Tumgik
#il tempo abitato
eclissarsi · 7 months
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Un po’ mi dispiace che Tumblr non sia più così utilizzato, alla fine anche le persone da cui meno te lo saresti aspettato ai tempi riuscivano tramite foto, gifs, video o testi ad esprimere ciò che forse non avrebbero ammesso a nessuno, ad ammettere di avere anch’essi una sensibilità. Persino i profili solo Aesthetic secondo me potevano risultare utili, alla fine condividendo ciò che si apprezza si può creare anche un luogo ideale, seppur virtuale. Si può condividere e possiamo trovare persone a cui piacciono le stesse cose. Anche se mi sento un po’ vecchia a 25 anni a stare qui a scrivere questi pensieri scombinati, lo penso davvero, penso davvero che forse anziché indebolirci questo ambiente ci abbia fatto vedere il peggio e ce l’abbia fatto attraversare passandoci dentro. Qui non avevamo paura di mostrare i nostri punti deboli, il confronto era sempre interessante, e invece mia sorella per esempio (come tutte le adolescenti) passa ore a scrollare i video di tik tok, creandone a sua volta ma solo per mostrarsi come non è. Chissà se tornerà Tumblr, il tumblr abitato, non stracolmo di porno e profili bot. (Che poi il porno ci sta, ma mi manca poter parlare con qualcuno senza secondi fini)
Secondo voi? Parlo a chi è qui da molto tempo, come me.
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fuoridalcloro · 11 days
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Credo avessi ragione quando dicevi che c’è un tempo per ogni cosa. Purtroppo è vero, c’è solo quel tempo, prima è troppo presto e dopo è troppo tardi.
Oggi c’è solo il tempo non vissuto che è rimasto sospeso nell’etere abitato solo da sporadici pensieri, a volte sogni, a volte rimpianti, troppo spesso nostalgia.
Il tempo non vissuto è una macchia sull’anima che non va via perché è lei che ci aveva rincorsi nei misteriosi labirinti della vita ed è lei che ci aveva raccolti di nuovo tra gli ingranaggi dei secoli.
Dovevamo ascoltarla, credere alla sua flebile voce, non dovevamo lasciare che il frastuono della vita le spegnesse il fiato perché l’anima sussurra piano ma non smette mai. La mia parla solo di te.
-Giulia Torelli-
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spettriedemoni · 7 months
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Nino
Nel palazzo dove ho abitato per tanti anni c’era un coinquilino che aveva lavorato per anni anche in ospedale come una sorta di factotum. Spesso anche mia madre si faceva aiutare da lui per riparare tubi, lavandini, lavatrice.
Mi faceva ridere sempre con quel suo umorismo sarcastico e un po’ burbero. Aveva sempre la battuta pronta e la sigaretta in mano.
Aveva due figli, due gemelli, più giovani di me di un anno. Andrea era costretto su una sedia a rotelle e ogni tanto lo portavo in giro per il quartiere. Il fratello Gianluca invece è stato uno dei miei primi amici più stretti.
Nino portava sempre Andrea in giro per centri di riabilitazione ma non è mai riuscito ad alzarsi da quella sedia. Il padre è sempre stato con lui, una presenza costante e sicura. Ho sempre pensato che anche a causa del dolore per la disabilità del figlio lui fosse così sarcastico e pungente nella sua ironia.
Una volta mi ricordo che era venuto a sistemare la lavatrice che non scaricava bene l’acqua. Aveva trovato, dopo diverse imprecazioni e qualche bestemmia, la causa del problema: una moneta da 50 lire finita nel filtro lasciata nella tasca di chissà quale indumento.
Un’altra volta ci aveva sistemato una tapparella e quando l’ho incontrato la sera per chiedergli come era andata mi aveva risposto: «Gliel’ho rimollate tre quattro madonne, ma pare che ora vada», oppure mi vedeva tornare a casa a ora di cena e mi diceva: «Sei tornato eh? Inizia a formicolarti il pancino, vero?» sempre col suo sorriso beffardo.
Ironico e generoso, sempre pronto a salire da noi appena mia madre diceva di avere un problema domestico.
Nino se n’è andato il 14 febbraio, il giorno di San Valentino. Leggendo il suo necrologio mi accorgo che aveva 83 anni ormai. L’ultima volta che l’ho visto stava caricando in auto il figlio Andrea. Era magro ma quella volta mi era parso ancora più magro.
Mi chiedo che ne sarà del figlio adesso che lui non c’è più. Il primo pensiero è stato quello: chi porterà il figlio in questi centri di riabilitazione.
Dopo questo però mi è venuto un altro pensiero, è un altro pezzo della mia vita che se ne va, un altro pezzo di quella che è stata la mia giovinezza tra infanzia e adolescenza.
Improvvisamente mi rendo conto del tempo che è passato e mi sento malinconico.
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anima-ribelle · 3 months
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Tumblr media
“Più dei tramonti, più del volo di un uccello, la cosa meravigliosa in assoluto è una donna in rinascita.

Quando si rimette in piedi dopo la catastrofe, dopo la caduta.
Che uno dice: è finita.
No, non è mai finita per una donna.
Una donna si rialza sempre, anche quando non ci crede, anche se non vuole.

Non parlo solo dei dolori immensi, di quelle ferite da mina anti-uomo che ti fa la morte o la malattia.

Parlo di te, che questo periodo non finisce più, che ti stai giocando l'esistenza in un lavoro difficile, che ogni mattina è un esame, peggio che a scuola.
Te, implacabile arbitro di te stessa, che da come il tuo capo ti guarderà deciderai se sei all'altezza o se ti devi condannare.
