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#diventare adulti
thegretchenimages · 3 months
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Quanto siamo stupidi noi figli a dar via giochi, regali, cose per le quali i nostri genitori hanno sudato, hanno lavorato, si sogno impegnati per regalarcele su nostra richiesta.
Quanto siamo stupidi in questo mondo consumistico a non apprezzare nulla e presi da un impeto giovanile diamo via tutto non valutando i sentimenti altrui, la vita altrui.
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yourtrashcollector · 4 months
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Zero Calcare, Quando muori resta a me
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janniksnr · 6 months
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anche oggi è l'ora della lamentela però purtroppo odio le mancanze di serietà e rispetto della gente
martedì della scorsa settimana ricevo una telefonata in cui mi viene offerto un contratto di lavoro di sei mesi a partire dal primo aprile. dopo una riflessione, causa studio, sono costretta a rifiutare ma il giorno stesso chiedo se c'è possibilità di fare un contratto di tre mesi. mercoledì chiamo per avere una risposta e la persona con cui sono in contatto mi dice "sì, va bene ma ci risentiamo giovedì", il che mi porta a pensare si tratti del giorno seguente. giovedì tutto tace e così anche venerdì, poi lunedì di questa settimana ecc.. niente notizie niente telefonate niente di niente. ieri, anche un po' scocciata vista la situazione, mando io un messaggio per chiedere se ci sono novità visto che non mi hanno più contattata e oggi ricevo come risposta "purtroppo non ho notizie dalla dirigenza, ci sentiamo settimana prossima". ora, la prima cosa che mi chiedo è: perché mi dici di sì se ancora non hai certezza che sia fattibile? poi, perché ti prendi l'impegno di chiamarmi se poi non mi richiami? pur non avendo notizie mi avrebbe potuto contattare, anche con un messaggio, per dirmi che appunto non c'erano novità ma non lasciarmi appesa una settimana intera così fino al punto che devo essere io a contattarti di nuovo. e poi, non sarebbe comunque corretto un po' di preavviso? darmi notizie la settimana prossima significa avvisarmi una settimana prima di quando dovrei iniziare a lavorare. io capisco di avere quasi zero esperienze e di conseguenza di non poter avere chissà che pretese, ma da un datore di lavoro mi aspetto comunque più serietà e rispetto. e chiamarmi una settimana prima per dirmi se lavorerò o meno non mi sembra il modo giusto, anche perché lasciandomi in sospeso cosi mi impediscono di organizzarmi qualsiasi cosa e soprattutto di poter cercare un altro lavoro, visto che io comunque mi sento di aver preso un impegno (anche se solo a parole) con loro..nel frattempo famiglia e amiche mi dicono che loro al posto mio (in caso mi dicessero di sì al contratto di tre mesi) risponderebbero di no, tirandosi indietro e dicendogli che ci hanno messo troppo a farsi sentire e che intanto ho già trovato altro però a me davvero sembra una mancanza di serietà e soprattutto lavorare mi serve e mi permette di fare esperienza, anche se loro sono poco rispettosi boh non voglio manco farmi troppe paranoie perché tanto andrà a finire che mi diranno che il contratto non si può fare però questa situazione mi dà un po' noia
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susieporta · 3 months
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Nelle famiglie disturbate 🤯 i bambini si sentono responsabili dei problemi familiari e anche della loro soluzione. I modi in cui i bambini cercano di “salvare” le loro famiglie sono TRE: rendersi invisibili, diventare cattivi o essere bravi.
💣Rendersi invisibili significa non chiedere mai nulla, non avere esigenze, evitare preoccupazioni ai genitori. La sofferenza personale di questi bambini/adulti è essere intorpiditi, non sentire niente.
💣Essere cattivi significa essere ribelli. Il capro espiatorio, punto focale delle sofferenze della famiglia. I genitori si chiedono "cosa faremo di lei/lui?” invece di chiedersi "cosa faremo del nostro matrimonio?".
