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#nursetime
bidda · 4 years
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#GENTEdiBIDDA #Repost @nursetimes.it • • • • • • Italia, 25 aprile 2020. In attesa di un'altra #Liberazione, si continua a resistere. Seguici su #NurseTimes Giornale di Informazione Sanitaria (presso BIDDA bar) https://www.instagram.com/p/B_a26QEq8au/?igshid=af0vzlzcmkvp
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corallorosso · 4 years
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Quasi 50.000 contagi, oltre 20.000 dei quali da settembre ad oggi, e oltre 250 morti. Questo è il prezzo inaccettabile che i professionisti della salute stanno pagando in Italia a causa della pandemia di Covid-19. Da NurseTimes
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kaulidur · 5 years
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NURSETIME
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milliondollarbaby87 · 3 years
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& Juliet (West End) Review
& Juliet (West End) Review
CastMiriam-Teak Lee – JulietCassidy Janson – Anne Oliver Tompsett – William ShakespeareDavid Bedella – LanceJordan Luke Gage – RomeoMelanie La Barrie – NurseTim Mahendran – FrancoisAlex Thomas-Smith – MayRoshani Abbey – LucyJocasta Almgill – Lady CapuletIvan De Freitas – Lord Capulet Date: Wednesday 22nd December 2021 (7:30pm) Venue: Shaftesbury Theatre ⭐️⭐️⭐️⭐️⭐️ (more…)
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novalistream · 4 years
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Cosa vuol dire che “ci mancano gli infermieri” Anni di mancati investimenti e di tagli di spesa sul sistema sanitario nazionale hanno portato a una grave carenza di personale medico che è diventata evidente durante la prima ondata dell’epidemia da coronavirus e che, nonostante molti proclami e annunci, non è stata risolta in vista della seconda. A mancare sono tante figure professionali, dagli anestesisti ai medici di famiglia: ma tra quelle di cui si è sentita più l’assenza negli scorsi mesi ci sono gli infermieri, una delle categorie contemporaneamente più sottodimensionate in Italia e più importanti nella gestione di un’epidemia, negli ospedali come nelle RSA e nelle case di riposo. Le soluzioni di emergenza adottate nelle settimane del lockdown per fronteggiare il problema non sono state seguite da interventi più strutturali: non quelli sul medio e lungo periodo, che sarebbero importanti e tardivi, ma nemmeno quelli sul breve e brevissimo, che sarebbero stati necessari per prepararsi alla seconda ondata. Il personale è stato aumentato di migliaia di unità, ma in gran parte con modalità di assunzione che hanno compromesso il risultato finale.... Le stime sugli infermieri che mancano al sistema sanitario nazionale variano a seconda delle federazioni o dei sindacati che le calcolano, ma in linea di massima se ne stimavano 50mila in meno rispetto al reale fabbisogno prima dell’epidemia. Questo numero, nonostante negli ultimi mesi ci siano state migliaia di assunzioni, adesso è più alto perché la pandemia ha radicalmente cambiato le necessità di ospedali e delle altre strutture sanitarie. (...) «Si era detto che avrebbero dovuto assumere il personale, sono state fatte le norme per le nuove assunzioni, ma in Italia in cui esistono 20 sistemi sanitari e 20 repubbliche ogni regione si muove in ordine sparso». Il risultato è che «in diverse regioni, dalla Lombardia alla Campania, gli infermieri non ci sono e quindi siamo costretti a chiudere reparti ordinari per trasferirli nei reparti Covid». Nelle settimane del lockdown gli infermieri, insieme ai medici delle terapie intensive, erano stati eletti a simbolo dell’eroica resistenza all’epidemia degli ospedali. I loro sforzi, i turni sfiancanti e il sacrificio personale – gli infermieri morti finora di COVID-19 sono 44 – erano stati ampiamente raccontati e celebrati, con l’implicita promessa che le cose sarebbero cambiate una volta superata l’inattesa prima fase della pandemia. Ma non è stato così. (...) Nel lockdown interi reparti – la traumatologia, per esempio – erano privi o quasi di lavoro, con gli infortuni e gli incidenti quasi azzerati. Altri reparti, sospendendo gli interventi rimandabili, avevano potuto prestare personale per i pazienti Covid. Oggi non è così: se certi ospedali stanno già chiudendo interi reparti ordinari per concentrare le risorse sui reparti Covid, altri stanno facendo il possibile per continuare a fornire tutti gli altri