Tumgik
#paolo griseri
chiavedivoltatorino · 6 months
Text
0 notes
giancarlonicoli · 3 months
Text
26 giu 2024 13:29
“TOTÒ RIINA VOLEVA UCCIDERMI CON UN MISSILE” – MEMORIE DI GIAN CARLO CASELLI, L'EX MAGISTRATO 85ENNE CHE EREDITÒ IL LAVORO DI FALCONE E BORSELLINO: “VENNI PORTATO D’URGENZA ALL’AEROPORTO MILITARE PERCHÉ IL PENTITO GASPARE SPATUZZA AVEVA RIVELATO CHE C’ERA UN PIANO DI COSA NOSTRA PER SPARARE UN RAZZO SUL MIO ALLOGGIO” – “PENSO AI COLLEGHI UCCISI. CON LORO IL SISTEMA DI PROTEZIONE NON HA FUNZIONATO. MI SONO SENTITO IN DOVERE DI SDEBITARMI” – “I TERRORISTI DI PRIMA LINEA SONO STATI I PIÙ VICINI A UCCIDERMI, SOTTO CASA..." -
Estratto dell’articolo di Paolo Griseri per “La Stampa”
Quante volte hai avuto paura di morire? «Tante. Sapevo bene quel che rischiavo. Borsellino diceva: come si fa a non avere paura della mafia? L’importante è avere un po’ più di coraggio per superare la paura». La volta che sono andati più vicini a riuscirci? «I terroristi di Prima Linea. Qui sotto casa mia, nel controviale, davanti a un ristorante giapponese».
Gian Carlo Caselli, 85 anni, è uno dei magistrati che hanno sconfitto le Br. Si è insediato al vertice della Procura di Palermo il giorno dell’arresto di Totò Riina. Ha istruito, tra gli altri, i processi contro Giulio Andreotti e Marcello dell’Utri. Sotto il suo coordinamento la procura di Palermo ha arrestato centinaia di persone accusate di far parte o essere colluse con Cosa Nostra. Sono passati quasi 50 anni dalla lotta al terrorismo e una trentina dalla guerra alla mafia.
[…]  «La lotta al terrorismo mi è arrivata addosso per un meccanismo giudiziario che si chiama connessione: ti stai occupando di episodi legati alla criminalità politica, ti arriva sulla scrivania il fascicolo del sequestro Sossi. La guida della Procura di Palermo l’ho scelta io. Dopo dieci anni di lotta al terrorismo avrei potuto rimanere a Torino nel gratificante incarico di presidente di Corte d’Assise».
Perché un padre di famiglia, magistrato ormai al vertice della carriera, decide di tornare a rischiare tutto nella Procura in cui sono stati uccisi Falcone e Borsellino?
«Te lo senti dentro. Hai una responsabilità. Sei in vita mentre tanti tuoi colleghi sono stati uccisi. Magari perché con loro i sistemi di protezione non hanno funzionato. A Milano erano stati uccisi Galli e Alessandrini che indagavano su Prima Linea esattamente come me. Erano meno protetti e ci hanno rimesso la vita. Ci pensi sai?».
Ti senti un sopravvissuto?
«In un certo senso. Ti senti in dovere di restituire quel che hai avuto. Dopo l’assassinio di Falcone e della sua scorta ero a Milano ad una commemorazione. Mi avvicina un alto ufficiale dei carabinieri: “Il dottor Borsellino le manda a dire che non è ancora arrivato il momento di andare in pensione”».
Un passaggio di testimone?
«Sul momento non capii bene. Ci ripensai dopo al significato di quella frase».
Perché tu ti sei salvato?
«Perché a Palermo dopo Falcone e Borsellino i sistemi di protezione hanno funzionato meglio. Ricordo ancora la disperazione di Giuseppe Costanza, autista di Falcone. Non si dava pace. Quel mattino, a Punta Raisi, Falcone gli chiese di guidare lui. Costanza si mise sul sedile posteriore e sopravvisse all’esplosione. Da allora le regole sono diventate molto più rigide. Nessun autista oggi lascerebbe le chiavi dell’auto blindata».
Insomma, senza quell’episodio Falcone si sarebbe potuto salvare?
«Questo non lo so. Ma i fatti sono questi».
Storie difficili da raccontare in famiglia. Come hai detto che saresti andato a Palermo?