La rabbia copre il suo dolore.
💣Essere bravi significa essere vincenti nel mondo esterno. Sembrare felice e brillante serve a coprire la paura e la rabbia.
Apparire felice diventa più importante che sentirsi felice.
(R. Norwood)
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ricorditempestosi · 1 year
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eravamo così entusiasti di diventare adulti, ma guardateci ora: stanchi, persi e confusi sul futuro
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Gli adulti non si emozionano più davanti al cielo, non si fermano più a guardarlo, a guardare i suoi colori, le sue mille sfumature ed io non voglio diventare così,
anche in futuro vorrei perdermi in quelle nuvole e colori ogni volta diversi.
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vintagebiker43 · 5 months
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Questa mattina è accaduta una cosa meravigliosa, una delle più belle in assoluto da quando esiste il nostro blog: vi chiediamo di leggere questo post, anche per capire lo straordinario significato di questa foto.
Ousmane Diop è un giocatore della Dinamo Sassari, un ragazzo di 23 anni con una storia complicata alle spalle. Ha lasciato la famiglia in Senegal a 13 anni facendo una promessa a mamma e papà: "Tornerò quando diventerò un giocatore di basket e avrò i soldi per comprarvi una vera casa".
A 13 anni, in Italia, ha dormito per la prima volta in un letto da solo: prima lo condivideva con due fratelli.
Tra Udine, Torino e Sassari, è esploso il suo talento che gli ha permesso di diventare un grande giocatore di Serie A.
L'anno scorso, dopo non aver visto la sua famiglia dai 13 ai 22 anni, è tornato in Senegal e ad accoglierlo c'erano i genitori in lacrime davanti alla porta di quella nuova casa comprata dal loro bambino, nel frattempo diventato uomo.
Questa mattina, all'Istituto Comprensivo San Donato, la scuola e il rione più multietnico e problematico di Sassari, le maestre hanno proiettato in classe il video che abbiamo realizzato due mesi fa nel quale Ousmane racconta la sua storia: il video è questo https://youtu.be/TWrFqCzKsUM
Nella saletta-cinema della scuola c'erano un centinaio di bambini dai 6 ai 13 anni.
L'obiettivo era quello di dare un messaggio di speranza a dei bambini che vivono in condizioni non facili.
Alla fine della proiezione alcuni di loro si sono commossi, altri erano impazziti per la presenza di Ousmane "il gigante".
Il bambino al centro della foto è un bambino di 6 anni di origini nigeriane, che è rimasto particolarmente colpito dalla storia di Ousmane.
Ousmane, vedendolo piangere, è corso ad abbracciarlo.
Anche lui, alla fine, si è commosso.
L'abbraccio che vedete in questa foto testimonia la straordinaria grandezza dello sport.
Lo sport abbatte confini, è inclusivo, facilita i legami, è amicizia, è speranza, permette ad adulti e bambini di parlare la stessa lingua, di capirsi, di abbracciarsi, di condividere gioie ed ostacoli.
Ringraziamo LBA che ci ha dato la possibilità di realizzare questo video che ha colpito molte persone. Ringraziamo la Dinamo che ha dato una grande mano affinché si realizzasse questo incontro, e la Biblioteca Popolare dello Sport - Sassari che per prima ha avuto l'idea di portare il nostro video in una scuola.
Se qualcuno ci ponesse oggi la domanda "Ma perchè 12 anni fa avete creato un blog di basket?", risponderemmo mostrando questa foto.
