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L'ESTRO VERSO
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estroverso · 10 years ago
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I doppi libretti sono sempre quelli degli altri
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Lo so, il titolo è oscuro, come per altro il dibattito cui è riferito. Ma d’altra parte sto pur sempre parlando di e a Luigi Amicone, mitologico direttore di Tempi. E lo sto facendo all’indomani di una sconfitta del Milan per 4 a 0 col Napoli a San Siro. Non sono nel pieno delle mie facoltà. Di cosa si parla? Il riassunto lo fa bene lo stesso Amicone nell’incipit del suo articolo (qui) ma anche Assuntina Morresi sul suo stranocristiano.it (qui). E se c’è una cosa certa è che questo modo di essere cristiani è proprio strano. Ma non sta me dare giudizi. La pietra dello scandalo è una lettera apparsa su Tracce (rivista di Comunione e Liberazione) in cui partendo da una frase di Giussani che recita «le circostanze attraverso cui Dio ci fa passare sono fattore essenziale della nostra vocazione» un universitario (appunto Giulio studente di Legge a Firenze, è responsabile di Lista Aperta, il partito studentesco di Cl, per la sua università) racconta la sua esperienza. Non sono abbonato a Tracce quindi mi fido di quello che riportano tutti. Il pezzo recita: «Quest’estate il Senato accademico ha votato per approvare un “doppio libretto” che faciliti il momento dell’esame agli studenti transessuali, spesso in difficoltà nello spiegare a professori e compagni il loro cambiamento. A Firenze sono due gli studenti che hanno fatto richiesta per il libretto. “All’inizio noi eravamo contrari. Tutto si giocava sul piano ideologico. Ma guardare il loro disagio, ci ha fatto cambiare posizione”. Incontrare uno di loro, poi, è ciò che li ha convinti a votare di sì, “ma non abbiamo rinunciato a dire, anche agli altri eletti in Senato, che un documento non avrebbe mai risolto il suo bisogno, né saziato il desiderio di diventare se stesso”». Lungi da me spiegare cosa intendesse Giussani dicendo che la nostra vocazione dipenda dalla nostra storia. Mi sembra invece chiarissimo cosa dice Giulio. Semplicemente ha deciso, insieme ad altri, di uscire dalla logica ideologica, su cui il tema del doppio libretto si era incanalata, conoscendo i ragazzi transessuali (dovremmo dire transgender altrimenti Morresi ci tira le orecchie perché non saprebbe dove appiccicare la questione della “teoria gender”). Una volta guardato negli occhi queste persone Giulio ha votato per il “si” al doppio libretto abbracciando «il loro disagio» pur sottolineando che la risposta non era quel libretto in più. Da qui nasce la lettera aperta di Luigi Amicone, che con il consueto fare pretesco, si dilunga nella sua predica per spiegare perché Giulio ha sbagliato. Perché ha sbagliato? La risposta di Amicone è prevedibile e stantia come la regia di Montolivo: perché Giulio ha ceduto all’ideologia. E approfondisce: «Può essere degno di un essere umano e di una umana amicizia, tanto più se ricercati cristianamente, la rinuncia alla ragione?». E cioè Giulio può dirsi essere umano e amico del transessuale se gli tace che il suo stesso essere è un errore, non in grazia di dio e indegno di alcun diritto o carezza umani? Ora buttandola sulla ragione è evidente come Amicone non si renda conto di squalificarsi da solo. Un po’ come se Bertolacci la buttasse sulla classe. Ma lo perdoniamo. Quello che è imperdonabile è questa arroganza da tribuno con cui dalle colonne del suo giornale (seppur di risibile tiratura) attacca frontalmente un giovane ragazzo gettandolo al pubblico ludibrio. Amicone per avallare il suo pensiero labirintico si appella a Giussani e Papa Benedetto XVI. Memori del fatto che faccia dire a Giussani quello che gli pare e agli altri metta in bocca quello che diceva Giussani sorvoleremo. Ricomporre il puzzle sarebbe uno sforzo troppo faticoso. Come trovare un senso alla partita di ieri sera. Limitiamoci alla domanda di fondo di Amicone: «Può essere degno di un essere umano e di una umana amicizia, tanto più se ricercati cristianamente, la rinuncia alla ragione?».   La domanda vera caro Amicone è un’altra: può essere degno di una ragione, tanto più se cristiana, rinunciare all’essere umano e all’umana amicizia? Il problema è tutto qui. Quando si ragiona ideologicamente, nel senso dispregiativo che usa lo stesso Amicone cioè facendo prevalere idee e teoria sulla realtà, si fa sempre un cattivo servizio a sé e agli altri. Rimane il più arcano dei misteri. Ma perché fa domande? O meglio come si permette di farle? Se proprio deve se la prenda con qualcuno della sua stazza, in grado di difendersi, non con gli studenti. Ma prima risponda lei a qualche domanda (anche se sappiamo tutti che non lo farà. Ha domande confuse, figuriamoci risposte): 1-   È vero che sta facendo tavole rotonde per organizzare una proposta politica (tendenzialmente di centro destra) alle prossime elezioni comunali di Milano? 2-   È vero che intende, una volta costruita la proposta, veicolarla attraverso alle scuole di comunità in contrasto con quanto affermato da Carròn (“le comunità non fanno politica”)? 3-   È vero che davanti all’obiezione che questo sistema era in contrasto con quanto detto da Carròn ha fatto spallucce? 4-   Ha contattato Carròn per sapere se la cosa sia in linea con la linea di Cl? 5-   Chi le dà il potere o la possibilità di disporre delle comunità di Cl? 6-   Di fronte a questa sua proposta “politica” il tema della ragione che ruolo ricopre?   Perché a quanto pare i doppi libretti sono sempre quelli degli altri…
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estroverso · 11 years ago
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Domanda aperta al candidato Matteo Forte
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Sarò breve e diretto. I fatti: Questa mattina presso il Politecnico di Milano c'è stata un incontro elettorale per la campagna di Matteo Forte, consigliere comunale a Milano dal 2011 e candidato alle Europee 2014 per Ncd. Un incontro organizzato dalla comunità di Comunione e Liberazione del Politecnico, Bovisa. Fin qui niente di strano: un candidato membro di Cl viene invitato a parlare da una comunità di Cl ai membri della stessa comunità. Il fatto è che un incontro simile, organizzato qualche settimana prima, sempre presso il Politecnico, questa volta dai ragazzi di Cl della facoltà di architettura, ha visto arrivare il niet direttamente dal presidente della Fraternità di Comunione e Liberazione, don Juliàn Carròn. Il motivo del divieto è stato che Comunione e Liberazione non fa campagna elettorale, per nessuno. E le comunità di Cl naturalmente neanche. Rivolgendomi al consigliere Forte dunque ho due domande:
Era a conoscenza della presa di posizione di Carròn?
