Tumgik
#e si è anche perché ho delle unghie molto carine
sara-smind · 1 year
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Quando tuo padre è rimasto un ragazzino fan di un fumetto dalle scuole medie:
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isteric4 · 9 months
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domani ho un in programma un sushi con alcune amiche. o meglio, sono le rispettive fidanzate del gruppo di amici di pietro. insomma non sono amiche, né conoscenti, eppure viviamo tutte nello stesso buco di culo e chi per un fatto o chi per un altro, le conoscevo ancor prima che ci presentassimo. questa situazione mi ricorda un po’ le medie. frequentavo le scuole cattoliche. non ne ho un bel ricordo. non avevo nessuno. o meglio avevo un’amica, ma amica non era. di alice è meglio non parlare perché risveglia in me ricordi un po’ troppo dolorosi. però avevo lei. ricordo che da piccole facessimo questo gioco. ci sedevamo di fronte alla finestra in fondo al corridoio, dove non passava mai anima viva. mangiavamo la nostra merenda e a sorte sceglievamo un colore. chi contava più macchine di quel colore vinceva. a differenza delle mie compagne di classe, che raccontavano già dei loro primi limoni e delle loro prime toccate, a me non erano ancora venute le mestruazioni. quel periodo compreso tra gli 11 e i 13 è davvero tremendo perché non sei bambino né adolescente. c’è chi si comportava da adulto e chi preferiva restare bambino. ecco, io appartenevo alla seconda categoria. inoltre ero proprio bruttina. avevo i primi segni dell’ acne cistica ed ero piatta come una porta. forse in parte era anche il mio carattere timido e ingenuo o banalmente ero solo circondata da dei ricchi merdosi e arroganti figli di papà. fatto sta che ero il loro bersaglio preferito. cessa, lesbicona, brutta da far schifo. fatto sta che quest’aria di pregiudizio e di puzza sotto il naso è la stessa che sento ogni volta che parlo con qualche ragazza del gruppo. non che siano cattive o scortesi, affatto, non sto insinuando niente del genere. però quel tipo di gentilezza forzata. una di quelle cose che senti nello stomaco, per intenderci. “quando sono insieme fanno molto gruppo” mi spiega pietro. fatto sta che questa sensazione non riesco proprio a scrollarmela di dosso. e poi un commento, uno solo, da parte di mia madre “quand’è che ti tagli quei capelli? poi tra una settimana parti per la montagna e sei in mezzo a tutta la compagnia…e le altre saranno tutte così carine…devi fare bella figura”. mia mamma ha questa capacità innata di mettermi dei tarli nelle orecchie. soffro di alopecia proprio da quando andavo alle medie. a causa dello stress ho sviluppato il tic di strapparmi i capelli. tricotillomania per l’appunto. negli anni è peggiorata drasticamente, in particolare da quando ho iniziato l’ università. questo è il motivo per cui evito il parrucchiere come la peste, essendo per me motivo di grande imbarazzo. beh, mia madre sa sempre dove colpire. e appena mi ha detto quella frase si è risvegliata in me la bambina di dodici anni a cui nascondevano lo zaino e piangeva spesso nei bagni perché si mettevano di fronte alla sua porta e la bloccavano dentro. la bambina che tutti insultavano per la sua pelle mangiata dall’acne e perché non aveva amici. ogni tanto la sento ancora quando mi guardo allo specchio. “forse se metto quel maglione la pancia non si nota più di tanto” “magari se li metto da questo lato non si nota il buco che ho tra i capelli” “la mia acne è peggiorata” “forse dovrei spendere quei soldi che mi sono avanzati per farmi la ricostruzione alle unghie, così non si nota che me le mangio” “che brutta la mia postura” “ho dei lineamenti da uomo, si, sembro proprio mio padre sbarbato” “non ho seno” “non ho sedere” “questa gonna non mi sta più” “i jeans che ho comprato un mese fa mi stanno stretti” e ancora, senza sosta, fino a diventare matta.