@la giornata tipo su FB
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smokingago · 6 months
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Il tradimento non è solo un esercizio di sessualità a bassa definizione, io penso che abbia una sua dignità e soprattutto che non debba essere giudicato da figli adulti che, nel condannarlo, pensano di più alla loro quiete perduta che al percorso anche drammatico in cui chiunque di noi, a un certo punto della sua vita, può venirsi a trovare. Tradire un amore, tradire un amico, tradire un'idea, tradire un partito, tradire persino la patria significa infatti svincolarsi da un'appartenenza e creare uno spazio di identità non protetta da alcun rapporto fiduciario, e quindi in un certo senso più autentica e vera. Nasciamo infatti nella fiducia che qualcuno ci nutra e ci ami, ma possiamo crescere e diventare noi stessi solo se usciamo da questa fiducia, se non ne restiamo prigionieri, se a coloro che per primi ci hanno amato e a tutti quelli che dopo di loro sono venuti, un giorno sappiamo dire: "Non sono come tu mi vuoi". C'è infatti in ogni amore, da quello dei genitori, dei mariti, delle mogli, degli amici, degli amanti a quello delle idee e delle cause che abbiamo sposato, una forma di possesso che arresta la nostra crescita e costringe la nostra identità a costituirsi solo all'interno di quel recinto che è la fedeltà che non dobbiamo tradire. Ma in ogni fedeltà che non conosce il tradimento e neppure ne ipotizza la possibilità c'è troppa infanzia, troppa ingenuità, troppa paura di vivere con le sole nostre forze, troppa incapacità di amare se appena si annuncia un profilo d'ombra. Eppure senza questo profilo d'ombra, quella che puerilmente chiamano "fedeltà" è l'incapacità di abbandonare lidi protetti, di uscire a briglia sciolta e a proprio rischio verso le regioni sconosciute della vita che si offrono solo a quanti sanno dire per davvero "addio". E in ogni addio c'è lo stigma del tradimento e insieme dell'emancipazione. C'è il lato oscuro della fedeltà che però è anche ciò che le conferisce il suo significato e che la rende possibile. Fedeltà e tradimento devono infatti l'una all'altro la densità del loro essere che emancipa non solo il traditore ma anche il tradito, risvegliando l'un l'altro dal loro sonno e dalla loro pigrizia emancipativa impropriamente scambiata per "amore". Gioco di prestigio di parole per confondere le carte e barare al gioco della vita. Il traditore di solito queste cose le sa, meno il tradito che, quando non si rifugia nella vendetta, nel cinismo, nella negazione o nella scelta paranoide, finisce per consegnarsi a quel tradimento di sé che è la svalutazione di se stesso per non essere più amato dall'altro, senza così accorgersi che allora, nel tempo della fedeltà, la sua identità era solo un dono dell'altro. Tradendolo l'altro lo consegna a se stesso, e niente impedisce di dire a tutti coloro che si sentono traditi che forse un giorno hanno scelto chi li avrebbe traditi per poter incontrare se stessi, come un giorno Gesù scelse Giuda per incontrare il suo destino. Sembra infatti che la legge della vita sia scritta più nel segno del tradimento che in quello della fedeltà, forse perché la vita preferisce di più chi ha incontrato se stesso e sa chi davvero è, rispetto a chi ha evitato di farlo per stare rannicchiato in un'area protetta dove il camuffamento dei nomi fa chiamare fedeltà e amore quello che in realtà è insicurezza o addirittura rifiuto di sapere chi davvero si è, per il terrore di incontrare se stessi, un giorno almeno, prima di morire, con il rischio di non essere mai davvero nati. Umberto Galimberti
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Eravamo così emozionati di diventare adulti, ma guardaci ora, stanchi, persi e confusi sul futuro. E desiderosi di tornare al passato.
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fettebiscottate · 6 months
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diventare adulti è comprarsi l’uovo kinder da soli.
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susieporta · 5 months
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Quanto siamo connessi con noi stessi e di conseguenza con gli altri? Siamo coscienti di quello che si muove nella mente, nelle emozioni, nel nostro sistema psichico?
Di ciò che muove i nostri comportamenti, e che poi influisce sugli altri? Ecco, la risposta riguarda appunto quanto il nostro mondo interiore influenza il mondo esteriore, attraverso le persone ovviamente, ma non solo, anche attraverso delle energie - perché noi siamo anche campi di energia, che influenzano altri campi di energia.