«Non l’ho detto così. Anche perché non è capitato così. Mano a mano che trascorrevano le settimane dopo le stragi del ’92 quella che era un’ipotesi si è fatta reale. In famiglia abbiamo seguito tutti questo percorso graduale».
[…]
Nonostante tutte queste precauzioni il rischio a Palermo era altissimo
«Un giorno mi telefona di corsa il questore, Arnaldo La Barbera».
Proprio lui?
«Sì. Successivamente sono emersi fatti molto gravi riguardanti il depistaggio sull’assassinio di Borsellino e la gestione del G8 di Genova. Ma con me si comportò sempre in modo esemplare. Presi dentifricio e spazzolino e venni portato d’urgenza all’aeroporto militare di Bocca di Falco».
Che cosa era successo?
«Lo intuii tempo dopo. Il pentito Gaspare Spatuzza aveva raccontato che c’era un piano di Cosa nostra per uccidermi sparando un missile sul mio alloggio da Monte Pellegrino, la montagna che sovrasta Palermo».
Non fa piacere scoprire certe cose: «Infatti non le ho mai volute sapere se non per quel che serviva alle mie indagini. Poi è capitato che a Torino si svolgesse l’udienza di un processo che prevedeva la testimonianza di Gaspare Spatuzza. Laura, mia moglie, ha voluto andare a sentire. Ho tentato di dissuaderla. Sapevo che cosa avrebbe detto il pentito. Ma lei, testarda, ha insistito». Laura entra nello studio nel preciso momento di questo racconto: «È vero, volevo ascoltare quella testimonianza. Ci sono andata, lui non voleva. Non è stato piacevole ma ho fatto bene».
[…]
Decenni di vita sotto scorta, di relazioni filtrate dalle esigenze di sicurezza. Un inferno. Ma anche i momenti esaltanti: la sconfitta del terrorismo e l’arresto dei boss mafiosi. Negli anni Novanta, dopo Mani pulite, i magistrati sono diventati delle star. Un bene? Un pericolo? «C’è stato un momento in cui si gridava Borrelli, Caselli, giudici gemelli. Ma era un’esagerazione da tifosi. Se il magistrato diventa una star c’è qualcosa che non funziona. Parlo per tutti, a cominciare da me. Il criterio deve sempre essere quello di condannare e assolvere a prescindere da quel che chiede la piazza».
Ma è sempre così?
«Diciamo che se l’opinione pubblica ti sostiene fa piacere. Ma non può essere certo quella la bussola che guida il tuo lavoro. La bussola è sempre la ricerca della verità».
E poi ci sono i casi in cui, al contrario, ti senti isolato…
«Durante le indagini sul terrorismo arrestammo Giambattista Lazagna. Un avvocato, un partigiano, un frequentatore delle riunioni della corrente di Magistratura democratica, quella cui appartenevo. Insomma, uno del nostro mondo. I colleghi votarono una mozione di censura nei miei confronti (con l’eccezione, va ricordato, di Livio Pepino). Volevo dimettermi dalla corrente. Andai da Mario Carassi, consigliere istruttore, un’autorità per tutti noi. Aveva fatto il partigiano nel partito d’azione. Mi disse: “Prima fai il processo e poi, eventualmente dimettiti”».
Può capitare che l’isolamento di un magistrato produca effetti anche dopo molto tempo: «Ricordo perfettamente la votazione in Csm sulla scelta del nuovo capo della Procura di Palermo. Io ero per la nomina di Falcone, la scelta più naturale. Finii in minoranza anche dentro la mia corrente. Fu nominato Meli, scelto con il criterio dell’anzianità di servizio. Borsellino diceva che Giovanni ha cominciato a morire quel giorno».
Il Csm, dopo il caso Palamara è diventato per molti sinonimo di degenerazione, di quanto le correnti possano far male alla credibilità della magistratura: «Sono stato al Csm tra l’86 e il ’90. Il suk raccontato da Palamara non lo ricordo. Forse è arrivato dopo».
Le correnti ma anche le invasioni di campo: un’altra delle accuse che si rivolgono oggi ai magistrati è quella di sostituirsi alla politica. Siete degli invasori?
«Io sono per la rigida separazione dei poteri. È grave se la magistratura si sostituisce alla politica. Vorrei però ricordare che spesso è la politica a chiedere alla magistratura di invadere il suo campo. Capita spesso, quando i politici non hanno il coraggio di scegliere.
