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C’era una volta a Hollywood
Diamo inizio al countdown: tra meno di un anno uscirà al cinema il nuovo, attesissimo film di Quentin Tarantino, Once upon a time in Hollywood. Non è mai troppo presto per prepararsi al film evento dell'anno, quindi diamoci da fare!
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QUENTIN TARANTINO C'è bisogno di presentazioni? I suoi film hanno fatto scuola e ispirato nuove generazioni di cineasti. Stando ai fortunati che hanno letto in anteprima la sceneggiatura, Once upon a time… ricorda molto Pulp Fiction (1994) per la coralità e per l'intreccio temporale à la Tarantino, anche detto “da mal di testa”. Facciamo un ripasso?
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HOLLYWOOD BABILONIA Veniamo alla trama: Leonardo di Caprio e Brad Pitt saranno un attore televisivo in difficoltà (il primo) ed il suo stunt-man (il secondo), alla ricerca dell'occasione giusta per sfondare ad Hollywood. E proprio Hollywood sarà l'altra grande protagonista del film: siamo nel 1969, anno che fa da spartiacque tra la lunga summer of love degli hippie di San Francisco, e l'ondata di violenza che hanno innescato Charles Manson e la sua Famiglia, aprendo gli occhi del mondo su quella terra di nessuno che era la California dell'epoca. Prima che la Famiglia irrompesse con coltelli e baionette, a Hollywood ci si divertiva: droghe e perversioni sessuali non erano un tabù, nelle grandi magioni sulle colline succedeva di tutto e, cosa ancora più sorprendente, le porte erano aperte a tutti! Bastava conoscere l'indirizzo giusto e chiunque, anche gli sporchi seguaci di Manson potevano partecipare a festini con i più grandi attori e musicisti del tempo. Nel film non mancheranno quindi tanti volti noti: Bruce Lee, Steve McQueen e star tv da noi poco famose. Per saperne di più della dissolutezza dello star system di quei tempi, non perdetevi Hollywood Babilonia II, la Bibbia del gossip hollywoodiano del tempo, soprattutto quello più scandaloso e macabro.
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LA DIVA Tra i protagonisti di Once upon a time… troviamo anche Margot Robbie nei panni della splendida e sfortunata Sharon Tate. Per chi non la conoscesse, la Tate è stata uno degli astri nascenti del cinema americano, diventata famosa grazie a La Valle delle Bambole (tratto dall'omonimo best seller) e Per favore, non mordermi sul collo! (1967), brillante horror comedy diretta da Roman Polansky. Proprio sul set di questo film scoppia la scintilla tra la bionda Sharon ed il geniale regista, una coppia insolita ed anticonvenzionale che però si consolida fino a sposarsi quell'anno stesso. Non solo attrice, la Tate era un modello di bellezza e carattere, regina delle riviste di moda ancor più quando resta incinta del marito. E' proprio questo dettaglio a rendere il crimine della Famiglia di Manson ancora più insopportabile: quando è stata assassinata, per motivi tuttora sconosciuti e forse inesistenti, la Tate era al nono mese di gravidanza.
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L'INTELLETTUALE All'epoca Polansky era famoso per due motivi: per essere il regista del famoso Rosemary's Baby (1968), e per essere il marito di Sharon Tate. Il fatto che il regista polacco avesse affrontato tematiche legate all'occultismo e al satanismo proprio nel suo film più celebre, e il macabro omicidio che lo coinvolse in prima persona, diede adito a strane teorie, sostenute dalla stampa sensazionalistica, che volevano lui e sua moglie implicati in misteriosi riti e legami sconvenienti. In realtà Polansky restò segnato dal terribile omicidio e si prodigò per investigare in prima persona alla ricerca dei colpevoli, seguendo perfino delle piste che lo portarono a Cuba e alle pratiche della santeria.
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IL CRIMINALE Se Charles Manson sarà interpretato da un attore televisivo semi sconosciuto, la sua Famiglia avrà invece i volti noti di Lena Dunham, Dakota Fanning e Austin Butler. Per conoscere fin nei dettagli più cruenti la loro storia, è imprescindibile la lettura de La Famiglia di Ed Sanders (2018). Siamo certi che Tarantino avrà letto e riletto questo tomo che ripercorre la genesi, la gloria e il disfacimento della setta di Manson, i suoi legami con le bande di motociclisti satanisti e con lo star system, la minaccia dell'Helter Skelter, ovvero la fine del mondo, le fughe per i canyon e la follia che sembrava aleggiare ovunque in quel momento storico. Suggeriamo anche la visione di The Manson Family (2003), nonché delle molte registrazioni televisive di interviste e processi, facilmente reperibili su Youtube.
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Di carne al fuoco ce n’è tanta e Tarantino non potrà mai deluderci. E ora, chi riesce ad aspettare altri 10 mesi?!
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Bigini per l’estate
Mentre l'estate scorre serena, tra weekendini e ferie lunghe, c'è qualcuno che non perde di vista il calendario e inizia a sudare freddo contando i giorni che passano senza pietà: gli studenti. Infatti in questo periodo si inizia a fare i conti con quanto è stato fatto (poco o nulla) e quanto è stato scritto sul diario due mesi fa, sotto la voce "Compiti delle vacanze". Ed ecco che orde di studenti puntualmente si riversano in biblioteca a chiedere in prestito classici della letteratura - sì ma, non i libri: "il film, se esiste..."
Non si dovrebbe barare mai, ma noi bibliotecari siamo tenuti ad aiutare proprio tutti, anche chi cerca di fare il furbetto!
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MOBY DICK di Herman Melville Come non impietosirsi davanti agli occhi imploranti di uno studente disperato, ben sapendo che l'opera di Melville nella sua interezza è oggettivamente una noia mortale? Si aprono due strade: suggerire il datato, ma sempre valido, Moby Dick (1956) di John Huston, con Gregory Peck nei panni del Capitano Achab, oppure tentare la fortuna con l'avvincente Heart of the Sea: le origini di Moby Dick (2016) che, come spiega il titolo, non ricalca l'opera originale ma racconta la vicenda realmente accaduta che ha ispirato Melville. Che si scelga l'uno o l'altro, il rischio di addormentarsi, a differenza del romanzo, è comunque scongiurato.
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"Qualcosa di Agatha Christie" Spesso ci arriva questa richiesta, come se un romanzo valesse l'altro. Per fortuna, la produzione letteraria di Agatha Christie è stata ampiamente saccheggiata dal cinema e dalla televisione. L'ultimo adattamento in ordine cronologico è Assassinio sull'Orient Express (2018) per la regia di Kenneth Branagh, non ancora disponibile su SBM se non per la visione in sede. Nonostante un cast di famosissimi, non ha riscosso grandi critiche, vi suggeriamo quindi di ripiegare sul meraviglioso Assassinio sull'Orient Express (1974) di Sidney Lumet, con un cast altrettanto strepitoso e di una classe irripetibile. Menzioniamo anche Dieci piccoli indiani (1945) di René Clair, molto agée ma talmente brillante che conquisterà anche i più svogliati.
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ON THE ROAD di Jack Kerouac Studenti fortunelli! Walter Salles deve aver pensato anche a loro quando ha girato il suo On the road (2013) con i bellocci e teen friendly Kristen Stewart (la musona di Twilight) e Garrett Hedlund (il biondo di Tron: legacy). Il film non ha ricevuto grandi consensi ma assolve discretamente la sua funzione di bigino.
