Tumgik
#spiacente per mio italiano
atariaaren · 9 months
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practicing italian by drawing shitposts translations below the cut (all of these are sketches btw which is why the line quality is abysmal lmao)
1st img: "oh fuck, this juice is amazing, yo" "IT'S PAINT, YOU ASSHOLE"
2nd img: "WHAT"
3rd img: "i believe i am on fire"
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mocktortis · 2 months
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I drew this a few months ago, but I wanted to share it. The words above his head are from the poem “Di un gatto sperduto” (About a lost cat) by Eugenio Montale. I changed a couple of the words to be more applicable to Artemy. Here is a translation (my own):
The poor orphan Had not yet gone wild When it was chased from the apartment So it would not tear the curtains with its horns.
Please let me know if I mistranslated anything.
Ho disegnato questo qualche mese fa. Le parole sopra la sua testa sono dalla poesia “Di un gatto sperduto” di Eugenio Montale. Ho cambiato alcune parole per applicare meglio a Artemy. La poesia:
Il povero orfanello Non s'era ancora inselvatichito Se fu scacciato dal condominio Perchè non lacerasse le tende con le corne.
 Spiacente se il mio italiano non è bene, non è la mia prima lingua. 
reference here
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Sai che rende voi omo così fastidiosi? Il fatto che partite dal presupposto che nessuno, a parte voi, capisca un cazzo e che senza di voi il mondo sarebbe perduto. La prima cosa che hai fatto con l'elfo è stata fargli la punta sul concetto di coppia, solo dopo hai letto il suo messaggio. Chiedete rispetto per la diversità, ma non accettate nemmeno si pronunci il termine "normalità"; spiacente: fino a quando non supererete il 50%+1 i normali saranno gli etero, con vostra buona o cattiva pace. 😘
Sai cosa rende voi maschi alfa malati di machismo delle gran teste di cavolo, il non sapere come si costruisce una frase in italianoL'affermazione “coppie etero serie” presuppone dal punto di vista lessicale che le coppie siano formate da due individui di sesso opposto è che solo questo tipo di coppia sia considerabile seria, grammaticalmente è scorretta e lascia spazio a troppe interpretazioni ed è il motivo del mio disappunto, sarebbe stato sufficiente eliminare l'aggettivo determinativo “etero” per trasformare l'affermazione in qualcosa che non stridesse alle mie orecchie e non provocasse la mia reazione piccataDetto questo non potevo che fare la punta e dopo rispondere... E in più io non considero te normale più di quanto non consideri me nello stesso modo, ma, dato che tu consideri ciò che è diverso come anormale, ti invito a lasciare questo blog di anormali per seguire quelli a te più consoni
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ciaorosie · 6 years
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benvenuti al blog!
Ciao! Sono Rosie, sono inglese, e parlo un po’ di italiano - ma voglio diventare meglio!
Allora, ho deciso a fare un nuovo blog per postare solo in italiano! Ho pensato che, perché vivo in Inghilterra e non ho l’opportunità per parlare/usare italiano spesso, dovrei creare questo blog e provare a scrivere un post in italiano ogni giorno e fare pratica in questo modo. (Non scriverò ogni giorno, probabilmente, ma provarò a scrivere abbastanza spesso lol. Anche spiacente se il mio italiano è completamente terribile! 😣)
Mi interessa la lingua per molti ragione differente - amo le lingue in generale, allora mi piace studiare i traduzioni, parole, grammatica ecc, non solo in italiano ma in molte lingue. Ma anche, e forse soprattutto, io sono un po’ italiana! Sono andata in Italia molte volte, e ho studiato l’italiano da quando ero piccola, ma adesso, no ho il tempo per continuare a studiare come avanti. Adesso, studio l’inglese a Londra, ma nel futuro spero di vivere in Italia per uno o due mese (o forse più!).
Potrei mettere questo post nel un pagina o il descrizione dopo ma ora, questo sono il primo post su questo blog~
Comunque, vorrei parlare con altre persone chi studia italiano, e persone proprio italiani, così per favore mandami un messaggio se vuoi!