servizi. Oltre che per una questione di spazi, è la mancanza di personale a renderlo difficile: di anestesisti, rianimatori, medici, ma anche di infermieri e di operatori socio-sanitari (OSS). (...) «Si parla di contratti scandalosi, a tempo determinato o come libero professionista a 16 euro l’ora: contratti che non accetterei nemmeno se fossi neolaureato» dice Giuseppe Papagni, infermiere pugliese e direttore del sito specializzato NurseTimes. E infatti molti bandi degli ospedali sono andati deserti. La prospettiva di lavorare in un luogo ad alto rischio come un ospedale, con un contratto di pochi mesi e senza tutele in caso di malattia, è una prospettiva poco attraente per molti. In molti casi, a partecipare a questi bandi sono stati infermieri neolaureati, che spesso sono finiti in reparti Covid senza nessuna esperienza. Chi aveva già un lavoro a tempo indeterminato, e quindi plausibilmente più anni d’esperienza, nella maggior parte dei casi ha preferito rimanere dov’era. (...) «Pagando i nostri infermieri una media di 1.400 euro al mese, stiamo permettendo che vadano in Germania dove ne prendono 2.500. E all’estero gli infermieri italiani sono particolarmente richiesti, perché hanno una formazione tra le migliori in Europa». Il Post
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dickinsonstate · 6 years
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At the heart of it: Passion drives more than teaching for DSU professor
In addition to her teaching responsibilities, she is a certified sexual assault forensic nurse. In this role, she serves as an advisor on state and national forensic/human trafficking councils for policy development, education, and practice translation. She was also recently promoted to serve as a Human Trafficking Navigator for the North Dakota statewide team, providing training and technical assistance on human trafficking.
Rounding out her resume, Dr. Lunde earned her Doctorate in Nursing Practice from Walden University in July 2018. Her recently published work “Trauma-Informed Education Toolkit for Screening Pediatric Victims of Sexual Abuse and Maltreatment,” has been accepted and implemented for the Central Dakota Forensic Nurse Examiners program.
Her dissertation work, which was in developing a rapid screening tool to identify victims of violence and maltreatment for pediatric patients, has been adopted by CHI St. Alexius and the education/documentation toolkit by the Central Dakota Forensic Nurse Examiners Program. In addition, the education toolkit has been copyrighted and patented.
Not surprisingly, she was named 2018 Nurse Educator of the Year and 2018 Outstanding Faculty of the Year. This sudden notoriety did not go unearned or unnoticed. Dr. Lunde has over 15 years of experience in emergency medicine, critical care, surgical services, and forensic medicine. Her work and passion for victims of violence caught the attention of her alma mater. They wrote a feature piece on her, complete with a professional photoshoot, that will be published in this spring’s Walden University Magazine!
“Walden University spotlights alumni graduates who are using their degrees and making an impact in their workplace, community or society,” explained Lunde. “They educate and encourage us to continue our scholarly work after graduation. Some of us do and some of us don’t. Well, I did!”
That piece can be read here:
https://www.waldenu.edu/connect/newsroom/publications/articles/2019/01-feature-it-can-happen-anywhere
Lunde continues to share her insight and expertise in and out of the classroom. She speaks at local high schools in their health sciences classes on forensics, nursing, and human trafficking. She is heavily involved in the community on health promotion/awareness related to assault, maltreatment, abuse, and now human trafficking. She also works with local, state, and national law enforcement agencies lending her services and expertise in victim identification and recovery, medical care, and long-term recovery.
Lunde is taking her outreach to the next level. She will be a guest speaker at this year’s Project A.C.E. (Action, Commitment, Education) conference and a guest presenter for NurseTim Incorporated, hosting a webinar entitled “Sexual Assault: What Every Nurse Needs to Know.”
No matter if she’s teaching a class on campus or in the community, or if she’s sharing her expertise with entities on the local or national level, Dr. Lunde has a remarkable effect on those around her. She is truly an asset to Dickinson State and the community.
