Tumgik
#però diciamo pure tanta verità
bibliofilia · 4 months
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muro di stazione su tela, febbraio 2024.
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corallorosso · 3 years
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Non avrei mai pensato, come credo un po’ tutti, di vedere un italiano vincere la medaglia d’oro per i 100 metri piani alle Olimpiadi. Fino ad oggi, nessun italiano si era mai neanche qualificato per la finale olimpica. A distanza di neanche tre settimane, insomma, il nostro paese ha vinto la più importante gara di atletica leggera alle Olimpiadi e un europeo di calcio. E poi ci sono i Maneskin, che hanno vinto l’Eurovision ma, diversamente da chi solitamente vince l’Eurovision, sono esplosi in tutto il mondo. Primi nella Top 100 globale di Spotify per diverse settimane e a lungo con due brani in top 10, primi negli USA, due singoli anche nella top 10 inglese. Tutte cose mai accadute per una band o un artista italiano. Nonostante questo, però, qui da noi vengono trattati da tante persone che “ne sanno” di musica come se fossero un fenomeno marginale, buffo, il simbolo del fatto che “i ragazzini non capiscono niente”. E può essere, eh. Di sicuro non siamo di fronte ai nuovi Beatles. Di sicuro non si sono inventati niente. Fanno un rock molto classico e “già sentito”, ben eseguito (il cantante è molto bravo), piacciono perché sono belli (tranne uno, diciamo la verità) e perché giocano molto su un’immagine che rimanda a una sessualità “fluida”. Anche qui: niente di nuovo, Bowie faceva le stesse cose 50 anni fa, ovviamente, ma pure il nostro Renato Zero. Eppure piacciono. Sarà perché i ragazzini non conoscono Bowie e Marc Almond, o sarà perché non capiscono un c@zzo di musica, come dicono quelli che ne sanno tantissimo. Fatto sta che non era mai successo che un musicista italiano avesse così tanto successo nel mondo, tra i giovanissimi. Figuriamoci un gruppo rock (o pop rock, come volete). Che ne dite: ci sarà un motivo? Il mondo è composto da idioti e voi siete gli unici a capire qualcosa di musica? Credete che basti mettere insieme dei bei ragazzi e fargli cantare delle canzoncine mediocri per vincere Sanremo, l’Eurovision e fargli scalare le classifiche di tutto il mondo? Voi sapreste farlo? Io no, purtroppo. Ora, a prescindere dai gusti, bollare come “robaccia” qualcosa che riesce ad ottenere un tale successo globale può significare solo due cose: o siamo talmente convinti di essere i depositari del buon gusto e della conoscenza musicale da considerare milioni di persone una manica di perfetti cretini, oppure non siamo in grado di capire quando sarebbe più opportuno mettere un attimo da parte i propri gusti e cercare di capire cos’è successo. Perché è indubbio che questi 4 ragazzi abbiano fatto una cosa che nessun nostro connazionale era mai riuscito a fare: sono diventati a tutti gli effetti delle rockstar internazionali. Vi può far sorridere, ovviamente, liberissimi, ma è così. Magari ad altri fanno sorridere quelli che, dalla loro cameretta, distribuiscono patentini di qualità musicale a dei ragazzi che stanno facendo collezione di dischi di platino su scala mondiale. Attenzione: non sto dicendo che, visto che hanno successo, debbano piacervi, e neanche che chi ha successo stia per forza facendo buona musica. Sto dicendo che liquidare un fenomeno di tali proporzioni facendo delle battutine o storcendo il naso significa avere la stessa capacità di analisi sociale di un sasso. Significa compiacersi di vivere in una microbolla egoriferita e non avere la minima intenzione di tirare fuori la testa un attimo, giusto il tempo di farsi qualche domanda, tanta è la paura di rendersi conto che il mondo è giusto un po’ più vasto dei 20 amici di Facebook che la pensano come noi. Cercare di capire non significa per forza apprezzare, significa anche avere il coraggio di aprire gli occhi su qualcosa che non ci piace o che non comprendiamo. Io, dal mio punto di vista, sono strafelice che i Maneskin abbiano avuto un simile riscontro globale. In primo luogo perché, vuoi o non vuoi, contribuiranno a dare nuova attenzione internazionale a un circuito musicale, quello italiano, che ormai si stava riducendo sempre di più e correva il rischio di implodere definitivamente da un momento all’altro. In secondo luogo perché stanno convincendo i ragazzini a imparare a studiare uno strumento. E questa, forse, è la notizia migliore. In terzo luogo perché hanno assestato il definitivo colpo di grazia a quello che, probabilmente, è stato il punto più basso mai raggiunto dalla musica di massa: la trap. Già era agonizzante da qualche mese, adesso, presumibilmente, scomparirà del tutto. E a parer mio è una notizia da festeggiare. Metto i Maneskin in questo incredibile e inaspettato filotto di successi italiani internazionali, insomma. Voi fate un po’ come volete. Potete anche seguitare a ridere. Di sicuro lo faranno anche loro. Emiliano Rubbi
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yomersapiens · 5 years
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Lettera (che non consegnerò mai) a una barista.