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pangeanews · 4 years
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“Non voglio parlare con nessuno. Voglio vederci chiaro dentro di me”. Una lettera inedita di Alejandra Pizarnik
Alejandra Pizarnik è artista ‘totale’, esempio raro, radioso, in cui l’opera s’incardina in una incessante ricerca esistenziale. Naturalmente, della Pizarnik vanno lette, soppesate, amate le poesie; ma è la sua vita, come capita al poeta che pare assumere in sé tutti i dolori della terra, ad affascinarci. In questo caso, le lettere sono un telescopio formidabile. La casa editrice Giometti & Antonello, con pregio riconosciuto, ha raccolto parte dell’epistolario nel volume “L’altra voce”. Tanto è da tradurre: i diari, le mirabili lettere di Cristina Campo, ad esempio. Nel 2012 l’editore Eduvim, per la cura di Andrea Ostrov, ha pubblicato la raccolta di “Cartas” tra la Pizarnik e León Ostrov; il libro ha avuto una edizione francese nel 2016, e una traduzione parziale in inglese. A dire dell’interesse che gravita intorno alla piccola, grande Pizarnik. Le lettere coprono gli anni 1960-1964, quelli ‘parigini’, e sono importanti perché Ostrov è stato il primo psicanalista della Pizarnik, con cui lei iniziò la terapia – durata per un anno – a 18 anni, nel 1954. La lettera che traduciamo, in particolare, esito di un viaggio italiano della Pizarnik (che è anche un viaggio nella psiche), non è datata. Di certo, è scritta dopo l’agosto del 1961: la Pizarnik fa cenno ad alcune poesie pubblicate per la prima volta su “La Nouvelle Revue Française”. In quel numero (il 104, agosto 1961), insieme a lei, testi di Jean Giono, Maurice Blanchot (“Rimbaud e l’Oeuvre finale”), Philippe Jaccottet. Testi della Pizarnik furono pubblicati anche nel numero della N.R.F. del maggio 1962, in quel caso insieme a testi di Marcel Jouhandeau e Roger Caillois, Michel Butor e Borges.
***
Caro León Ostrov,
le scrivo da Capri, da un caffè circondato da barche dentro un mare perfettamente blu e sotto un cielo purissimo. Sono stata tre giorni a Roma – seguendo il suo consiglio – e mi sono innamorata delle sue strade. Mi sono promessa di ritornarvi per più tempo. Adesso sono a Capri – è il mio primo giorno– e mi sento scontenta… Il mese scorso sono stata così stanca da non avere le forze neppure per scegliere un posto dove trascorrere le mie vacanze (un mese). Dietro consiglio di mia cugina, che studia Medicina, sono venuta a Capri con il Club Méditerranée, una sorta di agenzia di viaggi influenzata, forse, dagli accampamenti israeliani visto che al posto dell’albergo ci sono delle capanne e i membri di ogni contingente si manifestano estremamente desiderosi di fare una vita comunitaria. Io, più stanca che nuova, e senza poter parlare con nessuno, ma come parlare con questi giovani che mi ricordano la mia adolescenza beota? Quel che è certo è che sono assolutamente esiliata dalla società e ho appena appurato che non è un’espressione vuota di senso. Semplicemente, non ho niente di cui parlare con quelli, non c’è niente in comune. Ma sono io quella che capisce, sono io quella che sa. Questo non è così difficile da dire. Ma poi non voglio parlare con. Con nessuno. Voglio vederci chiaro in me. Ho voglia di tornare a casa mia (a Buenos Aires). Ragioni di salute. Ogni giorno mi sento più stanca, più malata (solo e sempre capogiri e stanchezza). Mi piacerebbe andare a riposarmi qualche mese. Ma dalle parti di Parigi o Roma, ma che farò in una città tanto brutta come Buenos Aires. Ma non si vive per le strade. Insomma, non so come farò a sopportare questo mese a Capri non solo per gli idioti del club ma anche per le sue spiagge orribili. Un’altra cosa che mi disgusta è il paesaggio tipico delle classiche cartoline postali. Non ci sono dubbi, il surrealismo mi ha fatto male… Non so se le ho detto che mi hanno pubblicato le poesie nella N. R. F. e nelle Lettres Nouvelles. Insomma, sono stanca e soffro di insonnia. Sono spiacente per questa lettera senza umore, senza niente. Sono priva di forze per fare di più. Inoltre adesso mi angoscia questa mescolanza di francese, italiano e spagnolo che uso nella mia vita quotidiana. Parlare varie lingue è non parlarne nessuna. Non invano Rimbaud lasciò la poesia per dedicarsi immediatamente alle lingue. Così io, adesso, mi nego di parlare spagnolo addirittura con chi lo sa. Da due mesi non scrivo poesie. Credo sia “conveniente” tornare a riposare e scrivere. Mi piacerebbe dirle di più. Ho guardato tanto e pensato e osservato tanto in questi giorni. Scriverò qualcosa chissà, un racconto chissà, una cronaca sulla scoperta di quanto imbecille possa essere la gente che lo è. E nonostante sia triste per questo, per rendermene conto io, e loro no. Se sapendo quel che so non scrivo poesie belle… Insomma, conflitti di qualcuno senza una vita personale. Le scriverò ancora, da qui o non appena arriverò: “Chiedo perdono per la tristezza”. Abbracci a tutti e tre,
Alejandra
*la traduzione italiana è di Mercedes Ariza
L'articolo “Non voglio parlare con nessuno. Voglio vederci chiaro dentro di me”. Una lettera inedita di Alejandra Pizarnik proviene da Pangea.
