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Explorar/Revelar
Apuntes al proyecto
diagonal . cruz . vertical . pliegue . horizontal . esquina
Sobre La Cruz de Einstein, lentes gravitacionales y agujeros negros
de Miguel Marina Cobo
En las últimas derivas de su investigación artística, Miguel Marina ha ampliado y elevado enormemente el sujeto de su pintura, el paisaje, al mismo tiempo que ésta se ha visto simplificada en formas y paleta de color. Esta filtración es fruto de un acercamiento del artista madrileño a teorías e imágenes provenientes de la exploración del cosmos, un no lugar que abraza con inmensidad la curiosidad humana y cuyo desconocimiento genera una gran fascinación.
En la serie de óleos diagonal . cruz . vertical . pliegue . horizontal . esquina, Marina potencia la fragilidad del papel copia frente a la rigidez de la tela, y en él traduce imágenes espaciales como la Cruz de Einstein utilizando como lenguaje la depuración de líneas y formas siguiendo una praxis imitativa que transforma el dibujo en pliegues. Este esquema actúa a su vez como una carta de navegación, una hoja de ruta para explorar y descubrir, tomando como metáfora el mismo proceso de distorsión del espacio que ejerce la gravedad para dotar a sus piezas de una leve tridimensionalidad.
Sus paisajes cósmicos se aproximan pues a la abstracción, aunque sin improvisación alguna. Sus gestos, pliegues y barridos están calculados con gran precisión y reflexión, y su técnica conlleva un trabajo minucioso y pulcro propio de la disciplina del arte oriental en papel.
Así, Miguel Marina, con ejercicios de pintura simples y ordenados, incluso básicos y primarios en ocasiones, consigue resultados eficaces que hacen de diagonal . cruz . vertical . pliegue . horizontal . esquina una serie dedicada a la propia exploración técnica, formal y temática.
(texto para la candidatura de Miguel Marina Cobo para la XVIII edición de Circuitos de Artes Plásticas de la Comunidad de Madrid)
https://www.instagram.com/miguelmarina_/
http://miguelmarina.com/
Febrero, 2017
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Laboratorio didattico Christiane Löhr
es
Preparación e ideación de un taller infantil para escuelas (7-11 años) basado en la exposición XIX Edizione Premio Pino Pascali. Christiane Löhr .
ita
http://www.museopinopascali.it/
http://www.christianeloehr.de/
Noviembre, 2016
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Con.divisione 2016
es
Comisariado de la residencia para jóvenes artistas Con.divisione 2015 con sede en Mola di Bari (Italia).
ita
In residenza:
Leonardo Annibali, Ana Area Martínez, Vito Battista, Antonio Bolognino, Fabio Caccuri, Michele Ciccimarra, Giovanni Cristino, Alisia Cruciani, Bianca Maria Fasiolo, Rada Koželj, Tiziano Rossano Mainieri, Andrea Morsolin, Giuseppe Pascucci, Giuseppe Pansini, Antonio Pipolo, Ivo Pisanti e Maria Susca.
Logistica e supporto tecnico:
Tania Lavarra, Serena Montanaro e Camila Restrepo.
Grafica:
Ivo Pisanti.
Il progetto Con.divisione, ideato e prodotto da Fabio Caccuri nel 2012 con la collaborazione/aiuto logistica di Giuseppe Pascucci e affiancato nella curatela dalla residente Ana Area Martínez dal 2014, nasce dall'esigenza di avviare un discorso relativo all'arte contemporanea nel Comune di Mola di Bari e prevede l’attivazione di una residenza artistica estiva autogestita per giovani autori provenienti da diverse aree dell’Italia e dall'estero, i quali operano congiuntamente durante la prima metà del mese di agosto, interagendo con l’ambiente che li ospita e sviluppando una metodologia comune partendo dalle loro reciproche esperienze e attitudini personali, influenzandosi e trasformandosi attraverso il dialogo per produrrere un’idea condivisa attraverso vari media, dalla musica alle arti visive passando per la danza o il paesaggismo, tenendo viva l'etica del riciclo e riuso dei materiali di scarto.
Nella sua quinta edizione, la mostra muta in spettacolo e la produzione ottenuta durante i giorni in residenza si presenta in tre uniche serate performative che offriranno allo spettatore l’opportunità di avvicinarsi a mondi, storie e resti di ecosistemi inventati che sottolineano in maniera fantastica il contenitore, cioè il castello angioino, ma anche il paesaggio non urbano del territorio molese.
La formula scelta per Con.divisione 2016 fa sì che nei tre appuntamenti il coinvolgimento degli autori sia totale, cercando in alcune occasioni di interpellare direttamente il visitante. È questo il caso delle due performance svolte da Bianca Maria Fasiolo e Maria Susca dove il corpo diviene creatore di immagini, unità di misura per descrivere oggetti e canale di una comunicazione del tutto soggettiva tra individui di diversa età o sesso, evidenziando la gestualità e lo scambio inusuale di informazioni tramite il movimento e il tatto che sostituiscono la sola percezione visiva. Questo componente sinestetico si ripete nella live performance di Michele Ciccimarra e Antonio Pipolo, dove vista e udito interagiscono in parti uguali attraverso l’unione del gesto musicale e quello illuminotecnico in cui la luce evidenzia l’azione che produce il suono, ma anch’essa diventa attrice di un suono visivo.
