opere della parrocchia che avrei potuto aiutare largamente..Aveva meditato a fondo sulla diversità di stile tra Dio e l’uomo..Lo stile dell’uomo: con molto fa poco. Lo stile di Dio: con niente fa tutto..Per questo la credibilità dell’annuncio passa attraverso la semplicità e la povertà della Chiesa..Se vogliamo riportare la povera gente nella loro Casa, bisogna che il povero vi trovi l’aria del Povero..cioè di Gesù Cristo. Nel suo scritto La via crucis del povero, don Primo ricorda che la carità è questione di spiritualità e di sguardo..Chi ha poca carità vede pochi poveri; chi ha molta carità vede molti poveri; chi non ha nessuna carità non vede nessuno..E aggiunge..Chi conosce il povero, conosce il fratello: chi vede il fratello vede Cristo, chi vede Cristo vede la vita e la sua vera poesia, perché la carità è la poesia del cielo portata sulla terra..Cari amici, vi ringrazio di avermi accolto oggi, nella parrocchia di don Primo. A voi e ai Vescovi dico: siate orgogliosi di aver generato..preti così..e non stancatevi di diventare anche voi..preti e cristiani così..anche se ciò chiede di lottare con sé stessi, chiamando per nome le tentazioni che ci insidiano, lasciandoci guarire dalla tenerezza di Dio. Se doveste riconoscere di non aver raccolto la lezione di don Mazzolari, vi invito oggi a farne tesoro. Il Signore, che ha sempre suscitato nella santa madre Chiesa pastori e profeti secondo il suo cuore, ci aiuti oggi a non ignorarli ancora. Perché essi hanno visto lontano, e seguirli ci avrebbe risparmiato sofferenze e umiliazioni. Tante volte ho detto che il pastore deve essere capace di mettersi davanti al popolo per indicare la strada, in mezzo come segno di vicinanza o dietro per incoraggiare chi è rimasto dietro (Esort. ap. Evangelii gaudium). E don Primo scriveva..Dove vedo che il popolo slitta verso discese pericolose, mi metto dietro; dove occorre salire, m’attacco davanti. Molti non capiscono che è la stessa carità che mi muove nell’uno e nell’altro caso e che nessuno la può far meglio di un prete..Con questo spirito di comunione fraterna, con voi e con tutti i preti della Chiesa in Italia..con quei bravi parroci..vorrei concludere con una preghiera di don Primo, parroco innamorato di Gesù e del suo desiderio che tutti gli uomini abbiano la salvezza. Così pregava don Primo..Sei venuto per tutti: per coloro che credono e per coloro che dicono di non credere. Gli uni e gli altri, a volte questi più di quelli, lavorano, soffrono, sperano perché il mondo vada un po’ meglio. O Cristo, sei nato ..fuori della casa.. e sei morto..fuori della città..per essere in modo ancor più visibile il crocevia e il punto d’incontro. Nessuno è fuori della salvezza, o Signore, perché nessuno è fuori del tuo amore, che non si sgomenta né si raccorcia per le nostre opposizioni o i nostri rifiuti..Adesso, vi darò la benedizione. Preghiamo la Madonna, prima, che è nostra Madre: senza Madre non possiamo andare avanti...Ave o Maria…[Benedizione]...
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enricocassi · 7 years
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Riapre a Govone la Chiesa-teatro di San Giovanni Decollato.
Il primo ospite della stagione è Maurizio Pallante.
Non viviamo nel migliore dei mondi possibili. Facciamocene una ragione. Le limitazioni alla democrazia, lo schiacciamento dispotico esercitato sui popoli dalle istituzioni sovranazionali, la prevalenza dell’economia e della finanza sulla politica, sono tutti effetti prodotti dall’economia della crescita continua. Un sistema distopico che sta giungendo alla fine e che, come un animale ferito, mostra il suo volto peggiore e aggressivo, pronto a trascinare tutto e tutti nel baratro. […] Se vogliamo garantirci un futuro dobbiamo smetterla con la crescita. Solo una decrescita felice, selettiva e governata, può salvarci.
Maurizio Pallante, saggista e fondatore del Movimento per la Decrescita Felice, presenta a Govone il suo ultimo libro Solo una decrescita felice (selettiva e governata) può salvarci (Lindau Edizioni, 2016).
Modera Don Piero Racca, direttore dell’ufficio pastorale della Cultura della diocesi di Alba.