Mi fai desiderare di andare a letto prestissimo per essere in grado di svegliarmi nel cuore della notte e venire a prenderti quando stai chiudendo il locale e sei stremata e vuoi tornare solo a casa. Mi fai desiderare di imparare a memoria il tuo numero di telefono (hai notato che oggigiorno non impariamo più a memoria i numeri di telefono?) così se lo perdo almeno so come chiamarti oppure se mi rapiscono i terroristi e stanno per uccidermi e mi hanno rotto il telefono e mi danno la possibilità di fare un’ultima chiamata potrei chiamare te senza problemi per dirti addio (ovviamente durante la conversazione ti chiederei anche di dire a mia madre che le voglio bene se no chi la sente a quella). Mi fai desiderare di comprarti le sigarette anche se sei consapevole di quanto odi questo vizio, ma riconosco che è parte di te. Una parte di merda se vogliamo dirla tutta. Mi fai desiderare di dire la verità, quasi sempre. Mi fai desiderare di andare al cinema insieme ma non ce ne fregherebbe niente del film, ci siederemmo in prima fila apposta per limonare così sfacciattamente da disgustare metà dei presenti in sala mentre l’altra metà inizierebbe a toccarsi. Mi fai venire voglia di andare al supermercato con te per fare la spesa e comprare un fottio di cibo per il fine settimana e poi restare chiusi in casa anche i giorni a venire senza doverci preoccupare di uscire più. Se non per le tue cazzo di sigarette. Mi fai desiderare di essere il più dolce possibile, così tanto da metterti in imbarazzo in pubblico e farti pensare che sono proprio scemo (sì, lo sono) e farmi odiare un botto ma nonostante tutto non riusciresti a spiegarti come mai vuoi fare del sesso devastante con me. Voglio guardarti mentre ti lavi i denti indossando solo una delle mie magliette. Voglio rubarti dei baci mentre sei svenuta ubriaca sul tuo letto dopo aver vomitato in un secchio tutto l’alcol che hai bevuto durante la notte quando eri fuori a divertirti con le tue amiche. Mi fai desiderare di imparare la tua lingua meglio. E di capire cosa diavolo studi tutto il tempo dietro al bancone, quando nessun ubriacone nel locale viene a chiederti di riempirgli ancora il bicchiere. E di capire dove sta la città da cui vieni. In che nazione. Quanti abitanti ha. Mi fai desiderare di venire nel tuo locale mentre stai lavorando, senza mai guardarti negli occhi. Ignorandoti completamente. Passare la notte da completi estranei. Spiare la gente che ti guarda e ti brama. Covando gelosia momentanea. Nessuna parola fino a che non stacchi, dopodichè aspettarti fuori, portarti a casa mia e fare l’amore tutta la notte. Mi fai desiderare di darti tutta la libertà e tutti gli spazi che vuoi, perché dentro di me nel profondo so che sarai sempre mia. Mi fai venire voglia di prenderti a manina. Mi fai desiderare di farti comprendere che non sarai più sola. Mai più. Solo se lo vorrai. Mi fai desiderare di fare un patetico e disgustosamente romantico tatuaggio uguale. Mi fai desiderare di darti il codice del mio telefono. Mi fai desidare di portarti ad uno dei miei concerti e mentre la sala è piena di ragazze che mi guardano ammirando la mia voce o le parole delle mie canzoni o sono eccitate dalla mia performance sul palco io guardo attraverso le abbaglianti luci puntate su di me, quel punto dove prima di iniziare ci siamo salutati e ti ho detto “ci vediamo dopo”, perché so che tu sei lì e tutto il resto non esiste. Mi fai desiderare di sentirti urlare incazzata il mio nome mentre prometti di non parlarmi mai più. Mi fai desiderare di essere il primo a dire “scusa” e “mi dispiace”. Mi fai desiderare di lottare per te e di lottare con te. E anche contro di te perché sei troppo divertente quando ti incazzi. Mi fai desiderare di osservarti mentre fai le tue cose senza farmi notare. Mi fai desiderare di mancarti quando non mi vedi. Mi fai desiderare di imparare ogni millimetro della tua pelle e dei tuoi nei. Mi fai desiderare di prendere ferie e andare da qualche parte dove non sono mai stato, in un mare sconosciuto, a fare il bagno e nuotare e poi uscire e leccarti via il sale da quei millimetri di pelle che devo approfondire ulteriormente quando le condizioni atmosferiche mutano. Mi fai venire voglia di farti arrossire. Mi fai desiderare di capire cosa succede al giorno d’oggi. Mi fai venire voglia di guardare tutti gli Harry Potter perché ho sentito dire che è roba piuttosto importante per quelli della tua generazione. Mi fai desiderare di fare una pazzia tipo fidarmi di te. O in generale, di fidarmi di qualcuno ancora. Mi fai desiderare di accettare che va bene lo stesso anche se tu non provi quello che provo io. Che va bene pure se finisco per stare male, che almeno ho provato qualcosa. Mi fai venire voglia di rischiare. Mi fai desiderare di mollare tutte le altre tipe (credimi, non sono poche, so di non sembrare granché è che in genere funziono bene una volta che entrate nel