Tumgik
theyhavemademe · 4 years
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...perché che cosa nella mia mente non è associato a lei? E che cosa non me la ricorda? Non posso guardare questo pavimento senza vedere i suoi lineamenti raffigurati nelle pietre! In ogni nube, in ogni albero, riempiendo l'aria la notte, e balenando in ogni oggetto il giorno, io sono circondato dalla sua immagine! Nei volti più comuni di uomini e donne, nei miei stessi lineamenti , trovo una fugace somiglianza con lei. L'intero mondo è una spaventosa raccolta di rimembranze della sua esistenza e della sua perdita.
Cime tempestose, Emily Brontë
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theyhavemademe · 4 years
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Devo rammentare a me stesso di respirare e quasi rammentare al mio cuore di battere!
Cime tempestose, Emily Brontë
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theyhavemademe · 4 years
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«Ora capisco quanto sei stata crudele; crudele e falsa. Perché mi hai disprezzato? Perché hai tradito il tuo cuore? Non ti posso consolare. Te lo meriti; ti sei uccisa da te. Sì, puoi baciarmi e piangere; puoi strapparmi baci e lacrime; essi ti distruggeranno, ti danneranno. Tu mi amavi, e allora che diritto avevi di lasciarmi? Che diritto, rispondimi; un miserabile capriccio? Perché nè la miseria, nè il dolore, nè la degradazione, nè la morte, nessuna altra cosa mandata da Dio o da Satana avrebbe dovuto separarci; e tu l'hai fatto di tua volontà. Io non ti ho spezzato il cuore; tu te lo sei spezzato, e hai spezzato anche il mio. Peggio, molto peggio per me se son forte. Voglio vivere forse? Che vita sarà la mia quando tu.. oh Dio, ti piacerebbe vivere con la tua anima nella tomba?»
Cime tempestose, Emily Brontë
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theyhavemademe · 4 years
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«[...] A che scopo sarei stata io creata se fossi interamente contenuta in me stessa? Le mie grandi pene in questo mondo sono state le pene di Heathcliff, e io le ho conosciute e le ho sentite tutte una a una dal principio; la sola ragione di vivere per me è lui. Se tutto il resto perisse, e lui rimanesse, io continuerei a esistere; e se tutto il resto rimanesse e lui fosse annientato, l'universo si cambierebbe per me in un’immensa cosa estranea: non mi parrebbe più di essere una parte di esso. Il mio amore per Linton è simile al fogliame del bosco: il tempo lo muterà, ne sono consapevole, come l'inverno muta gli alberi. Il mio amore per Heathcliff somiglia alle eterne rocce che stanno sottoterra: una sorgente di gioia poco visibile, ma necessaria. Nelly, io sono Heathcliff! Lui è sempre sempre, sempre nella mia mente: non come un piacere, come neppur io sono un piacere per me stessa, ma come il mio proprio essere. Quindi non parlare più della nostra  separazione: è impossibile, e…»
Cime tempestose, Emily Brontë
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theyhavemademe · 4 years
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«Se fossi in paradiso, Nelly, sarei estremamente infelice». «Perché non siete degna di andarci» risposi io. «Tutti i peccatori sarebbero infelici in paradiso». «Ma non è per quella ragione. Una volta sognai d'esserci.» «Ti ho già detto che non voglio sentire i tuoi sogni, Caterina! Me ne andrò a letto.» la interruppi di nuovo. Ella rise e mi costrinse a star seduta poichè avevo fatto l'atto di alzarmi. «Questo è nulla. Volevo solo dire che non mi sembrava che il cielo fosse casa mia; e mi spezzavo il cuore dal piangere per tornare sulla terra, tanto che gli angeli finiron con l'andare in collera e mi scagliarono fuori proprio nel mezzo della brughiera in cima a Wutering Heights, dove mi svegliai singhiozzando dalla gioia. Io non ho più ragione di sposare Edgar Linton di quanta non ne avessi d'essere in paradiso; e, se quel malvagio che è li dentro non avesse ridotto Heathcliff a tanta bassezza, non ci avrei pensato. Mi degraderebbe ora sposare Heathcliff; così non saprà mai quanto lo amo, e non perché sia bello, Nelly, ma perché lui è me più di me stessa. Di qualunque cosa siano fatte le nostre anime, la sua e la mia sono le stesse; e l'anima di Linton è differente come un raggio di luna dal lampo, o il gelo dal fuoco.»