Fu un errore non intervenire all’origine del terrorismo o considerare la lotta alla mafia come uno scontro tra guardie e ladri. Siamo arrivati al punto di aspettare la sentenza di un giudice per decidere sul fine vita. Spesso alla politica conviene l’invasione dei giudici, perché le tolgono le castagne dal fuoco».
Come si distrae, come si diverte uno che ha fatto la tua vita?
«Premetto che anche facendo il mio lavoro ho avuto dei momenti diciamo così di divertimento. Per esempio durante l’interrogatorio di Peci».
Non si riesce a immaginarlo durante le confessioni del primo pentito delle Br: «Perquisendo i covi trovavamo le cartelline con le indagini dei brigatisti sulle abitudini di vita dei loro obiettivi. Le Br avevano intitolato il mio dossier “Casella postale”. Scherzando ho detto a Peci che l’opinione positiva che avevo di me non era rappresentata da un’ordinaria casella postale. Lui sorrise e spiegò: “Dottor Caselli forse questo nome dipende dal fatto che chi la pedinava di mestiere faceva il postino”».
Sport?
«Fino a quando ho potuto ho giocato a tennis. E poi ho tifato per il Toro».
Mai giocato a calcio?
«Molte volte in oratorio a Torino e a Palermo durante le partite del cuore».
Nessuna paura di esporsi in mezzo al campo di uno stadio?
«Il rischio ovviamente c’era. Ma anche la mafia ha i suoi codici. Non si ammazza un Procuratore mentre corre in calzoncini corti durante una partita di beneficenza».
0 notes
togiweb · 4 years
Photo
Tumblr media
I ragazzi iscritti all’Anpi: “I partigiani? Erano giovani come noi” La spiegazione di Valentina è tutta nell'ultima frase che butta là prima di finire la conversazione: "In fondo, il motivo vero, è che loro erano giovani come me.
0 notes
salvo-love · 2 years
Text
Attenzione, attenzione, attenzione, attenzione, attenzione, attenzione, attenzione, attenzione, attenzione !!!
Importante, importante, importante, importante, importante, importante, importante, molto, molto, davvero molto importante !!!✌️✌️✌️👍👍👍⬇️⬇️⬇️⬇️⬇️⬇️⬇️⬇️⬇️🤔🤔🤔⬇️⬇️⬇️⬇️⬇️⬇️⬇️
Verso le #elezioni, viaggio a #Mirafiori: la fabbrica vira a #destra
Airaudo: “La sinistra è divisa e litigiosa, gli #operai sono stati #abbandonati”
Fuori dallo stabilimento simbolo di Torino gli #operai si schierano con #Meloni. Il grande timore sono le #pensioni: «Lei vuole quota 41, il #Pd difende la Fornero» PAOLO GRISERI
Forse la #Stampa non si è accorta che “gli operai di #Mirafiori” il Pd lo hanno tradito molto tempo fa, non adesso che votano #Giorgia. Sono secoli ormai che i #dem rappresentano loro stessi e il circoletto tipo di un Calenda qualsiasi ⬇️⬇️⬇️
- infatti gli operai dicono: perché dovrei votare #Letta se difende la #Fornero, non si impegna per tenere la Fiat in Italia e - soprattutto - se vuole l’obbligo scolastico fino a 19 anni col risultato che i figli restano a casa vita natural durante??
- #EnricoLetta: “Ingerenze di Mosca per favorire la destra”. Qui le opzioni sono due: o il segretario #Pd è in possesso di informazioni sensibili che dovrebbe passare ai nostri servizi segreti; oppure sta sparando una colossale fake news per cui dovrebbe essere sbertucciato. Con l’aggravante di averla sparata ad un quotidiano internazionale straniero, rischiando così di compromettere la credibilità del Paese. Fermatelo, perché sta facendo una campagna elettorale deleteria. Per sé e per l’Italia !
