Tumgik
#io ci sono pure andata e ed è stata una bella serata anche perché lei adesso se ne va per la magistrale e non la vedrò più
elipsi · 8 months
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now i have to complain a bit about inconsequential shit
#allora. nella nuova residenza mi sono fatta questo gruppetto di amiche (che erano già amiche tra di loro da tanto) e mi trovo anche bene#con un paio non ho tantissima confidenza ma vabbè#una di queste quando a ottobre si era laureata mi aveva invitato all' ultimo alla sua festa di laurea#aveva fatto tipo il gruppo whatsapp con tutti gli invitati due settimane prima mettendo tutte quelle delle gruppetto tranne me#e sinceramente chissene è la sua festa invita chi vuole#ok. due o tre giorni prima mette anche me senza dirmi niente#io ci sono pure andata e ed è stata una bella serata anche perché lei adesso se ne va per la magistrale e non la vedrò più#e quindi ci siamo commossi un po' tutti#durante io le faccio ''ma dai almeno per la mia laurea ci ritroviamo'' e lei tutta commossa che dice ''ah quindi vuoi invitare pure me?''#perché vabbè sa anche lei che non siamo vicinissime#quindi adesso che è ora della mia laurea io le mando un messaggio per chiederle se riesce a venire#e lei lo legge e non mi risponde per tre giorni di fila 😐#ieri sera me ne sono un po' lamentata con le altre del gruppetto che mi hanno detto che fa sempre così si dimentica di rispondere#e stamattina ho visto che mi ha risposto con un tripudio di emoji carine#e adesso mi sta venendo il dubbio che le altre le abbiano detto qualcosa?#e in tutto questo. se non vuole venire per qualsiasi motivo me lo può dire in faccia#così evito pagare 13€ in più al bar per la sua presenza#invece di fare sti giochini di merda.#thoughts? mi sto facendo film mentali?
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blondeannalisa · 3 years
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Pioggia
Ciao, sono Annalisa, oggi sono stata molto fortunata. Può essere lo sia in assoluto. Ma un’ora fa, se qualcuno me l’avesse detto, gli avrei menato. Sto parlando di una cosa di cui magari a voi non frega un cazzo, ma a me sì. E’ stato quando la prof mi ha vista e mi ha detto “Ah, ma se c’è anche lei facciamo tutto stasera”. Le ho risposto che sì, insomma, a dire il vero l’esame era previsto per il pomeriggio successivo, io ero solamente venuta a vedere... Però quando una che ha assoluto potere su di te ti risponde “ma non è detto che domani sera sarà più facile” che fai? Che le dici? Io ho detto “va bene”, avrei voluto vedere voi. Anche se tra me e me pensavo “ma guarda tu sta fija de ‘na mignotta, stai a vedè che per questo esame del cazzo mi rovino la media...”.
 E invece no, è andata benissimo. Mi ha pure fatto i complimenti, mi ha detto “signorina, ce ne fossero come lei...”. E’ una un po’ fissata con il fatto che le donne sono sempre state discriminate a proposito di matematica. Mi è pure sempre stata simpatica anche se, appunto, la materia è un po’ del cazzo. Ma in quel momento l’avrei strozzata.
 Comunque ci siamo rivisti tutti al bar, dopo l’esame. Eravamo in sei, eh? Non è che a matematica ci siano tutte ste frotte di gente agli appelli. Anche i miei compagni, quando hanno saputo l’esito, si sono affrettati a sottolineare “ma che culo, Annalì”. Non nel senso in cui in genere me lo dicono. Intendevano proprio la fortuna. Ahò, ma che cazzo volete? Si vede che avevo studiato.
 Già mi pregustavo i complimenti al mio ritorno a casa, avevo in mano le chiavi della macchina. L’unico vero vantaggio di fare un esame a quest’ora del pomeriggio, per la verità si erano fatte le sette, in questa villa fuori dalla città universitaria, è che si trova parcheggio abbastanza facilmente. E della macchina, oggi, ne avevo proprio bisogno. Perché sono tre giorni che piove a dirotto. Ma forte, eh? E non smette mai. Al massimo rallenta un po’ e poi ricomincia.
 A me non è che la pioggia dia fastidio, anche se la gente comincia già a rompere i coglioni dicendo che un tempo così non c’è mai stato. Ora, a parte il fatto che non è vero, di che cazzo vi stupite? Siamo agli inizi di dicembre, è autunno, piove! Fa il dovere suo. E quando fa 27 gradi a Natale che vi dovete preoccupare.
 Anyway, stavo per salutare e andare via quando a qualcuno è venuta la bella idea di festeggiare a cena. Declinare mi è stato praticamente impossibile, perché sono partiti una serie di appelli molto gentili, del tipo “dai, Annalì, non fare la stronza come al solito” che non me la sono sentita di rifiutare. E’ stata Elena a convincermi. Non tanto per il suo “viene pure Gilberto”, che io ho registrato mentalmente con un sarcastico “ah beh, allora...”, quanto perché ha detto “viene pure Gilberto e offre lui”. Ok, già va meglio. Sto Gilberto è il suo ragazzo ed è impaccato di soldi, suo padre gli ha comprato – non affittato, comprato – una casa dalle parti del Colosseo dove vivono insieme. Voglio dire, io con Gilberto non ci vivrei mai, ma se a lei piace... No, ok, esagero. Sono carini. Una volta mi hanno invitata a una festa da loro ed è lì che ho conosciuto le mie amiche Serena e Giovanna. Almeno questo glielo riconosco, glielo devo. E poi non è che i miei compagni mi stanno sul cazzo. Sono bravi ragazzi. Non li trovo interessanti, d’accordo, ma per una sera...
 L’unico dubbio mi viene al momento in cui mi annunciano la destinazione: “Da Eataly? Cazzo, ma è dall’altra parte della città, con questa pioggia ci sarà un traffico terrificante, non si può fare altrove? Più vicino?”. No, non si può fare, hanno tutti voglia di andare da Eataly. Mi carico in macchina Elena e partiamo. Durante il viaggio si parla del più e del meno. Si vede che lei è molto compresa nel suo ruolo di ragazza-fuorisede-che-convive-con-il-suo-ragazzo-fuorisede e che le piace molto giocare all’adulta. A me pare molto buffa, ma non gliene voglio, anche se quando mi domanda “ma tu ce l’hai il ragazzo, Annalisa?” a me sembra che voglia più che altro sottolineare la nostra differenza di status. Ma forse mi sbaglio.
 No. No, non ce l’ho il ragazzo. Sì, è vero, sarebbe carino avercelo, ma finora non ho trovato nessuno che.. e poi preferisco pensare solo a studiare, ci tengo molto a finire il prima possibile. Sì, ok, d’accordo, ma come mai, tu così carina, eh lo so ma che ci vuoi fare, ogni tanto qualcuno che sembra interessante lo trovo ma poi... sai com’è, vogliono solo quello. Frasi così, chiacchiere sconclusionate che per fortuna si fermano sempre abbondantemente prima di toccare argomenti più scabrosi. Elena non è il tipo da chiederlo e io certo non mi sogno di rivelarle che razza di troia stia in questo momento al volante, figuriamoci.
 Il problema è che, mentre parliamo, all’argomento “ragazzo” inizio a pensarci io, in piena autonomia, tra me e me. E non mi ci vuole poi molto per fare l’upgrade “ragazzo-sesso”. Anche perché son quasi due mesi che non faccio nulla, ma proprio nulla a parte le (poche) avventure in solitario nel mio letto.
 L’ultima volta è stato con Fabrizio, il più classico degli scopa-amici. L’avevo cercato dopo due esperienze che mi avevano lasciata, per usare un eufemismo, parecchio turbata.
 Essere stata beccata a scoparmi uno dentro casa sua dalla moglie, essere stata menata e buttata fuori di casa nuda sul pianerottolo, sempre dalla suddetta moglie, già mi aveva scossa e non poco. Trovarmi un paio di giorni dopo a essere aggredita insieme alla mia amica Serena dentro la Rinascente da un pazzo omofobo era stata la ciliegina sula torta.
 Ero stata io a cercare Fabrizio, a chiedergli se quella sera fosse libero. Senza ipocrisie, tra noi non ce n’è bisogno. Mentre ero a gambe aperte sotto di lui, mi aveva detto “ma quanto sei troia stasera? sei già venuta sei volte”. Appena finito di dirmelo è arrivata la settima. Io lo adoro, Fabrizio. E non solo perché mi scopa benissimo, ma anche per questi particolari. Perché tiene il conto dei miei orgasmi e perché mi chiama troia come un altro in quei momenti mi chiamerebbe amore mio. Io, troia, lo preferisco. Anche perché nessuno mi ha mai detto amore mio. Sì, oddio, quando ero al liceo ogni tanto c’era qualcuno che lo faceva. Di solito dopo che gli avevo fatto un pompino, a volte anche prima. C’è sempre qualcuno che si innamora o pensa di farlo.
 Ma la verità è che quella sera non ero andata da lui perché volessi farmi chiamare troia. E nemmeno perché avessi voglia solo di essere scopata. In realtà avevo voglia di essere scopata prima e abbracciata dopo. Coccolata. Che avete da guardarmi in quel modo? Anche a me piace essere coccolata, sapete? E che cazzo...
 Comunque, l’ultima volta è stata quella, quasi due mesi fa. Poi Fabrizio è partito. Lui lavora in uno studio di progettazione, è ingegnere idraulico o qualcosa del genere. Arabia Saudita, fino a Natale. In realtà, mi ha spiegato, va più che altro a fare il garzone di bottega, altro che ingegnere. Ma pare che sia la prassi. Ci sono rimasta talmente male a sapere che partiva che gli ho estorto – sì, io, proprio  io – un appuntamento per il suo ritorno. In quel momento non avrei proprio voluto che se ne andasse, e fargli promettere che ci saremmo rivisti al suo ritorno mi era sembrato l’unico modo per lenire il dispiacere.
 Così mi sono buttata sulle lezioni, su questo cazzo di esame a dire il vero molto facile, sono stata molte sere a casa, ho visto le mie amiche. Anche Serena, naturalmente. Con la quale però non c’è stato più nulla, da quel punto di vista. Ho fatto la brava, insomma, la bravissima. E volete sapere una cosa? Non ho nemmeno avuto bisogno di sforzarmi tanto. Ecco.
 Solo che, adesso che sto in macchina con Elena e lei mi chiede come mai una come me non abbia un fidanzato che-a-te-i-ragazzi-dovrebbero-correrti-dietro-mamma-mia, penso in effetti quasi due mesi senza combinare nulla di nulla mi sembrano un periodo piuttosto lungo. Tanto lungo da pensare che forse vale la pena di aspettare qualche giorno e raggiungere i due mesi tondi tondi e intanto fare qualche calcolo per cercare di stabilire se sia o meno un record.
 E invece no, un attimo dopo penso che ho voglia, anche se non so esattamente di cosa. Un attimo dopo ancora capisco di cosa ho voglia: ho voglia di farmi riempire la bocca. Sì, un pompino. Di quelli nemmeno troppo delicati. Odore, sapore e dominio incontrastato di un cazzo nella mia bocca. Anzi no, nemmeno questo a dire il vero. Sì, ok, lo so che vi do ai nervi, ma aspettate un momento, cavolo, sto mettendo a fuoco! Un pompino ok, brutale ok. Ma in realtà, quello che voglio è bere. Bere sperma. Ecco. Sì è questo. Ho una formidabile voglia di ingoiare sperma, in questo momento. Anche se so perfettamente che, vista la compagnia, si tratta di una voglia che di sicuro non esaudirò stasera.
 Non lo so, sono confusa. A tutto pensavo tranne che a questo, quando sono uscita di casa.
 - Cosa stai pensando? – mi domanda Elena. Non so nemmeno da quanto tempo la ascolto senza sentire quello che dice.
 - Scusa – le rispondo – stavo pensando che per festeggiare stasera vorrei bere qualcosa di speciale.
 - Per ora c’è solo acqua – commenta lei. La pioggia batte fortissimo, di là dal vetro faccio fatica a vedere le macchine davanti.
 Il “qualcosa di speciale” è alla fine una birra artigianale, anzi due. Ma per il resto non è che la serata sia il massimo della convivialità. Mangiare, si mangia bene, eh? Non fantastico, ma si mangia bene. Però, un po’ perché i miei amici non sono proprio una banda di allegroni, un po’ perché non ci fanno nemmeno accostare i tavolini, la serata è davvero moscia. La mia proposta di vendicarci dei camerieri parlando ad alta voce da un tavolo all’altro e tirandoci le molliche di pane viene, tra l’altro, bocciata. Ho di fronte a me un tipo, Enrico, che d’ora in poi chiamerò “Harry tre parole”, perché in tutta la cena avrà spiccicato tre parole, appunto. Vi lascio immaginare i discorsi e il divertimento. Mi annoio come in una serata passata davanti alla tv a guardare la De Filippi.
 Fortunatamente agli altri tavoli c’è un po’ di turn over, così almeno posso distrarmi con la gente che va e viene. Proprio davanti a me, due postazioni più in là, a un certo punto arrivano due coppie. Non li osservo uno per uno, almeno all’inizio, mi mantengo su una visione complessiva del quartetto, per così dire. Solo che quello che sta proprio di fronte a me, a meno di una decina di metri, mentre si siede mi fissa. E mentre mi fissa viene anche a me da fissarlo. Per reazione, più che altro. Non so dire bene che età abbia, intorno ai trentacinque, direi. Ma è davvero difficile, non ci scommetterei. Sono tutti e quattro vestiti molto casual, con jeans e maglioni. Come me del resto. Qualche secondo dopo volto lo sguardo e vedo che mi sta riservando un’occhiata clandestina, poi si sporge un po’ in avanti per dire qualcosa a quella che presumo sia la sua ragazza e finisce sotto la luce della lampada. Non è per niente male. Che sia alto, asciutto e con le spalle larghe me ne ero accorta prima. Ora posso vedere meglio e suoi riccetti corti e castano-chiari, gli occhi azzurri. E, soprattutto, un sorriso da canaglia.
 “Mica male”, penso rimanendo un po’ imbambolata. Lui muove ancora una volta gli occhi nella mia direzione e si accorge che lo sto osservando. Ricambia. Ehi, ma tu sei un uomo, io sono solo una ragazzina. Te ne dovresti accorgere dai miei occhioni spalancati e dal ditino che porto alle mie labbra fingendo di mordermi un’unghia nervosamente. Una ragazzina un po’ impertinente, d’accordo, visto che col cazzo che abbasso lo sguardo, aspetto che sia tu a farlo. Del resto, è uno dei miei giochi preferiti prendere in castagna uomini più grandi di me che mi lanciano occhiate eloquenti di nascosto dalle loro compagne. Mi diverte da matti.
 Tra una chiacchiera e l’altra con le nostre rispettive compagnie il gioco di occhiate va però avanti più del solito. Così decido di giocare un po’ più pesante. Mi alzo e vado verso la cassa a pagare la terza Menabrea, accentuando impercettibilmente il mio naturale sculettamento. Credo che le forme del mio sedere e i jeans stretti facciano il resto. Quando torno a voltarmi verso di lui avanzo bevendo direttamente dalla bottiglia, fissandolo. Arrivo al mio posto e mi siedo continuando a bere dalla bottiglia. Fissandolo. Non ho staccato gli occhi dai suoi nemmeno per un’istante. Sono sfacciata e mi godo il gioco sino in fondo, proprio sulla soglia dell’eccitazione.
 Purtroppo però l’ora di andarsene arriva troppo presto. E poiché il conto lo abbiamo già pagato prima di mangiare, non ci resta che alzarci, metterci i giacconi e scendere. Il boato di un tuono sottolinea il momento. Oltre le vetrate l’acqua riprende a scendere a secchiate.
 Mi volto un’ultima volta, di nascosto. Lui mi sta osservando ancora e si accorge che lo sto guardando anche io con la coda dell’occhio. Spero che possa vedere il mio sorriso, spero che capisca che mi sono divertita.
 Pianto i miei compagni con una scusa. Anzi due, visto che la prima non basta. “Ciao ragazzi, devo andare al bagno”, “dai ti aspettiamo”, “no, ma poi volevo anche fare un giro a cercare una marmellata di mandarino tardivo per mia mamma”, “ah ok, allora ci vediamo a lezione”, “sì, ci vediamo a lezione, ciao ragazzi”. Mi dirigo verso i bagni e, già che ci sono, faccio pipì, compiacendomi della mia innata capacità di inventare cazzate su due piedi.
 Non è che abbia proprio un programma, mi va semplicemente di continuare il gioco, vedere se funziona ancora con qualcun altro. Sì, è vero, non sono appariscente stasera, ma gli sguardi li ho sempre attirati. E stasera ci ho preso proprio gusto. Voglio attirare sguardi e rispondere agli sguardi, altro che mandarino tardivo.
 L’idea è divertente, la sua realizzazione pratica molto meno. Soprattutto perché non mi si caga nessuno. Tranne uno, in realtà, una specie di sosia di Danny De Vito che è meglio perderlo che trovarlo. La cosa mi indispettisce non poco, come sempre quando va così. Anche perché, ma cazzo, fino a cinque minuti fa funzionava benissimo. Forse proprio per questo decido di fare una cosa che non ho mai fatto. Non da sola almeno. Vado alla birreria, direttamente al bancone, mi siedo su uno sgabello alto e aspetto di essere servita dal ragazzo. Assumo un’aria civettuola perfino con lui, faccio l’oca. Voglio proprio vedere se qualcuno si avvicina.
Vorrei chiarire una cosa: non ho voglia di essere rimorchiata. Non ho voglia di sesso. Sì, lo so che prima in macchina avevo pensato che fare un pompino del tutto senza senso a qualcuno e bere il suo sperma non sarebbe stata per nulla una cattiva idea. Ma quel momento è passato e dopo il gioco degli sguardi con il riccetto, interrotto dagli eventi, la mia immaginazione mi ha portata da tutt’altra parte.
 Comunque niente, eh? Non succede un cazzo nemmeno qui. Dopo un po’ l’unica cosa che mi trattiene dall’andarmene è che fuori è ormai un nubifragio vero e proprio e che io ho lasciato la macchina al parcheggio più lontano, cretina che sono.
 Poi però una cosa succede, cazzo. Succede che il riccetto di poco fa è seduto con la sua ragazza e l’altra coppia su un divanetto della caffetteria, e mi ha vista. E che porco cane la situazione non è esattamente quella di prima, quando stavamo a scambiarci occhiate ognuno al riparo delle proprie compagnie. Manco per niente. Quella che lui sta osservando adesso è una ragazzina bionda con la faccia da adolescente che sta facendo l’oca con il ragazzo delle birre e che  ha in pratica un cartello addosso con su scritto “sono una troietta, che aspettate a farvi avanti?”.
 Non so nemmeno io perché, ma improvvisamente mi sento a disagio, mi vergogno. Cioè, non è proprio vergogna. E’ che il gioco con questo tipo è andato anche troppo avanti, mentre a me questo gioco piace perché è fatto di momenti, sguardi allusivi. A me diverte fare l'oca con gli uomini quando sono in compagnia delle loro donne, è vero. Divertono le piccole provocazioni, mi piace l'ammirazione clandestina che leggo nei loro occhi e godo nel vedere come reagiscono quando si accorgono che non volto la faccia dall'altra parte, che li fisso con un'espressione a metà tra l'ironico e il malizioso che dice "ah, se fossimo soli".
 Quasi mi vergogno a scrivervelo, ma in realtà tutto quello che volevo quando mi sono seduta al bancone era essere abbordata da qualcuno, ma non dal riccetto. Con quello meglio di no, troppo pericoloso per questo tipo di gioco.
 Mi andava solo di fare la troietta idiota, rifiutare le eventuali avances di un tipo qualsiasi, almeno per l’immediato, facendogli però capire che uno di questi giorni sarei stata molto più che disponibile a restare come mamma mi ha fatta davanti a lui, dargli un numero di telefono fasullo e lasciarlo all’asciutto. Per poi tornare a casa e sditalinarmi nel mio letto immaginando come sarebbe stato farmi scopare da lui in centouno modi.
 Scema, vero?  Me l’hanno detto in tanti. In ogni caso, il numero del Servizio di igiene mentale della mia zona è 06 7730 8400. Magari potreste volermi fare un favore e segnalare il mio caso.
 Mi alzo quasi di scatto e imbocco il tapis roulant che scende al primo piano, all’uscita. Nubifragio o non nubifragio è meglio levare le tende.
 Solo che, ecco, chiamatelo intuito femminile o come cazzo vi pare, ma sento di essere seguita, sento una presenza alle mie spalle. Non è che ci sia poi tanta gente su questo tapis roulant, sono quasi certa che se mi voltassi lo vedrei. E questo è il motivo per cui non mi va di voltarmi. Il motivo per cui invece mi volto ve l’ho detto prima: sono scema. E’ così, fatevene una ragione che io me la sono fatta da un pezzo.
 L’occhiata che ci scambiamo per un paio di secondi che sembrano interminabili è completamente diversa da tutte quelle che l’hanno preceduta. La mia è l’occhiata della preda che ha individuato il predatore e che viene assalita dal panico perché non sa dove cazzo andare a nascondersi.
 Chiariamoci: a me piace sentirmi preda. A patto però che il cacciatore lo scelga io. Altrimenti ho delle reazioni che variano dall’indifferenza al vattelapijanderculo, dipende da una serie di fattori. In questo caso il cacciatore non è nemmeno male, ve l’ho detto. Ma non l’ho scelto io.
 Avete presente quando fate una cosa e immediatamente dopo vi chiedete "ma perché cazzo l'ho fatto?". E vi date pure della cretina, perché non è che avete seguito un impulso, manco per niente. Avete pianificato le cose, avevate una strategia. E d'improvviso, puff: ma perché ho fatto una stronzata del genere? E’ esattamente quello che è successo. Lui è dietro di me e, a meno che non si tratti di una coincidenza assurda, si appresta a tirare fuori il gancio per il rimorchio. D'improvviso tutto mi sembra implausibile, inattuabile. Inutile, persino. E anche un po' imbarazzante. Voglio dire, io volevo solo giocare e adesso mi trovo a dovere fare i conti con le conseguenze del mio gioco.
 Non sento il rumore delle porte automatiche che si richiudono. Non so se è a causa del fracasso della pioggia sul selciato o del fatto che qualcuno è passato dopo di me e ne ha ritardato la chiusura. Piove da matti, adesso. Non si vede nulla e dalla fine del porticato alla mia macchina ci saranno almeno cento metri allo scoperto. Mi fermo giusto un paio di metri indietro dalla fine della copertura. L’acqua cade talmente forte che le gocce rimbalzano e arrivano a bagnarmi. Ma non è questo su cui sono concentrata, sono concentrata su una cosa che sta per succedere, che è inevitabile che succeda.
 “Ciao, come ti chiami?”, penso tra me e me.
 - Ciao – dice una voce alle mie spalle.
 - Ciao – rispondo dopo essermi voltata lentamente. Una lentezza che mi sono imposta.
 - Che acqua, eh?
 - Già.
 - Io sono Marco.
 - Io Annalisa.
 Nonostante il buio mi è talmente vicino che posso vederlo meglio di come abbia fatto prima. Probabilmente ho fatto male i miei calcoli, credo che abbia di più dei 35 anni che gli davo. E’ molto giovanile nei modi e nel vestire, ma certi dettagli non mentono. Il contorno occhi, per esempio.