Un’esperienza multisensoriale più intima è offerta dalla stanza disegnata da Giuseppe Pascucci, dove solo uno spettatore potrà entrare, diventando così unico fruitore e testimone dell’opera che rimarrà ignota al resto dei visitatori e sarà distrutta dopo essere stata attivata per la prima ed unica volta.
La stessa aura di mistero e curiosità sfiora l’intervento di Ivo Pisanti, che crea un ambiente sperimentale mediante la distorsione sonora di radio in disuso, e i sotteranei del castello, dove i suoni affascinanti, prodotti dalla vibrazione delle corde di una chitarra mosse dal vento nella costa molese e registrati da Tiziano Rossano Mainieri, fungono da cornice per altri due interventi dove lo spettatore viene catturato dalla visione dell’orizzonte in un invito alla contemplazione e alla riflessione. Da un lato, Alisia Cruciani presenta la linea di congiunzione tra mare e cielo come paesaggio immutabile nel tempo ma ancora attraente, sia per la sua bellezza che per l’impossibilità di raggiungerla. Così, attraverso la proiezione dei suoi scatti su una vecchia fotografia, gioca con la metamorfosi cromatica quotidiana dell’orizzonte marino molese; dall’altro lato, Antonio Bolognino cerca l’interazione col pubblico presente, attivando uno spazio avvolgente e riservato di conversazione, dove riflettere e condividere pensieri.
Nel cortile e nelle stanze adiacenti, le narrazioni scorrono tra un passato immaginato e un futuro incerto, portandoci in altre non realtà, svelando nuovi mondi attraverso l’invenzione di contesti storico-scientifici.
Seguendo questo filo conduttore, troviamo, nelle sculture create da Giovanni Cristino con materiali edili di scarto, le vestigia di una cultura ancestrale immaginata da Giuseppe Pansini.
Riflettendo sulla traccia che l’uomo lascia in maniera indelebile sulla natura e sulla possibilità evolutiva di una flora dell’avvenire, Giovanni Cristino e Andrea Morsolin creano, con scarti di sigarette, delle piante artificiali che fioriscono in un ecosistema ostile ma non necessariamente senza un valore estetico.
Seguendo questa metodologia scientifica, Antonio Pipolo e Camila Restrepo ricreano uno studiolo dove il visitante potrà osservare una catalogazione enciclopedica di ibridi creati con i resti di creature e piante che hanno abitato il territorio molese.
Nell’opera di Bianca Maria Fasiolo, la cura dell’archivio e l’estetica della catalogazione, si rivelano come scoperta e rivalutazione di piccoli dettagli ornamentali nelle costruzioni popolari dell’architettura molese. Il repertorio da lei creato si presenta sotto forma di atlante tipologico, traendo diretta ispiranzione da un manuale di arte decorativa del XIX sec. Gli scatti fotografici si accostano l’uno all’altro per analogia, concentrando l’attenzione sui piccoli difetti di fabbrica, i materiali umili e la scelta di specifici pattern impiegati per risolvere esigenze funzionali.
L’elemento ironico in queste finzioni viene usato da Giovanni Cristino, che dispone su di un tavolo un’ipotetico aperitivo immangiabile e da Vito Battista nella sua riflessione sulla figura del turista, abitante di una realtà altra, la vacanza, dove l’uomo riesce a essere spensierato e lontano dalla routine che lo incasella. Allo stesso tempo, grazie al canotto gonfiabile, la spensieratezza diventa libertà piena nel mare. Libertà che nell’installazione al castello si conquista anche in terra, grazie allo sviluppo di una serie di zampe bizarre, dalle influenze estetiche provenienti dall’animazione del primo novecento, permettendo al turista di vivere nella spensieratezza (per sempre).
Andrea Morsolin, riprende invece l’aspetto mistico nella sua ode alla macchia mediterranea, aree in continua mutevolezza, tracce di boschi di lecci dove il cambiamento dell’ecosistema, la presenza di disturbi naturali e l'aggressività dell’uomo provocano il deterioramento e la possibile scomparsa di un tipo di flora resistente e appena percepita nel paesaggio molese.
Nella sua installazione, Rada Koželj ricrea un ambiente liturgico e impenetrabile attraverso la costruzione di una torre in rovina dove nasconde un piccolo altare dedicato a una bambina immortalata nella sua prima comunione. Così, mettendo in gioco il passato, la tradizione ed il misticismo, ricrea uno scenario leggendario dove costringe lo spettatore ad abbassarsi per adottare il punto di vista della bambina e immedesimarsi in lei.
Per ultimo, il lavoro di Ana Area Martínez s’interroga sul valore dato dalla società alle produzioni culturali, facendo un esercizio critico dove si sottolineano le frizioni quotidiane e si riflette sulla precarietà inerente al settore culturale, attraverso l’esposizione di una ricerca documentale ricca di dati e testimonianze dirette, raccolte durante i giorni in residenza.
Testo a cura di Ana Area Martínez


