#diffusione e fortuna
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[Le immagini di Antinoo][Alessia Di Santi]
"Le immagini di Antinoo" di Alessia Di Santi ed esamina le rappresentazioni del giovane favorito dell'imperatore Adriano, cercando di risolvere le questioni rimaste irrisolte e approfondendo aspetti inesplorati. L'autrice è una ricercatrice con expertise
Antinoo, divinizzato, ritratto e ricostruito. Un nuovo studio sulle immagini di un giovane immortale Titolo: Le immagini di Antinoo. Formazione, diffusione e fortunaScritto da: Alessia Di SantiEdito da: Edizioni ETSAnno: 2024Pagine: 256ISBN: 9788846762993 La sinossi di Le immagini di Antinoo di Alessia Di Santi Molti sono gli studi dedicati ad Antinoo, il giovane favorito dell’imperatore…
#2024#Adriano#Alessia Di Santi#Antichità#Antinoo#Contesto#diffusione e fortuna#Divinizzazione#Edizioni ETS#Formazione#Le immagini di Antinoo#Monete#Nuovo Studio#Ricostruzione#ritratto#Scultura#storia
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Sbarià 8 - Piuttosto che Cringe
Per la prima volta da quando ho iniziato questo gioco dei sondaggi, il risultato dei voti supera le 100 preferenze, 101 per l'esattezza. Ringrazio davvero di cuore tutti quelli che hanno speso un po' del loro tempo a votare, rebloggare e commentare. Come prassi vuole, andiamo a scoprire i risultati finali:
Per la prima volta c'è un ex aequo in testa: Cringe e l'uso scorretto di Piuttosto dividono la prima posizione. Se già con i precedenti sondaggi è evidente il leggero fastidio che l'uso di anglicismi suscita, è singolare che sia una regola grammaticale a suscitare irritazione linguistica. Per chiarire, piuttosto che si usa in valore avversativo, cioè per esprimere una preferenza esclusiva tra due opzioni, come ad esempio "preferisco A piuttosto che B" e non con valore coordinante disgiuntivo, come se fosse sinonimo di oppure. Il mitico professore Antonelli notò che l'uso scorretto è già da tempo mira della comunità dei parlanti, tanto che in un sondaggio per l'inserto domenicale del Sole24Ore che curava nel 2007, il piuttosto disgiuntivo era al quarto posto tra "Le parole da buttare". Ovviamente l'uso scorretto può diventare intensivo, e potrebbe finire per divenire comunemente accettato, divenendo un modismo, che nelle parole dello stesso professore Antonelli «sono voci, espressioni, formule, intercalari accomunati proprio dalla grandissima diffusione di cui godono in un determinato (di solito breve) periodo … i modismi … nel periodo di massima fortuna rimbalzano continuamente dal parlato allo scritto (e viceversa) e riescono a infiltrarsi nei contesti più svariati, passando presto dall'uso all'abuso». Sul fatto che sia nato nell'uso al Nord, devo indagare meglio. Su Cringe, la soluzione è molto più semplice: vale totalmente il nostro "imbarazzante".
Al secondo gradino del podio Se è porno, tolgo: l'uso principale è quello di fotografare una pietanza, spesso cucinata in proprio, e affibbiare questa didascalia, secondo il contemporaneo dettame del "food porn" (mi perdonerete l'uso occasionale, spero!). Tra l'altro, è l'ennesima attestazione di due aspetti: l'eterna allusione al proibito sessuale; nell'era della iper estensione di sè, quello che conta è essere pornografici, cioè nella proprio etimologia di "arte di raffigurare gente che si vende" (dal francese pornographie (fonte Treccani), a sua volta dal greco πορνογραφια, ovvero "scrivere su" o "disegnare prostitute", da πέρνημι vendere e γράφω raffigurare, scrivere). Senza parlare dell'effetto imitativo a catena.
Al terzo posto, l'uso di Confidente come aggettivo. Va precisato che esiste attestazione della parola come aggettivo, ad esempio "con animo confidente", ma l'uso era pressoché scomparso nella lingua parlata, e rimaneva l'uso come sostantivo ad indicare "Persona a cui si confidano i proprî segreti". Il rinnovo dell'uso dell'aggettivo si deve all'uso attestato nelle interviste ai personaggi sportivi che rispondono in inglese, della espressione "I am confident" che significa "Sono fiducioso" per la gara, prestazione e così via. Per curiosità, confident è attestato in inglese solo dal 16.mo secolo, e deriva dal francese confident, a sua volta derivante dal latino confidere. Che è la stessa etimologia del nostro confidente.
Staccati Bene ma non benissimo e Seguitemi per altre ricette, che ha avuto un solo voto. Del primo, va ricordato un particolare: nel 2018 un film diretto da Francesco Mandelli e una canzone colonna sonora di Shade hanno questo titolo, Bene ma non benissimo. Il film tra l'altro affronta il tema del bullismo tra gli adolescenti. Ma denota un fatto evidente: se prima era la musica o il cinema a creare "il tormentone", adesso è il contrario, si prende dal calderone gigantesco della comunicazione e si modella secondo le esigenze.
Grazie tantissimo e al prossimo sondaggio!
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Gente che vive in queste zone, ma in generale gente che va e passeggia in giro per l'Italia, fate attenzione alle vostre scarpe e alle zampe dei vostri cani. Non siamo ancora in emergenza massima, ma siamo comunque messi maluccio, mi pare. E posso capire tutte le polemiche sugli allevamenti intensivi, ma intanto sarebbe bene mettere un freno sul breve periodo. Individualmente purtroppo si può fare ben poco, a parte evitare di diffondere disinformazione e panico, il vero contenimento lo devono fare gli allevamenti, ma tant'è, i consigli seguiamoli lo stesso, per quanto possibile. Abbiamo la fortuna che come malattia non ci riguarda e non riguarda nemmeno cani o gatti, ma la sua diffusione è comunque un problema importante, anche perché una moria evitabile di cinghiali e maiali credo non faccia piacere a nessuno.
I consigli per non diffondere la peste suina
In attesa di altri chiarimenti e indicazioni, ci sembra utile rilanciare l’appello della Regione Emilia-Romagna rivolto ai cittadini amanti delle passeggiate nei boschi per non contribuire alla diffusione della peste suina. La Regione ricorda che la peste suina non rappresenta un pericolo sanitario per le persone e che i prosciutti si possono mangiare, ma bisogna contrastare l’epidemia per i gravi danni che arreca al settore zootecnico. Ecco le regole.
Se cammini per i boschi o per la campagna, o vai per funghi e ti imbatti in una carcassa di cinghiale (quindi un cinghiale morto o resti di ossa), contatta i servizi Veterinari dell’Azienda unità sanitaria locale, al numero unico regionale 051.609.2124. Se puoi memorizza la tua posizione geografica sul cellulare e scatta una foto.
Quando rientri da una passeggiata in un’area che potrebbe essere contaminata dalla PSA, cambiati le scarpe e riponile in un sacchetto prima di pulirle.
Non abbandonare nell’ambiente avanzi o rifiuti alimentari specialmente se contenenti carni di suino o cinghiale o salumi che possono essere veicolo di infezione per gli altri animali.
Le malattie non rispettano le frontiere (se viaggi informati su quali tipi di carne puoi portare con te).
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I numeri che vengono fuori dalla ricerca “Diffusione dell’azzardo online nei piccoli Comuni italiani” di Federconsumatori, Cgil e Istituto degli studi sui Comuni sono così sorprendenti da aver allarmato tutto il paese di Calliano dell’Alta Vallagarina in Trentino, 2098 abitanti tra Rovereto e Trento, dal sindaco Lorenzo Conci fino alle banche e alla Guardia di finanza. Nel 2023 ogni cittadino avrebbe speso 12.749 euro per giocare online a giochi di Stato, Gratta&Vinci e Lotteria: una cifra da record se solo si pensa che la media nazionale, sempre lo scorso anno, è stata di 2.996 euro a testa. È il secondo paese tra i 2.000 e i 9.999 residenti a sborsare così tanti soldi per sfidare la fortuna: al primo posto c’è il comune di Anguillara nel Padovano dove sono stati spesi 13.073 euro a testa. Così sono iniziate le indagini per capire l’origine e le motivazioni di una spesa per le scommesse che in tutto è arrivata a 19.099.158 euro giocati in un anno
Dall'articolo "I sospetti su Calliano, il paese delle scommesse fortunate: l’anno scorso ogni cittadino ha giocato e vinto 12mila euro" su LaStampa.it
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In questo iconico scatto di Dorothea Lange, una giovane madre tiene tra le braccia il neonato, come una moderna Madonna col bambino. Potrebbe sembrare un dipinto rinascimentale fuori contesto, se un dettaglio inquietante non ci riportasse al presente: una bottiglietta di Coca Cola in primo piano, trasformata in un biberon di fortuna.
