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#pesca all'inglese
elbafishingblog · 4 years
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Trattenuta all’inglese
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Pesca all’inglese ai margini in trattenuta bloccata con ovetto piombato. Attrezzatura, montatura e azione di pesca.
Primo articolo post-quarantena. Primo articolo dopo cinque mesi in cui la pesca è stata solo teorica. Si riparte da qui, dal tratto di foce e dalle sue prede più ricercate, anche se un po’ fuori stagione. «Il meglio ce lo siamo perso». La frase esce priva di labiale da dietro una mascherina chirurgica. È il primo pescatore che incontro e quasi verrebbe da abbracciarlo anche se non lo conosco. Invece ci concediamo solo due chiacchiere a distanza di sicurezza. Ci siamo persi il meglio della stagione, è vero, ma già sembra un miracolo essere sulla sponda del fiume. Come fosse la fine di una guerra. Si riparte da qui dicevo, ma con un approccio nuovo o meglio adattato. Voglio poter pescare ai margini come a distanza, in passata come in trattenuta bloccata. Non voglio perder tempo o aver problemi di vento e di corrente. C’è solo una strada da percorrere ed è quella dell’inglese.
La canna
Per queste sessioni ho scelto un classico, la Shimano Aernos Match da 15 piedi, inglese affidabile dal costo non esagerato (ad oggi l'ultima versione si trova intorno ai 100 euro o poco più) in grado di gestire anche prede di grossa taglia con terminali relativamente sottili.
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Per la pesca in trattenuta ai margini i 15 piedi servono tutti quindi sconsiglio misure minori. In queste acque channel di qualche chilo e carpe rientrano nello spettro delle prede possibili quindi la canna deve essere performante e capace di sostenere combattimenti anche impegnativi. Non adiamo, insomma, troppo sul delicato.
Il mulinello
Che se ne dica, ritengo lo Zartan un buon prodotto di casa Colmic. Ne abbiamo già parlato in passato e non passa anno che dimostri le sue qualità. Non l’ho scelto per un motivo particolare se non per il fatto che era tra quelli che non avevo ancora pulito e riposto durante la quarantena.
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Bobina sovradimensionata — come richiesto da chi pesca a waggler o a feeder — una frizione impeccabile (con guarnizione in gomma), dieci cuscinetti e antiritorno. Non gli si può chiedere di più a fronte di un prezzo veramente onesto. In bobina uno 0.18 affondante e a bassa elasticità è la scelta migliore, coprendo praticamente l’intera gamma di utilizzi, dalla pesca con bodied a lunga distanza fino a quella con straight in corrente.
La postazione
Come abbiamo avuto modo di dire, nello streetfishing peso ed ingombro sono da evitare. In questa stagione ho eliminato uno dei due tripodi e realizzato un comodissimo feeder arm con un picchetto in allumino ed un doppio morsetto che lo fissa alla gamba dell’unico tripode che porto con me.
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Come potete vedere la soluzione offre una stabilità accettabile ed un ulteriore risparmio di spazio, peso e tempo. La postazione è dunque fatta del classico sgabello pieghevole e il sistema di appoggio per la canna. Immancabile il materassino in EVA per la slamatura e il guadino con manico in carbonio e testa pieghevole.
Perché la tre pezzi?
La pesca in trattenuta è solitamente praticata con canne bolognesi talvolta, a seconda degli spot, anche molto lunghe. L’inglese potrebbe sembrare la scelta meno opportuna tuttavia, vuoi per le caratteristiche dello spot che per il fatto che una disciplina ha sempre un campo di applicazione più vasto di quel che si è portati a pensare, la resa è sovrapponibile.
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In rivista ne parleremo più nel dettaglio, qui basti dire che la tre pezzi consente sia di pescare sulla distanza — sul posto o in passata a seconda della corrente — sia in trattenuta ai margini. Quel che cambia, tra i due approcci, è il galleggiante e questo è sostituibile semplicemente sganciando una girella con moschettone. Immaginate dunque il gran numero di opportunità che abbiamo potendo pescare fino ed oltre mezzo fiume come a pochi metri dalla sponda. Se l’approccio classico, con gli wagglers, non permette una trattenuta costante o molto pronunciata, ai margini questa si può effettuare utilizzando un classico ovetto piombato. L’ovetto infatti, pur essendo un “bottom-only”, non affonda sotto trazione.
Ovetto in trattenuta
L’attacco del galleggiante è lo stesso del waggler. Si notino i tre stopper in gomma (due a valle ed uno a monte) e la girella con moschettone. A differenza del waggler l’ovetto, pur rimanendo derivato, è molto compatto e l’astina vicina alla lenza madre.
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Ciò ne determina la minor tendenza ad affondare quando trattenuto. Particolarità, rispetto ai classici galleggianti da bolognese, è che l’ovetto tende ad inclinarsi con l’antenna di segnalazione che piega nel verso della corrente. La segnalazione dunque lavora al rovescio e le mangiate tendono, oltre che a far affondare il galleggiante, a far ruotare l’antenna verso monte.
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Lo schizzo sopra semplifica un po’ quanto appena detto. La corretta inclinazione della lenza si legge dall'angolo che il filo (lenza madre) forma con la superficie dell’acqua che, di solito, si aggira intorno ai 45°. L’antenna di segnalazione con la superficie forma un angolo opposto. Se la mangiata toglie peso (tende a starare) l’antenna ruota controcorrente e l’ovetto viene a disporsi in verticale. Altrimenti affonda e la vetta della canna si piega, come pescassimo a legering.
La lenza
Dunque la lenza viene realizzata su uno 0.16 connesso alla lenza madre (0.18-0.20) con nodo di sangue o asola-asola. La piombatura consiste di quattro pallini del n.6 (0.1 gr), un pallino del n.4 (0.2 gr) ed un pallino BB (0.4 gr) equidistanti o a scalare in distanza (se c’è meno corrente e si desidera un po’ più di morbidezza nella parte bassa). Per i BB utilizzo del piombo molto morbido (quello che si stringe con le sole dita) così da poterli spostare, aggiungere e rimuovere a seconda delle necessità. Ricordo che in trattenuta è quasi sempre necessaria una certa sovrataratura e che la corrente cambia di intensità continuamente.
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Per il terminale occorre non andare troppo per il sottile, quindi la misura minima è lo 0.13 (0.128 o 0.125 sono comunque misure valide). Scendere non ha senso per vari motivi: torbidità, corrente, channel e carpe di grossa taglia, anguille e via dicendo. La lunghezza varia da 40 a 60 cm. Amo Colmic N500 nel numero 18 con uno o due bigattini.
Pasturazione
La prima operazione da fare è sondare la profondità a livello dell’amo e ragionare in piedi (1 piede equivale a circa 30 cm). Mettiamo che la profondità sia 7 piedi. Essendo la lenza in trattenuta inclinata più o meno a 45°, la distanza tra galleggiante ed amo dovrà essere maggiore, diciamo approssimativamente una volta e mezzo (circa una decina di piedi, comunque da aggiustare in corso d’opera).
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In corrente i bigattini affondano in diagonale. Non possiamo dunque pasturare sul galleggiante altrimenti l’esca si troverebbe fuori pastura. Il punto di ingresso dei bigattini va spostato quindi a monte del galleggiante. Ma quanto a monte? Questa è la domanda più assillante e la risposta richiede un po’ d’occhio e la classica serie di tentativi e relative correzioni.
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Un’idea, giusto per iniziare, possiamo farcela osservando la distanza percorsa in una decina di secondi dai bigattini lanciati in acqua. Considerando una velocità di affondamento media di un piede (circa 30 cm) ogni 10 secondi e ammettendo che la corrente sia costante (cosa che non è, ma ne parleremo meglio in rivista) le larve dovrebbero raggiungere il fondo in un punto, rispetto a quello di ingresso, pari a circa la distanza trasversale percorsa in 10 secondi moltiplicata per il numero di piedi corrispondenti alla profondità misurata a sonda. Attenzione però al fatto che la nostra lenza lavora, sempre teoricamente, a 45 gradi e ammettendo che l’angolazione rimanga costante (anche questo non è vero ma avremo modo di riparlarne) in linea d’aria l’esca si troverà più lontana rispetto al galleggiante di una distanza pari alla profondità misurata a sonda (si noti che la diagonale a 45 gradi è quella di un quadrato). Dunque se i bigattini in dieci secondi percorrono ad es. 1 metro e la profondità è di 7 piedi (circa 2 metri) le larve andrebbero lanciate 5 metri più a monte del galleggiante (7 metri meno due di profondità) Da qui si parte, certi di non averla azzeccata al primo colpo, valutando la risposta dei pesci in base alla posizione del galleggiante. Se le mangiate si registrano più in lontananza (basta fare una serie di passate interrotte da trattenute) abbiamo pasturato troppo a valle. Se invece le mangiate si registrano più vicino abbiamo pasturato troppo a monte.