Così ogni giorno, e questo noviziato non finisce mai.
E sei tu che lo fai durare.

Oppure parlo di te, che hai paura anche solo di dormirci, con un uomo; che sei terrorizzata che una storia ti tolga l'aria, che non flirti con nessuno perché hai il terrore che qualcuno s'infiltri nella tua vita.
Peggio: se ci rimani presa in mezzo tu, poi soffri come un cane.
Sei stanca: c'è sempre qualcuno con cui ti devi giustificare, che ti vuole cambiare, o che devi cambiare tu per tenertelo stretto.
Così ti stai coltivando la solitudine dentro casa.
Eppure te la racconti, te lo dici anche quando parli con le altre: "Io sto bene così. Sto bene così, sto meglio così".
E il cielo si abbassa di un altro palmo.

Oppure con quel ragazzo ci sei andata a vivere, ci hai abitato Natali e Pasqua.
In quell'uomo ci hai buttato dentro l'anima ed è passato tanto tempo, e ne hai buttata talmente tanta di anima, che un giorno cominci a cercarti dentro lo specchio perché non sai più chi sei diventata.
Comunque sia andata, ora sei qui e so che c'è stato un momento che hai guardato giù e avevi i piedi nel cemento.
Dovunque fossi, ci stavi stretta: nella tua storia, nel tuo lavoro, nella tua solitudine.
Ed è stata crisi, e hai pianto.

Dio quanto piangete!
Avete una sorgente d'acqua nello stomaco.
Hai pianto mentre camminavi in una strada affollata, alla fermata della metro, sul motorino.
Così, improvvisamente. Non potevi trattenerlo.
E quella notte che hai preso la macchina e hai guidato per ore, perché l'aria buia ti asciugasse le guance?

E poi hai scavato, hai parlato, quanto parlate, ragazze!
Lacrime e parole. Per capire, per tirare fuori una radice lunga sei metri che dia un senso al tuo dolore.
"Perché faccio così? Com'è che ripeto sempre lo stesso schema? Sono forse pazza?"
Se lo sono chiesto tutte. 
E allora vai giù con la ruspa dentro alla tua storia, a due, a quattro mani, e saltano fuori migliaia di tasselli. Un puzzle inestricabile.
Ecco, è qui che inizia tutto. Non lo sapevi?
E' da quel grande fegato che ti ci vuole per guardarti così, scomposta in mille coriandoli, che ricomincerai.
Perché una donna ricomincia comunque, ha dentro un istinto che la trascinerà sempre avanti.
Ti servirà una strategia, dovrai inventarti una nuova forma per la tua nuova te.
Perché ti è toccato di conoscerti di nuovo, di presentarti a te stessa.
Non puoi più essere quella di prima. Prima della ruspa.

Non ti entusiasma? Ti avvincerà lentamente.
Innamorarsi di nuovo di se stessi, o farlo per la prima volta, è come un diesel.
Parte piano, bisogna insistere.
Ma quando va, va in corsa.
E' un'avventura, ricostruire se stesse. 
La più grande.
Non importa da dove cominci, se dalla casa, dal colore delle tende o dal taglio di capelli.

Vi ho sempre adorato, donne in rinascita, per questo meraviglioso modo di gridare al mondo "sono nuova" con una gonna a fiori o con un fresco ricciolo biondo.
Perché tutti devono capire e vedere: "Attenti: il cantiere è aperto, stiamo lavorando anche per voi. Ma soprattutto per noi stesse".

Più delle albe, più del sole, una donna in rinascita è la più grande meraviglia.
Per chi la incontra e per se stessa.
È la primavera a novembre.
Quando meno te l'aspetti...”
Jack Folla
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canesenzafissadimora · 7 months
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E allora devi fermarti. Se in quegli occhi non ci vedi niente, devi fermarti.
Bisogna prima morire in un cuore per poterne amare un altro. Bisogna che il ricordo di un amore diventi sbiadito. Lontano. E in quel ricordo deve scapparti un sorriso, e non una lacrima. Se l’amore lo senti ancora dentro, anche quando le strade si dividono. Anche quando fa male. Devi fermarti. Aspettare la morte. E quella arriva, pian piano. E fatta di lacrime e sorrisi tirati. Di momenti e attimi trascorsi insieme. Lasciare che il tempo si prenda i ricordi, insieme alla rabbia e l’odio, di un amore che è stato. Cercare disperatamente un amore per sopprimerne un altro è una trappola che ci costruiamo giorno per giorno. Non si può scavalcare il dolore, o l’amore che ancora proviamo. L’amore non ti lascia mai in sospeso, o ti uccide, o ti fa vivere. E allora prima che il tuo cuore possa essere abitato, devi sfrattare le ombre, i fantasmi che lo abitano, prima di poter amare un altra volta, il tuo cuore dev’essere disabitato. Ogni piccola stanza deve essere tirata a lucido. Cicatrizzare le porte del cuore, quelle sbagliate, e aprirne altre. E allora si può tornare ad amare, e a vivere dopo essere morti dentro. E quando torni a vivere lo senti . In quei battiti accelerati, lo senti nella mente che non trova deviazioni. Ti lasci prendere la mano dall’amore. Nuovo. Puro. Riprendi i tuoi passi lì, dove si erano fermati, senza più paura, di morire un’altra volta. Perchè sai che dopo la morte c’è sempre la VITA.
Anche in amore.
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cit.
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gcorvetti · 6 months
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Emozioni forti.