Le madri migranti ritratte da Dorothea Lange sono moltissime: i loro volti raccontano non solo la tragedia del presente, ma anche la speranza per il futuro, custodita negli sguardi un po' spaesati dei bambini che le circondano.
Questo è il ritratto di una delle moltissime famiglie in viaggio verso la California, alla ricerca di un futuro migliore. Ad attenderli, a loro insaputa, delle condizioni di vita probabilmente peggiori rispetto a quelle lasciate. Il viaggio nella cultura statunitense ha sempre simboleggiato un valore positivo, di conquista del territorio e di libertà, assumendo un significato identitario; ma nel momento storico documentato da Lange, il viaggio rappresenta un vero e proprio esodo, una traversata imposta dalle circostanze avverse in direzione di una terra inospitale e, spesso, provvisoria.
La mostra è stata resa possibile anche grazie al prezioso sostegno di pba S.p.A., sponsor ufficiale. Il tema dell'inclusione, delle migrazioni, della crisi economica e sociale nella società americana fotografata da Dorothea Lange sono temi di estrema contemporaneità che hanno assunto una diffusione globale. Per pba S.p.A. la consapevolezza della “diversità” come valore può considerarsi strumento per creare una società più accogliente e sostenibile.
"Dorothea Lange. L'altra America" è aperta al Museo Civico di Bassano del Grappa fino al 4 febbraio 2024, prenota ora il tuo biglietto al link https://bit.ly/3Ftpn7p
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Dorothea Lange, "Charly Family, one month from South Dakota, now on the road in California". Tulelake, Siskiyou County, California 1939.
#MuseiBassano #DorotheaLange #BassanodelGrappa #VisitBassano
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Vacanze D'Estate I
Durante l'estate, quando ero poco più che un ragazzino, mamma mi mandava in campagna dai nonni, durante le vacanze scolastiche.
I nonni abitavano in una grande casa contadina in un piccolo borgo agricolo della bassa Ferrarese, costruita insieme a poche altre abitazioni, intorno a una grande aia.
La casa era su due piani, al piano terra c'era una grande sala da pranzo, la cucina, un bagno e un'altra camera adibita a biblioteca e sala giochi, al piano superiore c'erano quattro stanze da letto e un altro bagno.
A lato della casa c'era un grande pollaio e all'interno del pollaio un paio di costruzioni, una per il ricovero notturno dei polli e la bugadara, la lavanderia dove si lavavano i panni prima della diffusione della lavatrice.
Dall'altra parte c'era la stalla che ospitava una ventina di mucche da latte e un po' più distante c'era l'aldamara, il letamaio dove si ammucchiavano i rifiuti organici dei bovini.
I nonni avevano un trattore, non molto grande, forse un Landini che era uno dei miei giochi preferiti, fino a quando le mie cuginette non me ne insegnarono altri più interessanti.
Nella casa, oltre ai nonni molto anziani, viveva uno zio con la moglie, le due figlie femmine e un maschio, mentre altri zii si erano sparsi nella zona tra Ferrara e Comacchio e non lavoravano più in campagna ma nelle fabbriche o sulla strada.
I miei tre cugini erano tutti più grandi di me di qualche anno e avevano sviluppato delle curiosità che ancora io immaginavo appena e alle quali fui "iniziato" quando compii quindici anni e le mie cuginette mi portarono nella libreria, dove mi mostrarono dei giornaletti semiporno che il loro fratello più grande aveva comprato o rubato e che diventarono la mia lettura preferita.
In cambio le mie cugine vollero vedere le condizioni del mio pene, dopo aver guardato quelle immagini erotiche di congiunzioni carnali di ogni tipo e mi ritrovai un un pomeriggio d'estate con una di loro, la più piccola che chiameremo L, che aveva un anno più di me che dopo avermi abbassato i pantaloncini, mi tirava giù anche le mutande.
Quello che le mostrai parve piacerle parecchio perché mi chiese di toccarlo e a me sembrò una cosa interessante farlo fare a lei, piuttosto che farlo io come al solito. Fu molto piacevole e anche se la timidezza colorò di rosso le mie guance, lasciai che L prendesse confidenza col mio pene fino a iniziare una lenta e dolce masturbazione.
L mi accarezzava guardando il pene eretto e ogni tanto alzava gli occhi a incrociare i miei e vedendomi felice e beato, mi sorrideva.
Solo la mia sborrata la prese un po' in contropiede ma fu comunque molto attenta a darmi piacere senza preoccuparsi degli schizzi tutto intorno a cui pensò più tardi, ripulendo il pavimento senza lasciare tracce.
Con una discreta esperienza che non sapevo avesse maturato, attese che il mio seme fuoriuscisse completamente e con mia grande sorpresa posò le labbra sulla cappella umida per un bacio lieve che però fu come ricevere una scossa elettrica.
Consapevole del mio doppio turbamento, L mi sorrise e mi sussurrò di stare tranquillo e soprattutto mi confessò che la vista del mio pene non solo le era piaciuta assai ma che le aveva anche fatto bagnare le mutandine.
E per darmi conferma del suo reciproco turbamento, se le tolse e mi fece vedere come i suoi fluidi femminili avevano intriso il tessuto e lasciato tracce inequivocabili.
L avvicinò le sue mutandine al mio viso e io aspirai a fondo il profumo della sua fica, un aroma intenso e acre di donna eccitata che portava le mutandine dalla sera precedente in una stagione calda e afosa.
Quando le chiesi se potevo restituirle il piacere che mi aveva appena regalato, L disse di no, perché V, il fratello maggiore e mio cugino le aveva dato il permesso solo per guardarmi e masturbarmi.
E per avere il suo permesso per giocare con me in altre maniere, dovevamo attendere il suo ritorno nel fine settimana che si approssimava.
Per fortuna che dopo L, anche la sorella M volle togliersi la curiosità di vedere cosa nascondessi nello slip e il giorno seguente fu lei a venire con me nella stanza adibita a libreria per guardare insieme i giornaletti porno del fratello grande.
M, malgrado fosse più grande della sorella, era più timida di L che mi aveva tirato fuori il pene senza grandi tentennamenti e mi aveva subito chiesto se poteva toccarlo e avuto il mio via, aveva iniziato a masturbarmi immediatamente fino a farmi venire.
Essendo più riflessiva ci mise più tempo a slacciarmi i pantaloncini e ad abbassarmi le mutande ma l'effetto della mia erezione fu uguale a quello avuto sulla sorella minore.
Impiegò anche più tempo ad ammirare il pene durissimo che avevo allora e a un certo punto mi chiesi se non si fosse addormentata e sognasse di tenerlo stretto tra le dita ma M si scosse da quel torpore eccitato e iniziò a masturbarmi con una lentezza estrema.
Grazie ai suggerimenti di L, quando capì che stavo per esplodere, prese un fazzolettino di carta per evitare la dispersione del seme e la successiva pulizia del pavimento.
Sborrai nella soffice carta di un fazzoletto tempo tenuto dalle sue mani delicate e M, dopo aver atteso pazientemente la fuoriuscita dello sperma, se lo tenne come un trofeo.
A differenza di L non posò le labbra sulla mia cappella e mi risistemò il cazzo nelle mutande senza farmi annusare le sue e io non le chiesi nulla.
Continua
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La favola della fratellanza nel metal e nella scena underground.
Praticamente da sempre si è sbandierata ai quattro venti la mitologica leggenda che nel metal esiste una compattezza, un’unione che non si trova in nessun altro movimento, o quasi. Ma davvero è così? Veramente i metallari sono talmente compatti da formare un corpo unico, indissolubile e fortissimo? Davvero non ci sono spaccature dissidi, competizioni di sorta? Sul serio l’underground è così fortemente unito?
La risposta è no. Non è vero. Sono fandonie che si raccontano da una vita. Il bello è che le divisioni interne, le lotte intestine, si sono verificate fin da subito. Tu ascolti glam quindi non capisci nulla di musica. Quelle sono band per ragazzine. Oppure, se ascolti thrash ti piace il rumore. O ancora, se senti black sei satanista e un disadattato e così via. E sono guerre che sono continuare per anni. Fino a quando il mondo metal ha iniziato a collassare commercialmente e ci si è resi conto che forse certe distinzioni erano inutili. Tuttavia la fratellanza tanto diffusa, non si è ugualmente creata.
Sono emersi i defenders, ossia quelli che difendono a spada tratta tutto ciò che fa parte del mondo metal. A prescindere. Se si tratta di classici, chiunque è diventato intoccabile. Che si parli di Cannibale Corpse o di Kiss, dei Death o dei van Halen, non sono criticabili. Quantomeno da chi lo fa esternamente al panorama di riferimento. Tuttavia la mentalità non si è modificata.