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sciatu · 6 years
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S.CARAMAGNO - Ballerini
Madame Effie e l’anello del Conte , prima parte.
Era una ragazza di quelle carine e un po’ cicciottella, vestita con un tailleur chiaro e la borsetta costosa dello stesso colore delle scarpe ancor più costose. Aveva i capelli di un biondo paglia che era il suo colore naturale perché anche le sopracciglia erano dello stesso colore e quasi scomparivano sulla pelle di un rosa tenue. Solo gli occhi azzurrissimi e le labbra di un rosso delicato davano colore al suo volto tondo. Sembrava insomma una bambolina sempliciotta ed ingenua mentre camminava in via Palermo osservando i numeri dei vari portoni. Si avvicinò al citofono di quello che sembrava il palazzo che cercava e stringendo gli occhi lesse i nomi finché arrivato a quello di Madam Effie si fermò e con esitazione allungò un dito per schiacciare il bottone che c’era a lato, ma arrivata quasi a sfiorarlo si fermò e lo fece tornare indietro a toccarsi le labbra quasi non fosse sicura che quel nome fosse quello giusto o non fosse veramente decisa a schiacciarlo. “Venga – le disse una signora vecchia, piccola e magra con i capelli bianchissimi affacciandosi dal portone e chiamandola con un cenno della mano – venga “ Le ripeté sorridendo. La ragazza l’osservò sbattendo gli occhi poi si avvicinò alla vecchia che la fece entrare e la precedette di alcuni passi fin nella sala d’attesa di Madam Effie e le indicò sorridendo una sedia mentre scompariva dietro a una porta a vetri. La ragazza si sedette sulla punta della sedia tenendo la borsa sulle gambe e appoggiandoci sopra le mani. Si guardava intorno spaurita e disorientata; quando la porta si aprì e apparve nuovamente la vecchietta che si mise da parte per farla entrare indicandole una porta in fondo al corridoio. La ragazza percorse il corridoio lentamente ed entrando in una stanza che era in penombra batté gli occhi per abituarli all’oscurità.       “Da questa parte “ Le disse una voce calda da un angolo della stanza. Guardò da dove la voce era venuta e scoprì che c’era un enorme e strana scrivania e una signora seduta dietro di essa con un vestito che sembrava di seta. Si sedete davanti a lei, sempre sulla punta della sedia a nascondere il suo evidente nervosismo. “Mi dica come si chiama e quando è nata” le disse con fare cordiale la signora dalla penombra che le nascondeva il volto “Mi chiamo Abbondanza Alaimo…” La signora la fermò “le iniziali del suo nome indicano una predestinazione. Se puoi e se vuoi, puoi dirmi perché ti hanno chiamato Abbondanza” E nel dire questo aprì un cassetto della scrivania prendendo un mazzo di carte grandi e molto vecchie senza toccare quelle che aveva sulla scrivania messe sulle cinque punte di una stella. Abbondanza ebbe l’impressione che il suo caso, anche se non lo aveva ancora esposto, fosse già particolare. “Io ho altre quattro sorelle – inizio la ragazza – e sono l’ultima nata. Mio padre voleva un maschio ma ha avuto solo femmine così quando andò a registrarmi l’ufficiale dell’anagrafe gli chiese come mi voleva chiamare e lui rispose che con l’abbondanza di femmine che c’era stata aveva finito tutti i nomi, poi ci pensò e disse di chiamarmi Abbondanza.” Madam Effie guardò le carte e poi punto i suoi occhi su Abbondanza “E’ per questo che ce l’hai con lui?” “Io con mio padre non ci sono mai andata