Tumgik
#manco francese e tedesco
omarfor-orchestra · 2 years
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Io comunque manco me le ricordo le tracce della mia prima prova, mi sembra che avessi scelto uh- Leopardi e la solitudine? Qualcosa di triste comunque
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giancarlonicoli · 4 years
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28 apr 2020 13:46
IL VALZER DELLA ''MOSCERINI'' - ''PARACADUTATA A BRUGES SENZA AVERNE I TITOLI''. UN CRUDELE ARTICOLO DI ''LIBÉRATION'' DÀ LA NOTIZIA CHE FEDERICA MOGHERINI, GIÀ PIAZZATA DA RENZI AI VERTICI DELLA COMMISSIONE EUROPEA CON ZERO ESPERIENZA, È IL NUOVO RETTORE DEL COLLEGIO D'EUROPA - SOLO CHE LA PRESTIGIOSA ISTITUZIONE IN 71 ANNI DI STORIA AVEVA VISTO AL VERTICE SOLO PROFESSORI, MENTRE LEI NON HA MANCO UN DOTTORATO. ''VAN ROMPUY HA SCARTATO TITOLATI ACCADEMICI PER DARE A LEI LO STIPENDIO DA 14MILA EURO AL MESE''
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DAGONEWS
Sapete come inizia l'articolo di Libération che dà notizia della nomina di Federica Mogherini a rettore del Collegio d'Europa, l'istituzione universitaria di Bruges (Belgio) e Natolin (Polonia) che forma la classe dirigente dell'Unione? ''Il clientelismo non manca alle istituzioni comunitarie''. Ahia! La povera ''Moscerini'' riceverà 14mila euro al mese per guidare l'augusto Collegio, fondato nel 1949 e molto ambito dagli studenti per i master che garantiscono accesso diretto alle istituzioni di Bruxelles, Strasburgo e Lussemburgo (ne entrano 500 all'anno).
Il giornale francese rimarca che l'ex rappresentante della politica estera dell'UE e vicepresidente della Commissione (2014-2019) ''non ha lasciato un ricordo indimenticabile del suo passaggio a Bruxelles, eppure sarà paracadutata a Bruges in violazione di tutte le procedure interne''.
Già perché il rettore è nominato dal consiglio di amministrazione, composto dagli ambasciatori degli stati membri dell'UE e presieduto dall'ex presidente del consiglio europeo  Herman Van Rompuy, in carica nello stesso periodo della Mogherini. Un anno fa è stato diffuso un invito a presentare candidature per sostituire l'attuale rettore, il tedesco Joerg Monar, in scadenza dopo due mandati.
Fin dalla fondazione del Collegio, il ruolo di rettore è stato occupato da professori, visto che nello stesso bando si elencano questi requisiti: "sostanziali qualità accademiche nel campo degli studi europei, comprovata esperienza nell'amministrazione e la gestione di una struttura accademica di una certa complessità e la capacità di combinare la ricerca dell'eccellenza accademica a livello internazionale con una sana gestione di bilancio”.
Molti e titolatissimi accademici si sono candidati, eppure nessuno è risultato gradito a Van Rompuy. Che ha preferito la ex politica di seconda fila del Pd, con nessuna esperienza accademica e neanche un dottorato di ricerca. No problem: la presidente della Commissione europea, che non siede nel consiglio di amministrazione ma finanzia al 50% il bilancio del Collegio, ha appena dato il suo ok alla Mogherini. E chi andrebbe mai contro chi sgancia i soldi?
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janiedean · 7 years
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e vabbè giovincelle mie
visto che ve divertite a fa i post nella lingua vostra senza sapere che capisco sia francese che tedesco e che conosco gente che sa croato e varie altre, a sto punto bella pe voi vi lascio anche io una missiva visto che vi piace tanto insultare la gente in lingue che secondo voi non capisce:
complimenti, siete una manica di stronzette senza sostanza che manco alle cazzo di scuole elementari, avete la maturità di un’ameba per quanto sinceramente me sembra che sto a insultà le amebe SCUSATEMI AMEBE NON VI MERITATE STO PARAGONE, siete brave a dire balle che pinocchio in confronto era un cazzo di principiante e siete le persone più schifide che ho mai beccato su sta merda di sito blu compresi gli pseudofasci che venivano a romperemi il cazzo durante la brexit. mi spiace solo di non poter mandare le receipts ai vostri cazzo di genitori perché mi piacerebbe vedere la loro faccia nel sapere che siete delle cretine abusive che manco sanno fare trolling perché nessuno viene ad accusare la gente di pedofilia SUL SUO BLOG SENZA MANCO ANDARE IN ANON cioè volete farvi bloccare? bella proprio ma siete proprio patetiche.
ps: metà della vostra fandom non ve può vedere e ne ho avute abbastanza conferme
pps: li mortacci vostri <3
ppps: provatece a usa google translate pe tradurre sto post e vedete se c’ha cazzi di darvi una traduzione comprensibile
pppps: se avete l’amica italiana che ve lo traduce pe piacere fatemece parlare così le dico tutto in maniera extracolorita, che a forza di insultarvi solo dicendo di andarvene affanculo poi mi annoio.
tornatevene al cazzo di asilo va, conosco ragazzini de cinque anni più maturi di voi.
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pangeanews · 5 years
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Federico Italiano è il Fitzcarraldo della poesia nostra: fonde la cultura all’ispirazione selvaggia (e chiacchiera con Auden, Brodskij, Walcott)
Drasticamente, la poesia italiana è ridotta a due eventi. A: i ‘maestri’ che si sputtanano sputando sul marmo della propria opera, senza altro spunto che recitare se stessi, decrepiti. B: i poeti ‘nuovi’ che sculettano sul palco lirico, manco fosse un trito episodio sanremese (credono nella fama, poveretti, senza altra fame). D’altronde, per farsi notare bisogna ‘saperci fare’ e i critici letterari, da tempo, inaciditi nell’ovvio, vogliono essere considerati poeti puri pure loro, poveretti.