Anzi, si è incancrenita trasformandosi in una inutile quanto stucchevole gara a chi ne sa di più, chi ascolta le band più complesse, solo quelle fanno vera musica, per finire con chi conosce il gruppo più sconosciuto del mondo che se solo emergesse farebbe sfaceli. E si combatte a suon di critiche, post, risposte caustiche, commenti al vetriolo. Dov’è finita la fratellanza, la compattezza, il rispetto per le opinioni altrui? Nella lotta al celodurismo.
Non va poi dimenticato tutto il sottobosco underground dove queste guerre sono all’ordine del giorno. Soprattutto sono inasprite da scontri diretti, boicottaggi. Sono alimentate da invidie e inutili paragoni. Se il gruppo x di persone che conosco diventa famoso più del gruppo y in cui suono, non è per merito, ma è per fortuna. Chi sa chi hanno pagato per arrivare fin o a lì. Si sono commercializzati e quindi fanno musica di poco valore. Diversamente non sarebbero mai riusciti ad emergere. Noi si che siamo puri. Non ci venderemo mai alla commercializzazione. Siamo coerenti, noi.
O, ancora: perché dovrei andare a sentire la band tal dei tali e far crescere il loro pubblico quando alle mie serate ci viene poco pubblico? Non ci vado. Siamo tutti nella stessa barca. Poco pubblico noi, poco pubblico loro. E poi sono degli sfigati venduti. Proseguendo: perché dovrei collaborare con tizio? Solo perché è più bravo di me? Se ci lavoro assieme poi vengo sminuito. Poi: ma hai visto il gruppo Caio? Si sono messi a fare i video sui social.
Che sfigati. Invece di pensare a suonare e a promuovere la propria musica fanno i finti creator. Tanto lo sanno tutti che è inutile e che il fenomeno web prima o poi si sgonfia. I loro brani così girano? Si ma tanto poi non se li cagherà nessuno nei live. Salgono gli ascolti sulle piattaforme di diffusione musicale? Hanno gonfiato i numeri di sicuro. Oggi si possono comprare i like e gli apprezzamenti. E così via. Che fratellanza è? Dove sta il supporto? Dove la compattezza? Per fortuna non tutti sono così.
Ma la maggior parte si. Eppure, consci di ciò, in ogni caso ci si fregia della favoletta dell’essere uniti sotto un’unica bandiera. In verità esiste un caso in cui ciò accade. Quando si deve difendere il mondo rock e metal dagli attacchi esterni. In quel caso tutti compatti, o quasi. Tutti pronti ad issare barricate bucherellate e traballanti contro il nemico comune. La verità è che il ‘pericolo’ non arriva da fuori. Non è un fenomeno esterno a star distruggendo mondo metal.
Come Cripton, mondo metal sta implodendo a causa delle guerre intestine. L’aspetto peggiore è che nessuno fa nulla. Va tutto bene. Siamo una grande famiglia… con i coltelli in mano. Una famiglia pronta ad affogare chi sta annegando o a tirare giù a forza chi sta prendendo il volo. Sarebbe ora di smetterla di raccontarci frottole, di attaccarci ad una realtà che ci piacerebbe esistesse ma che non c’è e non c’è mai stata.
Si dovrebbe prendere atto che per fare il bene della musica che tanto si ama, o si dice di amare, si deve invertire la tendenza. Il problema è che questo modo di fare è talmente incancrenito, solidificato, che smontarlo senza un’azione congiunta è impossibile. E un’azione congiunta non si può fare perché, alla fin dei conti, a pochi interessa davvero della musica. Meglio inutili lotte.
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Bertoldo, Bertoldino e Cacasenno

Bertoldo, Bertoldino e Cacasenno Bertoldo, Bertoldino e Cacasenno, un post letterario che riprende alcuni brani di questo testo umoristico di Giulio Cesare Croce con una piccola introduzione e una breve biografia dell'autore. Quando frequentavo le scuole medie, nel 1973, nella nostra antologia - LA LETTURA. ANTOLOGIA CON LETTURE EPICHE di Italo Calvino e Giambattista Salinari, Zanichelli Editore, un libro bello corposo per ogni annualità, oltre all'epica, alle poesie e a vari testi letterari di autori classici vi erano anche testi più umoristici, tratti da opere di scrittori di assoluta genialità. Tra questi vi erano brani tratti dal Bertoldo di Croce che, con i testi del Don Chisciotte di Cervantes, erano tra i miei preferiti; non a caso molti anni anni dopo la mia tesi di laurea si occupò proprio del fenomeno umoristico. A distanza di 50 anni, e dopo aver sofferto parecchio durante la mia complicata esistenza, a soli pochi mesi dalla morte di mia madre, dedico questo post a Bertoldo e al suo autore, memore dei miei anni più spensierati, quando dopo delle intese giornate scolastiche ritornavo a casa e potevo beneficiare della presenza dei miei genitori, di una realtà che non ritornerà mai più. Restano solo i ricordi, la nostalgia, la meloanconia, la sofferenza e la lieve funzione terapeutica della letteratura. Giulio Cesare Croce è stato uno scrittore e drammaturgo italiano del XVI secolo, noto principalmente per essere l'autore della popolare opera comica "Bertoldo, Bertoldino e Cacasenno", la cui trama ruota attorno alle avventure di due contadini, Bertoldo e Bertoldino, e del loro amico Cacasenno. Figlio di fabbri e fabbro a sua volta, morto il padre, lo zio continuò a cercare di dargli una cultura. Non ebbe mai mecenati particolari, e lasciò gradualmente la professione di famiglia per fare il cantastorie. Acquisì fama raccontando le sue storie per corti, fiere, mercati e case patrizie. Si accompagnava con un violino. L'enorme sua produzione letteraria deriva da una autoproduzione delle stampe dei suoi spettacoli. Ebbe due mogli e 14 figli e morì in povertà. L'opera di Croce è caratterizzata da un umorismo vivace, un linguaggio colloquiale e una satira sociale che prende di mira le convenzioni e le ipocrisie del suo tempo. "Bertoldo, Bertoldino e Cacasenno" è diventato un classico della letteratura comica italiana e ha avuto una grande influenza sulla tradizione del teatro popolare. Una forma scritta precedente come fonte fu il medievale Dialogus Salomonis et Marcolphi. Oltre a "Bertoldo, Bertoldino e Cacasenno", e ad un romanzo successivo sempre dello stesso filone, Croce scrisse anche altre opere, tra cui commedie, numerosi libretti brevi in prosa e poesia, che abbracciano vari generi letterari della tradizione popolare e raccolte di novelle.