Cime tempestose, Emily Brontë
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theyhavemademe · 4 years
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«Nelly, non fai mai sogni strani tu?» disse ad un tratto, dopo qualche minuto di riflessione. «Sì,» risposi io «di tanto in tanto.» «E così succede a me. Nella mia vita ho fatto sogni che poi sono rimasti sempre in me, e hanno cambiato le mie idee; mi hanno penetrata tutta, mescolandosi con me come il vino con l'acqua, e hanno alterato il colore della mia mente.[...]»
Cime tempestose, Emily Brontë
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theyhavemademe · 4 years
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Per questa singolarità del mio carattere mi sono acquistata la fama di duro di cuore, ma quanto sia immeritata solo io posso giudicare.
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theyhavemademe · 6 years
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Era notte, sulla Sicilia e la calma terra: l’offeso mondo era coperto di oscurità, gli uomini avevano lumi accanto chiusi con loro nelle stanze, e i morti, tutti gli uccisi, si erano alzati a sedere nelle tombe, meditavano. Io pensai, e la grande notte fu in me notte su notte.
Conversazione in Sicilia, Elio Vittorini
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theyhavemademe · 6 years
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Il mondo è grande ed è bello, ma è molto offeso. Tutti soffrono ognuno per se stesso, ma non soffrono per il mondo che è offeso e così il mondo continua ad essere offeso.
Conversazione in Sicilia, Elio Vittorini
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theyhavemademe · 6 years
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Ragazzo, uno non chiede che carta e vento, ha solo bisogno di lanciare un aquilone. Esce e lo lancia, ed è grido che si alza da lui, e il ragazzo lo porta per le sfere con filo lungo che non si vede, e così la sua fede consuma, celebra la certezza. Ma dopo che farebbe con la certezza? Dopo, uno conosce le offese recate al mondo, l’empietà, e la servitù, l’ingiustizia tra gli uomini, e la profanazione della vita terrena contro il genere umano e contro il mondo.
Conversazione in Sicilia, Elio Vittorini
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theyhavemademe · 6 years
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Ma forse non ogni uomo è uomo; e non tutto il genere umano è genere umano. Questo è un dubbio che viene, nella pioggia, quando uno ha le scarpe rotte, acqua nelle scarpe rotte, e non più nessuno in particolare che gli occupi il cuore, non più vita sua particolare, nulla più di fatto e nulla da fare, nulla neanche da temere, nulla più da perdere, e vede, al di là di se stesso, i massacri del mondo. Un uomo ride e un altro uomo piange. Tutti e due sono uomini; anche quello che ride è stato malato, è malato; eppure egli ride perché l’altro piange. Egli può massacrare, perseguitare, e uno che, nella non speranza, lo vede che ride sui suoi giornali e manifesti di giornali, non va con lui che ride ma semmai piange, nella quiete, con l’altro che piange. Non ogni uomo è uomo, allora. Uno perseguita e uno è perseguitato; e genere umano non è tutto il genere umano, ma quello soltanto del perseguitato. Uccidete un uomo; egli sarà più uomo. E così è più uomo un malato, un affamato; è più genere umano il genere umano dei morti di fame.