Photo by Heather Landis for Walden University
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judiann26 · 7 years
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This nursing conference has the best snacks 😂 #nursinghumor #nursetim
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radiocigliano · 4 years
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Ritratti contro Covid-19 Campagna di Lorenzo Barruscotto a favore di INMI Spallanzani e NurseTime. Dona 10 euro. Insta: lore1981doc https://www.instagram.com/p/CA2UuqBo3ot/?igshid=1xlkkilgsntpb
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corallorosso · 3 years
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"Non ci vuole la Laurea per fare una iniezione" Se l'affermazione provenisse da uno qualunque non mi stupirei ma se proviene da un uomo delle istituzioni non posso transigere. l'intramuscolare non è un atto meccanico. Cosa stai somministrando e perché? il paziente è allergico? la risposta è si: ci vuole la Laurea. Ma ci vuole il titolo per somministrare Ossigeno? e per la terapia orale? Ma se somministri un antipertensivo orale (visto che anche questo fa parte delle nuove competenze oss) a un paziente con pressione arteriosa 80/50 cosa succede? si può somministrare una iniezione sottocutanea di insulina a un paziente con glicemia 70 senza avere la Laurea? cosa succede evidentemente può saperlo pure un oss con la terza media. che differenza c'è tra un bisoprololo e un antipertensivo orale? No per tutto questo non ci vuole la Laurea. Allora forse non ci vuole la Laurea nemmeno per un trapianto di rene. Però una cosa la so: Per fare il Governatore di Regione non ci vuole la Laurea. Scusate lo sfogo Buona Pasqua a tutti Fiorenzo Spina infermiere Dalla pagina NurseTimes
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corallorosso · 4 years
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Cosa vuol dire che “ci mancano gli infermieri” Anni di mancati investimenti e di tagli di spesa sul sistema sanitario nazionale hanno portato a una grave carenza di personale medico che è diventata evidente durante la prima ondata dell’epidemia da coronavirus e che, nonostante molti proclami e annunci, non è stata risolta in vista della seconda. A mancare sono tante figure professionali, dagli anestesisti ai medici di famiglia: ma tra quelle di cui si è sentita più l’assenza negli scorsi mesi ci sono gli infermieri, una delle categorie contemporaneamente più sottodimensionate in Italia e più importanti nella gestione di un’epidemia, negli ospedali come nelle RSA e nelle case di riposo. Le soluzioni di emergenza adottate nelle settimane del lockdown per fronteggiare il problema non sono state seguite da interventi più strutturali: non quelli sul medio e lungo periodo, che sarebbero importanti e tardivi, ma nemmeno quelli sul breve e brevissimo, che sarebbero stati necessari per prepararsi alla seconda ondata. Il personale è stato aumentato di migliaia di unità, ma in gran parte con modalità di assunzione che hanno compromesso il risultato finale.... Le stime sugli infermieri che mancano al sistema sanitario nazionale variano a seconda delle federazioni o dei sindacati che le calcolano, ma in linea di massima se ne stimavano 50mila in meno rispetto al reale fabbisogno prima dell’epidemia. Questo numero, nonostante negli ultimi mesi ci siano state migliaia di assunzioni, adesso è più alto perché la pandemia ha radicalmente cambiato le necessità di ospedali e delle altre strutture sanitarie. (...) «Si era detto che avrebbero dovuto assumere il personale, sono state fatte le norme per le nuove assunzioni, ma in Italia in cui esistono 20 sistemi sanitari e 20 repubbliche ogni regione si muove in ordine sparso». Il risultato è che «in diverse regioni, dalla Lombardia alla Campania, gli infermieri non ci sono e quindi siamo costretti a chiudere reparti ordinari per trasferirli nei reparti Covid». Nelle settimane del lockdown gli infermieri, insieme ai medici delle terapie intensive, erano stati eletti a simbolo dell’eroica resistenza all’epidemia degli ospedali. I loro sforzi, i turni sfiancanti e il sacrificio personale – gli infermieri morti finora di COVID-19 sono 44 – erano stati ampiamente raccontati e celebrati, con l’implicita promessa che le cose sarebbero cambiate una volta superata l’inattesa prima fase della pandemia. Ma non è stato così. (...) Nel lockdown interi reparti – la traumatologia, per esempio – erano privi o quasi di lavoro, con gli infortuni e gli incidenti quasi azzerati. Altri reparti, sospendendo gli interventi rimandabili, avevano potuto prestare personale