Giulio Cesare Croce L'autore riprese temi popolari del passato, come la storia di Bertoldo, ambientandola alla corte di re Alboino a Verona e a Pavia. Nella sua versione più organica, rese la storia meno licenziosa e attenuò la rivalsa popolare verso i potenti. Aggiunse un seguito riguardante il figlio di Bertoldo, chiamato Bertoldino, e successivamente un altro seguito elaborato da Adriano Banchieri, chiamato Novella di Cacasenno. Questi racconti furono poi adattati in tre film, nel 1936, nel 1954 e l'ultimo del 1984, diretto dal grande Mario Monicelli, con Ugo Tognazzi e Alberto Sordi. In Bertoldo, l'autore confessò forse le sue aspirazioni personali, rappresentando il rozzo villano come un autodidatta desideroso di fortuna e mecenati. La sua produzione letteraria contribuì significativamente allo sviluppo della commedia dell'arte italiana e alla diffusione della cultura popolare nel XVI secolo, diventando così uno dei precursori della commedia italiana, apprezzata ancora anche oggi. I suoi scritti inoltre contribuirono anche alla grande letteratura carnevalesca, un importante filone identificato per la prima volta da Michail Bachtin, che tra i suoi esponenti conta tra gli altri Luciano di Samosata, Rabelais, Miguel de Cervantes e Dostoevskij. Le sottilissime astuzie di Bertoldo. Nel tempo che il Re Alboino, Re dei Longobardi si era insignorito quasi di tutta Italia, tenendo il seggio reggale nella bella città di Verona, capitò nella sua corte un villano, chiamato per nome Bertoldo, il qual era uomo difforme e di bruttissimo aspetto; ma dove mancava la formosità della persona, suppliva la vivacità dell'ingegno: onde era molto arguto e pronto nelle risposte, e oltre l'acutezza dell'ingegno, anco era astuto, malizioso e tristo di natura. E la statura sua era tale, come qui si descrive. Fattezze di Bertoldo. Prima, era costui picciolo di persona, il suo capo era grosso e tondo come un pallone, la fronte crespa e rugosa, gli occhi rossi come di fuoco, le ciglia lunghe e aspre come setole di porco, l'orecchie asinine, la bocca grande e alquanto storta, con il labro di sotto pendente a guisa di cavallo, la barba folta sotto il mento e cadente come quella del becco, il naso adunco e righignato all'insù, con le nari larghissime; i denti in fuori come il cinghiale, con tre overo quattro gosci sotto la gola, i quali, mentre che esso parlava, parevano tanti pignattoni che bollessero; aveva le gambe caprine, a guisa di satiro, i piedi lunghi e larghi e tutto il corpo peloso; le sue calze erano di grosso bigio, e tutte rappezzate sulle ginocchia, le scarpe alte e ornate di grossi tacconi. Insomma costui era tutto il roverso di Narciso. Audacia di Bertoldo. Passò dunque Bertoldo per mezzo a tutti quei signori e baroni, ch'erano innanzi al Re, senza cavarsi il cappello né fare atto alcuno di riverenza e andò di posta a sedere appresso il Re, il quale, come quello che era benigno di natura e che ancora si dilettava di facezie, s'immaginò che costui fosse qualche stravagante umore, essendo che la natura suole spesse volte infondere in simili corpi mostruosi certe doti particolari che a tutti non è così larga donatrice; onde, senza punto alterarsi, lo cominciò piacevolmente ad interrogare, dicendo: Ragionamento fra il Re e Bertoldo. Re. Chi sei tu, quando nascesti e di che parte sei? Bertoldo. Io son uomo, nacqui quando mia madre mi fece e il mio paese è in questo mondo. Re. Chi sono gli ascendenti e descendenti tuoi? Bertoldo. I fagiuoli, i quali bollendo al fuoco vanno ascendendo e descendendo su e giù per la pignatta. Re. Hai tu padre, madre, fratelli e sorelle? Bertoldo. Ho padre, madre, fratelli e sorelle, ma sono tutti morti. Re. Come gli hai tu, se sono tutti morti? Bertoldo. Quando mi partii da casa io gli lasciai che tutti dormivano e per questo io dico a te che tutti sono morti; perché, da uno che dorme ad uno che sia morto io faccio poca differenza, essendo che il sonno si chiama fratello della morte. Re. Qual è la più veloce cosa che sia? Bertoldo. Il pensiero. Re. Qual è il miglior vino che sia? Bertoldo. Quello che si beve a casa d'altri. Re. Qual è quel mare che non s'empie mai? Bertoldo. L'ingordigia dell'uomo avaro. Re. Qual è la più brutta cosa che sia in un giovane? Bertoldo. La disubbidienza. Re. Qual è la più brutta cosa che sia in un vecchio? Bertoldo. La lascivia. Re. Qual è la più brutta cosa che sia in un mercante? Bertoldo. La bugia. Re. Qual è quella gatta che dinanzi ti lecca e di dietro ti sgraffa? Bertoldo. La puttana. Re. Qual è il più gran fuoco che sia in casa? Bertoldo. La mala lingua del servitore. Re. Qual è il più gran pazzo che sia? Bertoldo. Colui che si tiene il più savio. Re. Quali sono le infermità incurabili? Bertoldo. La pazzia, il cancaro e i debiti. Re. Qual è quel figlio ch'abbrugia la lingua a sua madre? Bertoldo. Lo stuppino della lucerna. Re. Come faresti a portarmi dell'acqua in un crivello e non la spandere? Bertoldo. Aspettarei il tempo del ghiaccio, e poi te la porterei. Re. Quali sono quelle cose che l'uomo le cerca e non le vorria trovare? Bertoldo. I pedocchi nella camicia, i calcagni rotti e il necessario brutto. Re. Come faresti a pigliar un lepre senza cane? Bertoldo. Aspettarei che fosse cotto e poi lo pigliarei. Re. Tu hai un buon cervello, s'ei si vedesse. Bertoldo. E tu saresti un bell'umore, se non rangiasti. Re. Orsù, addimandami ciò che vuoi, ch'io son qui pronto per darti tutto quello che tu mi chiederai. Bertoldo. Chi non ha del suo non può darne ad altri. Re. Perché non ti poss'io dare tutto quello che tu brami? Bertoldo. Io vado cercando felicità, e tu non l'hai; e però non puoi darla a me. Re. Non son io dunque felice, sedendo sopra questo alto seggio, come io faccio? Bertoldo. Colui che più in alto siede, sta più in pericolo di cadere al basso e precipitarsi. Re. Mira quanti signori e baroni mi stanno attorno per ubidirmi e onorarmi. Bertoldo. Anco i formiconi stanno attorno al sorbo e gli rodono la scorza. Re. Io splendo in questa corte come propriamente splende il sole fra le minute stelle. Bertoldo. Tu dici la verità, ma io ne veggio molte oscurate dall'adulazione. Re. Orsù, vuoi tu diventare uomo di corte? Bertoldo. Non deve cercar di legarsi colui che si trova in libertà. Re. Chi t'ha mosso dunque a venir qua? Bertoldo. Il creder io che un re fosse più grande di statura degli altri uomini dieci o dodeci piedi, e che esso avanzasse sopra tutti come avanzano i campanili sopra tutte le case; ma io veggio che tu sei un uomo ordinario come gli altri, se ben sei re. Re. Son ordinario di statura sì, ma di potenza e di ricchezza avanzo sopra gli altri, non solo dieci piedi ma cento e mille braccia. Ma chi t'induce a fare questi ragionamenti? Bertoldo. L'asino del tuo fattore. Re. Che cosa ha da fare l'asino del mio fattore con la grandezza della mia corte? Bertoldo. Prima che fosti tu, né manco la tua corte, l'asino aveva raggiato quattro mill'anni innanzi. Re. Ah, ah, ah! Oh sì che questa è da ridere. Bertoldo. Le risa abbondano sempre nella bocca de' pazzi. Re. Tu sei un malizioso villano. Bertoldo. La mia natura dà così. Re. Orsù, io ti comando che or ora tu ti debbi partire dalla presenza mia, se non io ti farò cacciare via con tuo danno e vergogna. Bertoldo. Io anderò, ma avvertisci che le mosche hanno questa natura, che se bene sono cacciate via, ritornano ancora: però se tu mi farai cacciar via, io tornerò di nuovo ad insidiarti. Re. Or va'; e se non torni a me come fanno le mosche, io ti farò battere via il capo.