d’accordo perché lui mi faceva pesare il fatto che non ero un maschio. – rispose tutto di un fiato la ragazza quasi arrabbiata - Le mie sorelle per farsi perdonare di essere femmine si sono laureate e hanno fatto matrimoni importanti, ma io non avevo niente da farmi perdonare e non finii gli studi, ma andai a lavorare nel ristorante di mio zio. Forse per sfregio a mio padre, forse perché volevo essere libera e non dare conto a nessuno, incominciai presto a frequentare gli uomini, anche quelli sposati che venivano al ristorante….” “Vedo – osservò Madam Effie – le carte dicono che tu giochi con gli uomini” La ragazza sorrise ironicamente “si io con gli uomini ci gioco! Loro pensano vedendomi così come sono, che siano loro a guidare il rapporto, pensandomi inesperta e facile a sedurmi. In realtà io so prima di loro cosa mi diranno, dove mi vogliono portare e cosa mi vogliono fare – la ragazza si fermò quasi esitando poi si fece coraggio e continuò – a me piace fare l’amore, mi piace essere stretta al corpo del mio lui di turno, giocarci, divertirmi, prendere il massimo piacere che può darmi e lasciargli sul corpo i segni della mia bocca o delle mie unghie” Imperturbabile Madam Effie chiese “La tua è solo golosità per il sesso o c’entra qualche altra cosa come, ad esempio, il rapporto con tuo padre?” Abbondanza batté gli occhi di nuovo “Forse no …. – disse con qualche esitazione – perché a me il sesso piace anche senza pensare a mio padre. Forse c’entra la mia voglia di non farmi comandare, di non essere considerata una cosa passiva nelle loro mani, di non avere un padre o un padrone che da me pretenda quello che vuole lui – si fermò a pensare – forse c’entra mia madre che è morta a furia di fare figli per chi neanche li apprezza… io non voglio finire come lei,  non voglio pensare che tutto quello che devo fare nella mia vita è sacrificarmi senza che il mio sacrificio sia considerato” “Gli uomini sono allora dei giocattoli con cui divertirsi….” “Forse si …. – ripetè Abbondanza – sicuramente molti lo sono stati. Erano un modo di divertirsi senza avere pensieri, un modo per non stare buona buona ad aspettare qualcuno che mi cercasse, ma andando a provocarli, a tirarli verso di me per giocarci senza perder tempo e  senza troppi problemi. Qualcuno è stato solo una curiosità, qualche altro un giocattolo, ora però per due di loro non ne sono più sicura” “Cioè?” “Ecco, sono venuta apposta; col passare del tempo ho lasciato stare buona parte dei miei amanti occasionali. Alla lunga giocare con loro non mi divertiva più, c’erano troppi legami, troppi sentimenti e personalità che si accavallavano ed urtavano e ho preferito semplificare. Mi sono tenuta due amanti …. i migliori – un sorriso malizioso apparve sulla sua bocca di bambolina – due con cui nell’ultimo anno mi sono divertita ….molto! Ecco un paio di mesi fa ho avuto un ritardo e pensavo di essere rimasta incinta, ma non potevo sapere di chi poteva essere l’eventuale figlio…” “Puoi dirmi il nome e la data di nascita dei tuoi due … amori” Abbondanza le passò un foglietto con segnate due date e due nomi. “Il primo è Cateno, è un ragazzo alto e forte, dirige i cantieri edili. Era fidanzato, ma dopo essere stato con me ha lasciato la ragazza perché, mi disse, io ero molto meglio; l’altro è Giacomo, lavora nei traghetti, non parla molto ma insieme a lui sto molto bene, sdrammatizza tutto, mi fa parlare e ragionare” “Vedo che sono due ragazzi