In quanto appartenente a Comunione e Liberazione che valore hanno le parole del presidente della Fraternità di Comunione e Liberazione per Lei?      
P.s. Quanto scrivo è pubblico ma personale, per questo pubblicato su un blog privato
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estroverso · 12 years ago
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Relax
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estroverso · 12 years ago
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estroverso · 12 years ago
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Slot machine: un virus che ci ha infettati al cuore
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Il colore chiaro dei campi coltivati rompe il dominio dei boschi verde cupo sulle colline.  Ogni scorcio sembra un quadro con il cielo per cornice. L'orizzonte è quello tipico del centro Italia. Il paese si chiama Piosina. Sono qui per qualche giorno di pausa mentale. Da qui tirando un sasso a sud si colpiscono le finestre di Città di Castello in Umbria, a nord i pollai dei contadini toscani di San Sepolcro. Un luogo di frontiera. L'Italia in massima parte è costituita da questi piccoli borghi. Siamo un Paese il cui tessuto è composto da una miriade di piccoli mondi fatti da un pugno di case e un incrocio. Se si vuole comprendere veramente quello che succede nello stivale è qui che bisogna guardare. Non alle metropoli, Non a Roma, Milano o Firenze. Piosina però, oltre a rispondere magnificamente al compendio del piccolo borgo italico, con il suo pugno di case e il suo incrocio, va oltre. Sì, perché è un po' l'ombelico italiano. È proprio nel mezzo del Bel Paese. Al centro. Sul confine, come si è detto, tra Umbria e Toscana, in un crogiuolo di dialetti che qui perdono un confine preciso. Ci sono reminescenze di umbro, quello con la “u” tipica di Foligno, c'è l'emiliano che va a braccetto con la cadenza romana ma con influenza pugliesi (in particolare lo scambio delle “e” con le “a”). Piosina poi, senza pubblicizzarlo, senza dire nulla a nessuno, bagna i propri piedi nel Tevere. Qui è ancora un piccolo fiumiciattolo. Deve ancora prendere coraggio per diventare Il Tevere. Ma è comunque lui, il fiume da cui prende battesimo e gloria l'Italia. In una parola Piosina riassume in sè tutto di noi e della nostra storia. Anche sui temi più attuali a Piosina sono al passo coi tempi. Il prete è rumeno, serve altre tre parrocchie, fa da segretario al vescovo. «Viene solo il sabato. La Chiesa è sempre chiusa. La mancanza di vocazioni si sente anche qui», dicono in paese. È un posto, insomma, in cui si incontrano storia e destino. E a preoccupare è sopratutto il destino. Qui ci sono tre case storiche, due vie e due bar. Uno è quello commerciale che vende anche le sigarette. L'altro è un Circolo Acli. Proprietà della parrocchia è gestito da ragazzi volontari. A fianco stanno costruendo una casa per ragazzi disabili. Un centro di riabilitazione. Un altro di quei segni che ti fanno capire di star dentro un riassunto vivente del tuo Paese. In cui la gratuità (in questo caso di una famiglia che ha avuto un figlio disabile) è sempre stato il principale motore propulsivo. E poi si resta atterriti. Ci sono due bar, dicevamo. Già, ma sette slot machine. Cinque nel bar commerciale, sul retro. Ma quel che è peggio, due nel Circolo Acli, nei locali della parrocchia. Perché anche lì dove il volontariato è la regola, dove dei ragazzi, per non vedere perso il luogo più caro hanno deciso di ristrutturare e prendere in gestione il locale, le macchinette la fanno da padrone. Sia nel bilancio dell'esercizio che nel tempo delle persone. «Senza, non riusciremmo a tirare avanti», dice il barista con un sorriso mesto. Sul retro del Circolo, chiuse e abbandonate riposano due magnifiche piste di bocce. Polverose guardano dritte negli occhi le slot machine luccicanti. La domanda viene spontanea: ma perché non le riaprite, le valorizzate? A Milano, dico, nel quartiere Ortica c'è chi così ci ha fatto pure i soldi. «Se qui hai 5 euro non prendi il gelato e non giochi a bocce. Tenti la fortuna e torni a casa», risponde il barista. È da Piosina che si deve continuare la battaglia no slot. Dal cuore del nostro Paese. Perché il virus ha attaccato il cuore. E desertifica pian piano.
In copertina la foto del circolo Acli di Piosina
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estroverso · 12 years ago
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Marlene Kuntz - Solstizio
Oggi è il giorno più lungo è arrivata l'estate il sole a picco sul mondo le cose sono intrecciate e no non c'è, ombra non c'è oscurità che giustifichi quel che accade a me Fa la sua cosa grano e tu incroci la mia mano c'è un connubio là fuori è l'erba è avvinta ai suoi fiori e no non c'è, ombra non c'è oscurità che giustifichi quel che accade a me E no non c'è, onta non c'è mistero che si intoni con quel che accade a me E pure io non sono un'isola completa in sé sono anch'io nel continente e pure io non sono un'isola completa in sé sono anch'io nel continente Qua non sono partecipe e oggi forse irragionevole sì forse proprio irragionevole non essere partecipe E no non c'è, ombra non c'è oscurità che giustifichi quel che accade a me E no non c'è, onta non c'è mistero che si intoni con quel che accade a me E non sono partecipe e oggi forse irragionevole sì forse irragionevole non essere partecipe E non sono partecipe e oggi forse irragionevole sì forse proprio irragionevole non essere partecipe
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estroverso · 12 years ago
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Blogging day #NoSlot
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Aderisco anch'io al blogging day contro il gioco d'azzardo legale. L'iniziativa, ha come scopo l'unire i blogger in una giornata da dedicare alla lotta contro l'invasione delle possibilità di gioco suo territori e sulla rete. L'iniziativa nasce da un appello promosso dal blog Donne Viola , la blogger Sabrina Ancarola e dallo psicologo Simone Feder e da Vita.it con la campagna no slot iniziata nella primavera 2012.
Tanti i personaggi pubblici che hanno sostenuto e retwittato la campagna. Da Max Pezzali a Pupo fino a Lorella Cuccarini, Fiorella Mannoia e Valerio Staffelli.