Come ho scritto oggi, ed è raro che faccio due post nello stesso giorno, sono andato a Milo, paese dove abitava fino alla dipartita Franco Battiato, oggi che sarebbe stato il suo 79esimo compleanno. Ma aveva una casa anche Lucio Dalla, innamorato del paesaggio e della tranquillità del posto. Il paese ha voluto rendere omaggio ai due artisti commissionando una statua ad uno scultore, di cui ho letto il nome ma che non mi ricordo (abbiate pazienza l'età). Arrivato e sceso dall'auto mi è subito venuto addosso un brano di Franco, si proprio così, il comune ha una cassa da dove escono i brani uno dopo l'altro, sarà per il fatto del compleanno, poi immerso in questa atmosfera magica tra musica e panorama mozzafiato è facile farsi prendere dall'emozione e sono restato due ore, ho anche mangiato e preso il caffè, ad ascoltare e gironzolare intorno alla statua ma anche al paese, molto bello anche se il tempo era nuvoloso e a tratti fresco, se il sole veniva coperto, ma tutto sommato si stava bene. Alcuni scatti, personalmente trovo la faccia di Battiato troppo seria, lui era uno molto ilare, va bè.
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Poi quando ho deciso che era stato abbastanza e l'orario era ancora presto ho pensato scendo ad Aci Trezza, ma si mi vado a prendere una granita, tanto cosa ho da fare di così importante, niente. Mangiata sta granita (alle mandorle) e fatto meditazione tra gli scogli, ho pensato che era ora di chiudere un cerchio, lasciare andare quel passato se pur bello, volendo vedere che fine ha fatto la casa dove abitavo, si perché nella mia vita ho abitato 3 anni ad Aci Trezza (con tanto di residenza) dal 93 al 96, mi sono avvicinato alla salita, perché venivo dalla scogliera, con circospezione come fanno i gatti quando sono diffidenti e da lontano ho notato che è stato costruito un balcone dove io di solito mettevo il vespone e dove c'era questa grande porta a tre ante, la porta c'è ancora. Seduto sul questo balconcino c'era un signore anziano, mi sono fermato a qualche metro e l'ho salutato "Salve", lui "Salve" ed è tornato al suo foglio di carta. Va bè la faccio breve, gli ho detto che io abitavo la e da li in poi è iniziato un dialogo meraviglioso con sto vecchietto sia sulla casa che sulla mia vita, era curioso cosa ho fatto, nel frattempo è arrivata la figlia e lui tutto contento le fa "Oh, non ricordo il nome, lui abitava qua, sai", quindi la discussione si è inerpicata nelle persone che conoscevamo e che popolavano il vicolo soprattutto d'estate, tutto coincideva, è stato bellissimo. La casa era di mio nonno e quando lui morì venne venduta e i proprietari la divisero in due, il vecchietto, Sergio, è in affitto. Adesso è difficile riavvolgere il nastro e scrivere tutte le cose che ci siamo detti, però è stato bellissimo, anche ora che lo scrivo sento quella gioia, è stata una giornata di emozioni continue, l'ho salutato con la promessa che gli manderò una cartolina dall'Estonia, tanto l'indirizzo lo so, e lui e la figlia quasi piangevano, quando mai un estraneo arrivato dal nulla è così gentile e poi chi manda più cartoline? Io lo farò di sicuro. Quindi vi lascio con un brano del Sommo Franco e parte del testo
"...L'impero della musica è giunto fino a noi Carico di menzogne Mandiamoli in pensione i direttori artistici Gli addetti alla cultura E non è colpa mia se esistono spettacoli Con fumi e raggi laser Se le pedane sono piene Di scemi che si muovono..."
youtube
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clo-rofilla · 6 months
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Caro diario segreto, quick updates della mia vita da adulta in questo mondo di m.... adulti (warning ⚠ parolacce a seguire):
- Ho fatto una sfuriata al geometra dicendogli che ero INCAZZATA NERA (sic), grazie alla quale ha decurtato 4k dalla sua ultima fattura (piccola vittoria in una guerra che comunque ha vinto lui, eh, figuriamoci)*
- a lavoro mi stanno finalmente dando la promozione che aspetto da oltre un anno ma con un job title che NON MI PIACE, sono piccolezze ok ma io ne avevo proposto un altro che mi piaceva molto di più e sono, come sopra, incazzata nera
- la banca SI È PERSA UN MIO BONIFICO, ora voi spiegatemi come cazzo è possibile che una banca lo abbia fatto con tutti i crismi del caso contabile e codice di tracciamento e tutto e l'altra, del ricevente, "non lo trovi", e in due stiamo perdendo da UN MESE un sacco di tempo dietro a questa cosa e alle banche maledette e dove cazzo sono i miei soldi e niente: sono, come sopra e come sopra ancora, incazzata nera
- se un altro passante che vede me o Matteo alle prese con Dakota si azzarda a dire cose come "poverina ma cos'ha, paura?" o simili, io gli mollo un pugno in testa. SI HA PAURA OK LO SAPPIAMO STIAMO DILAPIDANDO STIPENDI CON UNA EDUCATRICE CINOFILA e quel cristiano si sveglia alle 6.30 ogni giorno per portarla nel bosco lontano dal centro abitato dove non c'è nessuno SE VOLETE FATELO VOI oppure vi imparate a farvi i cazzi vostri per strada come noi ci facciamo i nostri OK?!?!?!
