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genevieveamelie · 4 years
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     🍀🌹    —    𝐍𝐄𝐖 𝐏𝐎𝐒𝐓      𝐠𝐞𝐧𝐞𝐯𝐢𝐞𝐯𝐞 𝐚𝐦𝐞́𝐥𝐢𝐞   &    𝐣𝐞𝐬𝐬𝐢𝐞      ❪     ↷↷      mini role ❫      l     a     g      o      11.10.2020   —   #ravenfirerpg
L'estate era ormai finita, ma le belle giornate autunnali permettevano alla fata di godersi ancora quel debole calore sulla pelle, che rendeva la fata decisamente più serena. Sentiva il buon umore scorrerle nelle vene ad ogni passo, soprattutto quando raggiungeva il lago per la sua corsa mattutina. Era piuttosto abitudinaria la fata, aveva i suoi ritmi, come quello che metteva in atto ogni mattina. Si alzava di buon ora, si preparava per la sua corsa, e subito dopo si immergeva nelle acque cristalline di quel lago che ormai aveva acquisito un carattere speciale per la Hale. Sentiva i muscoli indolenziti per i chilometri fatti, ma il refrigerio di quelle acque fresche facevano sì che la fata si rilassasse completamente. Immersa fino quasi alla vita, Genevieve si godette la quiete di quel momento, quando vide in lontananza una testata di capelli biondi avvicinarsi. Più metteva a fuoco la vista, più riconosceva in lei qualcuno che non vedeva da tempo. O almeno così credeva. Decise di avvicinarsi e, passandosi una mano tra i lungi capelli bagnati, attirò la di lei attenzione. Solo quando andò più vicino, dopo aver preso l'asciugamano, Genevieve si rese conto di non conoscere la ragazza che ora la stava guardando in modo stranito.
« Scusami... Ti ho scambiato per un'altra persona. Non volevo essere invadente. »
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genevieveamelie · 4 years
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     🍀🌹    —    𝐍𝐄𝐖 𝐏𝐎𝐒𝐓      𝐠𝐞𝐧𝐞𝐯𝐢𝐞𝐯𝐞 𝐚𝐦𝐞́𝐥𝐢𝐞 & 𝐩𝐡𝐢𝐥𝐢𝐩 𝐦𝐚𝐫𝐥𝐨𝐰𝐞      ❪     ↷���      mini role ❫      o s s e r v a t o r i o      29.09.2020   —   #ravenfirerpg
Un profumo autunnale si elevava dalle strade affollate di Ravenfire che, una volta terminata la Festa che s'era tenuta in Municipio, veniva sancito l'inizio di un nuovo anno accademico. Avrebbe ripreso le lezioni nel breve periodo la fata, spinta dal mettersi in gioco con nuove sfide, ma senza dimenticare quel sogno che sembrava non abbandonarla mai. Sognare attraverso la letteratura straniera era un viaggio costante a cui non avrebbe mai rinunciato, scoprire culture che non avrebbe mai avuto la possibilità di vedere ma non le impediva di studiarle. Essere una fata aveva risvolti che non sempre si potevano accettare, taluni potevano perfino considerarli negativi, ma la Hale aveva imparato a conviverci, con i pro e con i contro, senza stravolgere completamente il suo modo di essere. V'erano tuttavia istanti in cui il bisogno di isolarsi e far cadere la maschera della superficialità superavano ogni tipo di ostacolo, spingendola anche a visitare luoghi che mai avrebbe visto, esattamente come stava facendo quel pomeriggio. L'osservatorio presente a Ravenfire sembrava essere avvolto da un alone di mistero, il fatto che si potessero visitare luoghi lontani senza muoversi di un passo sembrava il controsenso perfetto per la fata, dunque perché non provare? Impacciata, forse per la prima volta, Genevieve si guardò attorno una volta al suo interno, osservando come il buio sembrasse inghiottirla.