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I TRE MOSCHETTIERI di Alexandre Dumas Qui c'è l'imbarazzo della scelta. Noi millenials siamo cresciuti con I tre moschettieri (1993) famoso per la colonna sonora di Bryan Adams, film godibile anche se si prende qualche libertà di troppo rispetto al romanzo, e con il cartone animato giapponese D'Artagnan e i moschettieri del re, che però, ahem, non ci sentiamo di suggerire. Gli studenti di oggi sicuramente preferiranno l'ultimo I tre moschettieri (2011), rivisitazione super pop e d'azione ad opera di Paul W. S. Anderson (quello dei vari Resident Evil), di cui forse passerà alla storia solo il ciuffo rockabilly di Orlando Bloom.
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JANE EYRE di Charlotte Brontë L'immortale e sofferta storia d'amore è stata adattata per il piccolo schermo e per il cinema infinite volte. Esiste addirittura un film con Orson Welles (giovane e ancora magro) nei panni di Rochester! Ad oggi, l'adattamento più riuscito ed amato resta il Jane Eyre (1996) di Franco Zeffirelli, con una Charlotte Gainsbourg in stato di grazia. Segnaliamo anche un Jane Eyre (2011) più recente, di Cary Fukunaga, più cupo e noiosetto, ma interpretato da un bravissimo (e bellissimo) Michael Fassbender.
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Altri classici sempre richiesti, di cui esistono film più o meno datati, sono Il buio oltre la siepe (1962), Oliver Twist (2006), Il Conte di Montecristo (1998),  Il giardino segreto (1993), Il signore delle mosche (1990), La guerra dei bottoni (2015) e la new entry Iqbal, bambini senza paura (2016).
Buona visione, e ricordatevi che il libero adattamento è sempre dietro l’angolo!
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To Italy with love
In principio fu Vacanze romane. Poi Obsession  di Brian De Palma. E ancora, Io ballo da sola. Da sempre Hollywood corteggia il Belpaese, e lo fa con sdolcinate rom-coms (Mangia, prega, ama, Sotto il sole della Toscana, Only you: amore a prima vista), o con adrenalinici inseguimenti sui sampietrini, come quelli di James Bond in Quantum of solace, della banda di The Italian job o dei bellocci protagonisti di Operazione U.N.C.L.E.. Un’Italia talvolta anche in giallo ed in nero, come quella di Hannibal  e di Angeli e demoni (degno di nota il pirotecnico, e anche molto sexy, Camerlengo in versione action hero), ed addirittura terra di supereroi – segnaliamo le sequenze girate al Forte di Bard in Avengers - Age of Ultron (2015) e le spiagge del Cilento e della costiera amalfitana patria delle Amazzoni nell’acclamato Wonder Woman (2017).
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A questa Italia cinematografica da cartolina, ferma nel tempo, decadente e caciarona, si è contrapposto in questi anni sul grande schermo un Belpaese più raffinato, e per questo dobbiamo ringraziare Luca Guadagnino e la sua trilogia del desiderio.
Io sono l'Amore (2009) è il ritratto di una famiglia dell'alta borghesia milanese, ed in particolare del tormento interiore che anima l'algida madre di famiglia (Tilda Swinton). A fare da sfondo alla vicenda, l'imponente dimora di famiglia, Villa Necchi Campiglio, Milano e gli splendidi scorci della campagna ligure.
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Con A bigger splash (2015) Guadagnino ci porta sull'isola di Pantelleria per proporci un remake de La Piscina (1969). Ritroviamo nuovamente Tilda Swinton, questa volta nei panni di una rockstar in ritiro forzato nella sua villa da sogno accompagnata dal suo tenebroso e bellissimo compagno, il suo ex produttore e compagno di vita (uno strepitoso Ralph Fiennes) e la maliziosa figlia di quest'ultimo. Il confronto con il film originale è infelice, un cast come quello originale è irripetibile e così anche le sue atmosfere, ma vale la pena vederlo per farsi una propria opinione in merito.
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L'ultimo capitolo della trilogia è l'ormai arcinoto Chiamami col tuo nome (2017). Adattamento cinematografico dell'omonimo romanzo di André Aciman, è già un cult della generazione Z. Sceneggiatura d'autore (di James Ivory, premiata con un Oscar), fotografia elegante e soprattutto un cast fenomenale (su tutti svettano la giovane scoperta Thimotée Chalamet e Michael Stuhlbarg) fanno di questo un film che entra nel cuore. Ringraziamo Guadagnino per aver celebrato una parte di Italia spesso additata come noiosa terra di nebbia e zanzare, ovvero la Bassa Padana. Crema, Moscazzano, Pandino sono il locus amoenus dei giovani favolosi Elio e Oliver, e chissà adesso quanti giovani di tutto il mondo sogneranno di scorrazzare anche loro in bicicletta lungo le nostre soleggiate stradine di campagna!
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Ora non ci resta che attendere l'uscita di Suspiria, remake del capolavoro di Dario Argento sempre per mano del buon Guadagnino. Questa volta la troupe si è spostata in quel di Varese, e noi potremo non solo godere nuovamente del talento di questo regista, ma anche riscoprire una Italia bellissima e lontana dai flash dei turisti.
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Quali sono i migliori anime di tutti i tempi?
Difficile dirlo e probabilmente i più grandi appassionati avrebbero da ridire su qualunque scelta venisse fatta. Ma per chi non conosce molto il genere può essere utile sapere da cosa iniziare e poi, perché no, farsi una cultura e stilare la propria lista personale. E allora vediamo insieme qualche titolo cult:
Cominciamo con Ghost in the Shell (1995) di Mamoru Oshii. Tratto dall’omonimo manga di Masamune Shirow, ambientato in un Giappone futuristico (Port City 2029). La Sezione 9 della polizia indaga sui crimini informatici. Tra le sue fila spicca la figura del Maggiore Motoko Kusanagi, donna cyborg con corpo e cervello completamente cibernetici, che si confronterà con un’intelligenza artificiale (“Signore dei Pupazzi”) in grado di mettere in discussione la sua intera esistenza. 
Nel 2017 ne è stato fatto un remake cinematografico con Scarlett Johansson nel ruolo del maggiore, che pare però non aver riscosso molti consensi tra gli appassionati del manga e dell’anime originale.
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Agli amanti di questo genere cyberpunk consigliamo anche: Appleseed e  Appleseed Alpha di Shinji Aramaki sempre tratti da un manga di Masamune Shirow e Metropolis (2001) di Rintarō, sull’omonimo manga di Osamu Tezuka (1949), a sua volta liberamente ispirato al film di Fritz Lang (1927). Metropolis è una città su più livelli, dove i cittadini incolpano i robot di tutto quello che va male. Il film è molto esplicito, persino crudo, nel mostrare il rapporto tra uomini e macchine, ma soprattutto tra uomini e uomini, ancora più problematico e spietato. 
Per i più sognatori e amanti di un genere più fantasy, quasi fiabesco, suggeriamo invece Wolf Children  (2012) di Mamoru Hosoda, un film in grado di commuovere chiunque per la tenerezza e la poesia con cui racconta una storia di puro amore, quello di Hana, che alleva tra mille difficoltà i suoi due bambini-lupo, Yuki (neve) data alla luce in un giorno nevoso e il minore Ame (pioggia) nato invece in una giornata uggiosa, trasferirsi in un piccolo villaggio rurale per proteggere il segreto del suo nucleo famigliare.