mio cervello). Mi fai desiderare di cancellarmi da quella app per appuntamenti. Mi fai venire voglia di prepararti un ottimo caffè ogni mattina e di farti diventare dipendente così non mi lascerai mai e la smetterai di bere quel caffè di merda viennese che fate nel vostro locale. Mi fai desiderare di tradurti tutte le mie storie così che anche tu le possa leggere. Mi fai desiderare di portarti fuori a cena ma, una volta seduti, ci passa la voglia di stare lì e diciamo al cameriere di impacchettarci la roba e la portiamo a casa e la mangiamo mentre facciamo l’amore ancora. Mi fai desiderare di dire pubblicamente su ogni social network che ti ho incontrata e che esisti e tu non sai quanto sono geloso della mia vita privata perché dentro di me voglio essere desiderato sempre e dimostrarmi disperato quanto disponibile (sono una persona dannatamente insicura). (Un enorme ammasso di insicurezze senza forma). Mi fai desiderare di uscire ogni sera (sento già la fatica) solo per poterti guardare sorridere. Mi fai desiderare di farti ridere sempre. Mi fai desiderare di imparare a memoria ogni vestito in tuo possesso così da poter immaginare come ti vestirai quel giorno ed essere pronto quando mi chiederai cosa potresti mettere e cosa ti sta meglio anche se è del tutto inutile perché a te ogni cosa sta bene e quindi alla fine starei zitto. Mi fai desiderare di stare zitto mentre mi racconti le tue paure, quello che ti spaventa, quello che ti ha ferita fino ad adesso e che dovrà passare sul mio cadavere prima di farlo ancora (spero non sia qualcosa di davvero grosso o armato perché non è che io sia proprio fortissimo). Voglio guardarti mentre ti prepari la colazione da sola. Mi fai desiderare di scattarti una marea di fotografie soprattutto quando sei senza vestiti, anche se conveniamo sul fatto che tutti i vestiti ti stiano benissimo. Mi fai desiderare di stare sveglio mentre dormi così da poter guardare come cambia la tua faccia mentre hai gli occhi chiusi e dannazione quanto sono belli i tuoi occhi quando illuminano ogni cosa. Mi fai desiderare di farti tanta paura, quanta ne ho io di te. Mi fai desiderare di essere più forte e di dirti tutti i miei punti deboli (prenditi un paio di settimane di tempo perché sono davvero tanti). Mi fai desiderare di scrivere di te in una canzone, o in una storia, o in un post sconclusionato per l’internet. Mi fai desiderare di smettere di masturbarmi (no ok questo non proprio al 100%). Mi fai desiderare di iniziare un videogioco insieme a te e di giocarlo tutto insieme lasciandoti anche il controller quando me lo chiedi, non sempre però, è pur sempre la mia cazzo di console. Mi fai desiderare di prenderti in giro e di lasciarmi prendere in giro fino a che io non ci resto malissimo (perché sono un mezzasega) e ti tocca venire a dirmi “no dai, stavo scherzando, non penso veramente queste cose” e devi baciarmi finché non mi passa. Voglio vedere come sei al mattino. Anche al mattino nel fine settimana, quando finisci troppo tardi di lavorare. Mi fai venire voglia di andare a fare un giro in bici e di passare il tempo ad immaginare a che posizioni dovremmo assumere per riuscire a scopare mentre andiamo in bici. Mi fai desiderare di conoscerti quanto io vorrei tu conoscessi me. Vorrei portarti da mangiare quando so che devi lavorare anche se sono consapevole che tu abbia già provveduto al portarti la cena dato che sei una donna indipendente e non hai bisogno che nessuno si prenda cura di te, però lo farei lo stesso, perché mi va, e tu finiresti per mangiare due cene ogni volta. Mi fai desiderare di sapere quale insetto ti disgusta maggiormente così da poterti organizzare dei quotidiani scherzi e sorprese finché non diventi completamente immune e ti ho guarita per sempre. Mi fai desiderare di perdonare il mio passato, me stesso, tutta l’umanità. Mi fai venire voglia di imparare tutto di te finché non ci sarà più nulla di nuovo da imparare e starò per annoiarmi ma ecco che un tuo nuovo particolare appare e mi tocca impararti di nuovo da capo. Mi fai desiderare di dare acqua alle tue piante quando sei via. Mi fai venire voglia di ripeterti ogni giorno che dovresti smettere di fumare. Mi fai venire voglia di pensare a te, ogni volta che sento qualcuno fumare e di andare anche da loro a dire che dovrebbero smettere e non perché mi importa della loro salute, col cazzo, ma solo perché tu fumi molto meglio e loro sono davvero un patetico tentativo di imitazione.
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anticattocomunismo · 5 years
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Link Campus, l'università in cui Luigi Di Maio studia il potere tra boiardi e 007
Viaggio nell'ateneo emblema del nuovo M5S. Fondata dal dc Scotti, già legata a Malta, in partnership con Mosca, un legame societario con Londra. Tofalo ci ha studiato intelligence e il leader pentastellato ci pesca i ministri. 