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Per salvarmi dalla palude, gettando nel cosmo qualche poesia per gli extraterrestri che verranno, sfoglio un libro pubblicato dieci anni fa. S’intitola L’invasione dei granchi giganti, lo ha scritto Federico Italiano, lo ha pubblicato Marietti. Quel libro è un cristallo. Alcune poesie – queste, almeno: Il tradimento dei rospi, La nuova età gregaria o l’invasione delle locuste, L’invasione dei granchi giganti, Dersu Uzala, I Mirmidoni – andrebbero imparate a scuola, per capire come si fa. Poesia, infatti, non è auscultare i moti perpetui del proprio cuore, non è speleologia cardiovascolare; poesia è studio, pensiero raffinato in versi, intuizione selvatica, linguaggio che abbaglia.
*
Quando Federico Italiano fonde la cultura indomita con l’indole selvaggia, è un poeta eccezionale: elegantissimo europeo in una Amazzonia, una specie di Fitzcarraldo. Shakespeare sul Rio delle Amazzoni.
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Italiano è cresciuto tra le risaie novaresi, ha vissuto quindici anni a Monaco di Baviera, è ricercatore a Vienna. Ha tradotto tanto, facendo della traduzione un’armeria bizantina: dallo spagnolo, dall’inglese, dal francese. Il tedesco è l’altro lato della sua vita linguistica: Einaudi ha da poco pubblicato Variazioni sul barile dell’acqua piovana di Jan Wagner, la traduzione è sua, di Italiano. La sua poesia è riassunta nel titolo del primo libro, Nella costanza (Edizioni Atelier, 2003): una infallibile fedeltà permette di azzerare le distanze tra Potatori di siepi a Hasenbergl (poesia di allora) e Il metodo nigeriano per vincere a Scribble, poesia inscatolata nell’ultima raccolta di Italiano, Habitat (Elliot, 2020), tra Trasloco (poesia di allora) e Le case degli altri (poesia di ora). Come se continuasse a raffinare il vetro in vento, Federico.
*
Federico Italiano è un poeta ‘europeo’, cioè colto: chiacchiera con W.H. Auden, s’è azzardato a scrivere un Post scriptum a Josif Brodskij, prende il caffè con Ted Hughes, strologa di miti ancestrali con Seamus Heaney. In una poesia bellissima, Garzette, mi pare che stia ballando con Derek Walcott, in un Eden dove ogni linguaggio è argento:
Mattino chiaro, azzurro, atletico, nelle distese smeraldo del loro regno acquatico.
Ci scortava una flotta di libellule, elicotteri in miniatura, quando due leprotti
sbucarono dall’ultimo campo di granturco, in missione segreta tra gramigna e sambuco
tra i canneti e le felci, lungo gli argini erbosi di risaia. Dal palo della luce
un nibbio si fiondò dietro loro e con ali che parevano scandire un uffa
un’intera colonia di garzette cambiò lato dell’acqua volando poco sopra le nostre teste.
*
Mantiene la fiamma di una poesia che pare incenerita dal facile, dal fucile patetico, dal vacuo preziosismo. Ma quando ‘imita’ non coltiva il culto alessandrino: Italiano esplicita la fonte, la devia, gioca con la lince della verità. Qui, rinvigorendo Abulafia, maestro cabbalista:
Ti ho visto emergere dal mio respiro con la schiena ancora accesa d’amore, trapunta da milioni di comete.
Come erano belli i tuoi piedi quando s’inerpicavano e si attorcigliavano sul mio collo, dirigendo i miei occhi
verso l’Orsa Maggiore – ma dietro i cristalli della tua stanza il segreto divenne legge e alleanza.
*
Con corrosiva certezza insisto avvicinando Federico Italiano a Stanley Kubrick. Italiano è un poeta ‘fotografico’, ossessionato dall’eleganza, come il regista che studia l’illuminazione di Barry Lyndon, nell’apocalisse delle candele. La forma – candela come endecasillabo – galvanizza il contenuto, la narrazione. A volte, invece, leggerei Italiano con I duellanti in tivù, in sottofondo – il poeta lo vedrei bene in blusa da Ussaro, nella Mosca occupata dai napoleonici, a pasteggiare sul corpo di una divina a Budapest, a disegnare le Sfingi mentre Horatio Nelson fa vela verso le Indie. Vive nel senza tempo, la poesia di Italiano, nell’eccidio geologico: Il monito di Rick Aster (in Nella costanza), Discorso di un giovane alla sua prescelta (in L’invasione dei granchi giganti), Alaska (in L’impronta) e Frammenti di una guerra vivono una simile alchimia, che svasa nell’indimenticabile, nel dispetto a Crono.
*
Mi pare uno che danza sul ghiacciaio, come se fosse una fetta di sole:
La morte sciolse il malinteso che associa i corpi.
Quando la guerra terminò, il cielo si tinse di rosa.
Poi piovve acqua mischiata a sabbia e nacquero giganti.
Certamente Federico Italiano, in esilio dalla nostra lingua, ha costruito un roseto per i reietti, una risposta alla dissoluzione estetica, una pagoda nel deserto, l’Opera in un minuscolo villaggio nella giungla. (d.b.)