- il mio colon irritabile si è irritato (forse perché in questo periodo sono ansiata e incazzata nera!!!!????? chissà....) e se gli antispastici non funzionano io torno dal dottore e mi faccio dare le benzodiazepine BASTAHHHHHH mi ha scassato pure sto cazzo di colon ve lo regalo chi lo vuole se lo pigli io sono PIENAH 🔫🔫🔫
Però:
- Dakota sta pian piano (molto piano) migliorando 🤞🏻
- Oggi mi hanno detto che a fronte del nuovo ruolo l'azienda accetta di spesarmi trasferte nella branch a Parigi (WHAT?!!!!), e non solo una volta al mese come avevo proposto io senza nutrire grandi speranze (!!!!!!) MA ADDIRITTURA OGNI DUE SETTIMANE. OGNI - DUE - SETTIMANE - A PARIGI - NON SO SE STATE CAPENDOOOO???!!!
Io no, infatti non ci credo fino a che non me lo scrivono da qualche parte e timbrano col sangue perché oh, sto mondo di adulti è una cazzo di fatica continua, ma quando e dove ho firmato per farne parte?
P.S. Non avevo mai fatto sfuriate a fornitori nella mia vita privata quindi nonostante tutto consentitemi di essere anche un po' proud of myself :')
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ladomusdiafrodite · 1 month
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Più dei tramonti, più del volo di un uccello, la cosa meravigliosa in assoluto è una donna in rinascita.
Quando si rimette in piedi dopo la catastrofe, dopo la caduta.
Che uno dice: è finita.
No, non è mai finita per una donna.
Una donna si rialza sempre, anche quando non ci crede, anche se non vuole.
Non parlo solo dei dolori immensi, di quelle ferite da mina anti-uomo che ti fa la morte o la malattia.
Parlo di te, che questo periodo non finisce più, che ti stai giocando l'esistenza in un lavoro difficile, che ogni mattina è un esame, peggio che a scuola.
Te, implacabile arbitro di te stessa, che da come il tuo capo ti guarderà deciderai se sei all'altezza o se ti devi condannare.
Così ogni giorno, e questo noviziato non finisce mai.
E sei tu che lo fai durare.
Oppure parlo di te, che hai paura anche solo di dormirci, con un uomo; che sei terrorizzata che una storia ti tolga l'aria, che non flirti con nessuno perché hai il terrore che qualcuno s'infiltri nella tua vita.
Peggio: se ci rimani presa in mezzo tu, poi soffri come un cane.
Sei stanca: c'è sempre qualcuno con cui ti devi giustificare, che ti vuole cambiare, o che devi cambiare tu per tenertelo stretto.
Così ti stai coltivando la solitudine dentro casa.
Eppure te la racconti, te lo dici anche quando parli con le altre: "Io sto bene così. Sto bene così, sto meglio così".
E il cielo si abbassa di un altro palmo.
Oppure con quel ragazzo ci sei andata a vivere, ci hai abitato Natali e Pasqua.
In quell'uomo ci hai buttato dentro l'anima ed è passato tanto tempo, e ne hai buttata talmente tanta di anima, che un giorno cominci a cercarti dentro lo specchio perché non sai più chi sei diventata.
Comunque sia andata, ora sei qui e so che c'è stato un momento che hai guardato giù e avevi i piedi nel cemento.
Dovunque fossi, ci stavi stretta: nella tua storia, nel tuo lavoro, nella tua solitudine.
Ed è stata crisi, e hai pianto.
Dio quanto piangete!
Avete una sorgente d'acqua nello stomaco.
Hai pianto mentre camminavi in una strada affollata, alla fermata della metro, sul motorino.
Così, improvvisamente. Non potevi trattenerlo.
E quella notte che hai preso la macchina e hai guidato per ore, perché l'aria buia ti asciugasse le guance?
E poi hai scavato, hai parlato, quanto parlate, ragazze!
Lacrime e parole. Per capire, per tirare fuori una radice lunga sei metri che dia un senso al tuo dolore.
"Perché faccio così? Com'è che ripeto sempre lo stesso schema? Sono forse pazza?"
Se lo sono chiesto tutte.
E allora vai giù con la ruspa dentro alla tua storia, a due, a quattro mani, e saltano fuori migliaia di tasselli. Un puzzle inestricabile.
Ecco, è qui che inizia tutto. Non lo sapevi?
E' da quel grande fegato che ti ci vuole per guardarti così, scomposta in mille coriandoli, che ricomincerai.
Perché una donna ricomincia comunque, ha dentro un istinto che la trascinerà sempre avanti.
Ti servirà una strategia, dovrai inventarti una nuova forma per la tua nuova te.
Perché ti è toccato di conoscerti di nuovo, di presentarti a te stessa.
Non puoi più essere quella di prima. Prima della ruspa.
Non ti entusiasma? Ti avvincerà lentamente.
Innamorarsi di nuovo di se stessi, o farlo per la prima volta, è come un diesel.
Parte piano, bisogna insistere.
Ma quando va, va in corsa.
E' un'avventura, ricostruire se stesse.
La più grande.
Non importa da dove cominci, se dalla casa, dal colore delle tende o dal taglio di capelli.
Vi ho sempre adorato, donne in rinascita, per questo meraviglioso modo di gridare al mondo "sono nuova" con una gonna a fiori o con un fresco ricciolo biondo.
Perché tutti devono capire e vedere: "Attenti: il cantiere è aperto, stiamo lavorando anche per voi. Ma soprattutto per noi stesse".
Più delle albe, più del sole, una donna in rinascita è la più grande meraviglia.
Per chi la incontra e per se stessa.
È la primavera a novembre.
Quando meno te l'aspetti...