- Ha ragione Carlo Calenda quando riscrive lo slogan di Enrico Letta mettendo il faccio di #Fratoianni in contrapposizione a quello del leader #Pd. Enrico dice agli elettori: votate me o chi non vuole #Draghi, me o chi è contro la Nato, e poi si allea con #Sinistra Italiana che è esattamente espressione di quelle posizioni. Così pare schizofrenico
- #Calenda che parla di cultura ai giovani su tik tok facendo video in auto senza cintura di sicurezza. Top
Così Mirafiori ha archiviato la sinistra: operai verso il voto a Giorgia #Meloni
Airaudo: “La sinistra è divisa e litigiosa, gli operai sono stati #abbandonati”
https://www.lastampa.it/speciale/politica/elezioni-politiche-2022/2022/08/26/news/verso_le_elezioni_viaggio_a_mirafiori_la_fabbrica_vira_a_destra-7337723/
8 notes · View notes
corallorosso · 4 years
Photo
Tumblr media
- Niente fiori, ma opere di bene - di Marco Travaglio Slittando e sbandando su un fiume di saliva mista a lacrime, il corteo funebre dei Benetton esce da Autostrade allo svincolo di Ponzano Veneto. Il feretro, seguito da vedove inconsolabili, orfani in gramaglie e pecore piangenti, fende due ali di giornalisti che agitano fazzoletti e lanciano petali di rose. Quelli che per due anni, dopo il crollo del Morandi e i 43 morti, si domandavano pensosi chi fosse mai il colpevole: forse il maggiordomo. Dunque guai a revocare la concessione o cacciare i Benetton. Poi accusavano il governo di non decidere: ora lo accusano di aver deciso. Accusavano Conte di non osare sloggiare i Benetton o revocare la concessione: ora che li ha sloggiati, lo accusano di non aver revocato la concessione (e a chi, visto che i Benetton escono?). Ma, se l’avesse revocata, lo accuserebbero di non averli sloggiati. Lunedì accusavano Conte di aver fatto perdere ad Atlantia il 15% in Borsa: ora lo accusano di averla fatta risalire del 20%. Dicevano che, cacciando Benetton, Conte era succube del M5S: ora il Messaggero titola “Autostrade, Conte piega M5S” e “i grillini sono scontenti” per l’ennesimo “dietrofront dopo Tav e Tap”. Anche per Repubblica “Di Maio raggela Conte” perché è molto deluso. Dev’essere lo stesso Di Maio che esulta sul Corriere per il “risultato molto positivo”. (...) I giornali di destra sono come i leader di destra: non sanno che dire. Libero spara l’“Autogol di Conte” e Benetton “sempre più ricco” che “vince ancora alla lotteria” perché il governo “coi soldi nostri compra a caro prezzo la società” (il prezzo non è ancora fissato, i Benetton non prendono un euro dallo Stato, anzi gli danno 3,4 miliardi, Cdp in Aspi fa un ottimo investimento, visto che le autostrade hanno utili altissimi e rischi bassissimi). Poi giri pagina e scopri che il governo è “come una Cupola” e fa “la guerra agli imprenditori” come “nei film su Cosa Nostra”: cioè Benetton, più che salvato, è stato assassinato. Anche il Giornale di Sallusti riesce a sostenere contemporaneamente che, senza revoca, “altro che punizione per i Benetton”, quelli ci guadagnano; però “questo è un esproprio di Stato”, dunque ci rimettono. La Verità non ha dubbi: “Conte fa un regalo ai Benetton”, che “hanno vinto”, mentre gli italiani sono “cornuti e mazziati”; poi volti pagina e scopri che ha vinto Conte, “la scena è sua”. Uno spera sempre che certa gente si faccia pagare, ma c’è pure un sospetto peggiore: che lo faccia gratis . Su La Stampa il sempre acuto Marcello Sorgi spiega che ha perso Conte, “smentito dai fatti” (quali?). E indovinate chi ha vinto? “Mattarella” che non c’entra una mazza. Paolo Griseri torchia da par suo la De Micheli: “Senza che un magistrato abbia deciso chi sono i colpevoli, vi sostituite nel giudizio e accusate i Benetton?” (è stato il maggiordomo); “Si sente come Maduro?” (semmai Mamolle). Chiude il corteo, straziato dal lutto, Giampaolo Visetti, inviato da Repubblica a Treviso per auscultare le confidenze di