*In copertina: Klaus Kinski sul set di “Fitzcarraldo” (1982), il film di Werner Herzog
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giancarlonicoli · 5 years
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29 APR 2019 18:41
NON FATEVI PRENDERE PER IL CURRICULUM! – PER FARE CARRIERA ACCADEMICA CI SONO VARI “METODI”: IL PRIMO È PAGARE PER FARSI PUBBLICARE RICERCHE FARLOCCHE – A SEGUIRE, I CONCORSI “PROFILATI” PER I CANDIDATI CHE SI VOGLIONO FAR VINCERE FINO AL BUON VECCHIO CONTROLLO BARONALE – FAMILISMO E COMMISSIONI “NON PIÙ DEGNE DI FIDUCIA”, ECCO COME FUNZIONA L’UNIVERSITÀ IN ITALIA – VIDEO: QUANDO LO SCOMPARSO PROFESSORE LUIGI RUSSO SI LASCIÒ SFUGGIRE IL VERO SENSO DEI CONVEGNI
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VOLETE FARE CARRIERA UNIVERSITARIA? DOVETE PAGARE! – ARRIVA LO STUDIO CHE APRE IL VASO DI PANDORA DEL MONDO ACCADEMICO: MIGLIAIA DI RICERCATORI UNIVERSITARI PER FARE LA SCALATA SPENDEVANO FIOR DI QUATTRINI PER FARSI PUBBLICARE RICERCHE SCENTIFICHE E SCALARE LE GRADUATORIA – IN TOTALE SONO STATI SPESI 2 MILIONI E MEZZO, CON UNA MEDIA DI 400 EURO AD ARTICOLO
https://www.dagospia.com/rubrica-29/cronache/volete-fare-carriera-universitaria-dovete-pagare-ndash-arriva-studio-202002.htm
DAGOREPORT
Come ha scritto Lorena Loiacono per il “Messaggero” (ripreso da Dagospia) “Sono stati spesi quasi 2,5 milioni di euro per vedere pubblicate ricerche scientifiche che probabilmente, senza spendere un euro, non sarebbero andate da nessuna parte. Pubblicazioni praticamente fasulle, comprate, utili solo ad arricchire curriculum, indispensabili però per far carriera”.
“Per entrare in università bisogna pagare”. Ma anche se non si paga con moneta sonante i meccanismi che creano un curriculum ad hoc per far sì che venga poi bandito un “concorso profilato” per il candidato CHE SI VUOL FAR VINCERE passano attraverso logiche economiche (lavoro gratis e simili) o di controllo baronale (metodi di appartenenza e filiazione).
“Concorsi profilati” vuol dire che nel bando si cerca un candidato con tali e tali caratteristiche che corrispondono a un solo essere vivente: quello che la “comunità scientifica”, il barone, ha deciso di far vincere perché ha ormai fornito i servizi richiesti (svolto esami al posto del docente, seguito tesine, impaginato riviste, fatto da segreteria tuttofare e altri, meno nobili, lavori, come fare la spesa…).
Come fare? Molto semplice: se devo mettere in cattedra un ornitologo e il mio candidato ha studiato la cinciallegra e conosce, che so, il tedesco, il bando richiederà a un certo punto “… particolarmente gradita la conoscenza di uccelli come la cinciallegra... Si richiede la conoscenza del tedesco”. Quindi se un ha studiato il pettirosso, l’aquila reale e il gufo, sa inglese e francese e magari si è specializzato in veterinaria perde.  Ora è nato un “Osservatorio” (vedi sotto) che denuncia tutto questo e sta mettendo a disposizione molte informazioni.*
Per prima cosa, qui un vademecum di come ti metto in cattedra, in quattro-cinque anni, il figlio di…, l’amante, l’amico, il mio tuttofare facendolo diventare il partecipante vincente di un concorso “profilato” bandito per lui.
Molto semplice. Tengo per un annetto o due presso di me, docente, il giovane prescelto (figlio di un collega, amante, un ricco di famiglia che non ha bisogno di lavorare…) come semplice “Cultore della materia” con qualche rimborso dall’ateneo. Poi gli/le faccio vincere uno dei posti a disposizione per un Dottorato di ricerca, così per tre anni è pagato e se ne sta in università a fare il segretario tuttofare.
Poi gli/le faccio vincere una delle numerose borse di studio all’estero dove, di solito, il borsista va assai poco ma scrive una tesina, in lingua straniera, a fine esperienza. Intanto gli/le ho fatto pubblicare articoli pseudo “scientifici” sulla rivista di Classe A che io docente dirigo e nessuno legge, l’ho fatto intervenire a convegni organizzati da me dove sono presenti solo i convegnisti e, infine, dall’editore universitario è arrivato il mio turno per scegliere un libro da pubblicare e scelgo quello del mio protetto.
Questo, e non altro, è quanto sciaguratamente i concorsi universitari (criteri stabiliti da Anvur e Mibac) valutano. A questo punto siamo pronti: basta un “bando profilato” ed è in cattedra. E’ una competizione scorretta dall’inizio e che non si può poi raddrizzare. Né il rottamatore Renzi né gli homines novi dei Cinque Stelle e della Lega stanno mettendoci mano.
*
Vediamo alcuni esempi per capire meglio e, in specifico, due “denunce” dell’”Osservatorio concorsi”.
RIVISTE DI CLASSE A, B… O A VANVERA? E CHI LE LEGGE? NESSUNO.
L’Anvur, è l’organo di valutazione delle riviste “scientifiche”: ce ne sono migliaia, che nessuno legge, nemmeno chi le scrive. Scrivere su una rivista di classe A conferisce punteggio per il concorso universitario; per una di classe B meno, per le altre nulla. Ovviamente ciascun barone ha piazzato la rivista che dirige (o per la quale collabora) in classe A; ma l’Anvur a finito per metterci persino riviste assurde e il loro contrario: si va dagli “Acta Archaeologica Academiae Scientiarum Hungaricae” ad “Abitare”; da riviste che manco escono alla rivista principe sull’arredo. Delle due l’una: o ha senso riviste che non leggono nemmeno gli specialisti oppure hanno senso quelle che hanno presa anche sul mercato.