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#me
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la-fabbrica · 8 months
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Crossover NicolaCava/LaFabbrica
NC: Arrivo al Seventyfive Cafè già pieno di gente verso le otto aemme e dietro il bancone c'è la Giuliana molto impegnata. Aspetto che mi prepari il caffè, mentre cerco di ignorare i discorsi di quelli che stanno lì intorno, specie del tipo che sta raccontando di aver pagato una serie di bollette di Equitalia. Il caffè arriva e va giù, quindi mi sposto verso la cassa e aspetto che la Giuliana abbia il tempo di farmi pagare. Pago anche il caffè di Calice e la Giuliana mi comunica che farà un solo scontrino per un solo caffè perché fuori c'è la finanza. Di solito quando fanno lo scontrino (e lo fanno sempre) lo butto subito nel rusco ma non stamattina. Esco, salgo sul Fiorino a nafta e nello specchietto vedo che il finanziere, un ragazzo alto un metro e un tappo, si avvicina e mi fa segno di abbassare il vetro, mostrandomi il tesserino. Mi chiede cosa ho preso e io rispondo - un caffè - e naturalmente vuole vedere lo scontrino che tiro fuori dalla tasca. Gli fa una foto, mi saluta e io riparto per il Piccolo H.
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E da questo ripartono i ricordi.
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LF: anche forzando la memoria fino all'ultimo neurone, riesco a ricordare solamente che si chiamava Lorenzo. Il cognome non ce la faccio proprio a farmelo tornare in mente. Dato che alla fabbrica si producevano alcolici, c'era in pianta stabile la presenza di un buon numero di finanzieri inteso come Guardia di Finanza. La GDF. Lorenzo era appunto uno di loro.
Fu lui a spiegarmi cosa significasse realmente l'acronimo. Il vero significato di quelle tre iniziali era niente meno che Guastatori di Fica. Niente di strano considerato che quelli della GDF sono dei militari e per contratto credo che debbano essere obbligati a utilizzare un linguaggio di questo tipo anche dopo i venticinque anni. Di età anagrafica e non di lavoro, si intende.
Lorenzo era di Palo Del Colle e per poter trovare un lavoro si era sradicato dalla sua terra d'origine ed era salito a Bologna e dopo aver abitato per un po' nella caserma di viale Masini, si era sposato e mi pare che avesse una figlia o due ed era andato ad abitare non so dove con la famiglia.
Era ovviamente molto simpatico e per il linguaggio e il modo di fare, avrei detto non solo che non era della Guardia di Finanza ma che fosse del tipo di quelli che di solito la Guardia di Finanza va a cercare per metterli in galera. Naturalmente era solo un atteggiamento, proprio come quello del maschio guastatore di fica.
In effetti Lorenzo era molto amico di Luigi B che si era trasformato, nel giro di qualche anno da quando l'avevo conosciuto, dal più bel ragazzo della Sala Confezioni, concupito dalla maggior parte delle operaie e anche da qualche impiegata, in una specie di macchietta gayosissima.
Collego questa sua trasformazione all'arrivo alla fabbrica di Gino G che fin da subito aveva fatto capire a tutti di essere gay ma in maniera piuttosto timida. E se dopo il loro incontro Luigi B si era trasformato da etero a gay, il buon Gino G si era trasformato da gay timido a gay orgoglioso senza paura di esserlo.
Sto parlando degli anni ottanta e novanta e non è che essere o dirsi gay allora fosse facile, dato che non lo è nemmeno oggi. Infatti in fabbrica lo pigliavamo tutti per il culo, metaforicamente parlando, tranne appunto Luigi B.
Penso che sia stato il loro rapporto di amicizia a farmi capire che testa di cazzo che fossi, e a maturare un diverso atteggiamento verso l'omosessualità.
All'improvviso in fabbrica c'erano due persone che non avevano nessun problema ad atteggiarsi e a dirsi gay.
E poi c'era questo rapporto di amicizia strettissima tra Luigi B e Lorenzo che ne ribaltava gli atteggiamenti maschilisti da GDF.
C'era poi un altro collega di Lorenzo, un ragazzo napoletano di corporatura molto robusta al punto che lo si poteva definire obeso senza offesa per nessuno, che aveva un hobby molto particolare al di fuori delle ore di lavoro nella GDF.
Lui aveva una vecchia Uno bianca come quelli della banda della Uno Bianca, ma non la usava per rapinare o per ammazzare.
Si limitava a percorre la grande velocità i viali di Bologna, e arrivato nei pressi di un semaforo verde, dopo essersi assicurato di avere un cogliene dietro attaccato al paraurti, inchiodava improvvisamente e senza nessun motivo che non fosse quello di truffare l'assicurazione.
Naturalmente il coglione attaccato dietro lo tamponava più o meno pesantemente e lui in ogni caso si comportava come se lo avessero asfaltato con un autotreno.
Immagino che così, oltre a far su un po' di soldi all'assicurazione del coglione attaccato dietro, ne approfittasse per mettersi in malattia ed evitarsi qualche giorno di lavoro.
D'altra parte, ognuno si sceglie i modi per passare il tempo che preferisce.