Luciano Benetton “a chi gli è vicino”, cioè a lui e agli altri congiunti. E lo trova sorprendentemente “rimasto alla sua scrivania”, anziché su una cassa dell’ortofrutta. Piange per la “demonizzazione” e l’“accanimento istituzionale”: “mai mi sarei aspettato certi termini e certi toni dal premier Conte”. Un complimentone agli altri premier che, per non usare certi termini e toni, non fiatavano neppure quando gli regalavano le autostrade in ginocchio sui maglioni. Il regalo di Conte non l’ha notato, anzi strilla all’“esproprio” che “devasta la famiglia”, “demolisce il marchio” e “fa a pezzi il gruppo”. Tutta colpa di un premier che “intima di cedere i nostri beni entro una settimana a noi che abbiamo contribuito al boom economico dell’Italia e distribuito tanta ricchezza e cultura” (tipo Briatore) e “ci tratta come ladri”, “peggio di una cameriera” senza dargli “i 15 giorni di preavviso” (gli ha dato solo 23 mesi: la prima lettera di contestazione di Conte e Toninelli è del 18.8.2018). E tutto per qualche “errore” dei “manager scelti da Gilberto” (tanto è morto). Così parlò “a chi gli è vicino”, cioè a Visetti, “l’imprenditore che al tramonto della sua esistenza è ‘costretto ad assistere al disfacimento di ciò che ha costruito’, partendo dal bagagliaio di un’utilitaria pieno di maglioni colorati venduti per strada”. E qui ci si stringe il cuore. Urge una gara di solidarietà, con raccolta fondi per i poveri espropriati senzatetto di Ponzano. Noi, con il nostro obolo, non ci tireremo indietro.
6 notes · View notes
paoloxl · 6 years
Photo
Tumblr media
L’11 luglio 1998 Maria Soledad Rosas (Sole) muore suicida, impiccandosi nei locali della comunità Sottoiponti di Benevagienna, dove si trovava agli arresti domiciliari. Sole era nata a Buenos Aires il 23 maggio 1974 ed era giunta in Italia nel 1997. Il 5 marzo 1998 era stata arrestata insieme al suo compagno Edoardo Massari (Baleno) e ad un altro militante rivoluzionario, Silvano Pellissero. La polizia aveva fatto irruzione nell’ex obitorio del manicomio di Collegno, occupato dal 1996, dove i tre arrestati vivevano. Tra il 1996 e il 1998 in Val di Susa si erano verificati numerosi atti di sabotaggio, diretti contro centraline elettriche, trivelle, impianti della Sitaf, della Telecom, della Omnitel e contro un ripetitore Mediaset, tutti rivendicati dai fantomatici “Lupi Grigi”. Questi “attentati” non avevano mai procurato grandi danni, fatta eccezione per il furto di alcune attrezzature dal municipio di Caprie, cui era seguito un incendio. Gran parte delle azioni erano state fatte quando Soledad non era ancora arrivata in Italia. Il 7 marzo il gip confermò l’arresto: le accuse erano di banda armata e associazione eversiva (art.270 bis). Il processo continuò sul piano giudiziario, guidato dai pm Laudi e Tatangelo, ma anche sul piano mediatico, dove con titoli altisonanti si enfatizzava il ritrovamento di prove inesistenti che mai verranno presentate al processo. Il 26 marzo il tribunale respinse l’istanza di scarcerazione. All’alba del 28 marzo Edoardo Massari venne trovato impiccato alla sua branda nel carcere delle Vallette. La morbosità mass-mediatica si scatenò: alcuni giornalisti decisero di non rispettare la volontà della famiglia di Edoardo Massari, la quale aveva chiesto che al funerale non fossero presenti giornalisti, scatenando la rabbia degli amici di Edoardo; a farne le spese furono il cronista Daniele Genco e l’auto dell’allora inviato de “Il Manifesto” Paolo Griseri. Il processo di primo grado si è chiuso il 31 gennaio 2000 con una condanna a 6 anni e 10 mesi per Pellissero: furto e devastazione al municipio di Caprie, associazione sovversiva, attentato alla cabina elettrica di Giaglione, detenzione di esplosivi eccetera. Il 4 marzo 2002, alla scadenza dei quattro anni di detenzione, la magistratura ha emesso l’istanza di scarcerazione