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O ancora La storia della principessa splendente (2013) di Isao Takahata è un vero capolavoro da maestro. Un film di estrema poesia, quasi un dipinto in cui nulla è lasciato al caso e che tiene attaccati allo schermo col groppo alla gola fino alla fine. Un anime che avrebbe meritato decisamente di vincere l’Oscar ma perse, nel 2015, contro Big Hero 6. La trama è ispirata a uno dei più popolari racconti giapponesi (Taketori monogatari, Il racconto di un tagliabambù), narra le vicende di Kaguya, minuscola creatura arrivata dalla Luna e trovata in una canna di bambù da un vecchio tagliatore. Accolta come una figlia dall’anziana coppia la bambina cresce velocemente fino a trasformarsi in una meravigliosa donna piena di pretendenti, ma nessuno è in grado di portarle ciò che davvero desidera, neppure l’imperatore…
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A questo punto se ancora vi rimane qualche lacrima da versare potete tentare la visione del meraviglioso Una tomba per le lucciole.
In questo filone ovviamente possiamo inserire anche tutti i capolavori di Hayao Miyazaki, ma è talmente conosciuto che mi è sembrato quasi superfluo consigliarlo. Chi non li conoscesse però deve assolutamente recuperare! La visione de La città incantata per me rimane imprescindibile!
Dulcis in fundo, cambiamo genere e passiamo a qualcosa di più psicologico: Perfect Blue (1997) di Satoshi Kon, è un thriller psicologico molto legato alla percezione del corpo e dell’identità femminile, con uno sguardo sulla società usa e getta. La storia riguarda Mima, ex cantante che si reinventa attrice, ma che viene stalkerizzata da un suo fan e ripudiata da altri fino a farle mettere in discussione sé stessa e sviluppare una seconda personalità in cerca di vendetta. Una storia che a tratti ricorda il Cigno nero di Darren Aronofsky che nel suo Requiem for a Dream aveva già fatto delle citazioni dell’anime giapponese. Su questa somiglianza uno youtuber spagnolo ha anche fatto un video:
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Vi auguriamo una buona visione e aspettiamo la vostra classifica.
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My bloody valentine
Nel cinema, come nella vita, l'amore ha tante facce. Ci sono quelle sorridenti delle coppie felici (che pare si somiglino tutte), quelle imbronciate degli amori nati sfortunati, quelle accese degli amanti...E poi ci sono gli sguardi folli, e irresistibili, di quelle coppie innamoratissime ma con una certa, ahem, tendenza al crimine.
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In origine furono loro: Bonnie e Clyde.  Gangster Story (1967) narra le vere gesta dei due spietati rapinatori di banche che hanno seminato il panico (e tanto sangue) sulle strade degli Stati Uniti negli anni '30. Il film di Arthur Penn è invecchiato benissimo: è coraggioso, sfrontato, estremamente violento per i suoi tempi, e quindi profondamente moderno e di rottura. Oltre al successo immediato ottenuto alla sua uscita (sia al botteghino che di critica, vantando ben 10 candidature agli Oscar), il film è entrato nella storia del cinema e del costume, non solo per aver rappresentato (e forse in parte anche ispirato) la controcultura del '68 (e scusate se è poco), o per aver sdoganato gli stilemi della Nouvelle Vague e aver aperto la pista alla Nuova Hollywood (e scusate se è poco, di nuovo), ma anche per aver reso immortali la bellezza e lo stile ancora oggi cool dei suoi protagonisti, Warren Beatty e Faye Dunaway. Un vero e proprio tesoro nazionale, custodito al National Film Registry della Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti.
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Facciamo adesso un salto fino agli anni '90, e troviamo lui: Quentin Tarantino, e le sue creature fantastiche.
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Assassini Nati (1994) è un film di Oliver Stone, ma i suoi folli protagonisti sono frutto della fantasia di Tarantino (anche se, della sua sceneggiatura originale, nel film è rimasta ben poca traccia – e questo non è andato giù a QT, che ha risolto la questione con una scazzottata, tanto per restare in tema). Juliette Lewis e Woody Harrelson interpretano Mickey e Mallory Knox, una coppia di delinquenti disadattati, figli del degrado famigliare, che si fanno strada via dalla loro vita e dalla società lasciando dietro di sé una lunga striscia di sangue. I coniugi Knox sono però belli, giovani e (innamorati) pazzi, delle vere rockstar che verranno idolatrate dai teenager sia nella finzione del film, che nella realtà della generazione grunge. Questa pellicola, che sembra quasi un lunghissimo videoclip, incorpora tutti gli stereotipi del cinema degli anni '90: inquadrature inclinate, colori psichedelici, intermezzi con cartoni animati, cinismo e tantissima musica. Un film in tutto e per tutto esagerato.
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Un anno prima del ben più famoso Natural Born Killers, nelle sale esce un'altra perla del filone road movie + gangster movie: Una vita al massimo (1993). La regia è di Tony Scott ma la sceneggiatura, indovinate un po', è sempre di Tarantino. Questa volta i due piccioncini sono Alabama, una bionda prostituta dal cuore d'oro, e Clarence, che lavora in un negozio di fumetti. A differenza dei Knox, Alabama e Clarence sono due buoni, non farebbero male a una mosca, se non fosse per colpa degli eventi che li travolgono, e di quel fantasma di Elvis Presley che tormenta Clarence con i suoi discorsi di vendetta...Un cast eccezionale (Christian Slater e Patricia Arquette i protagonisti, e poi Gary Oldman, Christopher Walken, James Gandolfini, Brad Pitt, Samuel L. Jackson, Dennis Hopper, Val Kilmer...Bastano?), per un film imperdibile.
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Arriviamo al 2016, in tutti i cinema esce in pompa magna l'ennesimo dimenticabile blockbuster che parla di eroi dei fumetti e lotte epiche contro il male: il coloratissimo e confusionario Suicide Squad. Questa volta, però, c'è qualcosa di diverso: la coppia criminale più cool del momento, Joker e Harley Quinn. La loro è una sottotrama relegata a poche splendide sequenze, ma i due personaggi, grazie all'interpretazione ipnotica di Margot Robbie e Jared Leto, sono diventati leggenda. Fortunatamente è in cantiere un film spin-off dedicato alla coppia, e noi scalpitiamo perché siamo sicuri che ne verrà fuori qualcosa di strepitoso.
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Per tutti i fan delle coppie disfunzionali, e di Margot Robbie, segnaliamo il brillante I, Tonya, nelle sale italiane dal 22 marzo 2018. Bio-pic unica nel suo genere, il film ci fa conoscere Tonya Harding, pattinatrice di livello internazionale passata alla storia non per il suo triplo axel, ma per il crimine di sport e di sangue commesso nel 1994 con il suo violento compagno di vita. Il risultato è un film accattivante, graffiante, spassoso nella sua drammaticità, e con una Allison Janney fresca di Oscar per l’interpretazione della perfida madre di Tonya.
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Quello che distingue tutti questi innamorati pazzi è la violenza sì, ma nei confronti di un mondo che non ha saputo accoglierli e comprenderli, una violenza nata da un bisogno primordiale di sopravvivenza e di rivalsa, una violenza che, nella coppia, non sfocia mai nei confronti dell'uno verso l'altro (spoiler alert - Tonya, purtroppo, non rientra nella categoria). Perché alla fine, anche per i fuorilegge, l'amore vince su tutto.