L’evento è organizzato dall’associazione Batelman in collaborazione con il Movimento per la Decrescita Felice di Alba e si inserisce nella prima stagione di eventi della Chiesa-Teatro di San Giovanni Decollato.
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Cosa ha consentito a Roma di costruirsi l'impero?
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Cosa ha consentito a Roma di costruirsi l'impero?
Lo storiografo greco Polibio (II secolo a.C.) individua nella Costituzione romana la ragione prima della travolgente conquista romana. Polibio passa molta parte della sua vita a Roma, ospite coatto della famiglia Scipione. Coatto, perché ostaggio. Infatti, nell’imminenza dello scontro con Perseo, figlio di Filippo V di Macedonia, i romani chiesero alle città della Lega Achea di allearsi con loro. E Megalopoli, patria di Polibio, faceva parte di quella Lega. Questa si dichiarò neutrale, ed allora i romani, per garantirsi quella neutralità, si fecero consegnare mille ostaggi, persone di alto prestigio sociale, dalle città della Lega Achea, e li distribuirono per tutta l’Italia. Tra questi Polibio, figlio di una famiglia eminente di Megalopoli, e già in vista come autore di opere storiche. Megalopoli esiste tuttora, è al centro nord del Peloponneso, non lontano da Olimpia, nella regione dell’Arcadia, zona divenuta mitica nella cultura europea, sito dell’ideale vita campestre, amena e pastorale. Gli Scipioni lo vollero in casa loro, e divenne precettore dei giovani di casa, in particolare di Emiliano, figlio naturale del console Paolo Emilio vincitore di Perseo a Pidna, e nipote adottivo di Scipione l’Africano. Secondo l’uso romano dell’adozione, il suo nome da Emilio divenne Emiliano, ed entrava a far parte dell’onomastica del giovane, che quindi fu Publio Cornelio Scipione Emiliano. Egli conquistò Cartagine e la distrusse nel 146 a.C. , e sul sito fece spargere il sale a significare che nulla più avrebbe dovuto nascere là. E Polibio era presente, e ci riferisce che il suo giovane allievo, invece di festeggiare, pianse. Alla domanda di Polibio rispose: “Piango questa città così importante ed ora distrutta. E penso a Roma, e mi angoscia il pensiero che possa finire così anche lei!”. Ed allora divenne l’Africano Minore, essendo il nonno adottivo l’Africano Maggiore: junior e senior. Ed Emiliano fu l’animatore del circolo culturale, che diede un potente impulso alla cultura romana, che evolvette nelle tematiche e nella lingua, sotto il magistero della Grecia. Polibio in primis.
La Costituzione romana secondo Polibio è perfetta, e garantisce la stabilità politica necessaria alla formazione di un grande impero. Non sembri strano questo tifare di Polibio per un grande impero, che era stato vagheggiato ormai per secoli, un impero che, unendo tutti i popoli rivieraschi del Mediterraneo, fondasse il regno della pace. Alessandro Magno era stato quello che più di tutti l’aveva fatto intravvedere, ma era morto troppo presto, che l’opera non era ancora ultimata. I romani – dice Polibio – mettono in equilibrio reciproco le tre forme PURE di costituzione, le quali da sole e senza equilibrio reciproco, sono destinate a scadere nelle forme degenerative corrispondenti: così la monarchia diventa tirannide, l’aristocrazia (forma pura) abbatte la tirannide, ma dopo un po’ degenera nell’oligarchia, e questa a sua volta viene abbattuta dalla democrazia, che poi degenera nell’anarchia convulsa. Dimentichi dell’esperienza storica precedente, ci si affida all’Uomo della Provvidenza. E si ricomincia da capo. I romani hanno messo insieme le tre forme pure: i consoli ed i pretori sono come i re (monarchia), ma sono elettivi, a tempo (1 anno) e collegiali (almeno in due); il senato ha il ruolo della forma pura dell’aristocrazia, mentre i comizi popolari sono la veste romana della democrazia. Finché monarchia, aristocrazia e democrazia coesistono, tutto fila liscio. E a Roma esisteranno equilibrandosi a vicenda, lo Stato sarà stabile e potente. L’interpretazione appare affascinante e fondata, ma ha un evidente difetto dico io: la Costituzione è perfetta, e la perfezione non appartiene all’uomo. Allora è preferibile una Costituzione imperfetta, che meglio si adatta all’imperfezione umana, e questa forma si chiama democrazia, forma imperfetta e illimitatamente perfettibile. E chiedo scusa per l’intrusione personale. Polibio comincerà ad avere anche lui qualche dubbio, e lo scrive.
