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Capsulite adesiva
La spalla è un’articolazione molto complessa dal punto di vista anatomico e funzionale. Diversi elementi statici e dinamici contribuiscono alla perfetta armonia del movimento: infatti basta poco per alterare il suo equilibrio. Ultimamente in studio sto notando un aumento di patologie a carico della spalla, tra le quali sicuramente riveste un ruolo fondamentale la CAPSULITE ADESIVA. Che cos’è? La capsulite adesiva è una condizione dolorosa e invalidante, che spesso causa notevole frustrazione nel paziente a causa dei lunghi tempi di recupero. La patologia comporta una limitazione forte dei movimenti della spalla. Il dolore costante, che tende a peggiorare nelle ore notturne, può rendere impossibili anche i gesti più semplici.
La capsulite adesiva si manifesta solitamente in maniera progressiva:
Nella prima fase, i movimenti dell'articolazione sono molto dolorosi, ma possibili, mentre il raggio dei movimenti si riduce gradualmente. Questa fase dura in media fra i due e i nove mesi.
La seconda fase è caratterizzata da una leggera riduzione del dolore, accompagnata da una notevole diminuzione del raggio dei movimenti possibili, per un periodo fra i quattro e i nove mesi.
La fase successiva, detta di "scongelamento", vede un nuovo ampliamento delle possibilità di movimento dell'articolazione, fino al recupero, che può essere totale o solo parziale. Questa fase può durare fra i sei mesi e i due anni.
Fisioterapia e riabilitazione
La capsulite può essere primaria e cioè riconducibile a patologie dismetaboliche quali l’ipotiroidismo o il diabete (può essere anche idiopatica quando non si conosce il motivo scatenante); oppure secondaria, che necessita cioè di intervento chirurgico. È molto difficile preventivare quali saranno i tempi di recupero e questo mette in una posizione di difficoltà il terapista il quale deve avvertire il paziente che il lavoro di rieducazione sarà lungo e che ci vorrà una grande forza di volontà per venirne fuori. L’obiettivo deve essere quello della riduzione del dolore e il recupero dell’articolarità. Le nostre sedute prevedono sempre una prima fase di terapia manuale fisioterapica, e una seconda fase antalgica per continuare a sfiammare, ed evitare che proprio la fisioterapia possa a sua volta infiammare un tessuto ancora molto sofferente. Si effettuano 3 sedute a settimana a giorni alterni, per le spalle congelate gravi, e 2 sedute settimanali, per le capsuliti adesive meno gravi. NON SI FA FISIOTERAPIA TUTTI I GIORNI, per evitare eccessivo stress e provocare ulteriore infiammazione.
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IL GOMITO
Tra le strutture anatomiche più difficili da riabilitare, il gomito prevede 3 articolazioni importantissime: 1) articolazione omero-radiale 2) articolazione omero-ulnare 3) articolazione radio-ulnare prossimale. Esse consentono di svolgere tutte le attività di flesso-estensione e prono-supinazione necessarie per la vita quotidiana (lavarsi la faccia, pettinarsi ecc). Il gomito pero è anche sede di numerose inserzioni muscolari provenienti dal polso e dalla spalla per cui qualsiasi trauma o disfunzione a carico di queste articolazioni può incidere negativamente sulle sue normali funzioni. Quando il paziente arriva in studio è necessario fare un’accurata anamnesi: da quanto tempo è insorto il dolore, attività lavorativa svolta, sovraccarichi funzionali e soprattutto se ci sono stati anche in passato traumi al polso e alla spalla. Ricordiamo che radio e ulna fanno parte a livello prossimale dell’articolazione del gomito mentre a livello distale essi giostrano anche il movimento del polso insieme alle articolazioni del carpo. Per cui se il radio è bloccato distalmente è probabile anche che abbia creato disfunzione prossimalmente. Analizziamo innanzitutto la sede del dolore dopo di che, se non raggiungiamo il nostro obiettivo, bisogna estendere la ricerca a tutto l’arto superiore. Se il dolore si manifesta con una digitopressione sull’epicondilo e si evoca con un movimento di estensione del polso o nell’impugnatura di un oggetto siamo quasi certamente di fronte ad una epicondilite (gomito del tennista). Al contrario se la spina irritativa è presente nella zona interna del gomito (epitroclea) e si manifesta con un movimento controresistenza del polso in flessione allora parleremo di epitrocleite (gomito del golfista). Ho nominato queste due perché sono le più frequenti e le più conosciute; ci sono tante altre patologie riguardanti il gomito ma che richiedono un lungo approfondimento per cui dedicheremo altri articoli per approfondire queste tematiche. Il compito del fisioterapista è determinante non solo nel curare il disturbo del paziente, ma anche nell’insegnare il gesto corretto al fine di ridurre al minimo i sovraccarichi funzionali ed evitare che il problema si ripresenti.