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Ti conosco, mascherina!
Il mondo del rock è eccesso, provocazione, shock e, spesso, travestimento. Bando al minimalismo e all'introspezione, oggi PlaySBM si tuffa nel mondo delle maschere!
Partiamo dal Peter Gabriel della era Genesis: istrionico, eccessivo, geniale. Il giovane Peter conquista la scena bardato in costumi tanto assurdi e complicati, quanto lo sono stilisticamente i brani della band. Dal vivo, ogni canzone viene introdotta da un monologo ed un costume bizzarri e creati ad hoc. Qui lo vediamo nel suo primo costume in assoluto, the fox in the red dress, l'anno è il 1972, il disco è Nursery Cryme e l'abito rosso è quello della moglie di Gabriel!
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Restiamo in Inghilterra, ed è subito David Bowie. L'intera carriera del Duca Bianco si è basata sulle sue continue evoluzioni, sia musicali che di immagine. Se dovessimo scegliere un suo personaggio da ricordare, la scelta ricadrebbe sull'iconico Pierrot di Ashes to Ashes, tratto dall'album Scary monsters (and super creeps).
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Nel nostro piccolo, abbiamo avuto anche noi negli anni '70 una rockstar che ha scioccato milioni di italiani benpensanti con melodie catchy, testi irriverenti e costumi scandalosi: mister Renato Zero! Un vero alieno, per quei tempi, venuto da noi per fare la storia della cultura pop ed introdurre nella cultura di massa temi sociali ed argomenti ancora considerati tabù.
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Ma veniamo al rock, quello pesante.
Se in principio erano i Kiss, con i loro divertenti make up ed alter ego, nel corso degli anni molte band hanno virato verso maschere più horror, arrivando al culmine negli anni '90. In quegli anni la scena musicale underground pullula di travestimenti che sembrano usciti dai vostri peggiori incubi. Citiamo gli Slipknot, heavy metal dall'Iowa, che indossano maschere truculente per liberare la loro bestia interiore sul palco, e gli Insane Clown Posse, duo hip hop statunitense truccato come dei clown psicopatici per richiamare il concetto di Dark Carnival coniato dalla band, una sorta di folle luna park che funge da purgatorio delle anime. Wow. Dal nord Europa arrivano invece gli incredibili Lordi, con costumi mostruosi talmente intricati e dettagliati da richiedere più di un'ora di vestizione prima di ogni concerto. Dura, la vita delle rockstar!
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Ma sembra quasi che più i costumi diventano spaventosi, più si svuotino di significato, portando con sé una shock value che si esaurisce nel giro di breve. Come si suol dire, il gioco è bello quando dura poco.
Se usciamo dal sottobosco, troviamo anche nelle chart internazionali nuovi eroi mascherati – su tutti, i francesi Daft Punk, dal 1993 nascosti nei loro caschi futuristici, una scelta su cui ci hanno ricamato molto su ma che è fondata sulla necessità di difendere la propria privacy. 
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Una motivazione simile giustifica la scelta della popstar Sia di esibirsi con il volto coperto da enormi parrucche: nascondere se stessa in un'epoca durante la quale siamo tutti sovraesposti grazie a/per colpa dei social media, e reintrodurre l'elemento di mistero nel mondo della musica.
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Nelle classifiche italiane si sono invece fatti strada, piano piano nel corso di venti anni, i Tre Allegri Ragazzi Morti, indie rock da Pordenone, capitanati dal fumettista Davide Toffolo. Un vero e proprio progetto artistico, iniziato nel 1994, che ha generato non solo una importante produzione musicale, ma anche una serie a fumetti intitolata Cinque Allegri Ragazzi Morti, e un musical, andato in scena nel 2014.
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E ora non ci resta che svestirci dei nostri panni quotidiani, ed unirci al divertimento! Buon carnevale!
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Ta-ta-ta-taa-taa
Ebbene sì, è uscito un altro episodio di  Guerre Stellari: Star Wars: Episodio VIII - Gli ultimi Jedi, ottava pellicola della saga e il secondo della cosiddetta Trilogia sequel, scritto e diretto da Rian Johnson. Il pubblico si è ovviamente diviso, tra l’entusiasmo dei critici e degli spettatori occasionali e la delusione di quegli appassionati che, probabilmente, hanno una spada laser in camera. Ma non vogliamo entrare nel merito di dibattiti così agguerriti. Quello che è certo, e su cui penso siamo tutti d'accordo, è che:
la colonna sonora di Star Wars è sempre pazzesca!
Evviva John Williams, che anche per questo episodio si è occupato dell'intera soundtrack con le sue note riconoscibilissime e con l'immancabile sigla iniziale. Chi ogni tanto non si ritrova a canticchiare quel celebre motivetto “Ta-ta-ta-taa-taa. Ta-ta-ta-taa-taa. Ta-ta-ta-taa-taa. Ta-ta–ta-taaa”? Eccolo interpretato a cappella dai protagonisti del film:
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Ma ragazzi, ammettiamolo, stiamo parlando di un maestro della colonna sonora, di un vero e proprio genio, con un palmares da togliersi il cappello: cinque Oscar (Il violinista sul tetto, 1971, Lo squalo, 1975, Star Wars, 1977, E.T. 1982, Schindler’s List, 1993), quarantanove nominations (è il secondo dopo Walt Disney), quattro Golden Globe (Lo squalo, 1975, Star Wars, 1977, E.T., 1982, Memorie di una Geisha, 2005), due Emmy (Heidi di Delbert Mann, 1968 e Jane Eyre nel castello dei Rochester, 1971), diciotto Grammy, tre saghe (Star Wars, Indiana Jones, Harry Potter), quattro Olimpiadi, tanta televisione e naturalmente concerti e brani sinfonici.
Nella nostra Top 5 mettiamo sicuramente:
1. Lo Squalo (diretto da Steven Spielberg 1975): ancora oggi quelle tube non possono che far tremare  e temere l’arrivo di un pericolo, terrificante e implacabile. Un impatto pazzesco, pari forse (a mio parere) solo alla musica di Psycho. 
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2. E.T. L'extraterrestre (diretto da Steven Spielberg 1982): un vero trionfo dell'orchestra classica, usata magistralmente da Williams per raccontare le avventure dell'alieno e i suoi piccoli amici.
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3. Indiana Jones e i predatori dell'arca perduta (diretto da Steven Spielberg, 1981) qui a note più classiche, il nostro, alterna anche del gran ritmo, per sottolineare al meglio il carattere avventuriero dell'archeologo più famoso di tutti gli anni ’80 (e forse oltre).
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Ma questo titolo lo abbiamo inserito anche per ricordarvi che l'amicizia tra John Williams, Steven Spielberg e George Lucas è stata tra le più produttive a livello cinematografico e ha dato origine a due delle saghe più famose di tutti i tempi:  Guerre stellari e Indiana Jones, appunto.
4. Memorie di una geisha (diretto da Rob Marshall, 2005), si dice che John Williams abbia voluto fortemente occuparsi di questo progetto e che per realizzarlo abbia studiato le sonorità degli strumenti tradizionali giapponesi con attenzione. Il risultato è un rispetto della tradizione giapponese affiancato da splendidi violini e violoncelli  suonati da Yo-Yo Ma e Itzhak Perlman.