La giornata è organizzata contro la piaga del gioco d'azzardo che, grazie alle slot machine situate un po' ovunque e alle varie opportunità di "gioco" online e nei punti vendita preposti, coinvolge 17 milioni d'italiani e fattura 87,6 miliardi l'anno contribuendo alla fiscalità con 8,7 miliardi. Forse non tutti sanno che pro capite gli italiani spendono nel gioco d'azzardo oltre 1.500 euro l'anno, una quota del 12% della spesa per i consumi!.
Rispetto a un anno fa occore registrare una buona dose di notizie positive. Dall'aprile 2012 una Regione, la Liguria, si è dotata di due leggi che hanno permesso di non vanificare i tentativi di regolazione dei Comuni. Regione Lombardia e Regione Emilia Romagna stanno per concludere un iter legislativo interessante. A livello nazionale lo scorso 27 marzo è stata depositata una legge nazionale firmata da decine di parlamentari di diversi gruppi, per il sostegno della legge è stato creato un sito dal nome significativo "Non è un gioco".
Bisogna però spingere dal basso se non vogliano che una quota del 4% del Pil italiano continui ad andare in fumo gettata nel moderno e tecnologico campo dei mirali.
Partecipate quindi alla mobilitazione, si può aderire in diversi modi: 1 - Per chi ha un blog scrivendo un post dedicato 2 - Su twitter utilizzando l'hashtag #NoSlot 3 - Su Fb creando dei post che pongano l'attenzione sul problema e mettendo "mi piace" sulla pagina dell'evento
Ricordatevi di citare la pagina della petizione online e di tutte le informazioni al riguardo.
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estroverso · 12 years ago
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Nuovo video dei “Tre allegri ragazzi morti”. La canzone è “La via di casa” dell'album “Nel giardino dei fantasmi”
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estroverso · 12 years ago
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Matteo e Carolina #3
:)
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estroverso · 12 years ago
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Matteo e Carolina #1
:)
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estroverso · 12 years ago
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Matteo e Carolina #2
:)
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estroverso · 12 years ago
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“La Linea del Pane” ha il primo disco in forno
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Sembra che sia finalmente inziata la registrazione del primo disco dei “La Linea del Pane”. Il gruppo milanese per ora ha stampato esclusivamente un singolo, “Bisogno di una notte di mezza estate”. Pezzo che accompagnava una graphic novel di Paolo Castaldi (Diego Armando Maradona -BeccoGiallo, 2012), premio Boscarato nel 2011 come Autore Rivelazione dell’Anno.
Per chi frequanta e ama la Milano by night non sarà un nome né un volto sconosciuto quello del frontman Matteo “Teo” Manzo. Tanti i concerti, anche da solista o accompagnato dall'amico Fabrizio Pollio degli Io?Drama, in giro per la città meneghina.
Un rock folk molto italiano, quello dei “La Linea del Pane” che, oltre al cantante, annoverano Marco Citroni (basso) e Kevin Every (batteria). Si sentono chiaramente le influenze di Fabrizio De Andrè e di Giorgio Gaber. Ma questo non deve trarre in inganno: non è qualcosa di già sentito. Come dice il nome del gruppo, l'effetto ascoltandoli live, è lo stesso caldo abbraccio che da il pane caldo. La voce morbida, la musica misurata, i testi bellissimi e immediati. In questo va ricercato il successo che ogni loro performance risucote.
Il titolo dell'ep dovrebbe essere “Utopia di un'autopsia” e non uscirà prima di ottobre. Il mese giusto sembra essere novembre.
Teo ha le idee chiare, «faremo un disco con i nostri temi cari, dall'arte al concetto di fine, che è un aspetto della vita dei nostri giorni che mi piace. Accettare la fine delle cose per aver nuovo slancio. C’è spazio per la poesia nella canzone moderna, non credo che per emergere bisogni per forza assecondare il gusto del pubblico. Bisogna pretendere di crearlo».
E quale tema può esserci più caldo della crisi economica! «Sentiamo di essere vicini alla chiusura di un ciclo», attolinea Teo, «siamo i cantori della fine per ricominciare. A 25 anni è più facile ricominciare ma a 35 se hai appena avuto il primo figlio e hai da poco perso il lavoro è più complicato. Nonostante questo credo che sia possibile trovare le chiavi giuste per cavarsela, non con la passività, non lamentandosi perché lo stato non va. Bisogna saper vivere senza una balia altrimenti l’individuo non è libero. La crisi, agli occhi dei 20enni, è già manifesta. Fortifica. Uno di 20 anni se la deve cavare».
Tra le tracce provvisorie del disco ci sono due brani ben noti a chi frequenta i loro live. Si tratta di Radiografia e Tempo da non perdere.
Non resta che aspettare.
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estroverso · 12 years ago
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Ecco chi sono i No Tav
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Maurizio Lupi, ministro dei Trasporti, ha recentemente sottolineato come «la Tav non è un'opera che interessa solo la Val Susa o solo il Piemonte, ma essenziale per l'Italia e per l'Europa. E non è un'opportunità di qualcuno ma di tutto il nostro sistema Paese». Per questo motivo il ministro ha anche assicurato che «il 13 giugno sarà convocata la Conferenza dei Servizi per la verifica e l'approvazione del progetto definitivo della Torino -Lione». Una presa di posizione forte che fa presagire nuove giornate calde in Val di Susa. Per questo, in attesa dei soliti chilometri di carta stampata su quanto siano nimby, violenti e pericolosi i valsusini, ripropongo un vecchio servizo (del marzo 2012) fatto dietro le barricate no tav.
E li chiamano No Tav La cosa che più mi dispiace è quando sento parlare del movimento No Tav come di un gruppo di no global, anarco-insurrezionalisti, antagonisti o delinquenti. Perché semplicemente non è la verità». A parlare non è un valsusino qualunque ma don Gianluca Popolla, cittadino illustre e parroco di Chiomonte. «Qui in valle ci sono i militanti e i simpatizzanti. I primi sono quelli che partecipano ai blocchi e alle manifestazioni, gli altri invece stanno nelle retrovie. In entrambi i casi ci sono nonne, madri, scout, catechisti, poi certo anche i ragazzi dei centri sociali». Lo ha detto anche nelle sue prediche: «Il bene prioritario in questo momento, come pastore, è mantenere unita la comunità e far percepire la parrocchia come bene di tutti». Oggi infatti i “Sì Tav” e i “No Tav” non si siedono neanche più vicini sulle panche della chiesa. Nessuna imposizione dalle gerarchie ecclesiastiche, «nessuno mi ha mai chiamato, è una posizione che mi sono autoimposto, facendomi anche una certa dose di violenza». In valle sanno tutti come la pensa don Gianluca, che quando era parroco di San Giorio di Susa partecipava alle marce. Il dipinto che nessuno vede Anche Roberto Canu la pensa così. Nato a Bardonecchia, è il presidente del Valsusa Filmfest e psicologo di comunità. Spiega: «Non escludo che esistano episodi di nervosismo. Ma sono, appunto, solo episodi. È un movimento di massa composto da almeno 10mila persone, può capitare qualche caduta. Ci sono anche tensioni interne. Non è un unicumgranitico, è una realtà  magmatica, è vita». Quello però che va evidenziato, secondo Canu, è ciò che questi vent’anni di movimento hanno prodotto. «Prima, come tutta l’Italia, la valle era frammentata e individualista. Oggi la battaglia ha creato una comunità unita. Chi ritiene che tutto quello che succede qui sia eterodiretto o localistico si sbaglia. La gente lavora e poi partecipa alla battaglia per il territorio, non solo per casa propria ma anche per un interesse più generale, nazionale». Altro che “nimby”.