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unbiviosicuro · 7 months
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ci sono ragioni per cui voglio che il tempo passi in fretta e altre per cui vorrei che ogni giorno fosse estremamente lento per assaporarlo tutto. vado a correre. mi rendo meno conto della fatica se nel mentre mi metto a sognare ad occhi aperti, anche se poi mi sgrido perché non dovrei, perché poi non succede. conosco il quartiere come le mie tasche, ma è abitato solo dai miei pensieri, perché lo attraverso puntualmente sola e tutte le cose che penso restano dentro di me. sono giorni che penso almeno una volta nel corso della giornata che vorrei piangere tantissimo, ma che non ci riesco da quasi due mesi. non per qualcosa in particolare, solo un po' per tutto e per niente, anche per le cose belle come la canzone dei Carpenters che mi ha messo in playlist. anche per le cose brutte che non voglio nominare e che vomito in un vocale di sette minuti a mia madre, tornando bambina esattamente per quel lasso di tempo
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crazy-so-na-sega · 10 months
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dal patrimonio all'impegno, l'Europa dei nostri figli
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L’Europa non è l’appendice vassallizzata di un Occidente posto sotto il geloso dominio di una superpotenza dagli ideali messianici, convinta di dover portare al mondo i benefici dei suoi presunti valori universali. Né è la penisola di un’Eurasia il cui baricentro sarebbe situato alla periferia degli Urali.
L’Europa non è il culmine di una storia vergognosa che dovrebbe essere cancellata, o addirittura sfigurata, per imporre ai suoi eredi il plumbeo velo di un pentimento mortale. Né è la nave dei folli, guidata dai profeti allucinati e deliranti della “decostruzione”, intenzionati a minare le basi antropologiche che garantiscono la crescita e la conservazione delle culture, delle società e dei popoli.
L’Europa non è un insieme di terre sfigurate, una natura devastata in nome di imperativi di crescita illimitata branditi per sostenere politiche miopi. Non è tanto meno la fuga da ogni logica di potere, in nome delle fantasie di un’ecologia poco compresa.
L’Europa non è un corteo di tecnocrati incaricati di nutrire “il più freddo dei mostri freddi”, come un signore senza volto che spoglierebbe i suoi vassalli delle loro prerogative con meticolosa autorità, ma si dimostrerebbe incapace di assicurarne la difesa. L’Europa non è l’Unione Europea.
L’Europa è qualcosa di completamente diverso e molto più di tutto questo. È allo stesso tempo un'eredità antichissima e la prefigurazione del futuro delle persone che la incarnano.
L’Europa è uno spazio geopolitico abitato da millenni da un gruppo di popoli strettamente imparentati. Nonostante la violenza dei conflitti che hanno tessuto il tessuto eroico e tragico della loro storia comune, questi popoli condividono lo stesso patrimonio di civiltà, forgiato da una lega di elementi etnici che non hanno subito variazioni, sulla scala del continente, dall’inizio del l'età del bronzo, duemila anni prima dell'era cristiana. L'espansione celtica, l'alba greca del pensiero, l'ascesa dell'imperium romano , la renovatio imperii carolingia e germanica , il ritorno alle fonti perenni del genio antico al tempo del "Rinascimento", il risveglio della coscienza identitaria degli europei popoli della metà del XIX secolo , tutti questi fenomeni apparentemente molto diversi costituiscono in realtà l'espressione polifonica dello stesso genio europeo, espresso in forme diverse e costantemente rinnovate, sia negli ambiti politico, filosofico e artistico che scientifico e tecnologico. , da persone provenienti dallo stesso crogiolo. Ma il cataclisma del “secolo 14” venne a scuotere questo edificio di civiltà. Ancor più della distruzione e delle immense perdite che causarono, le due guerre mondiali portarono gli europei a dubitare pericolosamente di se stessi. Spesso accecati da ideologie tese a fare tabula rasa del passato in nome di un cosiddetto “senso universale della storia”, i nostri popoli devono oggi uscire dal letargo in cui lo ha gettato il materialismo consumistico degli ultimi decenni.
Perché non siamo solo eredi: questa eredità ci obbliga! Ora ci chiama all'impegno totale, per affrontare le sfide dei tempi con lucidità e determinazione. La posta in gioco è colossale: i popoli europei devono oggi scegliere tra la cancellazione definitiva o la volontà di realizzare il proprio destino storico, pur continuando ad affermare liberamente la propria identità e sovranità sullo spazio continentale dove si è radicato il loro genio più di cinquemila anni fa. In questo contesto ciascuno di noi può scegliere di arrendersi, sforzarsi di conservare cautamente un tiepido e più o meno comodo compromesso, o al contrario restare attivamente fedele a “ciò che siamo”, in tutti gli ambiti della vita e dell'esistenza, per poter “vivere da europeo”. Questa scelta e questo impegno determineranno quale sarà l’Europa dei nostri figli.
Questo è infatti l'appello che lanciamo: l'Europa non è solo la base delle nostre patrie, cioè la “terra dei nostri padri”; deve anche diventare, secondo le parole di Nietzche, la “terra dei nostri figli”. L’Europa è mito e destino, memoria delle origini e desiderio costantemente rinnovato di riconnettersi con la grandezza originaria. È il luogo dove il genio dei popoli europei ha eretto i megaliti di Stonehenge, le colonne del Partenone, le navate delle cattedrali, e ha progettato i canti omerici, la musica polifonica, la fisica quantistica e il razzo Arianna. Ovunque in Europa sta sorgendo una nuova generazione, consapevole delle proprie radici, della propria identità, della propria appartenenza a una civiltà comune. Di fronte a sfide senza precedenti, tocca oggi realizzare una vera “rivoluzione conservatrice”, intesa a liberare le menti dalle catene ideologiche che le ostacolano. Questa è la strada verso le “grandi risorse”, preludio a un nuovo rinascimento che porterà i popoli d’Europa a riprendere insieme il pieno controllo del proprio spazio geopolitico. L’Europa è il gusto del potere ritrovato, dell’orgoglio dei popoli e delle nazioni, trasceso dalla coscienza di servire un interesse più alto, quello della nostra civiltà.