SPQR, Senatus PopulusQue Romanus, la famosa sigla, che ben sintetizza i primi 500 anni circa della vita politica romana: il Senato e il Popolo. In epoca monarchica (753-510) alla morte del re il Senato ed il Popolo eleggono il successore: una monarchia elettiva dunque e non ereditaria, almeno fino ai re etruschi (Tarquinio Prisco, Servio Tullio, Tarquinio il Superbo). Il popolo (la plebe) ha sempre dovuto lottare contro i privilegi dei patrizi (i discendenti dei Patres, i vecchi patriarchi dei cento clan iniziali), per strappare i propri diritti, ed il sistema ha funzionato fino alla fine della guerra annibalica (202). Poi la ricchezza ha preso il sopravvento, con la nascita del latifondismo e dell’urbanesimo: la plebe di fatto fu declassata, ed il popolo perdette di autonomia: uno dei tre pilastri, quello democratico, iniziò a perdere di forza. E Roma iniziò a traballare.
Perché Roma conquistasse l’Italia, ci vollero circa 500 anni, con una serie infinita di guerre feroci contro popolazioni irriducibili e battagliere: etruschi sanniti galli latini ed anche campani diedero ai romani tanto filo da torcere. Alla fine Roma li sottomise tutti, ma le occorsero 500 anni. E questi popoli, che tanto avevano combattuto il dominio romano, tuttavia all’arrivo di Annibale restarono per lo più fedeli a Roma, contrariamente alle attese del cartaginese, e consentirono ai romani di resistere per 16 anni, una sconfitta dopo l’altra, fino alla vittoria di Scipione a Zama. Come mai? I romani lasciavano ai popoli sottomessi larga autonomia amministrativa, imponendo pochi obblighi. Niente più politica estera, ormai prerogativa di Roma, i tributi alla capitale, le truppe in caso di bisogno. Ma poi anche strade, templi, abbellimenti di città, acquedotti, terme e vasti territori pacificati, nei quali muoversi senza problemi. Inoltre i romani evitavano l’arroganza verso i vinti, perché non escludevano affatto di poter imparare qualcosa da tutti. Poi loro magari la perfezionavano. Ed avevano cura di trovare una forma di cooptazione con i potenti locali.
I 500 anni di asperrime lotte con gli italici avevano forgiato una forza militare praticamente invincibile. Le migliaia di morti seminati in tale lungo periodo avevano fornito ai romani un’esperienza, che in oriente nemmeno potevano sognare. Ed i romani abbatterono con irrisoria facilità tutti i regni orientali e nordafricani, stendendo dappertutto l’ala della pax romana. Il dominio romano toccò la massima estensione territoriale con l’imperatore soldato Ulpio Traiano, all’inizio del II secolo d.C.
L’esercito dunque è stato un altro importante fattore dell’impero romano. Per circa 500 anni il servizio militare era sentito, più che come un dovere, come un diritto, la maniera principale per affermare il proprio status di civis romanus. La disciplina era ferrea, e l’imperium del console o del dittatore era terribile. Il console Tiberio Claudio Nerone, che si era accampato nei pressi del campo di Annibale, saputo che il duce cartaginese attendeva l’arrivo del fratello Asdrubale con un secondo esercito, lasciò nel campo alcune centinaia di uomini, con l’ordine di agitarsi, per dare ai cartaginesi la convinzione che i soldati romani fossero ancora là. Invece nottetempo li fece uscire zitti zitti, ed a tappe di circa 60 km al giorno li portò a sorprendere Asdrubale sul Metauro nelle Marche. Dopo la vittoria, a tappe rapide fece il cammino a ritroso, e, come messaggio terribile per Annibale, mandò a gettare nel campo punico la testa di Asdrubale. Era l’episodio che invertiva l’inerzia della guerra. Gli eserciti romani subirono delle sconfitte da parte degli schiavi guidati da Spartaco. Assunse il comando Licinio Crasso, che mise in fila i suoi uomini e ne fece uccidere uno ogni dieci: era la decimazione, con la promessa di fare peggio, in caso di ulteriore sconfitta. Disciplina ferrea e tremenda.