La prima fase
In genere le prime ad entrare in pastura sono le ragnole più piccole. Peccano di troppa voracità ed eccessiva ingenuità, un mix poco raccomandabile. Fortuna vuole che il bravo pescatore le tratti con la massima attenzione, non dopo avergli rubato lo scatto di rito, la cui doppia finalità è immortalarne la bellezza e prendere nota dell’orario. Occorre capire sia il tempo di entrata in attività — quanto dopo l’inizio della pasturazione — nonché la relazione con vari parametri su cui non vi annoio e che ben conoscete.
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Anche il numero di mangiate e la frequenza di cattura sono importanti e, in corrente, vanno messi in relazione con la pasturazione, sia da un punto di vista spaziale che quantitativo. Lo spazio si riferisce alla distanza tra punto di ingresso della pastura in acqua (un tot a monte) e ingresso della lenza (più a valle); lo scopo è quello di trovare il giusto equilibrio, spaziale appunto, che garantisca la presentazione dell’esca laddove pastura e pesci si concentrano maggiormente. Dal punto di vista quantitativo si cercherà di regolare la pasturazione in modo tale da non eccedere (finendo in overfeeding) e, anzi, ridurla quando le mangiate si susseguono a ritmo costante con lo scopo di creare una certa competizione.
Gli esemplari di taglia maggiore
Più astuti e meno precipitosi se ne stanno un po’ in disparte lasciando il grosso della pastura alle giovanissime ragnole. Se la quantità di pastura non si riduce sono meno inclini a farsi avanti perché qualcosa certamente non gli torna e comunque i bigattini continuano ad arrivare rendendo inutile il rischio.
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Parliamo comunque di esemplari ancora giovani ma di peso superiore al mezzo chilo. Uno step successivo insomma. Voglio ricordare che di spigole molto grosse ve ne sono in queste acque ma difficilmente si lasciano ingannare con il bigattino, preferendo quantomeno un bel coreano se non (meglio) un’esca viva quale la classica alborellina, che rappresenta la principale fonte di nutrimento insieme alle piccole anguille (il cui prelievo è severamente vietato). La taglia media, pescando a bigattini, oscilla intorno ai settecento grammi con possibilità di arrivare sul chilo e qualcosa ma non oltre. 
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La cattura di questi esemplari un po’ sopra la media (pur sempre piccoli rispetto al peso massimo che una spigola può raggiungere) è funzione di tanti fattori. Non tutti sono sotto il nostro controllo e quindi dipende da noi solo in parte. Certo è che un’attenzione particolare alla pasturazione aiuta non poco in quanto, al di là degli accorgimenti su lenze e profondità di pesca, molto gira intorno alla competizione cui prima abbiamo accennato.
Alternative
Abbiamo parlato della pesca ai margini in trattenuta costante con la tre pezzi ma modificare approccio, qualora i margini non rendessero, è un gioco da ragazzi. Può capitare infatti che i pesci, per le loro ragioni, preferiscano stare un po’ più a distanza, su una linea che non consenta di agire in trattenuta. I cambiamenti da fare al setup sono sostanzialmente due: sostituire l’ovetto con un waggler e alleggerire/adeguare la piombatura. In genere basta rimuovere un po’ di peso (ricordate che i BB sono in piombo morbido) e ridistribuire i pochi pallini rimasti per poter operare una passata soddisfacente.
Testo e foto: Franco Checchi. Con il contributo di Filippo Carli.
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pescafishingshop · 5 years
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nikolajaworld · 4 years
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Pesca alla spigola e all'Orata a leggering e all'inglese dalla scogliera
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annunciroma · 7 years
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elbafishingblog · 4 years
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Spigole autunnali all’inglese
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La pesca alla spigola all’inglese nel tratto di foce. Spot, maree, montature e considerazioni generali.
In un articolo precedente abbiamo introdotto le basi per la pesca all’inglese in corrente. In questa sede prendiamo in considerazione la stessa tecnica ma con un lenza un po’ diversa, non perché le precedenti non siano valide ma per il fatto che di approcci ve ne sono un’infinità (relativa) e pian piano è utile osservali tutti (o comunque quelli principali). Lo spot è ancora il tratto cittadino dell’Arno Pisano, luogo ideale per delle sessioni di street fishing con la pesca al colpo come protagonista. In autunno, prima della stagione delle piogge che ingrossano il fiume e generano correnti più marcate, la pesca all’inglese trova qui le condizioni ideali per la sua applicazione e l’assenza di vento ci consente di mettere in campo lenze leggermente più elaborate, come sono ad esempio le spallinate a scalare.
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Le ore migliori per insidiare gli amati moronidi, neanche a parlarne, sono quelle a cavallo dell’alba e del tramonto, possibilmente durante la fase di marea crescente. Esca principe è il bigattino. Ottimi risultati si ottengono anche con il verme francese ma l’approccio è molto diverso dato il peso dell’esca e la generale assenza di pasturazione quindi ci riserviamo di parlarne più avanti.
Lo spot
Vi sono alcune considerazioni da fare. La giusta distanza di pesca in questo tratto di foce è entro una ventina di metri circa da riva o, per utilizzare una misura pratica, entro le “quattro canne” (prendendo come riferimento la match rod che utilizzeremo). In questo periodo di inizio autunno la corrente del fiume è molto lenta e risente in maniera notevole del flusso di marea tanto che nella fase di massima spinta (in salita) il galleggiante procede a velocità molto bassa verso valle e subito sotto riva addirittura inverte la sua corsa potendo a tratti dirigersi a monte. Non è peraltro raro trovarsi in momenti in cui l’acqua risulti apparentemente ferma o che vi sia una doppia corrente, con gli strati superficiali dell’acqua che scendono a foce e quelli più profondi che sotto la spinta della marea invece risalgono.
Setup generale della lenza
In queste condizioni le lenze sono ancora molto semplici, com’è nello spirito della pesca all’inglese, ma un numero di pallini leggermente superiore permette variazioni di distribuzione che aumentano la capacità di adattamento alle variabili correnti che possiamo incontrare. A questo proposito consiglio di stringere delicatamente i pallini (comunque di tipo morbido), in modo da poterli spostare e adattare così la montatura prontamente e senza particolare stress per il filo. La profondità, nella zona di pesca è indicativamente sui 2.5-3 mt. Non si può pescare appoggiati sul fondo in quanto è assai irregolare, pieno di ostacoli e formazioni calcaree. Occorre stare quindi sollevati quel tanto che basta per evitare incagli.
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La lenza madre come sempre è dello 0.18 in filo affondante o fluorocoated. La spallinata viene invece realizzata su uno spezzone dello 0.16 che può essere collegato alla lenza madre tramite un nodo di sangue o una microgirella. Benché io preferisca il nylon, per il terminale in casi come questo conviene valutare l’uso di un fluorine oppure di un fluorocarbon morbido: il fondale nel tratto di fiume preso in considerazione è ad alto rischio di abrasione (fondo a pietre non di rado cosparse di tubi calcarei). La misura media per il finale è lo 0.12 potendo però salire allo 0.14 o scendere anche allo 0.10. Dipende dal livello di torbidità dell’acqua, dalla corrente, dalla taglia dei pesci (che comunque qui si attesta generalmente sotto il chilo e mezzo), ecc. I galleggianti sono i classici straight wagglers da acque lente o comunque di corrente moderata. Si utilizzano quelli già piombati e dotati di porta starlight.
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Relativamente alla distribuzione dei pallini si opta per una spallinata aperta del tipo 3x3 (tre pallini del numero 8, tre del 7 e tre del 6). Si pone il primo pallino del numero 8 subito sopra la giunzione con il finale e poi si scala di due centimetri alla volta (quindi secondo pallino a 20 cm dal primo, terzo pallino a 18 cm dal secondo e così via fino all’ultimo pallino per una lunghezza globale di più o meno un metro). Il peso totale della distribuzione è, a seconda della marca dei pallini, di circa 0.8 gr, così possiamo utilizzare uno straight waggler come un classico 3 o 4+1. Riservatevi ovviamente di aggiungere qualche pallino di taratura se necessario. Le distanze tra i pallini sono indicative, non prendetele come un vangelo. Questa è una classica lenza a scalare in distanza e peso che deve essere modificata al variare della corrente.