5. Il primo posto nel mio cuore lo avrà sempre l'epica e inquietante Marcia Imperiale che annuncia l'ingresso in scena di Darth Vader:
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Su queste note vi salutiamo e vi invitiamo a correre in biblioteca a prendere in prestito tutti i film citati, di cui trovate il link cliccando sul titolo, o anche solo i CD con le migliori soundtrack di John Williams.
Che la forza sia con voi!
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Sul divano con Tom Hanks
E' arrivato l'autunno, la stagione perfetta per molti di noi, da passare sotto le coperte, con una tazza di cioccolata calda in mano, un gatto accoccolato sulle ginocchia e un bel film di Tom Hanks in tv.
Qualcuno ha detto Tom Hanks?
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Classe 1956, nel corso della sua trentennale carriera Hanks ha ricoperto tutti i ruoli possibili immaginabili (o quasi): il buon americano medio, l'astronauta, il professore di Harvard sulle tracce di antichi misteri, l'agente dell'FBI sulle tracce di Leonardo Di Caprio, il naufrago, il malato terminale, il capitano dell'esercito di terra ed il comandante di una nave...Ed ha fatto tutto così bene da essere stato premiato con due Oscar, quattro Golden Globe, cinque Emmy ed addirittura un asteroide a suo nome, 12818 Tomhanks.
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Ma c'è una circostanza in cui il buon Tom dà il meglio di sé, ed è quando lavora gomito a gomito con Steven Spielberg. Il connubio artistico tra i due ha inizio nel lontano 1986 con la produzione spielbergiana dello spassoso Home - Casa, dolce casa?, e di Joe contro il vulcano (1990), la prima di una lunga serie di brillanti commedie in coppia con Meg Ryan. Dobbiamo aspettare gli anni '90 per vedere Hanks diretto da Spielberg, e l'attesa è ripagata dalla realizzazione di quei veri e propri filmoni che sono il monumentale Salvate il soldato Ryan (1998), forse il migliore film di guerra di sempre (Dunkirk, scansati!), Prova a prendermi (2002) con uno sfrenato Di Caprio in uno dei suoi innumerevoli ruoli da Oscar mancato, The Terminal (2004) e la splendida spy story Il ponte delle spie (2015). 
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La loro collaborazione sbarca anche in TV con Band of brothers – fratelli al fronte (2001) e The Pacific (2010), due spaccati emozionanti e storicamente impeccabili dell'impresa americana nella seconda guerra mondiale.
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Il nuovo atteso capitolo della saga Hanks/Spielberg arriverà a Dicembre 2017 con The Post e vedrà il primo in coppia con Meryl Streep, ed il secondo dietro la telecamera. Imperdibile.
Se volete approfondire la filmografia più recente di Tom Hanks, vi consigliamo Molto forte, incredibilmente vicino (2011) tratto dall'omonimo romanzo di Jonathan Safran Foer, L'amore all'improvviso - Larry Crowne (2011) diretto da Hanks stesso, Captain Phillips: attacco in mare aperto (2013), riadattamento al cardiopalma dell'autobiografia Il dovere di un capitano di Richard Phillips ed il delizioso Saving Mister Banks (2013), il racconto della genesi del film Mary Poppins, con Hanks nei panni di Walt Disney ed Emma Thompson nelle vesti della sua cocciutissima ed irresistibile autrice.
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Per gli hanksiani più scatenati, segnaliamo inoltre la prossima uscita della sua prima fatica letteraria, Uncommon Type: Some Stories. Per noi è già un cult.
Sono davvero tantissimi i film di Tom Hanks da scoprire e riguardare, ma del resto abbiamo tre mesi di autunno per farlo, no? Buona visione a tutti!
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Non solo Despacito
È estate, fa caldo, il sole non lascia tregua e più o meno da tutte le auto in sosta al semaforo con i finestrini abbassati, provengono instancabili ritmi reggaeton, rap più o meno arrabbiati e despaciti vari.
Per fortuna l’estate ha mille sfaccettature, non è solo visi scuriti dall’abbronzatura, grigliate e punture di zanzara, e così anche il ritmo dell’estate può uscire dagli schemi ed evadere dalle tendenze dettate dalle super classifiche delle radio commerciali.
PlaySBM vi propone un viaggio nei paesi più caldi ed estivi del nostro immaginario collettivo, dove il sole non tramonta mai, si fa festa tutto il giorno e tutti sono bravissimi a ballare. Andiamo alla scoperta del continente americano alla ricerca di nuove sonorità e nuove realtà, freschissime e colorate, per sfuggire dalla monotonia dei ritmi dell’afa milanese.
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Il nostro tour parte da Porto Rico, favolosa isola delle Antille, celebre, più che per i suoi splendori naturalistici, per aver fatto sculettare tutto il mondo con le hit di Ricky Martin ed ora più che mai con il tormentone Despacito. Un’altra super band che ha portato fama e celebrità a Porto Rico è Calle 13, un baluardo del latin rap, dalla cui costola è nata iLe. Ex vocalist della band, ha sorpreso tutti con il suo album di esordio da solista, pubblicato nel 2016. Sonorità eclettiche e raffinate, quasi inaspettate, caratterizzano un album che ha fatto impazzire la critica musicale e che può vantare di essere stato inserito nella lista dei migliori 50 album dell’anno dalla prestigiosa rivista Billboard.
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Spostandoci un po’ più in là, troviamo un Messico insolito, quello dei Paté de Fuà. Fuori da tutti gli schemi, giocosi già dal nome, i Paté da Fuà sono una band un po’ messicana, un po’ argentina, un po’ brasiliana e israeliana. Attivi sulla scena da una decina di anni, ci fanno sorridere con il loro stralunato mix di jazz, tango e foxtrot.
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Scendiamo ora giù in Colombia e mettiamo da parte per un attimo la mascotte nazionale Shakira per scoprire insieme una delle band più solide e riconosciute della musica alternativa e giovane colombiana, i Bomba Estéreo. Nati musicalmente a Bogotà ma con un orecchio sempre teso alle ultime tendenze, sono molto cool. Il loro genere è una felice accoppiata di electro e cumbia, che li ha portati a suonare in molti festival internazionali e fare tour negli Stati Uniti.
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Continuando il nostro viaggio, giungiamo in Brasile dove ci facciamo cullare dalla splendida voce di Tulipa Ruiz, accolta dalla critica come salvatrice del pop nazionale e premiata con un Grammy per Miglior album di pop contemporaneo brasiliano. Ha recentemente pubblicato anche una versione italiana di un brano del suo ultimo album, Dancê, nel quale vi invitiamo a scovare il fine omaggio al Rino Gaetano di Nuntereggae più.
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Terminiamo la nostra scorribanda musicale fermandoci in Argentina da La Yegros, una cantautrice unica nel suo genere, eccentrica e sensuale, che riversa nel suo sound tutta la sua eredità musicale ed artistica maturata durante la sua militanza nel teatro sperimentale, e proveniente dalle musicalità che hanno accompagnato la sua famiglia nelle generazioni, lassù nelle remote foreste del nord dell’Argentina.
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Lo vuoi un palloncino?
Preparate la torcia da tenere sul comodino, le gocce per dormire e non lasciate mai sporgere i piedi fuori dalla coperta: sta tornando IT, e presto ricomincerà a tormentarvi! Il cattivo per eccellenza, Pennywise per gli amici, concepito dalla fantasia macabra di Stephen King, arriverà per la prima volta sul grande schermo il 21 settembre 2017, primo film di una futura saga. Il confronto con la mitica miniserie TV del 1990 sarà spietato: prendere il posto del magistrale Tim Curry è quasi un sacrilegio, ma era forse giunto il momento di dare nuova linfa vitale al capolavoro horror e regalare alle nuove generazioni un adattamento più credibile e più fedele al romanzo.
