alexanderaster
alexanderaster
I N G E G N I
15 posts
Questo blog è un format. Nasce da una necessità, da un peso che sentivo il bisogno di togliermi di dosso. Volevo condividere con qualcuno i miei pensieri. E ho deciso di trascriverli tutti, dai più ridicoli ai più profondi. La mia non è una forma di accumulo patologico, non voglio che questo blog diventi il grande mausoleo della mia mente. Voglio che diventi un ricettario aperto a chiunque voglia sprecare un minuto della sua vita per leggere e confrontarsi con me. Sperando che l'esito del confronto sia utile e costruttivo.
Don't wanna be here? Send us removal request.
alexanderaster · 6 years ago
Text
Borges e la sua biblioteca di Babele
Tumblr media
Borges, attraverso le parole del bibliotecario cieco, protagonista del racconto, ci dice come in realtà la biblioteca non può essere infinita poiché “se un viaggiatore dovesse viaggiare nella stessa direzione, scoprirebbe dopo diversi secoli che gli stessi volumi sono ripetuti con lo stesso disordine che ripetuto diviene ordine”. La biblioteca è dunque ciclica, ogni cosa si ripete con lo stesso ordine. Il concetto della "ripetitività" è ben più angosciante dell'idea di illimitato e infinito, esso viene ripreso dalla dottrina dell'eterno ritorno del filosofo tedesco Nietzsche, che Borges detestava proprio per il pensiero matematicamente inconsistente del tempo circolare che meglio analizza e demolisce nella raccolta "Storia dell'eternità". La biblioteca di babele è apparentemente il racconto con più elementi fantastici della raccolta Finzioni di J. L. Borges. Dico apparentemente perché in realtà nasconde sotto un velo sottile il dramma labirintico e perpetuo delle più grandi finzioni dell'umanità. La biblioteca è composta di infinite stanze esagonali, infiniti pozzi e infinite scale che conducono a infiniti piani con altre stanze perfettamente identiche. Ogni stanza ha 640 libri, tutti di 410 pagine, e ognuno di essi contiene una sequenza casuale di lettere. L'idea vertiginosa di un universo claustrofobico e ripetitivo come la biblioteca lascia senza fiato persino i più fantasiosi. Le parole sembrano susseguirsi nei libri come le cifre del Pi greco seguono dopo la virgola. Come il π contiene tutte le infinite combinazioni di numeri possibili così tutti i libri della biblioteca contengono tutte le combinazioni possibili di lettere. Naturalmente questo significa che ci saranno tutti i libri mai scritti o che verranno scritti, esisteranno copie infinite di libri, differenti solo di una virgola, di un punto o di una parola. Libri in qualunque lingua e libri incomprensibili privi di senso. Ogni libro in potenza esiste nella biblioteca in atto.
La biblioteca è l'equivalente del nostro universo, è una dimensione di cui si sconosce l'origine e non si riesce a prevederne una fine. Esiste da sempre. La caoticità della biblioteca di babele mette in luce la più grande finzione dell'umanità: le parole. In un universo dove tutto è stato già scritto le parole perdono di valore e significato; diventano agenti del caos in un universo geometricamente perfetto. Eppure rimangono l'unica certezza per noi uomini che ci affanniamo a trovare in esse un senso per ogni aspetto della nostra esistenza. Una ricerca vana, presuntuosa e inutile eppure l'unica strada percorribile. Il labirinto è metafora di un'altra grande finzione: la ricerca di Dio. Nella simbologia cristiana il labirinto è il percorso spirituale, a volte periglioso, che l'uomo deve compiere per elevarsi e raggiungere l'illuminazione, che è l'idea di Dio. La biblioteca è appunto un enorme labirinto i cui abitanti credono che tra tutti i tomi possibili esista anche quello che spiega l'origine dell'universo e quindi della biblioteca stessa. Alcuni sostengono addirittura che un bibliotecario sia riuscito a svelare il segreto della biblioteca e tutti sono alla ricerca del tomo contenente la storia della propria vita. Ma come spiega il protagonista anche se lo trovassero non potrebbero mai sapere se si tratti del testo corretto o solamente di una delle sue infinite possibilità. Cercare un senso a ogni cosa non sempre è necessario e spesso nell'impresa capita di perdere se stessi, cadendo vittima dell'ossessione o presi dalla vertigine di un universo troppo grande.