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genevieveamelie · 4 years
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     🍀🌹    —    𝐍𝐄𝐖 𝐏𝐎𝐒𝐓      𝐠𝐞𝐧𝐞𝐯𝐢𝐞𝐯𝐞 𝐚𝐦𝐞́𝐥𝐢𝐞 & 𝐬𝐚𝐫𝐚𝐡 𝐣𝐢𝐥𝐥𝐢𝐚𝐧      ❪     ↷↷      mini role ❫      r o  s e n  c h  i  c      18.09.2020   —   #ravenfirerpg
L'aria di festa si avvertiva in ogni dove in quella giornata che ormai portava con sé gli ultimi sgoccioli d'estate, ma soprattutto la fata sentiva la trepidazione che si nascondeva nell'ammettere che quella Festa dei Fondatori sarebbe stata in qualche modo diversa. Era il primo evento dove avrebbero partecipato i nuovi rappresentati di ciascuna razza in veste ufficiale, ma sapeva dentro di sé che avrebbero mostrato il meglio di loro. Doveva essere così. Ma quel giorno era dedicato all'attività preferita della fata, la quale senza nemmeno pensarci, aveva preso un paio di frullati d'asporto prima di giungere all'appuntamento con l'amica nonché sorella, Sarah. Decidere cosa indossare per un evento così importante non era cosa da poco, tutti gli occhi sarebbero stati attenti agli invitati, alle loro acconciature, e soprattutto ai vestiti indossati. Stonare non era di certo nelle corde della Hale e precisa in ogni sua manifestazione, Genevieve sapeva essere ricercata nel suo abbigliamento. Quando vide arrivare la sorella un sorriso curvò le di lei labbra prima di porgerle il frullato che aveva ordinato. 
« E' il minimo per averti buttato giù dal letto a quest'ora... Come stai? »
Sarah Jillian Marshall
Sarah non stava più nella pelle, il giorno dopo si sarebbe tenuta la Festa dei Fondatori che la fata ogni anno aspettava con ansia. Ella amava quella festa, era l'occasione giusta per riunirsi tra loro sorelle, per avere l'occasione di stare con i pochi amici che ella aveva, insomma Sarah era in agitazione ma era un'agitazione felice, di chi non sta nella pelle. Quella mattina infatti aveva appuntamento con Genevieve per scegliere insieme i vestiti che avrebbero indossato in occasione del ballo, la Marshall non aveva un'idea chiara per questo avere un consiglio era la giusta decisione. Dopo aver indossato i pantaloni di una tuta ed un crop top, la fata si avviò verso il centro. La sua mente non faceva altro che pensare a Stephen, speranzosa che il fantasma potesse partecipare al ballo ed ancora più speranzosa che potesse invitarla a ballare con lui. Ancora con quei pensieri in mente si avvicinò alla sorella con quell'aria sognante e felice. «In agitazione per il ballo, voglio indossare qualcosa di stratosferico, no okay torno in me, sto bene tu?»