Bertoldo e il suo asino Astuzia di Bertoldo. Partissi dunque Bertoldo, e andatosene a casa e pigliato uno asino vecchio, ch'egli aveva, tutto scorticato sulla schiena e sui fianchi e mezo mangiato dalle mosche, e montatovi sopra, tornò di nuovo alla corte del Re accompagnato da un milione di mosche e di tafani che tutti insieme facevano un nuvolo grande, sì che a pena si vedeva, e gionto avanti al Re, disse: Bertoldo. Eccomi, o Re, tornato a te. Re. Non ti diss'io che, se tu non tornavi a me come mosca, ch'io ti farei gettar via il capo dal busto? Bertoldo. Le mosche non vanno elleno sopra le carogne? Re. Sì, vanno. Bertoldo. Or eccomi tornato sopra una carogna scorticata e tutta carica di mosche, come tu vedi, che quasi l'hanno mangiata tutta e me insieme ancora: onde mi tengo aver servato quel tanto che io di far promisi. Re. Tu sei un grand'uomo. Or va, ch'io ti perdono, e voi menatelo a mangiare. Bertoldo. Non mangia colui che ancora non ha finito l'opera. Re. Perché, hai tu forse altro da dire? Bertoldo. Io non ho ancora incominciato. Re. Orsù, manda via quella carogna, e tu ritirati alquanto da banda perché io veggio venire in qua due donne che devono forse voler audienza da me; e come io le avrò ispedite, tornaremo di nuovo a ragionare insieme. Bertoldo. Io mi ritiro, ma guarda a dare la sentenza giusta. Astuzia sottilissima di Bertoldo, per non essere percosso dalle guardie. Quando Bertoldo vidde che in modo alcuno non la poteva fuggire, ricorse all'usato giudicio e, volto alla Regina disse: “Poi ch'io veggio chiaramente che pur tu vuoi ch'io sia bastonato, fammi questa grazia: ti prego in cortesia, che la domanda è onesta e la puoi fare, in ogni modo a te non importa pur ch'io sia bastonato, di' a questi tuoi che mi vengono accompagnare, che dicano alle guardie che portino rispetto al capo e che elle menino poi il resto alla peggio”. La Regina, non intendendo la metafora, comandò a coloro che dicessero alle guardie che portassero rispetto al capo e che poi menassero il resto alla peggio che sapevano; e così costoro, con Bertoldo innanzi, s'inviarono verso le guardie, le quali aveano di già i legni in mano per servirlo della buona fatta; onde Bertoldo incominciò a caminare innanzi agli altri di buon passo, sì che era discosto da loro un buon tratto di mano. Quando coloro che l'accompagnavano viddero le guardie all'ordine per far il fatto ed essendo omai Bertoldo arrivato da quelle, cominciarono da discosto a gridare che portassero rispetto al capo e che poi menassero il resto alla peggio, che così aveva ordinato la Regina. I servi sono bastonati in cambio di Bertoldo. Le guardie, vedendo Bertoldo innanzi agli altri, pensando che esso fusse il capo di tutti, lo lasciarono passare senza fargli offesa alcuna, e quando giunsero i servi gli cominciarono a tempestare di maniera con quei bastoni che gli ruppero le braccia e la testa, e in somma non vi fu membro né osso che non avesse la sua ricercata di bastone. sì tutti pesti e fracassati tornarono alla Regina, la quale, avendo udito che Bertoldo con tale astuzia s'era salvato e aveva fatto bastonare i servi in suo luoco, arse verso di lui di doppio sdegno e giurò di volersene vendicare, ma per allora celò lo sdegno che ella avea, aspettando nuova occasione; facendo in tanto medicare i servi, i quali, come vi dissi, erano stati acconci per le feste, come si suol dire. Bertoldo sta nel forno e la Regina il fa cercar per tutto. Dopo che l'infelice sbirro fu mandato a bere, si fece gran diligenza per trovar Bertoldo, ma per le pedate volte alla roversa non poteva(si) comprendere ch'ei fosse uscito fuori di corte, e la Regina lo fece cercar per tutto con animo risoluto di farlo impiccare, parendogli pur grave la beffa della veste e dello sbirro. Bertoldo viene scoperto nel forno da una vecchia, e si divulga per tutto la Regina esser nel forno. Stava dunque il misero Bertoldo in quel forno e udiva il tutto e cominciò a temere molto della morte e si pentì d'esser mai andato in quella corte e non ardiva d'uscire fuori per non essere preso, sapendo che la Regina gli aveva mal animo adosso; e ora tanto più avendogli fatto la burla dello sbirro e della veste, dubitava ch'ella non lo facesse impiccare. Ma avendo indosso quella veste, ch'era lunga, né avendola tirata ben dentro del forno tutta, essendone restata fuori un lembo, volse la sua mala sorte ch'ivi venne a passare una vecchia appresso al detto forno, e conosciuto l'orlo della veste, che pendeva fuori, che quella era una delle vesti della Regina, si pensò che la Regina fusse rinchiusa nel detto forno; onde andò in un tratto da una sua vicina e gli disse che la Regina era in quel forno. Andò colei seco e, guardando nel forno, vidde la detta veste, e, conoscendola, lo disse ad un'altra, quell'altra ad un'altra e così di mano in mano a tale che non fu meza mattina che per tutta la città andò la nuova che la Regina era in un forno dietro le mura della città. Il Re dubita che Bertoldo non abbi portato la Regina in quel forno, e va a chiarirsi del fatto. Udendo il Re simil fatto, dubitò che Bertoldo avesse portato la Regina in quel forno, perché lo conosceva tanto tristo che credeva ch'ei potesse fare ogni cosa, e le strattagemme del passato maggiormente gli crescevano il sospetto; onde subito andò alla camera della Regina e la trovò ch'ella era tutta arrabbiata; e inteso da lei la beffa della veste, si fece condurre a quel forno e guardando in esso vidde costui nel detto avviluppato nella veste della Regina, e tosto lo fece tirar fuori, minacciandolo della morte; e così fu spogliato della veste il povero villano e restò con gli suoi strazzi intorno; e tra che esso era brutto di natura e avendosi tutto tinto il mostaccio nel detto forno, pareva proprio un diavolo infernale. Bertoldo è tirato fuori del forno e il Re sdegnato dice: Re. Pur ti ci ho colto, villan ribaldo, ma a questa volta non scamperai del certo, se non sei il gran diavolo. Bertoldo. Chi non vi è non vi entri, e chi v'è non si penti. Re. Chi fa quello che non deve, gli avviene quello che non crede. Bertoldo. Chi non vi va non vi casca, e chi vi casca non si leva netto. Re. Chi ride il venere, piange la domenica. Bertoldo. Dispicca l'appiccato, egli appiccherà poi te. Re. Fra carne e unghia, nissun non vi pungia. Bertoldo. Chi è in difetto, è in sospetto. Re. La lingua non ha osso e fa rompere il dosso. Bertoldo. La verità vuol star di sopra. Re. Ancor del ver si tace qualche volta. Bertoldo. Non bisogna fare, chi non vuol che si dica. Re. Chi si veste di quel d'altri, presto si spoglia. Bertoldo. Meglio è dar la lana, che la pecora. Re. Peccato vecchio, penitenza nuova. Bertoldo. Pissa chiaro, indorme al medico. Re. Il menar delle mani dispiace fino ai pedocchi. Bertoldo. E il menar de' piedi dispiace a chi è tratto giù dalle forche. Re. Fra un poco tu sarai uno di quelli. Bertoldo. Inanzi orbo, che indovino. Re. Orsù, lasciamo andare le dispute da un lato. Olà, cavaliero di giustizia, e voi altri ministri, pigliate costui e menatelo or ora a impendere a un arbore, né si dia orecchie alle sue parole perché costui è un villano tristo e scelerato che ha il diavolo nell'ampolla e un giorno sarebbe buono per rovinare il mio stato. Su, presto, conducetelo via, né si tardi più. Bertoldo. Cosa fatta in fretta non fu mai buona. Re. Troppo grave è stato l'oltraggio che tu hai fatto alla Regina. Bertoldo. Chi ha manco ragione, grida più forte. Lasciami almeno dire il fatto mio. Re. Alle tre si fa cavallo e tu glien'hai fatte più di quattro, che gli sono state di troppo affronto. Va' pur via. Bertoldo. Per aver detto la verità ho da patir la morte? Read the full article
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"Soggetti eccentrici. La sperimentazione poetica nelle scrittrici italiane del secondo Novecento" / seminario online in due incontri di Marilina Ciaco in programma venerdì 1 e 8 marzo 2024.
Link per info e iscrizioni in basso.
Il canone letterario del Novecento ha lasciato dietro di sé una vasta costellazione di autrici donne la cui fortuna editoriale e critica ha dovuto, troppo spesso, fare i conti con i meccanismi di soggettivazione, rappresentazione ed esclusione imposti da una società patriarcale, dove l’accesso delle donne alle istituzioni culturali è stato sistematicamente ostacolato. All’interno di un tale contesto, diverse autrici sono state soggette a un duplice livello di esclusione, non solo in quanto donne, ma anche in quanto testimoni di un approccio alla scrittura difficilmente riconducibile a delle categorie interpretative tradizionali.
Considerando un periodo particolarmente cruciale per gli sviluppi e la diffusione delle sperimentazioni poetiche – e cioè quello che parte dagli anni Sessanta e che influirà sulle tendenze della poesia contemporanea fino a oggi – le “donne sperimentali” hanno intessuto un dialogo serrato con i «santi padri» della tradizione, di volta in volta riprendendo in chiave straniata, ridiscutendo in maniera radicale o mostrando il rovescio negativo dei discorsi e delle pratiche ricevute in eredità.
Si approfondiranno nello specifico sei autrici, per diverse ragioni emblematiche: Amelia Rosselli, Patrizia Vicinelli, Giulia Niccolai, Mirella Bentivoglio, Jolanda Insana e Patrizia Valduga. Ciascuna di queste autrici rivela un percorso originale e autonomo, senz’altro «eccentrico», riprendendo la celebre formulazione di Teresa De Lauretis: a torto ritenute “oscure” o poco “leggibili”, le loro scritture attestano una posizione critica, autodislocata e disidentificata rispetto ai dispositivi istituzionali (letterari e sociali), al simbolico e allo stesso linguaggio, ma anche rispetto alle determinazioni vaghe e riduttive legate a un’idea essenzialista di “scrittura femminile”.
Le autrici in questione saranno pertanto discusse e analizzate indagando le loro specificità in termini linguistici, stilistici, formali, macrotestuali, nonché nel dialogo fra istanze di poetica e strategie compositive.
INFO E ISCRIZIONE
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Come vive la gente
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Come vive la gente

Ci sono persone che mi sono simpatiche a prima vista, anche se non le ho mai viste e probabilmente mai le vedrò. Una di queste – la più recente, direi – è Jacline Mouraud, la signora francese di 51 anni anima e guida della protesta dei “giubbotti gialli”.