Tumblr media
0 notes
alexanderaster · 6 years ago
Text
Tumblr media
- Edgar Lee Masters, Antologia di Spoon River
20 notes · View notes
alexanderaster · 6 years ago
Text
Heart of Darkness
Tumblr media Tumblr media
Uno dei più bei romanzi del '900 un capolavoro dell'introspezione psicologica. Heart of Darkness di Joseph Conrad conquista dalla prima all'ultima pagina. Il viaggio che compie Marlow all'interno dell'Africa nera di Leopoldo II alla ricerca del misterioso Kurtz è in realtà un viaggio dentro gli anfratti più remoti della nostra anima. Un viaggio pericoloso, a bordo di un misero vaporetto sgangherato. Grazie al suo "adjectival english" Conrad riesce a dar vita alla foresta africana, ai suoi paesaggi, ai suoni e agli odori al punto che sembra quasi di vederli dinanzi a noi. L'aria umida e malsana delle capanne indigene, i tamburi che minacciosi tuonano dagli alberi dietro le sponde del fiume, gli occhi dei cannibali che gialli e luccicanti osservano attenti i movimenti dei colonizzatori bianchi, tutta l'atmosfera di costante terrore diventa palpabile nel lessico di Conrad, tanto da suscitare una reale agitazione e angoscia nel lettore. Percepiamo noi stessi attraverso gli occhi di Marlow il senso di inadeguatezza dell'uomo moderno in quel luogo remoto e tanto primitivo, assistiamo attraverso di lui alle brutalità dei colonizzatori europei nei confronti dei popoli inferiori da "civilizzare", arrivando a chiederci chi sia davvero il barbaro e se abbia realmente senso sottomettere per "educare" i popoli aborigeni. L'educazione e il pretesto della civilizzazione si trasformano in sfruttamento, derisione del diverso e lucro sulle loro risorse attraverso l'appropriazione illecita di avorio e gas naturale. Ricchezze la cui proprietà ci appartiene di diritto in quanto popolo superiore, nato con colore della pelle e quindi cervello diverso. Conrad riesce a dare uno schiaffo a tutti i preconcetti ostili e xenofobi propri dell'imperialismo europeo nei confronti dei popoli sottomessi, un messaggio forte, un grido che vuole riportarci alla ragione e alla tolleranza. Marlow nel suo soffocante viaggio nel cuore dell'Africa nera viene a contatto con la manifestazione più consistente della miseria umana. La ricerca di Kurtz lo porta a scoprire verità inquietanti sull'animo umano e sul fascino del male. Kurtz è un uomo scaltro e carismatico che, lavorando nell'avamposto più interno della compagnia belga, vive a stretto contatto con le popolazioni di cannibali dell'entroterra africano diventando in breve tempo più selvaggio di loro, spietato e feroce, riuscendo a soggiogare grazie al suo aspetto e alla sua voce gli indigeni, che lo adorano come una divinità, portandogli grandi quantitativi di avorio che Kurtz rispedisce lungo il fiume fino all'accampamento situato all'estuario facendosi in breve tempo una fama ricca di contorni maligni e oscuri. Kurtz rappresenta l'ipocrisia del colonialismo violento nascosto sotto falsi pretesti di civilizzazione. La sua brusca evoluzione psicologica scaturisce dal malsano vivere affianco ai cannibali, che risveglia in lui impulsi primordiali e mostruosi. Un uomo bianco con un cuore nero. Un'anima corrotta e oscura, sedotta dal male che risiede latente in ognuno di noi. In perfetta contrapposizione col personaggio di Marlow che rappresenta l'altra faccia della medaglia, quasi compassionevole nei confronti degli indigeni. È un romanzo fortemente sperimentalista sia per la lingua che per le tematiche scelte dall'autore, con un'ampia introspezione e una sapiente indagine all'interno degli istinti più nascosti dell'animo umano. Tutto il racconto è permeato da questa dicotomia eterna tra il Bene e il Male che risiedono in ognuno di noi e a cui noi soltanto spetta scegliere a quale delle due parti lasciare più spazio. Un controverso capolavoro di letteratura se pensiamo al fatto che Joseph Conrad era Polacco e che l'inglese nonostante fosse la sua terza lingua, fu quella dei suoi libri di maggior successo. Ogni parola è scelta accuratamente e riesce a ricreare magistralmente le atmosfere esotiche del continente africano. Un romanzo precursore della letteratura modernista le cui caratteristiche lo rendono uno dei capolavori più celebri della prosa novecentesca.
0 notes
alexanderaster · 6 years ago
Text
Perché il transumanesimo è una cosa bella?
