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lukeskywaker4ever · 5 years
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DISCOVERIES MONUMENT
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Padrão dos Descobrimentos ( Monument of the Discoveries) is a monument on the northern bank of the Tagus River estuary, in the civil parish of Santa Maria de Belém, Lisbon. Located along the river where ships departed to explore and trade with India and the Orient, the monument celebrates the Portuguese Age of Discovery (or Age of Exploration) during the 15th and 16th centuries. The Monument was made for the commemorations to celebrate the fifth centennial of the death of Infante Henry the Navigator, son of King João I and Queen Philippa of Lancaster, and the brain behind the Discoveries, being his figure the main Statue on top of the Monument.
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Architecture
The structure is located on the northern bank of the Tagus River, limited by the Belém Marina, Algés and Dafundo Nautical Centre and the Museum of Popular Art ( Museu de Arte Popular), and demarcated by stone pedestals with armillary spheres. Opposite the large square, and across the Avenida da Índia-Avenida de Brasília motorway, is the Praça do Império (Empire Square) which fronts the Jerónimos Monastery, Belém Cultural Center and the green-spaces of the Jardim Vasco da Gama.
The original structure, which Telmo, Barros and Almeida created, was erected in steel and cement, while the 33 statues were produced in a composite of plaster and tow. Ostensibly a 52-metre-high (171 ft) slab standing vertically along the bank of the Tagus, the design takes the form of the prow of a caravel (ship used in the early Portuguese exploration). On either side of the slab are ramps that join at the river's edge, with the figure of Henry the Navigator on its edge. On either side of the Infante, along the ramp, are 16 figures (33 in total) representing figures from the Portuguese Age of Discovery. These great people of the era included monarchs, explorers, cartographers, artists, scientists and missionaries. Each idealized figure is designed to show movement towards the front (the unknown sea), projecting a direct or indirect synthesis of their participation in the events after Henry.
The South African government was responsible for gifting the construction of the square in front of the monument: the 50-metre-diameter (160 ft) Rosa-dos-Ventos (compass rose) was executed using different types of limestone, including lioz, a rare type of beige limestone found only around Lisbon, more specifically in Sintra. Designed by the architect Cristino da Silva, it includes a Mappa mundi that is 14 metres wide, showing the routes of Portuguese carracks and caravels during the Age of Discovery.
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On the northern façade flanking the staircase are two inscriptions in metal: on the left, "AO INFANTE D. HENRIQVE E AOS PORTVGVESES QVE DESCOBRIRAM OS CAMINHOS DO MAR" (To Prince Henry and the Portuguese that Discovered the Roads of the Sea) over a metal anchor; and, on the right, the words "NO V CENTENÁRIO DO INFANTE D. HENRIQVE 1460 – 1960" (On the Fifth centenary of Prince Henry 1460–1960), over a crown of laurel. The double staircase ascends one level, before the entranceway to the monument, allowing a perspective on the square and the lateral figures.
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The interior consists of three areas: the auditorium with space for 101 people, a stage of 18 square metres (190 sq ft), with film projection booth; a secondary level with two halls for exhibition; and the last level with four rooms. Normally, the auditorium hosts a multimedia exhibition on the history of Lisbon, while the other rooms are used for exhibitions. The top of the monument (reached via a lift or stairs) offers views of the Tagus river, the Belém neighbourhood and its many attractions, including the Belém Tower and the Jerónimos Monastery, which date from the Age of Discovery.
Statues
In addition to the main statue of Henry the Navigator, holding a model of a carrack, on either side of the ramps of the monument are a total of 33 figures from the history of the Discoveries, specifically (from left to right):
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Afonso V of Portugal (King João I and Queen Philippa grandson and King of Portugal after his father King Duarte);
Vasco da Gama (discoverer of the sea route to India);
Afonso Gonçalves Baldaia (navigator);
Pedro Álvares Cabral (discoverer of Brazil);
Ferdinand Magellan (first to circumnavigate the globe)
Nicolau Coelho (navigator);
Gaspar Corte-Real (navigator);
Martim Afonso de Sousa (navigator);
João de Barros (writer);
Estêvão da Gama (sea captain);
Bartolomeu Dias (first to cross over the Cape of Good Hope);
Diogo Cão (first to arrive to the Congo river);
António de Abreu (navigator);
Afonso de Albuquerque (second viceroy of Portuguese India);
Saint Francis Xavier (missionary);
Cristóvão da Gama (captain);
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Pedro, Duke of Coimbra (son of King João I of Portugal and Queen Philippa of Lancaster);
Queen Philippa of Lancaster (Wife of King João I of Portugal and Queen of Portugal);
Fernão Mendes Pinto (explorer and writer);
Frei Gonçalo de Carvalho, Order of Preachers (Dominican Missionary);
Frei Henrique de Coimbra, Order of Friars Minor (Franciscan Missionary);
Luís de Camões (renaissance poet who celebrated the navigations in the epic Lusiadas);
Nuno Gonçalves (painter);
Gomes Eanes de Zurara (chronicler);
Pêro da Covilhã (traveller);
Jácome de Maiorca (cartographer);
Pedro Escobar (pilot);
Pedro Nunes (mathematician);
Pêro de Alenquer (pilot);
Gil Eanes (navigator);
João Gonçalves Zarco (navigator);
Fernando the Holy Prince (son of King João I of Portugal and Queen Philippa of Lancaster).