Senso Segno, Maria Susca e Bianca Maria Fasiolo

SiporexeropiS, Giovanni Cristino

Inventarium, Antonio Pipolo e Camila Restrepo
http://antoniopipolo.com/

Inventarium, Antonio Pipolo e Camila Restrepo

Inventarium, Antonio Pipolo e Camila Restrepo

Inventarium, Antonio Pipolo e Camila Restrepo

Cos’e’ l’orizzonte, Alisia Cruciani
http://alisiacruciani.wixsite.com/alisiacruciani

Headphone Required Vol. 2 Michele Ciccimarra: musica Antonio Pipolo: visual
http://antoniopipolo.com/

Adorazione dell'infanta, Rada Koželj
http://radakozelj.altervista.org/

Adorazione dell'infanta, Rada Koželj

Ode alla Macchia, Andrea Morsolin

Interferenze d’onda, Ivo Pisanti
http://www.ivopisanti.com/

Cercati un lavoro vero, Ana Area Martínez es
Diagrama sobre la precariedad laboral en la cultura. Representación gráfica de entrevistas y debates creados entre los autores durante la residencia.
ita
Riflessione sulla precarietà lavorativa e sull’opinione sociale riguardo le produzioni culturali attraverso testimonianze dirette.
Agosto, 2016
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Kids Days at Peggy Guggenheim Collection
es
Gestión de algunos KIDS DAY, laboratorios gratuítos de la Peggy Guggenheim colection en Venezia, durante los meses de diciembre de 2015 y enero de 2016.
ita
I KIDS DAY sono laboratori gratuiti rivolti a bambini di età compresa tra i 4 e i 10 anni. Hanno luogo tutte le domeniche dalle 15.00 alle 16.30 presso il museo. Il progetto introduce i piccoli visitatori all’arte moderna e contemporanea in modo accessibile e coinvolgente, dando la possibilità ai bambini di imparare e sperimentare tecniche e tematiche artistiche diverse a ogni appuntamento. L’attività inizia con l’analisi di una o più opere della collezione permanente o delle mostre temporanee e prosegue con un laboratorio finalizzato a mettere in pratica quanto visto. Tutta l’iniziativa si svolge principalmente in italiano, ma sono disponibili altre lingue a seconda della nazionalità dei bambini partecipanti.
I Kids Day a mio carico sono stati:
-Dalì e La nascita dei desideri liquidi
Introduzione al surrealismo i sogni e la realizzazione di un cadavere esquisito in gruppi.
-Warhol e Fiori
Uso dei colori piatti e fluo per completare un patchwork grupale.
-Frank Stella e Miscuglio di grigio
Attività basata nelle ilusioni ottiche e i colori primari e secondari atraverso il calco delle mani con penarelli.
Inoltre ho collaborato con Valeria Bottalico e Felice Tagliaferro durante i Kids Day per non-vedenti ed ipovedenti dedicati al progetto Doppio Senso.

http://www.guggenheim-venice.it/education/index.html
Noviembre, 2015- Enero,2016
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Con.divisione 2015
es
Comisariado de la residencia para jóvenes artistas Con.divisione 2015 con sede en Mola di Bari (Italia).
ita
In residenza:
Leonardo Annibali, Ana María Area Martínez, Vito Battista, Fabio Caccuri, Michele Ciccimarra, Nicola Ciuffo, Giovanni Cristino, Alisia Cruciani, Rada Koželj, Serena Montanaro, Andrea Morsolin, Anna Giulia Nicastro, Giuseppe Pascucci, Antonio Pipolo, Ivo Pisanti e Maria Susca.
Logistica e supporto tecnico:
Enrico L'insalata, Daniele Tucci
Grafica:
Fabio Galli
Il progetto Con.divisione nasce nel 2012 a cura di Fabio Caccuri e Giuseppe Pascucci dall'esigenza di avviare un discorso relativo all'arte contemporanea nel Comune di Mola di Bari e prevede l’attivazione di una residenza artistica estiva autogestita per giovani autori (provenienti da diverse aree dell’Italia e dall'estero), i quali operano congiuntamente per dieci giorni, interagendo con l’ambiente ospite. Partendo dalle loro reciproche esperienze e attitudini personali, dialogano e producono un’idea condivisa attraverso vari media, dalla musica alle arti visive passando per la danza o il paesaggismo, tenendo viva l'etica del riciclo e riuso dei materiali di scarto.
Nella sua quarta edizione, gli interventi seminati al castello interpellano lo spettatore attraverso mondi paralleli e micro realtà, performances, scambi di informazione e il ribaltamento di situazioni e oggetti inseriti nella consuetudine molese, trasformando gli spazi del castello angioino in un laboratorio di sensazioni.
Percorrendo lo spazio, troviamo interventi come quello di Nicola Ciuffo e Rada Kozelj che creano una metamorfosi performativa dove convivono due esseri ibridi, creature incarnate da loro stessi che trasformano il terrapieno del castello in una tana, dove prende vita un mondo fantastico attraverso il loro immaginario.