Tumblr media
Avete mai riflettuto sul fatto che l'uomo è l'unica specie sul nostro pianeta che ha smesso di evolversi secondo natura? È da secoli che non dobbiamo più adattarci all'ambiente circostante per sopravvivere. Abbiamo iniziato a creare da noi il nostro habitat; non più alberi ma lampioni, niente capanne ma grattacieli, niente terra solo asfalto. Nel tempo questo nostro irrefrenabile impulso creativo per migliorare le condizioni di vita della nostra razza ha determinato alcuni tra i più disastrosi eventi per il nostro pianeta. Al primo posto lo scioglimento delle calotte polari, sotto influenza diretta del surriscaldamento globale. Avveleniamo quotidianamente, oltre l'atmosfera, campagne e fiumi. Consumiamo il triplo delle risorse di cui avremmo realmente bisogno. Siamo macchine divoratrici e insaziabili. Divoratori di mondi. Gli eventi climatici da noi stessi scatenati, che stanno sconvolgendo il nostro pianeta sono una reazione spontanea della terra al nostro vivere contro natura. Va chiarito che “contro natura” va inteso in senso strettamente letterale. Non abbiamo più bisogno di adattarci alle condizioni presenti in un ecosistema. Creiamo artificialmente l'ecosistema a noi più adatto. Questo comportamento non viene adottato da nessun'altra specie vivente, è come se fossimo alieni sul nostro stesso mondo. Mi guardo intorno e faccio difficoltà a immaginarmi un paesaggio realmente incontaminato da mani umane, ovunque guardi c'è traccia della nostra civiltà. Da immense opere architettoniche volte all'adorazione di qualche entità sovrasensibile fino alle fittissime reti autostradali e alle discariche. Stiamo gradualmente perdendo la nostra capacità di adattarci all'ambiente circostante, non sopravviveremo a lungo lontano dalla civiltà, senza le comodità e i benefici del mondo moderno. Stiamo diventando fragili, i nostri corpi sono inflacciditi, i nostri occhi diventano sempre più miopi al passare di ogni generazione. I nostri denti diventano più piatti, abituati a mangiare cibo industriale, morbido e raffinato. Dai tempi di Neanderthal abbiamo perso il 65% della nostra capacità visiva, non essendo più portati a spingere lo sguardo su grandi distanze. La nostra vista, come il nostro corpo, si adatta alla vita sempre più sedentaria, condotta in ambienti chiusi, seduti dietro una scrivania. I nostri progenitori erano in grado di resistere ad ambienti ostili, aiutati anche da un sistema immunitario più potente. Avevano un ossatura robusta e una forza muscolare ben superiore a quella dell’uomo moderno.  Forse questo è il prezzo che dobbiamo pagare in favore di una più ricca evoluzione mentale. I progressi scientifici degli ultimi 60 anni hanno aumentato notevolmente la qualità della vita. Abbiamo raggiunto in tempi brevissimi innovazioni inimmaginabili in ogni campo tecnico e scientifico, e la distanza del balzo tra una scoperta e l’altra si sta accorciando drasticamente. Ci stiamo evolvendo a un ritmo frenetico. Il che porta naturalmente vantaggi per la nostra vita, in termini di longevità, e svantaggi notevoli per la natura e le sue risorse, che stiamo spremendo fino al midollo. Secondo le teorie del Transumanesimo siamo ancora limitati dalle tecnologie del nostro tempo, ma in un futuro prossimo saremo in grado di modificare il genoma umano per perfezionarlo artificialmente, per invertire il processo di indebolimento fisico e rendere i nostri figli più robusti, più sani e intelligenti. Un’ affinamento dell’uomo attraverso li progressi  dell’eugenetica. Tali correnti di pensiero sono state immediatamente screditate dalla chiesa cattolica e dai fedeli di tutto il mondo; per loro manomettere il naturale processo dell’evoluzione umana costituisce un affronto contro Dio e le sue creature. Ciò che le èlite religiose di tutto il mondo ignorano è che abbiamo smesso di evolverci da un pezzo, o meglio, continuiamo a farlo ma non secondo natura. Personalmente mi rende molto triste pensare di aver perso l’adattabilità e la resistenza dei nostri antenati primordiali, pensare che non resisteremmo a lungo in condizioni ostili o sfavorevoli, senza elettricità o cibo trattato. Non è poi così inimmaginabile un futuro in cui gli esseri umani sono tutti obesi, con scarsissima capacità motoria, in grado di muoversi solo mediante l’ausilio di nastri trasportatori e futuristiche sedie semoventi. L’unica cosa che mi spinge a vedere positivamente questa vicenda è la certezza che con il nostro ingegno sopravviveremo all’estinzione e alla decadenza, ad ogni costo. E’ per me impossibile sottovalutare l’enorme potenziale evolutivo umano, che in tutti questi secoli ci ha permesso di oltrepassare le sfide dettate dalla nostra condizione di mortalità e fragilità. Dunque non è da escludere che in un futuro non troppo lontano saremo in grado di sopperire artificialmente al nostro tracollo genetico.
Tumblr media Tumblr media
0 notes
alexanderaster · 6 years ago
Text
#apologia del fancazzismo
Dante vs Super Mario
Tumblr media Tumblr media