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Nove (o più) pallini possono essere distribuiti in tanti modi diversi quindi non abbiate il timore di sperimentare. A seconda delle necessità la lenza si può aprire ulteriormente, si può accorciare, si può invertire (chiudere verso il basso), ecc. Ovviamente il consiglio è di non operare cambiamenti a casaccio ma secondo una logica dettata dalle condizioni del momento che sono sia fisiche (marea, correnti) quanto legate all'abitudine momentanea delle prede (pesci che preferiscono talora mangiare più in prossimità del fondo, talora più a mezz’acqua).
Azione di pesca
L’azione di pesca è quella classica. Lo scopo è ovviamente quello di presentare l’esca “in pastura” che questa cali lentamente verso il fondo in modo abbastanza verticale (acque lentissime, quasi ferme) oppure scenda in diagonale (presenza di corrente). Nel primo caso pescheremo più o meno in un punto abbastanza preciso, nel secondo opereremo una passata. Intuire la corretta discesa delle larve (tempo e direzione) è fondamentale e la lenza dovrà assicurare la massima naturalezza della presentazione. Occorre fare attenzione ad una possibile doppia corrente che dopo un percorso diagonale verso valle (strati più superficiali dell’acqua) potrebbe spingere le larve indietro (strati più profondi). Questo può verificarsi in maniera incostante in certi momenti (e in certi punti) durante la salita della marea.
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Nonostante le maree vengano rappresentate per approssimazione con una curva continua di tipo simil-sinusoidale, le variazioni dei livelli idrometrici avvengono in realtà a “zig-zag”. Infatti osservando l’acqua entro i primi metri da riva si può notare come in una stessa fase di marea vi siano momenti in cui la corrente può mutare anche con un certa evidenza. Osservare questo comportamento, qualora si verifichi, può essere di aiuto e può spiegare perché talvolta il punto in cui si registra il maggior numero di mangiate possa variare. Quanto alla pasturazione questa non deve essere mai esagerata e vale la regola d’oro delle piccole quantità a ritmo costante. Particolare attenzione va fatta circa il rapporto tra punto di ingresso in acqua delle larve sfuse e collocazione della lenza ricercando, come detto prima, la massima corrispondenza tra la discesa dei bigattini e il movimento dell’esca. Un po’ di esperienza, un goccio di intuito e una manciata di “trial and error” sono gli ingredienti base della ricetta. Il resto è variabile e non sempre, e necessariamente, nelle mani del pescatore.
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Testo e foto: Franco Checchi 2017. Articolo aggiornato il 4 marzo 2020
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elbafishingblog · 4 years
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Wagglers regolabili: conosciamoli a fondo
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Gli wagglers piombati regolabili. Caratteristiche e manutenzione.
Tra i vari tipi di galleggiante inglese (waggler) i modelli con piombatura passiva regolabile (Adjustable Loading Wagglers) sono in diversi scenari i più pratici da utilizzare. Il motivo risiede nel fatto che generalmente il loro collegamento alla lenza madre non richiede piombature accessorie e il rapporto tra peso alla base del galleggiante e quello in lenza può essere variato rapidamente. Vediamoli in dettaglio.
Gli wagglers in generale
Gli wagglers sono galleggianti di tipo “bottom only”, il che significa che il loro collegamento alla lenza madre non avviene come nei classici galleggianti da bolognese (top and bottom) ma esclusivamente tramite la base. Risultano quindi derivati rispetto all’asse maggiore della lenza.
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Il classico galleggiante inglese viene tenuto in posizione grazie a dei pallini di piombo ai lati dell’attacco la cui funzione non è solo quella di bloccarlo ma soprattutto di conferire stabilità sia in volo che in acqua. Come conseguenza della piombatura alla base (che deve rappresentare la maggior parte del peso necessario alla sua taratura) le lenze sono necessariamente molto semplici e richiedono solitamente pochi pallini come piombatura attiva. In oltre un secolo di sviluppi siamo giunti agli wagglers che conosciamo oggi e che possiamo dividere i due grandi categorie: non piombati (unloaded) e piombati (loaded). I primi sono privi di qualsiasi peso alla base e necessitano, come abbiamo appena visto, di pallini di piombo ai due lati dell’attacco. I secondi hanno già del piombo incorporato alla loro base.
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Nella foto sopra le due tipologie: un Preston in penna di pavone non piombato (quello blu) ed un Drennan di tipo piombato. In genere nei modelli piombati la piombatura è parziale nel senso che per la taratura completa del galleggiante manca ancora qualcosa, il peso che andremo a collocare in lenza. Per questo motivo molti modelli sono indicati come 2+1, 3+1 ecc. (che significa due, tre grammi alla base e uno ancora da applicare).
Gli wagglers piombati (loaded)
Se prendiamo ad esempio un waggler piombato del tipo 3+1 dovremo applicare un grammo in lenza per tararlo completamente. Come questo grammo venga distribuito non importa, sempre di un grammo in pallini si tratta. Esistono tuttavia degli waggler piombati che vengono definiti regolabili (adjustable) in cui la piombatura alla base è costituita da un attacco avvitabile ed una serie di dischetti removibili.
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In questi wagglers il rapporto tra piombatura passiva (necessaria esclusivamente alla taratura del galleggiante) e attiva (necessaria in parte alla taratura e in parte a conferire la dinamica alla lenza) può essere regolato più agevolmente. Ogni dischetto ha infatti un peso preciso (se non è indicato vi consiglio di misurarlo con una bilancia di precisione) che sottratto o aggiunto alla base può essere rispettivamente aggiunto o sottratto in lenza. Questa tipologia di aggiustamenti si possono chiaramente effettuare anche con gli wagglers non regolabili ma risultano più laboriosi.
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Il vantaggio principale dei regolabili è dunque quello di poter apportare variazioni alla montatura (rapporto tra piombatura passiva e attiva) il più rapidamente possibile. Il che, posso assicurarvi, è molto comodo, quasi indispensabile. Finora abbiamo visto gli straight/inser waggler ma anche i bodied (galleggianti con bulbo da lunga distanza) sono prodotti in versione regolabile. Un esempio tra tanti sono i Colmic Sinflex Jet (sotto), dotati di dischi di diverso peso. Il modello da 12 grammi presenta quattro dischi da 1 gr e due dischi da 0.5 gr per una regolazione fino a 5 grammi totali.
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In questo caso possiamo regolare il waggler ogni 0.5 gr (5, 4.5, 4, 3.5, ecc). Se dunque volessimo inserire un grammo in più in lenza basterebbe rimuovere un disco da 1 alla base, se volessimo inserire 1.5 gr rimuoveremmo un disco da 1 e uno da 0.5 e così via.
Conoscere il waggler regolabile
I regolabili chiaramente non sono tutti uguali e guai se lo fossero. Alcuni nascono già completamente tarati per cui, a meno di non voler pescare quasi senza piombo, occorre rimuovere del peso alla base per poterlo inserire in lenza. Altri sono solo parzialmente tarati e rientrano nella categoria X+Y, come è il caso dei Sinflex Jet. Un Colmic Sinflex Jet da 12 grammi richiede comunque almeno un grammo e mezzo in lenza per la taratura completa e lo potremmo definire dunque un 10.5+1.5. Infatti l’attacco a vite pesa quasi 5.5 gr, i dischi nel totale pesano 5 gr e mancano 1.5 gr ad arrivare a 12.
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Conoscere il proprio waggler vuol dire sapere quali sono tutte le sue caratteristiche: la portata, l’esatto peso alla base, il peso dei dischi removibili, lo scarto di taratura (+Y). Questa conoscenza è fondamentale nella scelta del galleggiante e aiuta notevolmente sia nella costruzione che nelle variazioni in corso d’opera (durante la sessione di pesca) della lenza.
Manutenzione
Ebbene sì, anche i galleggianti necessitano di manutenzione. Nei regolabili, specie pescando in mare, è fondamentale che l’attacco a vite e i dischi di regolazione non si ossidino. Se ciò avviene c’è il rischio che l’attacco non si sviti più e si debba ricorrere a prodotti e strumenti che potrebbero compromettere l’integrità del galleggiante (CRC, pinze, ecc.).
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Conviene dunque utilizzare della comune vasellina tecnica (oppure olio di silicone) nei punti sensibili. Evitiamo oli e sbloccanti aggressivi (WD40, CRC, ecc.) in quanto a lungo andare compromettono la struttura del galleggiante agendo anche sulle vernici e sulle colle.