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DOLORE ALLA SPALLA
Il dolore alla spalla è una delle più frequenti patologie, insieme alla cervicalgia e alla lombalgia, che riscontro durante la mia attività lavorativa. Si presenta talvolta come un fastidio che limita lo svolgimento di alcune mansioni di vita quotidiana tipo farsi la barba, infilarsi il cappotto e nel caso delle donne allacciarsi il reggiseno. In altri casi disturba o impedisce il sonno e costringe il soggetto, addirittura, a doversi sedere durante la notte perché non riesce a trovare la posizione. L’80% delle volte il paziente lamenta un dolore tipico che si irradia fino a metà braccio e in genere non supera mai il gomito, associato anche a una algia cervicale omolaterale. Questo perché la spalla e la cervicale anatomicamente sono strettamente correlate per cui quando una è in disfunzione porta in disfunzione anche l’altra. Fondamentale è come sempre l’anamnesi: sapere da quanto tempo e come e insorto il dolore, con o senza traumi, tipo di attività lavorativa, età del paziente e altri fattori importanti per capire come poter intervenire nella risoluzione del problema. Ricordiamo che i movimenti dell’omero sono garantiti dalla sinergia di 4 tendini fondamentali: il sovraspinoso, il sottospinoso, il sottoscapolare e il piccolo rotondo. La sofferenza di anche uno solo di questi tendini può creare dolore e motivo per il quale il soggetto si rivolge a noi o allo specialista. Sono necessari in alcuni casi approfondimenti diagnostici tipo una rx per valutare la presenza di eventuali calcificazioni o per valutare lo spazio sotto-acromiale, oppure una ecografia o ancora meglio una risonanza per studiare lo stato dei tessuti molli o dei tendini che possono essere degenerati o rotti. Ricordiamo però sempre una cosa: non sempre quello che vediamo o leggiamo su un referto di una risonanza corrisponde a quello che effettivamente il paziente lamenta, è sempre necessario un accurato ragionamento clinico e talvolta “il dolore parla” e riesce a guidare verso la risoluzione del problema.
Fisioterapia e riabilitazione
A questo punto insieme allo specialista si valuta che strada intraprendere: la conservativa oppure quella chirurgica. Il ruolo del fisioterapista è determinante sia nel primo che nel secondo caso perché qualora si decidesse di non operare bisogna seguire un percorso riabilitativo più o meno lungo fatto di CHINESI attiva e passiva e nel caso di infiammazione acuta il supporto della terapia fisica mirata (TECARTERAPIA, SCENAR) informando il paziente che ci vuole pazienza perché bisogna rieducare la spalla a svolgere tutte le sue funzioni. Per cui si lavorerà con mobilizzazioni passive della scapolo-omerale e della scapolo-toracica, lavoro miofasciale per liberare i trigger point che ostacolano o danno dolore durante il movimento, lavorare sulla zona cervico-dorsale per l’importante influenza che essa ha sulla spalla. Fatto questo verranno insegnati al paziente una serie di esercizi che svolgerà dapprima in studio e poi autonomamente a casa, per rinforzare la muscolatura al fine di mantenere a lungo il risultato raggiunto. Qualora invece il chirurgo decida per un intervento di ricostruzione della cuffia, ovviamente altrettanto importante sarà seguire passo dopo passo il ritorno alla vita quotidiana e lo svolgimento di tutti quei gesti che oramai si erano persi.