molto diversi tra loro e… particolari” Fece Madam guardando una tabella con i segni zodiacali “Si, a Cateno piace fare l’amore in modo fisico, è irruente, a volte forse un po’ brutale. L’altro, Giacomo, ha un fisico bellissimo perché fa tanto sport, gli piace dirmi tante cose mentre facciamo l’amore e poi stordirmi di piacere….” “sei molto attaccata a loro: nel parlarne ti brillano gli occhi…” Abbondanza sorrise: “Si è così, con loro non c’è bisogno di parlare o di spiegare, basta uno sguardo e ci viene subito voglia e ci capiamo subito….” “E sanno l’uno dell’altro?” “nooo, assolutamente, io faccio di tutto perché nessuno dei miei amanti sappia degli altri” “dicevi che hai avuto questo ritardo ….” “Si e quando l’ho detto loro, pensavo che si arrabbiassero e che mi obbligassero ad abortire. Invece tutti e due sono stati contenti e hanno subito fatto piani per convivere, stare insieme e me li hanno ripetuti quando gli ho spiegato che era stato un falso allarme. Anzi sono diventati più presenti, mi vogliono vedere più spesso, mi chiamano per sapere come sto o per andare in giro a Messina o a mangiare una pizza insieme ed ora ho paura che scoprano prima o poi che c’è un altro e che scontrandosi si facciano male…” “In questo caso perché non lasciarli o tenerli entrambi?” chiese provocatoriamente Madam Effie Abbondanza arrossi ed abbassò lo sguardo “perché ho capito che voglio qualcuno che stia con me! Quando mi hanno proposto di andare a convivere uno indipendentemente dall’altro, io ero contenta. Non si trattava di sposarsi, cosa che io non voglio, ma di stare insieme. Sempre. E la cosa mi piaceva perché erano tanto teneri e si prendevano cura di me. Ero felice; stavo un giorno con l’uno e un giorno con l’altro, facevo quelle cose che tutte le altre ragazze fanno con i loro fidanzati, come andare al cinema o a fare compre, ed ero felice. Mi sono resa conto che sono sempre stata sola. A parte il ristorante e qualche visita alle sorelle, il resto del mio poco tempo libero, lo passo con questo o con quello, nascosta in macchina tra i boschi o le canne, nella casa che qualche amico gli da e sempre in giro, sempre di corsa e provvisoriamente. Non mi diverto più e non è vivere, non ha senso! Mi sento un cane randagio che mangia dove capita ed aspetta sempre una carezza da qualcuno. Al ristorante vengono tante coppiette e stanno li a mangiare sereni e felici, senza preoccuparsi se entra qualcuno che li potrebbe conoscere. Anch’io voglio quella banale serenità, questa normalità che prima pensavo noiosa ma che ora mi manca. Ma …” “Ma….?” “… ma ora ho paura, se Cateno mi vede con Giacomo o viceversa, si ammazzano e mi lasciano! Poi io voglio capire chi è che mi ama di più, perché adesso voglio il mio uomo, qualcuno che mi tratti sempre come mi trattavano loro. Cateno mi fa ridere, ma Giacomo mi ascolta, Cateno è irruento e focoso, ma Giacomo è dolce e dove mi porta Cateno con i suoi modi grezzi, mi fa arrivare anche Giacomo con i suoi modi dolci. Io non so decidere. Da sola non capisco chi amo di più o chi dei due mi ama di più, se sono con loro finiamo che facciamo sesso perché è l’unico modo di parlarci che abbiamo imparato. Ho bisogno di aiuto, io l’amore l’ho sempre evitato perché è quello che ha fregato mia madre, ma ora con uno di loro potrebbe essere una cosa importante, meglio che doversi sempre nascondere o bruciare in cinque minuti, su un letto che non è mai il mio, tutti pensieri, i