È il caso di Daniela Baldo da Bussoleno, 56 anni, sposata, un figlio. La mattina lavora nell’amministrazione di una scuola, il pomeriggio insegna presso l’associazione “Centro promozione delle arti” e la sera dipinge. Nel 2006 ha raccolto 250 artisti da tutta Italia e a ciascuno ha fatto dipingere un telo di 2 metri per 1,60, dando poi vita a un enorme striscione lungo mezzo chilometro. Un anno di lavoro. «Un’iniziativa bellissima, ma la stampa non le ha dato risalto», spiega Daniela, «la notizia c’è solo quando c’è violenza, o muore qualcuno. Allora spuntano i giornalisti. Il resto dell’anno quello che facciamo non interessa». Ed è quello il momento più duro. «Vivere militarizzati non è facile», aggiunge la pittrice.«Una delle macchine bruciate era quella di mio figlio. Nella stessa notte andarono a fuoco un tir fermo in autostrada e un negozio di pellet. Tutti incendi dolosi, a detta dei Carabinieri, ma non sappiamo chi ci vuole male», anche se la mente di molti valsusini corre veloce al lungo elenco di aziende che aspettano di poter trivellare la montagna. Nessuno osa accusare, non ci sono prove e bisogna stare attenti a quel che si dice. I professionisti C’è Daniele Cat Berro, che lavora alla Società metereologica italiana. 33 anni, canavese della zona di Ivrea, vive a San Giorio di Susa da sette anni. «In tanti si chiedono come possa un “metereologo” dare un contributo. Diciamo che partecipo con il mio know-how», ride, «abbiamo fornito studi al movimento che dimostrano come, in alcuni casi, non sia vero che spostare le merci con la rotaia, invece che con la gomma, diminuisca l’impatto ambientale. Abbiamo dimostrato che un cantiere come quello per la Tav provocherebbe una tale mole di inquinamento da non poter essere ammortizzata negli anni». Chi sono i manifestanti? Cat Berro tentenna: «Non so come rispondere, non è possibile fare identikit. Ci sono giovani e vecchi, operai, agricoltori e colletti bianchi. Tutti i livelli di istruzione e tutte le estrazioni sociali. L’unica cosa che li unisce è l’amore per il territorio». Ma dire che sia un gruppo di ambientalisti oltranzisti non sarebbe giusto.
«Combattiamo da anni per dire “no” a un’opera inutile e dannosa», chiarisce Lionello Gioberto, sindaco di Vaie. Uno di quegli amministratori accusati di aver partecipato alle concertazioni e aver poi tradito la parola data. «È vero, sono stato a tutti i tavoli, ma mi sono anche alzato. Perché una trattativa in cui non è possibile esprimere il proprio dissenso non è una trattativa», attacca Gioberto «Ne sono la prova anche le parole di questi giorni di Monti e Napolitano, non c’è interesse al dialogo. Questo è il mio ultimo mandato, il secondo, mi sarebbe piaciuto impegnare di più il tempo per valorizzare il territorio, ma la Tav ha fagocitato tutte le nostre energie». Il suo dissenso gli è costato caro: «La mia presa di posizione mi ha precluso qualunque possibilità di fare carriera: addio Regione...».
Ma allora chi blocca le autostrade, chi si scontra con la polizia? Dove sono gli antagonisti? «Nei campi, per lo più», dice Luca Ferrero, 47 anni, contadino e proprietario dell’azienda agricola L’Altro Mercato. Vive grazie ai suoi due ettari di terra coltivati a frutta e ortaggi che poi vende in valle. È uno di quelli che partecipa, che costruisce le barricate. «Adesso che è inverno ho più tempo, d’estate invece lavoro 14 ore al giorno», spiega. Ma guai a dargli del no global. «Nessuno qui è un militante h24. Ma cosa credete, che ci si diverta? Siamo persone normali, sono altri gli alieni», sottolinea rabbioso. È anche un caro amico di Luca Abbà, «ma non so se sarei disposto a rischiare la vita come lui». Quello per cui mette la mano sul fuoco è un altro fatto: «Nonostante la fatica di vivere in questa situazione di terra in guerra, non molleremo mai di un centimetro. C’è una tale irragionevolezza in quello che ci vogliono imporre che ci è impossibile pensare di lasciar stare. Ne va della nostra dignità». Parlare di guerra non è un po’ esagerato? «Ma lo sapete che qui hanno  cominciato a circolare i Lince, i blindati che l’esercito usa in Afghanistan? I terreni sono circondati col filo spinato israeliano. Non sarà una guerra, ma fanno di tutto perché lo sembri». 
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estroverso · 12 years ago
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estroverso · 12 years ago
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A volte è meglio tacere e sembrare stupidi che aprir bocca e togliere ogni dubbio - Oscar Wilde
L'archivio di Piero
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estroverso · 12 years ago
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Non ci è permesso scegliere la cornice del nostro destino. Ma ciò che vi mettiamo dentro è nostro - Dag Hammarskjold
Il buongiorno di Don Tullio
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estroverso · 12 years ago
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Politica e azzardo: ecco tutti i nomi
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Pubblico il testo integrale del dossier “Politica e gioco d’azzardo: poche luci e molte ombre” di Matteo Iori, presidente CONAGGA - Coordinamento Nazionale Gruppi per Giocatori d’Azzardo. Il documento è stato presentato al Senato nel febbraio scorso.