per i pazienti Covid. Oggi non è così: se certi ospedali stanno già chiudendo interi reparti ordinari per concentrare le risorse sui reparti Covid, altri stanno facendo il possibile per continuare a fornire tutti gli altri servizi. Oltre che per una questione di spazi, è la mancanza di personale a renderlo difficile: di anestesisti, rianimatori, medici, ma anche di infermieri e di operatori socio-sanitari (OSS). (...) «Si parla di contratti scandalosi, a tempo determinato o come libero professionista a 16 euro l’ora: contratti che non accetterei nemmeno se fossi neolaureato» dice Giuseppe Papagni, infermiere pugliese e direttore del sito specializzato NurseTimes. E infatti molti bandi degli ospedali sono andati deserti. La prospettiva di lavorare in un luogo ad alto rischio come un ospedale, con un contratto di pochi mesi e senza tutele in caso di malattia, è una prospettiva poco attraente per molti. In molti casi, a partecipare a questi bandi sono stati infermieri neolaureati, che spesso sono finiti in reparti Covid senza nessuna esperienza. Chi aveva già un lavoro a tempo indeterminato, e quindi plausibilmente più anni d’esperienza, nella maggior parte dei casi ha preferito rimanere dov’era. (...) «Pagando i nostri infermieri una media di 1.400 euro al mese, stiamo permettendo che vadano in Germania dove ne prendono 2.500. E all’estero gli infermieri italiani sono particolarmente richiesti, perché hanno una formazione tra le migliori in Europa». Il Post
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corallorosso · 5 years
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L’infermiera di Cremona stremata dopo il turno di notte è lo scatto simbolo della lotta al Coronavirus Di Veronica Di Benedetto Montaccini È diventata virale come simbolo della lotta al Coronavirus la fotografia, pubblicata su ‘NurseTimes’, giornale di informazione sanitaria, di una infermiera dell’ospedale di Cremona, appena fuori dalla zona rossa, che crolla stremata dagli infiniti turni di lavoro consecutivi per arginare l’emergenza. La donna si riposa cinque minuti con la testa appoggiata sopra un lenzuolo ripiegato più volte e poi sistemato sulla scrivania davanti al computer, come se fosse un cuscino. La donna cerca di recuperare le energie necessarie per tornare in trincea nel suo reparto dell’ospedale di Cremona, uno dei più colpiti dal contagio. Un medico in turno con lei ha voluto immortalarla dopo una notte trascorsa tra prelievi e richieste di ogni genere provenienti dai pazienti. Solamente dopo le 6 del mattino è riuscita a sedersi per qualche minuto. Sfinita e senza nemmeno rimuovere i dispositivi di protezione individuale, ha appoggiato la testa sul lenzuolo per rilassarsi alcuni minuti. Ed è così che questa infermiera è diventata uno dei molti emblemi della forza, della professionalità e della volontà delle donne che insieme ai colleghi appartenenti alle varie categorie professionali, assistono i migliaia di pazienti ormai contagiati in Italia. Turni doppi, rischio altissimo e stress infinito, eppure sono sempre sul campo. Questa foto è un piccolo “grazie” a tutti i medici e gli infermieri che stanno lottando contro il Coronavirus.
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novalistream · 4 years
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Non so se andrà tutto bene ma noi ce la stiamo mettendo tutta. Non siamo eroi e non vogliamo essere considerati tali, ma di una cosa sono certa l’infermiere svolge una professione per pochi e io sono fiera di essere tra VOI, tra i pochi… H 5.20: suona la sveglia, non sai che giorno sia, ti alzi, cerchi di non pensare e ti prepari la moka più grande che ci sia, prendi vitamine e integratori e nel frattempo ti prepari. Ti gusti il caffè, qualche biscotto giusto per arrivare a quando potrai pranzare e una sigaretta come la migliore mai fumata prima, hai sete ma ti concedi solo un gigante bicchiere d’acqua perché non puoi permetterti di bere troppo, se bevi ti scapperà da urinare ma tu sai che nelle prossime 8 ore non avrai la possibilità di andare in bagno e se quindi bevi, urini. Sali in macchina, qualsiasi canzone che venga trasmessa alla radio, la metti al massimo, in quel tragitto di 3 minuti da casa al lavoro che ti godrai come se stessi attraversando lo stivale d’Itali, quella canzone ti sembrerà come la più bella mai ascoltata. Arrivi in ospedale timbri il cartellino ed è lì che ti fai forza e ripeti dentro di te “andrà tutto bene anche oggi, noi siamo infermieri e la paura va lasciata fuori da queste mura perché qui c’è qualcuno che ha bisogno di noi. H 6.40: sei già bardata dalla testa