-Henri Levavasseur
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istanbulperitaliani · 5 months
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Anadolu Kavağı
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La fonte più importante sulla storia di Anadolu Kavağı è rappresentata dall'opera di Evliya Çelebi, intitolata Seyahatname, che descrive un insediamento costiero abitato da circa 800 famiglie e dotato di un vasto porto capace di ospitare tra le 200 e le 250 navi sia in inverno che in estate.
La sua importanza derivava principalmente dalla posizione strategica, che lo rendeva non solo un centro commerciale ma anche militare, poiché costituiva un punto di accesso al Mar Nero ed era anche un punto di controllo di frontiera e doganale.
Anadolu Kavağı è tuttora abitato principalmente da pescatori e, fino a poco tempo fa, la caccia al pesce spada costituiva la principale fonte di sostentamento per le famiglie locali. Tuttavia, è importante notare che la quantità di pesce spada è sensibilmente diminuita rispetto al passato.
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Dal punto di vista storico, Anadolu Kavağı ha una ricca tradizione che risale all'epoca bizantina, quando la sua posizione strategica lo rendeva un importante avamposto difensivo lungo il Bosforo. Nel XIV secolo, durante il periodo dell'Impero Bizantino, il Castello Yoros fu costruito dai Genovesi proprio per consolidare il controllo sulla zona e proteggere l'accesso al Mar Nero. Nel corso dei secoli, il castello ha subito diverse modifiche e ampliamenti, riflettendo i cambiamenti di potere e le esigenze militari della regione. Durante l'era ottomana, il castello continuò a svolgere un ruolo chiave nella difesa della città di Istanbul. Oggi, il Castello Yoros rappresenta non solo un importante sito storico, ma anche un simbolo della ricca eredità culturale della regione.
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seulementpourv · 3 months
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Eppure Sabato era solo ieri. Ricordi, pensieri, desideri, sogni. Tutto precipita e si ferma in un battito , un istante . Cosi, in silenzio … il tempo incredulo si è fermato ad osservarci. Oggi , l’amore fatto  di piccole cose, …gesti…parole, sguardi impossibili o semplici silenzi, rinnova il suo monito, ricordandoci la magia del nostro incontro. Ho abitato tanto tempo in quel posto dove i ricordi vivono formandosi solo a due, si chiama cuore, al riparo dagli sguardi curiosi e invidiosi della gente. Sono sopravvissuto senza di te, senza chiedere, senza volere, incorniciando sogni dipinti nel tempo che mi hanno permesso di arrivare sin qui..!! Ho vissuto di te nuovamente,... e solo di te , di ogni attimo, di ogni respiro,…come la notte, nel suo vorticoso rincorrere il sole per potersi riposare, lasciandoci così vivere il giorno, come se fosse l’ultimo…come fosse il primo. Ed ora sai, sai che forse nel debole essere, la paura dell'abbandono non è più dolore incomprensibile, ...ma la struggente consapevolezza del sopravvivere, senza poter sognare e volare. Cosi, in silenzio oggi … il tempo incredulo si è fermato ad osservarci.
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anchesetuttinoino · 3 months
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“Case occupate? Ho visto gente piangere”. Una Rita Dalla Chiesa affranta e arrabbiata al tempo stesso commenta le parole di Ilaria Salis e degli ospiuti in studio da Nicola Porro a “Quarta Repubblica”. La discussione sulla rivendicazione dell’occupare abitazioni popolari come lotta politica sta scatenando polemiche ogni giorno di più. “Non sempre quel che è giusto è legale”, è stata una delle prime dichiarazioni dell’ europarlamentare di Avs. In studio ra gli ospiti del talk del lunedì sera di Rete 4 c’è Annamaria Addante, presidente dell’associazione inquilini e proprietari Ater Roma, che incalza: “La legalità non significa prendere qualcosa a un altro che ha più diritto di te ad averla. Questa è rapina!”.
Salis e le case da occupare: la rabbia di Rita Dalla Chiesa
A difendere la Salis c’è un agguerrito Piero Sansonetti: “Vai a denunciare la Salis – la provoca il direttore dell’Unità -. Perché ce l’hanno con lei? Sai quanti deputati hanno una condanna definitiva? Non ha carichi pendenti in Italia, non ha denunce né condanne. Se mi porti la prova che ha commesso una illegalità ne discutiamo”. Una posizione che che fa perdere la calma al conduttore e non solo. Rita Dalla Chiesa è incredula: “Io credo sia sbagliato anche stare qui a parlarne. Per molti anni ho parlato di case abusive:  ho sentito storie, visto lacrime di gente che aveva impiegato tutta la vita per mettere in piedi una casa. E poi gli è stata occupata e nessuno ha fatto nulla”. La parlamentare di FI e popolare conduttrice ha poi fatto notare una strana coincidenza che ha riguardato Ilaria Salis.
Secondo lei l’ex insegnante avrebbe portato alla luce il tema delle case libere solamente dopo che si è saputo della sua occupazione abusiva. “La Salis non ha puntato i fari sul problema delle case. Siamo venuti a scoprire che lei aveva occupato abusivamente una casa e da allora  ha tirato fuori questa cosa delle case libere”. In trasmissione ci sono molti nervi scoperti, in primis quelli di Amedeo Ciaccheri di Alleanza Verdi Sinistra che zittisce in malo modo la Addante: la presidente dell’associazione inquilini e proprietari Ater Roma non avrà il tempo di intervenire in quanto blocccata da Ciaccheri. Il tutto mentre Porro mandava in onda un reportage inequivocabile sul modus operandi della Salis.