Conversazione in Sicilia, Elio Vittorini
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theyhavemademe · 6 years
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Vidi le sue mani, ed erano grandi, consumate, nodose, completamente diverse dalla faccia, perché potevano anche essere di uomo che abbatte alberi o lavora la terra mentre la sua faccia era di odalisca in qualche modo. «Queste nostre donne!» pensai, e non volevo dire le siciliane ma le donne in genere senza dolcezza per la notte sulle mani, e forse, alle volte, infelici di questo, gelose e selvagge per questo, non avere di odalische le mani come pur avevano il cuore e la faccia e non poter tenere i loro uomini legati a loro con le mani. Pensai mio padre e me, tutti gli uomini, col nostro bisogno di mani morbide su di noi, e credetti capire qualcosa della nostra inquietudine con le donne; di come eravamo pronti a disertare da loro, le donne nostre con le mani rudi e spicce, quasi maschili, dure nella notte; e di come si cadeva in schiavitù a chiamar regina una donna che fosse donna, odalisca, quando toccava. Era così, pensai, che si amava l’idea della gente di lusso, e di tutta la società civile-militare, le gerarchie, le dinastie, i principi e re anche nelle favole; per l’idea della donna che allevasse alla tenerezza le mani. Bastava sapere della esistenza loro, poter sapere che c’erano, queste donne, e vederle, al di là per noi dai cavalli e le insegne e gli eunuchi loro; ed era così, pensai, che si amava tutta la festa e il gran serraglio, gli uomini loro pure, e le trombe, le insegne, e che si stava al gioco e si distoglieva lo sguardo dalle donne e ragazze nostre pari cercando altre io, mio padre, ogni uomo, e cercando altro in altre senza mai supporre che si cercava un contatto di mani tenere su di noi. Questo pensai; e pensai vigliacchi noi, guardando le mani di mia madre, informi, e pensando ai suoi piedi anch’essi informi nelle vecchie scarpe da uomo, e che bisognava ignorare come parti di un’altra natura in lei, innominabili. Ma mia madre cantava ed era uccello cantando, mugolii, fischiettii e un gorgheggio a tratti, e le sue mani e i suoi piedi non importavano, e nemmeno i suoi anni importavano, e importava solo che cantasse
Conversazione in Sicilia, Elio Vittorini
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theyhavemademe · 6 years
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E io guardai di nuovo quella Sicilia ch’era fuori, poi tutta mia madre avvolta nella coperta rossa, dalla testa chiara ai piedi, e vidi che aveva scarpe da uomo ai piedi, scarpe vecchie di mio padre, da cantoniere, alte e forse coi chiodi, come sempre lei aveva avuto l’abitudine di portare per casa, ricordavo, onde stare più comoda, o sentirsi in qualche modo piantata nell’uomo, e un po’ uomo, costola di uomo.
Conversazione in Sicilia, Elio Vittorini
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theyhavemademe · 6 years
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Io qui ricordai la campagna attorno a una casa cantoniera con la linea del treno, e i fichidindia, e con gridi di maiale. Si stava bene nelle case cantoniere, pensai. Tutta quella campagna per correre, senza coltivarla, senza contadini, solo con qualche pecora e gli uomini dello zolfo che passavano di ritorno dalle zolfare la notte, quando noi si era già a letto. Si stava bene, pensai, e chiesi: - Avevamo anche polli, no? Mia madre disse di sì, ne avevamo qualcuno, naturalmente, e io dissi: - Si faceva la mostarda... E mia madre: - Si faceva ogni sorta di cose... I pomodori seccati al sole... I mostaccioli di fichidindia. - Si stava bene, - io dissi, e lo pensai, pensando ai pomodori a seccare sotto il sole nei pomeriggi di estate senza anima viva in tanta campagna. Era campagna secca, color di zolfo, e io ricordai il gran ronzìo dell’estate e lo sgorgare del silenzio, e di nuovo pensai che si stava bene. - Si stava bene, - dissi. - Avevamo le reti metalliche! - Erano posti