Nelle riviste delle scienze naturali e mediche gli articoli sono, in genere, firmati da molti autori. Come dire: più siamo più la ricerca fa impressione. Ma non bisogna lasciarsi ingannare: in genere contano il primo e l’ultimo firmatario: gli altri sono messi in mezzo per far… titoli per il concorso dove saranno piazzati.
SOCIETA’ SCIENTIFICHE O CONCORSUALI?
Le società scientifiche, costituite o controllate tutte da docenti universitari, dovrebbero svolgere attività scientifica in aggiunta a quella universitaria. Ma spesso servono solo per piazzare gli aderenti nei concorsi.
Di una società di Filosofia (la Sie, Società di Estetica) circola un filmato su internet dove l’ex presidente, lo scomparso professore Luigi Russo, si lascia sfuggire il vero senso dei convegni organizzati dalla “Società scientifica” della quale era vicepresidente l’attuale rettore dell’Università degli Studi di Milano, Elio Franzini: “(il nostro ndr) è un convegno, che poi è uno pseudo convegno: serviva per incontrarsi per le faccende concorsuali” (dal minuto 55 al minuto 105 dell’allegato video registrato all’Università di Torino).
I membri della società sono presenti in quasi tutte le commissioni concorsuali del loro raggruppamento e possono così far vincere altri loro associati. Sostanzialmente, diverse società scientifiche finiscono con il diventare organismi paralleli di controllo dei concorsi attraverso i loro membri che compongono le commissioni in favore di aderenti alla società stessa. Chi non è all’interno (e quindi non paga quota e non sottostà alle logiche di appartenenza) è improbabile che vinca un concorso anche se molto più preparato! Così è in moltissime società “scientifiche”. In Italia, s’intende!
IL LAVORO
Aver svolto una professione ad alto livello non dà alcun punteggio nei concorsi. Per cui, poniamo, a un concorso in “Teoria della comunicazione televisiva” se si presenta Fedele Confalonieri, presidente di Mediaset, che magari ha deciso di mettere la sua esperienza al servizio dei giovani, la sua lunga esperienza nel settore vale zero. Zero. Meno di un articolo di due pagine di un sub-assistente con due note sull’allegato della rivista di classe A! Da qui uno capisce perché i professori universitari italiani ormai contino poco e il distacco dal mondo delle professioni sia abissale. E perché i figli della “élite” italiana (molti dei politici e dei direttori di giornali) studino all’estero.
I PRIN
Sono i progetti di ricerca finanziati dal ministero. Qui vale la stessa cosa delle riviste: un docente che, tramite aderenze al ministero, riesce a far finanziare il proprio progetto di ricerca ci butta dentro gli ex studenti che vuole: ovviamente quello da mettere in cattedra.
USCITE DEI BANDI
I bandi di concorso sono ricorrenti come il bollino nero sulle autostrade: in genere escono con l’esodo di agosto e si concludo prima del rientro estivo. Cioè: se non ti dicono che sono banditi perché è il “tuo concorso”… hai voglia a scoprirli nei siti degli atenei che lo bandiscono o in quello del ministero! Sono nascosti e banditi in periodo estivo, quando l’università è ferma da mo’. E’ un sistema che funziona al contrario, insomma: se tu vuoi il più bravo dovresti dare massima visibilità al concorso; ma se tu vuoi che a vincerlo sia quello che hai già scelto ed è magari scarsino devi metterti il più possibile al riparo da sorprese: meglio che non lo scopra nessuno e non ci siano altri partecipanti.
VALUTAZIONE TITOLI
Ci sono concorsi che valutano con lo stesso punteggio (mettiamo 3 punti) monografie di 500 pagine che hanno fatto nuove scoperte e brevi scritti di nessun approfondimento scientifico su una rivista fuori classe ma ugualmente valutati dal presidente di commissione. Specie quando a presentarsi è il suo assistente o protetto. Alcuni di questi casi, recentemente, sono stati impugnati persino dalle università che hanno bandito il concorso, tanto era l’evidenza. Ma senza l’intervento della magistratura – che non interviene quasi mai – non se ne può far nulla. Tra i pochi interventi sanzionatori della magistratura quello contro la moglie dell’ex rettore della Statale, Fernanda Caizzi Decleva. L’ex rettore della Sapienza, Luigi Frati (come molti altri), fu indagato per “parentopoli”.
FAMILISMO
Secondo uno studio statistico e scientifico, condotto da Stefano Alessina, ricercatore all’Università di Chicago, il fenomeno del nepotismo è ben radicato nelle università italiane. Gli studi hanno rivelato che i settori disciplinari più esposti sono Ingegneria industriale, Legge, Medicina, Geografia e Pedagogia. E, facendo riferimento alla distribuzione geografica, il fenomeno diventa più frequente al Sud, in particolare nelle isole, anche se non sono esclusi alcune importanti università italiane. Tra i 10.783 accademici in Medicina sono stati rilevati 7.471 cognomi distinti. Le prime cinque università con il maggior numero di cognomi sarebbero:  Libera Università Mediterranea «Jean Monnet», Casamassima di Bari, Sassari, Cagliari, Suor Orsola Benincasa di Napoli, Catania.
OSSERVATORIO
Come dicevamo è nato recentemente l’ “Osservatorio Indipendente dei Concorsi Universitari” che denuncia pubblicamente il maggior numero possibile di “bandi profilati”.  L’art. 24, comma 2, della Legge 240/2010, prevede infatti che non si possano inserire nei bandi “competenze così specifiche da scoraggiare i potenziali candidati”. Ovviamente i dipartimenti che bandiscono concorsi fanno, indisturbati, l’esatto contrario.