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The monument was featured in Lisa Stansfield's music video for the single "Change," where she is seen walking up and down the eastern ledge. It was also featured on the 23rd season of the American reality competition series The Amazing Race, where the mappa mundi was used as part of a challenge where contestants had to measure the route that Ferdinand Magellan sailed across the world.
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Ecco la mappa e la cartina Palma di Maiorca e delle spiagge di Maiorca dettagliata da stampare con i collegamenti alle pagine contenenti i video.
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hotelpalmadimaiorca · 7 years
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pangeanews · 5 years
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“I miei sono alfabeti divertenti e indecifrabili, impazziti, farneticanti, commossi, felici, disperati…”: ho parlato con Joan Miró a Napoli
Nell’ultima sala espositiva del Pan di Napoli, alla mostra su Miró, da una foto a parete di Joan Miró mentre lavora alle tele bruciate nel dicembre del 1973, di fianco ad altre foto di Joan Miró mentre lavora ai sacchi Sabreteixim nella fabbrica Farinera di Terragona, mi prende un colpetto di sindrome di Stendhal con degli strascichi bernhardiani alla Antichi maestri. Quando si ha a che fare coi catalani come Joan Miró bisogna stare attenti a come il vento sposta gli accenti dal grave all’acuto, Aldo Busi in El especialista de Barcelona mostra come anche attraverso la punteggiatura si dia vita a un romanzo e quindi all’autobiografia di una nazione, e Joan Miró è l’artista della punteggiatura, la sua arte è l’invenzione di un nuovo sistema segnico ancora tutto da pronunciare.
*
Joan Miró dalla foto nell’ultima sala espositiva al Pan di Napoli comincia a parlarmi, ha ottanta anni nella foto, un grembiule nero sulla camicia bianca, ha anche la cravatta: cravatta nera e camicia bianca e un grembiulone nero da lavoro, per potersi impolverare e sporcare, grandi occhialoni neri e i capelli bianchi, il volto chiazzato dalla vecchiaia, sul volto di Joan Miró sono apparse delle macchie rosse che si possono definire mironiane, raccontano la storia di Joan Miró.  Joan Miró – ve lo diranno tutti i dilettanti che s’appassionano a Miró per la durata di un pomeriggio – comincia con le macchie: all’origine di tutto c’è la macchia, poi viene il dipinto, il senso successivo e superfluo è inserito nella descrizione che diventa titolo, il titolo che arriva dopo è un rispondersi alla domanda – Ma cosa ho fatto? Prima c’è la macchia e le macchie mironiane sul volto di Joan Miró sono una espressione dell’arte di Miró sul corpo di Miró. Il volto di Miró è un quadro di Miró. Dalla foto nell’ultima sala espostiva della mostra su Joan Miró al Pan di Napoli, proveniente o dalla Successió Miró di Palma di Maiorca o dagli archivi del fotografo catalano Francesc Català Roca a Barcellona, quello che non sta succedendo a Barcellona in questi giorni, dopo le pesanti condanne comminate agli indipendentisti catalani!, da quella foto Joan Miró mi parla con la sua voce di ottantenne e nella mia mente la traduzione è simultanea e ha tutti gli accenti all’italiana: “Quando capisci che è finita? Basta calpestare la tela solleticata col cannello o dare l’ultimo punto col dito intinto nel barattolo del giallo o del verde per fare un quadrato nel delta del rosso e del nero? Sono un simpatico vecchietto, ho un aiutante barbuto, si chiama Josep Royo, mi sento a mio agio con questi abiti da operaio, no, da artigiano: con le forbici, il punteruolo, la pennellata. Mi diverte il mio cantiere, mi chino sulla tela come su uno scavo o come su un calderone. La tela è un pentolone e i miei quadri sono i fumi e i vapori che vengono su da tutto quel ribollire. Quando sono convinto, o quando sono stufo, o quando sono stanco, porto tutto in cortile. Appoggio le tele agli