 - Stai andando a casa?
 - Sì.
 - Anche io. Vado a prendere la macchina.... inutile bagnarsi in quattro.
 Fisicamente non potrebbe essere più diverso, ma parla come Silvio Muccino, ha persino la zeppa di Silvio Muccino. E’ incredibile quanto sia identico. Per il resto no, per il resto è davvero un bel manzo. Vista l’età dovrei dire un bell’uomo. E non posso non notare il suo modo timido di atteggiarsi, quasi premuroso, che si annulla completamente quando sfodera il sorriso da canaglia. E’ obiettivamente un sorriso fatto per stenderti.
 - Ho visto che mi guardavi – dice.
 - A dire il vero hai cominciato tu...
 - Mi sei piaciuta, non hai mai abbassato gli occhi.
 - Era un gioco...
 - Che tipo di gioco?
 - Nulla una cazzata...
 - Potremmo riprovare a giocare, una sera di queste...
 Istintivamente starei per dirgli “ma no dai, lascia perdere”. Poi mi fermo, senza un motivo. Gli squilla il telefono e mi dice “scusa” prima di rispondere. Dice, presumo alla sua compagna, che è meglio aspettare che spiova un po’, che è una tempesta, che per strada è un lago. E che chiamerà lui quando starà per arrivare, che forse ci vorrà un po’. Mi torna in mente Elena, quando mi ha chiesto se avessi un ragazzo, mi torna in mente il suo ingenuo senso di superiorità. E però immediatamente dopo mi torna anche in mente il pensiero osceno che le sue parole mi avevano portata a fare.
 Per la verità, non so nemmeno io di che cosa ho voglia in questo momento. Sì, ok, farmi riempire la bocca in modo insensato, bere sperma. Avevo pensato questo. Ma ora come ora non saprei nemmeno dire se ho voglia di qualcosa di più. O di meno. O di nulla in assoluto. Mi sento confusa e anche abbastanza idiota.
 - Certi giochi ha senso portarli in fondo una volta che si sono cominciati... – gli dico d’impulso una volta che ha chiuso la telefonata.
 - Cosa intendi dire con “portarli fino in fondo”?
 E’ chiaro che ha capito. O meglio, spera di aver capito. Ma è ancora guardingo.
 - Intendo dire che potresti baciarmi – gli faccio avanzando di un passo verso di lui.
 Si volta per guardarsi alle spalle ma non ce n’è bisogno. Ci siamo solo io e lui qui sotto il porticato. Pochi metri più in là tonnellate di acqua che scendono con violenza. Mi afferra la mano e mi trascina dietro un angolo buio e qui sì che ci bagnamo, cazzo. Ci schiacciamo contro il muro, ma la tettoietta che è sopra di noi è troppo piccola per ripararci da questa valangata di pioggia. Ridacchio stupidamente, è un riflesso nervoso. Lo faccio sempre quando vengo forzata fisicamente a fare qualcosa, non posso farci nulla. L’unica cosa che riesco a fare, in realtà, è coprirmi la testa con il cappuccio della mia The North Face tecnica. Lui fa altrettanto e poi mi bacia.
 E’ un bacio lungo, furioso, cinematografico. In quante canzoni avete sentito il verso “kiss you in the rain”? Abbiamo troppa roba addosso, labbra e lingue sono il nostro unico punto di contatto, eppure bastano e avanzano. Almeno per me.
 - Dimmi che mi vuoi – ansima.
 - Ti voglio... – rispondo quasi in automatico.
 - Domani sera? – domanda. E mentre me lo domanda porta la mano in mezzo alle mie gambe. Avrò pure i jeans, ma vi assicuro che la scossa la sento tutta.
 Io però non riesco a concepire che lui si possa proiettare su domani sera. E adesso che cazzo devi fare, portare a casa la fidanzata? Oppure vivete insieme? Come cazzo pensi di mollarmi qui così? E stanotte? E domani mattina? Che c’è, ti aspettano al lavoro? Mi vuoi così tanto da non poter mandare all’aria niente della tua vita? Sono irragionevole, lo so. Ma se non lo fossi non starei qui sotto l’acquazzone a farmi baciare e a farmi tastare la fregna da un perfetto sconosciuto.
 - Chissà se ci sono, domani sera – gli dico concitata, prima di rituffarmi a baciarlo.
 - Che significa?
 - Significa che ti voglio ora...
 - E come cazzo facciamo?
 Apro la bocca per accogliere la sua lingua e stavolta sono io che gli porto la mano in mezzo alle gambe. Il contatto di questo pacco gonfio per me mi fa quasi piegare le ginocchia.
 - Posso farti venire con la bocca, se vuoi... – gli mormoro quando ci stacchiamo.
 Mi guarda esterrefatto, preso in contropiede. Non so cosa stia pensando. Se stia valutando le possibilità, la fattibilità della cosa. O se mi abbia semplicemente presa per matta.
 - Un pompino... – gli sussurro come se sentissi la necessità di spiegarmi, guardandolo negli occhi. Dall’alto in basso, perché nonostante io non sia proprio una nana, lui è decisamente alto. Ehi, l’hai capita? Sto parlando di succhiartelo...
 - Ma chi cazzo sei, Baby?
 - Ahahaha... sicuramente sono meno annoiata di Chiara, ma probabilmente sono anche peggio, da quel punto di vista...
 - Quale punto di vista?
 - Indovina...
 Adesso il suo sguardo non è più esterrefatto. Adesso il suo sguardo è quello di un maschio che si è velocemente arrapato e che sta per prendersi qualcosa che gli è stato offerto su un piatto d’argento.
 - Corriamo in macchina... – propone.
 - Rischiamo di annegare prima di arrivarci, alla macchina – gli dico – qui va bene.
 - Qui? – domanda sorpreso.
 - Qui. Qui è perfetto.
 - Tu sei strana, non sei normale... – mi dice, ma il suo è più che altro un tono sorpreso, di autodifesa.
 “Cos’è normale?” gli domando mentre mi accuccio davanti a lui. Non mi sembra il caso di posare le ginocchia per terra. Mentre gli lavoro le cerniere del giaccone e dei pantaloni sento la sua voce ancora un po’ incredula che mi apostrofa con un “ma lo sai che sei un po’ troia?”. Gli rispondo “anche più di un po’” in modo veloce, quasi disinteressato, senza nemmeno alzare lo sguardo verso di lui. L’unica cosa su cui sono concentrata in questo momento è il tentativo di liberare quel bozzo che vedo sotto il tessuto delle mutande color prugna.
 Sarà che mi sono raffreddata con tutta questa pioggia, ma non sento nessun odore particolare quando glielo tiro fuori. Non è ancora duro, ma quasi. Duro lo diventa quando me lo lascio scivolare dentro la bocca e inizio a rotearci la lingua intorno. Nonostante tutta la stranezza della situazione, mentre lo faccio ammetto con me stessa che il pompino mi sta venendo benissimo. Forse perché oltre a voler bere il suo sperma voglio che gli piaccia davvero, che ne goda. Non saprei dire perché, ma ci tengo.
 Dire che abbia un grande arnese sarebbe una bugia, ma chissenefrega. La sua consistenza mi gratifica, il suo sapore mi gratifica. Il suo “oh cazzo” sospirato quando glielo prendo tutto mi gratifica. Siamo fradici e infreddoliti, ma la mia bocca e il suo uccello sono roventi.
 “Che troia”, “sei bravissima”, “sei una bravissima troia”. Anche queste frasi smozzicate mi gratificherebbero, e non poco, se non fosse per il suo telefono che riprende a squillare. Se non mi interrompessi, sinceramente non lo so se lui risponderebbe. Ma comunque lo faccio, e lui risponde.
 - Sì, c’è anche uno che blocca la sbarra del parcheggio con la macchina, sto deficiente, ma adesso arrivo, vi chiamo io...
 Penso tra me e me che anche lui non è male, quando si tratta di inventare cazzate. Lo guardo dal basso in alto, tenendo in mano il suo affare. Improvvisamente, però, non ne ho più voglia. Che cazzo ne so. Potrei dire che ho paura che la sua ragazza scenda e che mi meni anche lei, come ha fatto la moglie di quello che mi aveva rimorchiata al parco. Ma non è vero, non è così. La verità è che non mi va più e basta. Con quella telefonata si è rotta la magia del momento, se vogliamo chiamarla così.
 - Lasciamo perdere, dai, non voglio farti passare un guaio – gli sorrido cercando di rimettergli il cazzo nelle mutande.
 Mi guarda con un misto di riconoscenza e di rimpianto. Spero solo che capisca che non sono incazzata con lui, mi dispiacerebbe. E’ andata così, non è colpa di nessuno. Mi rialzo e gli appoggio la testa sotto la spalla. Cazzo, se è alto.
 - Che hai da ridere? – mi domanda.
 Rido. Non ci posso fare nulla, mi viene da ridere. Anzi, da ridacchiare. Nulla di esplosivo, però inarrestabile.
 - E' la prima volta che faccio un pompino con un cappuccio in testa - riesco a dire. E poi riattacco a ridere.
 - Come prima volta non c'è male... però non hai finito, non è stato un vero e proprio pompino...
 Trovo la precisazione un po’ pignola, ma sono indulgente e sto al gioco. “Ok, allora diciamo che è la prima volta che succhio un cazzo con un cappuccio in testa...”. Mi risponde ridacchiando anche lui, mentre io forse per la prima volta realizzo lo stato in cui si trovano i miei jeans.
 - Dio santo, sono tutta bagnata.
 - Non in quel senso, intendi.
 - Ahahaha... non lo so, sono talmente zuppa che in quel senso dovrei controllare...
 - Se vuoi controllo io...
 - Ahahahahah meglio di no... meglio che andiamo.
 - Annalisa, hai detto?
 - Non è molto carino da parte tua non ricordarti il nome...
 - Se domani sera continua a piovere possiamo darci appuntamento qui...
 - Ahahahah... magari domani sera ho la polmonite...
 - Sarebbe carino, però. Potrei metterti con le spalle al muro. Anche quella è una cosa che non ho mai fatto sotto la pioggia.
 - Ah, ecco... non so se avrei voglia di essere inchiodata a quel muro.
 In realtà, se ci penso, la prospettiva non mi dispiace affatto. Pioggia o non pioggia. Ma è meglio non creare tante aspettative.
 - "Inchiodata al muro"... ma parli sempre così?
 - In genere no. Ci sono cose che si pensano e non si dicono...
 - Ma si immaginano...
 - Sì...
 - Immagine per immagine, non spalle al muro, ma faccia al muro. E con i jeans calati. Io immagino di inchiodarti così, prima un buco e poi l'altro.
 Eccolo, anzi eccoli. Lo spasmo e il calore. Adesso sì che non ho più bisogno di controllare se sono bagnata anche sotto le mutandine.
 - Sei un porco... – sibilo.
 - E tu una troia...
 - Non sai quanto, te l’ho detto. E poi avevo proprio voglia di qualcuno che mi chiamasse troia.
 Mi stringe, poi mi bacia ancora. Sta combattendo contro il suo desiderio, lo sento. E la cosa mi piace. Il mio calore avanza.
 - Allora facciamo per domani sera? - sussurra.
 - No – gli rispondo senza nemmeno pensarci tanto.
 - Perché no? – domanda sorpreso.
 - Perché no. E nemmeno dopodomani o un’altra volta. Vorrei dirti restiamo semplicemente amici – gli dico sbottando quasi a ridere – ma in realtà chi cazzo ti conosce?
 - Te l’ho detto prima – mi fa dopo qualche secondo di silenzio – non sei normale.
 - E io te l’ho chiesto prima, ma non mi hai risposto: cos’è normale? Scambiarsi i numeri, vedersi domani sera o comunque quando sarai libero, uscire, corteggiarsi, farti un pompino in macchina, portarmi a casa tua? Scoparmi in un albergo?
 - Cosa ci sarebbe di male? – chiede.
 - Nulla. Per carità, nulla. Anzi. Ma perché sarebbe stato meglio di un pompino qui? Poi è andata buca, pazienza... ma sarebbe stato fantastico.
 - Però avremmo più tempo – obietta - staremmo più comodi. Di sicuro più asciutti.
 - Non discuto. Ma a me andava ora.
 - Davvero non me lo dai il telefono?
 - Davvero.
 - Sei proprio matta...
 - Sì, lo so. Matta e troia. Una troia matta... Stammi bene, Marco.
 Mi volto e comincio a correre verso il parcheggio, verso la mia macchina. Non perché non voglia bagnarmi. Tanto, nonostante l’acqua continui a precipitare in modo assurdo, più bagnata di così non potrei essere. Corro perché ho voglia di scomparire alla sua vista, ho voglia di non voltarmi indietro. Ho voglia di salire in macchina grondante e bagnare i sedili, accendere il riscaldamento e correre il più veloce possibile a casa. Spogliarmi e infilarmi sotto una doccia bollente.
 E sditalinarmi prima che mi scompaia dalla mente l’immagine di lui che si stupra una ragazzina tenendola faccia al muro. Una ragazzina bionda con i jeans abbassati e il giaccone tirato un po’ su. Sotto la pioggia che batte e che copre ogni altro rumore intorno. Ma che non riesce a coprire gli strilli di quella zoccoletta.
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segretecose · 5 years
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SKAMIT:
3.3. VENERDÌ 29 MARZO 2019, 22:08
(For English translations 👉 @skamitaliasubs)
F: Amo’? Come mi sta? È nuova.
Ele: Bene.
F: Dai, manco mi hai guardato! Levi ‘sto cellulare? Stai sempre con questo.
Ele: Ma stai uscendo tu?
F: Sì, perché?
Ele: Allora, se ti chiamano le mie amiche, mi raccomando, digli che noi stiamo a casa con mamma, ok?
F: Sì, sì, sì.
Ele: No, Filo, è importante.
F: Ho capito, ho capito.
Ele: Ci stai bene. Fica la giacca.
F: Ok. Senti, ma perché non esci con me anche tu?
Ele: Non mi va.
F: E dai, e dai.
Mi vogliono tutti più bene quando esci con noi.
Ele: Addirittura?
F: Sì.
Ele: Non mi va. Sono stanca.
F: Uffa. Ma passi la serata a guardarti i tutorial di giardinaggio pure oggi?
Ele: Stronzo. Vai.
F: Ok. Ciao.
Ele: Stai benissimo. Sei bellissimo.
F: Sì, ciao.
Ele: Ciao.
[Nota vocale di Ev: Ele, non puoi capire, cioè ti prego, qua è successo un casino. Silvia ha parlato con Edo, adesso si è chiusa in bagno. Non fa entrare nessuno, sta piangendo da un’ora. Richiamami quando ascolti, Ele!]
[Risponde la segreteria telefonica]
Ragazzo: Tiralo fuori tutto, tiralo fuori tutto!
Ele: Cosa?
Elia, Elia! Dov’è Silvia? Silvia, Silvia! Silvia.
El: Su una bici in fondo alle scale mobili.
Ele: Eva!
Ev: Oi, Ele!
Ele: Che sta succedendo?
Ev: Questi due stronzi non mi vogliono far andare a salutare Gio.
M: No, no. Io ho detto, non lo salutare mentre si pacca la ragazza.
Ev: Ma se io lo voglio salutare, ma che ti frega a te! Scusami, eh. No?
Ele: Perché non mi hai risposto alle chiamate?
Ev: Perché c’ho il telefono in silenzioso, Ele.
Ele: Ho capito, ma non importa. Silvia? Silvia?
Ev: Silvia se n’è andata. Ma da mo che se n’è andata Silvia, eh. Con le altre.
Ele: Cos’è successo?
Ev: Allora praticamente è andata là a parlare con Giovan- con Edoardo, scusa. Gio! Oi. Ciao!
G: Oh. 
Eva, ti ricordi Sofia?
Ev: Certo che me lo ricordo. Indimenticabile.
G: Sì.
Ev: Senti se te lo perdi, comunque, non ti preoccupare, perché lui sta in bagno con qualche amico suo a fumare l’erba.
G: No, no, non fumo più.
Ev: Sì che fumi.
G: No, non fumo più.
Ele: Eva, non fa niente. Mi tieni la giacca, per favore?
Ev: Certo. Abituati perché lui...
Ed: Ei. Sei venuta alla fine.
Ele: Si può sapere che le hai detto?
Ed: A chi?
Ele: A Silvia! Se ne è andata in lacrime.
Ed: Che le ho detto, che ne so.
Ele: Eh.
Ed: È venuta da me, mi ha chiesto se ero tornato con la mia ex di Milano.
Ele: E?
Ed: E niente le ho detto di no, che ci eravamo solo visti. Poi ha provato a baciarmi e le ho detto che non ci stavo.
Ele: E di me? 
Ed: Di te?
Ele: Di me che le hai detto?
Ed: E te chi sei, scusa?
Chicco: Oh, c’abbiamo le guardie alla porta.
Ed: Cazzo dici?
Ch: Due guardioni.
Ed: Ma che cazzo dici?
Ch: Non sto scherzando, zi’.
Ed: Vai a dire di spegnere la musica.
Ch: Ok.
Poliziotto: Buonasera.
Ed: Buonasera.
Pol.: Lei è il padrone di casa?
Ed: Sì.
Pol.: Abbiamo ricevuto delle telefonate dai suoi vicini.
Ed: Sì. Sì, scusate. Abbiamo già spento la musica. Quindi...
Pol: Allora non ci siamo spiegati.
Ed: Va bene, ok. Ho capito. Adesso mando via tutti.
Pol: Bene. Noi aspettiamo là.
Ed: Ok. Grazie, scusate.
Rega’. Festa finita, tutti fuori, su!
Tutti: No!
Ed: Eh, lo so. Mi dispiace, dai.
Dai, veloci!
Ele: Eva dove sei?
Ch: Stiamo andando all’EUR, stai a veni’?
Ed: Sì mo vedo.
Ele: Eva? Eva? Eva?
Eva? Eva dove sei?
Ed: Oh, zi’.
F.o: Se beccamo all’EUR, ok?
Ed: Sì, sì. Ciao.
Ele: Oddio, Eva.
Ed: Ei. Sei ancora qua?
Ele: Sì, Eva se ne è andata con la mia giacca, col cellulare, le chiavi, tutto.
Ed: Aia. Vabbè, come ti posso aiutare?
Non risponde?
[Ele scrive: Filo, sono Ele. Mi chiami a questo numero appena leggi?]
Ele: No, gli sto scrivendo un messaggio.
Ed: Quindi?
Ele: Senti, posso chiederti se puoi prestarmi venti euro così prendo un taxi e me ne vado?
Ed: Se non te li do?
Dai, sto scherzando. Certo.
Ele: Grazie.
Ed: Però scusa come fai a entrare a casa se non hai le chiavi?
Ele: Aspetto mio fratello che torna.
Ed: Dove?
Ele: Sotto casa?
Ed: Sì e secondo te ti lascio andare alle due di notte così da sola?
Ele: Non ho bisogno del tuo permesso.
Ed: Però hai bisogno dei miei soldi.
Dai, scherzo.
Senti, facciamo così.
Cosa fai lì in piedi? Siediti.
Facciamo così: aspettiamo che risponda tuo fratello e poi ti accompagno io a casa.
Mh?
Ele: Ok.
Ed: Intanto ti va un po’ di vino?
Ele: No.
Ed: Non ti fidi?
Ele: No.
Ed: Ok.
Ele: Beh, posso aiutarti a sistemare un po’ di cose.
Ed: No, vai tranquilla, sistemo io domani.
Ele: Ma non tornano i tuoi?
Ed: No.
Ele: Abiti da solo?
Ed: Sì, più o meno.
Ele: Cioè?
Ed: Cioè che mio padre lavora fuori, mio fratello vive fuori e tornano ogni tanto.
Ele: Grazie.
Ed: Prego.
Ele: E... Senti, io devo chiederti scusa per una cosa.
Ed: Addirittura?
Ele: Sono seria.
Ed: Ok, dimmi.
Ele: Io non sapevo che... Che tua madre...
Altrimenti non avrei mai detto quelle cose, veramente, scusa.
Ed: Tranquilla.
Però grazie.
Dai, fatti offrire qualcosa. Anche di non alcolico.
Ele: No.
Ed: Dai! Che cosa ti va?
Ele: Grazie.
Ed: Tisanina?
Scusa.
Ele: Ha risposto Filippo?
Ed: No. Non ti fidi? Guarda.
[Video di F.o che dici: Oh, ma ‘ndo cazzo sei? ‘Ndo sei? Chicco Rodi! Chicco Rodi!]
Ele: No, ma se vuoi vai cono loro, veramente. Io mi prendo un taxi.
Ed: Limone o zenzero?
Ele: Non lo so.
Ed: Vai, limone.
Ele: No!
Ed: Ti sta bene.
Ele [imitandolo]: Ciao, sono Edoardo Incanti e mi fate tutti un po’ schifo!
Ed: Sei uguale.
Ele: Lo so. Però mi manca qualcosa.
Ed: Cioè?
Ele: I tuoi meravigliosi riccioli.
Ed: Ti piacciono proprio i miei capelli, eh?
Ele: Di’ la verità. Tu alle medie eri pazzo di “Tre metri sopra il cielo” e hai copiato il look a Scamarcio.
C’ho preso?
Ed: Beccato, sì.
Ele: Questa?
Ed: Sembrerebbe una chitarra.
Ele: No. Questa è l’arma finale.
Ed: Per che cosa, scusa?
Ele: Certo. Tu prima fai lo stronzo con le ragazze, poi te le porti a casa, gli canti una bella canzoncina dolce così loro poi dicono: “Oddio! Edoardo Incanti - che lato sensibile! Ha anche un cuore!”
Sì, sì.
Ed: E tu per chi suoni invece?
Ele: Non so suonare.
Ed: Neanche cantare da quello che mi ricordo.
Ele: E vabbè.
Ed: Posso suonare io per te.
Ele: Sì, ma non sono una ragazza da portarti a letto.
Ed: Tranquilla, ho dei brani per ogni tipo di ragazza.
Ele: Vediamo, vai.
Ed: Ok.
Ele: Così le ragazze le fai addormentare però.
Ed: Vabbè, un attimo.
Ele: Ah. Aspetto.
[Ed canta “Creep” - Radiohead]
[Squilla il telefono]
Ed: Credo che sia per te.
Ele [al telefono]: Filo? Filo?
F: Ei, io sto tornando a casa, tu?
Ele: È successo un casino, poi ti spiego.
F: Ma sei alla festa? Se vuoi ti passo a prendere.
Ele: Tranquillo, ci sentiamo dopo. Ciao.
Ed: Qualche problema?
Ele: Niente, sta a una festa a Viterbo. Non ho capito.
Ed: Ok. Vuoi dormire qua?
Ele: Sì. Ma non con te.
Ed: Ok, forse è meglio che tu non dorma qua.
Ele: Mh. Mi sa.
Camera di tuo padre?
Ed: È chiusa a chiave. Dall’ultima festa.
Però, dai, dormi da me io vado sul divano.
Ok?
Ele: Ok.
Ed: Le lenzuola sono pulite. Io non c’ho dormito, quindi... Non lo so, se vuoi una maglietta, pantaloncini...?
Ele: No, no. Tanto dormo sopra.
Ed: Ok. Allora... Buonanotte.
Ele: Buonanotte.
No, dai.
Ed: Che c’è?
Ele: Niente, mi dispiace che dormi giù.
Ed: Non è che adesso ci stai provando tu con me?