Ecco il testo integrale:
Le attuali leggi sul gioco d’azzardo risalgono ai primi decenni del secolo scorso. Di gioco d’azzardo tratta il Codice Penale (del 1930), agli articoli 718 e seguenti, il Codice Civile (del 1942) agli articoli 1933 e seguenti, e il Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza (TULPS) del 1931 nell’articolo 110. Tutte queste leggi definiscono i limiti del gioco d’azzardo e ruotano intorno a due caratteristiche: il denaro e l’aleatorietà del gioco; in pratica quando il risultato del gioco dipende totalmente o in modo prevalente dalla fortuna rispetto all’abilità, e quando su questo risultato si investono soldi per vincere altri soldi: vi è gioco d’azzardo. I legislatori ritennero che questi tipi di giochi dovessero essere vietati dalla legge; salvo eventuali deroghe concesse dallo Stato… ciò che comunemente viene definito “divieto con riserva di permesso”. E in questi anni i governi che si sono succeduti hanno scelto di derogare con molta facilità.
Dagli anni ’90 il divieto di gioco d’azzardo in Italia si trasformò gradualmente, e la Corte di Cassazione (n. 36038 del 2004) e il Consiglio di Stato (n. 334 del 2007), sintetizzarono in questo modo il fondamentale cambiamento avvenuto: «la legislazione italiana, si propone non già di contenere la domanda e l’offerta di giuoco, ma di canalizzarla in circuiti controllabili al fine di prevenire la possibile degenerazione criminale». Il “non contenere la domanda e l’offerta di gioco” è facilmente dimostrabile guardando i nuovi giochi d’azzardo introdotti dai governi in questi anni: nel 1997 il governo Prodi introdusse la doppia giocata di Lotto e Superenalotto e le Sale scommesse, nel 1999 il governo D’Alema fece nascere le sale Bingo, nel 2003 col governo Berlusconi arrivarono le Slot machine, nel 2005 sempre con Berlusconi vennero introdotte la terza giocata del Lotto e le scommesse Big Match, nel 2006 il governo Berlusconi introdusse i nuovi corner e punti gioco per le scommesse, tra il 2007 e il 2008 col ritorno del governo Prodi vennero promossi i giochi che “raggiungono l’utente” (sms, telefonici, digitale terrestre) e venne reso legale il gioco d’azzardo on-line (seppure solo in forma di torneo). L’ennesimo governo Berlusconi nel 2009 (decreto n.39 del 28/04/09) introdusse nuove lotterie ad estrazione istantanea (gratta e vinci), nuovi giochi numerici a totalizzazione nazionale (come il Win for Life), e sancì la nascita delle VideoLottey (dette VLT, apparecchi simili alle slot machine ma con premi molto più alti e soprattutto con la possibilità di spendere  molto più denaro); sempre il governo Berlusconi nel 2011 istituì il gioco del Bingo a distanza, l'apertura di ben 1.000 sale da gioco per tornei di poker dal vivo, l’aumento del numero delle VideoLottery fino al 14%, l’apertura di 7.000 nuovi punti vendita di scommesse ippiche e sportive, ampliò l’offerta di giochi numerici, introdusse un nuovo gioco promosso in ambito europeo, poi un concorso aggiuntivo mensile del SuperEnalotto, e infine sancì le modalità di funzionamento dei “giochi di sorte legati al consumo”, una specie di azzardo pensato per coloro che vanno a fare la spesa, a cui verrebbe proposto di non ritirare il resto ma di giocarselo… Il governo Monti, nel 2012, mise in “stand by” quest’ultimo gioco e di fatto impedì la nascita dell’ennesima proposta d’azzardo nel nostro Paese.
L’introduzione di tutti questi nuovi giochi e la costante campagna promozionale che li hanno accompagnati, hanno portato gli italiani a investire sempre più denaro in gioco d’azzardo. Di fatto, a fronte di un’evidente contrazione dei consumi familiari negli ultimi anni, la spesa in Italia per il gioco d’azzardo è passata dai 14,3 miliardi di euro incassati nel 2000, ai 18 del 2002, ai 24,8 raccolti nel 2004, ai 28 del 2005, ai 35,2 miliardi di euro nel 2006, ai 42 del 2007, ai 47,5 miliardi del 2008, ai 54,4 del 2009, ai 61,4 del 2010, ai 79,9 miliardi di euro del 2011, a un’ulteriore crescita per il 2012 che ad oggi si stima essere intorno agli 85 miliardi di euro. Per correttezza d’informazione è bene sapere che una buona parte dei soldi spesi in gioco, viene restituito in vincite, o meglio: per pochi fortunati sono vincite, per la maggior parte degli italiani sono diminuzione delle perdite. Di fatto sui 79,9 miliardi di euro giocati nel 2011: 61,5 sono tornati in qualche modo ai giocatori, mentre i restanti 18,4 miliardi sono quelli che tutti gli italiani hanno definitivamente perso al gioco d’azzardo; un po’ meno della metà di questa somma è andata allo Stato, la restante parte alla filiera dell’industria del gioco d’azzardo. Con 18,4 miliardi di euro persi al gioco nel solo 2011, l’Italia detiene il 4,4% del mercato mondiale di perdite, pur avendo solo l’1% della popolazione mondiale.
Ma tale aumento costante del gioco d’azzardo in Italia non dovrebbe sorprenderci più di tanto, visto che diversi politici autorevoli si sono espressi a favore di questo fenomeno… Evidentemente l’incremento del gioco d’azzardo e il conseguente aumento degli italiani che giocano non sono ritenuti un problema, del resto l’On. Gianfranco Miccichè, ex Vice Ministro per l’Economia nel governo Berlusconi, nel luglio 2002 a Sisal Tv sostenne che: «Il gioco non è pericoloso se è legale». Anche un altro ex Vice Ministro dell’Economia, Vincenzo Visco dell’Ulivo, nelle linee guida 2007- 2009 della politica fiscale parlò chiaramente di “sviluppare e consolidare l’industria del gioco” attraverso alcune modalità fra cui: “ampliare le reti distributive per l’accesso al gioco remoto». E persino l’allora Premier Silvio Berlusconi, il 30 marzo 2011, a Lampedusa disse: “io condivido l’idea che Lampedusa possa essere anche sede di un casinò”.
Visti i legami politici con il presidente Berlusconi non sorprende che anche Gianni Alemanno, allora in AN, nel maggio 2008 durante la sua candidatura a sindaco di Roma sostenne l’apertura di un casinò dicendo: «non capisco perché Roma non dovrebbe averne uno». In effetti di giochi d’azzardo Alemanno se ne intendeva… Non tanto perché sua sorella, Gabriella Alemanno, era direttrice dei Monopoli di Stato; non solo perché da Ministro delle Politiche Agricole e Forestali Alemanno, concesse un mutuo da 150 milioni di euro all’UNIRE, l’ente che gestiva il business dell’ippica in Italia… Ma anche perché nel 2008 ricevette una donazione da 60mila euro dalla SNAI per il sostegno al suo comitato elettorale a sindaco di Roma.