alberi per farle asciugare e raffreddare. Mi gratto la testa, mi chiedo: – Ma sarò matto? Cosa mi ha preso? Ormai è fatta. E poi non sono brutte per niente. Me le accarezzo, come fa un fresatore con i pezzi passati al tornio, come fa il falegname innamorato. Passeggio nel cortile, oggi mi stanno riprendendo, mi fanno un video, mi sento come Eduardo De Filippo quando registrava le rappresentazioni teatrali e allora era come se dovesse recitare due volte: una volta come attore nella rappresentazione teatrale svolta davanti al pubblico e un’altra come attore registrato che deve fingere di essere quell’attore della rappresentazione teatrale svolta davanti a un pubblico che non c’è, e non chiedetevi come mai io, Joan Miró, stia facendo un riferimento a Eduardo De Filippo: sono pur sempre soltanto una fotografia che parla. Io non ho più nessun bisogno di parlare: ho lasciato tutto detto con i miei quadri illetterati, per tutta la vita ho dipinto la punteggiatura per quelle frasi per le quali non c’è ancora abbastanza linguaggio, manca lo strumento o spettro o frequenza o temperatura o radiazione o rumore o costrutto o ritmo o pensiero: o le dipingevo io così o non si sarebbero ancora mai potuto intuire. Mi siedo. Mi accoscio. Che giornata, ma chi vi ha chiamato? Una volta metto il grembiule da lavoro, un’altra volta il maglioncino, il fustagno per le braghe. Uso il temperino se mi va. Sono il pittore pagliaccio. Vi parrà tutto ridicolo. Qui non fa molto caldo. Forza ragazzo, diamo fuoco! Dico a Josep. Quando passo del bianco sul rosso non chiedetemi cosa sto facendo. A volte ho avuto paura di bruciare tutto! Non ve lo tengo nascosto. Sono contento che abbiano esposto le mie tele bruciate nell’ultima sala, quasi di fianco alla manichetta antincendio: potresti srotolarla e indirizzare il getto contro la foto in cui c’è la tela mentre brucia. Questo è il minuto dell’acrobata, lo scatto del pittore-che-dipinge, lo scatto del pittore-che-dipinge-bruciando-la-tela, ma dovete sapere che tutto accade prima. Accade sempre tutto prima, in un prima che non poteva avere idea che sarebbe diventato una forma, una situazione di pittura, una tela bullizzata appoggiata al gambo di corteccia di un albero in cortile, e io me la guardo come la stessi mandando in stampa dopo la correzione dell’ultima bozza. Dipingo quadri, i significati sono a parte, in un cassetto o in un armadio che non si trovano a casa mia o nella mia fabbrica. Ho dipinto tante teste e una era completamente nera tranne un pezzo di vecchia mappa e una sagoma di un qualche colore. Mi riferisco alla Tête del 31 dicembre 1973, è un olio e collage su tela, si trova qui nella stessa sala con le tele bruciate e i buffissimi Sabreteixim. Ecco, io mi immagino così la verità di ogni ritratto. Qualche ricordo di una geografia interiore, qualche resistenza di emozione, e poi tutto quel nero buono per riempirsi di stelle e uccelli, di ballerine sottili e sinuose come corde di chitarra, o di un bel niente. Come certe mie giornate nere, tutte nere. Se ne sono viste di cose, mica solo in Spagna nel ’36. Lasciatemi colorare e bruciare, tagliare e macchiare con il giallo e con l’azzurro. Vi fanno paura e allegria come a me le mie scritture? Aliene. I miei sono alfabeti divertenti e indecifrabili, impazziti, farneticanti, commossi, felici, disperati. Io sono quel pittore che non sa scrivere, che voleva scrivere con una scrittura nuova, che ha scritto tutti i giorni con l’olio, l’inchiostro, la matita, il pastello, il caolino, la lana, il cartone, il bianco, il nero, che ha scritto tutti i giorni delle frasi indicibili. Siate onesti, di fronte a queste strane tele pazze, stralunate, scombinate, ditemi: sono o non sono le più belle?”.
Antonio Coda
*In copertina: Joan Miró (1893-1983); la mostra “Joan Miró. Il linguaggio dei segni” è in atto al Pan di Napoli fino al 23 febbraio 2020
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Palma di Maiorca Spagna.