Ele: No, assolutamente. Però non mi va di cacciarti dalla tua camera.
Ma mi fai istituire delle regole.
Ed: Ok. Di che tipo?
Ele: Tipo... Tipo che questa è la tua parte, questa è la mia. Ecco. Suggerisco anche di fare una piccola barriera di cuscini. Giusto per stare più sicuri, ecco. Vedi.
Ed: Ok.
Domani che cosa vuoi per colazione?
Ele: Non faccio colazione qui domani.
Ed: Ok. Cappuccino e cornetto, mi sembra un’ottima idea.
Ele: Quanto sei banale.
Ed: Lo sai, sono molto prevedibile.
Ele: No, sei solo un meraviglioso cliché.
Ed: Che ci vuoi fare, la mia infanzia è stata difficile... Mio papà non veniva mai alle partite di calcio... Lo scotch da pacchi.
[Arriva messaggio]
Ele: Chi è, qualcun altro che devi picchiare?
Ed: No. Veramente è tuo fratello che chiede quando torni perché si è stancato di aspettarti.
Ok, rispondo io.
“Sono talmente innamorata di Edoardo che non riesco a uscire dal suo letto...”
Ele: No. No!
Dammi il telefono.
Ed: No.
Ele: Sì. Rispondo io.
Ed: Cosa stai facendo? Sei nella mia metà del letto. Vai nella tua. Così violi le regole. Vai. Vai.
Ele: Fammi rispondere.
Ed: No.
Ele: È mio fratello.
Ed: No.
Ele: Voglio rispondere io.
Ed: No, torna nella tua metà. Vai.
Ele: No.
Ed: Vai.
Ele: Digli che torno domani.
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keirauor · 5 years
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Il ritorno di Gèrard...
Roma, 18 giungo 2017
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Ebbene sì. Per quanto non ne abbia scritto subito, combattuta da emozioni nettamente contrastanti tra loro visto come ci eravamo lasciati, non mi pareva proprio il caso di scrivere a briglia sciolta.
Non che ora abbia fatto pace con i sentimenti e miei altri problemi, però so di essere un tantino più razionale, anche perché tecnicamente starei frequentando un'altra persona da qualche tempo. Nulla di serio, non si vuole complicarsi la vita con una relazione e io sono conscia di non poter provare più certi sentimenti profondi. Le ferite saranno anche diventate cicatrici, ma sono lì e portano sempre il nome di Oscar. Non so se sarò nuovamente in grado di provare qualcosa di simile per qualcuno. Sicuramente non ora, quindi questa sorta di relazione prettamente carnale con Daniel va bene così... avvicinamento nato soprattutto per staccare entrambi la spina dai problemi che ci affliggono (specialmente della sottoscritta visto quanta poca fortuna ho tra guai e sfortune).
Ma torniamo a Gérard. Sera del 24 maggio.
Sette mesi di silenzio, ormai lo davo completamente fuori dalla mia vita e poi, una bella sera in cui ero sul Lungomare a intavolare una conversazione semiseria con Jamis e Angelica, lei ed io ci siamo immediatamente distratte nel sentire la musica di un violino.
Basita. Impietrita. Perché come poteva essere lui dopo tutto questo tempo? Eppure entrambe abbiamo pronunciato il medesimo nome.
Lei se ne è andata, Jamis (che tra l'altro aveva decisamente la luna storta quella sera di plenilunio) vedendo che qualcosa mi turbava ha iniziato a muoversi verso l'origine del suono e mi sono premurata di dirgli che era solamente il mio ex, nessuno di pericoloso insomma (e per la prima volta gli stavo confidando un problema del tutto normale).
Ciò non bastasse aveva iniziato pure a piovere e Jamis non si è risparmiato dal farmi notare la condizione della mia maglietta, di un chiaro rosa cipria, che iniziava a far trasparire la biancheria intima sottostante. In altre occasioni mi sarei divertita a ritrovarmi in versione “miss maglietta bagnata” ma non quella sera.
Era lui. Sembrava tranquillo e non spiazzato o in difficoltà come la sottoscritta. Un comportamento che cozzava ovviamente con quanto mi sarei aspettata. Con quanto invece stavo provando io.
Mi sono ritrovata ben preso sola con lui, dal momento che Jamis non aveva motivi di trattenersi e non ho resistito dal dire a Gérard  “Pensavo avessi ben chiarito il fatto che non ci saremmo più rivisti...”.
Per tutta risposta ha esordito con un “Non avrei voluto che finisse in quella maniera. Anzi, non avrei voluto che finisse.” per poi allungare una mano verso di me e consegnarmi un regalo: una spilla.
Anche a me dispiaceva per come erano andate le cose ma avevo comunque compreso cosa lo spingesse ad allontanasi da me e che non sarei stata mai abbastanza. Ed è vero, lo ha confermato pure lui in quel momento. Non potevo competere col suo Domitor. Le cose dovevano andare semplicemente così tra di noi e in ogni caso, nemmeno io ero (e sono) più la stessa Keira con cui lui è stato.
Però è tornato ad usare quelle parole... quel nonostante tutto. Un nonostante tutto che lo aveva riportato a Roma con il preciso scopo di rimettere tutto a posto, per quanto possibile. “E anche se non dovessi essere la stessa Keira.. neanche io sono più lo stesso”.
Perché mi ha detto di non essere più lo stesso se la sua condizione non è mutata? Se è tuttora legato a quel vincolo e il suo cuore batte ancora? Zoe almeno è arrivata alla sua metamorfosi, quindi di che stava parlando di preciso?
Ma è davvero possibile rimediare? Forse qualcosa, tutto no.
Però almeno ha ammesso di dover innanzitutto chiedere scusa a me, Zoe e Hywel per il suo essere sparito così e mi ha turbato col suo cercare uno spiraglio ancora per noi. Perché non ha smesso di provare qualcosa per me.
E io non sono riuscita a trovare le parole per replicare a quella confessione e al turbamento che aveva riacceso in me.
E il turbamento non è andato a scemare. Soprattutto perché qualche sera più tardi, il 27 maggio, mentre accompagnavo Zoe in officina da Hywel per la revisione della sua auto, beh ce lo siamo ritrovate lì.
È stato come tornare indietro di un anno, all'estate precedente, quando ancora eravamo i “Quattro moschettieri” e tutto ancora andava bene. Quando ancora Zoe poteva scolarsi la mia vodka e mangiarsi i puffi che le comprava appositamente Hywel. Per un momento è stato bello ricalcare quei ricordi, poi il tutto ha preso una piega troppo malinconica e non avevo idea di come dovermi comportare con lui e la sua palese ricerca di un contatto con me. Non lo nego, l'amore sarà pure sparito e trasformato in altro, non ho mai voluto perderlo come amico dal momento che lo eravamo prima di metterci assieme, ma l'attrazione fisica era ancora lì, la sentivo sotto la pelle. Però non ho voluto ripetere certi miei sbagli, non ho voluto illuderlo.
E la serata Revival dei ritrovati Quattro Moschettieri si è conclusa con il ricevere un suo foglio, una pagina strappata di diario, che avrei però dovuto una volta in casa da sola e poi bruciare.
"Tu conoscevi il tuo posto. Tu vedevi in lei una prova di coraggio e fedeltà, e di umanità.
Solo una prova.. ? No. Dentro di te la tua parte ancora viva batteva solo per lei.
Te la ricordi la prima notte che siete stati a letto ? Era solo desiderio carnale ?
No, mio caro. E se ora ritieni fosse cosi.. ti sbagli di grosso, fidati.. di te.
[parte mancante]
La ami quanto un umano può amare, caro Gérard.
La ami. Anche se lo neghi persino a te stesso."
Ha messo a nudo qualcosa di suo. Non so quando possa aver scritto queste parole e più le rileggo, più mi si incasina tutto, dannazione!
E cosa ho fatto io?
Tre giorni dopo (30 maggio) sono andata a casa sua e lì ho chiarito come i miei sentimenti siano mutati e più di un'amicizia non avrei potuto dargli (gli ho risparmiato il particolare della mia attuale “relazione”). Almeno questa volta pare aver accettato il “restare solo amici” e come detto da Zoe, il perderci tutti e quattro di nuovo sarebbe solo un crimine e il mondo potrebbe anche finire per davvero.
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Weezer - Raditude
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Tua mamma ha fatto il polpettone di carne anche se io la carne non la mangio
Mi piacevi così tanto che ho fatto quel sacrificio
(da: (If You’re Wondering If I Want You To) I Want You To)
1. (If You’re Wondering If I Want You To) I Want You To
(Se ti stai chiedendo se mi va che lo fai) Mi va che lo fai
   La luna brillava sul lago quella sera
La tua maglietta degli Slayer si intonava bene con la scena
Tra le colate di mascara, ti ho guardato negli occhi e ho visto una luce
   Mi hai raccontato delle storielle su quelle cinciallegre delle tue amichette
Non gli piacevano i fucili ad aria compressa o quella scemata del tiro con l’arco
Avete fatto colpo sul bagnino, gli ha lasciato usare la piscina gratis tutto il giorno
   Poi la conversazione si è fermata e io mi sono messo a guardarmi i piedi
Ero di fianco a te e tu eri proprio lì di fianco a me
Al che ho detto
   “Tesoro, se ti stai chiedendo se mi va che lo fai, mi va che lo fai
Per cui fai la tua mossa, ché non ho mica tutta la notte”
   Il resto dell’estate è stato il migliore di sempre
Abbiamo guardato Titanic e non siamo diventati tristi
Ti ho portata da Best Buy, tu mi hai portato a casa tua a conoscere i tuoi
   Tua mamma ha fatto il polpettone di carne anche se io la carne non la mangio
Mi piacevi così tanto che ho fatto quel sacrificio
Tuo papà non parlava, avevi gli occhi incollati a quello che davano in TV
   Poi la conversazione si è fermata e io mi sono messo a guardare l’anello
I tuoi erano di fianco a te e tu eri proprio lì di fianco a me
Al che ho detto
   “Tesoro, se ti stai chiedendo se mi va che lo fai, mi va che lo fai
Giuro che è la verità, senza di te il mio cuore è triste
Tesoro, se ti stai chiedendo se mi va che lo fai, mi va che lo fai
Per cui fai la tua mossa, ché non ho mica tutta la notte”
   Magari ci toccherà patire tanto di quel dolore
Magari arriverà un giorno che non avremo più niente da dire
   Quando la conversazione si fermerà e saremo davanti alla nostra sconfitta
Io sarò di fianco a te e tu sarai proprio lì di fianco a me
Al che dirò
   “Tesoro, se ti stai chiedendo se mi va che lo fai, mi va che lo fai
Giuro che è la verità, senza di te il mio cuore è triste
Tesoro, se ti stai chiedendo se mi va che lo fai, mi va che lo fai
Per cui fai la tua mossa, ché non ho mica tutta la notte”
       2. I’m Your Daddy
Sono il tuo paparino
   Pensavo che sarebbe stata una serata schifosa
Come tutte le serate che vado a ballare coi miei amici
Ma quando ti ho vista tutta presa bene sulla pista da ballo, è finita tutta la normalità
Ti sei messa a parlare ed è stato subito chiaro che non c’era nessun’altra come te
Tu hai il cervello, il fisico e la bellezza
E in più sei pure simpatica
   Non è impossibile
Non è improbabile
Sei la mia bimba stasera
E io sono il tuo paparino
Non è credibile
Non è prevedibile
Sei la mia bimba stasera
E io sono il tuo paparino
   Spero che non ti sto dando fastidio
Probabilmente te lo senti dire in continuazione
Giuro che io non sono come quegli altri tipi
Io sono uno speciale
Vorrei darti una dimostrazione di cos’è che faccio
Ti porto fuori a cena da Palmero’s
Ci dividiamo una fonduta di formaggio
   Perché non è impossibile
Non è improbabile
Sei la mia bimba stasera
E io sono il tuo paparino
Non è credibile
Non è prevedibile
Sei la mia bimba stasera
E io sono il tuo paparino
   Faccio l’imitazione del goomba se ti stanchi
Ce la metto tutta per fare il moonwalk su un filo
Voglio sentire il tuo fuoco
Sentire il tuo fuoco, sentire il tuo fuoco
   Non è impossibile
Non è improbabile
Sei la mia bimba stasera
E io sono il tuo paparino
Non è credibile
Non è prevedibile
Sei la mia bimba stasera
E io sono il tuo paparino
       3. The Girl Got Hot
La tipella è diventata figa
   Sono andato a un concerto sabato sera
La band suonava, tutto nella norma
Parte un moshpit e il pubblico si divide sui due lati
E lì in mezzo ci vedo Kiki Dee
È una tipa che conoscevo al primo anno di high school
Quando non se la filava di striscio nessuno
Ma adesso guarda un po’, gran pezzo di figa è diventata la tipella
Un bel cambiamento e ha riscritto la sua storia
   Collant di raso, stivali bianchissimi
Borsetta leopardata, sbalorditiva
Se prima era poca cosa adesso è tanta roba
Oh, mamma mia santissima, gran pezzo di figa è diventata la tipella
Gran pezzo di figa è diventata la tipella
   Prima cosa che ho fatto quando ho trovato il coraggio è stata dirle “Ciao, bella, come va?”
Lei è andata avanti a ballare, ha rifiutato le mie avances
E lì mi sono proprio innamorato
Sono sceso in pista con la sua migliore amica, Jill
E ho cercato di infittire la trama
Alla fine la cosa che ho scoperto rispetto a tutte queste altre tipelle della città
Lei è diventata proprio figa e loro no
   Collant di raso, stivali bianchissimi
Borsetta leopardata, sbalorditiva
Se prima era poca cosa adesso è tanta roba
Oh, mamma mia santissima, gran pezzo di figa è diventata la tipella
   Collant di raso, stivali bianchissimi
Borsetta leopardata, sbalorditiva
Una piuma d’aquila tra i capelli cotonati
Un tocco di fard, a vostro rischio e pericolo
Se prima era poca cosa adesso è tanta roba
Oh, mamma mia santissima, gran pezzo di figa è diventata la tipella
Gran pezzo di figa è diventata la tipella
Gran pezzo di figa è diventata la tipella
Gran pezzo di figa è diventata la tipella
Gran pezzo di figa è diventata la tipella
Gran pezzo di figa è diventata la tipella
Gran pezzo di figa è diventata la tipella
Gran pezzo di figa è diventata la tipella
Gran pezzo di figa è diventata la tipella
       4. Can’t Stop Partying
Non riesco a smettere di fare serata
   Non riesco a smettere di fare serata, fare serata
Non riesco a smettere di fare serata, fare serata
Devo avere il Patrón, devo avere la musica che pompa
Devo avere un sacco di belle ragazze intorno
Non riesco a smettere di fare serata, fare serata
Non riesco a smettere di fare serata, fare serata
Devo avere le macchine, devo avere i gioielli
E se fossi in me, tesoro, lo faresti pure te
   Da lunedì a domenica frequento tutti i club
E ormai mi conoscono tutti quando arrivo
Ho con me la gang che conta, heh, sono profondo
E se mi cercate, sono nell’area VIP
   Segui il fumo, portano bottiglie di Goose
E tutte le tipe nel loro angolino si scatenano
Col cavolo che vado a disintossicarmi, io la amo la mia dipendenza
Non si dorme, non si dorme, sono sempre in missione
   Perché non riesco a smettere di fare serata, fare serata
Non riesco a smettere di fare serata, fare serata
Devo avere il Patrón, devo avere la musica che pompa
Devo avere un sacco di belle ragazze intorno
Non riesco a smettere di fare serata, fare serata
Non riesco a smettere di fare serata, fare serata
Devo avere le macchine, devo avere i gioielli
E se fossi in me, tesoro, lo faresti pure te
   Faccio serata come se il mio funerale fosse domani
Devo smetterla di mischiare alcol e farmaci
E l’insolito è il solito, cazzo
Mamma mia, faccio una vita bellissima, e le mie tipe reciproche
Okay, troiette, Weezer ed è Weezy
MTV capovolta*
Non abbattetemi, vi prego, perché sono una specie a rischio
Sono i giorni della nostra vita, ma la mia serata è appena iniziata
Prego che l’assassino non si prenda l’anima della festa
   Non riesco a smettere di fare serata, fare serata
Non riesco a smettere di fare serata, fare serata
Devo avere il Patrón, devo avere la musica che pompa
Devo avere un sacco di belle ragazze intorno
Non riesco a smettere di fare serata, fare serata
Non riesco a smettere di fare serata, fare serata
Devo avere le macchine, devo avere i gioielli
E se fossi in me, tesoro, lo faresti pure te
   Non riesco a smettere, non riesco a smettere di fare serata
Non riesco a smettere, non riesco a smettere di fare serata
Non riesco a smettere, non riesco a smettere di fare serata
Non riesco a smettere, non riesco a smettere di fare serata
Non riesco a smettere, non riesco a smettere di fare serata
Non riesco a smettere, non riesco a smettere di fare serata
Non riesco a smettere, non riesco a smettere di fare serata
Non riesco a smettere, non riesco a smettere di fare serata
    * Capovolgendo il logo di MTV, la M diventa una W (come Weezer, e come Lil Wayne che interpreta questo pezzo di brano).
       5. Put Me Back Together
Rimettimi a posto
   Quando cammino per strada, inciampo sui miei piedi
E ho sù dei vestiti che non si abbinano
E i jeans avrebbero bisogno di una toppa
Fa freddo fuori
C’è qualcuno stasera?
Fa freddo fuori
Mi faresti entrare ché chiariamo le cose?
   Qui è chiaro che non riesco a stare meglio
Quando cado a pezzi, tu mi rimetti a posto
   Non ho un taglio di capelli molto bello
E ho tutta la bava intorno alle labbra
Sono messo male da quando te ne sei andata
Approfittatevene pure di ‘sto scemo
Sono un idiota che non serve a niente
Fa freddo fuori
C’è qualcuno stasera?
Fa freddo fuori
Mi faresti entrare ché chiariamo le cose?
   Qui è chiaro che non riesco a stare meglio
Quando cado a pezzi, tu mi rimetti a posto
Sono da solo nella mia stanza
Non so che fare
Quando cado a pezzi, tu mi rimetti a posto
   E quando sogno a occhi aperti, siamo lì a mangiarci un gelato
Una scena proprio carina
Ma poi mi sveglio in lacrime
So di essermi mentito
   Qui è chiaro che non riesco a stare meglio
Quando cado a pezzi, tu mi rimetti a posto
Qui è chiaro che non riesco a stare meglio
Quando cado a pezzi, tu mi rimetti a posto
Sono da solo nella mia stanza
Non so che fare
Quando cado a pezzi, tu mi rimetti a posto
       6. Trippin’ Down the Freeway
Viaggiare sull’autostrada
   Ti ho detto che hai messo sù qualche chiletto
Tu sei uscita con un tizio di nome Kevin Green
Hai preferito andare a una partita di pallavolo
Io ti ho detto che eri la persona più pallosa di sempre
   Ma figurati, mica ci lasciamo
Ci siamo fatti una promessa e non ci verrà a mancare la forza di volontà
Non solo nel ’08 e nel ‘09
Staremo insieme da ora fino alla fine dei tempi
Tu hai un look alla Shiri Applebee
Io ho proprio abboccato in pieno al tuo amo
Lo sai che andrà tutto bene tra noi due
Resteremo insieme viaggiando sull’autostrada
   Tu mi hai negato l’amore fisico di cui ho bisogno
E io “Beh, allora vedo di darmi da fare in giro”
Sei scoppiata a piangere e mi hai detto che mi amavi davvero
E io “Tesoro, io devo stare con te”
   Ma figurati, mica ci lasciamo
Ci siamo fatti una promessa e non ci verrà a mancare la forza di volontà
Non solo nel ’09 e nel ‘10
Staremo insieme da ora fino alla fine dei tempi
Tu hai un look alla Shiri Applebee
Io ho proprio abboccato in pieno al tuo amo
Lo sai che andrà tutto bene tra noi due
Resteremo insieme viaggiando sull’autostrada
   Ma figurati, mica ci lasciamo
Ci siamo fatti una promessa e non ci verrà a mancare la forza di volontà
Non solo nel ’010 e nel ‘011
Staremo insieme da ora fino a quando andremo in paradiso
Tu hai un look alla Shiri Applebee
Io ho proprio abboccato in pieno al tuo amo
Lo sai che andrà tutto bene tra noi due
Resteremo insieme viaggiando sull’autostrada
   Viaggiando sull’autostrada
Viaggiando sull’autostrada
Viaggiando sull’autostrada
Viaggiando sull’autostrada
Viaggiando sull’autostrada
Viaggiando sull’autostrada
Viaggiando sull’autostrada
       7. Love Is the Answer
L’amore è la risposta
   Verrà un giorno in cui trascenderemo il nostro dolore
Fino a quel giorno, non prendertela troppo con te stesso
   L’amore è la risposta
Non importa cos’hai sentito dire
L’amore è la risposta
Devi avere fiducia nella parola
   वहाँ एक दिन आएगा जब प्रेम राज करेगी. जहां प्रेम, जीवन पनपी है.
(Verrà un giorno in cui l’amore regnerà. Dove c’è amore, prospera la vita)*
   Verrà un giorno in cui potremo finalmente riposare
Fino a quel giorno, non prendertela troppo con te stesso
   L’amore è la risposta
Non importa cos’hai sentito dire
L’amore è la risposta
Devi avere fiducia nella parola
   Fratelli e sorelle, lo so quanto impegno ci mettete a volte
La felicità la troverete dentro di voi
   L’amore è la risposta
Non importa cos’hai sentito dire
L’amore è la risposta
Devi avere fiducia nella parola
   L’amore è la risposta
Devi avere fiducia nella parola
    * La frase in hindi è presa da Weezerpedia. Non ho la più pallida idea se corrisponda davvero a quello che viene cantato o meno, ma se non lo sanno loro…
       8. Let It All Hang Out
Scatenati
   Stamattina stavo guidando ed ero in mezzo al traffico per andare al lavoro, lavoro
Appena sono arrivato c’era il mio capo che dava di matto e si comportava come un deficiente del cavolo, cavolo
Io e la mia tipa non ci parliamo da settimane e non mi ricordo il motivo, motivo, motivo
Come se non bastasse, siamo in recessione
Mi sento come Jay-Z, questa non può essere vita, vita
   Stasera lascio a casa tutte le preoccupazioni e i problemi
Esco coi miei amici e ci scateniamo, ci scateniamo, ci scateniamo
È l’ultimo giorno del weekend, ragazzi, ho bisogno di lasciarmi andare e scatenarmi, scatenarmi
Esco coi miei amici e ci scateniamo
   È ora di andarmene da questo posto
Non credo che quello che aspetto arriverà, arriverà, arriverà
Ho da pagare bollette su bollette e non so dove andare a prendere i soldi, soldi, soldi
Mi sembra che le pareti si stringano per stritolarmi
Sinceramente non credo di potercela fare, fare, fare
Sono triste e incazzato e non ne posso più
   Per questo che stasera lascio a casa tutte le preoccupazioni e i problemi
Esco coi miei amici e ci scateniamo, ci scateniamo, ci scateniamo
È l’ultimo giorno del weekend, ragazzi, ho bisogno di lasciarmi andare e scatenarmi, scatenarmi
Esco coi miei amici e ci scateniamo
   Io e JD a giocare nella capanna
Ci smezziamo un pacchetto di Chiclets
Acqua vitaminica 180 proof, gusto energia
Portaci da tua figlia
Belle signorine, voglio vedervi sulla pista da ballo
Sù quelle mani in cielo, tanto che ve frega?