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DI SUSANNA TURCO (25-03-2018)
«Ci mancano Harry Potter e il Grande Puffo, giusto loro: poi siamo al completo». In un vialetto della Link Campus University, Elisabetta Trenta da Velletri, 51 anni, vicedirettrice del master in intelligence e sicurezza, nove pagine di curriculum pesante, presentata al mondo come ministra della Difesa di un eventuale esecutivo M5S appena un paio di settimane dopo aver conosciuto Luigi Di Maio, sbuffa vistosamente, da grillina prima maniera quale è.Tutti i riferimenti simbolici che i giornalisti hanno intravisto nell’università privata in cui lei insegna non esistono mica, sostiene. I servizi segreti, la massoneria, i disegni occulti: macché. È tutto «molto più semplice», arringa lei in montgomery blu e scarpe Hogan azzurre, appena fuori dal suo ufficio, ultimo piano dell’edificio “Romagnoli”, stanza “i” che divide con tre colleghi, tra pranzi consumati in loco, ciotola dell’insalata sulla scrivania, professori che si affacciano ironici («Toc toc, c’è il ministro?»), studenti che si precipitano a salutare la prof «adesso, finché è senza scorta».Sarà pure più «semplice» ma - c’è da dire - tra legami con Malta, professori coinvolti nel Russiagate, democristiani doc, lezioni di intelligence a mazzi, ottimi rapporti col Vaticano, partnership con l’università di Mosca, partecipazioni societarie inglesi, ex ministri e prossimi ministri sparsi a frotte tra aule e viali, il problema non sembra essere l’eventuale assenza di Harry Potter e Grande Puffo.
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(Vincenzo Scotti)
Ecco la Link Campus University, università privata, lezioni in inglese, obiettivo tremila studenti, creatura del democristiano e sette volte ministro Vincenzo Scotti, 85 anni, fino al 2011 filiazione dell’università di Malta, poi italiana, oggi (anche) cuore pulsante del grillismo rampante - apparentemente come fu la Luiss per il renzismo, ai tempi in cui la Boschi teneva lezioni sulle riforme, a volerla raccontare ottimistica e a pelo d’acqua. Un legame molto diverso, in realtà.
Dove, tanto per cominciare, M5S sta pescando la sua classe dirigente: l’assessora del digitale a Roma Flavia Marzano, le ministre dello shadow cabinet di Di Maio come la Trenta o come anche Paola Giannetakis, criminologa molto più in tiro e (sottolineano) meno curriculata della prima; i candidati alle politiche, come lo sono state anche le due professoresse (una al proporzionale, l’altra all’uninominale); i possibili assessori regionali come Nicola Ferrigni, direttore del Master in Sicurezza Pubblica e Soft Target, indicato come papabile dalla Lombardi. Fino alla rimarchevole circostanza che pure il deputato M5S Angelo Tofalo, da membro del Copasir, ha frequentato il master in Intelligence, cioè le lezioni della Giannetakis («Ma ha fatto tutti i colloqui come gli altri e pagato la retta per intero», circa 14 mila euro, chiarisce il direttore generale Pasquale Russo, ex sindacalista, esperto di Reti fin dagli anni Ottanta, passate collaborazioni con Letta, Bassanini e D’Alema).
«Ah voi siete l’università grillina?» è la domanda che si sente rivolgere, ormai, chi va a fare orientamento nei licei. Emblema, la Link, della svolta moderata e lobbista impressa dalla guida di Luigi Di Maio. Quella di un M5S con meno grilli per la testa, e in compenso un sacco di intense relazioni con tanta gente che conta, di luce come d’ombra. Un movimento cui il nuovo capo ha dato un profilo più filo americano, filo israeliano, europeista - la “svolta”, manco a dirlo, Di Maio l’ha pronunciata proprio nell’Aula magna della Link, davanti alle opportune rappresentanze diplomatiche, e con quelle statunitensi e israeliane in piena levitazione. Un passaggio che ha agevolato l’avvicinamento di personaggi come la Trenta: «La politica mi è sempre piaciuta, e l’ho anche fatta. Ma con la mia storia, in un movimento no Nato e no euro non ci sarei potuta stare», chiarisce infatti lei, che milita dal 2013 ma per la verità conosce il M5S sin dalle origini, per via del fratello minore Paolo, capogruppo in consiglio comunale a Velletri e attivista dai tempi dei Vaffa day.
Un M5S, quello alla Di Maio, che però ha legami a qualsiasi latitudine, come si conviene a un potere che vuol restare, che è determinato a non andare via. Come la Dc? Un po’ come la Dc, diciamo. Il paragone è doc, opera di Vincenzo Scotti in persona, il quale già due anni fa sospirava, tra la brama e la nostalgia: «Sono gli unici rimasti a fare politica». Per quel che riguarda la sede dell’università, Casale San Pio V, il genius loci democristiano è vibrante: dimora estiva di sette Papi, in concessione alla Link per sessant’anni a canone variabile tra gli 800 mila e il milione e 200 mila euro (restauri e manutenzione straordinaria escluse ma obbligatorie) è un luogo che cadrebbe a pennello in un film di Paolo Sorrentino. Una prosecuzione del Divo tendenza Grande Bellezza. A otto minuti a piedi dalla Domus Pacis e a quindici dalla Domus Mariae, posti che hanno fatto da cornice scenografica a pezzi di storia della Democrazia cristiana nel quadrilatero magico alle spalle del Vaticano.