Spesso partiamo dal presupposto che preferire un videogioco alla lettura di un libro sia sciocco, infantile o superficiale. Vorrei cercare di sfatare questa credenza assai diffusa, perché emozionare, arricchire e intrattenere non è una prerogativa del cartaceo. È appurato che l'industria videoludica, come qualunque altra forma d'impresa, mira più all'incremento delle vendite, talvolta abusando della serializzazione di uno stesso titolo di successo pur di attirare potenziali acquirenti, anziché puntare alla qualità del prodotto. Eppure non tutti i videogiochi sono un miscuglio aleatorio di elementi standardizzati per appiattirci mentalmente. Certamente leggendo un libro non sei legato a problemi di autonomia o di prestazione. Non consumi energia elettrica, e sicuramente non c'è il rischio che ti si spenga tra le mani. È vero che un videogame richiede meno sforzo mentale, ma non esagero nel dire che determinati giochi mi hanno emozionato più di alcuni romanzi e che, nonostante l'età, ancora mi commuovo per un gioco ben fatto. Sono entrambe forme di intrattenimento accessibili a chiunque, indipendentemente dall'estrazione sociale o dall'età. Per me il libro resterà sempre il mezzo privilegiato attraverso cui trasmettere idee e storie, ma non si può ignorare il fatto che ci siano altri metodi più "moderni". Nonostante la stragrande maggioranza dei videogiochi, tutti rivolti a un pubblico di giovanissimi, sia perfettamente privo di un qualsivoglia valore educativo non bisogna escludere la possibilità che, sebbene in piccola percentuale, ci siano titoli che più che intrattenere vogliono far riflettere su determinate tematiche. Stimolando il giocatore al confronto e al dialogo attivo, all'indagine instancabile di un significato da attribuire alla propria esperienza di gioco. Non per smania di completismo ma per una pura e semplice spinta emotiva dettata dalla curiosità, dalla voglia di sapere e conoscere. Di porsi delle domande e di trovare per quanto possibile delle risposte valide. Ci sono dei veri, piccoli tesori tra i videogiochi, che un domani potrebbero insegnare a vostro figlio la storia o la filosofia meglio di un professore in una scuola pubblica. Molti della mia generazione si sono appassionati alla storia passeggiando per le vie di Firenze o della Roma del Rinascimento con Assassin’s Creed, hanno visto gli orrori della guerra con Battlefield o Age of Empires. Altri hanno esplorato i desolati paesaggi distopici di Bioshock, Wolfenstein e Dishonored. Altri ancora hanno scoperto la bellezza delle saghe epiche norrene e i coloratissimi mondi fantasy con Skyrim e Dark Souls.  Ho scoperto con piacere alcuni titoli indipendenti di piccole case di sviluppatori che con un budget ridotto hanno investito più tempo nella cura della trama e nella caratterizzazione dei loro personaggi, creando capolavori senza tempo. Paragonabili per profondità narrativa alle opere di Bulkagov, James Joyce o George Orwell. Il videogioco è spesso più coinvolgente del libro. L'emozione trasmessa è palpabile, grazie alle immagini sempre più realistiche, alla musica e agli effetti sonori si può godere di un'esperienza immersiva a 360 gradi. Rispetto a un romanzo lo spazio lasciato all'immaginazione è assai poco, eppure le sequenze e le storie ci restano più impresse rispetto a quelle lette. Trovo incredibilmente tristi quelle persone preoccupate per i futuro della produzione libraria, come se ci fosse il rischio concreto di dimenticare il piacere di sentire le pagine di un libro tra le dita, o il loro profumo organico. Sbagliano a immaginare un futuro senza libri, sostituiti interamente da automi e sistemi elettronici, l'era del cartaceo non si esclude a vicenda con quella digitale. Entrambi sono mezzi per veicolare messaggi, idee e soprattutto arte in modi diversi ma egualmente efficaci. Sarebbe ingiusto sottovalutare il potenziale della loro coesistenza. 
La bellezza di qualsiasi tipo, nel suo sviluppo supremo, eccita sempre l’anima sensibile fino alle lacrime.
(Edgar Allan Poe)
0 notes
alexanderaster · 6 years ago
Text
#Apologia del Fancazzismo Analisi degli stilemi ricorrenti nei romanzi di Dan Brown.
Tumblr media Tumblr media
In questi giorni sto leggendo Origin, ultimo libro di Dan Brown pubblicato nell'ottobre 2017. In passato ho avuto modo di leggere altri libri dello stesso autore: Angeli e demoni, il Codice da Vinci e Inferno. Avevo grandi aspettative su quest'ultimo libro, speravo mi sorprendesse come i precedenti ma comprendo di star maturando, e che Dan Brown per quanto bravo si rivolge a un pubblico sempre più ampio. I suoi libri stanno diventando tremendamente commerciali e non basta più uscire qualche curiosità da intellettuale di secondo livello per stupire il lettore. Dal 2003 a oggi mi sento di poter dire che Brown è un autore statico. Incapace di evolversi e di cambiare stile nelle sue opere. In più 15 anni gli stilemi tipici dei suoi romanzi sono rimasti invariati e ,dopo il grande successo del Codice da Vinci, tutti seguono gli stessi punti fondamentali. Gli stessi elementi, che sembrano esser diventati imprescindibili, attorno ai quali l'autore costruisce il suo teatrino e che ora andremo ad analizzare. Ne ho identificati sinteticamente quattro:
I. L'intellettuale geniale che custodisce o ha intenzione di rendere pubblica un'informazione sconvolgente sul mondo in cui viviamo, in grado di far tremare le fondamenta delle nostre più ferree convinzioni.
II. La morte dell'intellettuale per mano sua o di un sicario inviato da qualche società segreta che agisce nell'ombra e che spesso ha legami con organizzazioni religiose come la chiesa di Roma.
III. Il professor Langdon, che naturalmente si trova immischiato in questo vortice di eventi scatenati dalla morte del genio di turno e senza la cui presenza, il romanzo non avrebbe senso di esistere.
IIII. Il personaggio femminile, non necessariamente buono, che come una sorta di guida (paragonabile alla Beatrice dantesca) conduce il professor Langdon attraverso le vicende frenetiche del romanzo.