Di lei amo la concretezza, così lontana dalle fumisterie dei politici di professione e dalle cifre snocciolate ad hoc dagli economisti “embedded” (sapete quanti ce ne sono, vero…?). Non ho mai sopportato i discorsi su la società democratico-liberal-capitalistica come “il migliore dei mondi possibili” neppure quando qualche briciola dei suoi cascami me la garantiva. E vivevo discretamente, magari andandomi a cercare il lavoro nei posti e nelle attività più disparate, ma vivevo. Non avevo ambizioni di fare l’intellettuale organico, per cui difendevo la mia personale autonomia di pensiero senza leccare le terga ad alcuno, dunque non ricevendone incarichi, se non molto parziali, ma sbarcavo il mio personale lunario cercando lavoro ovunque fosse possibile trovarlo.
Poi, ovviamente, la caduta: all’emarginazione politica si viene ad aggiungere – con lenta ma inesorabile progressione – l’emarginazione economica: attività un tempo fiorenti svaniscono, altre vengono vietate, altre ancora diventano mercati dove la concorrenza è talmente forte e aspra da azzerare i prezzi delle prestazioni e, in non pochi casi, anche la possibilità di essere pagati. Alla fine, restano solo quelle a convocazione politica e io a quelle non posso davvero ambire.
Nessuno mi ha mai parlato di queste cose, nei suoi discorsi, salvo pochi amici fidati. Ma silenzio assoluto sul versante “borghese” e silenzio ancor più assoluto su quello politico, forse perché toccare certi temi pare di cattivo gusto.
Jacline Mouraud, per contro, traccia un quadro personale realistico: molte attività, nessuna in grado di procurare un introito dignitoso perché tutte molto malpagate; tasse, spese varie, un progressivo impoverimento che porta le persone a vivere come underdog, nel “migliore dei mondi possibili”. Gli apologeti di quest’ultimo ci cantano le lodi di un sistema attento all’ambiente, ai “diversi”, ai migranti, alla salute individuale e collettiva, dimenticandosi solo di sottolineare che, se uno deve lavorare 12-13 ore al giorno per portare a casa – a fatica – un migliaio di euro al mese comincia a fregarsene bellamente del “migliore dei mondi possibile” e dei “massimi sistemi”, semplicemente perché il sistema “minimo” in cui è immerso fa acqua da tutte le parti, fa schifo e non gli consente di vivere non dico in maniere dignitosa, ma men che dignitosa. E visto il numero di poveri assoluti che crea anno dopo anno, non gli consente nemmeno di vivere più.
Ho avuto la fortuna di leggere e studiare molto nel corso della mia vita, per cui non ho ansie particolari: so che chi semina povertà, insoddisfazione economica, tristezza, dolore, disagio, non sta facendo qualcosa che potrà giovargli molto. Non dico a titolo personale, ma certo non gioverà al sistema che sta cercando di difendere. Così guardo e aspetto: ogni giorno di dolore e di sofferenza in più è un livello di rabbia, di volontà di riscossa e di vendetta in più. Chi semina vento, raccoglie tempesta, si dice. E chi semina dolore e miseria, cosa raccoglierà?. E, se in Italia questo non incide granché, sebbene noi siamo messi assai peggio di altri popoli, altrove magari non è e non sarà così, grazie a una superiore volontà di reazione.
Vedo i ricchi e i boiardi di sistema che se la godono, sorridenti e autoreferenziali, e so che verrà il giorno che me la godrò io, o chi per me. La diffusione deliberata di miseria e dolore, spacciata per un grande operazione democratica e di correttezza economica è una responsabilità di cui dovranno rispondere in molti. Anche chi ora non ci pensa avrà la sua Norimberga, dunque un tribunale assolutamente democratico ed equilibrato.
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Consigli su come fare viral marketing nel 2024 Il marketing virale è una tecnica molto efficace per promuovere un prodotto o un servizio. Qui ci sono alcuni consigli su come fare viral marketing nel 2024:
Come fare viral marketing nel 2024. Usa i social media in modo strategico: i social media sono uno dei mezzi più efficaci per diffondere il tuo messaggio. Utilizza i social media in modo strategico, creando contenuti coinvolgenti e condivisibili che siano in linea con la tua marca e i tuoi obiettivi. Collabora con influencer: gli influencer sono persone che hanno un grande seguito sui social media e che possono aiutarti a raggiungere un pubblico più ampio. Cerca di collaborare con influencer che siano in linea con la tua marca e che possano promuovere il tuo prodotto o servizio in modo autentico. Crea contenuti coinvolgenti: i contenuti coinvolgenti sono la chiave per fare viral marketing. Sii creativo e cerca di creare contenuti che siano divertenti, informativi o emozionanti. I video sono un formato che funziona molto bene per il marketing virale. Sii autentico: la gente vuole sentirsi vicina alle marche che acquista. Cerca di essere autentico e di mostrare la tua personalità attraverso la tua comunicazione. In questo modo, la gente si sentirà più vicina alla tua marca e sarà più propensa a condividerla. Spero che questi consigli ti siano utili! Buona fortuna con il tuo marketing virale nel 2024.
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EDITORIALE LUGLIO 2023 http://dlvr.it/Srt3m6 cari lettori, care lettrici, chi di voi ci segue sui social network si sarà accorto della nascita di Pagine di Fantasia, il supplemento al Lettore di Fantasia che svolge in pratica il ruolo di catalizzatore per la nostra rivista. Totalmente gratuito, Pagine di Fantasia è una newsletter pensata per chi ancora non ci sostiene su Patreon e vuole cominciare ad esplorare i nostri contenuti, contiene infatti un racconto gratuito ogni mese e l'incipit dei racconti che si trovano sul Lettore. Inoltre contiene raccomandazioni di libri e altre informazioni utili! Insomma, un piccolo tesoro per chi ama leggere. Consigliatela ai vostri amici! Se sono lettori appassionati la adoreranno e voi gli avrete fatto un magnifico regalo; iscriversi è semplicissimo, basta cliccare sul banner che si trova sulla nostra home page. Ed ecco un'altra novità, visto che l'estate è tradizionalmente un momento in cui si legge (per fortuna) di più, e quindi un buon consiglio di lettura è sempre ben accetto, abbiamo aperto sul nostro sito una sezione dedicata ai libri degli autori che hanno già pubblicato con noi; se i loro racconti vi sono piaciuti, perché non tentare con un romanzo? È sufficiente andare sul nostro sito, nella pagina "libreria" e lasciarsi trasportare dall'ispirazione... non ve ne pentirete! Inoltre, acquistando i libri tramite i nostri link non solo sosterrete gli autori, ma contribuirete anche alla crescita della rivista. Quando leggerete queste righe qualcuno di voi sarà già in ferie (beato lui) qualcun altro le starà ancora sognando, dalla calura cittadina (noi saremo fra questi) ma l'importante è tenere duro e in questo la lettura come sempre dà una gran mano, con la sua magica capacità di farci viaggiare, se non proprio in direzione di qualche località di villeggiatura, almeno verso i mondi infiniti della fantasia! Buone ferie e buone letture, Fabio Mosti
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Magari lo sapete già, ma repetita juvant
Stavolta sto facendo divulgazione seria
Devo dire due cose da qualche giorno, che credo siano importanti. Magari sono banalità per qualcuno di voi (ho la fortuna di avere follower, qui su tumblr, altamente selezionati e intelligenti) ma magari con le diffusioni del post si raggiunge qualcuno che non le sapeva e conviene informarlo. La prima cosa è un po' vecchia, riguarda la quarantena del Covid, la seconda invece riguarda le dichiarazioni di EMA
COME FUNZIONA LA QUARANTENA
A parte il fatto che la differenza tra quarantena e isolamento non è chiara nemmeno al ministero, cito (fonte):
Che differenza c'è tra quarantena, sorveglianza attiva e isolamento?
Quarantena e isolamento sono importanti misure di salute pubblica attuate per evitare l’insorgenza di ulteriori casi secondari dovuti a trasmissione di SARS-CoV-2 e per evitare di sovraccaricare il sistema ospedaliero.
La quarantena si attua ad una persona sana (contatto stretto) che è stata esposta ad un caso COVID-19, con l’obiettivo di monitorare i sintomi e assicurare l’identificazione precoce dei casi.
L’isolamento consiste nel separare quanto più possibile le persone affette da COVID-19 da quelle sane al fine di prevenire la diffusione dell’infezione, durante il periodo di trasmissibilità.
La sorveglianza attiva è una misura durante la quale l'operatore di sanità pubblica provvede a contattare quotidianamente, per avere notizie sulle condizioni di salute, la persona in sorveglianza.