Stasera andiamo in città, siamo nati per spaccare
   Stasera lascio a casa tutte le preoccupazioni e i problemi
Esco coi miei amici e ci scateniamo, ci scateniamo, ci scateniamo
È l’ultimo giorno del weekend, ragazzi, ho bisogno di lasciarmi andare e scatenarmi, scatenarmi
Esco coi miei amici e ci scateniamo
Esco coi miei amici e ci scateniamo
       9. In the Mall
Nel centro commerciale
   Nel centro commerciale, in autunno
Ci intrufoliamo nel corridoio d’emergenza
Prima fumiamo, poi ci facciamo una fumata
Prendiamo il resto per i gettoni e un pretzel e una Coca
   Ora siamo pronti
Nel centro commerciale, ero nel centro commerciale
Resto fermo
Nel centro commerciale, ero nel centro commerciale, nel centro commerciale
   Stanno arrivando le feste
Ne hanno da dire questi addobbi
Perde d’importanza più si va verso ovest
Non fare lo spiritoso o ti perdi il meglio
   Suonano le campanelle nel centro commerciale
Ero nel centro commerciale
Ora cantiamo nel centro commerciale
Ero nel centro commerciale, ero nel centro commerciale, ero nel centro commerciale
   Prendi l’ascensore per arrivare alle scale mobili
Le usi per scendere e ricominci così
   Avviso alla clientela
La madre di Pat Wilson è gentilmente pregata di recarsi al banco informazioni del centro commerciale Eastern Hill
   Tutti insieme nel centro commerciale
Ero nel centro commerciale
Non c’è posto più bello
Nel centro commerciale, ero nel centro commerciale, ero nel centro commerciale, nel centro commerciale
       10. I Don’t Want to Let You Go
Non ti voglio perdere
   Tutte le volte che sei venuta da me e mi hai detto che ci tenevi
Io sognavo giorni felici da poter vivere insieme
Forse mi sono fatto trascinare troppo e forse tu ti sei spaventata
Forse devo solo chiamarti e mettermi a gridare come un matto
Tutti i miei amici mi dicono che dovrei darmi una calmata
A nessuno piace ricevere troppa attenzione da un pazzo disperato
Io però non credo di potermi tenere dentro tutto quanto
Quando vedo quel tuo bel visino mi viene quasi da piangere
   Lo so che non è giusto
Io però devo combattere
Devo farti sapere che non ti voglio perdere
Il dolore mi uccide
Ma non posso lasciar stare
Devo farti sapere che non ti voglio perdere
   Mi ricordo i tempi in cui ero più forte di un muro
Potevano provarci quanto volevano, ma non mi spostavano di un passo
Adesso cado a pezzi quando dici il mio nome con quella voce dolce
Evaporo in anelli di fumo come una falena sulla tua fiamma
Ho perso ogni speranza di ritornare normale
Sarò tuo schiavo fino alla fine amara
Ci volessero anche cent’anni perché tu cambi idea
Io resterò qui ad aspettare, mia cara, fino alla fine dei tempi
   Lo so che non è giusto
Io però devo combattere
Devo farti sapere che non ti voglio perdere
Il dolore mi uccide
Ma non posso lasciar stare
Devo farti sapere che non ti voglio perdere
   Lo so che non è giusto
Io però devo combattere
Devo farti sapere che non ti voglio perdere
Il dolore mi uccide
Ma non posso lasciar stare
Devo farti sapere che non ti voglio perdere
       11. Get Me Some
Divertirmi un po’
   Al momento fa tutto schifo
Non riesco a esprimere le cose che voglio
Devo giocare a questo gioco
E lo sapete quanto sono idiote le regole della casa
Un giorno fuggirò da qua
E troverò quello che è vero nella mia anima (non me ne dimenticherò)
Mi ammazzo di lavoro
Perché non ho intenzione di arrendermi
Non ho intenzione di arrendermi
   Devo divertirmi un po’
Devo vivere la mia vita
Ho un cuore ferito
E nessun altro ha tempo
Non mi terranno mica fermo
Perché devo arrivare in cima
Devo divertirmi un po’
Devo fare un po’ di rock
Devo divertirmi un po’ ora, tesoro
   Poserò per le riviste
Comparirò sulla TV satellitare
In Detroit Metal City con diecimila persone fatte come me
Tutte quante canteranno le parole
E le ragazze mi dimostreranno che mi amano (fino in cielo)
Non ci torno più indietro
Sarò in giro coi miei fratelli
Sono in giro coi miei fratelli
   Devo divertirmi un po’
Devo vivere la mia vita
Ho un cuore ferito
E nessun altro ha tempo
Non mi terranno mica fermo
Perché devo arrivare in cima
Devo divertirmi un po’
Devo fare un po’ di rock
Devo divertirmi un po’ ora, tesoro
   Devo divertirmi un po’ ora, tesoro
   Devo divertirmi un po’
Devo vivere la mia vita
Ho un cuore ferito
E nessun altro ha tempo
Non mi terranno mica fermo
Perché devo arrivare in cima
Devo divertirmi un po’
Devo fare un po’ di rock
       12. Run Over by a Truck
Investito da un camion
   Prima cantavo delle canzoni di primo mattino
Zippity-doo-dah, zippity-ay
Mi facevo prendere dalla frenesia
Ma non lo faccio più ora, assolutamente no
Prima mi piaceva imparare a parlare cinese
“O kudasai” significa “tesoro, per favore”
Vi coniugavo i verbi con tutta facilità
Ma sono caduto di peso sulle ginocchia piegate
   Mi sembra di essere stato investito da un camion
Non mi frega molto di nessuna cosa
Sono felice di cantare
Mi manca la passione per fare qualsiasi cosa
Mi sembra di essere stato investito da un camion
Non mi frega molto di nessuna cosa
Per cui fatemi uno squillo
E ditemi di svegliarmi e di fare qualcosa
   Prima andavo al parco a giocare a basket
Facevo sù e giù per la fascia fino a sera
Doppio passo col piede destro
Finta con l’esterno del piede sinistro
Prima ci provavo con le ragazze in discoteca
Ne cercavo una per avere un po’ di amore
Lo show non finiva finché non arrivava il fante
Vecchi, giovani, grassi, scemi, volevo bene a tutti
   Mi sembra di essere stato investito da un camion
Non mi frega molto di nessuna cosa
Sono felice di cantare
Mi manca la passione per fare qualsiasi cosa
Mi sembra di essere stato investito da un camion
Non mi frega molto di nessuna cosa
Per cui fatemi uno squillo
E ditemi di svegliarmi e di fare qualcosa
   La nonna non è mai stata un’allocca
Nessuno ci provava ad avercela contro
Poteva insegnare a un furfante qualunque a ballare in Francia
Poi il suo aereo si è schiantato mentre andava a vedere i Cleveland Browns
Si affannava sul quarto down
Quanto sarei voluto esserci anch’io
Quanto sarei voluto esserci anch’io
   Mi sembra di essere stato investito da un camion
Non mi frega molto di nessuna cosa
Sono felice di cantare
Mi manca la passione per fare qualsiasi cosa
Mi sembra di essere stato investito da un camion
Non mi frega molto di nessuna cosa
Per cui fatemi uno squillo
E ditemi di svegliarmi e di fare qualcosa
       13. The Prettiest Girl in the Whole World
La ragazza più carina del mondo intero
   Signore e signori
La ragazza più carina del mondo intero
   La luce del sole mi cade sulla testa
Le tortorelle gridano “Buongiorno, amici”
   E io ho la ragazza più carina del mondo intero
E nessuno me la può togliere
E la sera quando esce a camminare da sola io aspetto a casa pazientemente
Non sono mai stato così felice
Non sono mai stato così sicuro
   Rose rosse che fioriscono
Ignare delle stagioni che cambiano, delle cure che riceveranno
   Ho la ragazza più carina del mondo intero
E nessuno me la può togliere
E la sera quando esce a camminare da sola io aspetto a casa pazientemente
Non sono mai stato così felice
Non sono mai stato così sicuro
Ho la ragazza più carina del mondo, e sono innamorato di lei
   Ho la ragazza più carina del mondo intero
E nessuno me la può togliere
E la sera quando esce a camminare da sola io aspetto a casa pazientemente
Non sono mai stato così felice
Non sono mai stato così sicuro
Ho la ragazza più carina del mondo, e sono innamorato di lei
       14. The Underdogs
Gli outsider
   Mi pare che tutto quello per cui ci battiamo viene tolto di mezzo
Mi pare che non se ne accorge nessuno, come se non ci fossimo
Ci fanno a pezzi e ci buttano in giro qua e là
Non lo sa nessuno quanto ci teniamo
   Quanto dolore, quante lacrime, quanta sofferenza
Ma quand’è che impariamo, eh?
Dobbiamo dare il massimo
E spingere finché non sfondiamo
   Puntiamo dritti alla vetta
Il nostro motore non si fermerà mai
È il nostro destino
Non c’è niente di troppo bello per essere vero
Sappiamo come gira
Buttiamo giù la porta
Preferivi essere a pranzo
Stavolta abbiamo un presentimento
Siamo gli outsider
   Le persone di cui ci fidavamo ci hanno proprio deluso
Tutti vogliono volare senza mai toccare terra
Ci trattano come le pedine di un gioco in scatola
E la colpa ce la dobbiamo prendere noi
   Non ce ne frega, non ci interessa
Non veniamo quando ci chiamano
Ci prendiamo quello che ci danno
Perché arrivare più in alto di tutti loro
   Puntiamo dritti alla vetta
Il nostro motore non si fermerà mai
È il nostro destino
Non c’è niente di troppo bello per essere vero
Sappiamo come gira
Buttiamo giù la porta
Preferivi essere a pranzo
Stavolta abbiamo un presentimento
Siamo gli outsider
   Proviamo il dolore
Sentiamo le parole
Ci battiamo finché non ci spezziamo
Per tutta questa sofferenza vi ringraziamo
   Puntiamo dritti alla vetta
Il nostro motore non si fermerà mai
È il nostro destino
Non c’è niente di troppo bello per essere vero
Sappiamo come gira
Buttiamo giù la porta
Preferivi essere a pranzo
Stavolta abbiamo un presentimento
Siamo gli outsider
       15. Turn Me Round
Girami dall’altra parte
   Il giorno che ti ho vista per la prima volta
Ho capito subito che dovevi essere mia
Eri carina che più non si poteva
Avevo bisogno di avere intorno una famiglia
   Nel corso di un anno, pian piano ho perso interesse
Adesso sei una rottura di coglioni, e ti devo lasciare
   Adesso girami dall’altra parte
Girami dall’altra parte, girami dall’altra parte
Adesso girami dall’altra parte
Girami dall’altra parte, girami dall’altra parte
   Zero amore intorno a noi
Per cui ho fatto una promessa
Ho fatto di tutto per mantenerla
Ma poi mi sono stancato
   Stanco di vedere la tua faccia
Di sistemare i tuoi casini
Di comprarti il cibo da mangiare
E ti devo lasciare
   Adesso girami dall’altra parte
Girami dall’altra parte, girami dall’altra parte
Adesso girami dall’altra parte
Girami dall’altra parte, girami dall’altra parte
   Vieni qua ancora, vieni qua ancora
Vieni qua finché non mi stufo di te, amica mia
   Stanco di vedere la tua faccia
Di sistemare i tuoi casini
Di comprarti il cibo da mangiare
E ti devo lasciare
   Adesso girami dall’altra parte
Girami dall’altra parte, girami dall’altra parte
Adesso girami dall’altra parte
Girami dall’altra parte, girami dall’altra parte
   Girami dall’altra parte, girami dall’altra parte
Girami dall’altra parte, girami dall’altra parte
   Girami dall’altra parte, girami dall’altra parte, girami dall’altra parte
Adesso girami dall’altra parte
Girami dall’altra parte, girami dall’altra parte
       16. The Story of My Life
La storia della mia vita
   Io e te assieme non funzioniamo
Ci diciamo solo “che bel sole oggi”
Ascoltami se hai tempo
   Sono completamente solo nella storia della mia vita
Non importa a nessuno se vivo o se muoio
Ho pensato di fartelo sapere
Certe persone non lo vengono mai a sapere
Spero che non te ne andrai mai
   Non aver paura, sono innocuo
Volevo solo esprimere questa cosa
Puoi prendere e andartene via se vuoi
   Sono completamente solo nella storia della mia vita
Non importa a nessuno se vivo o se muoio
Ho pensato di fartelo sapere
Certe persone non lo vengono mai a sapere
Spero che non te ne andrai mai
   Sono completamente solo nella storia della mia vita
Non importa a nessuno se vivo o se muoio
Sono completamente solo nella storia della mia vita
Non importa a nessuno se vivo o se muoio
   Sono completamente solo, sono completamente solo
Sono completamente solo, sono completamente solo
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Capitolo 45 - Jordan, i ragni e i coltelli spuntati
Nel capitolo precedente: Eddie, rientrato alla galleria, condivide con la band il testo che ha scritto per la canzone che sentiva attraverso la porta. Il pezzo si chiama Oceans. Inventa poi una scusa per andare via prima, dato che deve uscire con Angie, scusa accettata senza storie da Stone, anche lui impegnato in un appuntamento segreto. Meg telefona alla galleria per parlare con Mike e proporgli di vedersi, lui comincia ad avere dei dubbi per quanto riguarda un eventuale riavvicinamento e sembra intenzionato a rifiutare l'invito della ragazza. Arriva finalmente il momento del tanto agognato appuntamento tra Eddie ed Angie, ma Angie non sa che è un appuntamento: era convinta che sarebbero usciti anche con gli altri ragazzi della band. Eddie, colto alla sprovvista, decide di non rivelare le sue vere intenzioni e di stare al gioco, perciò racconta ad Angie che gli amici hanno tirato il pacco per i motivi più disparati. I due escono ugualmente. Eddie trova nella macchina di Angie una cassetta che lei ha fatto per lui, vorrebbe sentirla, ma Angie è fermamente decisa a non dargliela prima della sua partenza. I due trascorrono l'intera serata al Pike Place Market. Prima di salutarsi Eddie dice a Angie che gli piacerebbe uscire di nuovo da solo con lei. Una volta tornata a casa, Angie scopre del due di picche di Mike, Meg viene a sapere dell'uscita tra Eddie e la sua amica e la tempesta di domande alludendo a possibili risvolti romantici, che però vengono respinti al mittente. Stone riaccompagna Grace a casa dopo la loro uscita, che a quanto pare è andata molto bene, e scopre che la sedia rotta è stata sostituita. Grace però, dopo aver finto nonchalance, rivela che non riesce a darsi pace per quella sedia “estranea” in casa. Stone propone di risolvere il problema mischiando le sedie, ma Grace non glielo permette perché impazzirebbe all'idea di non sapere qual è la sedia incriminata. Dopo un piccolo botta e risposta Stone e Grace si baciano.
***
“Ma io dico, si può perdere così?” domando incredulo al mio socio, seduto all'altra estremità del divano, mentre mi passa la ciotola dei popcorn, o almeno di ciò che ne resta.
“Già... però che partita, eh?”
“I Bulls stanno crescendo, potrebbero pure conquistarselo questo campionato. Certo, evitare di perdere da stronzi aiuterebbe”
Eddie, con la bocca piena di una manciata di popcorn, risponde con un cenno di assenso, mentre sullo schermo della tv scorrono le immagini dell'intervista a caldo del coach dei vincenti San Antonio Spurs e il telefono comincia a squillare.
“Chi sarà?” chiede Eddie masticando.
“Non lo so, sicuramente qualcuno che avrebbe rischiato seriamente la morte se avesse chiamato anche solo cinque minuti fa” borbotto cercando di allungarmi verso la poltrona accanto per acchiappare il cordless senza alzarmi dal divano. E facendolo ovviamente cadere. Ma la sfortuna non può nulla contro la mia pigrizia, un paio di strattoni al tappeto ed ecco il telefono magicamente nelle mie mani. Eddie osserva la scena in un misto di perplessità e totale rassegnazione all'avere a che fare con un deficiente.
Premo il pulsante per rispondere alla chiamata e ancora prima di avvicinarmi all'orecchio il telefono sento dei colpi di tosse provenire dall'apparecchio.
“Pronto?”
“Ehi Jeff”
“Angie?” la riconosco subito e nel preciso istante in cui la nomino Eddie si volta verso di me di scatto. Il poverino non si aspettava di trovarmi lì, pronto, a fissarlo col mio sorrisetto del cazzo, in attesa una sua reazione, così per dissimulare il suo interesse mi fa segno di ripassargli la ciotola, dove ormai rimane giusto qualche briciola e qualche chicco di granturco non scoppiato, fingendo un'improvvisa crisi di astinenza da pop corn.
“Bravissimo! La demenza senile non ha ancora preso il sopravvento su di te. Come va?”
“Io tutto bene, grazie, ma, a giudicare dalla voce, non posso dire altrettanto di te, cara giovincella”
“Sono un po' raffreddata, tanto per cambiare”
“Non ci provare nemmeno”
“Cosa?”
“Ad accampare scuse per non venire al concerto di domani sera”
“Non sto accampando scuse e non ho nominato il concerto” certo, come se non ti conoscessi!
“Intanto stai cominciando a mettere le mani avanti”
“Ma io ci vengo al concerto, non ti preoccupare!”
“Ecco, lo spero per te, o è la volta buona che io e Stone ti togliamo il saluto per sempre”
“Quante storie! Allora io cosa dovrei fare dopo l'altra sera? Non rivolgervi più la parola?”
“L'altra sera? Che sera?” non so di cosa stia parlando, ma il rumore della ciotola dei popcorn che rotola a terra alla mia sinistra mi fa capire a chi potrei chiedere chiarimenti in proposito.
“La settimana scorsa, ci avete tirato tutti quanti un pacco grande come una casa, non fare il finto tonto!”
“Io non tiro pacchi, aspe-”
“OH JEFF! JEFF! GUARDA, STANNO INTERVISTANDO JORDAN!” il piccolo coglione con cui condivido l'appartamento ha raccolto al volo il casino che ha fatto in terra e ora sta alzando al massimo il volume della tv, mentre mi scuote per una spalla cercando di distrarmi dalla conversazione telefonica. Pensa davvero che io sia così stupido?
“Ah bene, c'è anche Eddie! Poi... poi me lo passi per favore? Dovrei chiedergli ehm una cosa...”
“Certo... aspetta solo un secondo, ok?” mi appoggio la cornetta al petto e con calma prendo il telecomando dalle mani di Vedder, per poi premere MUTE “Allora?”
“Allora che?” mi fissa inebetito come se davvero non sapesse di cosa sto parlando.
“Cos'è questa storia di Angie e del pacco? E come mai sento che c'entri tu?” continuo sottovoce.
“Non ne ho idea, non so di cosa stai pa-”
“Eddie, piantala”
“E' una sciocchezza, non vale neanche la pena parlarne”
“Se vuoi che ti regga il gioco e ti pari il culo devi dirmi tutto, se no cazzi tuoi”
“Uhm... ok, va bene, ti dirò tutto... dopo” si arrende subito il caro Eddie.
“Allora c'entri tu sul serio?”
“Sì” ammette e io, soddisfatto, posso tornare trionfante alla chiacchierata con quel catorcio di Angie.
“Eccomi, si era incastrato il tasto del telecomando. Scusa per l'attesa... e per il bidone dell'altra sera. Avevo da fare, sai com'è”
“Sì sì, Eddie me l'ha detto, però potevi portare anche Laura. Insomma, capisco che vogliate anche starvene un po' per i cazzi vostri, non dico di no, ne avete tutto il diritto, però potevamo almeno cenare insieme”
“A volte si ha bisogno di un po' di intimità Angie, non so come spiegartelo, ti faccio un disegnino e domani sera te lo porto, ok?”
“Spiritoso”
“Dai, scherzo, era solo una battuta per rimarcare il fatto che domani ci devi essere”
“Ci sarò, non dubitare”
“Perfetto, ti passo Eddie allora. E per una sera lascia stare ascensori e macchine da scrivere, mi raccomando!” porgo la cornetta a Eddie mentre Angie mi sta ancora insultando tra un colpo di tosse e l'altro “Vuole parlare con te”
“Oh ok...” Eddie prende riluttante il telefono, ma appena se lo mette all'orecchio, al solo dire “Pronto”, ancora prima di sentire una qualsiasi risposta dall'altra parte, ha già cambiato espressione, assumendone una sognante con sorrisone annesso. Sarei curioso di seguire tutto l'iter della telefonata, ma il mio amico si sente subito osservato e mentre parla con Angie accertandosi della sua salute si allontana come se nulla fosse prima in cucina, con la scusa di portare via la ciotola ormai vuota e un paio di lattine da buttare, e poi direttamente in camera sua, dalla quale esce una decina di minuti dopo, senza telefono, ma con felpa, giacca e Chuck Taylor slacciate ai piedi.
“Esci?”
“Sì, faccio un giro” risponde sedendosi sul divano e chinandosi per allacciarsi le stringhe.
“Con Angie?”
“Ma va... no! Mica vado da Angie!” se stringe quei lacci un altro po' gli verranno i piedini come le povere geishe.
“No?”
“Nah, mi devo beccare... con Ian, il mio collega di lavoro. E poi forse andiamo da Cornell” spiega senza guardarmi.
“Cornell”
“Sì”
“Quello che abita di fianco ad Angie?” aggiungo con un ghigno.
“Non vado da Angie, punto” ribadisce scocciato.
“Ok. Ti vedi spesso con Cornell ultimamente o sbaglio?”
“Sì, può essere... Perché?” domanda guardandomi con sospetto.
“Non è che poi Angie è gelosa?”
“Vaffanculo, Jeff” sbuffa alzandosi e filando di nuovo in camera sua, per prendere chissà cosa.
“Dove vai?” gli chiedo di nuovo quando lo vedo sgattaiolare verso la porta senza salutare.
“Non vado da Angie! Quante volte te lo devo dire?!”
“Ok ok, ho capito, ma... non stai dimenticando qualcosa?”
“Vuoi venire anche tu?” e mentre lo chiede si vede lontano un miglio che sta bluffando e mi piacerebbe dirgli di sì, tanto per vedere come ne uscirebbe. Ma non sono così stronzo, non sono Stone.
“Nah, domani abbiamo il concerto e il mattino dopo partiamo, preferisco non fare niente stasera”
“E quindi? Vuoi il bacio della buona notte?”
“No, voglio sapere a che punto sei con Angelina, che cazzo hai combinato e che c'entriamo io e gli altri” elenco i tre punti di mio interesse contandoli uno per uno sulle dita.
“Adesso?”
“Adesso”
“Sbaglio o avevi detto che non avresti più accennato all'argomento e avremmo fatto finta di non averne mai parlato?”
“Consideralo un piccolo break”
“Beh, ecco...” Eddie tentenna all'inizio, ma poi cede e racconta del suo approccio malriuscito con Angie e del nostro presunto bidone di gruppo, rimanendo però molto vago su come sia andata la loro uscita vera e propria.
“Cazzo Eddie, però, anche tu...”
“Avevi detto di chiederle di uscire, no? E io gliel'ho chiesto”
“Sì, ma non ha neanche capito cosa cazzo le stavi chiedendo!”