Dal primo punto traspare questa convinzione megalomane di Brown di essere un portatore di verità assolute oscure al resto del mondo. Una specie di profeta che vuole rendere pubbliche le sue scoperte rendendole accessibili al lettore medio, celandole sotto l'intreccio delle sue storie. Questa fu la chiave del suo romanzo di maggior successo, il Codice da Vinci. Dan Brown spalancò questa enorme finestra sul mondo del simbolismo cristiano e sulla storiografia templare, contornando il tutto con lezioni di storia dell'arte medievale e rinascimentale. Il Codice è a tutti gli effetti un opera riuscita pienamente, e lo aggiungerei alla lista dei libri più famosi e venduti del nostro tempo, nonché un romanzo moderno di straordinario valore narrativo. Ma questo stile e queste scelte espressive sono giustificabili solo in quel libro. Dove tutto ruota attorno alla figura di Leonardo da Vinci e altri intellettuali rinascimentali. Già nel libro successivo, "Inferno", ci fa strano sentire la stessa tiritera del professore con le sue lezioncine gratuite di storia dell'arte, talvolta non strettamente necessarie ai fini della narrazione. Ma in Inferno non ce ne lamentiamo più di tanto, anzi, le digressioni di questo tipo aggiungono un qualcosa in più all'intera storia. Sono ancora sopportabili. Ma con Origin la questione si fa troppo marcata. È evidente che Brown ha cercato di cavalcare troppo a lungo l'onda di successo genrata dal Codice da Vinci, riproponendocela sotto maschere e nomi diversi che alla lunga stancano. La semantica è pressoché identica in ogni libro, Brown è incapace di cambiare genere o stile. Quando deve creare un nuovo libro comincia ad abbozzare una storia farcita di brevi digressioni da accademico, rimescolando il tutto attorno ai quattro punti fondamentali sopracitati. Un pizzico di sale e puf... nuovo romanzo con lo stesso sapore dei precedenti. Origin in particolare mi ha colpito per questa sua mancanza di originalità, nulla mi è sembrato particolarmente sorprendente. Lo stesso Codice da Vinci altro non è che una reinterpretazione romanzata del Pendolo di Foucault di Umberto Eco. E per questo motivo sono state mosse numerose inchieste sul presunto plagio di Brown. A questo riguardo in un'intervista Eco dice:
«Sono stato costretto a leggerlo, perché tutti mi facevano domande in proposito. Le rispondo che Dan Brown è uno dei personaggi del mio romanzo Il pendolo di Foucault, in cui si parla di gente che incomincia a credere nel ciarpame occultista.
(intervistatore) Ma sembra che lei stesso sia interessato alla cabala, all'alchimia e ad altre pratiche occulte di cui parla nel suo libro.
No, nel pendolo di Foucault ho rappresentato quel tipo di persone in maniera grottesca. Ecco perché Dan Brown è una delle mie creature.»
(intervista di Deborah Solomon, La Repubblica, 25 novembre 2007)
Tuttavia il suo romanzo ebbe una risonanza ben maggiore rispetto a quello di Eco e suscitò un acceso di battito che fece dell'opera un argomento di scandalo. Anche perché molte delle informazioni svelate nel corso del libro ci vengono fornite dall'autore come assolutamente veritiere in quanto oggetto di studi di molti accademici e studiosi. A questo proposito consiglio la lettura del libro "Inchiesta al Codice da Vinci" di F. Lenoir e M.F. Etchegoin che assieme ad altri critici e studiosi molto affermati mettono in luce le bufale partorite da Dan Brown e che lui stesso spaccia per vere. Questo esile libriccino di critica demolisce sapientemente la caterva di falsità ed errori presenti nell'opera di Brown, riuscendo a presentarci un panorama più ampio e chiaro sulla vicenda. 
Riguardo a Origin mi sento di dire che è un libro che mi è piaciuto e che valuterei, come gli altri, positivamente (3/5). Dan Brown è un autore con molti difetti, ma che comunque merita la mia stima. Nonostante lo stile sempre uguale e le storie alquanto simili tra loro Dan Brown è un romanziere eccezionale, con abilità espressive uniche e che riesce a rendere fluida e scorrevole qualunque storia esca dalla sua penna. A dispetto del numero infinito di citazioni storiche, di date e di eventi non c'è un solo momento in cui la narrazione risulti pesante. Rende fruibili al grande pubblico una quantità di informazioni che difficilmente il lettore medio andrebbe a cercare per conto suo. Non stupisce più dopo un po', ma incuriosisce. Le sue storie riescono a dare la spinta per approfondire meglio determinati argomenti che l'autore, per ragioni editoriali, non può trattare ampiamente. Regala pillole di cultura, piccole curiosità che stimolano alla ricerca incessante. In questo mi sento di dire che è un grande, e come per J.K. Rowling, raccomanderei i suoi romanzi a un pubblico giovane, di adolescenti, ciò non vuol dire che le sue storie non siano adatte anche a lettori di altre fasce d'età, ma che è importante dare ai giovani, specialmente della mia generazione, un incoraggiamento ad approcciarsi alla cultura e allo studio in modo diverso, dinamico e stimolante. La mia opinione è quella che le opere di Dan Brown vadano prese con la leggerezza che meritano, senza lasciarsi influenzare dalla sua teatralità nel rivelarci determinate cose, poiché potrebbero essere non vere o peggio imprecise storicamente. Sono romanzi che vanno presi per quello che sono e niente di più. Nient'altro che storie prive di fondamenti, che ben riescono nel loro intento di affascinare e di intrattenere.