In pratica ci dicono a chi si attua la quarantena e quali sono gli scopi ma non ci dicono cosa fare e cosa non fare in quarantena, a differenza dell'isolamento e della sorveglianza attiva. Suppongo che la quarantena sia un'isolamento meno... isolante. A parte questo, le nuove regole impongono comportamenti diversi a seconda dello stato vaccinale per la quarantena e per l'isolamento, e ho più volte notato molta confusione.
Principalmente, che tu sia vaccinato con tre dosi, con due da meno di 120 giorni o guariti da meno di 120 giorni (questi tre da ora li chiamo vaccinati booster), con due da più di 120 giorni, guariti da più di 120 giorni o che tu non abbia completato il ciclo vaccinale (da ora gli altri), se sei positivo stai in isolamento. Senza se e senza ma. Devi separarti il più possibile da qualsiasi contatto.
Ho letto di gente con la terza dose convinta di poter andare in giro con la FFP2 con tampone positivo. NO, STAI A CASA E TI ISOLI PURE DAI CONVIVENTI. Pure con la terza dose. (fonte)
Quando risulti positivo, l'unica cosa da fare è l'isolamento. La differenza tra i vaccinati booster e gli altri è nelle tempistiche riguardanti l'uscita dall'isolamento, i primi fanno il test (anche antigenico) dopo 7 giorni se asintomatici o comunque dopo che siano passati almeno 3 giorni dai sintomi; gli altri si fanno un isolamento di 10 giorni prima del tampone.
I vaccinati booster hanno una quarantena più blanda, perché se vengono a contatto con un positivo ma non sviluppano mai i sintomi (se li sviluppano fanno il tampone e se positivi si torna a sopra), non hanno obbligo di tampone e si devono muovere con la mascherina FFP2, ma possono uscire di casa, a differenza degli altri che devono rimanere a casa e fare un tampone dopo 5 giorni obbligatoriamente (o 10 se non hai fatto il vaccino).
Per i dettagli leggete il link della fonte, quello che mi interessa dire è che per la miseria se sei positivo non esci di casa nemmeno se hai tre dosi di vaccino!
LE DICHIARAZIONI DELL'EMA
Qui, su questa faccenda, mi limito a riportare quello che ha scritto Federico Caobelli su facebook (fonte)
EMA E I TRADUTTORI AD CA22UM
Notiziona del giorno, rilanciata da tutte le testate complottiste italiane, sarebbe l'allerta dell'EMA secondo cui la quarta dose rischia di distruggere il sistema immunitario
vediamo invece NELLA REALTA' cosa ha detto: https://www.youtube.com/watch?v=c_bdtDczwK0
Minuto 19.00: - le terapie intensive e gli ospedali sono pieni di persone infette che non si erano vaccinate - la grande maggioranza delle morti da Covid è nei pazienti NON vaccinati - incoraggiamo tutti a vaccinarsi il prima possibile, non è troppo tardi
Minuto 22.50: - La strategia di vaccinare con dose booster ogni 4 mesi puo' dare problemi con la risposta immunitaria, che potrebbe non essere cosi' buona come pensiamo (ovvero, potrebbe ridursi l'efficacia del vaccino--- non del sistema immunitario in generale) - vaccinare ogni 4 mesi potrebbe creare fatica nella popolazione (non affaticare il sistema immunitario, significa che la gente è stanca) - se le condizioni della pandemia lo richiedono, allora somministrare il booster per una o due volte puo' essere la soluzione migliore (ovvero, terza e quarta dose), ma non possiamo pensare che si possa fare dosi booster indefinitamente - sarebbe magari opportuno fare dosi booster piu' distanziate, sincronizzandole con l'arrivo della stagione fredda. Questa sarebbe l'opzione migliore quando passeremo da pandemia a epidemia. (quindi figurati te, EMA sta addirittura ipotizzando di fare un booster ogni anno...)
Ecco, questo è quanto detto. Tutto il resto è comprensione zero della lingua inglese e volontarietà di diffondere la solita melma maleodorante spacciandola per notizie. E cosi' magicamente la stessa EMA che è vista come il diavolo di colpo diventa la bibbia, quando sembra dire cio' che non capiamo ma intensamente desideriamo...
Non sapere l'inglese non è una colpa. Ma davvero avete sempre cosi' piacere a farvi prendere per i fondelli da ignoranti patentati che guadagnano con i vostri like?
Quindi, fate il favore, evitate di andare in giro a dire che l'EMA dice che i vaccini indeboliscono il sistema immunitario. Non ci fate una bella figura.
Grazie.
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Sentite qui. “I genitori di una famiglia naturale hanno compiti espliciti: il padre deve dare le regole, la madre accudire. Senza una di queste due figure, i bambini rischiano di zoppicare andando avanti nella vita. Queste cose si studiano in psicoanalisi.” L’autore di questo abominio si chiama Carlo Ciccioli, capogruppo di Fratelli d’Italia (e di quale altro partito sennò...) nelle Marche e persino psichiatra. Uno che, per intenderci, è contro l’aborto perché rischiamo la “sostituzione etnica” e sta facendo di tutto per contrastare la diffusione della pillola abortiva nella sua regione. E non so su quali libri di psicanalisi abbia studiato il “nostro”, forse del 1920... Nel frattempo, per fortuna, la società ha fatto qualche “piccolo” passo avanti nella concezione della donna, nel progresso e nella parità di genere. Cara Giorgia Meloni, quando parliamo di violenza e odio, non ci sono solo gli insulti ma anche la violenza dell’intolleranza e dell’oscurantismo. Di cui il tuo partito è, da sempre e per distacco, campione. Dimissioni subito e sospensione dall’Ordine. Sul resto poi si ragiona. E basta! Lorenzo Tosa
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17 Novembre
Festa Nazionale del Gatto Nero
La (falsa) credenza che il gatto nero porti sfortuna è molto diffusa.
Questo felino è sempre stato considerato portatore di sfortuna perché si pensava che incarnasse il male. Ancora oggi, a quanto pare,purtroppo e per sfortuna di questi splendidi felini, ci sono persone che credono a questa diceria o li utilizzano per stupidi ed inutili riti, tant’è che ogni anno ne vengono sterminate alcune migliaia di esemplari.
La giornata dedicata al gatto nero è il 17 novembre per due motivi: diciassette perché è il numero che rappresenta, per i superstiziosi, la sfortuna e novembre perché è il mese in cui si raggiunge il culmine di uccisioni di mici neri: una data molto simbolica quindi per la lotta e la difesa dei nostri amici felini neri, le piccole pantere domestiche che comunque, per fortuna, sono anche amate da tantissime persone.
La diceria che il gatto nero porti sfortuna ha radici molto antiche: il colore nero è sempre stato associato alla malvagità ed inoltre i gatti neri venivano imbarcati sulle navi dei pirati, perché erano considerati più abili nel dare la caccia ai topi: vederne uno per strada significava, dunque, che una nave pirata era nei paraggi; nel Medioevo, erano invece considerati compagni diabolici delle streghe sia per il colore nero, che per la loro consuetudine di uscire di notte (come del resto, viene spontaneo dire, è la consuetudine di tutti i mici, essendo animali notturni in natura): per questo chi ne possedeva uno era condannato al rogo.
Infine il gatto nero era poco visibile al buio per via del colore e così faceva imbizzarrire i cavalli che se lo trovavano davanti nella notte, che scaraventavano perciò violentemente i cavalieri a terra.
Chiunque conosce i gatti sa che queste sono appunto solamente superstizioni infondate che oggi non dovrebbero, in teoria, avere più seguito. I gatti neri sono esattamente come tutti gli altri: affettuosi, dolci e giocherelloni, dormiglioni e cacciatori, curiosi e simpaticissimi… tutto questo ovviamente solo quando ne hanno voglia! Per il resto sono quello che sono: gatti! E per questo meritano tutto il nostro rispetto, le nostre cure e la nostra protezione, come tutti gli altri.
Anche perché,vogliamo aggiungere, ci sono tantissime(e ottime,a nostro dire) civiltà che invece hanno sempre adorato i gatti in generale, neri compresi: per gli antichi Egizi infatti, il nero era semplicemente il colore della notte ed inoltre il preferito della Dea Iside: i gatti neri erano quindi portati con ancora più alta considerazione.
In Gran Bretagna ancora oggi il gatto nero è considerato portatore di fortuna ed è anche di buon auspicio nei matrimoni.