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MAL DI SCHIENA DA TAGLIO CESAREO
“Dottore da quando ho partorito il mal di schiena mi uccide”. È la classica frase che le pazienti riportano dopo aver partorito. Ma qual è il vero motivo?
Di certo il problema non è nella zona lombare o meglio essa ne è solo una vittima. Qualsiasi tipo di intervento comporta una cicatrice e, il taglio chirurgico non è solo quello che vediamo all’esterno, ma crea aderenze anche nei piani sottostanti, motivo per cui possono scatenarsi dolori a distanza. Nel caso specifico, la cicatrice del cesareo può creare alterazioni posturali importanti e uno sbagliato adattamento del nostro corpo con conseguenti dolori talvolta anche invalidanti. In questo contesto il lavoro del fisioterapista, tramite manovre manuali o strumentali, diventa determinante al fine di “disattivare” la cicatrice e ridare armonia a tutti i tessuti circostanti. Un caso eclatante mi è capitato qualche settimana fa quando una mia paziente si è presentata in studio con dolori fortissimi in zona lombare e inguinale bilaterale e dopo attenta analisi abbiamo riscontrato che la sua cicatrice era attiva. Sono bastate tre sedute dedicate esclusivamente alla cicatrice per la risoluzione definitiva della sintomatologia.
#fisiomedical dottorangelo#fisioterapia#riabilitazione#parto cesareo#mal di schiena#intervento chirurgico#fisioterapista
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La Sindrome del Tunnel Carpale
I tuoi sintomi sono intorpidimento e formicolio al pollice indice e medio? Ti sfuggono gli oggetti dalla mano? Non riesci a riposare di notte perché le dita si addormentano? È molto probabile che tu sia di fronte alla Sindrome del Tunnel Carpale (STC). Cos’è? È una sofferenza del nervo mediano il quale si irradia lungo le prime tre dita della mano e può provocare dolore e intorpidimento.
Il nervo origina dalla quinta vertebra cervicale e giunge fino alle prime tre dita. Può succedere che durante il passaggio del nervo all’interno del canale carpale del polso, esso subisca una compressione a causa dell’ispessimento del legamento trasverso del carpo. Le donne ne sono maggiormente colpite, soprattutto fra i 40 e i 60 anni e tra le cause scatenanti ci sono sicuramente attività ripetitive e usuranti che richiedono molto l’utilizzo della mano: sarte, operai, casalinghe, muratori e così via. Ne sono affette anche le donne in gravidanza o in menopausa per effetto della ritenzione idrica che è quasi sempre presente durante questi periodi.
Fisioterapia e riabilitazione
Quando il paziente arriva in studio la prima cosa da fare è l’anamnesi. Per cui chiedere sempre l’età, il tipo di mansione che si svolge, se prende farmaci e perché, se ha avuto colpi di frusta, da quanto tempo ne soffre, se è agli stadi iniziali o meno. L’esame elettivo per valutare se siamo di fronte ad un vero tunnel carpale è l’elettroneurografia (EMG) un esame che svolge il neurologo in cui si posizionano degli elettrodi in alcuni punti specifici che danno delle piccole scosse. L’obiettivo è quello di valutare la velocità di conduzione nervosa e sensitiva e precisamente a che livello il nervo sta soffrendo. Esistono anche due test clinici che ci permettono di orientarci verso la diagnosi di TNC: il segno di Tinel vede lo specialista dare un colpetto sul nervo mediano a livello del polso e risulterà positivo se questo evoca nel paziente esattamente quella sensazione di intorpidimento e dolore che lamenta; il segno di Phalen vede il paziente unire il dorso delle due mani con le dita rivolte in basso per circa 1 minuto e lo specialista valutare se questo comporta la manifestazione dei sintomi.