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Di sicuro avrete notato qualcosa di strano – cosa ci fanno i ragazzi del Club dei Perdenti con un proiettore di diapositive?! Questa volta i nostri eroi ascolteranno musica sul walkman, useranno il Topexan e affronteranno il Male nell’estate del 1989, per poi ritrovarsi da adulti al giorno d’oggi. Niente più scene nostalgiche dell’America degli anni ’50, Buddy Holly e milkshake colorati. Strategia studiata da Hollywood, alla riscoperta degli anni ‘80, o scelta di cuore del regista Andrés Muschietti, classe 1973?
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I più nerd di voi avranno notato anche un’altra stranezza: l’incorreggibile Richie Tozier non assomiglia a Mike Wheeler di Stranger Things?
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Bravi! E’ proprio lui. Per chi ancora non lo conoscesse, Stranger Things (2016) è una serie tv firmata Netflix in cui un gruppo di ragazzini della noiosa provincia americana degli anni ’80 si ritrova a dover affrontare un mistero spaventoso (vi ricorda qualcosa?). Un eccellente puzzle di rimandi a E.T. L’Extraterrestre, I Goonies, Stand By Me, Explorers e ovviamente IT, che ha fatto impazzire milioni di spettatori in tutto il mondo. In un perverso gioco di citazioni, se Stranger Things omaggia IT, adesso è IT a omaggiare Stranger Things nell’ambientazione e addirittura nella scelta del cast. 
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La nostalgia funziona sempre, i nuovi casi X-Files di Mulder e Scully (è in arrivo la stagione 11), il reboot stracult dei Power Rangers e l’imminente remake di Labyrinth sono solo una parte del revival che ci aspetta. Hollywood sa infatti di poter contare su un nuovo, ricco bacino di aficionados: i vecchi bambini di una volta e i giovani di oggi, affascinati da quel mondo ancora analogico e affascinante. E quindi prepariamoci a un calcolato ma irresistibile salto nel passato, alla collezione di Piccoli Brividi, ai film horror visti di nascosto la sera tardi su Italia Uno e l’album delle figurine degli Sgorbions. Ma non dimenticate la lezione più importante imparata da bambini: mai accettare palloncini da un clown.
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Sceneggiature d’Estate
Quando è stata ideata la vetrina “Sceneggiature d'Estate”, esposta presso la sezione audiovideo della biblioteca Sormani, immaginavamo di proporre all'attenzione del pubblico una selezione di film uniti sotto il comune denominatore della leggerezza. Alla fine della raccolta del materiale, però, abbiamo potuto constatare che il nostro obiettivo aveva preso una piega diversa e più complessa.
Seppure inquadrate in un paesaggio diverso da quello metropolitano o più semplicemente urbano, non sempre le storie estive raccontate dal cinema accompagnano gli spettatori nel clima vacanziero, che coincide con le aspettative di svago promesse da questa stagione. Il quadro emerso mostra come la fantasia degli sceneggiatori si sia spinta fino al cuore del dramma, del thriller o dell’indagine sociale per proporre uno sguardo focalizzato sulle vicende umane, che solo incidentalmente sono ambientate in estate.
Anzi, gli autori meno inclini a raccontare in tono di commedia hanno sottolineato proprio il contrasto tra un’idea preconcetta di estate, con la sua serenità, l’agognato riposo o i viaggi più o meno avventurosi, e il fatto che anche in questo periodo le insidie del contrattempo, del dolore e del male possono manifestarsi improvvisamente. Nonostante ciò, la commedia resiste con il suo carosello di amori stagionali, vite da vacanzieri e altre amenità.
La vetrina Sceneggiature d’estate riassume dunque questo ventaglio di punti di vista e presenta film diversi tra loro e appartenenti a varie epoche. I dvd sono tutti disponibili per il prestito. La vetrina resta esposta in biblioteca fino al 24 agosto.
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L’altro volto della Finlandia: Aki Kaurismäki
Oggi, 4 aprile 2017, stappiamo una bottiglia di champagne, o meglio, di acquavite, in onore del 60esimo compleanno di un grande del cinema: il Maestro Aki Kaurismäki. Trent'anni di produzione cinematografica alle spalle, e non sentirli: sceneggiatore lucido, regista inconfondibile, produttore abile, di carattere non proprio mansueto (da giovane ha anche passato qualche notte in prigione per cattiva condotta) ma dotato di un senso dell'umorismo dissacrante e surreale che tutto gli fa perdonare, amante dell'alcol e del rock'n'roll, ribelle nel profondo, ora come agli esordi.
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Il cinema di Kaurismäki riflette lo spirito suo e della sua terra: ritmi lenti, lunghi silenzi, spaccati di vita quotidiana dimessa ed estetica anni '80 (che, così come nella vita, anche nei suoi film tornano sempre), protagonisti bruttini, solitari e un po' sfigati, che girano come criceti in una ruota di sfortune lavorative ed esistenziali. Ma sotto questa corazza imperturbabile e tremendamente nordica batte un cuore sensibile, tenero, timido e pieno di dignità, una passione e un romanticismo che si nascondono negli sguardi rubati, nel non detto, nei brillanti e fulminei momenti di humor dissacrante e inaspettato. A dispetto del destino che sembra accanirsi contro i suoi personaggi, la loro ostinazione viene spesso premiata da un happy ending pieno di ottimismo e speranza, che ti lascia con il cuore leggero e il sorriso sulle labbra.
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Eroe simbolo del suo cinema il misterioso M., protagonista del celebre L’Uomo Senza Passato (2002), premiato al 55° Festival del Cinema di Cannes. Un uomo talmente scalognato ma adorabile, che verrà omaggiato anche da una imperdibile versione disneyana - e chi poteva vestire i suoi panni, se non lo sfortunatissimo Paperino?
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Insomma, storie di gente sì timida e modesta, ma rockettara nel cuore! Per Kaurismäki ogni scusa è buona per mettere un po' di sano rock'n'roll, cosa ne pensate di questo estemporaneo cameo di Joe Strummer in Ho Affittato Un Killer (1990)?
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E che dire dei Leningrad Cowboys, band nata dalla penna di Kaurismäki e poi diventata una creatura di successo, un ensemble di strampalati musicisti/attori agghindati come una caricatura allucinata di Elvis Presley, protagonisti di Leningrad Cowboys Go America (1989), un esilarante road movie che attraversa Stati Uniti e Messico, e del seguito Leningrad Cowboys Meet Moses (1994).
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Il 6 aprile uscirà nelle nostre sale L’Altro Volto Della Speranza, delizioso ritratto di un'improbabile amicizia tra un venditore di camicie finlandese ed un rifugiato siriano, un ritorno ai temi sociali non più nazionali ma europei già affrontati in Miracolo A Le Havre (2011).
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Premiato al Festival del Cinema di Berlino 2017, siamo sicuri che anche questa volta Kaurismäki ci conquisterà con i suoi eroi poveri e bizzarri, ma ricchi di umanità. Kippis, Maestro!