“Pensavo fosse chiaro”
“Ma quando hai capito che lei non aveva capito... perché non gliel'hai spiegato?” se la tua bella ha delle lacune, sta a te colmarle, amico.
“Mi ha preso alla sprovvista!”
“Sei un idiota”
“Comunque è andata bene”
“Lo capisci che non è un appuntamento se lei non lo sa, vero? Insomma, non vale”
“Va beh, non deve essere necessiariamente un appuntamento, perché bisogna sempre dare un nome alle cose? Basta con queste etichette, insomma, siamo stati bene, stiamo bene, perché farsi tante paranoie?”
“Ok” lo fisso brevemente e infine rispondo con un'alzata di spalle.
“Ok”
“E' già qualcosa. E se va bene a te...” che tradotto sarebbe se te la fai troppo sotto per provarci seriamente, cazzi tuoi.
“Mi va bene, benissimo” risponde lui a bocca quasi serrata mentre si alza.
Stronzata megagalattica.
“Vai?”
“Sì, buona notte”
“Non fare casino quando rientri... se rientri” quanto mi piace farlo incazzare, sto diventando sadico come Gossard e non mi vergogno ad ammetterlo.
“Certo che rientro! Ci vediamo”
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Diversamente da Diane Keaton nel film intravisto non molto tempo fa, io mi sento tremendamente in colpa nel momento stesso in cui metto giù il telefono dopo aver parlato con Eddie. Perché va bene tutto, l'amicizia, i patti, la fiducia, ma oggettivamente non puoi chiamare una persona alle dieci e mezza di sera e chiedergli così, di punto in bianco, di attraversare la città per... per cosa? Per una cazzata, su, ammettiamolo! Chiamiamo le cose col loro nome.
Però non è colpa mia se Meg è dovuta uscire con Melanie proprio stasera.
Ma cosa c'entra?! Non sei più una cazzo di bambina, sei un'adulta. E una normale persona adulta non si comporterebbe così, una persona normale risolverebbe il problema in cinque minuti, con una ciabatta, o una scopa viste le dimensioni, una scopa molto robusta, senza tante storie e senza scomodare gli altri. E allora che senso ha andare a vivere da sola, lavorare ed essere indipendente, se poi continuo a rivolgermi agli altri per queste stronzate?
Però è stata un'idea di Eddie, in fondo.
Certo, perché Eddie è un buon amico, è leale e mantiene le promesse e ancora prima di telefonargli sapevi già che sarebbe venuto se lo avessi chiamato.
Però la colpa è anche di questo essere immondo, non poteva sistemarsi in sala? Si sta anche più caldi qui... beh, si fa per dire. Certamente di più che in bagno. Io avrei potuto barricarmi tranquillamente in camera mia, cosa che per altro sto già facendo causa frebbre. Oppure avrebbe potuto semplicemente nascondersi un pochino meglio e saltare fuori dopo la mia pipì serale, per poi essere libero (o libera?) di fare il bello e il cattivo tempo in tutto il resto della casa, almeno fino all'arrivo di Meg.
Come no, perché la natura e ogni elemento che ne fa parte sono tenuti ad essere a conoscenza delle tue abitudini e comportarsi di conseguenza, certo.
Il mio dibattito interiore è così avvincente che non mi accorgo del tempo che passa, oppure sarà colpa della febbre: suonano al citofono, Eddie è già qui. Gli apro e apro anche la porta dell'appartamento, stringendomi nella coperta marroncina che mi trascino ovunque peggio di Linus, e nell'attesa che il mio eroe arrivi, vado in fissa sulla vestaglia di peluche rosa appesa all'attaccapanni nell'ingresso, mentre vengo assalita da un'irrefrenabile voglia di metterla. Sarà anche vero che mi fa assomigliare a un marsh mallow, ma sicuramente mi darebbe un aspetto più presentabile rispetto al look in stile taco con troppo ripieno. Quando, nel silenzio del corridoio esterno, sento il rumore della porta dell'ascensore che si apre e si chiude, mi srotolo la coperta di dosso e la lancio nel ripostiglio, infilandomi la vestaglia al volo. Mi risistemo anche il mollettone sulla testa, specchiandomi brevemente e, allo stesso tempo, cercando di resistere all'urto di vomito causato dalla mia faccia ancora più pallida del solito, eccezion fatta per le occhiaie nere da panda e il naso rosso.
“Ehi” mi sorride appena mi vede e mi sento improvvisamente più rilassata. Ma anche più imbecille.
“Eddie sono mortificata” metto subito le cose in chiaro, mentre Eddie mi abbraccia, indugiando qualche secondo nell'accarezzare il morbido tessuto della vestaglia sulla mia schiena.
“Oh, il mio antistress preferito”
“Lo so che sono malata di mente, me ne rendo conto”
“Non stare sulla porta, entriamo che fa freddo” mi scioglie dall'abbraccio ed entra nell'appartamento tirandomi dietro a sé, mentre io continuo a chiedere perdono.
“Scusami se sono una cretina”
“Oddio, non che dentro cambi più di tanto? Non hanno ancora fatto aggiustare i riscaldamenti?” domanda un po' imbronciato.
“Non dovevi venire”
“E allora perché mi avete chiamato, Vostra Maestà?” il suo sguardo si addolcisce mentre mi trascina in sala e io sembro aver dimenticato come camminare.
“Perché Meg non c'è, è uscita con Melanie e non so dove sono andate, non ho neanche il numero di casa sua. E comunque anche se ce l'avessi non avrei chiamato, ultimamente è piuttosto giù, non voglio rovinarle una bella serata”
“Hai fatto bene, la mia serata era rovinabilissima invece” commenta mentre scorre con le dita tra le riviste sul tavolino e ne sceglie una, non so per quale ragione.
“Oddio, scusa Eddie, mi dispiace tanto!”
“Ahah ma guarda che non ero ironico, era una serata noiosamente inutile, neanche la partita le ha dato un senso, ci volevi tu”
“Hai visto che merda! Come cazzo si fa a farsi rimontare tutti quei punti alla fine?? Io non lo so”
“L'hai guardata anche tu allora, donna che è solo superficialmente interessata al basket?”
“L'ho vista di sfuggita, per distrarmi. E per sapere quando sarebbe finita, così avrei potuto chiamarti”
“Potevi chiamarmi anche prima, stupida, puoi chiamarmi quando vuoi”
“Dubito che Jeff sia dello stesso avviso. A proposito, non gliel'hai detto vero? Gli ho già dato abbastanza ragioni per prendermi per il culo per due vite, non mi sembra il caso di aggiungere altro materiale”
“Non gli ho detto nulla, tranquilla, nemmeno che venivo qui”
“Grazie”
“Di nulla...” mi circonda le spalle con un braccio e fa scontrare delicatamente e senza un motivo le nostre tempie, per poi prendere a studiare il mio viso da vicino con quegli occhi penetranti, probabilmente si sta chiedendo se per caso sono morta e non lo so “Andiamo subito al sodo, che dici?”
“Eh?”
“Dov'è il mostro?”
“Ah! E' di là, in bagno” indico il corridoio con l'indice e lui fa per andarci subito.
“Aspetta! Non ucciderlo, mi raccomando”
“Sì, lo so, tranquilla”
“Cioè, solo se è strettamente necessario, ma se non lo fai è meglio”
“Va bene”
“E se usi il giornale per prendere il ragno, poi buttalo”
“Addirittura?”
“Non fare domande, esegui e basta. Ehm ehm, per favore?”
“D'accordo, mia regina”
Il tutto dura due minuti di orologio, dopodiché sento il rumore dello sciacquone, poi quello della porta del bagno e vedo Eddie comparire di nuovo in soggiorno.
“L'hai ucciso?!”
“No”
“Non mentire, ho sentito che hai tirato l'acqua...”
“Ah quello! No, ne ho approfittato per andare in bagno, sai com'è”
“Allora è vivo?”
“Presumo di sì”
“Come presumi??”
“Non so, io l'ho accompagnato fuori dalla finestra, poi non so cosa ne è stato di lui”
“O lei”
“O lei eheh, già. Non so che ha fatto dopo, io l'ho liberato, ora deve camminare sulle sue gambe. Tutte e otto”
“Brrrrr non farmi pensare alle sue zampe!”
“Comunque se non ho visto male è finito su un davanzale del secondo piano”
“L'infermiera che ci odia! Questo è karma, Meg sarebbe fiera di te”
“E tu? Sei fiera di me?” domanda avvicinandosi e afferrando un capo della cintura della mia vestaglia con le dita.
“Sì, moltissimo, grazie!” gli do una pacca sulla spalla, dopodiché corro in direzione del bagno “Scusa se ti pianto qui da solo, ma devo fare quello che avrei voluto fare un paio d'ore fa”
“Ahahah vai tranquilla!”
Al ritorno dal bagno, trovo Eddie stravaccato sul divano, intento a sfogliare la rivista di prima. Non saprò mai se l'ha usata o meno per accompagnare fuori l'ospite indesiderato e non ho intenzione di chiederglielo.
“Grazie mille Eddie, sei stato un vero amico. Ora puoi andare”
“Mi stai mandando via?” risponde alzando lo sguardo dal giornale facendo il faccino triste.
“Cos... no, ovviamente no! E' che... beh, sono piena di microbi e tu hai un concerto domani, nonché un tour nelle prossime settimane, il primo vero tour con la band, non posso permettermi di farti ammalare”
“Nah, non mi ammalo mica per così poco”
“Ti sei ammalato dopo un giorno che eri a Seattle”
“Dov'è finito il televisore? L'hai lanciato al ragno per eliminarlo ed è finito anch'esso fuori dalla finestra?”
“Scherzi? Col rischio di mancarlo e farlo incazzare aizzandolo ancora di più contro di me? Non lo avrei mai fatto. Comunque la tv è in camera mia, l'abbiamo spostata lì perché è quello il luogo dove vegeto da un paio di giorni a questa parte”
“Hai la febbre? Fa' sentire” Eddie si alza dal divano e mi mette una mano sulla fronte, dopodiché appoggia l'altra sulla sua, con lo sguardo pensieroso rivolto chissà dove. A un certo punto tira giù entrambe le mani e le posiziona sulle mie spalle, mentre accosta una delle sue guanciotte alla mia fronte. La cosa in sé mi fa sorridere, perché è lo stesso metodo che usava mio padre per misurarmi la febbre quando stavo male e mamma non c'era, anziché mettersi a cercare il termometro, che tanto non avrebbe trovato perché mio padre non trova mai niente, non sa nulla di cosa ci sia in casa e dove sia esattamente, le uniche stanze che conosce a menadito sono la camera oscura e quella delle chitarre, ha problemi anche a rintracciare oggetti nel suo stesso studio. Tuttavia il mio sorriso è solo mentale, all'esterno sono un rigido pezzo di legno che non sa bene che fare, visto che è Eddie quello che sta strofinando la sua pelle contro la mia.
“Quindi le tue armi hanno anche funzione di termometro?”
“Ahahah a volte”
“E che dicono?”
“Che avrai ancora qualche lineetta, devi stare al caldo. Impresa ardua in questa specie di frigorifero”
“Era proprio quello il mio piano. Me ne torno a letto a guardare per l'ennesima volta Essi vivono finché non crollo vittima del paracetamolo”
“Essi vivono? Mai visto”
“Che?! Come puoi non averlo visto, è un filmone!” esclamo sconcertata, perdendo probabilmente quel po' di voce che mi restava, mentre lui reagisce facendo spallucce.
“Di che parla?”
“Alieni e occhiali da sole”
“Mi stai prendendo per il culo?”
“No, e il protagonista è un wrestler”
“Ok, mi stai prendendo per il culo”
“Ahahah no, è la pura verità, è un bellissimo film”
“Ho capito, è uno di quei film talmente brutti e trash che fanno il giro e diventano belli”
“No no, ti giuro, è un film bello sul serio, è un film di fantascienza, ma anche un horror, e con un bel po' di commedia che non ci sta male. E ha anche un messaggio socio-politico non indifferente”
“Una commedia horror fantascientifica impegnata?”
“Esattamente! Ti ho mai detto che adoro il tuo dono della sintesi?”
“No, non mi pare. Ed è una gran bella sensazione, dimmele più spesso cose del genere”
“Dai, adesso devi guardarlo per forza, vieni” faccio per prenderlo per un braccio, ma non sembra intenzionato a muoversi.
“Ma forse tu volevi stare tranquilla da sola... non stai bene”
“Appunto, non sto bene, mi fai compagnia, su!”
“E se mi ammalo?”
“Ci penserà Stone a imbottirti di farmaci e farti alzare il culo, non ti preoccupare” ribadisco strattonandolo più forte e riuscendo finalmente a farmi seguire nella mia stanza.
“E' di Mapplethorpe?” Eddie è seduto sul mio letto mentre io armeggio con il videoregistratore e sembra interessato a tutto tranne che a quello che sto facendo.
“No, è di una fotografa che si chiama Judy Linn” spiego riferendomi alla foto di Patti Smith che campeggia sulla porta.
“E' molto bella, mi piace il suo sguardo, e i guanti bianchi. E la videocamera che sta reggendo, mi piace il modo in cui l'obiettivo, beh, è come se uscisse dalla foto, come se andasse oltre” Eddie elenca praticamente ogni singolo dettaglio che io stessa amo di quello scatto.
“Mi piace un sacco quella foto. Allora sei pronto? Pronto a mettere gli occhiali da sole e scoprire la verità?” una volta finito di riavvolgere la cassetta, la faccio ripartire e mi siedo sul letto accanto a Eddie, sistemandomi il cuscino dietro la schiena.
“Non ancora, prima volevo sapere come sono andati gli esami” Eddie mi guarda e sorride mentre tocca a sua insaputa il tasto più dolente.
“Credo che il film sia già abbastanza spaventoso di suo, non aggiungiamo altro orrore”
“Eheheh dai, non dire cazzate, sarà andata benissimo”
“E invece no, non è andata affatto benissimo, è andata male,” confesso sospirando “peggio di quanto pensassi”
“Addirittura? Non li hai passati?”
“Ma no, li ho passati tutti”
“Allora lo vedi che dici cazzate, sono andati benone!”
“Ok, ma non basta passare. Li ho passati praticamente tutti con poco più della sufficienza, Letteratura comparata proprio per un pelo, quasi col minimo, quello che mi è andato meglio è stato l'esame di Tedesco, dove comunque non ho preso un voto esagerato” spiego mentre sullo schermo scorre l'elenco dei divieti di riproduzione e copia pirata del film.
“Ach so”
“Ho creato un mostro” nascondo a fatica il mezzo sorriso che è riuscito a strapparmi.
“Eheh dai, è normale, almeno penso lo sia. Sai, in un attimo di follia avevo deciso di tentare una carriera universitaria a San Diego, ma dopo il primo trimestre ho mollato, quindi il mio giudizio in proposito non è autorevole. Diciamo che il passaggio dal liceo all'università è sempre difficile e i primi esami sono un po' un'incognita perché non sai cosa ti aspetta, ti servono più che altro per orientarti”
“Per il momento mi sono serviti per capire che sono una capra”
“Non dire così, una capra non li avrebbe mai passati quegli esami, se non altro per la difficoltà di impugnare una penna con gli zoccoli”
“Se non li avessi passati mi sarei ritirata un minuto dopo averlo saputo”
“Perché? Ad Angie Pacifico non è permesso sbagliare?” scherza, ma non so fino a che punto, visto che ci ha preso in pieno.
“No. Non fraintendermi, io non sono mai stata una secchiona, diciamo che ho buona  memoria e me la so cavare con le parole, aggiungici un po' di studio e mi è sempre andata bene. Ma qui è diverso, non sono al liceo, sono all'università, un'università che ho scelto io, che pago fior di soldi, non faccio materie che mi vengono imposte di cui non me ne frega niente, sono argomenti che mi interessano, è la mia passione, quello di cui vorrei occuparmi lavorativamente parlando, il mio sogno. Mi aspetto di eccellere in tutto, non di arrancare anche solo per passare”
“Il fatto di essere appassionati di una materia non la rende automaticamente facile, Angie”
“Quindi se tu frequentassi... boh, l'Università del rock e prendessi una sufficienza risicata all'esame sugli Who saresti comunque fiero di te stesso?”
“Oddio, dov'è l'Università del rock? Voglio andarci!”
“E' facile, giusto accanto alla Rock'n'roll High School” ribatto sorniona.
“Senti, ok, capisco che tu sia un po' delusa, magari devi solo inquadrare meglio il metodo, insomma, come devi studiare, perché sul quanto non mi pare ci siano pecche da parte tua”
“Infatti, quello è uno dei problemi fondamentali. Sono sempre stata abituata a studiare in maniera diversa, prendere appunti, memorizzare i concetti chiave, trattare in maniera più approfondita i temi su cui insiste il professore durante la spiegazione e fare in maniera più veloce il resto, invece qui è tutto diverso. Per l'esame che è andato peggio, ad esempio, ho cannato in pieno cosa studiare, ho studiato un mare di roba inutile e saltato a pié pari cose che invece si sono rivelate importanti”
“Beh, direi che hai ben chiara la situazione. Insomma, hai capito dove hai sbagliato, no? I prossimi andranno meglio, non ti coglieranno impreparata”
“Stavo pensando di rifiutare il voto di quell'esame e ridarlo la prossima sessione”
“Cosa? E perché?”
“Per cercare di tirare su la media e per non dare al professore l'idea che io sia una fancazzista che si accontenta di galleggiare, una cazzona che ha scelto la scuola di cinema perché non ha voglia di studiare. Non voglio pensi che non ho fatto nulla per mesi, perché questo è ciò che viene fuori da quell'esame, è così che sembra, ma non è la realtà. Quell'esame e quel voto non mi rappresentano, voglio dimostrare chi sono veramente”
“Wow, beh, mi piace questo slancio di orgoglio da parte tua, una volta tanto”
“Grazie!”
“Peccato venga fuori nel momento sbagliato, perché in questo caso faresti una grandissima cazzata, scusa se te lo dico”
“Perché?” chiedo perplessa dopo che mi ha smontata in due secondi. Onestamente non è il tipo di reazione che mi aspettavo, stanno sempre tutti a menarla sulla mia scarsa autostima e fiducia in me stessa e nelle mie capacità, per una volta che penso sinceramente di meritare di meglio speravo in un po' più di supporto, specialmente da parte di Eddie.
“Perché alla prossima sessione avrai altri esami, no?”
“Beh, sì...”
“Quindi non solo dovresti studiare per quelli, e dovresti studiare bene per alzare la media, come dici tu, ma ti troveresti il vecchio esame ancora sul groppone, che significa altra roba da studiare. E' facile immaginare come finirebbe, o ti concentreresti sul vecchio esame tralasciando gli altri o faresti un esame tale e quale al primo, faticando anche con gli altri perché non hai avuto abbastanza tempo per studiare tutto”
“Beh...”
“E poi, chi ti dice che andrebbe meglio una seconda volta? Che accadrebbe se per disgrazia non lo passassi o ottenessi un voto inferiore?”
“Senza dubbio, opterei per seguire la sorte del ragno, ma senza aggrapparmi al davanzale del secondo piano”
“A me sembra che tu voglia ridare l'esame essenzialmente per una questione di brutta figura, non tanto per te stessa, ma piuttosto per gli altri, i professori, i tuoi genitori, chi lo sa, magari anche per noi cazzo, perché tutti noi ti vediamo come una ragazza studiosa. Voglio dire, che cazzo te ne frega di cosa pensano gli altri e tantomeno i professori? Che poi, quasi sicuramente non pensano nulla. Puoi rifarti coi prossimi esami, perché devi andare a incasinarti di più col rischio di toppare sia l'uno che gli altri?”
“Forse hai ragione”
“Certo che ho ragione. Sei troppo severa con te stessa, dovresti apprezzare di più quello che hai ottenuto, anziché avvilirti per quello che hai sbagliato. Cazzo, studi e lavori sodo, ti mantieni e ti paghi l'università a quanto ho capito”
“Per metà, l'altra metà la pagano i miei. E' anche per loro che avrei voluto fare di più, comunque c'è un loro investimento dietro, e non solo economico”
“Beh, fai tutte queste cose e hai perfino una vita sociale e ciononostante hai passato tutti gli esami. Ora, io non conosco tua madre, ma ho avuto l'occasione di conoscere Ray e non mi dà l'idea di uno che disconosce la figlia perché non ha il massimo dei voti. Credo sia orgoglioso di te a priori, o sbaglio?”
“Già...” non sbagli affatto, probabilmente sarebbe orgoglioso di me anche se rapinassi banche, è proprio per quello che la sua opinione non fa testo.
“Sinceramente, pensaci bene prima di prendere decisioni di questo tipo, non voglio fare il saggio della situazione e ti assicuro che a sentirmi parlare così un po' sto spaventando me stesso, ma in questo caso si può dire che ne va del tuo futuro. Fossi in te io accetterei questi voti e direi 'ok, abbiamo scherzato fin qui, adesso facciamo sul serio'. Che ne dici?”
“Effettivamente Letteratura comparata sono tre libri da studiare più la dispensa e tutte le schede, nonché i film da vedere. E' un bel mattone e non posso neanche dire, va beh, un po' l'ho già studiata, perché la dovrei praticamente ristudiare da capo”
“Appunto. Quindi?”
“Quindi devo prendere quei voti del cazzo, portarmeli a casa e stare zitta, vero?”
“Credo sia la cosa più saggia da fare”
“Mi sa di sì... Però non posso fare a meno di essere delusa”
“La delusione ti spingerà a fare meglio al prossimo giro”
“Al momento mi sta solo spingendo sempre più lontano da una qualsiasi borsa di studio. Ne dovrò servire di hamburger per continuare a studiare!”
“Allora, lo vediamo o no questo capolavoro della cinematografia?”
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“Meg, devo confessarti una cosa”
“Mmm ok”
“Mi vergogno come una ladra, però devo dirtelo per forza”
“E devi dirmelo per forza qui sul pianerottolo”
“Oh... eheheh no, scusa, entriamo prima” i ricci di Melanie vengono scossi dalla sua risata sommessa mentre infila la chiave nella toppa e apre la porta del suo appartamento. Sono le quattro e mezza del mattino e dopo una nottata passata esclusivamente a bere e ballare, accetto volentieri l'invito a casa sua per un caffè di ripiglio. Chissà se mi concederebbe anche il suo divano se glielo chiedessi. Giusto per qualche ora, onde evitare di irrompere in casa mia e svegliare la coinquilina già malaticcia all'alba. Chissà se sta un po' meglio, almeno abbastanza da poter venire all'Off Ramp... che poi, io non so neanche se ci vado. Voglio dire, lo so che ci devo andare e alla fine ci andrò, ma con che faccia guarderò Mike dopo il suo discorso?
L'appartamento di Melanie è esattamente come te lo aspetti conoscendola: arredamento semplice, ma elegante, divanetto e poltrone in pelle, televisore ultimo modello, idem per lo stereo, fotografie in bianco e nero di moda alle pareti, lampade di design, trionfo dei colori pastello.
“Allora, che mi devi dire di così tragico? Non mi dire che quando mi sono allontanata ti sei fatta l'avvocato viscido” le chiedo riferendomi a uno dei falliti che ha tentato di abbordarci nel locale.
“Che? Sei pazza, no! Per carità!” si difende lei schifata, mentre si avvicina con due tazzone bollenti di caffè e me ne porge una, prima di sedersi accanto a me sul divano.