Ma che succede se il paziente lamenta tutti i sintomi di una STC ma i due test clinici sono negativi e l’elettroneurografia non indica una sofferenza del nervo mediano a livello del polso? Domanda da 1 milione di dollari. Gioca un ruolo fondamentale l’anamnesi e la descrizione precisa dei sintomi da parte del paziente. Comincia un ragionamento clinico che porta a capire che il problema non è sul polso ma da qualche altra parte. Ricordiamo che il nervo origina dalle vertebre cervicali. Potrebbe essere li il problema? Potrebbe essere sul gomito? Certo! A questo punto vado a testare le vertebre cervicali alla ricerca di una ipomobilità, valuto la disfunzione di movimento e tratto quella; oppure potrebbe esserci un blocco del gomito o un problema miofasciale che intrappola il nervo. Il problema è sempre arrivare a capire la causa, da dove origina il tutto. Potrebbe trattarsi anche di un problema neurodinamico (problema di scorrimento del nervo all’interno dei tessuti che lo avvolgono) per cui esistono particolari tecniche di mobilizzazione neurale per “sbrigliare” il nervo. Molte volte anche solamente sbloccando la cervicale si ha netta dimuzione del dolore e della parestesia.
Un ruolo decisivo lo svolge lo scenar, uno strumento che rileva attraverso la cute esattamente le zone in disfunzione e, mandando un impulso al sistema nervoso, le corregge. Mi avvalgo molto dello scenar perché nella fase diagnostica è davvero il miglior strumento che esista in circolazione.
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La cervicalgia
La CERVICALGIA indica uno stato di sofferenza che limita o impedisce al paziente di svolgere le sue attività di vita quotidiana. Può presentarsi in diverse forme:
dolore monolaterale che si irradia al trapezio e spesso alla scapola e che sovente si associa al mal di testa;
dolore bilaterale, molto frequente nelle persone che svolgono una vita sedentaria e in particolare in chi lavora al computer;
dolore presente soprattutto al mattino che poi tende a sparire nel corso della giornata (qui è importante capire se il paziente serra i denti, se ha un cuscino o un materasso non adeguato o se assume una posizione errata durante la notte);
dolore al collo con formicolio associato a dolore all’arto superiore: in questo caso è importante capire se le parestesie possono dipendere da un’eventuale ernia cervicale o da altre cause quali per esempio contratture negli scaleni o in altri muscoli della spalla che possono simulare un dolore simil-ernia.
Se il dolore persiste da poco tempo non è necessario ricorrere subito a indagini strumentali o fare file interminabili per effettuare una risonanza magneti: molto spesso non ci riveleranno nulla circa la problematica che affligge la persona. Le rx e le risonanze vengono prescritte dal medico qualora il quadro patologico persista da molto tempo e ci siano le indicazioni necessarie per un approfondimento diagnostico. Le prime indicano eventuali problematiche ossee che limitano i fisiologici movimenti del collo quali artrosi, inversione della fisiologica lordosi cervicale spesso presente quando nella storia clinica del paziente è presente uno o più colpi di frusta, riduzione dello spazio intersomatico, cioè una riduzione dello spazio tra una vertebra e l’altra, che indica un problema di natura discale. Le risonanze o tac, invece, sono utili qualora bisogna studiare i tessuti molli per cui idonee a valutare la presenze di ernie, disidratazione dei dischi, il midollo o anche per situazioni piu gravi.
Fisioterapia e riabilitazione
Una volta escluse patologie piu gravi si può decidere che tipo di trattamento impostare. Si procede prima di tutto con un'accurata anamnesi. Se il paziente è in fase acuta è necessario che il suo medico prescriva un’adeguata terapia farmacologica per il controllo del dolore e dell’infiammazione. Quando la situazione clinica migliora allora si può procedere con la fisioterapia. Dopo aver annotato quando e come il paziente ha dolore e le limitazioni di movimento sui vari piani, decido come procedere. Personalmente effettuo dapprima un lavoro muscolare per eliminare le contratture dolorose,dopodichè procedo con un lavoro strutturale, o effettuando delle semplici mobilizzazioni sulle vertebre o manipolando, qualora il caso lo permetta e sempre rispettando la regola del non dolore. Ovviamente il trattamento si basa molto sui feedback per cui spesso chiedo al paziente se accusa dolore durante il trattamento e in tal caso cambio strategia. Una volta concluso il trattamento valuto se ci sono dei cambiamenti in termini di dolore e mobilità e annoto il tutto. Ogni volta che rivedo il paziente è come se fosse sempre la prima volta, per cui chiedo se ci son stati dei cambiamenti, cosa ha notato, quali sono le sue sensazioni e sulla base delle risposte decido come proseguire. I trattamenti almeno nella prima fase vengono effettuati 2-3 volte a settimana e poi gradualmente ridotti finchè la sintomatologia non scompare. In accordo con il paziente poi si può proseguire con dei trattamenti posturali individuali al fine di mantenere a lungo i benefici ottenuti.