Originaria del sud della Francia, ma diffusa anche in Inghilterra, è l’antica leggenda del Matagot. Il Matagot è uno spirito che prendeva la forma di un gatto randagio di colore nero e che vagava in cerca di padrone. Questo gatto poteva portare tanta fortuna ma bisognava trattarlo molto bene. La leggenda diceva che per propiziarselo bisognava offrirgli del pollo arrosto e poi farlo entrare in casa. Se il Matagot riceveva il primo boccone di cibo proveniente dalla stesso piatto del padrone ad ogni pasto, avrebbe fatto apparire delle monete d’oro ogni mattina.
In Irlanda il gatto nero domestico risaliva ai miti del ceppo di Natale. Questo legno proveniva dall’albero sacro di tasso ed era molto più che un mezzo per scaldarsi le ossa; evocava le dee che un tempo regnavano nel bosco magico, insieme al gatto nero, il loro benevolo parente. Quando quel legno bruciava, veniva chiamato “legno di Maria”, oltre che “legno allegro”; un’allusione alla vergine Maria, ma anche alla Madre Terra. Eroi, amanti, mendicanti e folli conoscevano il significato del legno, e così pure i medici della foresta e gli erboristi (prima donne, poi uomini) che svolgevano la loro attività mistica a tarda notte, per risanare coloro che la medicina ufficiale non riusciva a guarire.
Nell’antica Roma il gatto nero era considerato di buon auspicio: quando moriva veniva cremato e le sue ceneri sparse sui campi per dare un buon raccolto ed eliminare le erbe infestanti.
Dai fenici in poi, i gatti sono stati una presenza immancabile sulle navi. A bordo delle navi i gatti, prevalentemente neri, erano bene accolti in tutta Europa non solo per dare la caccia ai topi nella stiva ma anche come portatori di buona sorte. Iside, infatti, era anche la dea protettrice di navi e marinai e spesso le sue immagini, in forma umana o felina, venivano messe a prua.
Il gatto era considerato dai marinai lo spirito guardiano del vascello: se rimaneva a bordo, la nave era sicura; se l’abbandonava essa era destinata al naufragio. In Gran Bretagna la tradizione popolare è piena di storie su marinai che hanno rifiutato l’imbarco perché non c’era un gatto (meglio se nero) sull’imbarcazione. I gatti svolgevano anche un’altra funzione molto importante: erano fonte di affetto e di divertimento per i lunghi mesi trascorsi a bordo.
La presenza a bordo di gatti fu obbligatoria nella marina britannica fino al 1975. Le navi britanniche accoglievano soprattutto gatti neri come risulta da molte fotografie e dalla diffusione dei gatti di quel colore in terre remote che fungevano da stazioni baleniere. Addirittura, anche le compagnie di assicurazione obbligavano a tenere a bordo gatti.
I gatti navigatori oltre che su navi da guerra, da carico e da passeggeri sono molto apprezzati anche sui pescherecci. A questo proposito i pescatori giapponesi vogliono a bordo solo gatti tutti neri o tutti bianchi o tutti marroni perché si dice che portino fortuna.
Quindi che altro si può dire? Il gatto nero è semplicemente un altro magnifico esemplare di micio che ci ama e si fa amare, conquistandoci come solo i gatti sanno fare!
Dal web

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UNA LETTERA CHE NOI ITALIANI DOBBIAMO LEGGERE PER FISSARE ANCORA UNA VOLTA IL NOSTRO VALORE DIFFUSO NEL MONDO
Da una ragazza italiana
Grazie caro sig.Macron cara sig.ra Merkel, grazie per averci abbandonato nel momento del bisogno, grazie per averci negato di poter ACQUISTARE da voi semplice mascherine ed altri presidi medici atti a combattere la diffusione del virus.
Le avremmo pagate sapete?!! Siamo italiani, quelli sporchi, chiassosi, indisciplinati, buffi, folcloristici, poveri e talvolta mafiosi....ma siamo anche quelli che vi hanno costruito le strade, le scuole, vi hanno insegnato l'alfabeto che usate, spiegato le leggi, il diritto, l'organizzazione dello stato e la creazione di quello di diritto.
Siamo noi, gli italiani, gli autori delle opere che riempiono i vostri musei, dei testi che studiate, delle invenzioni che usate, quelli che con enormi spese e sacrifici si trovano a dover conservare e gestire ben oltre il 70% del patrimonio culturale ed artistico mondiale chiedendovi una cifra irrisoria per il biglietto dei musei e talvolta neppure quella.
Siamo noi, gli italiani, siamo quelli che vi hanno offerto l'arte e la cultura su cui si basa la nostra e la vostra civiltà, la massima espressione di bellezza, armonia, equilibrio che l'essere umano abbia mai raggiunto.
Siamo noi, gli italiani che prima vi abbiamo offerto la civiltà, che poi voi avete abbattuto trascinando il mondo nel medioevo, e poi, una volta risollevati e rinati, abbiamo nuovamente offerto al mondo la civiltà, l'arte, la geografia, l'economia, l'istruzione.
Siamo noi, gli italiani quelli che hanno creato il parmigiano, la mozzarella, il prosciutto, la mortadella, il salame,i ravioli i tortellini, le lasagne il gelato, la pizza etc.etc., quelli che hanno portato in Francia le vigne e che vi hanno insegnato a fare il vino, la grappa i distillati, quelli che ogni anno combattono cntro i vostri tentativi di scimmiottare i nostri prodotti e copiarne il nome ma anche lo stile e la moda.
Anche a lei sig.Trump e a lei sig. Johnson,grazie per averci prima di tutto isolati invece che aiutati. Le ricordo sig. Trump che se non fosse per un italiano adesso sarebbe nella terra dei suoi avi a fare la fame e non in America a fare il riccone e non avrebbe neppure potuto mangiare patate perchè non le avreste mai avute senza un temerario italiano che ha navigato verso l'ignoto.
A lei sig.Johnson ricordo che la fortuna della sua nazione si basa su una bandiera che vi abbiamo concesso di issare sulle vostre navi per non essere attaccati dai pirati, la Croce di San Giorgio concessa dalla Repubblica di Genova, senza quella sareste stati spazzati via dai saraceni. Vi abbiamo insegnato la navigazione e l'avete imparata bene!
A tutti voi, quando telefonate, pensate a Meucci, quando guardate la TV o ascoltate la radio, pensate a Marconi, quando usate l'energia elettrica come non ci fosse un domani, pensate che non avreste potuto farlo se non ci fosse stato Fermi!
Noi italiani abbiamo inventato le banche, le università, la prospettiva, l'architettura, l'ingegneria, l'astrofisica, il calendario, la musica otre alle altre innumerevoli cose.
Erano italiani: Giotto, Colombo, Marco Polo, Leonardo, Michelangelo, Bernini, Tiziano, Raffaello, Brunelleschi, Galileo, Cesare, Ottaviano, Vespasiano, Aurelio, Dante e potrei continuare per ore...
Carissimi miei, nel sentire il nome ITALIA, dovreste scattare in piedi, abbassare la testa ed essere coscienti che l'origine della società occidentale è qui, se vi chiediamo aiuto dovreste correre, perchè se trascinate di nuovo il mondo nel medioevo non so se ce la faremo nuovamente a far rinascere la civiltà.
Se invece non vi interessa, allora compiacetevi di quello che avete, restate ad ammirare qualche tonnellata di ferro imbullonato e quando visitate i vostri musei, per cortesia, saltate le opere degli italiani....finirete la vostra visita molto velocemente, potrete così andare a visitare subito una bella fabbrica di auto, diesel magari, di quelle che non inquinano solo ai controlli, andate a visitare quelli che per voi sono castelli e per noi banali ville di cui siamo pieni, oppure andate nella capitale dell'azzardo che scimmiotta Venezia, Firenze, Roma, andate pure! Evitate di venire a visitare il paese più bello dl mondo visto che lo avete pugnalato alle spalle, accoglieremo a braccia aperte a chi nel momento del bisogno ci ha aiutati, apriremo le nostre città uniche al mondo a loro, potranno visitare Venezia, Roma, Firenze, Genova, Napoli, Bologna, Pisa,Lucca, Assisi, Siena, Torino, Palermo, Agrigento, Milano,Cremona, Mantova, Ferrara, la Toscana, il Monferrato,le Dolomiti, le Alpi, la Puglia, la Sardegna, etc.etc.
Avete distrutto la povera Grecia con la vostra finanza, ci avete provato con lItalia ma non ci siete riusciti, ora forse avete scorto l'occasione per assestare il colpo finale, ma nella cecità del vostro egoismo non avete calcolato che il virus non ha frontiere, colpirà tutti, anche voi!
Se ci aveste aiutato ieri nel tentativo di arginare l'epidemia, oggi non dovreste piangere i vostri morti e domani...
Il vostro egoismo ha dato la misura di quanto poco siate!
Grazie
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