“E allora cos'è successo?”
“Non so come dirtelo”
“Prova con parole tue”
“Ieri sono andata da Mike”
“Oh mio dio! Non credevo l'avresti fatto davvero, gli hai davvero rigato la macchina?? Pensavo lo dicessi tanto per sfogarti. Che insulto gli hai scritto?”
“No, era giusto uno sfogo infatti, non ho fatto niente, nessun atto vandalico”
“Che hai combinato allora al poveretto?” chiedo cercando di nascondere con un ghigno il mio imbarazzo nel parlare di lui.
“Beh ecco io...”
“E' così tremendo?”
“Dipende dai punti di vista: gli ho detto che potevamo tornare assieme” risponde lei innocentemente e se non sputo caffè su questo cazzo di divano azzurro di merda è solo perché nel momento in cui me lo dice ho già mandato giù il sorso.
“Prego?”
“Sì, insomma, gli ho detto che lo perdonavo e che forse avevo un po' esagerato... non guardarmi così, lo so cosa stai pensando”
“Non credo proprio, te lo assicuro”
“Che sono un'incoerente del cazzo, dato che fino all'altro giorno sputavo merda su Mike e non perdevo occasione per inviargli maledizioni varie”
“Beh, effettivamente”
“E' che mi sono accorta che stavo ingigantendo la cosa in una maniera esagerata, perché alla fine Mike avrà un sacco di difetti, ma non ha fatto nulla di grave, voglio dire, parlando con te ho capito che non c'è stato più niente tra voi da quando avete smesso di frequentarvi, e allora che mi incazzo a fare? Per cosa? Perché ha omesso di parlarmi della vostra storia precedente? Se l'ha fatto è anche perché so essere rompicoglioni come poche, voleva evitare che piantassi un casino per niente, cosa che poi inevitabilmente ho finito per fare”
“Però hai anche ribadito più volte, citando decine di aneddoti, che le cose non andavano granché bene già da prima... o sbaglio?”
“Sì, ma alla fine la colpa non sta mai da una parte sola in una coppia, non credi? Chiaramente lui si stava allontanando da me, e su questo non ci piove, ma io ho sbagliato perché avrei dovuto cercare di capire i motivi per affrontarli, anziché approfittare del suo primo passo falso per scaricarlo. Sembra quasi che non aspettassi altro che una scusa per mollarlo, ma in realtà non è così, io ci tenevo a lui. Ci tengo tuttora” continua lei mentre sprofondo sempre di più nel divano stritolando l'angolo di uno dei cuscini tra le dita senza farmi vedere.
“Ok, e allora? Ti vergogni perché sei tornata con Mike dopo averne parlato male con me? Mica ti devi vergognare, non mi devi nessuna spiegazione, alla fine devi fare quello che ti senti, se avete fatto pace buon per voi”
“Non abbiamo fatto pace. E non sono tornata con lui” sono le parole magiche che salvano il cuscino dalla distruzione totale.
“Come no? Ma se hai appena detto-”
“Ho detto che gliel'ho chiesto, ma lui ha detto di no, non ne ha la minima intenzione. Capisci, non ne vuole più sapere di tornare con me! Gli sono stata così addosso che l'ho allontanato definitivamente. Brava Melanie, complimenti!” appoggia la tazza colma del caffè che non ha praticamente ancora toccato sul tavolino accanto al divano e si fa un applauso ironico da sola.
“E perché? Cioè, che ti ha detto di preciso? E' arrabbiato o cosa?” cerco di estorcerle qualche informazione in più, chissà che a Melanie non abbia dato una spiegazione più specifica di devo capire cosa voglio.
“Penso di sì, ma lui ha detto che ha bisogno di chiarirsi le idee, che non sa cosa prova per me, che deve capire... Che cazzo deve capire? Fino a qualche giorno fa mi amava, abbiamo litigato, ora il motivo del litigio è rientrato, dovrebbe tornare tutto come prima, no? E invece no! E perché no? Non lo so, non capisco. Davvero, non ci capisco più nulla, so solo che ho fatto un gran casino per niente, perché ci stavo bene con Mike”
“Prima non dicevi proprio così però”
“Lo so! Te l'ho già detto, sapevo che mi avresti presa per una malata di mente, ma davvero non so che mi prende. La rabbia è svanita di colpo, ora mi sembra di vedere tutto più chiaramente. Hai presente quando la sera non riesci a dormire dopo aver visto un film horror perché sei preda delle paranoie più assurde e poi la mattina dopo ridi di te stessa e le cose che ti facevano paura ti sembrano tutte cazzate?”
“Ah io non ho quel problema, ho Angie. Ci pensa lei a distruggermi tutta la poesia, o meglio, in questo caso lo spavento, raccontandomi decide di dettagli insignificanti su effetti speciali e dietro le quinte di ogni cazzo di film. Poi fa dei commenti a caldo da farti ribaltare, è riuscita a farmi ridere con L'Esorcista, ti ho detto tutto” cambio argomento anche perché mi sento stranamente più rilassata. Stranamente perché, in fondo, per quanto mi riguarda non cambia niente, Mike non ha fatto altro che ripetere anche a Melanie quello che aveva già detto a me per telefono. Sarà che alla fine mal comune, mezzo gaudio vale sempre e sapere che sia io che quest'altra disgraziata siamo sulla stessa barca mi fa sentire meno di merda. Però da qui a gioire della disgrazia condivisa ce ne corre, ecco perché mi sento deficiente a mandar giù sorsate di caffè senza soluzione di continuità per nascondere dietro la tazza il sorrisetto involontario che continua a stamparmisi in faccia.
“Voglio dire, non era una relazione perfetta, ma chi ce l'ha la relazione perfetta? Nessuno. Ma finché c'ero dentro potevamo sistemarla questa storia, adesso che cavolo sistemo? Un bel cazzo di niente” le mie serate film con Angie non bastano a distrarla e la sua mente non si schioda da Mike. La mia invece si è limitata ad archiviarlo nuovamente come single e a richiudere lo schedario con un allegro colpo d'anca.
Sono le cinque passate quando mi congedo da Melanie e mi rimetto in macchina per tornare a casa. Non mi ero accorta quanto mi mancasse avere un auto finché non ne ho avuta di nuovo una. In questa occasione specifica, ad esempio, senza macchina mi sarei ridotta a chiedere a Melanie di poter chiamare un taxi, al che lei mi avrebbe detto che sarei potuta rimanere a casa sua a dormire. Che poi era il mio piano originario, almeno fino a quando l'idea di dormire da lei non si è concretamente trasformata nella possibilità di rimanere lì a sorbirmi ore di paturnie su Mike e su come abbia lei potuto mandare a puttane la loro fantastica e promettente storia d'amore. Invece ho la mia amata Black Ghost, soprannome affibbiato da Angie sia a questa che all'auto che l'ha preceduta, come semicitazione della macchina di Baretta, e la libertà di andarmene via da qualsiasi luogo e situazione quando e come cazzo mi pare, senza dover dipendere da nessun altro. E sarebbe davvero figo avere questo tipo di libertà anche nella vita sociale, poter decidere di andarmene quando voglio, non quando gli altri decidono che è arrivato il momento di cancellarmi dalla loro esistenza; di chiudere una storia perché ho davvero deciso che non ne voglio più sapere e non perché l'altra persona non si decide; di mettere fine a un inciucio segreto perché non ha senso e sarebbe solo fonte di guai, non perché il lui di turno si pente e vuole evitare casini. Ma poi la saprei sfruttare nel modo giusto questa libertà? Sto sempre lì a lamentarmi, a struggermi, per capire cosa vogliono gli uomini,  ma io lo so cosa voglio? La voglio davvero una storia seria? Che sentimenti provo per Mike? E per Matt? Andrà a finire che, tra tutti, forse l'unico che ha davvero le idee chiare è proprio l'insospettabile McCready.
Apro la porta di casa cercando di fare il minor rumore possibile e per lo stesso motivo scendo dai miei trampoli ed entro nell'appartamento scalza e con le scarpe in mano. Accendo la piccola lampada in corridoio, giusto il tempo di arrivare alla mia stanza, dove accendo la luce, dopodiché torno indietro a spegnere il lume. Mi cambio per la notte (beh, notte... mattina ormai) molto velocemente, onde evitare di trasformarmi in un surgelato con questo cazzo di freddo, e scappo in bagno a struccarmi. Prima di infilarmi definitivamente nella mia stanza decido di dare un'occhiata alla mia amica malata, per nessun motivo in particolare, giusto per vedere se è tutto ok, se è sveglia, se si è di nuovo addormentata con la tele accesa o se sta dormendo con la bocca aperta ed è il caso di prendere una macchina fotografica. Mi avvicino in punta di piedi alla sua camera, apro pianissimo la porta e la scena che mi si presenta davanti richiederebbe effettivamente l'impiego immediato di una macchina fotografica, ma non so se più per immortalare la scena in sé o la faccia che devo avere io nel momento in cui vedo Angie a letto con Eddie. Che poi non è proprio così, nel senso, io vedo Eddie, Angie la intuisco, non la vedo, almeno non subito. Eddie è sotto le coperte, sdraiato sul fianco sinistro e rivolge verso la porta, e quindi verso di me, l'espressione più serena e soddisfatta che io abbia mai visto stampata sul viso di uno che dorme. Solo a una più attenta osservazione mi accorgo del braccio che gli cinge la vita da dietro e della mano che stringe nella sua nel sonno. Inconsciamente, senza rendermene propriamente conto, avanzo di qualche passo per vedere meglio, più per incredulità che per curiosità morbosa, e non posso che constatare che è la piccola bugiarda a dormire con la faccia affondata tra i riccioli di Eddie. A questo punto realizzo che cazzo sto facendo, qui impalata al centro della stanza a spiare due che dormono assieme, raccolgo la la mia mandibola caduta a terra e indietreggio velocemente verso la porta, che praticamente richiudo sbattendola senza pensarci, tanto quella stronzetta di Angie ha il sonno pesante.
Quando apro gli occhi qualche ora dopo, verso le 11 circa, Eddie è ancora qui, lo so perché sento la sua voce dal corridoio, e ci vuole tutta la mia forza di volontà per impedirmi di uscire dalla mia camera in pompa magna e coglierli in flagrante mentre amoreggiano come due colombi. Faccio la brava, non voglio commettere gli stessi errori e irrompere a passo di elefante nella vita privata sentimentale di Angie anche questa volta, aspetto di sentire un Ciao, a stasera e il rumore della porta del nostro appartamento che si apre e si chiude. Esco di soppiatto e corro in cucina, ma probabilmente lo faccio con passo veramente felpato perché quando Angie scorge la mia sagoma appoggiata al tavolo ha più o meno un mezzo infarto.
“CRISTO SANTO, MEG!” le sue imprecazioni stonano un po' col vestaglione rosa a cuoricini e il pigiama coi ricci. E la mise stona pure col resto, diciamocelo, non è l'abbigliamento più consono per farsi travolgere dalla passione.
“Oh buongiorno Angie”
“Quando ti sei alzata? Mi hai spaventata a morte!”
“Come vedi, non sei l'unica campionessa in questo sport”
“Eheh vedo, l'allieva ha superato la maestra” commenta ridendo. Ma che ti ridi? Adesso ti sistemo io.
“Come stai? Ti vedo decisamente meglio stamattina”
“Sì, va meglio, non ho più la febbre... credo... e anche la tosse va meglio”
“Eh sì, certe medicine fanno miracoli...” osservo catturando una banana dal cesto alle mie spalle sul tavolo.
“Quelle bustine che mi hanno dato in farmacia sono una bomba, devo ricordarmi di non buttare la scatola”
“Oh beh, certo, anche quelle”
“Tu? Com'è andata la serata?” che carina, fa la gnorri.
“Bene. Melanie ha provato a tornare con Mike e lui l'ha rimbalzata alla grande” le spiattello tutto velocemente, in modo da sbrigare subito la pratica e poterci poi dedicare all'argomento più succulento del giorno.
“Cosa?! Ma... lì, con te presente?” chiede allibita mentre io sbuccio il frutto con tutta calma.
“Nah, un'altra sera. Comunque niente di che, me l'ha raccontato e io ho fatto la finta tonta”
“Capisco... cavolo, che situazione”
“Alla fine ha detto anche a lei che vuole tempo per capire, quindi i casi sono due: o è la storia che ha deciso di rifilare a tutte quelle di cui si è rotto le palle o è la verità”
“Credo sia la verità, Meg. Alla fine è-”
“Sì sì, lo so anch'io. Ma non è di questo che volevo parlare con te”
“Uhm ok, che volevi dirmi?” chiede un po' spiazzata.
“Io niente. Tu? Non hai niente da dire?”
“Io? In che senso?”
“Non c'è niente che mi devi dire? Nulla di nuovo da raccontare?” la incalzo prima di addentare la banana.
“No, perché?”
“Non so, vedi tu”
“La smetti di parlare per allusioni? Cosa c'è? Che è successo?”
“A me niente, a te invece le cose da dire non mancherebbero... se solo volessi”
“Non penserai ancora che mi drogo, vero?”
“Ahahah no, mi riferisco a un altro tipo di dipendenza”
“Di che cazzo stai parlando?”
“Dipendenza da maschietti! Cazzo, Angie, non ti facevo così mangiatrice di uomini. Prima Jerry, poi Dave e adesso...”
“Adesso chi? Che cosa?”
“Mah non saprei, magari qualcuno che casualmente si è fermato a dormire qui stanotte, che dici?”
“Ma chi? Eddie?”
“AH ECCO! ALLORA NON ME LO SONO SOGNATO!”
“Ha dormito qui, e allora?” Angie fa spallucce, anche se un po' intimorita dal mio tono di voce.
“E allora? E allora dimmelo tu”
“E allora niente, è passato a trovarmi e ci siamo addormentati davanti alla tv, visto che si è fatto un po' tardi gli ho detto che poteva dormire qui”
“Qui? Proprio qui?” domando ironica, indicando il pavimento e il tavolo”
“Ahah va beh, come sei letterale. Ha dormito sul divano ovviamente”
“Sul divano?”
“B-beh, sì. Perché?”
“Strano, non l'ho visto quando sono rientrata”
“Ma tu a che ora sei tornata?”
“Un po' dopo le cinque”
“Eh beh, per forza non l'hai visto, eheh, a quell'ora ronfavamo davanti alla tv. Ci saremo svegliati alle, boh, sei meno un quarto, gli ho detto che poteva dormire qualche ora sul divano se voleva”
“Sei meno un quarto?”
“Sì”
“Sei meno un quarto me lo chiami un po' tardi?”
“Beh sì, nel senso che è talmente tardi che è praticamente presto”
“Angie, si capisce che non sei ancora guarita del tutto, di solito menti meglio di così” osservo finendo la banana e buttando la buccia nella spazzatura, per poi tornare al posto di prima.
“Che dici, io non sto ment-”
“Sì, invece, lo so che Eddie ha dormito con te, quindi taglia corto con le stronzate e comincia a raccontare” incrocio le braccia e godo sapendo che la mia vittima sta per capitolare.
“Ma che ne sai, non è vero!”
“Vi ho visti, quindi è inutile che cerchi di arrampicarti sugli specchi”
“CHE COSA?”
“Prima di andare a letto ho sbirciato in camera tua per vedere se stavi bene, se avevi bisogno di qualcosa”
“MEG!”
“E ho visto che no, non avevi bisogno di nient'altro, avevi già tutto quello che ti serviva” accompagno il commento con un occhiolino, che ovviamente per lei peggiora la situazione.
“Oddio, guarda che eheh non è come pensi”
“E allora dimmi com'è, avanti, sono tutta orecchi”
“Ci siamo addormentati davanti alla tv e-”
“Ancora con questa cazzata”
“No, è la verità! Abbiamo visto un film, poi lui ha iniziato a fare zapping e siamo finiti su quelle cazzo di telepromozioni che gli piacciono tanto. Tra i residui di febbre e la sonnolenza da medicinali, sono crollata tempo zero”
“Seh, va beh, e vi siete risvegliati alle sei meno un quarto”
“No, molto prima, verso le due e mezza”
“Questo mi sembra già un pochino più credibile. Poi?”
“Eddie mi ha svegliata, beh, ci ha provato”
“Spero abbia aspettato che fossi sveglia prima di provarci” lo so, sono una stronza.
“Piantala Meg! Intendevo che ha provato a svegliarmi, io mi ricordo a malapena, ero nel dormiveglia, ho dei vaghi ricordi di lui che mi dice che è tardissimo e che va via e io che gli propongo di fermarsi a dormire qui vista l'ora, era anche senza macchina”
“E a quanto pare Eddie è un altro che prende tutto alla lettera, visto che si è infilato sotto le tue lenzuola”
“Mentre ero mezza addormentata mi pare mi abbia chiesto una coperta per sistemarsi sul divano e io devo avergli detto qualcosa del tipo che poteva dormire anche lì, che tanto il letto era grande, o una cosa del genere”
“E brava Angie! Questa era geniale, mi sa che da addormentata sei più sveglia che di solito”
“E basta, è finita lì, non è successo niente”
Non così sveglia a quanto pare.
“Come niente?”
“Niente! Abbiamo dormito, poi si è svegliato, mi ha salutato e se n'è andato, cinque minuti fa”
“Avete dormito”
“Certo!”
“E avete scopato prima di dormire o dopo?”
“MEG MCDONALD!”
“O tutt'e due?”
“Né prima né dopo, io e Eddie non abbiamo fatto... quello!”
“Oddio, non riesci nemmeno a dire scopare e Eddie nella stessa frase, allora ti piace sul serio!”
“No, l'accostamento è semplicemente troppo ridicolo per poter essere pronunciato”
“Ridicolo, eccome, da ammazzarsi dalle risate proprio”
“Risate o no, non c'è stato niente, chiaro?”
“Sei seria?”
“Serissima, abbiamo dormito e stop”
“Beh... però da com'eravate messi sembrava tutt'altro” sferro il mio secondo attacco senza aspettare che si riprenda totalmente dal primo.
“Che vuoi dire? Perché? Com'eravamo messi?”
“Vicini, per dirla con un eufemismo”
“Il mio letto ha due piazze, non quarantacinque, è normale essere vicini”
“Sì però voi occupavate la stessa piazza in due”
“Ahahah che cosa?”
“Eravate teneramente accoccolati uno sull'altro, non fare la finta tonta”
“Te lo stai inventando” Angie cerca di mantenere una certa compostezza mentre mi guarda spalancando gli occhi.
“Lo giuro su quello che vuoi: dormivate abbracciati”
“Esagerata, magari si sarà girato dalla mia parte nel sonno e-”
“No no, Eddie era per i fatti suoi, eri tu a invadere la sua metà del letto”
“COSA?!”
“Eravate così, tu sei Eddie e io sono te.” corro dietro di lei e l'afferro per i fianchi, tuffando il naso nei suoi capelli mentre ridacchio “Gli respiravi direttamente nell'orecchio”
“CAZZATE”
“Te lo giuro sulla mia macchina nuova” lei si volta e io mi allungo per guardarla negli occhi e vedo il momento stesso in cui il terrore si impossessa di lei.
“Oh merda”
“Eravate carini”
“OH MERDA” urla dirigendosi in sala.
“Deduco che non vi siate svegliati così stamattina” la seguo fino al divano, dove si lascia cadere mollemente.
“Quando mi sono svegliata Eddie era già in piedi”
“Allora solo lui si è svegliato tra le tue braccia, forse”
“OH MERDA!” Angie si copre la faccia con un cuscino del divano.
“Dai, ho detto forse! Magari poi dormendo l'hai liberato”
“Sono una cazzo di molestatrice” borbotta lei da dietro il cuscino.
“Dai, non esagerare, non hai fatto niente di male”
“No, infatti, che male c'è ad avvinghiarsi a una persona che dorme? Perché è un ragazzo, cosa diresti se fosse stato il contrario invece? Se un uomo palpeggia una donna nel sonno non è un maniaco? Cosa sono questi, due pesi e due misure?”
“Allora punto primo, non l'hai palpeggiato, l'hai abbracciato; punto secondo, dormivi anche tu, quindi non l'hai fatto apposta”
“Ok, ma povero Eddie comunque”
“Oh sì, povero Eddie... aveva una faccia... si vedeva proprio che era dispiaciutissimo di stare tra le tue braccia!”
“Ma che cazzo c'entra, dormiva! Mica sapeva dove stava. Magari stava facendo un bel sogno, che so, magari sognava la sua tavola da surf o gli Who al Kingdome” ribatte levandosi il cuscino dalla faccia e appoggiandoselo sulle ginocchia.
“O Angelina Pacifico che gli faceva i grattini sulla pancia”
“OH MERDA” Angie si butta in avanti in picchiata e riaffonda il viso nel cuscino.
“Ahahah dai, la fai più grave di quanto non sia”
“Se eravamo così quando si è svegliato, mi ammazzo”
“La fai molto grave, direi”
“Uff, questa cosa con Eddie mi sta sfuggendo di mano” Angie si alza, lascia cadere questa affermazione come il cuscino sul divano e se ne va in camera sua, sperando di chiuderla così.
“Questa cosa cosa?” le chiedo andandole dietro come un cagnolino.
“Cosa?”
“Cosa sarebbe questa cosa?”
“Di che cosa stai parlando?” se spera di farmi uscire di testa si sbaglia di grosso.
“Hai detto questa cosa con Eddie... Vuol dire che tra te e Eddie c'è qualcosa, no?”
“Io e Eddie siamo amici”
“Seh, come no”
“Amici... un po' speciali” ammette sedendosi sul suo letto, proprio dal lato dove stava Eddie fino a qualche ora fa.
“HA! Lo sapevo!”
“Ma non nel senso che intendi tu” Angie inizia a raccontare del patto di reciproco aiuto nei momenti di difficoltà imbarazzanti, delle loro conversazioni, della dolcezza di Eddie nei suoi confronti, delle confidenze e delle coccole davanti alla tv che lei chiama con un altro nome più complicato e meno realistico. Da un lato sono soddisfatta nell'apprendere che non mi sono sognata tutto e che il mio sesto senso ci ha azzeccato in pieno, dall'altro non posso fare a meno di sentirmi un po' triste perché, voglio dire, dov'ero io mentre succedeva tutto questo? Come ho fatto a non accorgermene prima? Il periodo in cui Angie era arrabbiata con me è ormai passato e archiviato, ma gli effetti di quella piccola lite si vedono tutt'ora, nella distanza creata dalle cose non dette, dai consigli non dati e non richiesti. La mia amica me ne sta parlando ora e va bene, anzi, benissimo, perché vuol dire che è tornata a fidarsi di me, ma resta il fatto che per un certo lasso di tempo, seppur breve, non ho fatto parte della sua vita, o almeno non abbastanza, e la cosa mi brucia un po'.
“Ok, allora, fammi capire: ti chiama solo per sentire la tua voce, ti fa le coccole, ti compra la cioccolata, ti salva dai ragni, ti porta a vedere le stelle... Diciamo che il senso che intendevo io era leggermente più porno e meno rosa, ma si avvicinava molto” commento restando ancora sulla porta.
“Quanto sei scema”
“No, la scema sei tu, tesoro. Non può essere semplicemente che gli piaci?”
“No”
“E perché no?” chiedo perplessa, aspettandomi il solito pippone sul suo essere un cesso e cagate simili.
“Perché me l'ha detto”
“Come te l'ha detto? In che senso?”
“Me l'ha detto, quanti sensi conosci?”