Qualora in anamnesi risulti che il paziente soffra di disturbi viscerali, indirettamente legati alla cervicale, allora l’osteopatia può tornarci molto utile perché tiene conto della situazione globale del paziente. A volte il dolore può derivare da zone lontane dal disturbo. Ogni paziente è un caso isolato e va trattato nel modo più semplice ed efficace possibile.
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SCENAR
Tempo fa, documentandomi su internet, scoprii questo “telecomando” con una miriade di funzioni. Lo scetticismo e anche la curiosità erano enormi, ma non appena iniziai a usarlo, capii quanto, dietro un apparecchio all'apparenza così semplice, si nascondesse in realtà un mondo. SCENAR, abbreviazione di Self Controlled Energo-Neuro-Adaptive Regulator, è nato in Russia come parte di un programma spaziale per mantenere sano lo stato di salute degli astronauti ma rimaneva comunque a disposizione di tutti per potersi curare. Come? Il macchinario lavora attraverso la cute rivelando all’operatore le zone che creano un blocco e trasmettendo al sistema nervoso tutte le informazioni necessarie al ripristino delle funzioni fisiologiche del corpo. Stimolando la cute e liberando questi blocchi, lo Scenar è in grado di attivare la “farmacia” interna del corpo rilasciando i neuromediatori necessari alla guarigione e all’equilibrio del sistema. Ricordiamo che la cute è l’unico sistema collegato a tutti gli organi, per cui posso lavorare sul sistema muscolo-scheletrico così come posso agire sul sistema endocrino, circolatorio, energetico, mentale, ginecologico e tanto tanto altro. A differenza di altri macchinari non si verifica mai un processo di assuefazione allo stimolo perchè lo Scenar indica quando il cambiamento nel corpo è stato effettuato senza che ci sia bisogno di ulteriori stimoli.
INDICAZIONI
Sistema nervoso (varie malattie della colonna vertebrale con disordini secondari dell’attività nervosa, disordini statici e dinamici della colonna vertebrale, deformazione della colonna spinale, radicoliti, nevriti, collassi e loro conseguenze, malattie del sistema nervoso vegetativo ecc.).
Sistema muscolo-scheletrico (miositi, artriti, artrosi, tumefazioni del tessuto molle, fratture nei differenti stadi del processo).
Sistema respiratorio (tracheiti, bronchiti, infezioni virali, polmoniti, pleuriti, asma bronchiale).
Sistema cardio-vascolare(angina, ipertonia, ipotonia, varie forme di aritmia), vasi sanguigni delle estremità (endoarteriti, vene varicose, disturbi microcircolatori, ulcere trofiche).
Sistema digestivo (gastriti, enteriti, coliti, colecistiti, epatiti); • Sistema genitale ed urinario (pielonefriti, cistiti, disturbi del ciclo, annessite, infertilità, tossicosi in gravidanza).
Malattie dei denti e della cavità orale (periodontosi, periodontiti, arresto delle infiammazioni e complicazioni dopo il trattamento di pulpiti e periodontiti, arresto di dolore cronico).
Altre condizioni patologiche e loro combinazioni.
EFFETTI
Miglioramento considerevole dello stato generale con un aumento della capacità adattativa dell’organismo
Normalizzazione delle funzioni disturbate
Accelerazione e rallentamento durante le manifestazioni di processi patologici
Antidolorifico
Antiinfiammatorio
Antiallergico
Antigonfiore
Normalizzazione delle funzioni vascolari e sanguigne
Risposta endocrina ed immunitaria dell’organismo
Normalizzazione dei processi metabolici.