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viaggiatori · 7 years
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L’autunno è una stagione ideale per godersi mete che d’estate sono prese letteralmente d’assalto dai turisti: è questo il caso di Alcúdia, graziosa località nella parte nord orientale dell’isola di Maiorca. Qui infatti, oltre alle spiagge di sabbia bianca lambite dal mare turchese – tanto apprezzate dai turisti in estate – c’è tanto di più…
Eccovi allora le 5 esperienze da fare assolutamente ad Alcúdia, in qualsiasi periodo dell’anno.
Mappa di Alcúdia
Visita della città vecchia di Alcúdia 
Alcúdia è un grazioso borgo medievale, risalente al XII secolo, che sorge a pochi chilometri dalla costa, ma lontano dal caos della zona più turistica. Il suo centro storico – composto da un dedalo di viuzze, palazzi medievali e rinascimentali e i deliziosi bar e ristoranti che offrono piatti della cucina locale – è circondato da possenti mura, lungo le quali si può passeggiare per ammirare la cittadina da un’altra prospettiva e cogliere al meglio il paesaggio che la circonda.
Le mura che cingono la città di Alcúdia
Passeggiando per il centro non dimenticatevi di visitare anche la chiesa di Sant Jaume ricostruita nel 1870 in stile neogotico. E ricordatevi che il martedì e la domenica, proprio nel cuore storico di Alcúdia si tiene il chiassoso e colorato mercato rionale dove potrete acquistare prodotti tipici del territorio come frutta e verdura, ma anche formaggi e salumi. Insomma, un’occasione da non perdere per immergervi nella cultura locale.
Scorcio della città vecchia di Alcúdia
Visita della città romana di Pollentia
Appena fuori dalle mura medievali di Alcúdia, sorge la città romana di Pollentia, fondata intorno al 123 a.C. L’impianto urbanistico si estende su una superficie di 20 ettari e comprende 3 domus, tra le quali la meglio conservata è la cosiddetta Casa dei due tesori, il Foro, il tempio Capitolium, due piccoli templi minori, una vasta area commerciale, un sistema per l’acqua potabile e uno per le fognature e infine il Teatro Romano. Quest’ultimo risale al primo secolo d.C. ed è composto da 3 sezioni: e gradinate per il pubblico di forma semicircolare, l’orchestra sempre di forma semicircolare e la scena di forma rettangolare.
Il sito romano di Pollentia ad Alcúdia
Visitare questo sito archeologico al calar del sole per poi cenare fra le sue rovine –  assaggiando piatti preparati secondo le ricette della Roma antica, recuperate dall’associazione MareMagnum – è stata un’esperienza davvero unica. Certo, alcune pietanze e bevande – come per esempio il vino rosso servito con il miele, il cosiddetto vinum mulsum – erano davvero particolari e molto distanti dai nostri gusti, ma è stato comunque istruttivo e divertente.
Cena romana tra le rovine di Pollentia
Dettagli della cena romana tra le rovine di Pollentia
Una delle pietanze della cena romana tra le rovine di Pollentia
Visita del museo Sa Bassa Blanca
Se alla storia antica preferite l’arte moderna, sappiate che la vostra curiosità sarà soddisfatta. Infatti, a circa 6 chilometri da Alcúdia, sorge il famoso museo Sa Bassa Blanca: un luogo incredibile dove natura, arte e architettura si fondono alla perfezione creando un’opera d’arte totale, idea derivata dal genio di Richard Wagner per un’opera che integrava musica, teatro e arti visive.
Il museo fa parte della Fondazione Yannick e Ben Jakober, fondatori e ideatori di questo paradiso per gli amanti dell’arte, e consta di più spazi: l’edificio principale in stile ispanico moresco, ideato dall’architetto egiziano Hassan Fathy, che ospita mostre temporanee e una permanente nel cosiddetto Aljibe, ovvero l’antico deposito dell’acqua; lo spazio Sokrates, edificio di più recente costruzione, che mira a integrare le opere di arte moderna non solo nel tempo ma anche nello spazio; e ancora il parco delle scultura, grande spazio verde che circonda l’edificio, dove avrete l’impressione di essere all’interno di un grande parco zoologico; infine, forse lo spazio che più mi ha emozionato, è stato l’osservatorio e la sua camera oscura che si raggiunge dopo una piccola escursione a piedi dall’edificio principale e che in pratica mostra concretamente alcuni principi base del cinema e della fotografia.