“Ti ha detto che non gli piaci?” la raggiungo sul letto incredula. Beh, se così fosse, sarebbe stato onesto da parte sua, ammettere di volerla solo come amico, senza prenderla in giro. Però non puoi dire una cosa e poi nei fatti andare nella direzione opposta.
“Non così, ma sì, me l'ha fatto capire” Angie ridimensiona la cosa e io tiro un sospiro di sollievo.
“Ah! Allora non te l'ha detto”
“Me l'ha fatto capire!”
“E come?”
“Beh, tanto per cominciare mi ha detto che gli mancava la sua ragazza”
“Gli mancava? Quando te l'ha detto?”
“Alla sua festa di compleanno”
“E' passato più di un mese, magari non gli manca più”
“Invece sì, anche se non parla più di lei, si capisce che ci sta ancora male, anzi, lo si capisce proprio perché non la nomina più”
“O magari non la nomina più perché gli interessa un'altra persona”
“Sì, infatti c'è un'altra ragazza: la tipa che si è inventato per scaricare Violet” risponde con un ghigno.
“La cotta immaginaria...” ripeto tra me e me mentre le rotelline del mio cervello cominciano a lavorare.
“Anche il fatto che non esca mai con nessuna ragazza... E' ovvio che è ancora sotto per Beth”
“Questo non è esatto: è uscito con te”
“Io sono un'amica”
“Ma sei anche una ragazza. Una ragazza con cui è molto affettuoso”
“Eddie mi ha lasciato intendere chiaramente che gli manca la sua ragazza, la sua presenza... Se è affettuoso probabilmente o è nel suo carattere o è perché gli manca... beh sì, un po' di calore umano, per colmare l'assenza di Beth”
“Che cazzata, se volesse solo del calore umano ci proverebbe con tipe qualsiasi, non credi? Che glielo darebbero volentieri”
“Non lo farebbe mai, col rischio che l'altra persona fraintenda o che la cosa dia inizio a un coinvolgimento più o meno emotivo, come poteva succedere con Violet per esempio, che è poi il motivo per cui l'ha evitata” continua lei ed è quando pronuncia il nome di Violet che un set di sveglie comincia a suonarmi in testa all'unisono.
“Che è poi il motivo per cui se n'è uscito con la storia della presunta cotta”
“Esatto”
“ESATTO UN CAZZO, ANGIE! NON HAI CAPITO??” salto in piedi sul letto, non prima di averle dato una sonora pacca sulla schiena.
“Meg, sei impazzita?”
“SEI TU, CAZZO!”
“Il potassio della banana comincia a fare effetto, vedo. Mai sottovalutare i sali minerali” ribatte sarcastica, mentre continuo a saltellare sul letto.
“Ti reputo una persona intelligente, perciò rifletti: stava con un suo amico, poi si sono lasciati e in seguito frequentava un altro”
“Ma chi?”
“La tipa immaginaria che ha rubato il cuore a Eddie, non ti ricordi, questo è quello che ha raccontato a Violet, giusto?”
“Sì, e allora?”
“E allora, quella cretina ha pensato a me, ma non è tutta colpa sua, dopotutto ci sono cose che lei non sapeva”
“Di che diavolo stai parlando, Meg? E puoi smetterla di saltare sul mio letto?”
“No. Tu con chi stavi quando hai conosciuto Eddie?”
“Tecnicamente con nessuno”
“E non tecnicamente? Dai, su, non rendere le cose più difficili”
“Con Jerry? E quindi?”
“Jerry lo possiamo definire un amico o conoscente di Eddie, no?”
“Più o meno”
“Poi vi siete lasciati male, giusto?”
“Giusto”
“E poi chi hai frequentato?”
“Nessuno”
“Ahahah davvero? Non dire cazzate”
“Non capisco dove vuoi arrivare”
“Allora mettiamola così: con chi sei uscita un paio di volte rispolverando i vecchi tempi e, a quanto pare, solo quelli?”
“Ok, con Dave. E quindi?”
“E quindi non ti sembra una coincidenza molto strana?” con un ultimo salto torno in posizione seduta, proprio di fronte a lei.
“No, che coincidenza?”
“Angie, non fare finta di non capire, per piacere”
“E va bene, ho capito cosa stai insinuando, ma preferisco far finta di non capire perché non voglio offenderti ridendoti in faccia”
“E' così assurdo che Eddie possa avere una cotta per te?”
“Sì, talmente assurdo da non essere vero”
“Mmm ok. Tu invece?”
“Io cosa?”
“Tu che provi?”
“Che vuol dire che provo? Niente”
“Non provi niente? Ti è indifferente? Non ti interessa di lui?”
“Certo che mi interessa, ci tengo... da amica”
“Da amica e basta?”
“Sì” risponde troppo in fretta.
“Non è che anche a te fa piacere questo scambio di calore umano?”
“Sì... cioè, no... oddio, mi fai sentire una persona orribile!” Angie si infila sotto le coperte imbronciata.
“Ahahah orribile? E perché mai?”
“Perché mi stai praticamente dicendo che sto usando Eddie perché mi sento sola”
“Che è poi la stessa cosa che tu stai dicendo di lui da quando abbiamo iniziato a parlare”
“E' diverso, Eddie non mi sta usando”
“Ah quindi se lo fa Eddie va bene e se lo fai tu no?”
“Eddie non lo fa con malizia, non consapevolmente”
“E invece tu...?” e qui ti volevo.
“Io... uff...” Angie si tira il piumone sopra la testa per nascondersi.
“ALLORA TI PIACE, AMMETTILO!” la aggredisco attraverso le coperte.
“No”
“Devo ricominciare a saltare?”
“E va bene, mi piace, ok? E' un bel ragazzo ed è anche interessante. E affettuoso. Ed è un caro amico e  io dovrei reagire con distacco e invece no, sono stronza!” Angie riemerge dalle coperte, il broncio trasformato in una smorfia sofferente.
“Angie, non c'è niente di male se ti fai coccolare un po'...”
“E invece sì, perché nonostante tutto finirò per illudermi, lo so già”
“A volte le illusioni diventano realtà, anzi, a volte siamo così confusi da scambiare la realtà per illusione”
“O viceversa”
“Senti, io non conosco bene Eddie, non quanto lo conosci tu, e non so se ha effettivamente una cotta per te, ma se c'è una cosa di cui sono sicura al 100% è che ci tiene a te e ti rispetta troppo per usarti come dici tu”
“Lo so”
“E che ha un bel culo, anche quella è una solida certezza” aggiungo riuscendo finalmente a farla ridere, ma anche a farle scatenare una guerra di cuscini all'ultimo sangue.
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“EDDIE! EDDIE!” la voce ancora un po' rauca di Angie mi chiama a gran voce attraverso la porta del camerino.
Beh, camerino è una parola grossa, diciamo stanza con divanetto e posacenere dove le band che suonano all'Off Ramp possono cazzeggiare prima e dopo il concerto e lasciare il proprio segno chissà quanto indelebile sulle pareti, già interamente ricoperte di scritte e firme. Devo essermi appisolato mentre ero sovrappensiero.
“Sì, ci sono”
“Sì può?” chiede di nuovo bussando.
“Certo, entra” rispondo nascondendo con un calcio sotto il divano la maglietta sudata che mi sono cambiato dopo il concerto.
“Ehi, che fai lì impalato? Ti stanno aspettando tutti. Beh, quasi tutti, Stone è già partito senza di te”
“Scusa, stavo... stavo scrivendo e ho perso la cognizione del tempo”
“Il live di stasera ti ha ispirato?” continua chiudendosi la porta alle spalle e avanzando verso di me.
“Sì, eccome”
“Beh, ci credo, è stato fantastico. E tu sei davvero migliorato, devo dare ragione a Jeff”
“Oh grazie”
“Molto più energico e appassionato, mi sei piaciuto!”
“Mi fa piacere, la tua opinione è importante per me”
“E anche l'alchimia tra di voi, si vede che suonate insieme da più tempo”
“E il pezzo nuovo?”
“Ehm che?”
“La canzone nuova... Oceans... quella che ti ho dedicato... che ne pensi?” non so come mi è venuto, non so come posso aver fatto una cosa del genere. Forse il vino che ho bevuto prima di salire sul palco per sciogliere i nervi ha avuto un ruolo in tutto questo.
“Oh quella! Bellissima, un po' strana...”
“Già, non c'entra molto col resto”
“Però mi è piaciuta, molto... come dire... suggestiva”
“Sono contento. E ti è piaciuto anche quello che ho detto? Voglio dire, su di te, eccetera...” ho dedicato la canzone a lei definendola una persona speciale che adoro e che avrei sperato di vedere dopo il concerto. Mentre lo dicevo mi immaginavo che sarebbe fuggita per la vergogna dopo cinque secondi, invece è rimasta lì, impietrita e rossa come un peperone, ma pur sempre lì. E ci è rimasta per tutto il tempo della canzone e per tutto quel tempo non le ho tolto gli occhi di dosso.
“Oh beh, sì, mi ha un po' sorpreso, cioè, più di un po'” risponde con lo sguardo fisso sul pavimento e le mani dietro la schiena.
“Non volevo metterti in imbarazzo” però l'hai fatto, grandissima testa di cazzo.
“No, tranquillo, figurati”
“E' che la canzone... beh, l'ho scritta per te, e mentre ero là sopra ti ho vista e allora non ho potuto farne a meno, mi è venuto spontaneo”
“E' una bellissima canzone, Eddie”
“E' merito tuo”
“Eheh no, l'artista sei tu! Comunque mi piace moltissimo il testo, quando parli del legame, sottile come un filo, ma allo stesso tempo indistruttibile, e del fatto di esserci sempre per l'altra persona, del ritornare sempre” spiega venendosi a sedere accanto a me sul micro-divano.
“Già”
“E' una gran canzone sull'amicizia, quella vera” aggiunge sorridendo e a questo punto non resisto più.
“Angie, in quel brano ci sono tantissime cose, ma l'amicizia non è fra quelle”
“No?” domanda stranita.
“No, te lo posso assicurare”
“E allora cosa c'è?”
“Non l'hai ancora capito?”
“Come posso capirlo se non me lo dici?”
“Hai ragione anche tu”
“Allora dimmelo” Angie accavalla le gambe e così facendo sfiora leggermente la mia e il fatto che abbia deciso di mettere una gonna, oltre all'estrema vicinanza, non mi aiuta affatto a concentrarmi.
“Non sono bravo con le parole”
“Disse colui che con le parole ci lavora” ironizza lei col suo adorabile sorrisetto.
“E' diverso”
“Allora non usare le parole” suggerisce con un tipo diverso di sorriso, uno malizioso, che non le ho mai visto, che mi colpisce come una scossa elettrica.
Baciarla non è una decisione ragionata, non è un'azione che compio attivamente, è più che altro un atto inevitabile a cui decido di non oppormi minimamente, sono spettatore di me stesso che le prendo il viso tra le mani e premo le labbra contro le sue, mentre lei mi abbraccia per i fianchi, stringendo più forte nel momento in cui insinuo la lingua nella sua bocca.
“EDDIE!” stavolta è Jeff che mi chiama al di là della porta.
“Sì!” rispondo affannato, staccandomi a malincuore da quel bacio.
“EDDIE SEI VIVO? TI MUOVI?!”
“Eddie?” stavolta è la voce più dolce di chi mi sta accanto a chiamarmi, mentre io ho lo sguardo fisso verso la porta, almeno finché Angie non mi prende il mento tra le dita e mi forza a guardarla. E' stupenda, le guance in fiamme, i capelli un po' spettinati, la matita sull'occhio sinistro leggermente sbavata quasi sicuramente da me, le labbra dischiuse.
“Sì?”
“Potresti spiegarti meglio?”
“Eh?” chiedo con i pugni del bassista sulla porta in sottofondo.
“Quello che mi dovevi dire, senza parole... Non ho capito bene” spiega seria seria, scuotendo la testa.
“COME NON HAI CAPITO?? MA CHE CAZZO, ANGIE, MI SEMBRA CH-” mi sale in un attimo il sangue al cervello, fino a quando lei non mi punta l'indice sulla bocca zittendomi.
“Eh sì, non ho capito, perciò me lo devi rispiegare... nel senso che dovresti continuare a spiegarmelo, come hai fatto prima, ancora per un po'...” Angie sostituisce il dito con le sue labbra, che sussurrano la sua richiesta sulle mie.
“EDDIE! TOCCA A NOI!” il mio collega urla, ma io non capisco neanche il senso di quello che dice.
“AAAH! Sì, beh, volentieri, ma... ecco... c'è Jeff che mi chiama e...”
“... e chi se ne frega” ribatte prima di stamparmi una fila di bacini sul solo labbro inferiore, che poi cattura tra i denti.
“Ma infatti...” bofonchio io con la bocca mezza occupata “Che cazzo me ne frega”
“AH NON TE NE FREGA EH? ASPETTA CHE LO DICA A STONE!” spalanco gli occhi a quell'urlo e mi ritrovo Jeff in piedi davanti a me a braccia conserte e sguardo metà torvo e metà divertito.
“Ehi Jeff, che caz-” confuso, mi tiro su mettendomi a sedere meglio sul divano, su cui non c'è nessuno a parte me.
“Ma che fai? Dormi? Tocca a noi, suoniamo tra cinque minuti!”
“Mi sa che mi sono appisolato” commento realizzando che il concerto non c'è mai stato, non ancora. E nemmeno tutto il resto.
“Ahahah non è il momento di dormire questo, cerca di svegliarti su!”
***
“Ma il pezzo nuovo?” domanda Angie, rompendo il silenzio all'interno del mio pick up dopo che abbiamo accompagnato Mike a casa.
“Che? Quale pezzo?”
“L'altra sera non mi hai detto che avevi scritto un pezzo nuovo, diverso dagli altri?”
“Ah quello! Sì, beh, molto diverso, troppo. Più che altro è un lento, abbiamo già Release, volevamo che il resto del set fosse più energetico ecco” spiego arrampicandomi sugli specchi. In realtà Stone aveva proposto di farla proprio al posto di Release, ad aprire il concerto, ma mi sono opposto, spalleggiato stranamente da Jeff. Ancora più stranamente l'abbiamo avuta vinta.
“Capito. Il mistero si infittisce” commenta ridacchiando e io butto per l’ennesima volta lo sguardo sulle sue gambe, che vedo per l’ennesima volta fasciate dai jeans e non scoperte come nel mio stupido sogno.
“Hai sonno, Angie?”
“Beh, no, cioè, non esageratamente, perché?”
“Perché io non ne ho”
“Ommioddio, che cosa strana!” scherza sgranando gli occhi.
“Non voglio andare a casa subito, che dici, facciamo un giro?” le propongo fingendo che l'idea mi sia venuta così sul momento, quando in realtà ho pianificato tutto quasi nei minimi dettagli. Ho preso il mio pick up apposta calcolando che dopo il concerto e dopo la riunione al pub Jeff se ne sarebbe andato via con Laura a casa di lei, Dave sarebbe andato dalla fidanzata e Stone e Mike avrebbero preso il furgone della band. Angie mi aveva anche anticipato al telefono che Meg sarebbe venuta solo al concerto, onde evitare scene imbarazzanti con McCready, e se ne sarebbe poi tornata a casa per i fatti suoi. Avevo il quadro della situazione e ci avevo quasi preso, il quasi soltanto perché non avevo calcolato Grace. Stone si è presentato mano nella mano con lei, e non si sono certo limitati alle mani, senza ovviamente dare alcun tipo di spiegazione sulla rapida evoluzione del loro rapporto, cosa che dopotutto non era tenuto a fornirci. Buon per loro! Un po' meno per me, perché alla fine mi sono ritrovato con un chitarrista non previsto in macchina. Mike però, non so se apposta o per caso, ha insistito perché lo accompagnassi a casa per primo e Angie non si è opposta alla richiesta.
“Mmm ok, dove?”
“Partitella?” le propongo nel momento in cui passiamo davanti al campetto vicino a casa sua.
“Ahahah a quest'ora?!”
“Perché no?”
“E la palla dove la troviamo? Ce l'hai dietro?”
“Ah già” che cazzo, potevo pensarci!
“Facciamo un giro in centro magari” propone, lasciando intendere che allora non le dispiacerebbe passare un altro po' di tempo con quel coglione di Eddie.
“Aggiudicato!” esclamo mentre pigio un po' di più sull'acceleratore “Mi è anche venuta un'idea”
“Devo cominciare ad aver paura?”
“Nah. Non ancora, almeno”
***
“Tu sei scemo” le sento dire quando sono in cima alla breve scalinata che porta alla biglietteria, mi volto e la vedo ferma ai piedi delle scale, che mi guarda come se fossi pazzo. O scemo, per l’appunto.
“Dai, perché?”
“Hai detto che mi portavi all'acquario”
“Lo so,” rispondo beffardo indicando la cima dello Space Needle “ho cambiato idea: questo mi sembra più divertente”
“A me no”
“Hai detto che non soffri di vertigini”
“Invece sì, ti ho detto che a volte mi da fastidio guardare gli edifici alti”
“E noi ci saliamo in cima, così dall'alto non ti creerà nessun fastidio” rispondo scendendo di nuovo giù per raggiungerla.
“Col cazzo”
“Perché? Di che hai paura?”
“Come di che ho paura? Come ci si sale secondo te sul tetto dello Space Needle? Con una scala a pioli?”
“Ah! L'ascensore!”
“Già, l'ascensore”
“Ma è veloce, ci mette pochissimo”
“Un ascensore razzo, molto rassicurante. Grazie, ora sì che ho voglia di salirci”
“E poi è trasparente, è come se fosse aperto, non ti dà il senso di claustrofobia”
“Perfetto, così potrò vedere con precisione dove andremo a sfracellarci quando precipiterà al suolo con noi dentro” ribatte serissima e io non riesco a non scoppiargli a ridere in faccia.
“Ahahah come sei drammatica!”
“E' la stessa cosa che dirò io a te quando piangerai come un vitello prima dello schianto”
“Ah! Allora vuol dire che ci vieni” esclamo prendendola per mano, sperando di averla già incastrata.
“Col cazzo”
“E' il simbolo della città, non puoi non esserci stata”
“Tu ci sei già stato?”
“No”
“E allora!”
“E' proprio per questo che voglio salirci, con te” provo a tirarla verso di me, niente.
“Io che c'entro, non sono un'attrazione di Seattle” questo lo dice lei.
“Dai, cazzo, è come andare a Parigi e non visitare la Torre Eiffel”
“Io ci sono stata a Parigi, la Tour Eiffel l'ho vista da lontano e mi reputo ugualmente soddisfatta”
“Sei andata a Parigi? Mi piacerebbe visitarla un giorno, non sono mai stato in Europa” non sono mai stato in un sacco di posti.
“Né mai ci andrai se muoriamo stasera su questo cazzo di ascensore” stacca la mano dalla mia e incrocia le braccia.
“Ahahah senti, Angie” mi avvicino ancora e lei cerca di evitare il mio sguardo guardando a terra.
“No, non ne voglio sapere” illusa.
“Ascoltami” le metto le mani sulle spalle e praticamente la obbligo a guardarmi.
“No”
“Non moriremo” che poi non lo so, magari moriremo, in fondo ce ne andremo tutti prima o poi, e allora tanto vale fare quello che l'istinto ci dice di fare quando ne abbiamo voglia, finché siamo in vita. E l'istinto mi dice che prima di morire voglio baciare Angie su quel cazzo di ponte di osservazione.
“Che ne sai?” chiede come se fosse davvero una domanda seria.
“Te lo prometto, va bene?” non mi sembra il caso di spiegarle il mio punto di vista e mi limito a rassicurarla.
“Uffa, Eddie” sbuffa.
“Fidati di me”
“Guarda che lo so che non è razionale, che sto facendo la figura della deficiente, ma ho paura”
“Ma non devi”
“Non ci posso fare niente”
“Ci sono io con te”
“A meno che tu non sappia volare come Superman, non vedo come la tua presenza possa essermi d'aiuto in questo caso specifico”
“Dai, accompagnami” non capisce che è la sua presenza ad aiutare me e io non so come altro farglielo capire.
“No”
“Sarà divertente” sorrido e le stringo leggermente le spalle.
“Piantala”
“Per favore” sorrido di più.
“Te le spiano col ferro da stiro quelle fossette di merda”
“Grazie, so che per te è stato un grande sforzo accettare, significa molto per me” le dico quando siamo dentro, dopo aver comprato i biglietti.
“Significa che sei uno stronzo”
“Anch'io ti voglio bene” le dico senza pensarci e anche Angie sembra non farci caso più di tanto, sarà troppo distratta dalla fifa.
“E se prendessimo le scale?” chiede mentre ci mettiamo in fila per uno degli ascensori. C'è poca gente, non dovremo aspettare molto.
“Le scale?”
“Sì”
“Non ci sono scale, Angie”
“Ci saranno per forza, ci devono essere. Per il personale, la manutenzione, anche per le emergenze”
“Non credo ci siano. E anche se ci fossero... ti fai sessanta piani di scale?”
“Volendo”
“Per evitare un minuto di ascensore?”
“Perché, ci mette così tanto?” mi afferra per il braccio e mi guarda seriamente spaventata.
“Nah, magari anche meno, ho sparato a caso”
Quando le porte dell'ascensore si aprono e i visitatori che hanno finito il loro giro scendono, Angie capisce che tocca a noi e avanza rassegnata verso il suo destino, senza mollare il mio braccio, cosa che non mi dispiace affatto. Io vorrei rimanere davanti, per guardare il panorama durante la salita, ma Angie mi trascina dietro, in fondo all'ascensore, e anche se un po' mi scoccia, penso valga la pena fare un piccolo sacrificio per lei. Le porte si richiudono e non appena l'ascensore si stacca da terra, Angie mi stringe così forte con entrambe le mani che quasi mi trapassa il braccio con le unghie. Durante la salita, il ragazzo dell'ascensore ci informa che stiamo viaggiando a circa dieci km all'ora e racconta una breve storia della costruzione della torre, ma non credo che Angie senta nulla di tutto questo. E nemmeno io sento più niente, visto che ormai ho perso la sensibilità al braccio. Quando arriviamo in cima tiriamo un sospiro di sollievo in due, lei perché è ancora viva e io perché mi tocco l'arto e scopro con piacere che è ancora attaccato al corpo.
“Visto? Non siamo morti” le dico mentre iniziamo a percorrere il perimetro della terrazza.
“Non cantare vittoria, posso sempre buttarti di sotto se non la smetti di stuzzicarmi” una Angie decisamente più rilassata mi spinge via e si appoggia alla balaustra, per godersi il panorama. La nottata è limpida e la vista è fantastica. Mi indica da che parte dovrebbe essere casa sua, la mia, le case di tutti i nostri amici, l'Off Ramp, poi le montagne Cascade e la Elliot Bay, quella che abbiamo visto l'altra sera, da molto più in basso a Pike Place. Io faccio finta di guardare ogni volta, in realtà non le stacco gli occhi di dosso, aspettando che mi veda, che si accorga di me, che si crei quella piccola parentesi di imbarazzo che precede un bacio, ma lei non mi caga proprio. Avanziamo lungo la terrazza e mi indica una serie di parchi e via via altri luoghi di interesse di Downtown Seattle. A questo punto provo a concentrarmi sul panorama, ma la mia attenzione è catturata da qualcos'altro.