Testo e foto: Franco Checchi 2016. Articolo aggiornato il 3 marzo 2020
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elbafishingblog · 4 years
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Inglese in corrente
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Attrezzatura, montature e principi nella pesca in corrente con gli straight wagglers.  
Si va per esclusione. Quando il feeder non è praticabile per il tipo di fondale occorre valutare l’approccio con il galleggiante. Se dobbiamo pescare ad una certa distanza, magari in presenza di vento e si cerca la maggior naturalezza possibile non rimane che ricorrere alla pesca all’inglese. Nel tratto di foce c’è tuttavia il problema della corrente, ideale per passata e trattenuta classica ma più difficile da gestire con gli wagglers, che essendo galleggianti “bottom only” non consentono di trattenere.
Anche se cerchiamo di standardizzare quanto più possibile la verità è che nella pesca non ci sono regole fisse. Piuttosto ci sono regole valide ma mutevoli a seconda di spot e condizioni. Insomma la parola d’ordine è: adattamento. La raccomandazione è dunque di prendere quanto segue come indicazione generale, sulla quale poi introdurre tutte le variazioni che intuito e contesto vi suggeriscono.
Attrezzatura
L’attrezzatura è costituita da una match rod da 15ft (circa 4.50 m) abbinata ad un mulinello a bobina ampia e relativamente poco capiente (bobina match) caricato con del filo specifico per pesca all’inglese (quindi affondante e a bassa elasticità) o del fluorocoated dello 0.18. La capacità del filo di affondare nel tempo viene in ogni caso garantita da periodici sgrassamenti benché in alcune situazioni sia forse più conveniente che il filo rimanga in superficie anziché sott’acqua.
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Mentre nella pesca in acque ferme il fine è quello di mantenere l’esca in un determinato punto (quello in cui pasturiamo con precisione), in presenza di corrente l’esca dovrà comportarsi come una particella di cibo che da questa viene trasportata in modo naturale. Parliamo comunque di correnti abbastanza moderate, tipiche dei fiumi nei mesi tardo primaverili ed estivi, tali da poter essere affrontate con straight wagglers talvolta anche dotati di insert. In questo periodo i cefali e le spigole che frequentano il tratto di foce tendono a sostare/cacciare abbastanza in superficie e sono visibili a vista per salti, attacchi e movimenti dell’acqua che ne dimostrano inequivocabilmente la presenza. Benché questo comportamento dia l’impressione di pescare in un vivaio — e in effetti spesso la presenza di pesce è notevole — portare a termine una cattura è meno semplice di quanto possa sembrare.
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Questo, tra gli altri, il motivo per cui conviene utilizzare un filo in bobina di diametro relativamente sottile (0.16) che consente di lanciare più agevolmente galleggianti leggeri oltre a tagliare meglio la corrente superficiale offrendo a questa meno resistenza. Come dicevamo i galleggianti sono degli straight wagglers (classici inglesi senza bulbo) con antenna di segnalazione intercambiabile (porta starlight) da 4.5 mm. Per praticità (e non complicarvi la lettura) vi consiglio quelli già piombati (loaded) in cui la maggior parte del peso necessario alla taratura è incluso alla base. I motivi sono diversi. Gli wagglers con porta starlight sono fondamentali in caso si peschi al crepuscolo e si abbia quindi bisogno appunto della starlight. Di giorno l'antenna può essere poi sostituita con una di colore diverso a seconda dei riflessi sull'acqua (a tal proposito portatevi sempre dietro anche un pennarello nero indelebile) e addirittura variata in diametro (vi sono antenne con adattatore da 4.5 a 3 mm). Il peso alla base, specie se il waggler è di tipo regolabile (a dischetti), rende infine la montatura più semplice e più versatile (facilmente adattabile al cambio di condizioni).
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Volendo consigliare dei modelli il Tubo intercambiabile Vincent da 4.5 è tra i miei preferiti (sopra nella foto) e racchiude tutte le caratteristiche appena descritte. Se volete affiancarlo ad un modello da acque particolarmente lente (nel tratto di foce vi sono momenti in cui la corrente è veramente debole) potete farlo acquistando anche degli Insert Dura Wag Adjustable Loading dell’azienda Preston (foto sotto). Piombatura passiva regolabile, diverse antenne in dotazione e ottimi materiali per dei galleggianti che si inseriscono senza dubbio tra i migliori in circolazione.
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La particolarità dei Preston è l’insert in carbonio che in condizioni di acque quasi ferme conferisce una sensibilità incredibile al galleggiante, consentendo di registrare perfettamente anche le mangiate in starata.
Montatura e azione di pesca
Nel'organizzare la distribuzione della piombatura vale affidarsi in questo caso, come minimo,  alla regola del 3 a 1 (piombatura passiva pari almeno a tre volte quella attiva). Pescando con un waggler da 4 grammi quindi tre o più dovrebbero trovarsi alla base del galleggiante e solo un grammo (o anche meno) viene distribuito sulla lenza. In corrente misurare il fondo a distanza è abbastanza complicato in quanto sonda e galleggiante non si troveranno mai allineati verticalmente: mentre la sonda di un certo peso scende rapidamente verso il fondale e vi si adagia, il galleggiante viene portato via dalla corrente e la linea di filo che li congiunge risulterà diagonale. Fortunatamente le specie insidiate (cefali e spigole) in questa stagione sostano prevalentemente tra la superficie e il mezzo fondo quindi conviene stimare una misura di mezz’acqua e poi regolarsi aumentando o diminuendo l’altezza fino ad intercettare quella più produttiva.
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Relativamente alla gestione del filo e del galleggiante i casi da prendere in considerazione sarebbero diversi ma possiamo provare a ridurli a due soltanto. Se non c’è vento oppure vento e corrente hanno la stessa direzione (downstream) occorre lanciare leggermente a valle e affondare il filo. Il lancio dunque non avviene di fronte a noi (A) ma puntando in direzione della corrente (B). Tanto più verso valle quanto forte è il vento. Lo scopo è quello di ridurre al massimo la pancia di filo (bow) e fare in modo che questa non preceda mai il waggler. Infatti la corrente, agendo sul filo, farebbe procedere il waggler troppo velocemente compromettendo la presentazione dell’esca. Si dovrà mantenere una linea di pesca (BC) parallela alla riva cedendo progressivamente filo. La linea è la stessa che viene seguita dalla pastura (tipicamente bigattini sfusi) e la sua lunghezza dipende dalla nostra valutazione (ipotetico percorso effettuato dalla pastura in discesa e punto dove si avverte il maggior numero di mangiate). Terminato il percorso si recupera, si pastura di nuovo (a monte e qualche metro più verso riva rispetto al punto di lancio), si rilancia, si affonda il filo (riportando il waggler sulla linea di pastura) effettuando così una pesca in “passata” lungo la scia delle larve in discesa.
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Se vento e corrente non hanno la stessa direzione è invece utile non affondare il filo. La pancia che si forma, specie in caso di vento contrario alla corrente (upstream) non avanza oltre il galleggiante, trascinandolo via. In questo caso è sufficiente alzare la canna sollevando il filo “spanciato” e correggerne la curva cercando di mantenerlo quanto più in linea con il galleggiante. Anche in questo caso si lancia sempre un po’ a valle della nostra posizione e si fa percorrere al waggler la passata prima descritta (cedendo filo quando necessario). La ferrata in questi casi va sempre effettuala lateralmente nel senso della pancia (in direzione della corrente e quindi della convessità formata dalla lenza) mai in senso contrario. Il motivo è abbastanza ovvio: una ferrata contro corrente incontra maggior resistenza introducendo un ritardo e sforzando inutilmente l’attrezzatura.
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Si tratta di una pesca molto dinamica, praticata talvolta anche stando in piedi piuttosto che seduti, così da avere maggior controllo sul filo e sul galleggiante. La montatura è semplice e alcune regole di base ci aiutano a capire come organizzarla. In primo luogo all’aumentare della corrente va aumentata la portata del galleggiante e di conseguenza la piombatura (sia passiva che attiva), inoltre tanto più è necessario affondare il filo tanto più il waggler deve essere lungo, il che consente un'immersione maggiore della lenza madre. Gli waggler regolabili consentono aggiustamenti più rapidi del rapporto tra piombatura passiva e attiva e di conseguenza opteremo per un attacco realizzato con tre stopper in gomma (uno a monte e due a valle). Se si utilizzano wagglers a piombatura fissa (es. 3+1) lo snodo deve essere bloccato in posizione con dei pallini di piombo di peso variabile a seconda di quanto è presente in lenza. Si può fare ma gli aggiustamenti sono un tantino più laboriosi. Lo schema sottostante si riferisce dunque agli wagglers regolabili.