L’ultima denuncia-segnalazione dell’Osservatorio è avvenuta a Pasquetta con una lettera indirizzata al rettore di Padova (Rosario Rizzuto, che è anche membro del Commissione dei rettori) relativa ad un concorso “profilato” per la I fascia in Chimica generale. La lettera, come al solito, è stata  inviata anche al ministro Marco Bussetti (Lega) e al Viceministro dell’Università Lorenzo Fioramonti (Cinque Stelle), che queste cose dovrebbe saperle visto che, per insegnare, ha dovuto trovarsi un’università in Sud Africa.  In questo caso, il bando profilato richiede al candidato “linee di ricerca riguardanti la chimica metallorganica nei suoi aspetti fondamentali e applicativi, con particolare riferimento all'utilizzo dei metalli di transizione in sintesi e catalisi metallorganica, anche di interesse industriale”: guarda guarda giusto giusto il profilo del candidato interno all’università.
Stessa cosa era avvenuta il 15 aprile quando l’Osservatorio aveva segnalato ai professori Franco Anelli, Guido Merzoni e Damiano Palano facenti parte la commissione il concorso della Cattolica (rettor eil giurista Franco Anelli ) in “Filosofia politica”:  in questo caso al candidato era richiesta la conoscenza dei “meccanismi di selezione delle élite, dai rapporti fiduciari ai processi di mediazione degli interessi, alle dinamiche di disintermediazione e di reintermediazione”. Scrive l’Osservatorio: “Tale profilo replica verbatim il progetto di ricerca, del tutor Prof. Damiano Palano”,  e, guarda caso, il concorso è stato vinto dal candidato interno “Dott. Antonio Campati, attualmente Professore a contratto presso la Facoltà di Scienze Politiche e Sociali, il quale ha prodotto nel frattempo diversi contributi sul tema”.
Nelle commissioni universitarie non crede più nessuno, nemmeno il Consiglio di Stato. “Le commissioni universitarie, a parer nostro, non sono più degne di fiducia”, scrive il Consiglio di Stato nell'ultima sentenza in tema di concorsi non credibili. E si rivolge direttamente al ministero dell'Istruzione intimando di riconoscere la cattedra di Diritto del lavoro alla docente Carmela La Macchia, bocciata tre volte da tre commissioni diverse nominate per gestire l'Abilitazione scientifica nazionale nella sua disciplina: le aveva preferito, nel ruolo di professore di prima fascia, un altro candidato.
E così il Consiglio di Stato, dove è finito il primo ricorso, alla fine ha scritto al Miur: siete obbligati a dare l'idoneità all'appellante. E a pagare 6.500 euro di spese legali (sentenza 1321 dello scorso 25 febbraio).
*
I casi già “denunciati” sono molti. Homines novi o meno, l’università NON CAMBIA MAI. Forse renderla meritocratica e legata alla società non porta voti. E, dopo Renzi, anche Lega e Cinque Stelle sembra ci abbiano rinunciato.
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janiedean · 7 years
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@hakka84
quel post è troppo lungo per rebloggarlo daccapo e onestamente non ho avuto il coraggio di leggere tutta la tua risposta perché c’è un limite alle cavolate che posso leggere su tumblr nel giro di una settimana e l’avevo passato tipo martedì scorso, ma visto che sulla dash con la notifica del reblog ho visto la prima riga che dice WHERE THE FUCK DOES THIS GERMANY GAVE US MONEY THING COME FROM o qualcosa del genere, permettimi di ricordarti la roba di cui si parla nel dettaglio qui:
http://www.wallstreetitalia.com/quando-angela-merkel-pianse-di-rabbia-per-colpa-dell-italia/
poi, 4 novembre 2011:
http://www.repubblica.it/economia/2011/11/04/news/g20_ultimatum_italia-24390352/
“"Il problema dell'Italia è la mancanza di credibilità sulle misure annunciate nei giorni scorsi dal governo". A sottolinearlo è stata Christine Lagarde, direttore dell'Fmi, al G20. "La questione che è in gioco e che è stata chiaramente individuata sia dalle autorità italiane che dai loro partner è una mancanza di credibilità delle misure che sono state annunciate", queste le parole di Lagarde.“ >>>> leggasi: berlusconi non fa un cazzo e noi siamo preoccupati perché perdete soldi a manetta.
oppure:
http://www.linkiesta.it/it/article/2011/11/03/gia-a-luglio-litalia-chiese-aiuto-al-fondo-monetario/3865/
La serata italiana di Cannes si è chiusa con una cena fra il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, il presidente americano Barack Obama, quello francese Nicolas Sarkozy e il cancelliere tedesco Angela Merkel. In tavola, fra le altre cose, l’intervento di messa in sicurezza dell’Italia. «I lavori continueranno domani, già dalle 9:15», spiega un altro sherpa del governo. Non sarà però facile convincere i Bric (Brasile, Russia, India, Cina) ad aumentare le proprie quote nel Fmi. Il meccanismo con qui si vuole intervenire verso Roma è infatti corale. Il Fondo monetario utilizza gli Special drawing rights (Sdr, in italiano Diritti speciali di prelievo), ovvero l’unità di conto dell’istituzione di Washington. Per fare un paragone, un euro vale circa 0,76 Sdr. L’Italia, nel computo finale delle quote di dotazione del Fmi, pesa per circa il 3,3%, cioè 13,6 miliardi di Sdr, o 19 miliardi di dollari. Entro la fine di novembre, spiegano i funzionari del Fmi, dovrà però esserci la conclusione della revisione generale delle quote.
ah, e nel 2014 avevamo 500 miliardi di debiti con francesi e tedeschi, ma manco quello è mai successo vero?