Questo mondo immaginifico trova la sua eco nella stanza invasa dal giardino secco di Andrea Morsolin e Giovanni Cristino, i quali, nel ruolo di artigiani costruiscono con la flora locale organismi ibridi dislocati dai loro ambienti naturali che si intrecciano tra di loro creando dei falsi botanici, ecosistemi alternativi dove vengono rivalutate le male erbe e coinvolti tutti i sensi. Continuano su tracce naturali Andrea Morsolin e Fabio Caccuri, rinchiudendo dentro un piccolo acquario un percorso, un intero ciclo di vita attraverso l'analisi dell'invasione delle alghe verdi, un organismo di crescita incessante dove l'intrusione o la sola presenza di batteri fa cambiare le sue condizioni di vita, uccidendo il micro ecosistema. Ivo Pisanti e Leo Annibali offrono invece la visione di una natura non terrestre, e nella loro installazione, un testo di Antonio Bolognino ci racconta come dopo essere finite le risorse della Terra sia necessario andare oltre. Gli autori contrappongono così paesaggi riconoscibili e paesaggi ipotetici creati attraverso le vestigia che troviamo nella natura. In questo modo la sabbia diventa roccia e la roccia montagna, e, come se si trattasse di un viaggio alle origini ancestrali del nostro pianeta, ci troviamo davanti a uno scenario sconosciuto e allo stesso tempo disorientante e misterioso.
Di un cambio di paesaggio ci parla anche Andrea Morsolin che, attraverso immagini satellitari, mette in mostra l'aggressività del progresso agricolo sulla flora delle campagne vicine con l'invasione dei tendoni d'uva in detrimento dei mandorleti, la cui scomparsa è ogni giorno più evidente. Lo stesso argomento viene ritrattato da Ivo Pisanti in un manifesto pubblicitario che emula il cartellonismo degli anni venti, dove il mandorlo diviene simbolo del paese e di un passato recente.
Dall'altro lato, Alisia Cruciani e Rada Kozelj prestano particolare attenzione all'inquinamento della costa molese, creando un buffet libero in occasione del vernissage della mostra dove degustare appetibili rigetti di mare, presentati come piccole degustazioni artificiali, all'apparenza commestibili. L'inquinamento nella sua versione urbana viene raccolto nell'installazione di Vito Battista e Giovanni Cristino, dove veicoli ricreati in cartone evidenziano l'eccessiva popolazione automobilistica di Mola, invadendo l'atrio del castello, che diventa ora luogo di parcheggio abusivo.
Giovanni Cristino e Giuseppe Pascucci ironizzano invece sulla rivalutazione degli oggetti quotidiani incorniciando una serie di confezioni di tabacco le cui avvertenze vengono sottilmente modificate attirando così, l'attenzione dello spettatore grazie all'umorismo del loro gioco di parole. Questi oggetti quotidiani cambiano di proporzione nelle mani di Giovanni Cristino che presenta un mazzo di carte napoletane, oggetti comuni, immutabili negli anni e simbolo della persistenza della tradizione che per l'occasione diventano giganti e richiedono l'interazione del pubblico per azionare l'intervento. L'invito al gioco percorre anche lo spazio con i semplici ma sottili "parla-ascolta" invadenti che propone Giuseppe Pascucci, riutilizzando materiali abbandonati nei ruderi molesi e attivando il suo essere sonoro per coinvolgere il pubblico in una comunicazione estemporanea e non prevedibile attraverso tutte le sale del castello.
Il "fare ludico" viene ripreso da Fabio Caccuri, che si rivolge agli autori proponendo loro un gioco di ruolo dove ognuno sarà custode del proprio intervento durante l'inaugurazione, in modo da stabilirne un rituale. Parallelamente, Maria Susca attua una performance nella quale i suoi movimenti sono componenti di una frase, un percorso improvvisato che parte dall'auto-impedimento, dall'auto-limitazione sfidando con i propri mezzi, le eventuali interruzioni e perturbazioni interpretate da persone estranee alla danza che non cercano l'interazione, se non nella forma dell'ostacolo. Antonio Pipolo si serve invece del buio e della luce per mettere in gioco il visitatore predisponendolo a percepire lo spazio e a intuire presenze in una performance dove la curiosità si accompagna all'instabilità per la perdita del contatto visivo. Nella stessa scia, Michele Ciccimarra e Antonio Pipolo presentano una sessione di improvvisazione dove la musica interagisce col videomapping. In questo modo, la batteria, da semplice percussione, evolve in uno strumento audio-visuale dove suono e luce si fondono in una performance congiunta.
Concludono il percorso Ana María Area, Anna Giulia Nicastro e Serena Montanaro, che propongono uno scambio di informazioni attivo attraverso un info point, nel quale gli spettatori possono darsi un feedback reciproco mediante la riflessione su tre termini polisemici che sono i concetti base della residenza, in modo tale da portare questa riflessione oltre le pareti del castello.
Col patrocinio dal Comune di Mola di Bari e sponsorizzata da Il Casolare Di Puglia Srl e Cooperativa Sociale Occupazione e Solidarietà. Si ringrazia il Teatro Pubblico Pugliese e il SAC.