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Ho cercato di riassumere tutto in un solo disegno (che non è in scala) anche se come sempre non ne basterebbero cento per prendere in considerazione tutte le variabili. Partiamo dall’alto. Lo snodo (attacco) per il waggler è costituito, in serie, da uno stopper in gomma a monte, una girella piccola con moschettone e due stopper in gomma a valle. Vi fa seguito una microgirella (peso quasi insignificante, circa 0.04 gr) che rende più comoda la giunzione con il basso lenza e aiuta a ridurre qualche torsione. Si può tuttavia eliminare ed utilizzare un nodo di sangue, a voi la scelta. La spallinata è realizzata su un filo di diametro inferiore rispetto alla lenza madre (scarto di circa 0.02 mm) il che aiuta a distribuire meglio l’elasticità lungo il sistema pescante. In genere con l’inglese si preferiscono spallinate più semplici rispetto alla bolognese e questo per una serie di motivi tutti molto validi. Se la corrente è abbastanza lenta si sta più leggeri e più aperti (es. 4 pallini del n.6 e uno del n.8 equidistanti). Man mano che aumenta si raggruppa un po’ e infine si passa a dei pallini leggermente più grandi. Ovviamente parliamo di correnti non esagerate. Con il waggler regolabile basta togliere una o più rondelline e sostituire il peso mancante come piombatura attiva.
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Si possono così utilizzare lenze che nella parte attiva arrivano fino ad un grammo, peso che quando è concentrato regge correnti “tranquille”. In caso di correnti importanti occorre passare a galleggianti diversi dagli straight e zavorre più generose, ma è un tipo di pesca che prevede modifiche anche alla pasturazione e che qui non prenderemo in considerazione. Alla spallinata fa seguito il terminale, di misura ancora inferiore (sempre uno scarto di 0.02, massimo 0.04 mm) la cui lunghezza è variabile in funzione di diversi parametri ma che vede nei 60 cm una via di mezzo accettabile. Quella nello schema è una montatura adatta per pescare su una colonna d’acqua come minimo di 180-200 cm e in presenza di corrente lenta o moderata.
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Con i diametri conviene stare bassi ma non troppo. Il finale in nylon specifico per terminali (meglio) o in fluorine dello 0.14 è quello che si è dimostrato in grado di garantire un certo numero di catture di buona taglia consentendo di forzare il pesce al bisogno. Con lo 0.10 si vedono più mangiate (specie di branzini) ma di forzare non se ne parla. I cefali oppongono una resistenza maggiore delle spigole di pari peso e quando di una certa misura impegnano il pescatore in combattimenti che posso rivelarsi relativamente lunghi, specie in corrente. Più lungo è il combattimento maggiore è la possibilità di recare disturbo agli altri pesci in pastura e anche questa è una valutazione da fare con attenzione. Occorre poi valutare il tipo di fondale. Se non vi sono strutture “pericolose” (sassi e quant’altro possa essere di intralcio o porre il rischio di abrasione) e le mangiate sono poche conviene giocarsi la carta del diametro capillare. Altrimenti meglio qualche mangiata in meno ma qualche pesce in più nel guadino.
Testo e foto: Franco Checchi 2017. Articolo aggiornato il 3 marzo 2020.
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elbafishingblog · 5 years
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Pellet Waggler in mare
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La pesca all'inglese in mare con il pellet. Quando, dove e perché. Tipologie di pellets, attrezzatura, montature, innesco tramite bait band e azione di pesca.
Prima di iniziare a parlare di tecnica occorre fare il punto sull’uso del pellet in mare. Il pellet non è concettualmente diverso da una pallina di pastella, un cubetto di formaggio, un fiocco di pane o un tocchetto di petto di pollo crudo. Si tratta di elementi estranei all’ambiente marino, cioè non naturalmente presenti, ma che esercitano capacità attrattiva nei confronti dei pesci in virtù del fatto che rilasciano aromi graditi e che rappresentano del cibo ricco di costituenti importanti (carboidrati, oli, proteine, ecc.). Ciascuno ha le sue proprietà organolettiche e fisiche (consistenza e tenuta all’amo) e può essere utilizzato a seconda del target, della stagione e delle condizioni meteomarine. Spesso si è sostenuto (e non manco all’appello) che il pellet rende meglio in spot prossimi ad impianti di itticoltura, per via dell’occasionale fuga di pesci abituati a cibarsene, tuttavia ciò non significa che il suo utilizzo sia limitato a questi contesti. Vedremo infatti come in spot “selvaggi”, tipicamente le scogliere naturali lontane da detti impianti, porti, foci e canali, il pellet se ben dosato e utilizzato possa risultare un arma micidiale.
Pellet duro: tipologia e trattamento
Come abbiamo già avuto modo di dire, nella pesca con il pellet occorre utilizzare pellettati di vario diametro. I diametri minori sono destinati alla pasturazione mentre quelli maggiori all’innesco.
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Pellets da allevamento duri, misure 8, 6 e 4 mm
In particolare io uso i 4 ed i 6 mm come pastura (in mix al 50%) e gli 8-9 mm come esca. Tutti vanno bagnati preventivamente e poi scolati. Si utilizzano dei contenitori dotati di tappo e si ricopre il pellet con acqua (del luogo è meglio). Dopo un tempo variabile in base al diametro (diciamo un minuto per millimetro) si scolano. A questo punto si mixano i 6 e 4 mm mentre gli 8-9 mm si tengono da parte.
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Pellets bagnati, scolati e pronti all’uso. Piccole misure per la pasturazione e quelli più grandi per l’innesco.
Perché? In primo luogo la bagnatura ammorbidisce la parte esterna del pellet così che, una volta in acqua, rilasci immediatamente microparticelle e oli altamente attiranti. Il resto lo fanno i piccoli pesci mordicchiandone la superficie parzialmente ammorbidita. I pellet di piccolo diametro attirano e distraggono i piccoli pesci, che vi creano una nuvola intorno, mentre quelli più grandi e assai resistenti all’attacco della minutaglia rimangono a disposizione per i pesci più grandi. Già così va bene. Vi sono comunque degli accorgimenti come l’aggiunta di sangue e olio di sarda e la preparazione di un fondo che possono accelerare il richiamo dei pesci, ma ne parleremo nella prossima rivista.
Quando, dove e perché
Premesso che con il pellet potete pescare sempre e ovunque (il che non è decisamente male) in mare io lo utilizzo prevalentemente in tarda primavera e in estate, da scogliera naturale. I pellet da allevamento alla farina di pesce sono molto graditi ai saraghi, alle orate, alle occhiate e alle spigole. Tutti pesci che frequentano la scogliera ai cambi di luce (meglio all’alba). In questo periodo i porti li conoscete e poi, se posso, i pesci di scogliera vivono in tutt'altro ambiente così se dovete mangiarne uno siete tranquilli.
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Particolare di scogliera naturale nella bella stagione. Nonostante la profondità si riesce a vedere il fondo. Occorre rimanere nascosti durante l’azione di pesca.
In questa stagione i bigattini sono l’esca peggiore a mio avviso, per via dell’attacco che subiscono dai pescetti, con conseguenze negative sia sulla pasturazione che sulla durata dell’innesco. Per non parlare della conservazione. Altre esche subiscono sorte analoga. In scogliera naturale, dove subito sotto scoglio vi sia una buona profondità, i pesci pascolano e cacciano quasi radenti alla riva, come fosse la banchina di un porto. L’acqua è cristallina quindi troviamo una postazione che ci consenta di stare al riparo, di non proiettare sagome e ombre (ne abbiamo parlato a lungo in un vecchio numero della rivista) e limitiamoci a pasturare a pochi metri.
Attrezzatura
Quando si parla di Pellet Waggler in realtà ci si riferisce ad una tecnica specifica utilizzata nelle fisheries. Qui utilizziamo il termine per indicare sempre una pesca all’inglese ma adattata al mare. Comunque sempre pellet e di wagglers si tratta. La canna è la classica inglese in tre pezzi di 15 piedi (circa 4.50 mt). Potete utilizzare anche una bolognese? Sì. È uguale? No. Non stiamo ora a spiegare le differenze, basti dire che l’inglese per questa pesca è più indicata in quanto più precisa e reattiva.
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Classica impostazione nella pesca all’inglese da scogliera naturale. Di solito basta un tripode telescopico per posizionare la canna correttamente.