https://thewalkingdebt.org/2014/03/28/la-diplomazia-dei-prestiti-esteri-italia-nella-morsa-franco-tedesca/
il punto è che la merkel aveva interessi a far levare berlusconi dal cazzo perché NON ERA UNA GARANZIA E CI AVREBBE MANDATO A PUTTANE ANCORA PEGGIO E DURANTE IL SUO GOVERNO IL DEBITO ERA ANDATO A PUTTANE SENZA CONTROLLO e... lei..... ci metteva i soldi e non voleva perderceli????
cioè onestamente ma secondo te i tedeschi si mettono di mezzo perché gli va o perché rischiano di perderci i soldi, e infatti prima che berlusconi si dimostrasse completamente incapace non si mettevano di mezzo? che poi i tedeschi dovrebbero capire che l’austerity fa bene solo a loro e non funziona così essere europeisti è un altro discorso, ma che i tedeschi abbiano soldi investiti in mezza europa compresi noi e che all’epoca se non tenevano aperti i rubinetti stavamo per i cazzi è fatto obiettivo, e se vuoi una fonte non sinistrosa e che di economia dovrebbe saperne:
http://www.ilsole24ore.com/art/economia/2010-12-15/conseguenze-silvio-berlusconi-sulleconomia-164707.shtml
http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2011-10-13/anche-berlusconi-sopravvive-domani-150932_PRN.shtml
comunque gente che ha letto la risposta per intero mi informa che secondo te sarei grillina. vorrei solo dire che piuttosto che morire grillina muoio democristiana e se dico che voto a sinistra vuol dire che voto a sinistra, non che mi sta simpatico il m5s. cioè poi vorrei sapere da dove deduci una cosa del genere quando ho tipo passato un quarto dell’OP a dire che grillo non posso vederlo manco da lontano ma ok.
non voglio manco sapere il resto guarda.
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pangeanews · 7 years
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Massacro per delle Bagatelle: Gallimard sospende la pubblicazione dei “pamphlet antisemiti” di Louis-Ferdinand Céline
Ieri, giovedì 11 gennaio, l’editore Antoine Gallimard ha posto la parola fine con un comunicato alle agenzie di stampa francesi alla querelle che agitava il demi-monde delle lettere e l’establishment politico francese ai primi di dicembre del 2017, ossia da quando erano trapelate le prime indiscrezioni, poi confermate dagli interessati, della volontà di Gallimard, della ultracentenaria vedova di Céline Lucette Almansor e del legale rappresentante e biografo céliniano avvocato Francois Gibault di ristampare per la prima volta dal dopoguerra gli aborriti cosiddetti “pamphet” di Céline, Bagatelle per un massacro (1937), La bella rogna (1941) e La scuola dei cadaveri (1942).
Alle prime obiezioni e richieste di spiegazioni, l’avvocato Gibault aveva risposto abbastanza ingenuamente che “i tempi gli sembravano maturi”, e che non vi era stato un gran che di scandalo nel 2015 alla ripubblicazione – e al successo di vendite – de Les Decombres di Lucien Rebatet, scandaloso pamphlet-mattone collaborazionista, se possibile ancor più antisemita delle Bagatelles. L’ingenuità dell’avvocato Gibault è stata non tanto quella di sottovalutare l’impatto di un nome come quello di Louis-Ferdinand Céline e dei suoi pamphlet, quanto non rendersi conto che in questi ultimi anni la corsa al politicamente corretto e l’ascesa al potere della dittatura della mediocrità stiano crescendo esponenzialmente mese per mese, settimana per settimana ovvero financo giorno per giorno, e ciò che poteva sfuggire agli inesausti e penetranti occhi delle Grandi Vestali della “Coscienza Universale” ieri, non lo sarà più l’oggi…
E l’avvocato della vedova Céline, qualunque siano le motivazioni della decisione di quest’ultima dell’andar contro la volontà del defunto marito di non vedere più ristampati Bagatelle e company – si è parlato dei costi delle cure mediche H24 della 105enne Lucette – probabilmente ha sottovalutato l’impatto non tanto delle lamentele delle Associazioni ebraiche e contro le discriminazioni, prevedibili e incarnate dall’usuale volto di Serge Klarsfeld, lancianti strali contro “il ritorno dei populismi e le violenze antisemite” (come se gli attentati di Parigi o le violenze contro gli ebrei francesi delle banlieue fossero stati fatti da fini connoisseur delle opere di Céline), ma dell’imprinting pavloviano lasciato sui mediocri – la maggioranza – degli intellò, vuoi stampati, vuoi televisivi, vuoi di pixel, vuoi riscaldatori di poltrone IKEA accademiche, e commentatori assortiti, del mediocrissimo libro di una schieratissima sinistrorsa coppia, Annick Duraffour e Pierre-André Taguieff, autori del libro a tesi Céline, la race et le Juif, uscito nel febbraio 2017. In questo ponderoso volume, accompagnato da una campagna mediatica senza precedenti per un testo accademico così di nicchia, il dinamico duo cerca di dimostrare questi ameni punti:
– Céline era un rabbioso antisemita (che originalità), peraltro ripubblicando come frutto di ricerche originali materiale arcinoto: dai suoi scritti e lettere comparsi sulle riviste di destra francesi nel 1940-1944 alla testimonianza parigina di Ernst Jünger dipingente Céline come un “maniaco introvertito” farneticante di epurazioni anti ebraiche. La qual cosa, più che scorretta scientificamente raggiunge vertici di ilarità quando i due si fanno riprendere dalle TV francesi mentre compulsano le lettere di Céline alla stampa collaborazionista negli archivi della Biblioteca Nazionale di Francia – il che fa molto “topo d’archivio” – quando le stesse lettere sono già state comodamente rilegate in volume e pubblicate nel 1994 in Lettres des années noire dell’accademico Alméras, studioso non tenero con Céline, peraltro, e in altri testi (e tradotte in italiano in Céline ci scrive, Le lettere di Louis-Ferdinand Céline alla stampa collaborazionista francese, 1940-1944, a cura di Andrea Lombardi e con prefazione di Stenio Solinas, Roma 2011), o quando in ogni loro singola intervista, appello, manifesto e tazebao riprendono l’apocalittica citazione di Jünger, non considerando come Céline stava semplicemente recitando la parte del perfido nichilista, come suo solito con gli interlocutori che meno gradiva. Céline sarà stato senza dubbio sempre più soddisfatto di abbindolare l’altezzoso boche, e di suscitare la crescente indignazione dell’algido e aristocratico intellettuale ed esteta tedesco, combattente come lui nella prima guerra mondiale. Avvenimento del quale Jünger, a differenza di Céline che ne narrò soprattutto gli orrori, fu glaciale e appassionato cantore nelle sue prime opere, evocando la grandezza del combattente che si ergeva contro le tempeste d’acciaio degli scontri di materiél.