Ma, a differenza di quelle epoche, qui, nel caso del M5S, non è affatto chiaro chi contamini chi, e chi governi che cosa: il punto sarebbe centrale nello svolgersi di quello che pure la Trenta considera un «esperimento politico». Premeditazione e casualità si intrecciano continuamente, in effetti. Ad esempio, Di Maio stesso non sapeva, quando andò alla Link university in febbraio, che avrebbe preso lì due delle ministre del suo eventuale governo.
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(Luigi Di Maio e Piero Schiavazzi)
È Trenta stessa a raccontare di averlo conosciuto giusto quel giorno. Il capo M5S ignorava di avere tra i professori ben tre candidati del Movimento. «Ci incontrammo dieci minuti, gli dissi che potevo dare una mano, ma intendevo consulenze, spiegazioni». Invece dopo qualche altro contatto è arrivata la proposta: «Mi ha telefonato un suo collaboratore, per chiedermi se ero disponibile. Ho pensato a uno scherzo».
Ecco, in effetti, cosa accade alla Link: la compenetrazione. È il luogo fisico in cui il Movimento 5 stelle si fa establishment, potere, influenza; e un certo establishment si muta a Cinque stelle. «La prima e la terza Repubblica s’incontrano», dice il vaticanista Pietro Schiavazzi, nume tutelare dei primi avvicinamenti alla Chiesa di Di Maio, anche lui manco a dirlo docente alla Link university. Un talento proteiforme del potere. Qui, in effetti, ci si può imbattere in interi pezzi di storia. Vi insegna l’ex ministro Franco Frattini, il democristiano Ortensio Zecchino, il cossighiano Paolo Naccarato, l’ex sottosegretario Antonio Catricalà, ma pure l’uomo che racchiuse la sua vita in un referendum: Mario Segni. Basta? Non basta. A volte vi si incontra Zingaretti: non Nicola, governatore del Lazio, ma Luca, il commissario Montalbano, arruolato nel Dams, guidato da Alessandro Preziosi.
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(Roberto Fico con Elisabetta Trenta)
Del resto - giusto per chiarire quanto siano «semplici» le cose - alla Link ha insegnato per anni (prima di sparire) uno come Joseph Mifsud, il professore maltese finito nel Russiagate perché secondo il procuratore Muller già nell’aprile 2016 avrebbe offerto a George Papadopoulos, membro dello staff elettorale del futuro presidente Trump, «dirt» ossia materiale compromettente sulla Clinton. Nella sua ultima intervista a Repubblica, Mifsud risultava barricato proprio nel suo ufficio alla Link. E si raccomandava: «Dite che non mi avete visto». Non l’hanno più visto, in effetti.
Le sue tracce sono state rapidamente cancellate dal sito dell’Università - dove pure fino a poco fa presiedeva il corso di Relazioni internazionali. Così come pure sono spariti, i riferimenti a Mifsud, dal sito di Stephan Roh, avvocato tedesco residente in Svizzera, moglie russa, che lo aveva come consulente nel suo studio. Roh, a proposito di link tra mondi, risulta fondatore del London Center for International Law and Diplomacy - un nome che sembra frutto di una miscela tra il London centre of International Law Practice, dove hanno lavorato sia Mifsud che Papadopoulos, e la London Academy of Diplomacy, di cui Mifsud era direttore. Tornando in Italia anche Stephan Roh, almeno fino a fine 2017, è tra i consiglieri della Link: e risulta tutt’ora socio di minoranza, attraverso la londinese Drake global Ldt, che detiene il 5 per cento della Global education management, la società di servizi che con un capitale da 18 milioni di euro fa da cassaforte all’università.
«Tutte queste trame che stanno sui giornali sono proprio delle fake news», sospira Vanna Fadini, amministratrice unica e socia di maggioranza della Global, facendo dondolare la lunga collana di perle Chanel, nella stanza più alta del Casale, là dove si narra che Pio V ebbe la visione della vittoria a Lepanto. L’espansione della Link è pronta a continuare, un aumento di capitale è stato già deliberato. Così come la partnership con la prima università statale di Mosca, la Lomonosov - alla quale è intitolata una sala della Link. Già l’estate scorsa i moscoviti sono venuti per un campus: torneranno la prossima. Arriverà anche un corso di lingua russa. Nell’attesa, Scotti si immerge nell’ennesimo incontro per parlare anche del futuro a Cinque stelle, a Villa Malta, dove ha sede il periodico Civiltà cattolica, in una giornata di studio organizzata dalla Fondazione Formiche, con l’ambasciatore Giampiero Massolo, già vertice dei Servizi. E il valzer, grillino e non, continua.
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Opinioni tipicamente inglesi
Del 17 novembre 2018
di Lorenzo Firmani
Questa settimana mi hanno chiesto un commento politico, io ora come nel mio cappuccino non mi va e ne ho tanto meno voglia di scrivere e commentare cose sulla politica soprattutto quella del nostro paese.
Il cappuccino è un qualcosa che si prende al bar per fare colazione ma a differenza del caffè che è intenso e breve lui è leggero nella sua schiuma di latte e con un fondo di caffè.