Ma la SNAI non fu generosa solo con lui... Nel 2006 finanziò con 150mila euro la Margherita, nel 2007 finanziò con 30mila euro l’Udc, nel 2008 finanziò con 45mila euro i Ds tramite Ugo Sposetti, nel 2009 finanziò con 45mila euro il Movimento per l’Autonomia di Raffaele Lombardo. E chissà quante altre generose donazioni possono esserci state negli ultimi anni… Purtroppo in un Milleproroghe del governo Berlusconi si è innalzata da 6,6 a 50mila la soglia di trasparenza dei fondi privati, al di sotto della quale è impossibile sapere chi ha donato e a chi. E questo certo non aiuta la conoscenza… Quando avvenne, Pierluigi  Castagnetti, allora della Margherita, disse che: "Permettere che si elargiscano anonimamente cento milioni di vecchie lire, vuol dire che qui non si parla più di 'finanziamento', ma di semplice corruzione politica". Corruzione…? Non so… Sicuramente certe cifre rischiano di influenzare notevolmente, ma penso che anche certi incarichi, dati a politici o ex politici molto influenti, possano rappresentare un rischio da non sottovalutare. E gli esempi nel nostro Paese non mancano.
Come nel caso di Augusto Fantozzi, ex Ministro delle Finanze e poi del Commercio con l’Estero con il governo Prodi, ora presidente della SISAL, una delle più importanti aziende del settore del gioco d’azzardo. O come nel caso di Vincenzo Scotti, 5 volte Ministro con la Democrazia Cristiana e poi Sottosegretario di Stato nel governo Berlusconi. Scotti fu il presidente di Ascob, l’associazione dei concessionari del Bingo e fu soprattutto il presidente della società che lanciò questo gioco. “Formula Bingo” fu fondata da Scotti insieme a Luciano Consoli ex militante del PCI, poi uomo di fiducia di Massimo D’Alema (Consoli divenne anche presidente di Red TV, televisione legata ai DS). Certo è che il Bingo non piacque solo ai DS, ma anche alla Lega Nord; un esempio fu il presidente del consiglio regionale del Friuli-Venezia Giulia, Edouard Ballaman, dimessosi dopo essere finito nel mirino della Corte dei Conti, aveva ottenuto  l’assegnazione “pilotata” della concessione di una sala Bingo: la Cristallina Srl.
Fra i nomi che passano dalla politica ai giochi d’azzardo, è bene ricordare anche  Francesco Tolotti. Tolotti fu un Onorevole dell’Ulivo di particolare rilievo per l’industria del gioco, in quanto grazie all’impegno suo e degli Onorevoli Nannicini e Vannucci (Ulivo), di Salerno (La Destra) e Gioacchino Alfano (Forza Italia), il 6 dicembre 2007 fu presentato e approvato un emendamento che modificò il comma 6° dell’articolo 110 del Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza (che è il riferimento normativo a cui sottostanno le slot machine). Il destino delle slot machine cambiò radicalmente con la sola sostituzione di alcune parole nell’articolo di legge; le parole «elementi di abilità o intrattenimento sono presenti insieme all'elemento aleatorio», furono modificate con il nuovo testo: «insieme all'elemento aleatorio sono presenti anche elementi di abilità, che consentono al giocatore la possibilità di scegliere, all'avvio o nel corso della partita, la propria strategia, selezionando appositamente le opzioni di gara ritenute più favorevoli tra quelle proposte dal gioco». Questa piccola nota, che all’apparenza può sembrare senza rilievo, permise di «dimostrare» quanto l’abilità del giocatore fosse “determinante” nel gioco delle slot machine, a scapito dell’importanza della sorte.
Perché questo divenne così importante per le industrie del gioco? Perché diminuire l’alea e aumentare l’abilità del giocatore avrebbe anche diminuito la discrezionalità dei magistrati e impedito il ripetersi di indagini molto onerose per le concessionarie di gioco, quale fu l’indagine che portò la Procura di Venezia al sequestro di 107.000 apparecchi da gioco in tutt’Italia. Non a caso Bonaccorsi, come Presidente della Sapar (una sorta di sindacato dei gestori di slot machine), all’assemblea regionale del 17 dicembre 2007 ringraziò pubblicamente l’On. Tolotti, intervenuto come ospite, per “i grandi meriti per l’approvazione dell’emendamento”; Tolotti rispose: “In Finanziaria abbiamo fatto un passo avanti su un problema che ha avuto, come concausa l’inchiesta di Venezia e il ritiro di oltre 100.000 macchine. In sostanza, siamo pervenuti a una norma meno soggetta a discrezionalità, dove scompare del tutto la componente “intrattenimento”, che era quella più difficile da definire in termini oggettivi, mentre l’abilità è stata definita in maniera inequivocabile”. Evidentemente Francesco Tolotti conosceva bene il mondo del gioco d’azzardo e forse questa è la causa che lo portò ad essere poi scelto come nuovo Responsabile del Centro Studi Automat, organismo istituito dalla citata Sapar per promuovere iniziative socio-culturali sul gioco d’azzardo; e probabilmente fu sempre per queste sue competenze che, una volta uscito dalla carriera politica, venne poi nominato Presidente della Fondazione Unigioco, che è sostenuta da Gamenet una delle industrie del gioco d’azzardo del nostro Paese. La Fondazione ha fra le sue finalità anche lo studio delle patologie del gioco, ma può incuriosire scoprire che promuova convegni quali: “Il gioco come chance per lo sviluppo del turismo italiano”, oppure “Casinò e proposte di legge”. Ma in tutto questo non c’è nulla di illegale. Probabilmente diverse cose a mio parere “politicamente sconvenienti”, ma nulla che sia vietato dalla legge o che possa interessare la magistratura.