TURAMIKURAMÍ, Rada Rožely e Nicola Ciuffo

D’OBLO’ XERICO, Giovanni Cristino e Andrea Morsolin

MAREA CATERING, Buffet di bonifica ambientale, Alisia Cruciani e Rada Roželj

CRESCITA DEGENERATIVA, Andrea Morsolin e Fabio Caccuri

PARL(A)SCOLTA, Giuseppe Pascucci

THE 3RD EYE OF THE BLIND DRUMMER, Michele Ciccimarra, Enrico L’Insalata, Antonio Pipolo e Daniele Tucci,.
https://vimeo.com/150589016

L’ALBA CHE ESAGERAMMO, Ivo Pisanti, Leonardo Annibali, Antonio Bolognino


INFO POINT, Ana María Area Martínez, Serena Montanaro e Anna Giulia Nicastro. es
Cabina abierta a la participación de los visitantes a la muestra final. Reflexión privada sobre los conceptos que articulan Con.divisione (condividere, dividere, visione).
ita
Esperimento di condivisione. Accedere uno alla volta. Attenti al gradino!
Julio-Agosto, 2015
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Con.divisione 2014
es
Comisariado de la residencia para jóvenes artistas Con.divisione 2014 con sede en Mola di Bari (Italia).
ita
In residenza:Leonardo Annibali, Ana María Area Martínez, Vito Battista, Fabio Caccuri, Giovanni Cristino, Alisia Cruciani, Fabio Galli, Elisa Iuliano, Rada Koželj, Tiziano Mainieri, Giuseppe Pascucci, Antonio Pipolo, Ivo Pisanti e Maria Susca.
Il progetto a cura di Fabio Caccuri e Giuseppe Pascucci Con.divisione, nato nel 2012 dall'esigenza di avviare un discorso relativo all'arte contemporanea nel Comune di Mola di Bari, prevede l'attivazione di una residenza artistica estiva per giovani autori provenienti da diverse aree dell'Italia e dall'estero, i quali operano congiuntamente per dieci giorni, interagendo con l'ambiente che li ospita, dialogando e producendo un'idea condivisa partendo dalle loro esperienze personali e attraverso vari media artistici, dalla musica alle arti visive arrivando fino alla danza.Per l'appuntamento del 2014 gli spazi del Castello Angioino vengono utilizzati dagli autori in residenza al fine di intraprendere un dialogo relativo al concetto di spazio come contenitore di esperienze che a volte risorge facendosi sacro, altre si trasforma divenendo spazio negato o inaccessibile ed altre ancora assume la forma di spazio condiviso.
Interventi come quello di Rada Koželj ci conducono nell'intimità dell'individuo e ci invitano a riflettere sulla concezione della coppia come equilibrio tra due entità, creando un ambiente sacro personale, una grotta privata dove le ossessioni e l'immaginario dell'artista stessa assumono fisicità. Questo equilibrio proprio della coppia, intesa come nucleo familiare, è invece lo spunto scelto da Giovanni Cristino, Alisia Cruciani, Giuseppe Pascucci e Maria Susca per intraprendere una riflessione sul caso delle edilizie bloccate che sono rimaste abbandonate nel comune di Mola di Bari. Attraverso un'istallazione che coniuga insieme una ricerca documentale, un progetto scultoreo e un intervento performativo, il fine è quello di avviare un percorso che riflette sulla precarietà, sullo stato di abbandono e sull'inaccessibilità dello spazio divenuto rudere.
L'abbandono è anche protagonista del lavoro individuale di Giovanni Cristino, che eleva allo status di opera d'arte l'illegalità del graffito, solitamente simbolo del degrado dell'inabitato.
Ancora prendendo spunto da una condizione decadente, Antonio Pipolo realizza nella sua istallazione un'operazione sovversiva ribaltando l'aggressività della natura che invade le costruzioni abbandonate, assemblando rovi che ricordano la struttura della casa e costruendo, con i rifiuti trovati per strada, elementi distruttivi.
L'inaccessibilità viene messa in scena anche da Vito Battista le cui tele riprendono tratti di architetture decadenti volutamente presentate dietro ostacoli visivi.
Il lavoro di Fabio Caccuri e Giuseppe Pascucci nasce dall'esigenza di riattivare una serie di spazi abbandonati e ormai privi di funzionalità attraverso le reinterpretazioni in chiave artistica dei residenti.
Adattandosi al modus operandi di ciascuno di loro, i risultati messi in mostra evidenziano il rapporto sviluppato in Con.divisione. In un secondo momento, tramite delle coordinate che vengono offerte allo spettatore, lo si invita a continuare questa riattivazione dei luoghi mediante le tracce audio disposte oltre le mura del castello.
I fenomeni fisici che solitamente degradano gli spazi vengono trattati nell'opera di Leonardo Annibali, la cui riproduzione in scala del castello viene sottoposta a condizioni estreme, richiamando alla metamorfosi costante dei luoghi attraverso il disfacimento della propria scultura durante la mostra. Gli spazi non abitabili a causa della loro continua mutevolezza vengono indagati da Tiziano Mainieri, la cui proposta contiene una serie di scatti notturni di luoghi di transizione tra l'alta e la bassa marea, tra la vita che offre la luce e il buio della notte.
Conclude il percorso espositivo la video proiezione di Ivo Pisanti e Leonardo Annibali che mette in luce la figura del mare come luogo dove si ritrovano mestieri, esperienze personali, tradizioni e culture proprie del quotidiano molese.


Alisia Cruciani, Giovanni Cristino, Maria Susca, Giuseppe Pascucci

Rada Kozelj

Tiziano Rossano Mainieri

Vito Battista
Vista Mare, Leonardo Annibali e Ivo Pisanti Documentario - durata 16’ 02’’ https://vimeo.com/126270208
Julio-Agosto, 2014
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El plan de los náufragos