Altro fattore di forza era la ferrea logica che presiedeva alle decisioni. Annibale aveva nelle sue mani diecimila soldati romani, dei quali chiese il riscatto. In senato si disse che, se il riscatto conveniva ad Annibale, non conveniva ai romani. Quindi che li uccidesse pure. Ma non ne ebbe l’animo. Ed il riflesso tuttora tangibile della logica ferrea lo si coglie nella lingua, un modo di esprimersi quasi da computer. Noi diciamo: “Potremmo fare una gita.”. I romani dicevano: “Possiamo fare una gita.”. Insomma o si può o non si può: potremmo non ha senso. Una lingua concreta, direi ancorata al mondo. Cicerone diceva: “Quando io ero console”, e non “Durante il mio consolato”, dato che ‘consolato’ è una astrazione. E Polibio dice che i romani, quando si ficcano in testa di fare una cosa, la fanno, non illudersi che rinuncino.
I tribuni della plebe Tiberio e Caio Gracco, e dopo di loro il tribuno Livio Druso, tentarono una riforma agraria, tesa a restituire la dignità del lavoro ai plebei, restituendo loro la libertà economica perduta con l’urbanesimo. Ma andarono a toccare interessi ormai troppo grandi e consolidati, e quindi morirono di morte violenta: era l’inizio del tramonto. Lo storico Tito Livio, di epoca augustea, dice che è incredibile la rapidità con cui Roma ha sottomesso l’intero mondo allora conosciuto, una crescita di potenza sotto il cui peso l’intero edificio inizia a scricchiolare. Le disuguaglianze economiche avevano scavato un solco largo e profondo tra classe dirigente e popolo. E questo cominciò a sognare l’Uomo Carismatico, che si chiamò imperatore, un sistema prossimo allo Stato Etico, che tutto cristallizzò, in un crepuscolo in apparenza senza fine e dorato all’inizio, a partire da una crisi demografica cronica, di cui si rese conto Augusto per primo, e che invano cercò di guarire. Una crisi demografica cronica di un popolo, per perdita di identità nebulosità del futuro difficoltà del presente, è il lento suicidio di massa di quel popolo. Si crea un vuoto di popolazione, e, come nei vasi comunicanti si sposta l’acqua, così nei territori si trasferiscono le persone. Quando i barbari arrivarono, trovarono un fragile guscio vuoto, in apparenza integro, ma ormai senza difese. Non sono state le invasioni a demolire l’impero, ma questo era già svuotato dal suo interno a dispetto delle apparenze. E per i barbari fu facile.
Virgilio al tempo di Augusto indicava ai romani il destino che loro competeva: “Parcere subiectis, debellare superbos”, comprensione per i sottomessi, punizione per i superbi. Cento anni dopo, Tacito scriveva: “Fanno il deserto [i romani], e lo chiamano pace.”. Ma straordinaria è l’eredità di valori che ci hanno lasciato, che sarebbe salvifico riscoprire nella nostra epoca così disorientata: “Homo sum, humani nihil a me alienum puto”, diceva Terenzio. Sono un uomo, e nulla di ciò che tocca un altro uomo lo ritengo a me estraneo. E’ l’humanitas, l’antidoto al vitello d’oro, cioè il dio profitto uno e quattrino, il PIL, e ai valori dell’humanitas sarebbe necessario educare i nostri giovani, nella prospettiva di un nuovo e urgente umanesimo. Nuccio Ordine, professore emerito, ha scritto un prezioso volumetto, “L’utilità dell’inutile”, dove l’inutile sarebbero le materie umanistiche, secondo alcuni. E vi si dice che, se il criterio di giudizio si impernia sull’utile, allora in una nostra casa lo spazio più importante è il cesso. Come per Ferreri ne “La grande abbuffata”.
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notiziebari · 6 years
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L’Ufficio Diocesano per la Pastorale Sociale e del Lavoro e le Parrocchie di Acquaviva delle Fonti l’Azione Cattolica cittadina promuovono un percorso laboratoriale di democrazia partecipativa e generativa per tutti i cittadini che vogliono vivere da protagonisti nella nostra città. Il percorso, che si svolgerà in 5 tappe,...