Il reportage di “Quarta Repubblica” sulle case occupate da Ilaria Salis
Concetta, storica residente del palazzo in zona Navigli in cui ha abitato l’attuale esponente di Alleanza Verdi e Sinistra ha rilasciato dichiarazioni agli inviati di “Quarta Repubblica”:  L’ex vicina ha affermato che in quello stabile la Salis avrebbe abitato in due diversi appartamenti in due scale differenti: uno al secondo piano della Scala E e poi al piano terra nella scala A. “Lei era qui già quando sono arrivata io nel 2010”, racconta, e nella seconda casa “è stata per tutto il tempo direi”. E dal servizio si ricava che non è l’unica a ricordarla.  “Un conto è essere in ritardo con gli affitti. Un’altra è che tu, scientemente, tra l’altro pur essendo di famiglia benestante, mi vai ad occupare una casa”. Il rappresentante di Avs perde il senso dell’equilibrio e aggredisce Vannacci, ospite in collegamento: il generale aveva affermato banalmente che le leggi vanno rispettate, mentre Ciaccheri gli ha dato dell’antidemocratico. In questo delirio anche Porro ha perso la pazienza.
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gimmigezz · 1 year
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IL 26 APRILE 1937 I NAZIFASCISTI BOMBARDARONO GUERNICA RADENDOLA AL SUOLO E UCCIDENDO CENTINAIA DI CIVILI
 “Giunsi a Guernica alle 16 e 40 del 26 aprile. Feci appena in tempo a scendere dall’automobile che cominciarono a piovere le bombe. La gente era terrorizzata. Scappava abbandonando le bestie al mercato. I bombardamenti proseguirono fino alle 19 e 45. Per tutto questo tempo non ci furono nemmeno cinque minuti senza che il cielo non nereggiasse di aerei tedeschi. Scendevano a bassissima quota, le mitragliatrici devastavano i boschi e le strade, ai cui lati si stringevano donne, vecchi e bambini. Presto si levò un fumo denso che impediva di vedere oltre 400-500 metri. La città era avvolta dalle fiamme. Ovunque si levavano lamenti e la gente terrorizzata si inginocchiava alzando al cielo per implorare la protezione divina…Nella mia qualità di sacerdote cattolico io dichiaro che non si sarebbe potuto infliggere oltraggio più grande alla religione del Te Deum cantato in onore di Franco nella chiesa di Guernica, che era stata miracolosamente salvata dall’eroismo dei pompieri di Bilbao.”Con queste parole padre Alberto Onaida, agente diplomatico ufficioso delle Province basche a Parigi, descrive il bombardamento della città di Guernica operato dalla Legione Condor lunedì 26 aprile 1937. A guidare l’unità militare tedesca, mandata in appoggio ai soldati franchisti durante la Guerra Civile, Wolfram Von Richthofen, cugino del celebre “Barone Rosso”.I piloti al suo comando, insieme a quelli dell’Aviazione Legionaria, parte del contingente “volontario” che Mussolini aveva mandato in aiuto dell’amico Franco, uccisero un numero di persone compreso tra le 150 e le 1.500 (i dati a disposizione sono diversi) e distrussero completamente buona parte del centro abitato. L’attacco organizzato in tre ondate si dimostrò particolarmente devastante e a nulla servirono i modesti rifugi antiaerei approntati dalla popolazione. Va ricordato che Guernica all’epoca era piena di profughi che fuggivano dinanzi all’avanzata delle truppe di Franco. Si trattò di un esperimento che i tedeschi utilizzarono per capire quali conseguenze avrebbe avuto un bombardamento di quel tipo. Un “piccolo” antipasto di quello che poi avrebbero fatto durante la Seconda guerra mondiale. L’evento come si sa fu immortalato per sempre nella celebre opera di Picasso.
Cronache Ribelli
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canesenzafissadimora · 11 months
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E allora devi fermarti. Se in quegli occhi non ci vedi niente,
devi fermarti.
Bisogna prima morire in un cuore per poterne amare un altro. Bisogna che il ricordo di un amore diventi sbiadito. Lontano. E in quel ricordo deve scapparti un sorriso, e non una lacrima. Se l’amore lo senti ancora dentro, anche quando le strade si dividono. Anche quando fa male. Devi fermarti. Aspettare la morte. E quella arriva, pian piano. E fatta di lacrime e sorrisi tirati. Di momenti e attimi trascorsi insieme. Lasciare che il tempo si prenda i ricordi, insieme alla rabbia e l’odio, di un amore che è stato. Cercare disperatamente un amore per sopprimerne un altro è una trappola che ci costruiamo giorno per giorno. Non si può scavalcare il dolore, o l’amore che ancora proviamo. L’amore non ti lascia mai in sospeso, o ti uccide, o ti fa vivere. E allora prima che il tuo cuore possa essere abitato, devi sfrattare le ombre, i fantasmi che lo abitano, prima di poter amare un altra volta, il tuo cuore dev’essere disabitato. Ogni piccola stanza deve essere tirata a lucido. Cicatrizzare le porte del cuore, quelle sbagliate, e aprirne altre. E allora si può tornare ad amare, e a vivere dopo essere morti dentro. E quando torni a vivere lo senti . In quei battiti accelerati, lo senti nella mente che non trova deviazioni. Ti lasci prendere la mano dall’amore. Nuovo. Puro,. Riprendi i tuoi passi lì…. dove si erano fermati, senza più paura, di morire un’altra volta. Perchè sai che dopo la morte c’è sempre la VITA.
Anche in amore.
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Davide Bianco
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