1 note · View note
alexanderaster · 6 years ago
Audio
0 notes
alexanderaster · 6 years ago
Text
Recensione: Moonlight
Tumblr media
Un film che non sono proprio riuscito a farmi piacere. C’è qualcosa ce non va. Scelte registiche discutibili, una trama troppo sterile e un canovaccio opprimente. Cominciamo dall'analisi della trama riepilogando quanto accade nel film:
Capitolo I. Piccoletto
Chiron è un bambino afroamericano e vive con la madre in un quartiere nella periferia di Miami. La sua vita non è per niente facile. Quotidianamente subisce in silenzio i dispetti e le prese in giro dei coetanei che lo chiamano "checca" per via dei suoi comportamenti effeminati. Isolato dai suoi compagni, Chiron trova conforto nell'amicizia con Kevin, un ragazzino con cui lega molto e che sembra voglia essergli amico. La madre è una tossicodipendente e si prostituisce ogni sera per racimolare quei pochi spiccioli che le servono a comprarsi la dose successiva. È una madre divorata dalla dipendenza, che quotidianamente sfoga le sue frustrazioni sul piccolo Chiron il quale, incapace di reagire, spesso scappa di casa. Lega molto con Juan e Teresa un'altra coppia di afroamericani del suo quartiere che gli offrono asilo e protezione ogni qualvolta il piccolo scappa da casa. Juan è uno spacciatore di droga che controlla il quartiere e prende Chiron in simpatia, rassicurandolo che non deve incolpare nessuno per come è. Una sera sulla spiaggia Juan racconta a Chiron di quando era ancora bambino e scorrazzava per le strade di Cuba; una sera una donna anziana gli disse che i bambini di colore diventano blu quando vengono illuminati dai raggi della luna. Questa scena rappresenta un punto fondamentale per la narrazione. In ogni sequenza narrativa le scene in cui Chiron può essere realmente se stesso sono al chiaro di luna, come se il colore blu lo alleggerisse dal peso che ogni giorno è costretto a sopportare. Come se si spogliasse della maschera che ogni giorno è tenuto a indossare per poter essere finalmente se stesso. È solo illuminato dai raggi lunari che Chiron può sentirsi fragile senza paura di rompersi.
Capitolo II. Chiron
Salto temporale. Chiron è un adolescente e frequenta il liceo del suo quartiere. Anche lì è preso di mira dai bulli e l'unica persona di cui si fidi rimane Kevin. Juan è morto, presumibilmente per via della vita pericolosa che conduceva. La madre di Chiron è ancora nell'abisso della tossicodipendenza, ha toccato il fondo, è disperata al punto da rubare i soldi al suo stesso figlio per comprarsi la droga. Nel frattempo Teresa continua a prendersi cura di Chiron. Una sera, soli, sulla spiaggia Chiron e Kevin si incontrano e parlano delle loro vite, si divertono, fumano uno spinello e il tempo sembra volare. Tra i due c'è sintonia e si lasciano andare in un bacio appassionato sotto la luce della luna. A quel punto Kevin masturba Chiron, che gode della sua prima esperienza omosessuale. Ma la notte passa in fretta e col sorgere del sole l'atmosfera surreale di quella sera sembra svanire. Il giorno dopo un bullo a scuola convince Kevin a picchiare Chiron, il quale sentendosi tradito dall'amico di cui era innamorato, accumula rabbia e sensi di colpa che sfociano in un gesto disperato. Il giorno successivo alla rissa Chiron spacca una sedia sopra il bullo che ha convinto Kevin a picchiarlo, il tutto di fronte agli occhi increduli della sua classe e del professore che terrorizzato chiama la polizia. Chiron viene arrestato e spedito in riformatorio.
Capitolo III. Nero
Secondo salto temporale. Ormai adulto, Chiron è diventato un nerboruto spacciatore di droga in un quartiere afroamericano di Atlanta. Conduce le stessa vita che faceva Juan, unico esempio genitoriale maschile che abbia mai avuto. L'unico che potrebbe considerare come un padre. Chiron ora è autonomo, ma infelice. Cerca disperatamente di dimenticare il passato, le angherie della madre, il bullismo e il riformatorio. Ma al tempo stesso ripensa a Kevin, l'unico che lo abbia mai toccato. Talvolta lo sogna, per poi svegliarsi di soprassalto in seguito a polluzioni notturne. Un giorno riceve una telefonata che lo sconvolge. Kevin è riuscito a procurarsi il suo numero, vive ancora a Miami e vorrebbe vedere il suo vecchio amico. Chiron torna a Miami per trovare la madre, la quale si sta apparentemente riprendendo in un istituto per tossicodipendenti. Ma Chiron non ha più bisogno di lei. Ormai è solo uno spettro di pentimento e rimorso per non essere stata una brava madre. Ha reso la sua vita un inferno, e non c'era ad assisterlo nei momenti cruciali della sua vita. La sera Chiron va a trovare Kevin nel locale in cui lavora come cuoco. I due parlano delle loro vite, Kevin è divorziato con un figlio ed ora vive da solo. Kevin invita l'amico a ritirarsi a casa sua per la notte, lì lontani da occhi e orecchie indiscrete possono finalmente parlare liberamente delle proprie emozioni. In camera da letto Kevin masturba Chiron per la seconda volta. Chiron, a dispetto del suo aspetto imponente, si lascia andare sulla spalla di Kevin, e gli sovviene alla mente un immagine di lui da bambino in riva al mare illuminato sotto i raggi della Luna. Finalmente Chiron è felice e può sfogare le sue pulsioni. È libero tra le braccia dell'amico che ha sempre amato, come se fosse al chiaro di luna.