es
-Texto curatorial para la exposición El plan de los náufragos del colectivo El Banquete en la Galería La Fenice Gallery de Venecia. (Venecia, julio de 2014)-
Se han dispuesto en la galería dos piezas, un vídeo y una instalación, en dos ambientes separados. La instalación comprende 192 botellas cuyo contenido es un paño timbrado con una frase extraída de la publicación francesa Tiquun y una cerilla; el vídeo , un plano fijo de una playa y el sonido de las olas, muestra un texto del colectivo que discurre en la parte inferior de la pantalla.
El Banquete, como en obras anteriores, usa la botella como objeto común reconocido por todos para iniciar una reflexión mayor, en este caso, usan su dimensión comunicativa a través de dos vías, la del náufrago y la del activista. En ambas maneras interesa no sólo ese nexo comunicativo inicial, sino también la clandestinidad y la falta de control que poseen. En la instalación , concebida estéticamente a modo de balsa ondeante, estas botellas/cocktail Molotov se disponen libres a la recogida del público que accionará la obra como convenga. En su lugar quedará una huella que certifica el primer paso del viaje del mensaje que El Banquete ha escrito en cada uno de los paños introducidos en las botellas. Este mensaje deriva de la segunda de las piezas que se exponen, un vídeo donde partiendo del concepto de isla desierta y utopía se presenta un paraje paradisíaco espejo del ideal utópico que enmarca un texto donde el colectivo reflexiona sobre la realidad local y la realidad virtual. Se expone así la dualidad entre la utopía paradisíaca y la distopía que supone la conversión de la isla en prisión para el náufrago, quien, experimentando la realidad local, derrumba el ideal utópico. El proyecto se concibe como un site specific y Venecia es una ciudad en donde esta paradoja se vive día a día, pues miles de turistas la inundan buscando esa virtualidad y, en la mayoría de los casos, logran vivir en ella durante tres o cinco días. Pero son los ciudadanos aquellos que conocen la realidad local de la ciudad, ellos son los náufragos. En los paños, El Banquete invita a ese conocimiento de lo local, al naufragio voluntario.
ita
Partendo da oggetti semplici e familiari, il collettivo 'El Banquete', composto da Alejandro Cinque, Raquel G. Ibáñez, Antonio Torres e Marta van Tartwijk, riflette sulle dinamiche del potere politico contemporaneo delineando metodologie retoriche il cui fine è quello di palesarsi in azioni dirette.
Per la loro prima esposizione in Italia, lo spazio de La Fenice Gallery viene ridefinito attraverso un'installazione site specific che, sfruttando l'utilizzo di un oggetto comune come la bottiglia di vetro, conduce ad una considerazione sui mezzi di comunicazione clandestini come una possibile resistenza verso l'eccessiva visibilità e il costante controllo ai quali siamo esposti ogni giorno. La visibilità viene qui intesa come una trappola, come qualcosa di vincolante, come supporto di sorveglianza delle autorità del sistema. Allo stesso modo la non visibilità, il disperdersi , diviene un'efficace mezzo di manifestazione della clandestinità.
El plan de los náufragos mira a promuovere l'emancipazione del cittadino attraverso canali di comunicazione alternativi non controllati e che permettono la possibilità di attuare una resistenza attiva, Così, la bottiglia diventa sia mezzo per comunicare una frase ribelle estratta dalla pubblicazione filosofica francese Tiqqun stampata su uno straccio e sia detonatore di proteste politico-sociali. Riallacciandosi da un lato alla figura del naufrago e al suo gesto romantico e disperato di gettare una bottiglia in mare con un messaggio al suo interno, e dall'altro a quella dell'attivista politico che lancia le bottiglie come cocktail Molotov per attentare al sistema durante le guerriglie urbane.
In un primo caso l'atto di resistenza alla solitudine si serve della deriva e della sua fragilità galleggiante, nel secondo l'attivismo si imposta come un atto di resistenza politica, in cui il cittadino designa il suo personale mezzo di comunicazione clandestino per lanciare un messaggio di protesta.
Proporre questa azione in una città come Venezia, solleva inevitabilmente certe problematiche che tornano a riaprire la tensione tra l'utopia e la distopia. Nell'isola deserta la figura del naufrago, come un prigioniero all'interno di una utopia immaginaria, si riflette nell'abitante della città, dove la gentrificazione estrema ed il turismo stesso, fanno sì che alla fine, la realtà non corrisponda all’immagine della cartolina.
Il progetto propone un appello all'azione partendo da un ideale di forza di resistenza che cerca di risvegliare l'entità politica insita nel cittadino a renderlo così consapevole della sua presenza e del suo potere.
a cura di Ana María Area Martínez
en
Starting from simple and familiar objects, the art collective 'El Banquete' composed by Alejandro Cinque, Raquel G. Ibáñez, Antonio Torres and Marta van Tartwijk, reflects about the dynamics of political power outlining the rhetorical methodologies whose purpose is to manifest itself in direct actions.
For their first exhibition in Italy, the space of La Fenice Gallery is redefined through a site specific installation that, by exploiting the use of a common object such as a glass bottle, it leads to a reflection on the clandestine media as a possibility of resistance to the excessive visibility and the constant control to which we are exposed every day.The visibility here is intended as a trap, as something binding, monitored and used like a support for surveillance from the authorities of the system. Likewise, the lack of visibility, the scattering, becomes an efficient manifestation of the clandestinity.
El plan de los náufragos aims to promote the empowerment of citizens through alternative channels of communication that are not controlled and allow the possibility of implementing an active resistance. The bottle becomes at the same time, a means to communicate a rebellious phrase from the French philosophical magazine Tiquun printed on a rag and a detonator of social and political protests. Connecting by one side to the figure of the castaway and his romantic and desperate gesture of throwing a bottle into the sea with a message inside; and on the other side to the political activist who throws bottles as a Molotov cocktail for undermining the system during urban guerrillas. In the first case, the act of resistance to the solitariness uses the drift and its floating fragility; in the second one, activism is set as an act of political resistance, in which the citizen designates its personal means of communication to launch a clandestine message of protest.
Proposing this action in a city like Venice inevitably raises certain issues that come back to reopen the tension between utopia and dystopia.
In the desert island the figure of the castaway, like a prisoner inside an imaginary utopia, reflects itself in the inhabitant of the city where the extreme gentrification and tourism makes that in the end the reality does not match the image from the postcard.
The project proposes a call to action, starting from an ideal of force of resistance that seeks to awaken the political entity inherent in the citizen to make him aware of his presence and his power.
Curated by Ana María Area Martínez