desideri, la voglia di qualcuno, tutto quello che mi è nato dentro quando ero sola. Dopo che fai?, Il giorno dopo resti sempre sola ad aspettare che qualcuno chiami. Si vive anche fuori dal letto, mi sono detta e ci sono tante cose che vorrei fare insieme a uno di loro che non sia il solo fare sesso” Fini di parlare o forse di sfogarsi e rendendosi conto che aveva parlato a lungo, abbassò gli occhi sulle sue mani che stringevano la borsetta e poi lentamente li rialzò a guardare Madam Effie. Quest’ultima la guardò restando in silenzio per quasi un minuto. “ Ho paura che forse tu non sai cos’è l’amore – disse infine con un sospiro e senza nessuna cattiveria – l’amore non lo capisci, ti travolge senza che te ne renda conto, ti lega prima che tu sappia cosa è un nodo, ti illude mentre tu pensi di poterlo dominare, rendendoti schiava quando invece pensi di esserne padrona!  Se non l’hai sentito per nessuno dei due, se non hai fatto pazzie per nessuno dei due, allora vuol dire che non ami nessuno dei due” Abbondanza la guardò stupita “ non …. capisco!” “Vi sono cose che non si possono né comprare né vendere, non le possono decidere altri per noi né possiamo comprenderle sentendole dire, ma siamo noi a doverle far crescere dentro la nostra coscienza, soffrendo nel viverle, lottando nel tenerle strette a noi. Una di queste cose è l’amore.  Se non sei cosciente dell’amore che ti danno, tanto da non poterlo valutare e giudicare, non riuscirai mai a capire chi ti ama veramente e ad amarlo a tua volta. Quello che adesso vuoi, per come me lo hai descritto, è un compagno di viaggio con cui condividere quello che vedete, non di un compagno di vita con cui mettere in comune quello che provate” Abbondanza restò interdetta e si mosse sulla sedia, insicura sul da farsi. Madam Effie sorrise “Quello che comunque posso fare è darti modo di conoscere e capire il loro amore e poter scegliere. Conoscere, capire e scegliere da soli non servono a niente se tu non ami, ma sono i primi passi per amare” Raccolse lentamente le carte che aveva disposto davanti a se. “Vai alla cassettiera che c’è contro la parete; vi sono tre cassetti chiusi con la ceralacca, rompi quella del primo cassetto da sinistra e prendi quello che c’è dentro” Abbondanza si alzò e fece quello che Madam Effie le aveva detto. “Non portarla vicino a me ma tienila stretta a te e siediti dov’eri – continuò Madam Effie quasi non volesse disturbare quello che conteneva – come vedi è una cassetta di ebano nero. Non vedrai nessuna apertura ma sulla faccia rivolta verso di te c’è un monogramma d’argento, la lettera C: è l’iniziale del Conte Cagliostro. Tu sai chi è?” Abbondanza la guardava intimidita perché capiva che stava succedendo qualcosa di importante. “Era un mago….” Disse con una vocina timida “Era un grande Mago, nel 1600 era il più grande mago d’Europa e forse lo è ancora. Era nato a Palermo, e quando lo imprigionarono lo chiusero in una cella senza porta e i suoi guardiani avevano l’ordine di non guardarlo mai negli occhi. Ora schiaccia il monogramma” Appena schiacciata la lettera d’argento, la scatola incominciò a suonare e lentamente tutte le pareti si piegarono verso il basso mostrando al suo interno un anello che era di un metallo chiaro e quasi luminoso. L’ anello girava lentamente sospeso a mezz’aria senza che apparentemente fosse tenuto da qualcosa. “Questa è una macchina alchemica, quella che il Conte definiva una “Macchina Virtuosa” è fatta con tredici metalli magici e nella sua preparazione si sono usati polvere di una mummia di un faraone egiziano, i resti di una stella cadente e di una strega bruciata viva più numerosi altri ingredienti segreti. Ora puoi prenderlo e mettilo al tuo anulare sinistro, si sarà abituato alla tua presenza” Abbondanza allungò la mano e appena lo sfiorò l’anello cadde sulla base della scatola con un tonfo secco. Abbondanza sussultò poi, con qualche esitazione lo prese con due dita e restò ad osservalo.  