Il film ha una narrazione, sebbene marcatamente divisa in 3 sequenze, non molto intrigante e non sono riuscito a trovarci qualcosa di realmente interessante. Vuole presentarsi come un pellicola profonda, introspettiva e romantica. Ma risulta più asfissiante che romantica. Improduttiva più che introspettiva. Non abbastanza profonda. È la storia cruda e tristemente verosimile dell'esistenza soffocata di questo ragazzo omosessuale alla ricerca di un posto nel mondo. Ogni personaggio è tendenzialmente piatto, senza una vera caratterizzazione. Solo al chiaro di luna il protagonista ritrova se stesso. Abbandonando le ipocrisie e i pregiudizi. Un agnello travestito da lupo che può finalmente mostrarsi fragile senza paura. Non sto dicendo che è un film da gettare nel dimenticatoio, ha i suoi punti di forza, è tremendamente realistico. Ma non condivido il fatto che sia stato definito il miglior film #lgbt della storia del cinema. È una pellicola che non cattura e le vicende si susseguono passivamente. Un film che non lascia niente allo spettatore se non l'amaro in bocca.
1 note · View note
alexanderaster · 6 years ago
Photo
Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media
Stalker, Andrej Tarkovskij (1979)
355 notes · View notes
alexanderaster · 6 years ago
Text
Absolutely in love
9 notes · View notes
alexanderaster · 6 years ago
Text
Franz Kafka- Le Metamorfosi
Dopo un'attenta e profonda analisi del libro di Kafka -“Le metamorfosi”- devo ammettere che è un testo sorprendente anche se a una prima occhiata potrebbe non risultare sufficientemente originale. Il tema della metamorfosi non è sconosciuto alla letteratura del 900, così come i temi dell'alienazione dal lavoro e dalla famiglia, e come il problema dell'incomunicabilità con il mondo che ci circonda. L'incapacità di esprimersi come si vorrebbe e di non riuscire ad adattarsi agli schemi rigidi del mondo in cui viviamo è senza dubbio un tema meritevole di ampie dissertazioni in merito, ma il testo di Kafka, per quanto interessante, non coinvolge come dovrebbe. Risulta una lettura pesante e intensa, per quanto breve. Una mia recensione, fatta a distanza di più di cent'anni dalla pubblicazione del libro, non potrà certamente dire nulla di più di quanto non sia già stato detto nel secolo scorso, per cui non mi spenderò eccessivamente in disquisizioni elaborate. Nulla da ridire sullo stile di Kafka, curato e impeccabile (sebbene un'affermazione del genere dovrebbe scaturire da un confronto più approfondito con altre sue opere). La descrizione della stanza del protagonista è, per ragioni letterarie, fatta molto accuratamente dato che sarà il palcoscenico dell'intera opera. E in questo senso la scelta dell'autore di non volerci mostrare il resto del mondo in cui vive Gregor Samsa è molto forte. Il messaggio di Kafka è inequivocabile: non siamo realmente liberi come crediamo, siamo prigionieri. La stanza è allegoria della nostra mente, non serve a dare un senso di claustrofobia fisico ma psicologico. Non siamo in grado di esprimerci come vorremmo, qualsiasi ricordo, tutto ciò che proviamo o pensiamo arriverà alle orecchie del nostro ascoltatore come un mormorio indecifrabile che nella migliore delle ipotesi non verrà del tutto compreso. Lo scarafaggio rappresenta la diversità estetica, che spesso ci risulta difficile da superare e che costituisce una barriera enorme tra noi e il “diverso”. Il protagonista si arrende al fatto di non poter essere compreso dai famigliari come desidera e da ciò scaturisce un senso di abbrutimento mentale che porterà il signor Samsa ad essere mosso unicamente dalle più misere pulsioni animalesche come il mangiare e dormire. Samsa si arrende al fatto che non è lui il reale padrone della sua esistenza, è in balìa di forze oscure che decidono per lui in modi misteriosi e imperscrutabili. Tutte queste tematiche, arricchite dalle descrizioni forti che utilizza Kafka, rendono il racconto tremendamente angosciante e malinconico. Pesante. Non riesce in tal modo a catturare il lettore, che solo dopo una successiva e più attenta riflessione può afferrare l'enorme allegoria del racconto. È certamente da annoverare tra i “must” della letteratura, adatto per una lettura occasionale ma che andrebbe accompagnato ad altri testi, ben più ampi ed esplicativi.