https://vimeo.com/102052422
http://colectivoelbanquete.tumblr.com/
Julio-Agosto, 2014
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Kikirika
es
Texto curatorial para la exposición Kikirika de Kreshnik Sulejmani en la Galería La Fenice Gallery de Venecia. (Venecia, abril de 2014)
ita
Kikirika, foneticamente ritmica, sonora e ispiratrice; semanticamente naturale, legata agli interscambi sociali e alla conversazione; o semplicemente arachidi in albanese.
Analogamente suggestivo è lo sguardo di Kreshnik Sulejmani. Preciso e curioso, l’artista schipetaro, in occasione della sua prima personale a La Fenice Gallery, ci accompagna dentro il mondo della mimesi e dei collegamenti morfo-cognitivi.
Nelle sue indagini, l’ironia e il gioco ci appaiono come conseguenza dell’abilità infantile, del senso di esplorazione che ci appartiene, alla ricerca di una natura da risemantizzare.
Kreshnik cerca, raccoglie, sposta, poi ordina e riordina in modo ossessivo, frammenti di legno, foglie, gusci di frutti trovati a terra lungo camminate tra spiagge e boschi. Senza l’intento di salvaguardare, provando diverse combinazioni e accostamenti compositivi, svela le anime nascoste suggerite al suo sguardo dal singolo elemento, quasi ad instaurare un dialogo che soltanto nella scultura trova espressione o possibilità.
L’artista diviene così un traduttore, un estrattore delle forme, mette in scena una natura dislocata, portata con cura fuori dall’affollato ambiente abituale e pronta ad ispirare ed accogliere suggestioni.
Questo senso rivelatore continua latente nell’installazione: sebbene la manipolazione dei materiali risulti evidente, vengono riprodotte forme organiche, macchie sinuose a crescere ritmicamente, collegando porzioni, moduli e producendo grandi composizioni da minuscole unità.
Le sue collezioni lignee si presentano allestite invece pressoché scientificamente, come una raccolta archeologica, un mosaico diverso, sistemato in un certo ordine classico a seguire scale, nonostante l’apparenza spontanea del raccolto.
Come versi in una lingua immediata e attuale, l’insieme si legge a colpo d’occhio, pulito, semplice e onesto. L’oggetto ritrovato è in questo modo il punto d’origine, la scintilla, lo stimolo che accende i collegamenti più svariati. L’artista mette in luce la sua ricerca, senza pretendere di risolvere enigmi e liberandosi dal peso della definizione, muta così un pezzo di strada in uno scalino che accompagna ognuno di noi verso un microcosmo di immagini in-confessate.
eng
Kikirika, phonetically rhythmic, sonorous and inspiring; semantically natural, tied to social exchanges and to conversation; or just peanuts in Albanian.
Equally impressive is the look of Kreshnik Sulejmani. Precise and curious, the Albanian artist on the occasion of his first solo exhibition at La Fenice Gallery, takes us into the world of mimesis and morpho-cognitive connections.
In his investigation the irony and playfulness appear as a result of youth experience and the sense of exploration that belongs to us in search of a nature to reinterpret it.
Kreshnik searches, collects, moves, orders and reorders obsessively. Wooden chips, leaves, fruit shells found on the ground while walking between beaches and forests. Without the intent to preserve, trying different combinations and compositional approaches, he reveals the hidden souls suggested to his gaze from a single element, as if to establish a dialogue that only in sculpture find its expression or possibility.
The artist becomes a translator, an extractor of forms and stages a dislocated nature, carefully taking it out from the usual crowded environment and ready to inspire without intervening. This detector sense continues in the installation: although the manipulation of materials is obvious, organic forms are reproduced, sinuous spots grow rhythmically, connecting small portions and producing large compositions of tiny units.
His wooden collections are set up in an almost scientifically way, as an archaeological gathering, a different mosaic, arranged in a certain classic order to follow rhythms and stairs, despite the spontaneous appearance of the collected objects.
As verses composed in an immediate and actual language, the set is read at a glance, clean, simple, honest. The founded object is the point of origin, the spark that ignites the stimulus in a wide variety of user connections.
The artist highlights his research without pretending to solve puzzles, ridding the weight of the definition, he mutates a part of the street into a stair that accompanies each of us toward a microcosm of in-confessed images.


Kikirika by Kreshnik Sulejmani, installation view.

Kikirika by Kreshnik Sulejmani, installation view.

Kikirika by Kreshnik Sulejmani, installation view.

Lumache di Murazzi, by Kreshnik Sulejmani.

Uovo and Cigno by Kreshnik Sulejmani.

Dinosauro di Currila by Kreshnik Sulejmani.

Billy, by Kreshnik Sulejmani.

Spiritu della foresta by Kreshnik Sulejmani.

Ali by Kreshnik Sulejmani.

Palla bianca, by Kreshnik Sulejmani.