Ogni persona nasce come corpo; da bambini siamo corpi ed Essenza/Coscienza. Non c'è ancora la personalità, che si forma dai 6-7 anni in poi, e continua a formarsi più o meno per tutta la vita; il periodo più importante (la prima cristallizzazione di personalità) ce l'abbiamo intorno ai 7 anni, poi a 14, poi a 21 e a 28 - che sono le varie fasi evolutive più importanti della personalità.
Però noi siamo Essenza, mentre la personalità è un'acquisizione esteriore; per cui non nasciamo con la personalità, nasciamo con delle caratteristiche essenziali.
Possiamo anche dire che nasciamo già con una sorta di “personalità”, però questa personalità ce la portiamo dietro da infinite vite; oppure, se uno non accetta l'idea di infinite vite, possiamo dire che nasciamo già con delle caratteristiche, con delle potenzialità, con dei semi da poter sviluppare, con delle qualità da portare fuori.
Per cui non è proprio vero che si nasce come delle lavagne bianche, questo può valere per il cervello ma non per la parte interiore, non per la parte spirituale. In realtà siamo degli adulti in un corpo di neonati e tantissime nostre parti, tante nostre qualità (noi le chiamiamo qualità essenziali, vere qualità), richiedono un terreno adatto per potersi manifestare - terreno che dovrebbe essere la famiglia, nella misura in cui la famiglia riconosce chi siamo, cosa siamo e quali sono le nostre qualità.
La famiglia dovrebbe aiutarci a manifestare le nostre qualità e potenzialità essenziali, e a formare una vera personalità.
La personalità che si forma dovrebbe essere strettamente connessa con l'Essenza, con le qualità essenziali.
Questo però accade solo se la famiglia, i genitori o chi ci educa utilizzano un metodo socratico, e quindi aiutano il bambino o la bambina a portare fuori le sue caratteristiche e le sue qualità, aiutando i suoi semi a trovare un terreno buono per poter manifestare le sue caratteristiche reali.
È diverso invece quando la famiglia o chi ci educa non riesce a percepire cosa realmente siamo, le nostre capacità, abilità e potenzialità, ed è fin troppo preoccupato a educarci secondo gli standard familiari e collettivi.
Quindi ti dicono: “Devi essere così, devi fare questo, devi diventare quell'altro, devi essere un po' più così, un po' più cosà, ma non troppo…”, che va bene, ma se non si tiene conto anche delle vere caratteristiche, che cosa succede?
Che formeremo una personalità falsa, non vera, cioè totalmente autocostruita, che viene interamente dal di fuori, che non tiene conto di ciò che siamo dentro; ed ecco che avremo un conflitto tra essenza - ciò che noi siamo nel profondo - e la personalità che abbiamo formato in seno alla famiglia, ai parenti, alla scuola, a fratelli, sorelle, eccetera.
E questo crea un grosso problema, perché genera uno scollegamento tra la personalità esterna, quindi la falsa personalità (che non è noi, non è connessa a noi) e ciò che siamo dentro, la nostra essenza, che dovrebbe invece formare la vera personalità.
Questo è molto importante perché ci permette di capire che, nella misura in cui veniamo “educati” da mamma, da papà, dai nonni, dalla scuola, e nessuno di loro tiene conto di ciò che siamo dentro, ognuna delle persone che ci educa e ci dice delle cose su di noi formerà un io, una parte della falsa personalità, ognuna diversa dall'altra, perché nessuno tiene conto di ciò che siamo; per cui il papà si aspetterà che noi siamo così, così, così… la mamma si aspetterà questo, questo, quello… i fratelli maggiori, i nonni, gli insegnanti, gli educatori o tutte le persone della nostra vita, ognuno ci metterà un'etichetta, si aspetterà qualcosa da noi, vorrà che noi diventiamo più questo e meno quello etc.