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Castelli di carte
Brutte notizie in questi giorni per gli amanti di Kevin Spacey, attore, produttore e regista senza bisogno di troppe presentazioni. Basti ricordare che vinse il Premio Oscar nel 1996 come miglior attore non protagonista per I soliti sospetti e nel 2000 come miglior attore protagonista per American Beauty, due film a dir poco eccezionali.
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Negli ultimi giorni, però, questo nome è sulla bocca di tutti e purtroppo non per le sue indiscutibili doti di attore, bensì per una brutta accusa di molestie sessuali. Non vogliamo addentrarci nel merito ovviamente, ma semplicemente chiederci cosa accadrà nel mondo del cinema e delle serie tv.
La casa di produzione Sony, per esempio, ha fatto una scelta molto coraggiosa e, sicuramente costosa: eliminare Kevin Spacey da tutte le scene di Tutti i soldi del mondo, il nuovo film di Ridley Scott, sostiuendolo con l’attore Christopher Plummer, che conosciamo per lo storico Tutti insieme appassionatamente, o più di recente per Remember di Atom Egoyan.
Ma è quasi impossibile non chiedersi cosa succederà a una delle serie TV più famose e amate al mondo: House of cards.
Per chi non la conoscesse, e prometto di non fare spoiler, lasciate che vi dica due parole su una serie che rimane imperdibile.
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Partiamo dalla storia: il protagonista è lo spietato Frank Underwood, ruolo che ha fatto vincere a Kevin Spacey il Golden Globe come Migliore attore in una serie drammatica, ovvero un politico senza scrupoli (che in molti chiamano soltanto con le sue iniziali, "FU", con una chiara allusione al doppio senso inglese). E’ a capo della maggioranza alla Camera dei rappresentanti degli Stati Uniti. Frank punta al ruolo di Segretario di Stato e quando vede sfuggirgli di mano questa promozione elabora una vendetta che verrà consumata lentamente e che prenderà di mira chiunque abbia tradito la sua fiducia.
Ci sono tutti gli estremi per il successo. Abbiamo il potere, il complotto, il tradimento e la vendetta. Abbiamo attori strepitosi, e non parlo solo di Specey, ma ad esempio di Claire, la first lady (è davvero impossibile non rimanere affascinati dalla freddezza di questa manipolatrice), magistralmente interpretata da Robin Wright, attrice in Forrest Gump (1994), The congress (2013), Wonder woman (2017), fra i tanti.  
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Abbiamo David Fincher come produttore esecutivo e come regista delle prima puntate. E infine è geniale l’uso della parte teatrale, ovvero quando il protagonista si rivolge direttamente a noi pubblico, commentando momenti e personaggi, degno di un’opera classica.
Siamo così giunti alla quinta stagione di questa serie tv. Per chi non avesse un abbonamento Netflix può recuperare le prime quattro serie in biblioteca, la quinta è in arrivo.
E ora, tutti noi fan ci stiamo chiedendo cosa il colosso statuintense deciderà di fare per la sesta stagione. Le voci sono molte. Chi parla di annullarla, chi parla di far sparire il personaggio di Kevin Spacey, a seguito delle ultime nefaste vicende, e chi dice che un ruolo da protagonista verrà affidato proprio alla gelida e manipolatrice Claire.
Non ci resta che stare a guardare!
Dimenticavo, per chi non lo sapesse, House of Cards è nata come una trilogia di libri di successo scritta da Michael Dobbs (House of Cards, To Play the King e The Final Cut), pubblicata più di venti anni fa in Inghilterra, edita in italiano da Fazi dal 2014, era ambientata a Londra e non a Washignton e il protagonista si chiamava Francis Urquhart.
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Italian Horror Story
Dici Halloween e pensi all'America: schiere di villette addobbate con finte ragnatele e zucche intagliate, costumi da strega in vendita al supermercato, trick or treat. Dici film horror e pensi al cinema americano: mostri, bambine possedute dal demonio, teenager che scappano da assassini mascherati. Beh, anche noi italiani sappiamo far paura, e anche bene! Esiste una gloriosa produzione di film horror made in Italy che tanto ha insegnato agli americani. Vi proponiamo oggi una must list di film da vedere, per vivere un Halloween un po' più ruspante.
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Il capostipite dell'horror italiano è La maschera del demonio. Corre l'anno 1960, nelle sale di tutto il mondo escono capolavori come La ciociara, La dolce Vita e Rocco e i suoi fratelli, ma raramente si ricorda il film d'esordio di Mario Bava. Inquietante tanto quanto conturbante, il film terrorizzò gli spettatori ancora abituati ai film dell'orrore americani, ben più giocosi e prevedibili. E' diventato con gli anni l'ABC di ogni horror fan e studioso di cinema.
Facciamo un salto in avanti e arriviamo agli anni '70, siamo nel pieno della produzione di horror più di suspense e atmosfera, che di sangue e viscere. Imperdibile La casa dalle finestre che ridono, anno 1976, di Pupi Avati.
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Ma Pupi Avati, Pupiavati? Ebbene sì, dobbiamo proprio al pluripremiato Maestro questo gioiello di angosciante mistero ambientato nella Bassa padana.
Appena un anno dopo esce il capolavoro assoluto di Dario Argento: Suspiria.
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Forse nessun altro film horror è mai più stato così bello: la cura maniacale e l'eleganza della sua fotografia hanno fatto scuola, rendendo bello persino il sangue, che pure scorre in abbondanza, ma senza mai risultare stomachevole. Per tutta la durata di questa fiaba dell'orrore lo spettatore viaggia sospeso ad un filo di suspense e terrore ancestrale, per arrivare senza fiato ad una rivelazione finale che ha tolto il sonno a molti. Segnaliamo l'atteso remake, in arrivo a Febbraio 2018, diretto da Luca Guadagnino, con Dakota Johnson, Tilda Swindon e colonna sonora di Thom Yorke. Scalpitiamo!
Nuova decade, nuovi gusti. Siamo nel 1981 e troviamo uno dei migliori film mai realizzati del sottogenere splatter: ...E tu vivrai nel terrore! L'aldilà del mitico Lucio Fulci.
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Secondo capitolo della Trilogia della morte, di cui citiamo anche gli ottimi Paura nella città dei morti viventi e Quella villa accanto al cimitero, ...E tu vivrai nel terrore! è stato massacrato dalla critica alla sua uscita, premiato da un incredibile successo di pubblico sin da subito, ed infine glorificato nel corso degli anni grazie agli omaggi di Quentin Tarantino, John Carpenter, Sam Raimi, Robert Rodriguez ed altri ancora. Litri di sangue, viscere, crocefissioni, zombie, tarantole, inferi, non manca niente in questo capolavoro splatter. Vedere per credere, se ne avete il coraggio!
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Terminiamo il nostro viaggio nelle profondità più buie ricordando il Maestro Umberto Lenzi, che da poco ci ha lasciato. Entrato nella storia con gli stracult Milano odia: la polizia non può sparare e Roma a mano armata, ci ha regalato anche un godibile slasher di fine anni Ottanta, Nightmare beach  - la spiaggia del terrore, anno 1988.
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Siete ancora convinti che gli americani facciano più paura di noi?
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Altro giro, altra corsa: #XF11
Puntuale come il mal di gola al cambio di stagione torna anche quest’autunno X Factor. Dietro al banco dei cattivi confermati Agnelli e Fedez, cui si aggiunge il come back di Mara Maionchi e la novella Levante. L’altra sera mi sono ritrovato a guardare i bootcamp – ovvero la scrematura da 12 a 5 partecipanti per ognuna delle 4 categorie – e sono rimasto invischiato tra lacrime, ansie e destini spezzati.