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VII - Kiss me in the corridor (but quick to tell me goodbye)
L è finalmente tornato a sedersi accanto a me dopo l’incidente. Stamattina ero felice, quasi commossa e chi mi conosce sa che mi succede solo quando leggo alcuni libri, davanti a certi film e con poche, pochissime canzoni. Non piango in pubblico solitamente e pare che sia un male, perché le principesse da salvare piacciono a tutti. Spiacente, non è il mio caso, vorrei dire ad alta voce alla sala. Siete arrivati tutti troppo tardi ed ho fatto da me. Comunque, senza divagare come quel mio professore che non citerò per banalissima paura: stamattina ero veramente felice e commossa. Ho scelto i vestiti dal mio armadio con più attenzione e niente è riuscito a demolire la mia contentezza per diverse ore. Me lo sono coccolato tanto, nonostante i suoi dolori alle costole, certo. In realtà eravamo tutti parecchio emozionati ed è stato - boh, bello? Mi è sembrato di tornare a qualche mese fa, quando ancora non sapevamo chi avessimo davanti, quando ridevamo e basta. Quando avevamo un po’ paura.
Rewind: non è che sia cambiato molto da allora. Ci conosciamo ancora poco e ridiamo tanto. Abbiamo meno paura, se non altro, e per alcuni di noi la voglia di conoscere davvero gli altri potrebbe rappresentare un problema. Per me, per esempio. Quando non dormo mi ricordo che guardarsi è meglio che vedersi. Quando alzo lo sguardo dal mio computer me lo dimentico, ma non fa niente. Mi ricordo che a volte ti arrivano le persone che non ti vedono e questo ha a che fare con la voglia che hai sempre avuto di urlare e la voce che non ti regge. Con la paura di impegnarsi in qualcuno più che in qualcosa, che quella l’abbiamo superata. E in italiano forse non vuol dire un cazzo ma ricordate? le parole hanno pesi diversi. Ieri notte ho realizzato che la paura di impegnarmi in qualcuno ce l’ho più io che la persona che vorrei mi vedesse e che mi guarda soltanto distrattamente. E’ per questo che non agisco, che non domando e che non mi spiego. Sapere delle volte è sopravvalutato. Le consapevolezze pure, ma questa è una cosa che so da sempre. Quando le mie coinquiline mi dicono di interiorizzare certe cose e di farmene una ragione, penso che sottovalutino il fascino dell’affastellarsi. Ma io sono molto meno concreta di loro e forse è per questo che mi bilanciano così bene. Nel contesto classe mi sento molto fortunata. Delle volte forse un po’ incompresa, ma chi può dire di essere capito? Delle volte vorrei spiegare che alcune cose che i miei amici credono di sapere non sono mie e ritorna la voglia di urlarmi. Va bene così. Nonostante tutto ci abbiamo gli uni con gli altri ed è confortante, in un certo senso. Spaventoso ma confortante. E’ un’arma a doppio taglio: fino a quando ci guardiamo e basta, possiamo averci gli uni con gli altri. Iniziare a vedersi rende tutto complicato.  Ieri notte ho pensato che fortunatamente un processo pericoloso si è interrotto prima di nascere. Ho pensato che certe confidenze sono rimaste silenziose sul fondo di una bottiglia e che è meglio così, che forse a lungo andare avrei scucito io la tela. 
Una cosa che chi vive lontano impara è che tutto è temporaneo. Milano è casa mia adesso, ma tutto potrebbe cambiare. Basterebbe invertire l’ordine di alcune dinamiche, litigare con le mie coinquiline (cosa attualmente improbabile) e la vita potrebbe rovesciarsi. La prossima volta che bevo devo ricordarmene. Ho già rischiato di mettere in pericolo alcune cose e mi domando perché. Non riesco davvero a rispondermi, anche se nel profondo di cose ne avrei da dire. Guardare e non vedersi, dovrei scrivermelo sullo specchio che sta per arrivare a casa. Che poi a me le persone lineari non sono mai piaciute, i “per sempre” neppure. Mi sono sempre accompagnata a casi umani allucinanti, ho sempre subito il fascino di chi non sa neppure cosa farà domani a colazione e credevo andasse bene sapendo che avrei chiuso quella relazione dopo un mese forse. Allora perché sto così? Perché vorrei mi vedessi tu che forse mi stai leggendo? Perché vorrei averti incontrato in un contesto diverso, in un corpo diverso e in una me diversa? Perché vorrei essere più adulta, più serena, più giusta, più donna, più sicura? Perché invece di odiare quel momento in cui ho creduto di vederti, odio il fatto di poterti soltanto guardare? Perché sorrido e basta e perché tu non lo fai mai? Perché provo questo desiderio di urlarmi a chi ho intorno e solo con te vorrei facessi uno sforzo per capirmi da solo?
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