– Céline era pagato dai nazisti, riprendendo la nota – e falsa – accusa di Sartre, signorilmente rivolta dal filosofo esistenzialista e ex primo fan di Céline quando sul primo pendeva una comoda condanna a morte in comtumacia da parte della “giustizia” francese, occupata dal 1944 a far cadere più teste francesi piccolocollaborazioniste possibili per far dimenticare Vichy a Alleati occidentali e russi. Come mirabolante pezza d’appoggio, Duraffour e la Taguieff tirano fuori un verbale di interrogatorio di un agente della sicurezza tedesca (SD) che cita il nome di Céline in un elenco di personalità francesi attenzionate. Più che una pistola fumante, una pistola ad acqua.
– Céline, alla fin fine, oltre che a essere un poco di buono e un antisemita non è poi manco sto gran scrittore, ed è tale solo grazie a una consorteria di céliniani, célinofili e célinisti – segue nel libro radiografia antropologica-comportamentale delle suddette categorie – che si dividono grossomodo negli ingenui traviati e nei fiancheggiatori Collaborazionisti, comprendendo i critici letterari e biografi céliniani, tutti ritenuti troppo poco abili e troppo abbindolati da Céline per essere “scientifici”. Al contrario ovviamente di loro due fenomeni, ca va sans dire.
Ovviamente tutte queste chiacchiere di portinaia e rimasticature di altri lavori originali, come i fondamentali Les idées politiques de Louis-Ferdinand Céline di Jacqueline Morand-Deviller e Relevé des sources et citations dans Bagatelles pour un massacre di Alice Kaplan (in italiano segnaliamo il bel lavoro di Riccardo De Benedetti Céline e il caso delle “Bagatelle”, Milano 2011), sono però condite da un formidabile apparato di note, utili a abbagliare i ghiozzi e a dare dignità accademica a un’opera faziosa, dove tutto è piegato al dare una pseudo struttura scientifica alle opinioni preconcette degli autori. Ebbene, in questo meraviglioso Brave New World, un libro così, che in tempi normali avrebbe avuto la triste sorte del macero per mancanza di vendite a parte le copie acquistate dagli autori per amici e parenti, è invece divenuto un testo di riferimento, e Duraffour e Taguieff osannati come “esperti di Céline”, oscurando nei media autori al di sopra delle parti come Éric Mazet, Henri Godard, i céliniani e ebrei Emile Brami e Pierre Assouline, Régis Tettamanzi (la sua curatela della edizione canadese dei pamphlet lì uscita nel 2012 grazie al differente diritto d’autore, viene ovviamente stroncata dalla coppia come “insufficiente”, d’altronde, solo 230 e passa pagine di note di un professore universitario che si dedica a Céline da decenni…), Jean-Paul Louis, esperto e magnifico editore céliniano, Gibault stesso… E, prima che Antoine Gallimard si tirasse indietro, dopo aver dapprima apparentemente tenuto botta a decine di lettere di richiesta di “rassicurazioni” del Governo francese e israeliano e di una pletora di personaggi spazianti dai ministri della République ai pigliainculo e quaqquaraqà commentatori da operetta blog, segnaliamo che c’era stata infine una piccola apertura accademica per una edizione “contestualizzata da una ampio impianto di note smententi le tesi antisemite di Céline”, che NON poteva però essere lasciata ai soli “esperti céliniani” (d’altronde inadatti, perché gabbati da Céline o conniventi antisemiti tout court sotto sotto, vedi supra), ma che doveva essere condotta nei tempi dovuti solo da una “équipe multidisciplinare”. Seguivano poi una sfilza di paludati signor nessuno, e, ohibò! – tra i nomi chi ci troviamo? Ma la Duraffour e Taguieff, ovviamente! Abbastanza triste, nevvero?
Quello che succede poi è appunto notizia di ieri, Antoine Gallimard si tira indietro, e l’edizione è sospesa. E direi che se il rischio era di trovarsi Bagatelle per un massacro, opera violenta come le contemporanee poesie di Aragon inneggianti alla GPU e Stalin e al massacro dei “borghesi” – ma d’altronde i morti dei Gulag e dell’olocausto ucraino hanno avuto solo un Šalamov letto da centinaia e non uno Spielberg visto da milioni – ma molto più complessa e geniale nel suo forsennato delirio di sottocapitoli di dialoghi dell’assurdo, balletti e invettive non solo contro gli ebrei ma anche contro la chiesa, il comunismo, il fascismo e il nazismo, per poi contraddirsi e ricontraddirsi, contro la stupidità e vigliaccheria di governanti e governati francesi del primo dopoguerra, e da studiare anche come tratto d’unione tra la sperimentazione dell’argot dei primi romanzi e la petite musique degli ultimi, con la prefazione di sti due poveracci, allora meglio così, che non se ne parli più.