ai piedi, cuffia, occhiali, maschera, visiera, tuta integrale, due paia di guanti e tre calzari fai da te con i sacchi della rumenta e cerotto di carta. Prendi le consegne e guardi i colleghi della notte stremati che non si reggono in piedi e con i segni in faccia, salutandoli gli auguri un buon riposo strameritato che forse salterà perché c’è bisogno di rientri perché non c’è personale. Tu sei li, in un reparto covid-19 improvvisato, in balia di una mattinata che non sai come andrà e dandoti una pacca di conforto con i colleghi urli “partiamo?” Si, urli perché tra le altre cose tu non senti e gli altri non ti sentono, come se fossi in una palla di vetro isolata e lasciata al tuo destino, ma una cosa è certa. Tu e i tuoi colleghi darete il massimo nonostante non sia preparata a tutto questo, addestrata e mai avresti pensato che avresti lavorato in quelle condizioni. In quelle ore tu pregherai che tutto ciò che hai addosso resista fino a fine turno e che nemmeno un centimetro del tuo corpo sia scoperto. Sai che non potrai bere, mangiare, sederti, andare in bagno, toccarti, ma dovrai solo dare il massimo, rispettando i tempi di lavoro e cercando di tutelare te i tuoi colleghi ed i pazienti, bisognosi di cure, di assistenza ma anche di conforto, cosa che a volte non trovi nemmeno per te stessa. Nel corso della tua mattinata la cosa che ti mancherà di più é una cosa così semplice che a tutti ci sembrava ovvia “L’ARIA”, a noi manca l’aria ma non come a chi é chiuso in casa e a cui manca uscire, a noi manca l’aria perché non riusciamo a respirare e di certo la candeggina spruzzata addosso ad ogni cambio paziente non é d’aiuto, anzi. Tutto avrei pensato nella vita ma mai che mi potesse mancare l’aria. Dopo prelievi ematici e di urine, EGA, igiene al letto, cambio biancheria, terapia EV, terapia orale, cambi aghi, cateteri, visita medica, colazioni, pranzi, imboccare i pazienti non autosufficienti e pulire tutto amplificato con le misure di sicurezza da adottare da un paziente all’altro, finalmente arriva la fine del tuo turno e i colleghi del pomeriggio che varcano la porta del reparto saranno come un raggio di sole in una giornata buia, ma ecco che arriva il momento più tragico e che io personalmente vivo con più ansia del turno: la “svestizione”. Perché se sbagli un passaggio, se ti tocchi, se sbagli qualcosa ti contamini di questo benedetto Covid-19. Svestita e lavata, finalmente respiri, ti sgoli una bottiglia d’acqua intera e urini, cose così normali ma non tanto normali per noi in questi giorni. Ti guardi allo specchio e ti guardi quei segni in faccia lasciati dalle mascherine che fanno male ma che preghi che abbiano fatto il loro dovere. Date le consegne ai colleghi che a loro volta si vestono, mentre te ne vai provi a fare loro un sorriso di conforto per le loro prossime ore di lavoro, anche se a malapena un sorriso ti esce, ma ci provi perché un sorriso, una parola di conforto in questi casi può cambiarti la giornata. Ritimbri, sali in macchina e rialzi al massimo la canzone passata alla radio in quel momento cercando in quei 3 minuti di tragitto di lasciare tutto alle spalle e di non portare i pensieri e le preoccupazioni a casa anche se impossibile, anche perché arrivata a casa riniziano le misure di precauzione e sicurezza per non rischiare di contagiare chi ti sta affianco, sempre se non sei costretta a distaccarti da figli, mariti, compagni, parenti perché già noi siamo a rischio e non vogliamo metterci anche loro. Noi abbiamo scelto di essere infermieri, loro no. Non so se andrà tutto bene ma sono sicura che noi ce la stiamo mettendo tutta, ma siamo umani e ci stanno chiedendo oltre l’umano. Ci offrono 100€ in più nello stipendio per il 99,9% dei rischi a cui siamo sottoposti tutti i giorni, io preferirei più risorse, più personale sanitario e più tutela per me, per i miei colleghi e per le nostre famiglie, anche perché mai vista vincere una guerra senza soldati e senza armi. Non siamo eroi e non vogliamo essere considerati tali, ma di una cosa sono certa l’infermiere è una professione per pochi e io sono fiera di essere tra voi, tra i pochi . Se il gioco si fa duro noi non ci tiriamo indietro, ma giochiamo, indossiamo la divisa e ci auto convinciamo che andrà tutto bene per non demordere perché noi siamo la speranza per i nostri pazienti che ora più che mai hanno bisogno di noi e hanno solo noi affianco in questa tremenda battaglia. Noi non saremo mai più quelli di prima… tutto questo ci avrà cambiati per sempre. Diletta Rizzotti (NurseTimes - Giornale di informazione Sanitaria)
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