Se non l’avete il mio consiglio è di acquistarne una. Non occorre spendere una fortuna. Lasciate perdere i mille discorsi e ricordatevi che siete in mare e non a fare gare in un canale. Io ho canne di tutte le fasce e all’Elba, dove purtroppo in questi anni pesco di rado, ho lasciato quelle più economiche. Vi dico che vanno benissimo e intorno ai 100 euro potete acquistare sia canna che mulinello. Per quest’ultimo optate per una taglia 3000-4000 da imbobinare con uno 0.18 affondante. Non occorre salire di diametro con il filo perché pescheremo a corta distanza ed utilizzeremo pesi ridotti.
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Varie tipologie di waggler.
Per i galleggianti è bene averne di diversa tipologia. Vorrei descriverli in dettaglio ma c’è da dire tante cose e lo spazio è poco. Rimandiamo il tutto alla rivista. Basti che in scogliera pescheremo su fondali abbastanza importanti e che la montatura sarà scorrevole, c’è poi da tener conto del possibile moto ondoso così avremo a disposizione wagglers non piombati o regolabili o con margine di almeno +2, di cui alcuni con forma particolare (si notino i due in basso a corpo spostabile lungo l’asse).
Montatura
Il pellet da 8-9 mm non è un bigattino. L’inglese non è la bolognese. Dunque lasciamo perdere le corone di pallini e concentriamoci sui pesci che vogliamo insidiare. Saraghi e orate mangiano in prossimità del fondo, spigole e occhiate a mezz’acqua e spesso in calata. Opteremo quindi per un terminale relativamente sottile (tra 0.12 e 0.13 mm), in nylon, privo di piombo e molto lungo (3 mt). Subito sopra, sulla lenza madre dello 0.18, avremo il bulk di taratura (dai 2 ai massimo 4 grammi in 2-4 pallini) e il galleggiante inglese scorrevole.
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Questa montatura, semplicissima, ci consentirà di pescare nei primi tre-quattro metri della colonna d’acqua sfruttando il solo peso del pellet oppure in vicinanza del fondo. È solo questione di spostare il nodo di stop superiore. In ogni caso avremo sempre tre metri di terminale libero di fluttuare e calare lentamente. Se dovessimo pescare a distanza avremmo bisogno di qualche piccolo accorgimento per ridurre possibili grovigli durante il lancio ma nel sottoriva (massimo 10 metri) basta fare un po’ di attenzione. Eliminiamo quindi trecce e piombature addizionali che avrebbero troppo impatto dal punto di vista visivo e dinamico. Tratterò comunque le lenze molto più in dettaglio nel prossimo numero della rivista. Se l'argomento vi interessa non perdetela.
Azione di pesca
L’innesco prima di tutto. Chi pesca in acque dolci ben conosce l’hair rig e i rapporti tra esca e amo. Mi permetto di dire che in mare le cose a mio avviso sono un po’ diverse. In primo luogo i pesci mordono e non aspirano, poi l’acqua è molto più chiara e le nostre prede ci vedono benissimo. Nella mia esperienza le ho provate un po’ tutte e ritengo che l’amo debba essere leggermente sottodimensionato e che le bait band (gli anellini in lattice) appuntati siano meglio di quelli della Stonfo (che hanno il doppio anello, uno per l’amo e l’altro per l’esca).
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Particolare del pellet da innesco (8 mm) e dell’amo utilizzato.
Con i pellets da 8 mm io preferisco utilizzare i Gamakatsu LS-Serie 8GP del numero 16. La bait band viene appuntata sull’amo così che questo risulti a contatto con l’esca benché rimanga pur sempre esterno alla stessa.  L’insidia è nascosta al pesce, date le dimensioni maggiori del pellet e l’innesco rimane discreto anche se il pellet viene morso dai piccoli pesci: pur riducendo il volume del pellet il rapporto tra quantità rimanente e amo si mantiene a lungo ottimale.
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Innesco del pellet tramite bait band.
Nel 90% dei casi, quando il pesce morde l’esca l’amo penetra nel labbro e questo ha diversi vantaggi. In primo luogo facilita il rilascio con una slamatura veloce e relativamente indolore, sicuramente priva di conseguenze importanti per la salute della preda. Poi non si rischia che i denti del pesce taglino il terminale o le placche/molari rompano l’amo.
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Sarago fasciato. Si noti dove generalmente va a penetrare l'amo.
Le prede più difficili in tal senso sono gli sparidi, tutti dotati di una dentatura formidabile e in grado di triturare (saraghi e orate) e tagliare (occhiate e salpe) in modo incredibile. Vale tuttavia anche per le spigole, benché il loro apparato boccale sia diverso e straordinariamente ampio.
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Spigola. Si noti ancora la collocazione dell’amo nel labbro superiore.
Per il resto, innesco a parte, l’azione di pesca si svolge in modo simile a quella con i bigattini. Giunti sullo spot si lanciano un paio di manciate di pellets (mix al 50% di 4 e 6 mm) poi si prosegue al ritmo di una decina di pellets ogni cinque minuti circa. In rivista mi soffermerò su alcune particolarità tuttavia per le spigole l’azione di pesca si svolge a poco più della metà della colonna d’acqua (es. quattro metri su un fondo di sette), per i saraghi e le orate a circa un metro dal fondo. Dipende dal tipo di fondale comunque in scogliera si fa una media piuttosto che indicare una misura precisa (per via degli alti e bassi).
Conclusioni
La pesca all’inglese con il pellet in mare è una tecnica relativamente semplice ed estremamente efficace. Richiede pochissima attrezzatura e non comporta problemi di conservazione e preparazione delle esche e della pastura. Pur essendo praticabile tutto l’anno ed in qualsiasi spot rappresenta la soluzione ideale nella stagione calda, quando l’attività dei piccoli pesci è massima e così la loro azione di disturbo.
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Una bella spigola di scogliera.
Le prede principali sono rappresentate da sparidi e spigole pur potendo avere la possibilità di interessare anche specie diverse come i cefali di taglia, benché questi ultimi preferiscano in genere esche più morbide. Per i pellets consiglio quelli duri da allevamento (Veronesi o Skretting) che molti negozi di pesca vendono sciolti a peso (intorno alle 3 euro al chilo). Altre tipologie di pellets, più costose, non danno migliori risultati.
Testo e foto: Franco Checchi
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elbafishingblog · 5 years
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L'attrezzatura da pesca essenziale
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Consigli su come organizzare sessioni di pesca brevi. Condizioni, attrezzatura, esche e pasture. Street fishing e oltre.
Alle sei di mattina ci sono molte persone che si concedono una corsa prima di andare a lavoro. Io vado a pesca. Si tratta di due attività molto diverse ma concettualmente non c’è molta differenza. Ci alziamo tutti molto presto, rubiamo un paio d’ore al riposo notturno, facciamo un’attività sportiva, poi una doccia e infine iniziamo la solita giornata. Avere il mare o il fiume a pochi passi è fondamentale, come anche una certa resistenza alla carenza di sonno, ma non bastano. Perché il sistema funzioni, contesto favorevole a parte, vale una sola regola: ottimizzare. Ottimizzare le attrezzature e di conseguenza i tempi. Per intenderci, entrare in pesca non deve richiedere più di dieci minuti, così come il chiudere tutto. A questo punto ogni finestra di un paio d’ore è valida e può essere sfruttata.
Street fishing e oltre
Lo street fishing è quello che significa, pescare all’interno di un contesto urbano indipendentemente dalla tecnica praticata. La disciplina che va per la maggiore è lo spinning ed è anche quella che più delle altre consente di ridurre l’attrezzatura da pesca veramente al minimo. Ma non facciamo l’errore di pensare che per la bolognese, il ledgering e il feeder (cito giusto quelle di cui si parla in questo blog) non vi possa essere spazio.
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Breve sessione di pesca a ledgering in città.
Fuori dal contesto urbano o ai margini di questo piccole spiagge, scogliere, porticcioli e qualsiasi riva in generale offrono innumerevoli opportunità di praticare la pesca sportiva anche se il tempo a disposizione è limitato. Basta sapersi organizzare per sfruttarlo al meglio.
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Breve sessione di pesca all’inglese in mare.
Ovviamente che si parli di street fishing o meno la distanza dall’acqua è un fattore limitante. Lo spot, qualunque esso sia, deve essere rapidamente raggiungibile altrimenti c’è poco da fare.