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valeria-manzella · 7 years
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..VISITA UFFICIALE DEL SANTO PADRE AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA ITALIANA SERGIO MATTARELLA..DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO..Palazzo del Quirinale..Signor Presidente, La ringrazio per le cordiali espressioni di benvenuto che Ella mi ha rivolto a nome dell’intero popolo italiano. Questa mia visita si inserisce nel quadro delle relazioni tra la Santa Sede e l’Italia e vuole ricambiare quella da Lei compiuta in Vaticano, poco tempo dopo la Sua elezione alla più alta carica dello Stato..Guardo all’Italia con speranza. Una speranza che è radicata nella memoria grata verso i padri e i nonni, che sono anche i miei, perché le mie radici sono in questo Paese. Memoria grata verso le generazioni che ci hanno preceduto e che, con l’aiuto di Dio, hanno portato avanti i valori fondamentali: la dignità della persona, la famiglia, il lavoro…E questi valori li hanno posti anche al centro della Costituzione repubblicana, che ha offerto e offre uno stabile quadro di riferimento per la vita democratica del popolo. Una speranza, dunque, fondata sulla memoria, una memoria grata..Viviamo tuttavia un tempo nel quale l’Italia e l’insieme dell’Europa sono chiamate a confrontarsi con problemi e rischi di varia natura, quali il terrorismo internazionale, che trova alimento nel fondamentalismo; il fenomeno migratorio, accresciuto dalle guerre e dai gravi e persistenti squilibri sociali ed economici di molte aree del mondo; e la difficoltà delle giovani generazioni di accedere a un lavoro stabile e dignitoso, ciò che contribuisce ad aumentare la sfiducia nel futuro e non favorisce la nascita di nuove famiglie e di figli..Mi rallegra però rilevare che l’Italia, mediante l’operosa generosità dei suoi cittadini e l’impegno delle sue istituzioni e facendo appello alle sue abbondanti risorse spirituali, si adopera per trasformare queste sfide in occasioni di crescita e in nuove opportunità..Ne sono prova, tra l’altro, l’accoglienza ai numerosi profughi che sbarcano sulle sue coste, l’opera di primo soccorso garantita dalle sue navi nel Mediterraneo e l’impegno di schiere di volontari, tra i quali si distinguono associazioni ed enti ecclesiali e la capillare rete delle parrocchie. Ne è prova anche l’oneroso impegno dell’Italia in ambito internazionale a favore della pace, del mantenimento della sicurezza e della cooperazione tra gli Stati..Vorrei anche ricordare la fortezza animata dalla fede con la quale le popolazioni del Centro Italia colpite dal terremoto hanno vissuto quella drammatica esperienza, con tanti esempi di proficua collaborazione tra la comunità ecclesiale e quella civile..Il modo col quale lo Stato e il popolo italiano stanno affrontando la crisi migratoria, insieme allo sforzo compiuto per assistere doverosamente le popolazioni colpite dal sisma, sono espressione di sentimenti e di atteggiamenti che trovano la loro fonte più genuina nella fede cristiana, che ha plasmato il carattere degli italiani e che nei momenti drammatici risplende maggiormente..Per quanto riguarda il vasto e complesso fenomeno migratorio, è chiaro che poche Nazioni non possono farsene carico interamente, assicurando un’ordinata integrazione dei nuovi arrivati nel proprio tessuto sociale. Per tale ragione, è indispensabile e urgente che si sviluppi un’ampia e incisiva cooperazione internazionale..Tra le questioni che oggi maggiormente interpellano chi ha a cuore il bene comune, e in modo particolare i pubblici poteri, gli imprenditori e i sindacati dei lavoratori, vi è quella del lavoro. Ho avuto modo di toccarla non teoricamente, ma a diretto contatto con la gente, lavoratori e disoccupati, nelle mie visite in Italia, anche in quella recentissima a Genova. Ribadisco l’appello a generare e accompagnare processi che diano luogo a nuove opportunità di lavoro dignitoso. Il disagio giovanile, le sacche di povertà, la difficoltà che i giovani incontrano nel formare una famiglia e nel mettere al mondo figli trovano un denominatore comune nell’insufficienza dell’offerta di lavoro, a volte talmente precario o poco retribuito da non consentire una seria progettualità..