Ben più complessa è invece la situazione di un altro politico, che fino a un mese fa sembrava inserito di nuovo nelle liste PdL ma che poi è non è stato ricandidato: l’Onorevole Amedeo Laboccetta. Laboccetta fu uno dei politici la cui campagna elettorale fu aiutata economicamente da una delle industrie del gioco, ricevette infatti ben 50.000 euro dall’Atlantis (oggi Bplus) che non solo è una multinazionale del gioco d’azzardo che ha sede nei paradisi fiscali delle Antille Olandesi, ma che con oltre 85.000 apparecchi è anche la più grande concessionaria di slot machine del nostro Paese. L’Atlantis oltre ad essere molto generosa con Laboccetta, lo scelse anche come successore di Giancarlo Lanna (consigliere della Fondazione Fare Futuro legata a Fini), per divenire il procuratore italiano per l’Atlantis che Laboccetta rappresentò fino al 2008. La delicatezza nel rapporto con l’Atlantis non si deve tanto al cognome del suo proprietario: Francesco Corallo, incensurato figlio di Gaetano Corallo condannato ma latitante catanese legato al boss di Cosa Nostra Nitto Santapaola; bensì per due situazioni specifiche che suscitarono le attenzioni delle Procure. Nella notte del 10 novembre 2011 la Guardia di Finanza effettuò delle perquisizioni finalizzate ad “Accertare l’esistenza di dazioni, finanziamenti, rapporti d’affari illeciti generati  nell’ambito dell’associazione affaristico criminale”; ma quando i militari arrivarono nell’appartamento di Francesco Corallo a Piazza di Spagna, fu detto loro che la perquisizione non poteva avvenire in quanto Corallo sosteneva di essere ambasciatore presso la Fao per conto del Commonwealth di Dominica, un paese dei Caraibi, e quindi di godere dell’immunità diplomatica. Mentre gli inquirenti verificavano presso il Ministero degli Esteri se la versione di Corallo fosse vera, circostanza poi smentita, arrivò a casa di Corallo il deputato Amedeo Laboccetta, che dopo essersi qualificato e invocando l’immunità parlamentare, rivendicò la proprietà di un computer portatile presente nell’appartamento, e lo portò via con sé. Solo tre mesi dopo, con il parere favorevole della Giunta per le autorizzazioni a procedere della Camera, lo consegnò alla Finanza… L’ipotesi degli inquirenti era che nel computer potessero esserci anche degli atti utili all’inchiesta sulla Banca Popolare di Milano; inchiesta che a febbraio 2013 ha fatto finire agli arresti domiciliari Onofrio Amoruso Battista, ex consigliere regionale PdL, accusato di avere ricevuto un pagamento per circa 2 milioni di euro da parte di Bplus e altre società per “agevolare” alcune pratiche. Insieme ad Amoruso l’indagine coinvolge Massimo Ponzellini (ex presidente della BPM) e il suo uomo di fiducia Antonio Cannalire che, guarda a caso, era anche proprietario della Jackpot Game che a Milano gestiva sale da gioco d’azzardo insieme alla Finanziaria Cinema, di proprietà di Marco Jacopo Dell’Utri, figlio del noto politico Marcello Dell’Utri del PdL. La coincidenza vuole anche che gli apparecchi delle sale della Jackpot Game fossero di proprietà dell’Atlantis Bplus.
Ma tornando a Laboccetta… Costui era finito nell’attenzione degli investigatori già nel 2005, quando in un’intercettazione telefonica, chiedeva all’allora segretario di Gianfranco Fini, Francesco Cosimo Proietti, di fare pressioni sull’allora direttore dei Monopoli di Stato Giorgio Tino, affinché fosse evitata la revoca della concessione delle slot machine ad Atlantis. L’Atlantis era solo una delle dieci concessionarie che in quel momento rischiavano grosso… Un’indagine della Procura quantificò in 136mila (su 207mila allora presenti in Italia), le slot machine che non avevano trasmesso i dati ai Monopoli di Stato, dati che avrebbero consentito una chiara tassazione sulle somme incassate. Come prevedeva la concessione le aziende rischiarono una sanzione complessiva che inizialmente venne stimata in 98 miliardi di euro (50 euro per ogni ora di mancanza di collegamento). La Corte dei Conti chiese un risarcimento anche ai Monopoli di Stato nelle persone di: Giorgio Tino (allora direttore generale dei Monopoli), alla sua compagna Anna Barbarito e a Antonio Tagliaferri anch’essi dirigenti dei Monopoli, in quanto ritenne che i tre avrebbero volontariamente concordato di non applicare la convenzione e la revoca delle concessioni, nel caso di Tino per poter essere poi riconfermato dalla politica come direttore dei Monopoli (e qui l’interessamento di Laboccetta su Proietti). Nel tempo e nei dibattimenti che seguirono la sanzione prevista calò costantemente fino ad arrivare ad una richiesta di “soli” 800 milioni di euro (meno di un centesimo dalla somma iniziale).
La cosa curiosa fu che a fare i conti per la nuova sanzione, fu una commissione voluta dal Ministro dell’Economia Tremonti, alla presidenza della quale fu messo il Ragioniere di Stato Andrea Monorchio; lo stesso Andrea Monorchio che dal 2006 siede anche nel consiglio di amministrazione di Almaviva, società che possiede Gmatica, una delle dieci concessionarie multate. Successivamente il Consiglio di Stato, che nel 2004 aveva giudicato le sanzioni congrue, nel 2010 cambia idea e abbassa di nuovo il criterio per ridurre a una trentina di milioni la sanzione che si dovrebbe pagare. In ogni caso essere nel consiglio di amministrazione di una società di gioco d’azzardo non è certo un reato, forse però può essere un po’ in conflitto di interessi con certi incarichi o certe vicinanze partitiche.
Ad esempio c’è chi potrebbe ritenere che la scelta del governo Berlusconi di liberalizzare i giochi d’azzardo on-line, potesse essere influenzata dal fatto che poco prima della legge che liberalizzò questi giochi, la Mondadori, della famiglia Berlusconi, acquisì il controllo del 70% della Glaming un’azienda che opera nel gioco d’azzardo on-line. C’è chi potrebbe trovare curioso il fatto che la SISAL nel biennio 2009-2010, quando premier del governo era Silvio Berlusconi, aumentò le sue spese in pubblicità sulle reti Mediaset portandole a 17,7 milioni di euro contro il solo 1,2 milione di euro per pubblicità sulla Rai; così come fece la Lottomatica con 13,1 milioni di euro per la Mediaset contro i 5,2 milioni per la Rai. Non mancarono neppure le pubblicità sulla rivista della Fondazione Italianieuropei, riconducibile a D’Alema, ma per più modesti 30.000 euro. Oppure c’è chi potrebbe trovare sconveniente il fatto che Pellegrino Mastella, figlio dell’ex Ministro della Giustizia Clemente Mastella, attraverso la SGAI fosse in società con la Betting 2000 dei fratelli Grasso. La SGAI, di Pellegrino Mastella e dei fratelli della moglie dell’ex Ministro, entrò in società con i Grasso; Renato Grasso e Massimo Grasso, che fu il Consigliere Comunale di Forza Italia più votato a Napoli, misero in piedi alcune aziende di gioco attive nel campo delle agenzie di scommessa e degli apparecchi da gioco, fra queste la Betting 2000, la King Slot e la Wozzup, che detenevano concessioni di gioco rilasciate dai Monopoli di Stato, ma che finirono nell’occhio della magistratura in quanto ritenute utili per il riciclaggio del denaro sporco e per attività legate a gruppi criminali. Renato Grasso, divenuto solo ultimamente collaboratore di giustizia, confermò di aver stretto un affare con la camorra che gli aveva permesso di costruire un impero sui giochi d’azzardo, e scrisse di suo pugno i nomi e i cognomi non solo dei 22 gruppi mafiosi già individuati dagli inquirenti, con cui aveva avuto rapporti “d’affari”, ma anche di ulteriori 52 cosche della camorra di cui le procure non erano ancora a conoscenza.