Esche e pasture
Dimentichiamo gli sfarinati e tutto ciò che implica volume, peso, una lunga preparazione o problemi di conservazione. Consideriamo poi che se abbiamo poco tempo dobbiamo essere in grado di richiamare i pesci velocemente altrimenti entrano in attività, forse, quando siamo già sulla via del ritorno. Nella maggior parte dei casi, sia in mare che in acqua dolce, due soluzioni valide sono pellet e bigattini.
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Pellets duri di vario diametro. È buon regola pasturare con i diametri più piccoli ed innescare pellets di qualche millimetro più grandi.
Entrambi sono utilizzabili sia come esca che come pastura e dopo un paio di uscite sapete perfettamente quanti portarne per coprire l’arco di tempo che avete a disposizione. Volume ridotto e peso del trasporto solo qualche centinaio di grammi. Ma alla scopo vanno bene anche vermi coreani (ci sono state mattine che sono uscito a bolognese con soli tre anellidi) o altre esche che non richiedano una pasturazione e che possano essere terminate nell'arco della sessione. Un piccolo consiglio sui pellets: se decidete di utilizzarli bagnateli prima di uscire così da averli già pronti una volta raggiunto il luogo di pesca.
Postazione
Come già detto tante volte le brevi sessioni (come le lunghe camminate) richiedono il trasporto di pesi non eccessivi, così la postazione si compone di un leggero sgabello pieghevole (consiglio un’altezza di seduta di 45 cm ed una portata di venti chili superiore al vostro peso) e di due tripodi in alluminio. Quanto basta per star comodi e posizionare la canna correttamente. Relativamente ai tripodi assolutamente quelli con boccola filettata per l’attacco dei rod/butt rest. Dopo averne provati tanti a mio avviso la soluzione ideale è l’utilizzo di un rod rest con intaglio scorrifilo sul tripode anteriore e di un butt rest regolabile sul tripode posteriore.
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Korum Y Rest. Semplice, resistente, adatto a qualsiasi tipologia di canna.
Il rod rest con intaglio è il più versatile. Ottimo sia che peschiate a feeder, come all'inglese o a bolognese in trattenuta. Di piccole dimensioni, una volta avvitato non crea ingombro nella sacca e potete lasciarlo tranquillamente connesso al tripode durante il trasporto. Poi è questione di gusti e potete optare anche per un rod rest diverso.
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Butt rest regolabile a vite.
Per il butt rest la mia scelta va sui regolabili. Potete adattarli ad ogni manico e basta un leggero appoggio perché l’attrito tra sughero e gomma impedisca alla canna di scivolare in avanti, consentendovi di alzarla prontamente al momento della ferrata. Nel complesso avete un sistema di appoggio abbastanza stabile (tanto sia che peschiate a feeder o all’inglese o a bolognese siete seduti a pochi centimetri e con la mano pronta ad afferrare la canna) e che una volta chiuso occupa pochissimo spazio.
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I tripodi disposti in serie consentono praticamente qualsiasi inclinazione della canna.
Il peso globale (sgabello pieghevole e tripodi) è intorno ai 3 chili. Considerate che solo un paniere leggero ne pesa almeno 5. Inoltre i tripodi possono trovare spazio nella sacca portacanne e lo sgabello chiuso può essere portato a spalla. Avete così le mani libere.
Guadino
Per il manico a voi la scelta. Telescopico o a innesti, in carbonio o composito. Oggi se ne trovano di leggeri e di buona qualità anche a prezzi accettabili e comunque non è mai una spesa inutile: chi pesca da solo sa quanta forza ci vuole a guadinare un pesce con una sola mano. La testa invece può essere di un solo tipo: pieghevole. E non pensate che questo ne pregiudichi la robustezza, perché una buona testa di guadino pieghevole rimane una buona testa di guadino. Punto.
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Testa di guadino pieghevole della Korum. Molto leggera. Una volta chiusa occupa pochissimo spazio.
Ormai da alcuni anni per me esiste solo quella della Korum. Mare, fiume e pesci di alcuni chili ne hanno testimoniato l’indiscussa qualità. Poi ce ne saranno anche altre ma non la cambio e la consiglio vivamente. Comunque deve poter entrare nella sacca portacanne occupando poco spazio.
Canna e mulinello
Non c’è molto da dire, anche perché senza non si può pescare. Ma le sessioni sono brevi quindi ne basta una. La canna deve esser già montata, altrimenti perdiamo tempo inutilmente. Le montature nella bolognese e nell’inglese vengono fatte prima, con intelligenza e aprendo alla possibilità di rapide modifiche in loco. Nel feeder si utilizza il sistema del trave: alla lenza madre (o shock leader) viene legata una girella con moschettone e poi in loco ci limiteremo a connettere il rig preparato in precedenza a casa. Io porto giusto un avvolgilenza multiplo, di quelli a incastro, dove all'esterno avvolgo le montature e all'interno i terminali di scorta.
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Avvolgilenza in EVA di tipo rotondo ad incastro.
Ricordiamoci, sempre relativamente al feeder, che i terminali si accorciano ma non si allungano. Quindi prepariamoli lunghi che poi a tagliarli e fare un’asola ci vuole un secondo.
Tutto in una sacca
Canna e mulinello, testa e manico del guadino, tripodi e, sì, anche le esche devono poter trovare spazio nel fodero portacanne. Non serve essere prestigiatori per fare la magia, basta scegliere il fodero giusto, di volume e numero di tasche adeguati allo scopo.
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Per questo utilizzo i foderi morbidi ed estensibili sono la scelta migliore.
Sembra incredibile ma con un po’ di occhio e organizzazione c’è addirittura spazio per un eventuale, piccolo, materassino da slamatura (ultima esigenza dopo l'occasionale cattura di alcune carpe nel tratto di foce). L’unica cosa che dobbiamo trasportare a parte è lo sgabello pieghevole, ma basta dotarlo di una tracolla e metterlo su una spalla.
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«Less is more». Un principio che spesso vale anche per l’attrezzatura da pesca.
Dunque, facendo di nuovo il conto, abbiamo circa tre chili tra sgabello e tripodi cui aggiungiamo un altro paio di chili di canna, guadino ed esche. Volume e peso ridotti ai minimi termini, trasportabilità eccellente e mani libere.
Minuteria, fili e altro
In questo caso è buona cosa portarsi dietro solo quello che è stato utilizzato per fare le montature, oltre che gli attrezzi utilizzati come un paio di forbici, una pinza, ecc. Slamatori indispensabili. Solitamente entra tutto nelle tasche del gilet, senza neanche troppo ingombro.
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Tutto l’essenziale può trovare spazio nelle tasche. Se non bastano concedetevi massimo un marsupio.
Se provate a farlo con impegno vi renderete conto di quante cose inutili siamo soliti portarci appresso. Ricordiamoci che si tratta di sessioni brevi e difficilmente ci sarà tempo per introdurre chissà quale variazione. Insomma o la va o la spacca.
Conoscere lo spot
Serve per capire ciò che serve. Non è un mero gioco di parole ma influisce sul fattore tempo. Dato che ci porteremo dietro solo lo stretto indispensabile occorre avere chiaramente in mente come affrontare la sessione. Le condizioni del fiume o del mare quale approccio e attrezzatura richiedono? Se saremo in grado di rispondere con esattezza tutto il tempo sarà a disposizione per l’azione di pesca, altrimenti ne spenderemo la maggior parte in aggiustamenti, talvolta addirittura inutili.
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Le condizioni meteo e marine vanno sempre analizzate con cura.
Non parlo di teorie ma di vere e proprie condizioni ambientali. Pioggia, vento, marea, moto ondoso e tutto ciò che possa influire sulla scelta del “come” e “con che cosa” è di fondamentale importanza.  Per il fiume ad esempio, i dati pluviometrici del bacino (l’accumulo di pioggia nei giorni precedenti) e quelli idrometrici (portata e livelli) aiutano a prevedere altezza, torbidità e corrente. I dati meteo classici come il vento contribuiscono a perfezionare la scelta. Se poi è anche disponibile una webcam in alta risoluzione diventa quasi un gioco da ragazzi. Acque lente, relativamente chiare e in assenza di vento fanno preferire un approccio leggero con la bolognese o a light feeder. Se invece c’è un po’ di vento si può prendere in considerazione l’inglese. La corrente che inizia a spingere con una certa forza porta a valutare un feeder più pesante e così via. Lo stesso vale per il mare, benché i parametri siano in parte diversi. Un’ultima considerazione, generale, riguarda l’esperienza. Per me vale la regola che non si cambia spot finché non lo si conosce alla perfezione. Sarebbe come leggere un libro saltando le pagine. Solo quando lo sentirete casa vostra saprete come affrontarlo in ogni condizione, anche se avete poco tempo. A quel punto si può anche pensare di guardare altrove.