per decorrenza dei termini; Silvano è stato però effettivamente liberato solo il 12 marzo, in quanto i carabinieri lasciarono passare un’intera settimana prima di comunicare la notizia all’interessato. Nel 2002 la Corte di Cassazione di Roma ha ridimensionato le tesi dei pm torinesi Laudi e Tatangelo: l’associazione eversiva è diventata associazione a delinquere. Venendo a cadere l’accusa più grave (le finalità eversive e terroristiche dei reati contestati) la Corte d’Appello di Torino ha ridotto la pena per Silvano Pellissero a 3 anni e 10 mesi. Una scintilla di rivolta e sarà Sole in un Baleno
8 notes · View notes
paoloferrario · 4 years
Text
Sergio STAINO, il peggiore direttore dell'Unità: senza alcun dubbio D'Alema, in Caro comunismo, c’eravamo tanto amati (ma non e lo meritavi), intervista di Paolo Griseri a Sergio STAINO , in La Stampa 9 gennaio 2021
Sergio STAINO, il peggiore direttore dell’Unità: senza alcun dubbio D’Alema, in Caro comunismo, c’eravamo tanto amati (ma non e lo meritavi), intervista di Paolo Griseri a Sergio STAINO , in La Stampa 9 gennaio 2021
vai a: https://mappeser.com/2021/01/10/caro-comunismo-ceravamo-tanto-amati-ma-non-e-lo-meritavi-intervista-di-paolo-griseri-a-sergio-staino-in-la-stampa-9-gennaio-2021/
Tumblr media
View On WordPress
0 notes
infosannio · 5 years
Photo
Tumblr media
Atalanta – Valencia, 19 febbraio 2020, stadio San Siro, è il detonatore del contagio? (Paolo Berizzi e Paolo Griseri - la Repubblica) - Una concentrazione abnorme. Qual è stato il detonatore che ha fatto esplodere il caso Bergamo e l' aumento esponenziale dei contagi?
0 notes
barbapress · 4 years
Link
Atalanta, Atalanta Bergamasca, Bergamo, calcio, Champions League, China, Cina, contagio, coronavirus, covid, COVID-19, Italia, Italy, La Repubblica, Massimo Galli, Milano, ministero, Ospedale "Luigi Sacco", Paolo Berizzi, Paolo Griseri, salute, San Siro, SarsCoV2, Uefa Champions League, Valencia, virus
0 notes
gazzettadimodena · 7 years
Link
Il nostro Paolo Griseri fa da passeggero durante un giro di pista a Fiorano con Raffaele de Simone, capo collaudatore Ferrari, che racconta i... http://bit.ly/2t1QZKI
0 notes
francolaratta · 7 years
Text
L’uscita di emergenza dal terrorismo italiano degli anni Settanta costò centinaia di morti, famiglie distrutte, ma fu trovata. La vera discussione di allora fu per molti aspetti la stessa di oggi: si deve sospendere la democrazia per difendersi da chi l’attacca? Nonostante le tentazioni di destra e di sinistra per varare leggi da stato di polizia, si può dire che l’Italia sconfisse il terrorismo seguendo il principio per cui la democrazia si difende con la democrazia, perché sospendere il nostro sistema di garanzie rappresenta la prima vittoria per chi lo sta attaccando. (Paolo Griseri) Se ne discute allla Biennale Democrazia a Torino.
Da Facebook
0 notes
chiavedivoltatorino · 6 months
Text
NICOLA GALLINO " CUCINARE CON IL FORNO A ONDE MESMERICHE"
Martedì 9 Aprile 2024 alle ore 17:30 in via Col di Lana 7/a  TORINO NICOLA GALLINO A “LA MINIERA CULTURALE IN PERIFERIA” Presenterà il libro: “CUCINARE CON IL FORNO A ONDE MESMERICHE” edizioni Golem Qualcuno mi domanderà chi è NICOLA GALLINO ? Molti, i più, mi domanderanno cosa significa questo strano titolo? A tutti risponderò con alcune “note” sulla persona e sul “personaggio” NICOLA…
Tumblr media
View On WordPress
1 note · View note
giancarlonicoli · 2 years
Link
6 lug 2022 14:58
"UNA VOLTA C'ERA LA CLASSE SOCIALE OGGI OGNUNO E' SOLO, ANCHE SUL POSTO DI LAVORO” – LA VERSIONE DI CIPPUTI BY ALTAN: "SOLO UNA COSA OGGI TOGLIE IL SONNO: LA GUERRA - LA SINISTRA IN ITALIA HA REMORE CON CHI SCHIERARSI? PUTIN È UN DESPOTA E CON I DESPOTI NON SI DISCUTE, ANCHE SE POI, PURTROPPO, SI DEVE. LA PACE È UNA BELLA PAROLA, TUTTI LA VOGLIAMO. IL PROBLEMA SONO I DETTAGLI…"
-
Paolo Griseri per “la Stampa”
Cipputi in giuria.