Alla fine, crescendo, saremo sempre più scollegati da ciò che siamo in profondità e sempre più proiettati in una falsa personalità, che è a sua volta suddivisa in tante sub-personalità, ognuna sviluppata per soddisfare le aspettative di chi ci ha educato e ha grandi aspettative su di noi, (che potrebbero essere anche gli insegnanti, fino all'università).
E quindi noi non siamo uno, connessi, non abbiamo una sola personalità, ma abbiamo tante personalità che nel lavoro chiamiamo io divisi.
Questo è un problema che chiamiamo frammentazione: è come avere non un unico io, un'unica personalità e un'unica essenza, ma una multi-personalità che cambia a seconda di chi abbiamo davanti, in base a quello che evoca, e che dipende molto dall'educazione fino ai 28-30 anni.
Tutto questo non è assolutamente connesso con ciò che noi veramente siamo.
ROBERTO POTOCNIAK
Poi aggiungiamo a questo anche tutto il nostro vissuto, la nostra storia personale, le ferite, tutto quello che abbiamo vissuto - piaceri e dolori, abbandoni, tradimenti, problemi di licenziamenti, problemi con il lavoro, problemi di soldi, problemi con la famiglia… ed ecco che abbiamo, nella struttura di adulti, un'essenza totalmente circondata e bloccata da una storia personale spesso molto pesante, e uno spesso strato di personalità, sempre sulla difensiva - perché deve difendere la sofferenza che ci portiamo dietro nella storia personale. Nella storia personale c'è tutto quello che hai vissuto, soprattutto quello che ha creato ferite e sofferenza, dalla prima infanzia in poi. La personalità in qualche maniera tiene a bada la sofferenza e ti dà una facciata, una maschera, una serie di maschere, una serie di io e quindi una serie di maschere, che ti permettono di relazionarti con le persone.
Questo è per dare un accenno, perché in realtà c'è molta altra roba, ma intanto lavoriamo su questo. Quindi: quando entro in relazione con gli altri, devo sapere che ho una personalità frammentata, in cui ogni parte è diversa dall'altra; ho una storia personale molto spesso carica di dolore e sofferenza, e ho la mia piccola essenza, non sviluppata perché non è mai stata finita di sviluppare, che è bloccata all'interno e dalla quale sono praticamente disconnesso.
Quando entriamo in relazione dobbiamo tener conto che portiamo tutta questa roba all'interno della relazione. Qui non ho messo tutte le varie sfumature della storia personale, tutte le altre caratteristiche della personalità e dell'essenza - che non è per nulla sviluppata. Ma è come se fuori sembrassimo un adulto bello, fatto, finito, forte (oppure anche in crisi, non ha importanza), mentre all’interno c'è un mare di sofferenza e di problemi, e dentro, ancora più in profondità, c'è un bambino o bambina in panico, arrabbiato, arrabbiata, carica di paura ma anche piena di potenzialità, mai sviluppata, mai cresciuta, che aspetta di venire fuori.
E tutto questo poi, quando cominciamo a relazionarci con l'altro sesso - crescendo, soprattutto da adulti - tutto questo comincia a spingere, spingere, spingere... Si parte sempre dall'amore, dall'innamoramento, dall'amicizia, e poi nel tempo vengono fuori i disastri, perché ci relazioniamo solo dalla personalità frontale, che è più un insieme di maschere, senza tener conto della frammentazione della storia personale, delle ferite, della sofferenza e della nostra essenza bambina - che al minimo problema piange, scappa, protesta, proprio come un bambino di 5-6 anni anche se ne abbiamo 40, 50, 60.
E questo ci dovrebbe far riflettere sul perché, da dove arrivano tutte queste aspettative della relazione, da dove deriva la rabbia, la frustrazione, la delusione, come mai non riusciamo a ripartire puliti in una nuova relazione.