CONTROINDICAZIONI
Gravidanza
Pacemaker o altro impianto elettrico
Individuale intolleranza (ipersensibilità)
Severe malattie mentali
Malattie infettive acute di origine oscura
Non usare se si è sotto l’effetto di alcool.
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Sciatalgia
Che cos’è? È un termine generico che indica un dolore che può originare dalla zona lombare, in tal caso si parla di lombo-sciatalgia, o dal gluteo e in tal caso il nome corretto è sciatalgia che si irradia lungo l’arto inferiore. Nei casi più lievi il dolore si ferma al ginocchio, ma nei casi più gravi si irradia al piede con forti parestesie (formicolii). La causa sicuramente più frequente è un’ernia discale che può comprimere la radice nervosa a vari livelli e ovviamente la sintomatologia cambia a seconda della radice colpita. Per cui il dolore può scendere posteriormente o lateralmente lungo l’arto inferiore (sciatalgia) e in tal caso troveremo sicuramente una sofferenza della radice di L5 o S1 oppure anteriormente interessando il quadricipite e il tibiale anteriore (cruralgia) dove in genere è L4 che è prioritaria.
Ma cerchiamo di capire come diagnosticarla ed eventualmente trattarla. Il paziente in genere si rivolge ad uno specialista (ortopedico o neurochirurgo) raccontando l’esordio di questo dolore, quando, come e dove si irradia, da quanto tempo ne soffre, i momenti della giornata in cui aumenta o si riduce, posizioni che lo attutiscono oppure lo aggravano. Lo specialista dopo un’accurata anamnesi, passa a uno step successivo e cioè la visita vera e propria in cui si va alla ricerca dei movimenti che riproducono o alleviano il dolore. Lo specialista quasi sicuramente prescriverà un accertamento diagnostico quale Rmn o Tac dal quale poi si evincerà la presenza o meno di un’ernia che comprime le radici nervose e la terapia farmacologica di supporto. Ricordiamo che per le vere sciatalgie il cortisone è quello che dà più risultati a differenza invece dei normali fans che sono troppo blandi per poter attenuare la sintomatologia.
Fisioterapia e riabilitazione
Quando il paziente arriva da noi con prescrizione del medico, procediamo nuovamente con l’anamnesi, anche se già svolta dal medico, visitandolo e cercando di risalire alla causa del problema. Se tutti i test effettuati confermano ciò che ha riscontrato lo specialista procediamo con quanto prescritto. Ma che succede se invece la nuova valutazione è diversa dalla prescrizione medica? Prima si è parlato di vera sciatalgia. Qualcuno si chiederà, ma perché ne esistono altre? Certo. Pensiamo per esempio a quei casi in cui il paziente ha dolore sciatalgico ma la risonanza non manifesta ernie o al massimo piccole protusioni discali che non hanno nulla a che fare con il suo quadro clinico. Esistono le false sciatiche che in genere si manifestano con un dolore che non scende al di sotto del ginocchio ma che in taluni casi, per esempio, può irradiare lateralmente al polpaccio. La causa? Per esempio trigger point nel piriforme o nel piccolo gluteo che danno sintomi molto simili a quelli di una vera sciatica, una differenza di lunghezza degli arti inferiori dovuta ad una rotazione di bacino, un blocco vertebrale e tanto altro. Se si riscontrano invece problemi viscerali (intossicazione epatica, problemi intestinali, stitichezza) che sono direttamente correlati ai sintomi del paziente, il lavoro osteopatico risulta determinante. I visceri sono strettamente correlati con tutto il nostro sistema muscolo-scheletrico per cui una disfunzione viscerale può ripercuotersi inevitabilmente sul nostro corpo. Per questo l'ascolto del paziente diventa determinante nel fornirci le indicazioni da cui partire per risolvere il problema al meglio.
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Distorsione al ginocchio
La distorsione al ginocchio è tra gli infortuni più frequenti nella traumatologia legata allo sport. Quando si parla di distorsione al ginocchio i movimenti più frequenti sono:
Valgismo - rotazione esterna
Varismo - rotazione interna
Iperestensione (esempio un calcio dato a vuoto).