Per aggiudicare il premio a lui intitolato, che il 14 e il 15 luglio a Bologna sceglierà il miglior film dedicato ai temi del lavoro. Dal 2021 la rassegna, nata a Torino per iniziativa della Fiom e del suo animatore, Cosimo Torlo, si è trasferita in Emilia perché l'allora direttore del Torino Film Festival, Stefano Francia di Celle, non aveva più ritenuto di sostenerla.
Altan, trasloco forzato quello di Cipputi?
«A Bologna mi trovo benissimo. Ricordo che due anni fa mi chiamò questo direttore del festival di Torino e mi disse che i nostri costi non erano sostenibili».
Costavate molto?
«Bah, una notte di albergo. Credo che fosse una scusa.
Ho capito che non ci volevano più. E me ne sono andato. A Bologna ho trovato ospitalità nella manifestazione "Sotto le stelle del cinema" e sono molto soddisfatto».
Parliamo di cose più serie: come sta Cipputi?
«Bisognerebbe chiederlo a lui».
Lei non lo incontra?
«Ogni tanto, quando passa».
Una volta lo vedeva più spesso?
«Una volta era al centro della società, tutti parlavano di lui».
E oggi?
«Beh diciamo che è un po' più defilato».
Diciamolo: oggi l'operaio Cipputi non conta una cippa Mi scusi il gioco di parole.
«Beh è davvero cambiato tutto. Anche lui ha modificato il suo modo di pensare. Una volta c'era la classe. Lui era la classe. Esprimeva il punto di vista di un soggetto collettivo».
Oggi?
«Tutto si è frantumato. Ciascuno è solo, anche sul posto di lavoro. I Cipputi sono tantissimi e pensano cose diversissime. L'unità sindacale è andata in pezzi. Il mondo è cambiato intorno a lui, come potrebbe rimanere lo stesso?».
Cipputi ha nostalgia del tempo che fu?
«No, direi proprio di no. Cipputi non è un nostalgico».
Però la classe, essere al centro dell'attenzione, tutte cose che fanno piacere...
«Certo, ma Cipputi non è mai stato un nostalgico. Quando ha compiuto 10 anni è stato scritto che lui era il simbolo di coloro che fanno bene il loro lavoro, precisi, meticolosi».
Come l'ha incontrato?
«Non me lo ricordo molto bene. E' arrivato insieme a molti altri personaggi. E piano piano ha preso vita autonoma».
Che cosa ha detto nella prima vignetta?
«Non so se fosse la prima. In una delle prime un compagno di lavoro gli chiede: 'E il costo della vita?'. E lui risponde: 'Dipende, a venderla o a comprarla?"».
Tema di una certa attualità ancora oggi
«Vero, ma rispetto ad allora, tutto è diverso».
Cipputi le ha mai parlato della guerra?
«La guerra è una schifezza, bisogna farla finire».
E chi non sarebbe d'accordo? Ma come?
«Questo è un grossissimo problema. Non ho la soluzione».
Che cosa pensa Cipputi? Che paghiamo di più il gas per difendere l'Ucraina?
«So che qualcuno la pensa così. Io non posso immaginare che si possano mettere sullo stesso piano le vite dei bambini ammazzati e la bolletta del gas. E credo che nemmeno Cipputi lo pensi».
Chi è oggi Cipputi? Dove vive, che cosa fa?
«Beh non è più al tornio. Ha una certa età, è in pensione.
Più facile trovarlo al bar». O alle feste dell'Unità?
«Eh, quante volte a quelle feste mi avvicinavano per dirmi: "Confessa, Cipputi sono io"».
Oggi, politicamente, con chi sta Cipputi?
«Oggi Cipputi è un fedele».
A chi?
«Ma al Pd».
In passato ha avuto degli sbandamenti?
«Beh, come tutti».
E' stato grillino?
«No, quello no assolutamente».
E perché mai? Non gli piace il campo largo?
«Abbiamo detto all'inizio che lui è un professionista, è uno meticoloso, preciso.