Roberto Potocniak
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io-sono-la-tua-favola · 11 months
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Io vivo fra le nuvole. La realtà non è per me.
La gente dice che devo scendere. Che le nuvole non sono un luogo per diventare adulti. Io sorrido a loro. Forse un giorno, dico forse un giorno qualcuno verrà verso il basso. Ma io mai. La realtà non è per me. Io resterò qui. La vista è abbastanza mozzafiato…….
📖🌹
Alioui Ishak
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omarfor-orchestra · 9 months
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ciao!! domanda su mimmo. quindi ha 18 anni e un anno circa in più di simone? io l’ho capita così visto che l’hanno mandato nel carcere per adulti, da minorenne non avrebbero potuto (so che sono scemi alla rai ma almeno qualcosa da mare fuori l’avranno colto)
Allora anon su questo sono abbastanza sicura, nel senso che appunto essendo stato trasferito immagino di sì (anche se vi dirò, non è proprio mandatorio che fatti i 18 anni si vada in un istituto per adulti, visto che negli ipm ci si può stare fino ai 24 anni ma sorvoliamo), però da quello che mi è parso di capire hanno magicamente fatto diventare maggiorenni tutti quindi non ti so dire benissimo le differenze di età
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vaerjs · 1 year
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Questa non sono io.
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I miei 50 cents sulle immagini generate dall'AI.
Negli scorsi giorni io e @focacciato ci siamo trovati di fronte a questo trend sui social: crea la tua nuova immagine profilo di LinkedIn con l'IA.
Divertiti abbiamo scaricato l'applicazione e abbiamo realizzato un'immagine che ritraesse me - o il mio alterego AI generated - in condizione di gravidanza. L'immagine è risultata ai nostri occhi palesemente finta: il viso completamente smussato, i contorni imprecisi, un viso leggermente troppo grande per il corpo a cui è stato apposto, per non parlare della corporatura. Pare infatti che gli unici corpi a disposizione dell'intelligenza artificiale siano quelli patinati delle riviste di moda, biotipo assolutamente e unicamente mesomorfo, corpi magri, tonici, elastici e privi di nei, rughette, pori, vene visibili (e quindi assolutamente inesistenti).
Ciononostante, abbiamo pubblicato l'immagine sui nostri profili facebook, annunciando un finto figlio in arrivo - anch'esso generato virtualmente: un Photoshop intenzionale brutto che fugasse ogni dubbio. L'assurdità è stata la certezza e la sicurezza con cui i nostri contatti hanno iniziato a scrivere a noi, ai nostri genitori, a chiamarci a commentare sul post in questione per congratularsi del nostro diventare genitori.
Insomma, nessuno sembra aver notato l'inganno. Qui è bene evidenziare che i contatti amici a cui facciamo riferimento sono sia uomini che donne in una fascia d'età compresa tra i 35 e i 60 anni. Non solo i cosiddetti "boomer" quindi, ma anche una fetta di giovani adulti che si presume avere una base di alfabetizzazione digitale.
Se hai letto fino a qui ti chiedo: è davvero così difficile riconoscere una immagine fasulla? E, soprattutto, il problema è la mancanza di competenza di indagare, interrogarsi e discernere le informazioni che ci vengono mostrate? Oppure la responsabilità è di Internet e dei social network, strumenti colpevoli di non essere stati progettati con un libretto di istruzioni?
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ilfascinodelvago · 2 years
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Alla fine un essere umano sta tutto in una manciata di oggetti di uso comune. Non bastasse il sangue, il corpo, un cuore, anche le povere cose che ci servono per vivere ci ricordano che siamo tutti uguali, abbiamo stessi bisogni, abitudini, e identico destino. Identico è anche il tempo che ci scorre addosso, che fa diventare grandi i bambini e vecchi gli adulti.
Sempre tornare, Daniele Mencarelli
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