Spazio Sokrates del Museo Sa Bassa Blanca Alcúdia
Osservatorio del Museo Sa Bassa Blanca Alcúdia
Museo Sa Bassa Blanca Alcúdia
Giardino del Museo Sa Bassa Blanca Alcúdia
Visita e degustazione in un’azienda del territorio
Non si può lasciare Alcúdia senza aver visitato almeno un’azienda che produce olio extra vergine o vini di eccellenza del territorio. Io, per esempio, ho avuto la fortuna di visitare due realtà molto interessanti…
Iniziamo con Oli Solivellas, un’azienda familiare che produce olio extra vergine di oliva di qualità, grazie alle condizioni climatiche ideali di questa zona, che permettono alle olive di raggiungere caratteristiche organolettiche perfette.
Dopo la visita nell’uliveto e aver capito esattamente compreso il procedimento attraverso il quale viene prodotto l’olio extra vergine di oliva, avrete anche modo di degustare il frutto del lavoro di questa bella azienda a gestione familiare, a partire dal classico Olio Extravergine di oliva con denominazione di origine “Olio di Maiorca”, dal gusto gentile e per questo molto versatile in cucina.
Oli Solivellas
Varietà di olive – Oli Solivellas
Degustazione presso l’azienda Oli Solivellas
Altra interessante realtà a conduzione familiare, che ho avuto modo di scoprire durante la mia esperienza ad Alcúdia, si chiama Son Simón Vell ed è una bella tenuta storica circondata da vigneti di Merlot, Cabernet Sauvignon e Syrah, vitigni nobili dai quali viene prodotto il “Pecat” – in catalano “Peccato” – vino rosso corposo ed elegante dal profumo intenso di violetta, mora, prugna, cacao e quell’inconfondibile gusto minerale che ricorda il lapiz. Viene affinato 18 mesi in barriques di rovere francese e da ciò deriva la sua complessità olfattiva e gustativa che rende il “Pecat” un vino unico e adatto a raccontare il territorio.
Uva dei vigneti di Son Simón Vell
Degustazione nell’azienda Son Simón Vell
Scoperta della cultura gastronomica locale
Infine, come potrei non consigliarvi di scoprire anche il lato più gustoso di questo angolo di isola se non assaggiando la sua cucina in uno dei ottimi ristoranti? Ce n’è davvero per tutti i gusti e tutte le tasche. Io ve ne segnalo due in cui ho pranzato: il primo si trova in una bella posizione lungo la passeggiata nel porto di Alcúdia e si chiama Miramar. Qui abbiamo assaggiato un misto di antipasti locali e una paella mista (di carne e pesce) per due persone davvero saporita e soprattutto abbondante… Vi confesso che abbiamo avuto serie difficoltà a terminarla.
Porto di Alcúdia
Ristorante Miramar ad Alcúdia
Anche il secondo ristorante che vi consiglio si trova nella zona del porto di Alcúdia, ma in una stradina più interna. Si chiama il Jardín ed è guidato da una chef donna piena di talento: Macarena de Castro, insignita di una stella Michelin. Abbiamo pranzato nel bistrot del ristorante ed è stato un vero viaggio nel gusto attraverso piatti e sapori nuovi o della tradizione ma abilmente rivisitati. Porzioni abbondanti, ingredienti ricercati e tanta tecnica nella preparazione dei piatti, abilmente presentati da camerieri attenti ed esperti. I prezzi sono medio alti, ma non vi alzerete da tavola insoddisfatti.
Polpettine di carne – Bistrot El Jardin Alcúdia
Dentice – Bistrot El Jardin Alcúdia
Calamari – Bistrot El Jardin Alcúdia
Dessert – Bistrot El Jardin Alcúdia
Insomma Alcúdia è stata una bella sorpresa ed è entrata a far parte della mia lista di località da visitare anche fuori dalla stagione estiva, magari proprio in autunno, quando le temperature sono ancora piacevoli e ci sono meno turisti. E poi c’è tanto altro da vedere… Quindi a presto Alcúdia!
Alcúdia: 5 esperienze da fare al nord-est di Maiorca L'autunno è una stagione ideale per godersi mete che d'estate sono prese letteralmente d'assalto dai turisti: è questo il caso di…
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Cartina e Mappa delle spiagge piu belle di Maiorca
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hotelpalmadimaiorca · 8 years
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https://www.slideshare.net/lorenzodimatteo/mappa-spiagge-maiorca-cartina-spiagge-palma-di-maiorca
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hotelpalmadimaiorca · 8 years
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Spiagge Palma di Maiorca, sono famosissime in tutte il mondo in questo sito troverete la mappa delle spiagge Palma de Maiorca.
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Scarica la mappa e la cartina di Palma di Maiorca in pdf per organizzare il vostro itinerario delle cose più belle da vedere. 
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Palma di Maiorca Cartina e mappa- | Palma di Maiorca 
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cartina Maiorca 
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