Non gli piacciono i dilettanti, non si metterebbe mai con loro».
E verso chi ha sbandato in questi anni? I leghisti?
«Non credo, ma bisognerebbe chiederlo a lui».
Beh, non restano molte possibilità. Marco Rizzo, quello del rinato partito comunista, che peraltro lo ha recentemente espulso?
«Nooo, non credo che si conoscano».
E Renzi? Sinistra riformista, l'ideale per un operaio specializzato...
«No, Cipputi ha una certa età e una certa esperienza. E' troppo anziano per farsi incantare da Renzi».
I tecnici tipo Monti e Draghi?
«Beh, sono proprio di un'altra famiglia rispetto alla sua. Ma in caso di necessità un'alleanza con loro l'accetta. Diciamo che deve essere una necessità molto forte, ecco».
Beh, i personaggi politici sono finiti. Non resta che il Papa. Che cosa pensa Cipputi del Papa?
«Ah il Papa, questo Papa, gli piace molto. Molto, molto. Papa Francesco gli è particolarmente simpatico».
Però, però... sull'aborto è in testa alla battaglia contro le leggi che lo consentono...
«Beh, certo, è un Papa, che si pretende? Anche un Papa ha i suoi problemi. Ma rispetto agli altri questo fa cose diverse che a Cipputi piacciono».
Il pensionato Cipputi parla di calcio al bar? Ha una passione, tifa per qualche squadra?
«Ne abbiamo parlato poco in questi anni. Ma credo che sotto sotto lui una squadra ce l'abbia».
Dobbiamo tirare a indovinare? La Juve?
«No, assolutamente no, lo escluderei».
Eppure anche Gramsci tifava per la Juve...
«Eh, ma erano altri tempi. Poi sono successe una sacco di cose».
Allora per chi? Per il Bologna?
«Ecco, sì, potrebbe tifare per il Bologna».
Non attribuisca a Cipputi le passioni calcistiche che invece sono sue
«E' vero, confesso, mi ha scoperto, io tifo per il Bologna».
Come trascorrerà l'estate?
«Non lo so, non me lo ha detto e poi, mi scusi, questa intervista rischia di diventare troppo intima».
Bene, torniamo alla politica. E' in programma il decisivo incontro tra Conte e Draghi per capire se i 5 stelle rimangono e in che forma, nell'area di governo. Cipputi è preoccupato?
«Non mi pare proprio che sia preoccupato dall'esito di quell'incontro. In questi giorni diciamo che ha dormito benissimo».
Che cosa non lo fa dormire allora?
«Una cosa serissima, la guerra. Quella non lo fa dormire».
Una parte della sinistra in Italia sembra avere remore con chi schierarsi, perché pensa che Putin sia la prosecuzione dell'Unione Sovietica con altri mezzi
«E' una stupidaggine. Putin e l'Unione Sovietica sono due storie diverse. Putin è un despota. Con i despoti non si discute, anche se poi, purtroppo, si deve. Questa è la contraddizione che toglie il sonno a Cipputi. La pace è una bella parola, tutti la vogliamo. Il problema sono i dettagli».
Alla fine di questa intervista sarebbe utile avere da Cipputi una sintesi, un punto di vista politico che riassuma la sua storia «Provo a chiederglielo. Ecco, mi ha risposto. Ha detto così: "Da dove veniamo non lo so, su chi sono e dove andiamo non è chiaro"». Grazie, chiarissimo. Meglio di un discorso di Conte.
0 notes
chiavedivoltatorino · 7 months
Text
MARIO CALABRESI "STORIE DI VITE"
MARIO CALABRESI  Il noto giornalista e sensibile scrittore di successo, sarà intervistato da  PAOLO GRISERI  già Vicedirettore de LA STAMPA, ci racconterà i suoi libri, tutti scritti con delicatezza su “STORIE DI VITE”.   APPUNTAMENTO IMMANCABILE QUINDI, ALLA SALA COOPERATIVA SOCIALE E LIBRERIA “LA ROSA BLU“, Chiesetta di Via Col di Lana 7a, angolo Via Chambery 46, Martedi 12 MARZO 2024…
Tumblr media
View On WordPress
1 note · View note
chiavedivoltatorino · 8 months
Text
0 notes
chiavedivoltatorino · 8 months
Text
Tumblr media
0 notes