Perché vi ho spiegato questa cosa? Per farvi capire il mio stile in questi commenti che faccio ogni tanto, una scrittura leggera a tratti anche divertente ma con un piccolo fondo di verità.
Di persone che commentano la nostra politica ne abbiamo a bizzeffe tra un po’ in televisione si parlerà solo di politica e di Barbara D’urso comunque visto che me l’hanno richiesto ho voluto scegliere un qualcosa che mi lega personalmente.
Voi magari non lo sapete ma nella mia vita precedente io ero inglese!
Anche per me è stata una scoperta scioccante però effettivamente ci sono moltissime cose che mi accomunano ad un tipico inglese medio tipo:
- La tossicodipendenza per il The (accompagnato rigorosamente con il latte se è classico)
- Il mio corpo riesce a sopportare temperature fredde e glaciali tipo ieri ho postato anche una fotina su Instagram con le ciabatte estive tipo a Novembre (purtroppo questa foto l’ho dovuta cancellare perché poi sai sembra strano che in un paese caldo pieno di freddolosi te posti questa foto)
- L’amore per le ragazze rosse dalla carnagione chiara (poi se sono ricce ancora meglio!)
- Amo Harry Potter e mi piace molto la Premier (ma il calcio in generale)
- Preferisco più la birra al vino e Whiskey in generale
- Adoro l’Estate (come tutti gli italiani) sento un legame particolare con l’inverno e la pioggia e le atmosfere nuvolose e cupe.
- Adoro gli Oasis e sono cresciuto ascoltando God Save the Queen dei Sex Pistols (che ho anche come suoneria)
Ora io potrei continuare all’infinito ad elencarvi altre cose ma da inglese mancato mi sento il dovere civico e morale di parlare un po’ di ciò che sta succedendo nella mia patria mancate.
In questa settimana ho incominciato a leggere un po’di più i giornali e mi ha colpito subito l’articolo sulla Brexit.
Ora io non mi informo più come una volta quindi forse mi sono perso un po’ di puntante precedenti ero rimasto al punto in cui Il Regno Unito con pronta fermezza ha deciso di intraprendere con decisione questa strada di uscire dall’Unione Europea (che mi sembra di capire che ha un significato più simbolico che di significato vero e proprio).
A comandare questa odissea verso l’uscita ci affidiamo alla Theresa May, una Margaret Thatcher dei nostri tempi con meno polso di ferro e determinazione ma più diplomatica e aperta al dialogo (almeno questa è stata la mia prima impressione vista da lontano).
Bè effettivamente noi siamo stati abituati bene con la Margaret(ma anche con le varie successioni delle regine, basta pensare a Elisabetta I, per chi ha visto i Tudors sa di cosa parlo!) al potere e forse inizialmente pensavamo che con Theresa May si ripetesse la stessa cosa e invece proprio in questi giorni leggo sul mio amato Corriere della Sera che nelle trattative per l’uscita in praticamente tutte le richieste che ero state fatte dal Regno Unito sono state bocciate e saranno applicate quelle date dall’Unione.
Diciamo che è un usciamo ma molto tra virgolette, sorseggiando il mio the (rigorosamente Twinings) forse pensavamo di fare la voce grossa e potente e poter uscire magari non con tutte le nostre condizioni ma almeno ad alcune arrivarci.
Leggendo le richieste fatte dal Regno Unito sono però un po’ facili da contestare ad esempio il fatto che per l’uscita voleva pagare un 10 milioni (della serie stringiamoci la mano e amici come prima) mentre UE gli ha chiesto circa 40 milioni.
Un’altra questione che ho letto è stata quella dell’Irlanda sui confini che insieme ad altre erano un po’ facili da contestare.
Prendiamo proprio questo punto sui confini dell’Irlanda, ora Il Regno Unito con l’Irlanda storicamente non ha un bellissimo rapporto, ci sono voluti moltissimi morti, tanta violenza e tanto sangue per portare un equilibrio pacifico e sano.
E’ una delle richieste che ha voluto fare era quello di comprendere l’Irlanda del Nord al Regno Unito e quindi creare un confine pericoloso con l’Irlanda che potrebbe portare a nuovi scontri.
Ragà gli irlandesi non scherzano affatto e tanto meno noi inglesi ci piace a fare risse e a picchiare, fortunatamente io sono molto più pacifico dei miei compaesani e professo l’uso della “non violenza” abbracciamoci tutti, facciamo l’amore e vediamoci insieme il Manchester United con una pinta di Guinness e una di India Pale Ale(IPA) cioè ragà non ci vuole molto ad essere amici.
Infatti l’Unione che professa la mia stessa linea della non violenza gli ha semplicemente detto “no,non se po’ fa!” e siccome noi inglesi voglia uscire acconsentiamo un po’ a tutta la linea che ci viene richiesta dall’altra parte.
Vedendo tutto ciò noi inglesi siamo molto arrabbiati per come si sono svolte le trattative (come era ovvio che succedesse!) volevamo nel caso un’uscita un po’ più da gentiluomini e invece qua sembra una cosa un po’ più diversa.