Vi era un serpente intorno ad un ottagono su cui si ripeteva l’iniziale del Conte. Il corpo del serpente continuava con due spire che costituivano l’anello. Negli occhi del serpente vi erano due rubini rossi, luminosissimi. Abbondanza lo infilò lentamente nel suo dito anulare. L’anello le sembrò troppo largo ma d’improvviso le spire del serpente si mossero stringendosi intorno al suo dito e gli occhi del serpente si spensero; l’anello ora le sembrò un banale anello di quelli che si compravano alle fiere paesane per pochi soldi. “chiudi la scatola e mettila qui nel centro di questa stella, in tal modo sarai protetta dai possibili effetti collaterali” Abbondanza fece quando Madam le aveva chiesto e tornò a sedersi. “Ora ascoltami attentamente – le disse Madam sempre sottovoce – schiaccia gli occhi del serpente e quando l’anello si apre metti nell’incavo che vedrai un tuo capello” Abbondanza strinse con due dita i due rubini e d’improvviso l’ottagono si alzò mostrando una nicchia. La ragazza tiro i suoi capelli ed uno le rimase tra le dita, lei l’avvolse intorno al suo mignolo come si fa con il filo delle spagnolette e mise la piccola matassa che aveva formato nell’incavo spingendo al suo posto l’ottagono che si bloccò con uno scatto. Gli occhi del serpente si illuminarono per poi tornare a spegnersi lentamente. “ora l’anello sa che tu sei la sua padrona momentanea. Il suo funzionamento è semplice: quando farai l’amore, o quando sarai in intimità con uno dei due, se l’anello toccherà i suoi capelli tu sentirai cosa pensa o quello che prova per te, non parole o frasi ma le sue sensazioni, le sue emozioni quello che dal suo profondo risalirà non filtrato dalla sua coscienza. Cerca di far restare l’anello al più a lungo possibile a contatto con i suoi capelli in modo che potrai ascoltare quello che lui veramente prova stando insieme a te!” Abbondanza la guardò stupita “Ma sentirò proprio tutto” “Sentirai quello che lui prova standoti vicino e se è amore, capirai che cosa è: l’amore non è tenerezza e regali è molto di più profondo ed intimo. L’amore per vivere ed esistere vuole un nostro cambiamento e non dovrai esitare a diventare anche diversa da quello che sei perché l’amore premia chi ha coraggio e punisce chi ha paura, per questo devi essere decisa nel percorrere la sua strada….” La ragazza la guardò “Lo sono, io non ho paura di nessuno…” “ne avrai, credimi, ne avrai - fece sorridendo Madam Effie – quello che abbiamo dentro può far anche paura. Una volta che avrai capito e trovato l’amore, l’anello tornerà da me” “Lo devo riportare….” “Non è necessario, troverà lui la strada, il Conte Cagliostro ci teneva molto che le sue macchine non finissero mai nelle mani sbagliate, per questo sanno trovare la strada di casa da sole” Madam sorrise e un brivido corse lungo la schiena di Abbondanza che osservo l’anello. Gli occhi del serpente si illuminarono brevemente quasi a rassicurarla.
