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Senza una fotografia, non si può provare di aver pescato un pesce enorme.
Secoli fa i pescatori giapponesi hanno inventato la tecnica del gyotaku per ovviare a questo problema. gyo significa ‘pesce’, taku significa ‘calco’: il pesce catturato veniva inchiostrato con pigmento nero e stampato su un foglio di carta di riso. Poteva essere gettato di nuovo in mare o pulito e venduto al mercato.
Durante il periodo Edo, il gyotaku divenne molto popolare e la tecnica si affinò. Le parti maggiormente inchiostrate e quelle dove la china non era arrivata restituivano sul foglio un disegno, più o meno preciso a seconda dell’esperienza e dell’intenzione di chi eseguiva il calco. Il disegno ricavato poteva variare dalla precisa riproduzione del soggetto al suo divenire una forma astratta. Ogni artista aveva un suo modo che sceglieva inchiostri colorati, apportava ritocchi successivi di colore e di ambientazioni, o tendeva a riprodurre solamente pochi tratti, inchiostrando parzialmente il pesce per definirle unicamente l’idea. Si diceva che le stampe portassero fortuna ai pescatori.
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