Nel Palazzo di Westminster La May riesce ad approvare questi punti che sono stati concordati attraverso i negoziatori ma le critiche piovono e tra cui si aggiunge quella dei Conservatori che gli chiedono di andarsene vedendo tutto ciò la nostra eroina cerca di resistere e rafforzare la sua posizione nominando un due nuovi ministri tra cui casualmente uno è il ministro della Brexit perché il precedente(il dimissionario Dominic Raab) è già fuggito dalla porta d’uscita.
Ora l’impressione mia di tutta questa questione è che il problema iniziale della Brexit è causato dal disagio profondo dell’inglese medio che quotidianamente si vede camminando per le strade di Regents Street o di Oxford Street si senta stanco e stufo di incontrare più persone straniere che inglesi che lavorano, vivono e si stabilizzano nella nostra terra. Da questo disagio nasce l’orgoglio inglese di far valere e rispettare tutta la propria potenza economica e non solo e proporre all’Europa un uscita con dei punti un po’ troppo… (e non aggiungo altro!).
“E’ vero siamo un paese aperto e multietnico ma siamo talmente aperti che la razza inglese purosangue va ormai all’estinzione.”
pensiero tipico del vecchio medio inglese purosangue
Io sinceramente non sono d’accordo con la Brexit e non sono d’accordo con il pensiero tipico inglese, siamo nel 2018 e non possiamo più pensare in un mondo basato sulle radici solo di chi è nato in quel terreno.
Sicuramente l’appartenenza è una cosa importante però chiunque può mettere e deve avere diritto a seminare nel terreno dove sono anche io.
Il concetto e il significato di nazionalità deve essere rivisto in un modo nuovo e più aperto perché siamo entrati in un epoca dover si cerca di creare un vero e proprio concetto di comunità e dovremo iniziare ad ampliare il nostro pensiero dalle vecchie barriere.
L’etnia, la razza non deve essere un problema così come far venire altre persone di altre nazioni nel nostro paese inglese.
Noi inglesi possiamo pure uscire e chiudere le frontiere creando un’isola felice per noi,
Possiamo sicuramente farlo perché abbiamo le possibilità per stare da soli ma non penso che sia la soluzione migliore un po’ per tutti.
Nè per noi
Né per l’Europa
Né tanto meno come immagine sul mondo.
Dopo aver letto questo cappuccino avrete sicuramente capito perché io non scriverò mai più politica, forse in un futuro cambierò idea, forse in un domani sarò un rinnovato giornalista inviato agli esteri ma oggi è così.
#inglese #brexit #may #Europa
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soprabito · 4 years
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Come sempre, è facile predicare e difficile razzolare.
E quindi la gradualità, la teoria della convalescenza, le belle idee sul non esagerare sono finite tutti in  cavalleria di fronte alla possibilità di una scorpacciata di tennis. Che ho fatto con grande gioia e soddisfazione, ma pure con qualche costo. Pochi giorni prima mi ero presa una gran botta a un piede, in quei modi stupidi propri degli incidenti domestici: per la prima volta in giro per casa con i sandali, dentro e fuori dal terrazzino, ho inciampato in una cassettina di legno che era lì da sempre ma che improvvisamente non ho visto. A parte il dolore tremendo, che il mignolino è un dito senza protezione, che si è preso la botta e l’ha rimandata a tutto l’avanpiede, a parte il dolore poi il piede si è gonfiato e solo a colpi di ghiaccio e arnica si è ridimensionato. Però diciamo che il suo sogno, suo del piede, non era quello di venire pigiato dentro una scarpa da tennis e sbatacchiato in qua e in là su un campo alla rincorsa della pallina.
E però il posto era meraviglioso, la compagnia armonica e serena, ed è stato proprio bello. Verso il pomeriggio di ieri stavamo tutti crollando, a dire la verità, segno che per tutti quel ritorno al tennis dopo un lungo digiuno era stato un po’ eccessivo. Che è di conforto, alla fin fine, ma anche un po’ di insegnamento.
Perché non ascoltare i lamenti del proprio corpo non è mai una buona idea. Il corpo sa benissimo quando deve essere ascoltato, e se non gli date retta al primo urlo, e neppure al secondo e al terzo, lui troverà un altro modo, magari un po’ più brutale, per farvi prendere in considerazione le sue esigenze. E meno male!
E ve lo ridico, il posto era meraviglioso. Io ho sempre avuto un debole per il lago di Como, tra i nostri laghi lombardi e quelli lombardo-piemontesi il lago di Como è sempre stato il mio preferito, da quando sono venuta ad abitare quassù. E mi è rimasto nel cuore. Gli trovo una dolcezza, alle volte quasi uno struggimento, e non posso smettere di guardarlo. Anche al ritorno, in macchina, mi è quasi dispiaciuto che non ci fosse tanta coda, perché con la coda avrei potuto guardare la luce che diminuiva e la superficie dell’acqua che rifletteva quei cambiamenti.
Ecco, poi naturalmente ho trovato la solita tonnellata di email ad aspettarmi… per cui vi auguro direttamente buona serata!
Anna da Re
    Di gradualità, esagerazioni, digiuni e la bellezza del lago di Como Come sempre, è facile predicare e difficile razzolare. E quindi la gradualità, la teoria della convalescenza, le belle idee sul non esagerare sono finite tutti in  cavalleria di fronte alla possibilità di una scorpacciata di tennis.