Genevieve Amélie S. Hale
Poter scegliere il giusto abito da indossare ad un evento importante era un passo che non si poteva compiere alla leggera, ed ecco il motivo per cui aveva deciso di andare con l'amica nonché sorella. Ricordava come s'erano trovate bene tempo prima, e il fatto poi che avessero finalmente un'occasione di indossare uno di quegli abiti ampi, era più che sufficiente per farle correre in tutte le boutique della città. Tese la mano con cui teneva uno dei due frullati per offrilo a Sarah prima di avvicinare il proprio alle labbra. « Almeno avremo l'occasione di indossare qualcosa di unico... Che ne dici se cominciamo da qui? » Propose la fata indicando con un cenno del capo la boutique dove si erano date appuntamento. Non erano presenti tantissimi negozi, non come quelli che si vedevano sui rotocalchi, ma cercando in modo un po' più approfondito si potevano trovare abiti davvero magnifici. « Sono preoccupata perché sembra che tutto stia andato troppo bene... Hai presente la sensazione di quanto ti devi aspettare qualcosa di brutto da un momento all'altro? Ecco, un po' mi sento così... »
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genevieveamelie · 4 years
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      🍀🌹    —     𝐍𝐄𝐖 𝐎𝐔𝐓𝐅𝐈𝐓       𝒇𝒐𝒖𝒏𝒅𝒂𝒕𝒊𝒐𝒏    𝒅𝒂𝒚  𝒆𝒗𝒆𝒏𝒕         ❪  ••• 𝐎𝐔𝐓𝐅𝐈𝐓𝐒 📷  ❫
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genevieveamelie · 4 years
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      🍀🌹    —    𝐍𝐄𝐖 𝐏𝐎𝐒𝐓      𝒈𝒆𝒏𝒆𝒗𝒊𝒆𝒗𝒆 𝒂𝒎𝒆́𝒍𝒊𝒆 posted a photo on         ❪  ••• 𝐅𝐀𝐂𝐄𝐁𝐎𝐎𝐊 📷  ❫
    ❛ Summer job... 🍋 ❜
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genevieveamelie · 4 years
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     🍀🌹    —    𝐍𝐄𝐖 𝐏𝐎𝐒𝐓      𝐠𝐞𝐧𝐞𝐯𝐢𝐞𝐯𝐞 𝐚𝐦𝐞́𝐥𝐢𝐞  &  𝐝𝐚𝐫𝐥𝐞𝐞𝐧      ❪     ↷↷      mini role ❫      villa           ferguson      17.07.2020   —   #ravenfirerpg      #ravenfireevent      #anewmayor
Aveva impiegato più tempo di quanto realmente ne occorresse per scegliere l'abito da indossare alla serata dei Price, eppure la fata era ancora convinta che tutta la compagna elettorale fosse per alcuni versi troppo, e per altri troppo poco. Mai, durante la sua vita, aveva dato peso alla politica cittadina, ed in fondo non era nemmeno il tipo di persona che si interessasse con ardore alla cosa pubblica, eppure il discorso elettorale da Joseph Price sembrava quello meno peggio per così dire. Le luci della ribalta erano lì ad aspettare gli ospiti, il servizio catering sembrava essere uscito anch'esso dal jet set e solo quando incontrò una testa bruna che avrebbe riconoscere ovunque, Genevieve si sentì decisamente più euforica. S'avvicinò con un paio di calici di champagne in mano, ne offrì uno alla cugina con un sorriso che era impossibile da non notare.
« Ed io che pensavo che non saresti venuta... Come stai? »
Darleen Isabelle Find
Rotearono in alto le iridi nocciola di Darleen mentre, avvolta in un abito che ben risaltava le forme sinuose che madre natura le aveva donato, ma che volgare non era — la giovane era certa di essere molto bella, ma non amava mostrare troppi centimetri di pelle, preferiva un elegante vedo-non vedo — era pronta ad udire l'ennesimo ampolloso discorso che Joseph Price, candidato alla poltrona di sindaco, avrebbe fatto. Improbabile era la sua ascesa al potere, era scontato i cittadini avrebbe scelto nuovamente Maffei, — non lei, la sua preferenza era già stata conquistata da Brooke Ferguson — tuttavia era compito d'ognuno di loro dar egual peso ed attenzione a tutti i pretendenti alla carica, scegliere il primo cittadino era qualcosa di estremamente importante e no, non potevano permettersi errori, non ora che la città, con la defenestrazione dei vecchi rappresentanti del Consiglio, pareva aver trovato pace ed equilibrio. Era con questi pensieri che s'aggirava per quel luogo quando udì la familiare voce di sua cugina, persona che non vedeva da un po' di tempo. « Lo pensavo anche io, ma devo svolgere il mio ruolo da cittadina, persino quando ascolto boiate. Non mi lamento, va tutto abbastanza bene, tu? Dove sei finita tutto questo tempo? Stavi festeggiando la nuova caporazza? » Domandò, prendendo il calice che Genevieve gentilmente le offrì. La scrutò da capo a piede, sorridendo in segno di approvazione, era veramente bellissima, un evidente dono di famiglia.