Bunker by Kreshnik Sulejmani.
http://kreshniksulejmani.blogspot.com.es/
Abril-Mayo, 2014
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Makeshift
es
Texto curatorial para la exposición Makeshift de Nicolas Magnant en la Galería La Fenice Gallery de Venecia. (Venecia, marzo de 2014)
ita
Makeshift, ripiego, rattoppo, pezza. Una soluzione temporanea come placebo, sostituzione del tangibile fragile e precaria, a momenti pasticciata, rabberciata. Quasi si respirasse la necessità di rimediare in maniera posticcia alle manifestazioni più concrete, rimasticandole e riammettendole al mondo in veste del tutto nuova.
Secondo questa chiave d’accesso Nicolas Magnant giovane artista francese, veneziano d'adozione, presenta a La Fenice Gallery la sua prima personale, ammettendoci ad una propria reinterpretazione della realtà che ci circonda.
Attraverso un atteggiamento primitivo, sensoriale, diretto ad un ritorno al primordiale, ad un pensiero automatico legato ai sensi e che fugge la ragione, introduce il fruitore a opere frutto dell'evocazione: figure ispirate dall'arbitrarietà della natura oppure emerse da materiali raccolti, oggetti trovati, deteriorati.
Il suo immaginario si apre come un grande archivio costituito da favole, avvenimenti celesti, dal quale emerge l'idea di origine, in un certo senso atavico, che collega le sue sculture ai primi utensili umani o il suo ritorno al disegno alle pitture rupestri rivisitate con pennarelli, in una maniera che può ricordare i primi disegni legati all'infanzia.
All'interno di questo suo vasto contenitore, tutti i materiali radunati (stoffa, cartone, tele) vengono mescolati e amalgamati, come a voler essere preservati e curati dal loro stesso stato di abbandono, venendo rielaborati attraverso le tecniche più svariate, come la stampa, la sovrapposizione, il collage, l'incisione.
Le tracce o i segni lasciati all’osservatore si lasciano rileggere in un secondo momento, non come copie del tangibile, ma come un eidolon, uno spettro, un'ombra che rimane nonostante i segni fisici siano più o meno scomparsi, diventando, ora una sagoma in cartone.
Il paradosso caotico di Nicolas si risolve nella sua installazione site specific che per l'occasione, prende vita nello spazio: mescolare e legare, per l'artista, si sviluppano infine come premesse, sorte di mantra che convengano a possibili traduzioni di quel che comunemente consideriamo realtà.
eng
Makeshift, stopgap, patch, mend. A temporary solution as a placebo, replacement of the tangible fragile and precarious, at times messy, botched. Almost breathe the need to remedy in a sham to more concrete manifestations, rechewing and readmitting them to the world in a whole new way.
According to this access key Nicolas Magnant, young French artist, Venetian by adoption, presents at the La Fenice Gallery his first solo exhibition, admitting us to a reinterpretation of the reality that surround us.
Through a primitive attitude, sensorial, directed to a return to the primordial, to an automatic thought linked to the senses and that escapes the reason, he introduces the viewer to works that are the result of the evocation: figures inspired by the arbitrariness of nature or emerged from collected materials, found and deteriorated objects. His imagery is opened like a large archive that consists in fables, celestial events, from which emerges the idea of origin, in a certain sense atavistic, linking his sculptures to the first human tools or his return to the drawing cave painting revisited with markers, in a way that can remember the first drawing of childhood.
Within this vast container, all gathered materials (fabric, cardboard, canvas) are mixed and blended, as if to be preserved and cared from their own state of neglect, being reworked through different techniques, such as printing, layering, collage, printmaking. The tracks or marks left to the observer are re-read at a later time, not as copies of tangible, but as an eidolon, a ghost, a shadow that remains in spite of the physical signs – more or less disappeared – becoming now a cardboard silhouette.
The chaotic paradox is resolved by Nicolas in his site-specific installation that, for the occasion, comes to life in the exhibition space: mixing and tying, to the artist, finally develop as premises, sorts of mantra that agree to possible translations of what we commonly consider reality.
https://nicolasmagnant.wordpress.com/




Makeshift by Nicolas Magnant, installation view.

Makeshift by Nicolas Magnant, installation view.

Prehistoric Mambo, by Nicolas Magnant.

Mommy, by Nicolas Magnant.

Albero Barocco, by Nicolas Magnant.

Cortex, by Nicolas Magnant.

Goccie Doppie, by Nicolas Magnant.

Barca di carta, by Nicolas Magnant.
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Menú Sonoro
es
Proyecto creativo al interno de Entre el Raspall y Gato Pérez ensayo relacional colectivo fruto del workshop Proyectos de arte por proyectos. La temporalidad del proceso creativo impartido por Octavi Rofes durante el primer módulo del curso de estudios de A*desk, Instituto Independiente de Crítica y Arte Contemporáneo 2013 - 2014. (Barcelona, enero de 2014).
ita
Progetto creativo all’interno dell’evento Entre el Raspall y Gato Pérez, mostra finale del workshop Proyectos de arte por proyectos. La temporalidad del proceso creativo a cura di Octavi Rofes durante il primo trimestre del corso di studi di A*desk, Istituto Independente di Critica e Arte Contemporanea 2013 - 2014. (Barcellona, gennaio 2014)
Seguendo la formula di un kit di strumenti, ogni progetto mira a interagire con la comunità vicina alla sede di A*desk (tra la Plaça Gato Pérez e la Plaça del Raspall, al quartiere di Gracia) senza irrompere troppo nella loro consuetudine, disolvendo più che mostrando.
In Menú Sonoro, il visitatore ha la possibilità di scelgere 4 pietanze tra una playlist di rumori generati in contesti simili, relativi al passato del quartiere o alle ideologie che lì convivono.
Dopo la loro scelta il menú suonerà nel vicino Bar Resolís sempre molto poppolato e rumoroso. Così, il visitatore, volendo ascoltare il menú scelto finirà per sentire il presente cacofonico del locale e altro.
Entre el Raspall y Gato Pérez
3 mesas de operaciones con 6 kits para la activación del espacio público.
Herramientas de persuasión, de desplazamiento, de ajuste, de estratificación, de rememoración, de recolección; accionadas por Mónika Ardila, Ana Area, Irma Arribas, Chiara De Marco, Oriol Fontdevila, Masha Perskaya, Octavi Rofes, Sergi Velasco y Marta van Tartwijk.
El primer itinerario del programa de estudios de A*DESK acaba con una reflexión en torno a la noción de proyecto artístico, que se ha generado a partir del workshop de Octavi Rofes, “Proyectos de arte por proyectos. La temporalidad del proceso creativo”. Con el grupo de participantes se ha ensayado un conjunto de herramientas que surgen de un intento de superar las burbujas autorreguladas del proyecto, que nos han llevado a la puesta a punto de dispositivos de continuidad, agregación y actualización, que surgen de una nueva perspectiva y un nuevo relato en el trabajo creativo. Os invitamos a pasar una tarde de sábado entre las plazas de El Raspall y Gato Pérez, para compartir herramientas, conocimientos y merienda entre los participantes al workshop, los vecinos y vecinas del mismo entorno de A*DESK y todas las personas interesadas en sumarse a este ensayo relacional.
Con el soporte de Sala d’Art Jove.



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