A seconda del movimento distorsivo che il ginocchio subisce ovviamente saranno interessate alcune strutture piuttosto che altre. Partiamo col dire che il ginocchio ha quattro legamenti che lo stabilizzano in antero-posteriore e in latero-mediale. Nel primo caso parliamo del crociato anteriore (il piu frequentemente colpito) e il crociato posteriore (più raro), nel secondo caso invece, del collaterale mediale e del collaterale esterno. In caso di valgismo rotazione esterna è possibile che la lesione del crociato anteriore si associ a quella del collaterale mediale e talvolta anche del menisco interno. Qualora invece il ginocchioci subisca un movimento di varismo rotazione interna il risentimento può avvenire a carico del crociato e menisco esterno e talvolta il collaterale laterale.
Esistono tre tipi di distorsioni al ginocchio:
Primo grado di lievissima entità in cui non c’è rottura dei legamenti ma solo un piccolo risentimento che richiede un periodo di riposo e contestualmente fisioterapia. In questo caso il paziente non lamenta cedimenti articolari.
Secondo grado di entità un pò più grave in cui i legamenti subiscono una lesione parziale in genere inferiore al 50% per cui il paziente lamenta talvolta cedimento articolare e sensazione di instabilità. Questo richiede un lungo periodo di fisioterapia in cui bisogna recuperare la forza muscolare e la propiocezione.
Terzo grado di gravissima entità in cui si verifica la rottura dei legamenti per cui l’unico modo per tornare a giocare è l’intervento chirurgico di ricostruzione legamentosa.
Movimenti traumatici possono anche interessare solo i menischi, che non sono altro che due cuscinetti che si trovano tra il femore e la tibia il cui compito è quello di ammortizzare tutti i carichi che il ginocchio subisce. La percentuale in cui si verifica una lesione di menisco mediale è molto più alta rispetto a quella di un menisco laterale per questioni legate alla fisiologia articolare.
Il paziente deve assolutamente essere valutato da un ortopedico il quale dopo averlo ascoltato e aver effettuato dei test clinici sicuramente prescriverà una risonanza magnetica per la certezza diagnostica. Se si tratta di una distorsione di primo o secondo grado allora il medico lo indirizzerà da un fisioterapista per cominciare il ciclo riabilitativo.
Fisioterapia e riabilitazione
Se il ginocchio è gonfio l'obiettivo primario è quello di far riassorbire l’edema tramite le strumentazioni disponibili in studio: tecar, taping kinesiologico, scenarterapia, pompage articolare e mobilizzazioni caute.
In questa fase è consigliato che il paziente indossi una ginocchiera (che varia a seconda del legamento colpito) che lo aiuta a stabilizzare l’articolazione e a metterla in scarico. Le lesioni ai collaterali (a meno che non si tratti di rottura completa) in genere non richiedono intervento chirurgico perché a differenza dei crociati hanno un’ottima capacità di cicatrizzazione e riparazione. Quando il ginocchio è sgonfio si procede con un programma di rinforzo muscolare dando priorità al quadricipite, dapprima in isometrica e successivamente in concentrica ed eccentrica il cui scopo mira a ottenere una muscolatura tonica che possa in futuro sopperire a quei legamenti “risentiti” dall’evento distorsivo. Parte fondamentale del trattamento è la PROPIOCEZIONE. Il nostro corpo ha dei particolari “sensori” che riconoscono la posizione di un’articolazione nello spazio; dopo un qualsiasi trauma tutte le afferenze neurologiche da quell’articolazione verso il cervello vengono perse. Per cui diventa fondamentale allenare e ripristinare tutte le connessioni perse con una serie di esercizi su tavolette instabili in modo tale da rieducare l’articolazione a subire stress funzionali.
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Il dolore al collo può passare rapidamente. Basta con notti insonni e risvegli traumatici. Contattaci.
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Hello world!
Ciao a tutti questo è il primo post di questo sito web. Presto grandi novità!
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