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Personalmente lo trovo uno spettacolo un po’ ripetitivo ma abbastanza godibile, ottimo per tirar fuori le critiche da divano. Ma alla fine di tutto, dopo decine (centinaia?) di migliaia di ragazzi e ragazze che nel corso di quasi dieci anni hanno tentato di accedere ai Live Show, cosa resta? Se ci soffermiamo a guardare solo le ultime edizioni verrebbe da dire non molto.
Anche se le probabilità non sono proprio a favore di chi vuol giocarsi la carta del talent, ci sono una manciata di nomi che resistono, che sono riusciti a crearsi un loro pubblico e che tengono duro in questi tempi di ricambio continuo. Quei nomi che fanno credere al resto del mondo che una possibilità c’è. Più o meno sono 4 quelli su cui continuerei a puntare qualcosa.
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La prima è Giusy Ferreri, reduce della prima edizione. Nella competizione si deve accontentare del secondo posto ma alla fine è l’unica, vera vincitrice. Dopo pochi mesi esce l’album Gaetana che vende vagonate di copie, anche grazie all’intercessione di Tiziano Ferro. È nata una pop star e il successo è suggellato dall’immancabile edizione spagnola. Da lì i paragoni (a sfavore) con Amy Winehouse, un paio di hit estive, 3 festival di Sanremo, 4 album e un best of. E quando sembra che stia per uscire fuori dai giochi che contano Giusy tira fuori le unghie e continua a restare lì aggrappata al circo dello showbiz. Tenace.
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L’anno successivo ad imporsi all’attenzione è Noemi, che ritroviamo poco dopo sul palco dell’Ariston a cantare Per tutta la vita, tratto da Sulla mia pelle. L’album contiene anche un duetto con l’altra chioma fulva della canzone italiana, Fiorella Mannoia. A chi scrive il suo stile, i riferimenti e il timbro da rocker navigata (o da chi la sera prima ha tirato tardi facendo baldoria) non fanno impazzire. Ma tant’è, da giudicata ad X Factor, a giudice per The Voice, a navigata partecipante dei lidi sanremesi, sembra che la Nostra sia riuscita a crearsi un seguito di fan che apprezzano la sua immagine ribelle. Buon per lei.
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Dalla terza edizione emerge il top player indiscusso del gruppo: Marco Mengoni. Oltre ad essere l’artista italiano più premiato agli MTV Europe Music Awards, nel 2013 si porta a casa anche una vittoria al Festival di Sanremo con uno dei suoi pezzi definitivi, L’essenziale. Il brano finirà nel secondo album dell’artista, Pronto a correre, che contiene collaborazioni del livello di Gianna Nannini, Cesare Cremonini, Ivano Fossati e Mark Owen (!). Pronto a correre è un prodotto del tutto mainstream, non nasconde spigoli o sorprese. Mengoni però, a modo suo, ha stile e un timbro a tratti irraggiungibile. Con qualche riserva ma per me è sì.  
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Per ultima mi sento in dovere di mettere nel lotto Francesca Michielin. Quella di Francesca è una figura mutante e trasversale. È figlia dell’industria discografica più intransigente ma allo stesso tempo gioca a fare la indie wannabe, vedi i video prodotti dal superlativo Tycho Studio di Giacomo Triglia (Brunori, Colapesce), il duetto con Calcutta, i riferimenti berlinesi. Per ora schiacciamo play su Nessun grado di separazione, prima traccia di Di20are con la sensazione che Francesca abbia delle potenzialità ma che non sia ancora riuscita a farle uscire del tutto. Sta a lei farci capire da che parte vuole andare.
E ora l’appuntamento è per gli Home Visit. Buona visione!
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L’ultimo cornetto dell’estate
Lo scorso weekend ho visto Baby Driver – Il genio della fuga, e devo ammettere che dopo la scena iniziale ho pensato “ma sarà tutto così?” 
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Ebbene no, o meglio si è un film d’azione, un film di rapinatori e inseguimenti in auto, con una storia d’amore, un film che in parte ricalca Driver – L’imprendibile, il film del 1978 di Walter Hill e di conseguenza Drive di Refn, ma è soprattutto un film di musica.  Eh si, perché il vero protagonista di questo film è il ritmo.  Ritmo scandito dal montaggio, dalle scene tagliate a suon di musica (emblematico è il pezzo con Tequila - The Button Down Brass, ma non è certo l’unico) ma soprattutto dalla colonna sonora. In Baby Driver ci sono 35 canzoni e i momenti senza colonna sonora sono davvero pochissimi; sono invece tanti quelli in cui i personaggi ascoltano musica e parlano di musica e in cui il montaggio è legato alla musica che si sente in sottofondo. Si va dalla lunghissima scena iniziale sulle note di Bellbottoms - Jon Spencer Blues Explosion alla chiusa finale di Chase Me - Danger Mouse featuring Run The Jewels and Big Boi (realizzata apposta per il film), passando attraverso Let’s Go Away For Awhile - The Beach Boys (da Pet sounds), Intermission -Blur (da Modern life is rubbish), ma soprattutto Brighton Rock - Queen ( da Sheer Heart Attack). Il titolo stesso è un tributo all’omonima canzone di Simon&Garfunkel contenuta nell’album Bridge over trouble water.
Il protagonista è interpretato da un bravissimo e giovanissimo (classe 1994) Ansel Elgort, che con la musica ci sa fare visto che, oltre ad essere attore, è un cantante e dj famoso negli USA col nome di Ansolo. Al cinema lo abbiamo già visto in Lo sguardo di Satana - Carrie, nel film Divergent tratto dall’omonimo libro, e nei panni di Augustus Waters nell'adattamento cinematografico del romanzo di John Green Colpa delle stelle. Al suo fianco troviamo un sempreverde Kevin Spacey.
Solo due parole invece sul regista: Edgar Wright.  Lo ricordiamo per la cosiddetta trilogia del cornetto… anche se col cornetto questi film hanno poco a che fare, se non che effettivamente il famoso gelato compare in una scena in tutti e tre i film, ogni volta di un colore diverso come a sottolineare il genere del film che stiamo guardando. Avrei voluto scrivere “il genere del film che Wright sta scimmiottando”, ma non è così. Se da un lato è vero, per esempio, che L'alba dei morti dementi : shaun of the dead è una commedia, dall’altra è altrettanto vero che non ha alcuna velleità parodistica. Se fosse possibile tagliare le parti comiche del film ne uscirebbe uno zombie movie in piena regola, dotato anche di qualche momento splatter fatto bene. I caratteri “horror” sono mantenuti (cornetto rosso).
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Così come Hot fuzz rispetta il genere poliziesco (cornetto blu), nonostante battute come “Gli hai almeno detto “stai fresco?” che Nick pronuncia a Simon dopo che questi gli confessa di aver avuto la meglio contro il suo avversario avendolo  lasciato svenuto in un enorme frigo.
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E dulcis in fundo, il cornetto verde, la buffa commedia inserita in un contesto di fantascienza La fine dl mondo, che parla di un gruppo di amici, della loro paura di maturare e diventare adulti e delle occasioni perdute.
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Vi auguriamo una buona visione dei vecchi film di Edgar Wright e soprattutto una visione a occhi e orecchie aperte del nuovo Babydriver.  A presto.
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