Come sempre, dove girano molti soldi è maggiore il rischio di collusioni con la criminalità organizzata o conflitti di interesse con la politica; e quello del gioco d’azzardo è sicuramente uno dei settori in cui da sempre girano un bel po’ di soldi. Per questo motivo non sorprende scoprire che nelle elezioni politiche del 2008, al numero 169 fra i 181 simboli accettati dal Ministero, vi fosse una lista denominata “Casinò Centro Italia”, raffigurata da un simbolo con una sorta di tavolo verde con carte rosse e nere, il cui leader era tal Marco Santopadre. Non sorprende neppure sapere che esiste l’ANIT, l’Associazione Nazionale Incremento Turistico, a cui aderiscono 15 Comuni italiani che aspirano a divenire sedi di Casinò. E non sorprende neanche che certi politici possano essere più “indulgenti” rispetto al gioco d’azzardo quando viene loro proposto un beneficio diretto; come dimostrato dalla puntata di “Italian Job” in cui il bravo Paolo Calabresi, travestito da uomo d’affari russo, riesce a convincere il Senatore di AN Euprepio Curto e Lello di Bari sindaco di Fasano di Forza Italia, a impegnarsi per mettere in atto una strategia su vari fronti che permetta l’apertura di un grande Casinò gestito dalla società russa. Per il disturbo avrebbero ricevuto 750.000 euro complessivi… Secondo il Senatore Raffaele Lauro (PdL), membro della Commissione Antimafia – Comitato Antiriciclaggio, sul gioco d’azzardo “la politica è per una parte ignorante, per una parte indifferente e per un’altra parte forse collusa con degli interessi”.
Personalmente condivido queste tre categorie, ma forse per la mia fiducia  “nonostante tutto” nelle istituzioni, mi permetto di aggiungerne una quarta: la categoria della politica “responsabile”. In questi anni vi sono stati molti politici che non solo hanno denunciato con forza eventuali tentativi della lobby del gioco di depotenziare specifiche leggi o di proporne altre ad hoc, ma che si sono anche battuti per promuovere la costruzione di un pensiero critico verso il gioco d’azzardo; lo ha fatto l’ex Ministro Paolo Ferrero di Rifondazione Comunista, nel “Piano Italiano di azione sulle droghe” del gennaio 2008, quando sottolineò il pericolo del gioco d’azzardo e mise a disposizione un finanziamento da 300.000 euro per approfondire con ricerche e studi il tema della patologia del gioco, lo fece Barbato (IDV), lo fece la Senatrice Leddi (PD), lo fece Bitonci (Lega Nord), lo fece Michele Scandroglio (PdL) che fondò l’Associazione “Liberi dall’azzardo”, ed altri ancora altrettanto importanti ma che non nomino per brevità. Ritengo però giusto sottolineare l’estrema coerenza e impegno che alcuni politici, più di altri, dimostrarono su questo tema: la Senatrice Emanuela Baio (del PD poi API ora candidata per la Lista Monti) per prima parlò di uno “Stato che “gioca d’azzardo” con la salute dei suoi cittadini”, il Senatore Elio Lannutti dell’Italia dei Valori che più volte si espresse contro il gioco d’azzardo ma che purtroppo non è stato ricandidato, il Senatore Raffaele Lauro del Popolo delle Libertà che fu sempre molto determinato nel denunciare la collusione con la politica, ma anch’esso purtroppo non è più stato ricandidato, e l’Onorevole Laura Garavini ricandidata nel Partito Democratico prima firmataria, con altri 73 onorevoli del PD, di una dettagliata proposta di legge presentata a marzo 2012, che prevede una serie di limiti specifici per il gioco d’azzardo e per le sue pubblicità e iniziative per la prevenzione e il sostegno alla cura della dipendenza da gioco.
Anche il governo Monti ha dimostrato che il gioco d’azzardo non può solo essere visto come un’opportunità per “fare cassa”, ma va inquadrato all’interno di un fenomeno che può generare dipendenza compulsiva (sancita nell’articolo 5 delle legge del Ministro Balduzzi), e che va limitato anche nelle sue forme di promozione, soprattutto per quanto riguarda i minori. Negli Stati Uniti l’ultima competizione per le elezioni presidenziali USA del 2012 ha visto il magnate dei casinò di Las Vegas, Sheldon Adelson, fare la donazione più alta di sempre: 40milioni di dollari devoluti al Partito Repubblicano per sostenere l’elezione di Mitt Romney. Come sappiamo ha vinto il suo sfidante Barack Obama, che aveva anche raccolto ben più fondi di Romney; non  tramite grandi aziende di gioco, ma soprattutto attraverso piccole donazioni di tantissimi cittadini. Chissà che anche queste cose non aiutino la politica a capire da che parte è importante stare…
Per la prima volta sembra che davvero qualcosa sul gioco d’azzardo stia cambiando, e credo che questo sia dovuto all’incontro di vari fattori: la resistenza e la tenacia della politica “responsabile”, la nascita di “lobby positive” come la Campagna nazionale “Mettiamoci in gioco”, l’insofferenza di tanti sindaci che vedono i propri cittadini rovinarsi al gioco d’azzardo, una maggiore consapevolezza nei mass media, ma soprattutto un desiderio di cambiamento culturale degli elettori, che chiedono con forza alla politica di uscire da ogni conflitto di interessi e di fare le proprie scelte esclusivamente per il bene del nostro Paese.
Fonti: la maggior parte delle fonti specifiche sono indicate in: “Politica e conflitti di interesse. La grande lobby dell’industria del gioco d’azzardo” all’interno del libro: “Ma a che gioco giochiamo” (edizione A Mente Libera, dicembre 2011, 8 euro – [email protected])
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