“Wow!” esclamo dopo aver afferrato due dei cavi orizzontali di sicurezza che circondano la terrazza e averci infilato in mezzo la testa per guardare meglio “La vista è tutta un'altra cosa senza barriere”
“Eddie che fai? Non si può” sento Angie darmi un paio di strattoni alla giacca.
“Com'è il detto? Se ci passa la testa, ci passa anche tutto il corpo...”
“Che razza di detto è? Io non l'ho mai sentito”
“Ti va un souvenir?”
“Sì, già che sono qui andrò a prendermi una cartolina e un paio di calamite prima di andare. Sai che le colleziono?”
“Sì, ne ho intravista giusto qualche decina a casa tua”
“Esagerato”
“Comunque io pensavo a qualcos'altro, qualcosa di più particolare, di prezioso” sottolineo sporgendomi un po' di più.
“Del tipo?”
“Tipo quelle” rispondo infilando anche il braccio destro tra i cavi e indicando gli oggetti di mio interesse.
“Quelle cosa?”
“Quelle,” spiego indicando di nuovo la fila di luci appollaiate su un sostegno di acciaio a circa tre metri da qui “stavo pensando di andare a prendere una di quelle lampadine”
“Ahahah seh, come no”
“Quello sarebbe il souvenir definitivo” levo la testa dai cavi e mollo la presa, mi guardo attorno constatando che non c'è nessuno negli immediati paraggi e per un paio di secondi Angie è ancora convinta che io stia scherzando, almeno fino a quando non mi siedo con un balzo sulla balaustra e mi infilo di nuovo tra i due cavi, stavolta fino al petto.
“EDDIE?!”
“Shhhhhh non gridare o qualcuno verrà a vedere che succede”
“Oh lo spero e spero porti con sé una camicia di forza robusta. Sei impazzito??” Angie mi afferra di nuovo per la giacca.
“Perché?”
“Siamo sopravvissuti all'ascensore e vuoi morire facendo free climbing sulla torre?”
“No, voglio solo farti un regalo” provo a uscire dalla recinzione, ma Angie non molla.
“Il regalo migliore che puoi farmi in questo momento è scendere di lì”
“Perché non sarebbe solo una lampadina, sarebbe un simbolo, di quello che sono e di ciò in cui credo”
“Credi nel suicidio?”
“Credo nell'oggi, nell'adesso, nel vivere ogni momento come fosse l'ultimo perché non sappiamo quanto ci resta. L'hai detto anche tu, può succedere, potrei morire su quell'ascensore del cazzo nella discesa e non aver mai provato la sensazione di stare sospeso a più di 150 metri da terra” e nemmeno la sensazione di baciarti, se è per questo, che poi sarebbe il motivo per cui ti ho portata qui, come se fosse necessario un posto particolare per baciare una persona. Il fatto è che adesso mi sono fissato con quelle cazzo di lampadine e non c'è nulla che possa distogliermi da questo pensiero.
“E io non ho mai provato la sensazione di prenderti a calci nel culo, me lo fai questo regalo?” ringhia guardandosi attorno.
“Guarda che sono bravo ad arrampicarmi, ce la faccio”
“Scordatelo”
“Sarebbe una vera figata!”
“Queste figate falle quando non ci sono io. O non farle proprio, che è meglio”
“Senti, io vado” faccio per muovermi e Angie mi afferra un piede e mi tira all'ingiù così bruscamente che per un attimo mi sbilancio per davvero.
“Se ti muovi di un solo millimetro caccio un urlo così forte da svegliare tutta Seattle e ti faccio arrestare”
Alla fine, dopo qualche altro minuto di battibecco, seppur con riluttanza, desisto dalla mia impresa e ritorno coi piedi per terra. Beh, per terra, più o meno. Per tirarla su le compro tre cartoline e quattro calamite, poi mi lamento un po’ perché ho perso l'occasione di provare un brivido per colpa sua, lei mi insulta con epiteti più o meno volgari. E' così che trascorriamo il resto del nostro giro, tanto che quando mi ritrovo in macchina con Angie quasi non mi rendo conto di come ci sono arrivato. Vivere l'attimo eh? Carpe diem? L'attimo con Angie non l'hai colto però, l'hai perso alla grande. E mentre ci penso non mi rendo conto che il tempo che passa è fatto di moltissimi attimi, che si potrebbero sfruttare, o meglio, me ne rendo conto, ma nessuno sembra quello giusto. Arrampicarsi su una torre è più facile che dichiararsi a una ragazza?
“Comunque guarda che stavo scherzando, non sarei mai salito lassù” le spiego mentre saliamo le scale del suo condominio.
“Ti stavi già arrampicando”
“Ahah ero solo seduto sulla ringhiera, facevo finta per vedere cosa dicevi”
“Beh, ho detto un sacco di parolacce, contento?”
“Abbastanza”
“Comunque non è vero, adesso dici così per farmi stare calma”
“E' la verità”
“Sto meditando di non darti la cassetta”
“No, la cassetta no! Me l'hai promesso!”
“Ti starebbe bene, come punizione”
“Dai, seriamente, sei arrabbiata davvero?”
“Non sono arrabbiata, solo un po' spaventata” ammette fermandosi su un gradino.
“Per cosa? Non è successo niente”
“Ma poteva succedere”
“Comunque la vista era uno sballo, vero?”
“Vero, era stupenda, anche vista attraverso la barriera” risponde ricominciando a salire.
“Quindi sei contenta di essere venuta?” la incalzo seguendola.
“Sì, ma non ci rimetterò mai più piede ovviamente”
“Ovviamente”
Raggiungiamo il quarto piano e ci incamminiamo lungo il corridoio in silenzio, fino ad arrivare alla porta del suo appartamento.
“Eccoci arrivati. Beh, buona notte Eddie”
“Buona notte a te”
“E buon viaggio per domani”
“Grazie”
“Grazie a te del passaggio, e del giretto”
“Anche se ti ho fatta spaventare?”
“Se te lo risparmiavi era meglio, ma sì, grazie ugualmente”
“Sei troppo buona, non ti merito” rispondo abbracciandola e facendola ridere.
“Ahah già, ti meriti un'amica che ti incita a scalare l'Empire State Building a mani nude e poi ti fa un video mentre cadi” commenta mentre la stringo.
“La videocamera gliela presti tu?”
“Certo che sì” borbotta staccandosi da me e aprendo la porta di casa.
“Immaginavo”
“Allora, ciao Eddie, fai buon viaggio. E fatti sentire ogni tanto in queste tre settimane”
“Sarà fatto”
“Buona notte” Angie fa per entrare, ma la blocco sulla porta.
“Angie, aspetta”
“Sì?”
“Stiamo dimenticando qualcosa non credi?”
“Cosa?”
“Beh... la mia cassetta” rispondo, perdendo l'ennesimo attimo.
“Ah già! Scusami,” Angie apre la borsa e ravana un po' prima di tirare fuori una cassettina per me “Però non devi ascoltarla prima di partire”
“Ok” faccio per prenderla, ma Angie la allontana.
“Prometti!”
“Te lo prometto Angie, grazie” le dico mentre me la porge, poi ne osservo la custodia, completamente bianca “E i titoli?”
“Sorpresa! Perché anticiparti le canzoni quando invece puoi vivere l'attimo e scoprire di cosa si tratta di volta in volta?”
“La finirai mai di prendermi per il culo per la storia del vivere l'attimo?”
“No, non credo”
“Oh menomale, ci speravo!” esclamo, mentre Angie mi saluta di nuovo con un breve abbraccio e si ritira nel suo appartamento, definitivamente.
Sono un coglione. Me lo ripeto a bassa voce una decina di volte, mentre prendo a leggere testate la porta di casa di Angela. L'attimo va vissuto anche nelle piccole cose quotidiane, non solo nelle imprese eccezionali. Dovevo solo portarla lassù, dirle qualcosa di carino, abbracciarla e baciarla, e invece? Perché cazzo è tutto così difficile? Salto in macchina e sono tentato di mettere su la cassetta di Angie, ma non sarebbe giusto, una promessa è una promessa. Accendo allora la radio e lo zio Bruce mi sveglia dalle mie paturnie.
A volte, piccola, è come se qualcuno prendesse un coltello
Tagliente e spuntato
E incidesse un solco di sei pollici
Lungo tutta la mia anima
La notte mi sveglio con le lenzuola fradice
E un treno merci in corsa che mi attraversa la testa
Solo tu, tu puoi placare il mio desiderio
Oooh brucio dal desiderio
Sorrido. So cosa devo fare e lo devo fare adesso.
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misereorcordis · 7 years
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Non interessa molto ma sentivo il bisogno di scrivere, di raccontare a me stessa come è successo, come mi sono innamorata. Era il 17 Novembre del 2015, appena dichiarata a mia madre 10 giorni prima. Non pensavo che quel giorno avrei incontrato la persona che avrei chiamato "Amore" per più di un anno. Era sera, al cenacolo, in chiesa. Avevamo il primo incontro di preghiera e io sarei stata da sola per tutta la prima parte della serata perché mia sorella era all'università e sarebbe tornata alle 21. Arrivano in ritardo questi due fratelli con gli occhi azzurri e io ero troppo persa tra i miei pensieri per notarile subito. Quindi mi presento e non alzo nemmeno lo sguardo, allungo la mano e dico "Alessia, piacere". Era arrivato il momento di parlare ed esprimere un giudizio sul discorso che stavano affrontando e per un momento guardo la ragazza nuova, mi chiedevo a chi assomigliasse ma nel contempo mi importava poco, era bella, dai tratti dolci, mi piaceva e basta. Inconsapevolmente mi distrae quindi inizio a bofonchiare e a dimenticare ciò che dovevo dire. Mi interrompo chiedendo all'animatrice se potevo uscire a prendere un po' di aria fresca fuori. Mi stavo sentendo male, farfalle nello stomaco, solletico al cuore, bloccata tra la risata e il pianto. Chiamo Carlo e gli racconto tutto ma lui, che mi conosce come le sue mani, sapeva benissimo che ero in quelle condizioni perché mi stava piacendo e mi ha aperto la mente. "A te vengono gli attacchi di panico perché hai paura, ma ora non è colpa sua, hai paura che ti possa piacere e lo sai che è così." Aveva ragione. Rientro in stanza cercando di concentrarmi su quello che dovevo fare e su come controllarmi ma fallisco miseramente perché non arrivo a sedermi sulla sedia e casco a terra. Lei rideva, e si divertiva, ed era bellissima. Quando faccio passare il rossore dalle guance e mi ricompongo la guardo per un momento e vedevo che lei mi stava guardando pure, quando si rigira per un momento ho pensato "Tu mi cambierai la vita". All'inizio non sapevo se in modo positivo, ma ora ne ho la conferma. Alla fine della serata mi sono fatta avanti prima di andarmene. -"Ciao, mi chiamo Alessia, tu?" -"Eluliana, ma è troppo difficile. Chiamami Elu" -"Che scuola fai?" -"Concetto Marchesi, classico." -"Oh voi oggi eravate al corteo?" Mi guarda in modo strano e mi rimangio tutto. -"No vabbè, lascia perdere." -"Tu?" -"Emilio Greco, artistico." La sua faccia era un misto tra confusione e disgusto, in quel momento ho capito che era meglio se mi stavo zitta e mi facevo i cavoli miei. Torno a casa e inizio a seguirla su Instagram e faccio vedere tutte le foto a Carlo. Volevo il suo parere. Il giorno dopo non sarei andata a scuola, avevo una visita medica ma non ho fatto altro che pensare a come attirare la sua attenzione. Notando i suoi interessi nella descrizione di Instagram invio una foto di una serie tv in comune nel gruppo del cenacolo. Lei ha notato, e abbiamo iniziato a parlare. Uguali. Stessi interessi, stesse serie tv, stessi libri. Il giorno dopo ci inviamo il buongiorno e vado a scuola più felice del solito. Ero già cambiata, era stata lei. I miei compagni notano che io mi ero fatta salutare e addirittura abbracciare. Arriva Carlo. -"Com'è Ale?" -"È blu." Una risposta idiota all'apparenza. Il blu è un colore bellissimo, che esprime tutto il bello di questo mondo, il suo colore preferito, la libertà e la dipendenza. Una canzone che ascoltai quella mattina parlava di una persona "blu". Alla fine della ricreazione, durante il compito mentre io ero in classe è squillato il telefono. Il display si illumina "Eluliana". Esco dalla classe come se niente fosse e le rispondo. -"Ei" -"Ciao" -"Che fai?" -"Niente, tu?" -"Ho appena finito di fare educazione fisica." -"Perché mi hai chiamata?" -"Perché mi piace parlare con te." Si avvicinano le mie compagne "Ale ora rompi le palle anche a sta ragazza?" Lei sente e si mette a ridere. -"Hai sentito?" -"Si ma tranquilla" Io impazzita. Completamente. Non facevo altro che parlare con lei, e aspettare di rivederla e ogni volta mi mancava sempre di più. E mi guardava, e si rigirava quando vedeva che mi accorgevo dei suoi occhi su di me. Era sempre così. Poi é venuto Giovanni per verificare questa cosa. Quella sera io non mi sono avvicinata a lei, mi guardava aspettando che facessi qualcosa ma invece lei si è alzata e si è messa accanto a me poi si è messa davanti a me e giocava con la mia collana di PLL. -"Di che segreto parli?" -"Se te lo dicessi non sarebbe più un segreto." -"Giusto" Alla fine quando me ne dovevo andare non l'ho salutata e lei è rimasta a guardarmi aspettando che lo facessi e invece no. Ma non si è arrabbiata. Forse c'era rimasta solo male. Poi le davo calci alla sedia, e lei si girava e mi guardava. -"Sei rossa" -"Nah, ti sbagli" -"Nono, hai anche le orecchie rosse." -"Stai mentendo" Invece volevo solo autoconvincermi del fatto che lei non mi faceva nessuno effetto. Mi sbagliavo come sempre. Perché è arrivata quella sera, in cui ho accettato il mio sentimento. Potevo fare tutte le volte visualizzato quando mi scriveva, potevo mandarla via quando mi parlava ma alla fine mi faceva mancare il fiato. Quella sera lei si è messa accanto a me. -"È inutile che parliamo 24h su 24 e poi quando ci vediamo mi mandi via." -"Te ne devi andare, non voglio starci con te. Mi dai fastidio." Si alza e si allontana. Si era messa davanti alla TV e non si toglieva nemmeno con la ruspa. -"Non sei Carlotta Ferlito, ti puoi togliere dalla tv." -"Ma perché io infatti sono meglio di lei, vedrai..." È tornata accanto a me dopo due minuti circa. Stavo guardando Grey's Anatomy. -"Se non vuoi stare con me allora sarò io a stare con te." -"Sto guardando la tv." -"Vabbè niente.." -"Ti piace Grey's?" -"Mi fanno schifo le persone squartate." Ma inspiegabilmente conosceva i nomi dei miei personaggi preferiti e le loro relazioni. -"Ma quindi lo hai visto già?" -"No, siccome piaceva a te mi sono documentata." Niente, sono crollata, mi sono addormentata sulla sua spalla e lei non mi ha svegliata. Era morbida, calda e il mio cuore era comodo, sarei potuta rimanere in quel modo per ore a sentirla respirare e il suo profumo. Ma sono dovuta andare via dopo poco. Non l'avrei salutata nemmeno quella sera, mi sarei limitata solo ad un gesto con le mani ma invece lei mi ha fermata per i polsi e mi ha dato un bacio nella guancia. -"Buonanotte" Io ero terrorizzata. Mi sono lasciata andare. Stare senza di lei, anche per pochi giorni mi metteva tristezza, mi odiavo per quello che facevo e sapevo anche che era tutto vano, mi sarei affezionata a lei inevitabilmente. Mi mancava, sentivo il bisogno di dirglielo, avrei voluto abbracciarla e stringerla, volevo darle un bacio e volevo farglielo sapere e non potevo. Glielo dico? Non glielo dico? E se si allontana? Le dedico qualche canzone magari glielo faccio capire. La tua bellezza, Tappeto di fragole, Sei parte di me. Ascolto il cuore, glielo dico. -"Mi piaci" -"Non c'è niente di male." Il vuoto, silenzio. Stavo male, ma meglio di niente. Non mi ha detto che lei non provava niente. Mi sono arresa e ho lasciato che tutto facesse il suo corso. E ci siamo innamorate.
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“ sai come ti vedo bene ?” 
“ come?”
“... ti vedo bene con una camicetta - disse pure la tipologia , ma in questo momento non ricordo per niente- magari nera, abbottonata fino all’ultimo bottone “
“ che camicia è ? “
dissi io , insomma non ricordavo da una vita ,  molto bene,  nessuna moda, il nome o che cosa proponesse .Insomma non mi sono mai impegnata a fregarmene praticamente niente, mi è sempre scivolata la moda.. 
“ è una tipologia di camicia senza colletto, insomma ti vedo bene con quella , un cappello nero , grande, e dei pantaloni neri .. dei tacchi e ovviamente occhiali da sole . Sai una di quelle ragazze che la vedi passare e dici “ lei non vuole noie” ...”
Guardai in basso, le sue parole mi avevano completamente aperto un tornado di solitudine. 
Avevo silenzio misto a mille parole , pero’ tutto usci’ fuori con un gran vuoto e un gran blocco.. . Mi uscirono poche parole , immaginavo solo dii veder passare una ragazza così’, immaginavo quel “ lei è una che non vuole noie” e poi me la immaginai, mentre si toglieva i tacchi , pantaloni, camicia occhiali, orecchini, rossetto e kg di essere. 
Me la immaginai diventare sempre più fragile e sempre più attaccabile per ogni vestito che si toglieva . 
Me la immaginai andare a letto, e la immaginai dormire. 
“ una persona “ pensai... “ sì, semplicemente sei una persona, ma rischi di morire senza conoscerti... se la tua conoscenza alla fine è quella che compri”. 
Mi immaginai l’autorevolezza dettata dal riflesso di come appari nei pensieri degli altri. 
Mi immaginai “la forza di essere” dettata da una camicia. 
Mi immaginai l’opinione riflessa in un vestito e l’autoidentificarsi in esso , qualsiasi ...da quello della ragazza immaginaria in questione, a quello di un punk,  a quello di un tamarro a quello di un fricchettone...a quello di tutti.
Ritrovarsi in un pezzo di stoffa, che strano pensai... mi hanno sempre giudicata matta  nel ritrovarmi nella musica, a tutto volume , camminando.. 
Continuai a guardare in basso e mi sentivo totalmente sola.
“ ehi, hai capito?”
me lo disse toccandomi una gamba, e io lo guardai. 
“ scusami..... io , io credo che abbiamo percezioni diverse... “ 
“ Ma Emia, secondo me... l’immagine è importante ecco...”
“ma...è...  un’immagine assemblata, non derivante dalle tue emozioni  riflessioni..insomma.. sei creato , sei assemblato.. sei... “
“ cosa scusa? non ho capito..” 
“ niente- infilandomi i pantaloni- niente sul serio..pensieri... “
Niente, pochi ricordi mi rimangono delle mie ex storie.. e pure in questa, che era una delle ultime, mi rimasero pochi momenti nella testa.
Mi sentivo sola.
Come sempre , quando torno a casa, mi rifugio nella natura .. a casa di mia nonna. 
Che poi è casa mia.
Ci arrivo con il pullman.
“ ma hai 26 anni...non ti senti non autonoma?” 
Me lo chiedevano in tanti, ma ebbi un ragazzino che proprio non digeriva questa cosa. 
“no..  mi piace viaggiare, ma non mi piace guidare... è che io voglio guardare fuori, e mi perdo nei mie pensieri, sogno ad occhi aperti..insomma capisci?! entro a contatto con mille persone, di cui non conosco il nome, ne la loro vita ne i loro dolori... siamo dolori, insomma guardo gli occhi delle persone  con timidezza ,sopra i treni ,e penso un po' alla loro vita.  Nemmeno una parola, solo silenzio. Come quando passi da sotto una finestra e ti chiedi  chi mai ci starà dietro a quelle tende, e ti colpisce magari quella casa perché la vedi che è piena di vita..insomma capisci? E’ sognare ad occhi aperti, anche mia madre lo fa, forse mi potrebbero veder pure come malata, non so se comprendi.. forse sognare è da malati. Forse è semplicemente viversi le cose da un altro punto. No, ho provato a riprendere la macchina, anche ora avevo ripreso i moduli... ma come faccio poi a guardare fuori?.. insomma io ci sta che in una serata dove siamo tutti insieme , poi ad un certo punto mi isolo e mi faccio a piedi un percorso...perchè stare su un tavolino a bermi la birra, insomma..va bene , ma poi? Ho bisogno della musica..io mi isolo, mi ritrovo ecco ..”
“ ma insomma, la patente è importante, non dipendi da nessuno...”
“ non si dipende mai da nessuno, pero’ siamo fra i tutti ugualmente , e non credo sia necessaria la dipendenza se semplicemente seguiamo di seguire noi nel rispetto  dell’altro.. cioè senza negarci e senza negare ... che poi alla fine è il rispetto di noi  “
“ certo non sai proprio la leggerezza dove stia tu... e nemmeno la sinteticità!”
Sinteticità e leggerezza, non le ho mai ritrovate, nemmeno nel moto di un filo d’erba nel campo sotto la finestra di camera di mio nonno. 
Anzi l’ho sempre trovato tremendamente affascinante e pieno di significati , proprio per il suo moto.
Unico cazzo, ma unito agli altri sembra mare. 
Unito agli altri emette suoni. 
“ E’ una vita che tento di dare profondità a quello che sento, e tutti i giorni è una ginnastica continua..per non affondare nella leggerezza che si concretizza con la leggerezza dell’animo, e di ogni sentimento. 
Sinteticamente, puoi andare ad analizzare, diagnosticare, giudicare  la persona riflessa nello specchio appena entri nel cesso? Grazie.. “ 
Fini’ veloce anche lui, come ogni altra mia relazione, nelle relazioni come in tutto ho sempre sentito una fortissima mancanza di qualcosa che non trovo.  Alcune prolungate per un po' di più , altre di meno.. alcune più illusorie per me stessa..altre più concrete nel loro contenuto .
E le parole mi frullavano in testa, le conversazioni idem... ma poche , quelle che mi hanno permesso magari di comprendere a pieno.. o quelle che mi hanno lasciato sola nelle emozioni. 
Alla fine , niente di nuovo.. 
Un mondo intorno a me che è di una leggerezza imponente, pretesa e voluta. 
Ricercata aggiungerei ... 
Il pullman curva in maniera brusca, mi riporta nella “realtà”.
Una signora anziana vedo che si arrabbia con l’autista , ma non sento nessuna parola, ho le cuffie .. la vedo solo gesticolare. 
Penso a quante volte non mi sono ritrovata nella grande felicità del fine settimana.. perché magari la provavo casualmente il martedì’, invece che il sabato. Ed ero piccola, e molte volte, il sabato mi ritrovavo su un’altalena della mia città, li sola. 
Perché alla fine , la vera solitudine l’ho provata solamente in mezzo ad altre persone .. sforzandomi di parlare una lingua simile all’accettazione.. ma poi l’accettazione sarebbe stata “ condanna di vuoto”..
Per questo me ne sono andata. 
Perché alla fine , 
la leggerezza non mi è mai appartenuta... è la sola idea mi congela il sangue . 
“ Arrivederci..” dissi all’autista ..
“ AAArrivederciiiii... “
Bella l’aria di campagna, cazzo. 
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