Genevieve Amélie S. Hale
Vestiti eleganti venivano sfoggiati come nulla fosse in quella villa dove vi erano più persone di quanto non credesse. Sembravano realmente interessati alla cosa pubblica i presenti, chi più e chi meno, e ogni candidato sembrava aver le carte per poter vincere, eppure i cittadino non avrebbero mai dimenticato ciò che li aveva afflitti i mesi precedenti. Come v'era stato un cambio della guardia nel Consiglio, ciò doveva avvenire anche per la guida della cittadina, che ora era pronta a manifestare il proprio giudizio attraverso il voto. Più di una volta la fata s'era chiesta che il Maffei fosse ancora una scelta valida, eppure il suo programma elettorale non era quello che più l'aveva colpita. Ma quale avrebbe dovuto votare? Con un sorriso leggero che curvava quelle labbra perfettamente piene, Genevieve osservò la cugina con attenzione, come la sua figura gridasse alla pura femminilità.
« Le notizie corrono in fretta, eh? Ho fatto del mio meglio per darle il mio appoggio, lo ammetto... Credo che Leah farà davvero molto per noi, e con tutto il lavoro che ha fatto se lo merita. »
Confessò senza alcuna paura la fata, la quale credeva davvero negli intenti della nuova capo razza. Non si trattava solamente del fatto che fosse sua sorella, come tutte le altre fate, ma perché mai una volta s'era guardata indietro, e mai una volta aveva anteposto i suoi bisogni rispetto a quelli delle altre e questo significata molto di più.
« E tu, invece? Non sembri felice del cambio della guardia... O mi sbaglio? »
Darleen Isabelle Find
Amaro, un sorriso inarcò le labbra della veggente, segno che la splendida creatura che la fiancheggiava aveva colto nel segno con le sue ultime affermazioni. Non era mai stata devota all'anarchia, Darleen, al contrario, aveva sempre creduto che un potere democratico e delle leggi fossero alla base di un popolo all'avanguardia, ma negli ultimi mesi le cose erano enormemente mutate e l'importanza del Consiglio era dal suo punto di vista scemata sempre più. Era ovvia la causa di un tal distacco, l'incarcerazione ingiusta di Noah ovvero, qualcosa che così profondamente l'aveva colpita da averla costretta a schierarsi contro l'organo più importanti tra i sovrannaturali, disobbedendo, di conseguenza, con civiltà e nessuna violenza. Dunque poco importava del cambio ai vertici, non cambiava niente, erano solo esseri assetati di potere.
« Dovrebbe? Sono solo dei ragazzini che giocano con le nostre vite, marci come i loro genitori. Presto ci trascineranno in una guerra. Non li perdonerò mai per quello che hanno fatto a Noah. »
Sentenziò lapidaria. Era fatta così Darleen, poco importava che potesse rischiare tutto, ne sarebbe falsa la pena.
« Felice tu sia con lei, chissà quanti impiegherà ad emulare sua madre. »
Non intendeva giudicare Genevieve una stupida, era sua cugina, la adorava, non capiva solo come potersi fidarsi tanto della Blossom.Era troppo buona o cinica lei.
Genevieve Amélie S. Hale
Sembrava che le parole della fata avessero fatto centro, e la reazione della cugina non tardò ad arrivare. Sapeva che molte persone, e non solo Darleen, non avrebbero fatto i salti dalla gioia per questo cambio generazionale, tuttavia Genevieve era a conoscenza dell'impegno che Leah aveva dato per lei e tutte le sue sorelle. Aveva sempre dimostrato di mettere al primo posto le fate piuttosto di un piacere personale, ma soprattutto sarebbe stata una guida perfetta.