Testo e foto: Franco Checchi
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nikolajaworld · 5 years
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Pesca alle Orate e Spigole all'inglese e leggering dalla scogliera
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elbafishingblog · 9 years
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Lo “snodo” nella pesca all'inglese
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Come collegare il waggler nella pesca all’inglese. Attacco fisso, parzialmente scorrevole e scorrevole. Metodi e accessori.
Nella pesca all’inglese vengono utilizzati particolari galleggianti definiti “wagglers” (da "to wag” che tradotto letteralmente significa “scodinzolare”). A differenza dei comuni galleggianti che potremmo definire “inline”, ovvero “in linea” con la lenza madre cui sono collegati, gli wagglers sono invece di tipo derivato presentando un attacco alla loro estremità inferiore. Ciò determina la caratteristica posizione “a testa in giù” che assumono quando sono fuori dall’acqua, il “dondolio” sulla lenza e, cosa più importante, l’assetto in pesca (con la lenza madre che viene a trovarsi in parte o totalmente sommersa).
Le loro caratteristiche li rendono ideali nella nella pesca ad ogni distanza sia in condizioni di calma che, particolarmente, in presenza di vento, come in acque ferme, lente o con corrente moderata. Occorre specificare che i galleggianti inglesi si distinguono sostanzialmente in “straight” (tutti dritti ossia con corpo e antenna di pari diametro) e “bodied” (con corpo o bulbo alla base); quando l’antenna di segnalazione ha un diametro più sottile si parla di “insert”. Non sono tipicamente galleggianti inglesi invece alcuni ovetti derivati (bottom only) il cui utilizzo è tipico nelle condizioni di mare formato, sebbene presentino alla loro base un ”attacco di tipo inglese”.
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L’attacco è nella quasi totalità dei casi rappresentato da un anello in tutto simile a quello di una girella ed in grado di per sé di eliminare le inevitabili torsioni. Alcuni pescatori sono soliti collegare direttamente il galleggiante facendo scorrere la lenza all’interno di questo anello ma ciò limita la possibilità di sostituire prontamente il waggler qualora le mutate condizioni lo rendano necessario. Infatti, in assenza di un collegamento più versatile, saremmo costretti a tagliare la lenza e rifare parzialmente la montatura. 
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Per ovviare a questo inconveniente vi sono diverse soluzioni ma il sistema più pratico e diffuso è rappresentato essenzialmente da una girella con moschettone interposta tra due fermi che ne impediscono (attacco fisso) o ne limitano (attacco scorrevole) il movimento lungo la lenza. Questo “snodo” consente dunque una rotazione del galleggiante derivato intorno all’asse della lenza ed il suo eventuale scorrimento in senso longitudinale. Per sostituire il waggler, quando le condizioni meteo-marine e le situazioni di pesca in generale lo richiedano, sarà sufficiente scollegarlo dal moschettone. 
L’attacco fisso
Quando ci si trovi a pescare a profondità inferiori alla lunghezza della canna (consigliamo almeno un metro in meno) la soluzione migliore è predisporre un attacco fisso. Il galleggiante viene cioè bloccato dai due sistemi di stop ad una determinata altezza (che può comunque variare nel corso della pescata specie in funzione della marea). Benché vi siano diverse modalità di realizzare un simile attacco, quella che proponiamo è probabilmente da preferire in quanto la meno stressante per la lenza madre. Si tratta di una piccola girella con moschettone fiancheggiata da tre float stopper in gomma (che per farvi capire meglio ho scelto di diverso colore).
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Quello in alto (verde) setta la profondità di pesca e quelli in basso (rossi) impediscono al galleggiante di scorrere in direzione dell’amo. Il perché in basso ne vengano applicati due è motivato dal fatto che in questo punto il sistema di stop è più sollecitato durante il lancio. Sempre per lo stesso motivo sono da preferire gli stopper di tipo cilindrico rispetto a quelli sferico-ovali. In casi particolari (specie quando il peso del galleggiante è notevole) gli stopper in gomma possono essere sostituiti o resi ancor più stabili in posizione con l’aggiunta di nodi di fermo in cotone.
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Il vantaggio del nodo in cotone è che può essere serrato sulla lenza madre adattandosi virtualmente a qualsiasi suo diametro ed opponendo una notevole resistenza allo spostamento. Gli svantaggi sono proprio la “strozzatura” che determina sulla lenza (tende ad indebolirla se di piccolo diametro) e la presenza dei baffetti che, in certi casi, posso rappresentare fastidiosi punti di appiglio. Sentitevi comunque liberi di provare l’una, l’altra o una combinazione delle due soluzioni. I galleggianti inglesi non piombati (unloaded) richiedono sempre l’applicazione di una zavorra alla base. In questo caso il sistema di stop è rappresentato da pallini di piombo. Lo stesso vale anche per alcuni galleggianti parzialmente piombati (loaded) quando in lenza il peso deve essere inferiore a quello necessario per la taratura completa.
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Anche in questo caso, come in quello degli stopper in gomma, vale il principio di un blocco più stabile a valle che a monte per cui applicheremo più pallini in basso che in alto.
L’attacco parzialmente scorrevole (invito)
L’invito è un sollevamento dell’esca effettuato recuperando qualche decina di cm di lenza madre con il vettino della canna immerso sotto la superficie dell’acqua. Si effettua in condizioni di acque ferme per interrompere la staticità della presentazione dell’esca. Esso prevede che il galleggiante sia libero di scorrere per 30-50 cm sulla lenza madre. In questo caso la girella con moschettone (in figura un modello dotato di perlina) è interposta tra uno stopperino in gomma (in alto) ed un bulk di pallini (in basso). Bulk e stopper distano i suddetti 30-50 cm di lenza.
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Anche in questo caso vi possono essere delle varianti ma per praticità ci limitiamo a descrivere la montatura più semplice. Si preferisce lo stopper in gomma al nodo di fermo in cotone (pur utilizzabile) in quanto struttura cilindrica priva di punti di appiglio e quindi meno incline a favorire grovigli quando collocato in posizione relativamente vicina al resto della montatura.
L’attacco scorrevole
Identico al precedente con la sola differenza che al posto dello stopper in gomma si inserisce un nodo di stop in cotone per legature.
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Il perché si intuisce facilmente. Mentre nell’attacco parzialmente scorrevole lo stopper in gomma non entrerà mai in contatto con gli anelli della canna, nella pesca a profondità pari o maggiori della lunghezza della canna il sistema di stop necessariamente dovrà passare tra gli anelli e in alcuni casi potrà anche finire per ritrovarsi in bobina. L’unico stopper che non condiziona il lancio e non si sposta (se ben serrato) è il nodo in cotone.
Galleggianti particolari
Finora abbiamo visto tutti galleggianti che presentano l’anello alla base. Alcuni wagglers hanno tuttavia solo un piccolo foro e per un collegamento ottimale alla lenza madre necessitano di un adattatore.
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Questo adattatore, la cui funzione principale è quella di rendere più pratica la sostituzione del galleggiante, è costituito essenzialmente da un tubicino in gomma/silicone in cui è alloggiata una girellina. Potete acquistarlo (ottimi quelli della Drennan) come realizzarlo facilmente in casa a partire dai comuni tubicini in silicone che si utilizzano per fermare i galleggianti classici. Una volta che è stato applicato al waggler il collegamento avviene con le modalità che abbiamo visto prima.
Accessori vari
Nel settore della pesca all’inglese troverete attacchi e accessori diversi. A voi la scelta se utilizzarli o meno. Gli unici che a mio avviso risultano di una certa utilità sono le girelle già dotate di perlina. Quando infatti il sistema di stop è rappresentato da un nodo (come nel caso delle montature scorrevoli) almeno una perlina è sempre necessaria e se già inclusa nella girella con moschettone semplifica il setup della lenza.
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Ovviamente potete farne a meno ed utilizzare una comune perlina da merceria che applicherete singola e in alto (sopra la girella) nel caso di montature scorrevoli o doppia (una in alto ed una in basso) nel caso di montature fisse in cui il sistema di stop è realizzato con due nodi (al posto degli stopper in gomma o dei pallini). Credo che per quanto riguarda il collegamento del waggler abbiamo visto tutte le possibilità, il resto a mio avviso è opzionale.
Testo e foto: Franco Checchi 2015. Articolo aggiornato il 5 marzo 2020.
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