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#dischi the Sisti decade from paris to paris
chez-mimich · 2 years
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ART ENSEMBLE CHICAGO_THE SISTH DECADE: “FROM PARIS TO PARIS” (parte I)
All’Art Ensemble of Chicago mi legano alcune circostanze che potrebbero annoiare il lettore, ma non il sottoscritto e allora mi permetto di ricordarle lo stesso. La prima è che lo straordinario ensemble registrò a Parigi (la mia città dell’anima), il primo disco: “A Jackson in Your House”. La seconda circostanza è ancora legata a Parigi, poiché il mio primo disco jazz fu proprio “A Jackson in Your House” e lo acquistai a Parigi nella neonata FNAC, circa dieci anni dopo. E' quindi sempre con grande gioia che accolgo una nuova uscita dell'AEOC, anche se, naturalmente, l'ensemble è molto cambiato, non solo nella sua composizione, ma anche nella sua musica. A dire il vero è cambiato in molto, ma non certo nello spirito di ricerca, sempre costante ed indomito. Che lo spirito non sia affatto cambiato lo dice anche il titolo di quest'ultimo lavoro: "The Sisth Decade: From Paris to Paris". Due i "sopravvissuti" del vecchio AEOC ovvero i co-fondatori Roscoe Mitchell (sax e flauto) e Famoudou Don Moye (batteria e percussioni e attrezzi vari). Il disco in uscita il prossimo 20 gennaio presso Bandcamp (e anche su vinile in edizione limitata), è il risultato di una registrazione effettuata nel febbraio del 2020 presso la “Maison des Arts” di Créteil, periferia di Parigi, nell’ambito del prestigioso “Festival Sons d’Hiver”. Si tratta di un disco doppio per un totale di diciassette brani, dei quali il primo “Leola” insieme a “Odwalla” e “Funky AECO”, appartengono alla produzione originaria dell’AEOC. E allora “…Make your choice, trust your voice…” e immergiamoci nell’ascolto in questo ventre di balena che è “The Sisth Decade: From Paris to Paris”. Un lavoro che, come allude il titolo contiene il punto di partenza e quello di arrivo, la scaturigine e la foce, o forse sarebbe meglio dire il delta, in considerazione delle tante mutevoli e variegate sonorità che ha prodotto lo straordinario ensemble. Molto di ricerca i primi brani del primo “disco”, anche se nel caso dell’AECO” tutti i termini, i generi, le influenze, le contaminazioni, vanno usati o con estrema parsimonia oppure, all’opposto, nella maniera più spregiudicata, poiché l’universo musicale dell’AECO è letteralmente incontenibile, forse incommensurabile. Piluccando nel possente lavoro, ecco la track n. 2, “Introduction to cards”, con la tromba torturata con grande maestria da Hugh Ragin e, a tale proposito, ricordo che nel gruppo originario la tromba la suonava un certo Lester Bowie. “Great Black Music” è un certificato di nascita sonoro, una rivendicazione orgogliosa delle origini della musica dell’ensemble, tutta sussurrata da percussioni colte e minimali, con un recitativo esplicito e diretto che, come la voce di un predicatore, assegna all’AEOC il posto che gli spetta nelle origini del jazz. Il pezzo che segue, “Kumpa” sembra voler andare ancora più in profondità e l’Africa qui non è solo una allusione lontana, ma è profondamente presente nel ritmo nella melodia e nella lingua cantata, pezzo di strabiliante bellezza e solo leggermente sfiorato e cullato dal pianoforte. Il brano trascolora e prosegue nel seguente “Stormy Weather” che pian piano sembra voler dissolvere le sonorità etniche, per inglobare la musica colta e di ricerca. Un doppio brano insomma che assomiglia ad una voce enciclopedica dei generi musicali. (continua)
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