« Le colpe dei genitori, tuttavia, non dovrebbero ricadere sui figli... Potrebbero essere migliori dei loro predecessori, e per quanto riguarda Leah, beh... Sono certa che sarà un'ottima guida. »
Era più che comprensibile la reazione della veggente, soprattutto perché nemmeno la fata accettava ciò che era successo a quei poveri ragazzi, ma non si sentiva di giudicare qualcuno prima ancora che avesse la possibilità di provare. Il lato ottimista della fata era rinomato, spesso giudicata superficiale, ma non avrebbe mai fatto un torto a nessuno. 
« Non so come sarà Ashley come capo razza, lo ammetto, ma Leah ha dimostrato molto a noi fate... Cerca di vedere il bicchiere mezzo pieno, Leen! Piuttosto, che mi dici? Come vanno le cose con Carl? »
Darleen Isabelle Find
Di scambi di opinioni, Darleen e Genevieve ne avevano avuto infiniti lungo il corso di quegli anni trascorsi fianco a fianco, taluni pacati, altri più accesi, ma neppure la più diversa delle opinioni era stata in grado di separarle definitivamente, riuscivano sempre a venirne a capo. Certo, l'argomento trattato non era il semplice colore di uno smalto o di un vestito, era del Consiglio che tutti loro comandava che si parlava, ma il fine non sarebbe cambiato, con rispetto avrebbero continuato quel discorso.
« Così migliori che a tirar fuori quei ragazzi da prigione è stato Maffei col suo colpo di genio finale, loro non hanno alzato un dito. »
Chi non denunciava un crimine, chi non faceva nulla per sventarlo era, secondo il ragionamento della Find, complice di esso e dunque colpevole: non avrebbe cambiato idea in merito.
« Vedo solo una bambina che gioca a fare la donna, altro che bicchiere mezzo pieno. »
In fondo di Ashley Seered non sapeva davvero nulla, ma di fidarsi di lei non se ne parlava, aveva il sangue del tirannico padre belle vene, bastava ed avanzava.
« Vanno bene, è venuto a vivere con noi. Tu? Progetti all'orizzonte? »
Concluse, rasserenata. Carl era un pilastro della sua vita, non avrebbe saputo vivere senza di lui.
Genevieve Amélie S. Hale
Sapeva che il temperamento della giovane poteva apparire fuori dagli schemi, perfino duro in talune circostanze, ma tutte le discussioni che avevano avuto nel corso degli anni non avevano fatto altro che aumentare la stima reciproca. Eppure, in quel momento, Genevieve non poteva fare altro che chiedersi se non avesse ragione. Certo le colpe dei genitori non dovevano ricadere necessariamente sui figli, e perfino la fata lo sapeva bene, ma sperava che con il beneficio del dubbio, Ashley potesse fare grandi cose per la comunità dei veggenti. Per quanto riguardava Leah, invece, Genevieve credeva ciecamente nelle sue capacità di leader, sapeva quanti sacrifici aveva dovuto fare per raggiungere quel ruolo che, a suo avviso, le calzava perfettamente.
« Vedremo come andranno le cose. Sono contenta per te e Carl, sai? Per me nessun progetto, invece... Almeno per il momento, ma chissà che mi venga il colpo di genio in autunno! »
Sorrise sinceramente la fata prima di alzare il calice contenente lo champagne e dare così inizio a breve brindisi.
« Brindiamo a te e Carl, e soprattutto ai nuovi inizi. »
Dichiarò la fata facendo tintinnare il di lei calice contro il gemello. Era una serata splendida e nessuno avrebbe potuto far sparire il buon umore della Hale.