di malaria, per lo più! - disse mia madre. - Quella grande malaria! - io dissi. E mia madre: - Grande invero! E io: - Con le cicale!... - E pensai la foresta di cicale di là dalle reti metalliche delle finestre, della veranda, nella solitudine del sole, e dissi: - Io credevo che fossero le cicale, la malaria! - Ah! Ah! - rise mia madre. - Forse era per questo che ne acchiappavi tante? - Ne acchiappavo? - io dissi. - Ma io era il canto loro che credevo malaria, non loro... Ne acchiappavo? - Altro che! - disse mia madre. - Venti, trenta ogni volta. E io: - Immagino che le acchiappavo per grilli... - E chiesi: - Che ne facevo? Mia madre rise di nuovo. - Ho idea che le mangiavi, - disse. - Le mangiavo? - esclamai io. - Sì, - disse mia madre. - Tu e i tuoi fratelli. Lei rideva e io ero sconcertato. - Com’è possibile? - chiesi. E mia madre disse: - Forse avevate fame. E io: - Avevamo fame? E mia madre: - Forse sì. - Ma se si stava bene, in casa nostra! - protestai. Mia madre mi guardò. - Sì, - disse. - Tuo padre prendeva del denaro ogni fine mese, e allora per dieci giorni si stava bene, eravamo l’invidia di tutti i contadini e la gente delle zolfare... Ma dopo i primi dieci giorni si diventava come loro. Si mangiavano chiocciole. - Chiocciole? - dissi io. - Sì, e cicoria selvatica, - disse mia madre. E io chiesi: - Non mangiavano che chiocciole, loro? E mia madre: - Sì, tutti i poveri non mangiano che chiocciole, di solito. E noi eravamo poveri gli ultimi venti giorni di ogni mese. E io: - E mangiavamo chiocciole per venti giorni? E mia madre: - Chiocciole e cicoria selvatica. Io ci pensai su, sorrisi, poi dissi: - Immagino ch’erano buone, dopotutto. E mia madre: - Ottime...
Conversazione in Sicilia, Elio Vittorini
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theyhavemademe · 6 years
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Era questo, mia madre; il ricordo di quella che era stata quindici anni prima, venti anni prima quando ci aspettava al salto dal treno merci, giovane e terribile, col legno in mano; il ricordo, e l’età di tutta la lontananza, l’in più d’ora, insomma due volte reale. Esaminava l’aringa, tenendola alta, da una parte, dall’altra, non bruciata in nessun punto, eppure arsa tutta, e anche l’aringa era questo, il ricordo e l’in più di ora. E questo era ogni cosa, il ricordo e l’in più di ora, il sole, il freddo, il braciere di rame in mezzo alla cucina, e l’acquisito nella mia coscienza di quel punto del mondo dove mi trovavo; ogni cosa era questo, reale due volte; e forse era per questo che non mi era indifferente sentirmi là, viaggiare, per questo che era due volte vero, anche il viaggio da Messina in giù, e le arance sul battello-traghetto, e il Gran Lombardo in treno, e Coi Baffi e Senza Baffi, e la verde malaria, e Siracusa, la Sicilia stessa insomma, tutto reale due volte, e in viaggio, quarta dimensione.
Conversazione in Sicilia, Elio Vittorini
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theyhavemademe · 6 years
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Spinsi la porta ed entrai in casa e da un’altra stanza una voce disse: - Chi è? - E io riconobbi quella voce, dopo quindici anni che non la ricordavo, la stessa di quindici anni prima ora che ricordavo: era alta, chiara, e ricordai mia madre parlare nella mia infanzia da un’altra stanza. - Signora Concezione, - dissi.
Conversazione in Sicilia, Elio Vittorini
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theyhavemademe · 6 years
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- Credo che l’uomo sia maturo per altro, - disse. - Non soltanto per non rubare, non uccidere, eccetera, e per essere buon cittadino... Credo che sia maturo per altro, per nuovi, per altri doveri. E’ questo che si sente, io credo, la mancanza di altri doveri, altre cose, da compiere... Cose da fare per la nostra coscienza in un senso nuovo.
Conversazione in Sicilia, Elio Vittorini
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