1 note · View note
alexanderaster · 6 years ago
Text
La ballata di Buster Scruggs
Tumblr media Tumblr media
È uno di quei film che mi piace definire "una rivelazione". I vari episodi narrati si articolano e si susseguono di fronte allo spettatore come le fiabe raccontate da una voce amica, che conduce attraverso le crude e macabre vicende della ballata. Il tempo narrativo delle storie non è lineare, alcune durano più o meno di altre ma ciò non va a intaccare la scorrevolezza minimamente la scorrevolezza della pellicola, dandole anzi un valore aggiunto . Lo spettatore non sa quando avverrà lo stacco da una storia all'altra e questo "tenerci all'oscuro", questa nostra consapevolezza di non poter stabilire esattamente quale sia la parte finale di una storia e l'inizio di quella seguente ci lascia incollati allo schermo, col fiato sospeso. È un compendio di racconti d'altri tempi. Tempi di fame, in cui la vita era difficile e l'inesorabile peso del mondo si faceva sentire molto più di oggi. Veniamo catapultati in un racconto di tutti contro tutti, il cui unico obiettivo è la sopravvivenza ad ogni costo. Proprio la sopravvivenza è il principale nucleo tematico dell'opera, dal simpatico Buster Scruggs al cercatore d'oro, tutti vogliono sopravvivere sacrificando qualsiasi cosa sia necessaria al perseguimento della propria causa. Non è uno di quei film da vedere una sola volta. Gli spunti che ogni macrosequenza offre sono molteplici, e ogni storia rimane in sospeso. Alcuni personaggi restano senza un background, l'analisi introspettiva viene lasciata nelle nostre mani. Noi dobbiamo prefigurarci nella nostra mente il passato e le storie di alcuni protagonisti, quali sono i loro veri pensieri, se stiano mentendo oppure no. Accompagnato da un eccellente fotografia che i fratelli Coen ci hanno già regalato in altri capolavori (No Country For Old Men) le storie non sono mai scontate, possiamo prevederne alcune svolte ma mai il finale sarà come ce l'aspettavamo. Il tutto contornato da un'ironia a volte spiazzante, è un lungometraggio che offre tanti scorci del vecchio west, da diversi punti di vista. Una raccolta di storie divertenti e grottesche, che agli occhi di un moderno potrebbero risultare troppo crude.
2 notes · View notes
alexanderaster · 6 years ago
Text
2 notes · View notes
alexanderaster · 6 years ago
Text
Ho recentemente visto un film strepitoso "La ballata di Buster Scruggs". Consigliatissimo. A breve la mia recensione.
Che poi non mi segue nessuno lol. Ma chi se ne frega io mi diverto.
0 notes
alexanderaster · 6 years ago
Text
Tumblr media Tumblr media
Arwen:
Renich i lú i erui govannem? 
Do you remember when we first met?
Aragorn:
Nauthannen i ned ôl reniannen. 
I thought I had wandered into a dream.
Arwen:
Gwennin in enninath... Ú-'arnech in naeth i si celich. Renich i beth i pennen?
Long years have passed. You did not have the cares you carry now. Do you remember what I told you?
Aragorn:
You said you'd bind yourself to me, forsaking the immortal life of your people.
Arwen:
And to that I hold. I would rather share one lifetime with you than face all the ages of this world alone.
3 Gennaio - (1892-2019)
Il 3 Gennaio 1892 a Bloemfontein nasceva John Ronald Reuel Tolkien.
Tolkien è un autore universale, tocca una quantità di tematiche spaventosa. Ha creato un universo con vari mondi, dei, lingue, razze , culture e centinaia di personaggi le cui storie si intrecciano continuamente. Le lingue fantastiche che Tolkien mette alla luce nei suoi libri meritano una menzione particolare. Il Professore racconta che tutto ebbe inizio quando da ragazzo sentì alcuni suoi coetanei parlare in "animalese", una lingua-gioco in cui ogni parola equivaleva al nome di un animale e ad un numero, un gioco che ben presto venne dimenticato per essere sostituito da un altro idioma che attirò la sua attenzione: il Nevbosh, che modificava irrimediabilmente le parole inglesi sostituendole talvolta con altre parole prese in prestito dalle lingue romanze. Da lì l'interesse di Tolkien per le lingue si accese, iniziando da ragazzo a creare da sé delle lingue artificiali. Questa sua passione maturò al punto tale da fare delle lingue la colonna portante della sua vita accademica. Saranno le lingue il centro dei suoi studi e della sua letteratura. Le basi per la costruzione dei suoi linguaggi fantastici furono il Gaelico e il Finnico, da cui prese ispirazione per creare l'elfico, la lingua dei nani e dei primi uomini. Paradossalmente egli creò i suoi meravigliosi mondi per dare una collocazione fittizia alle sue lingue inventate (che Tolkien stesso definisce in un suo saggio il suo " Secret Vice", il suo vizietto segreto). Tant'è che in una sua lettera afferma «Nessuno mi crede quando dico che il mio lungo libro è un tentativo di creare un mondo in cui una forma di linguaggio accettabile dal mio personale senso estetico possa sembrare reale. Ma è vero». Partendo dagli studi di linguistica, nel corso della sua lunga esperienza di vita, arricchita con gli anni trascorsi come professore a Oxford, è riuscito a creare l'archetipo del romanzo fantasy moderno. La quantità di fonti a cui attinge è spaventosa e sarebbe riduttivo parlarne qui. A questi nuclei tematici che hanno ispirato il professore dedicheremo uno spazio riservato, nei prossimi post.
2 notes · View notes