❪ 𝑭𝒊𝒏𝒆 𝑹𝒐𝒍𝒆. ❫
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genevieveamelie · 4 years
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      🍀🌹    —     𝐍𝐄𝐖 𝐎𝐔𝐓𝐅𝐈𝐓       𝒇𝒆𝒓𝒈𝒖𝒔𝒐𝒏:       𝒓𝒆𝒗𝒊𝒗𝒂𝒍         ❪  ••• 𝐎𝐔𝐓𝐅𝐈𝐓𝐒 📷  ❫
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genevieveamelie · 4 years
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⚜ 𝐍𝐞𝐰 𝐫𝐨𝐥𝐞 𝐰𝐢𝐭𝐡: Genevieve ⚜ 𝐏𝐥𝐚𝐜𝐞: Villa Fitzgerald ⚜ 𝐃𝐚𝐭𝐞: 21.06.2020, mattina ⚜ #ravenfirerpg
Un bacio a stampo, la promessa di chiamare dopo poche ore e un saluto quasi sofferto sancirono la fine di una notte che difficilmente aveva dimenticato. Roy non era mai stato un ragazzo romantico, né era mai stato una persona che faceva promesse o dimostrava impegno; eppure qualcosa era cambiato negli ultimi giorni. Non sapeva dire il perché, ma era come se una fuoco avesse iniziato ad ardere nel suo petto e a disciogliere parte della sua maschera di ghiaccio. Era una sensazione che lo faceva sentire vivo, ma che al contempo lo spaventava, perché era irrazionale e fuggiva al suo controllo. Rientrò in casa con passo lento, convinto di trovare il viso imbronciato di suo padre ad attenderlo, ma si sbagliava. Dietro alla porta d’ingresso, pronta a prendere il di lui soprabito, egli trovò una cameriera che gli comunicò di aver fatto accomodare Genevieve nel suo studio. Ma che cosa ci faceva la fata lì? E, soprattutto, chi l’aveva invitata.
“Grazie.”
Rivolse quella sola parola alla donna di servizio, prima di salire le scale ed entrare nello studio finemente decorato.
“Gen! Non ti aspettavo.”
Salutò l’amica con un largo sorriso, accomodandosi di fronte a lei. Roy era un ragazzo preciso, puntuale, quindi non amava che qualcuno rovinasse i suoi piani. Per sua fortuna, però, Genevieve gli piaceva, quindi non glielo avrebbe mai fatto notare.
Genevieve Amélie S. Hale
Poche cose erano certe, ma una tra queste era il fatto che da sempre la festa di compleanno della Lagarce sancisse in qualche modo l'inizio dell'estate. I temi studiati dalla veggente erano sempre adatti alla situazione e quello di quest'anno in qualche modo toccava tutte le fate. I dettagli floreali con cui aveva adibito la piscina erano eleganti, ma ciò che aveva spinto Genevieve a presenziare era anche il fatto che Roy fosse finalmente preso di qualcuno oltre a se stesso. Era un'amicizia intensa la loro, fatta a volte di litigi, di strigliate il più delle volte ma ciò che li legava era un affetto sincero. Era sorpresa non vedere da nessuna parte Roy alla festa di compleanno, e il fatto che non ci fosse aveva spinto la fata a compiere qualcosa di davvero audace il giorno successivo. Senza nemmeno attendere la risposta ad alcuni dei suoi messaggi, Genevieve si presentì direttamente alla porta d'ingresso di Villa Fitzgerald, aveva ringraziato cortesemente la domestica e s'era accomodata in quello studio che sembrava essere uscito da qualche film hollywoodiano. In verità pensava di dover attendere chissà quanto ma fu solo un'ora che il giovane rincasò come se nulla fosse. Seduta sulla poltrona in pelle, con le gambe accavallate e le braccia conserte, la Hale squadrò dalla testa ai piedi l'amico che sembrava provenire da una notte di fuoco, in tutti i sensi. « Il bentornato è d'obbligo... » Commentò la fata con un ghigno sulle labbra che era impossibile da nascondere. La fata era ancora dell'idea che i due veggenti potessero avere del potenziale insieme, ma soprattutto credeva che le persone potessero cambiare. In fondo non era lei stessa cambiata rispetto a qualche anno prima? « Ero preoccupata... O meglio, ero curiosa di sapere il motivo per cui non fossi presente al compleanno di Ginny, ma guardandoti dovrei chiederti chi è stata la fortunata... »