Abbondanza tornò a casa pensando alle parole di Madam Effie: lei non sapeva cosa era l’amore! Una cosa assurda, lei faceva l’amore da quando aveva sedici anni, come faceva a non conoscerlo e a saperne tutti i risvolti e le varie complicazioni? Dopo un po’ lasciò perdere e si concentrò sul prossimo incontro che aveva con Cateno. L’anello era una novità che la eccitava, era curiosa di sapere cosa lui pensava e provava mentre faceva l’amore. Avevano un appuntamento sul tardi, quando lui usciva dal cantiere che dirigeva e dopo una doccia a casa, passava a prenderla al Ristorante dove lei lavorava e aveva casa, per andare in un luogo appartato li vicino. Lei si fece trovare in jeans e maglietta aderente, cosa che sapeva bene quanto lo eccitasse visto che il suo grosso seno e il sedere tondo prendevano una sensuale evidenza. Si era messa un profumo delicato e si era sistemata i capelli. Non avevano molto tempo, doveva tornare per la serata al ristorante dove ormai era la responsabile di sala. Cateno arrivò con mezzora di ritardo su luogo dell’appuntamento, il parcheggio di un minimarket vicino al ristorante, ma di questo lei aveva già tenuto conto “Quant’è bella a me zita…. “ disse sorridendo come sempre con gli occhi che gli luccicavano di desiderio. “Dai vai, non abbiamo molto tempo…” fece lei sedendosi a lato e mentre andavano con il braccio sinistro gli accarezzava la nuca, non per via dell’anello ma perché sapeva che questo l’eccitava e dovendosi sporgere verso di lui, il suo petto, con la cintura di sicurezza che gli passava nel mezzo dei seni, era più libero di mostrarsi e sobbalzare mentre andavano. Per guadagnare tempo si nascosero in un canneto lungo la spiaggia non distante dal ristorante, dove andavano spesso quando avevano fretta. Un posto abbandonato e squallido e che per questo non era frequentato “Questa sera sei più bella del solito” Disse lui ed allungò le mani a stringere quel seno che lo stava provocando. Le loro bocche si unirono e presa dalla foga e dl piacere, Abbondanza si dimenticò per qualche minuto dell’anello. Se ne ricordò quando lui le aveva già sbottonato il jeans e aveva mandato in avanscoperta le sue dita a violare la sua mutandina di pizzo fucsia. Lei allungò la mano con noncuranza e con la scusa di spingere la bocca di lui contro la sua per divorare la sua lingua, appoggiò la mano sulla sua nuca.
Sul principio non notò nulla, era troppo presa a provare piacere, poi, quando senti che questo piacere veniva dalla sua lingua che era succhiata sempre da lei, capì che stava provando quello che lui provava e piano piano questa sensazione aumentò cosi che ora sentiva quello che in lui nasceva in modo sempre più forte, sentiva sempre più chiaramente quella che era la voce e le sensazioni del suo io interiore. Notò che il piacere maggiore che lui provava era un senso virile, di forza interiore e forza fisica unite insieme,  come se lo stringerla gli facesse sentire un intenso piacere dei propri mezzi, una fiducia fisica, in grado di dominare e guidare il corpo di lei che stava esplorando intimamente; lui aveva la certezza di poterle far provare quanto lei cercava ed era soddisfatto di essere lui a poter elargire piacere e dolore; si sentiva padrone del corpo di lei e lei ora sentiva, risalire dal profondo del suo animo i suoi desideri più intimi sul  fare l’amore e vedeva, nell’immaginazione di lui, il suo grande sedere preso a manate mentre il suo sesso la sfamava e la sfiancava, ed ancora un'altra ondata di piacere salì dal profondo nel pensarla tutta rossa in volto e con i segni della fatica per la forza che lui usava nell’amarla, una forza che lei doveva subire, soddisfacendolo senza averne nulla in cambio; era questo il piacere più grosso che si stava formando dentro di lui richiamato dai suoi ricordi. Ora lei sentiva questo piacere urlare e rimbombare come il rimbombo magnetico del tuono che restava nell’aria dopo che il cielo nero era stato scosso dal suo boato, mentre le stava abbassando con forza i jeans aumentava sempre di più il desiderio di poterla usare senza limiti, di trattarla come lui voleva, come a lui piaceva e d’improvviso, richiamati da quella voglia di piacere ambigua e oscura,  apparvero degli sprazzi di