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pangeanews · 4 years
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Sull’uso delle parolacce in tivù. Niente di male. Breve storia del linguaggio scurrile da Aristofane e Giovenale a Checco Zalone
Non è che il pensiero impaginato sia esente da una buona dose di turpiloquio: beh, lo sappiamo tutti! Toccare per credere, verità di Vangelo! Nessun autore prendiamo a scudisciate, però: anzi, lo umanizziamo nel siparietto della nostra vita, sempre più infarcito di spettacoli d’improvvisazione: fateci caso, da un bel po’ di tempo, oramai! Una parola disinibita ha comunque una certa liberazione: le raccomandazioni di Kurt Vonnegut (Hocus pocus, Bompiani) al confronto sono fortemente innaturali. Non credo che le espressioni “che pezzo di escremento!”, “che testa di pene!”, “siamo in una bella casa di tolleranza!” possano fare da scudo a un linguaggio socialmente scorretto. Dimentichiamo il grande Aristofane, che nella commedia Gli Acarnesi, fra molti passaggi coloriti, arriva a dire: «Tu che al culo focoso il pelo radi, tanta barba, o scimmiotto, al mento avendo, camuffato da eunuco, ti presenti?».  Oppure Giovenale, il poeta della satira latina, il cui nome basterebbe a mitigare il politically incorrect di Vittorio Feltri: «Non fidarti dell’apparenza: le strade sono piene di viziosi in cattedra. Condanni l’immoralità tu, proprio tu, che degli efebi di Socrate sei il buco più noto?». Bypasso il Decamerone, perché qualcuno griderebbe al boccaccesco, a torto o a ragione: «Col malanno possa egli essere oggimai, se tu dei stare al fracidume delle parole di un mercantuzzo di feccia d’asino, che venutici di contado e usciti delle troiate, vestiti di romagnuolo, con le calze a campanile e con la penna in culo, come egli hanno tre soldi, vogliono le figliuole de’ gentili uomini e delle buone donne per moglie». Insomma, il Live di Barbara D’Urso sarebbe pare innocente di fronte a questa breve rassegna di esempi.
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A proposito, in quella circostanza, Sgarbi parlava di raccomandazioni, senza pensare al qui pro quo che sarebbe seguitato.  “Mi dissocio da quello che sta dicendo Vittorio – ha avuto modo di precisare la Carmencita nazionale con il sorriso sulle labbra –.Già è una puntata un po’ complicata per me questa sera”. “Guarda che non è bella la cosa che hai detto su Stella”, si è permessa di aggiungere, mentre l’uomo continuava a ribadire che una delle ospiti presenti in sala gli fosse stata raccomandata. Come non ricordare gli equivoci su cui Plauto e Terenzio hanno costruito gag spiritose note a chiunque si avvicini a quel portentoso teatro delle origini, consumato e riciclato in tutte le forme che lo hanno continuato, persino negli show, che della Commedia antica sono diretti eredi, come Zelig o Colorado Cafè, in una rilettura contemporanea: e a dire che, in tutto questo, La Pupa ed il secchione, potrebbe pure far pensare ad una commedia di repertorio classico, perché no!? Le impennate non si sono fatte poi attendere: Porca pu**ana! Uno mi ha detto: ‘Ti raccomando una ragazza’. Sono ca**i nostri o no? Va**anculo! Mi hai rotto il ca**o!”. La sua era un’inespressa lezione della Crusca, non è stato compreso ma compresso dallo Studio del Biscione: l’irritazione limbica, forse, è stata eccessiva!? Santo cielo, stava dando fiato a una voce del Dizionario: i paroloni son venuti fuori senza che potesse esprimere al meglio il proprio Verbo. Lo spettacolo nello spettacolo: non è che i nostri predecessori siano stati poi così tanto soft! Certo, erano in pochi a sentirli, benché il loro sguardo bovino, mai sibillino, lasciasse capire di tutto e di più. Pertanto, la parolaccia è una costante del comportamento umano, una corrente elettrica che attraversa da sempre il linguaggio individuale e collettivo: in questa direzione va il long seller più documentato e divertente che abbia avuto modo di conoscere e che, tra le altre cose, Parolacce: perché le diciamo, che cosa significano, quali effetti hanno (Bur 2006).
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Le sconcezze sono al servizio delle nostre emozioni: non solo dell’odio, ma anche della gioia e del gioco. Non a caso, sono uno degli strumenti dei comici e dei letterati, da Dante Alighieri a William Shakespeare, fino a Checco Zalone. Se le conosci, sai cosa dici: non è che evitandole le taci. Penso a Cicerone e a tutte le volte in cui bacchettava modi popolari involuti dicendo non debes adripere maledictum ex trivio (Non devi trarre un vocabolo scurrile dal linguaggio di strada): uscirsene con trivialità più eleganti, come fu uso Lui in non poche orazioni, fa imparentare con la medesima cafonaggine, almeno credo. Lo stile sicuramente è diverso: il contenuto, malgrado l’animo più contenuto, batte la stessa strada. Forse che sì, forse che no…
Francesco Polopoli
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