Andrea Lombardi
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pangeanews · 7 years
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Saint-Exupéry: se è morto è tutta colpa dei nazisti
Allineiamo i fatti. Partiamo da quelli certi. Antoine de Saint-Exupéry, nato a Lione nel 1900, è uno degli scrittori più noti del pianeta. Il merito lo si deve alla favola ‘sapienziale’ Il piccolo principe, uno dei libri più venduti di sempre. Il piccolo principe è stato pubblicato nel 1943 e Saint-Exupéry – altro dato inoppugnabile – muore il 31 luglio del 1944. Lo scrittore con il talento per l’aereonautica si eleva alle 8 di mattina di quello stesso 31 luglio dalla base di Bastia-Borgo, in Corsica, a bordo di un Lockheed P-38 Lightning, per una missione di ricognizione su Annecy e Grenoble. L’aereo precipita. Lo scrittore muore. Il corpo non viene recuperato. Amen. Saint-Exupéry aveva sempre con sé una valigia. Piena di appunti, di carte. Una specie di eterno zibaldone. Le carte, miracolosamente, vengono trovate a terra. Sono pensieri di lirica profondità, raccolti sotto il nome Cittadella. Più che altro, è l’abbozzo di un sinuoso poema in prosa. Il libro è pubblicato da Gallimard nel 1948, la sua bellezza corrusca oscura gli altri libri, ma in Italia non lo capiamo. Cittadella, un fascio oltre 600 fogli, viene edito in una versione mutila per Borla, nel 1978. Fin qui, ad ogni modo, siamo ai dati di fatto. Il mistero della morte del più famoso scrittore francese nel mondo tormenta i decenni. Nel 1998 Jean-Claude Blanco è convinto di aver trovato un frammento del velivolo di Saint-Exupéry. Apriti cielo. Comincia la caccia al relitto, manco fosse un galeone pieno di dobloni corsari. Luc Vanrell, archeologo subacqueo, trova, a 87 metri sotto il pelo del mare, a sud di Marsiglia, i resti del Lockheed P-38 guidato dallo scrittore. Siamo nel 2000. Nel 2003 i resti vengono tirati fuori e stipati nel Musée de l’air et de l’espace di Le Borget. L’anno dopo il governo francese annuncia la lieta notizia al mondo. A questo punto, manca l’altro tassello del mistero. Come è precipitato l’aereo. A questo ci arrivano, insieme, Lino von Gartzen, il giornalista Jacques Pradell e lo stesso Vanrell. Ad aver buttato giù l’aereo su cui volava Saint-Exupéry sarebbe stato Horts Rippert, asso del volo tedesco. Nel 2008 le sue rivelazioni – “sì, il 31 luglio 1944, a sud di Marsiglia, ho abbattuto un Lockhedd P-38 Lightning” – fecero scalpore. I giornalisti s’inventarono pure la lieta storiella: Rippert aveva letto, con piacere, Il piccolo principe nella traduzione tedesca, “se avessi saputo chi era su quell’aereo, non avrei sparato”, dichiarò il pilota assassino. Lo scoop fu recepito in un libro, Saint-Exupéry: l’ultime secret, pubblicato in quel 2008. Ora, quasi dieci anni più tardi, c’è un surplus di rivelazione. Saint-Exupéry non sarebbe morto nello schianto del suo aereo. No, non è la storia di Elvis Presley che vive ancora tra noi nel burgherificio dietro casa. Tutto è raccontato in Saint-Exupéry: Révélations sur sa Disparition, firmato dai soliti Lino von Gartzen e Luc Vanrell, insieme a François d’Agay, nipote di Saint-Exupéry, e Bruno Faurite. Ricordate il tedesco Rippert? Beh, l’ex soldato ha tirato le cuoia nel 2013. Resta la figlia. Che ha raccontato agli estensori del libro questa storia, tale quale – dice lei – gliel’ha raccontata il babbo: Saint-Exupéry era vivo quando fu abbattuto il suo aereo. Trasferito per essere soccorso a Port-de-Bouc, fu sottoposto a interrogatorio dai nazisti nella base di Saint-Martin-de-Crau, ora anonimo borgo in Provenza. Lì lo scrittore sarebbe morto, in seguito al peggioramento delle ferite riportate. O in seguito al pestaggio – sommato alle ferite – infertogli dai nazisti. E il suo corpo? Fu gettato in mare? Va detto che intorno alla storia – utile, se mai ce ne fosse bisogno, a far levitare le vendite dei libri di Saint-Exupéry e a rinfocolare l’antico odio tra francesi e teutonici – gravano parecchi dubbi. Non tutti gli storici credono alle parole di Rippert, non supportate da documenti ufficiali. Davvero, direbbe Saint-Exupéry, l’essenziale è invisibile agli occhi. L’essenziale, in questo caso, è l’opera dello scrittore francese, che non si può ridurre al Piccolo principe. Libri come Volo di notte e Terra degli uomini, ad esempio, di grave limpidezza, figli di una tradizione letteraria che unisce lo scandaglio di sé all’impeto morale, che va da Pascal e Montaigne a Paul Valéry, andrebbero riscoperti come si deve. Invece, abbiamo anche la traduzione in siciliano (!) del Piccolo principe – che suona Principuzzu Nicu – ma non è più disponibile il tomo che ne raduna, in modo ragionato e commentato, le Opere (era un Bompiani del 2000). Una sfasatura editorialmente imbarazzante.
  Giovanni Zimisce
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