ricordi, il volto della fidanzata precedente preso a schiaffi, la sua testa tirata per i capelli mentre lei  gridava e il sangue gli usciva dalla bocca e sentì che questo era quello che veramente desiderava : soddisfarsi grazie alla sua forza, renderla succube del suo desiderio e la cosa lo esaltava, tanto che sempre di più voleva usare su di lei questo intensa e determinata volontà di farle subire il sesso che stavano per fare, così da sfogare su di lei tutte le sue rabbie, tutti suoi rancori e umiliazioni, facendola urlare per sentirsi appagato del soffrire che le dava e del piacere che lui provava, desiderava anche farla piangere, farla gridare spaventata perché tanto era una donna che non valeva niente, la donna di tutti, una troia qualunque, tanto stupida da venirsene  con quell’idea del ritardo per fregarlo, ma lui era stato furbo, l’aveva lasciata fantasticare, tanto qualcuno che le credeva, tra i tanti che lei si faceva, ci sarebbe stato, perché era solo una puttana, come tutte le donne come lei, buona solo per divertirsi senza pagare, da usare e buttare via e questo pensiero gli procurò ancora più piacere, facendogli venire voglia di insultarla nuovamente, di degradarla ancora di più, giustificando con il suo disprezzo la sua rabbia, perché tanto a lei piaceva essere trattata male, essere considerata niente, essere la cagna di tutti, attaccarsi al sesso di ognuno e ora poteva essere il momento giusto per divertirsi, per darle una lezione dopo tante parole inutili, dopo aver fatto il bravo per così a lungo, dopotutto lei l’aveva provocato, con questa sua maglietta e questo jeans attillato che non se ne voleva scendere, era il momento adatto a divertirsi un po’, il posto poi era isolato e se anche urlava nessuna l’avrebbe sentita e c’era magari il mare vicino in cui nascondere tutto se qualcosa andava storto….. Abbondanza capì che la sua rabbia cresceva alimentata dal piacere che provava nel pensare di poterle fare del male senza limiti, la sua coscienza impreparata a tanto odio, rancore, a tanta cattiveria gratuita da cui lui traeva una folle felicità,  ne fù assalita, circondata, stupita per quella rabbia sorda, cattiva, velenosa, per quella sua voglia  di fare male per goderne,  qualcosa che le levava l’aria e la soffocava con il suo puro senso maligno ed il suo odio velenoso; capì che lui voleva sfogarsi far uscire quel mostro che aveva dentro e che finora aveva tranquillizzato e represso ma che ora sentiva crescere inarrestabile alimentato dalla sua voglia di fare sesso provando dolore in cambio del suo più intimo piacere e questa voglia cresceva sempre più intensamente sempre più terribilmente, era come un grosso serpente che ormai aveva circondato la  sua coscienza stringendola tanto da quasi impedirle di respirare, di pensare, imprigionando la sua volontà rubandole ogni forza, ogni alito vitale, mentre ormai avvolto intorno alla sua anima continuava a  stringere schiacciandola e stritolandola sempre di più …, di più …, di più…
“Lasciami, lasciami ….- gridò divincolandosi Abbondanza disperatamente – lasciamiiii “ gridò ancora con tutta la forza che aveva. Lui continuava incurante, anzi la sua ribellione gli dava più piacere ed il piacere più voglia e più forza per trattenerla, per cercare di allargarle le gambe e di incominciare fare quello che il mostro che aveva dentro di sé lo invogliava a fare. Lei cercò qualcosa che l’aiutasse, sentì il portacenere vicino al cambio pieno di mozziconi e cenere, lo prese e glielo lanciò in faccia accecandolo. Poichè lui ancora la tratteneva per un braccio mentre cercava di pulirsi gli occhi accecati dalla cenere, lei gli morse con tutta la forza che aveva il braccio e lui urlo staccandosi e colpendola con un manrovescio. Lei non si curò del dolore ma apri velocemente la portiera e scivolò a gattoni dal sedile fino a terra. Da li, alzandosi i pantaloni, e mettendosi velocemente in piedi, incominciò a correre più che poteva, lasciando andare le scarpe con il tacco pensando solo che doveva andare via, via il più presto possibile da lui, terrorizzata dal male gelido e terribile che la stava stringendo e soffocando e che lui aveva dentro di se.
Continua domani
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