È necessaria un’alleanza di sinergie e di iniziative perché le risorse finanziarie siano poste al servizio di questo obiettivo di grande respiro e valore sociale e non siano invece distolte e disperse in investimenti prevalentemente speculativi, che denotano la mancanza di un disegno di lungo periodo, l’insufficiente considerazione del vero ruolo di chi fa impresa e, in ultima analisi, debolezza e istinto di fuga davanti alle sfide del nostro tempo..Il lavoro stabile, insieme a una politica fattivamente impegnata in favore della famiglia, primo e principale luogo in cui si forma la persona-in-relazione, sono le condizioni dell’autentico sviluppo sostenibile e di una crescita armoniosa della società. Sono due pilastri che danno sostegno alla casa comune e che la irrobustiscono per affrontare il futuro con spirito non rassegnato e timoroso, ma creativo e fiducioso. Le nuove generazioni hanno il diritto di poter camminare verso mete importanti e alla portata del loro destino, in modo che, spinti da nobili ideali, trovino la forza e il coraggio di compiere a loro volta i sacrifici necessari per giungere al traguardo, per costruire un avvenire degno dell’uomo, nelle relazioni, nel lavoro, nella famiglia e nella società..A tale scopo, da tutti coloro che hanno responsabilità in campo politico e amministrativo ci si attende un paziente e umile lavoro per il bene comune, che cerchi di rafforzare i legami tra la gente e le istituzioni, perché da questa tenace tessitura e da questo impegno corale si sviluppa la vera democrazia e si avviano a soluzione questioni che, a causa della loro complessità, nessuno può pretendere di risolvere da solo..La Chiesa in Italia è una realtà vitale, fortemente unita all’anima del Paese, al sentire della sua popolazione. Ne vive le gioie e i dolori, e cerca, secondo le sue possibilità, di alleviarne le sofferenze, di rafforzare il legame sociale, di aiutare tutti a costruire il bene comune. Anche in questo, la Chiesa si ispira all’insegnamento della Costituzione pastorale Gaudium et spes del Concilio Vaticano II, che auspica la collaborazione tra comunità ecclesiale e comunità politica in quanto sono, entrambe, a servizio delle stesse persone umane. Un insegnamento che è stato consacrato, nella revisione del Concordato, nell’articolo primo dell’Accordo, dove è formulato l’impegno di Stato e Chiesa..alla reciproca collaborazione per la promozione dell’uomo e il bene del Paese..Questo impegno, col richiamo al principio della distinzione fissato nell’art. 7 della Costituzione, esprime e ha promosso al tempo stesso una peculiare forma di laicità, non ostile e conflittuale, ma amichevole e collaborativa, seppure nella rigorosa distinzione delle competenze proprie delle istituzioni politiche da un lato e di quelle religiose dall’altro. Una laicità che il mio predecessore Benedetto XVI definì..positiva..E non si può fare a meno di osservare come, grazie ad essa, sia eccellente lo stato dei rapporti nella collaborazione tra Chiesa e Stato in Italia, con vantaggio per i singoli e l’intera comunità nazionale..L’Italia ha poi il singolare onere ed onore di avere, nel proprio ambito, la sede del governo universale della Chiesa Cattolica. È evidente che, nonostante le garanzie offerte con il Trattato del 1929, la missione del Successore di Pietro non sarebbe facilitata senza la cordiale e generosa disponibilità e collaborazione dello Stato italiano. Se ne è potuta avere una ulteriore dimostrazione nel corso del recente Giubileo straordinario, che ha visto tanti fedeli venire a Roma, presso le tombe degli Apostoli Pietro e Paolo, nello spirito della riconciliazione e della misericordia. Nonostante l’insicurezza dei tempi che stiamo vivendo, le celebrazioni giubilari hanno potuto svolgersi in maniera tranquilla e con grande vantaggio spirituale. Del grande impegno assicurato dall’Italia al riguardo la Santa Sede è pienamente consapevole e sentitamente grata..Signor Presidente, sono certo che, se l’Italia saprà avvalersi di tutte le sue risorse spirituali e materiali in spirito di collaborazione tra le sue diverse componenti civili, troverà la via giusta per un ordinato sviluppo e per governare nel modo più appropriato i fenomeni e le problematiche che le stanno di fronte..La Santa Sede, la Chiesa Cattolica e le sue istituzioni assicurano, nella distinzione dei ruoli e delle responsabilità, la loro fattiva collaborazione in vista del bene comune. Nella Chiesa Cattolica e nei principi del Cristianesimo, di cui è plasmata la sua ricca e millenaria storia, l’Italia troverà sempre il migliore alleato per la crescita della società, per la sua concordia e per il suo vero progresso..Che Dio benedica e protegga l’Italia!..Parole a braccio del Papa rivolte ai bambini nei Giardini del Quirinale..Cari ragazzi e ragazze, grazie tante di essere qui. Grazie tante per il vostro canto e anche per il vostro coraggio. Andate avanti con coraggio, sempre su, sempre su! E’ un’arte salire sempre. E’ vero che nella vita ci sono difficoltà..voi avete sofferto tanto con questo terremoto..ci sono cadute, ma mi viene in mente quella bella canzone che cantano gli alpini..Nell’arte di salire il successo non sta nel non cadere ma nel non rimanere caduto..Sempre su, sempre quella parola..alzati..e su! Che il Signore vi benedica!..
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