Roy Fitzgerald
Fu mentre saliva le scale in modo annoiato che prese il suo cellulare fra le mani e lesse i messaggi. Non capitava quasi mai che Roy perdesse di vista quel dispositivo — più per lavoro che per voglia, in vero —, ma la notte che aveva trascorso in compagni della Lagarce valeva le lamentele di suo padre e i messaggi in segreteria di sua madre. Nel leggere, tuttavia, fu stupito nel notare che i suoi genitori non fossero stati i soldi a tartassarli di messaggi, ma che anche la stessa Genevieve — che ora lo attendeva nel suo studio — aveva dato il suo contribuito. Ma che cosa le era successo? Era affogata nella piscina di Ginny e nessuno le aveva dato una mano? No, l’avrebbe notata. “Anche avvisare prima di piombare a casa d’altri lo sarebbe.” Replicò con calma, ma con lieve ironia. L’affetto che provava per Genevieve era sincero, ma raramente lo esplicitava. Con la stessa Ginny, dopotutto, Roy faticava ad essere meno freddo e distaccato. Aveva un carattere oltremodo complicato il veggente, ma ciò non lo preoccupava. “Mio padre ha fatto storie ieri sera, quindi mentre voi bivaccavate a bordo piscina, io sistemavo delle cose per l’azienda.” Commentò, sporgendosi verso una cameriera a cui chiese due caffè. Non aveva dormito quasi per nulla, ma non era esattamente stanco. “Non voglio commenti. Ho dormito sul divano di Ginny. Con Ginny, ovviamente. Mi domando che problemi abbia quella ragazza con i letti. Forse vuole uccidermi e io sto facendo il suo gioco.”
Genevieve Amélie S. Hale
La vita sentimentale della fata non era mai stata idilliaca, ma osservare come il veggente evitasse quell'argomento che stava diventando sempre più ingombrante, era più che divertente. Era chiaro che i due si piacessero ma che altro avrebbe dovuto fare per far loro aprire gli occhi? Con sguardo curioso, la fata osservò l'amico avvicinarsi e ordinare alla domestica un paio di caffè prima di concentrarsi su di lei. Una tazza di caffè era senz'altro la cosa migliore, ma soprattutto decidendo di rannicchiarsi sulla poltrona in attesa del suo resoconto. « Uhm... E hai dormito e basta? » Domandò con fare curioso inclinando appena il capo di lato. Era curioso vedere Roy reduce da una notte brava ma senza avere tutti quei dettagli che spesso la fata riusciva a strappargli. Aveva sempre sospettato che Ginny sarebbe potuta essere diversa, ma il fatto lui che si comportasse come un'idiota, di certo non aiutava. « E comunque non avviso più del mio arrivo da prima dei tempi del liceo, quindi non lamentarti... Piuttosto, deduco che l'abbia presa bene Ginny... Intendo il fatto che non ci fossi alla sua festa. Ha fatto le cose in grande, e di certo è una cosa che avete in comune. » Commentò con una leggera scrollata di spalle prima di fare mente locale che a breve sarebbe stato anche il compleanno di Roy chissà cosa avrebbe organizzato. Lasciò scivolare la sneaker destra sul pavimento prima di piegare un ginocchio e poggiare così entrambe le mani su di esso ed attendere il suo racconto. Tante cose si potevano dire della fata, ma come ad ogni donna, il pettegolezzo era sempre il maggior divertimento.
Roy Fitzgerald
Si accomodò sulla poltrona con eleganza, spostando lo sguardo sulla fata. Genevieve si era sempre dimostrata una buona amica e confidente, ma il suo interesse nei confronti di Ginny era piuttosto strano, se non inquietante. Eppure, egli era certo che le due non fossero particolarmente amiche, quindi perché la fata si comportava in quel modo? Che cosa voleva dimostrargli? Che poteva avere dei sentimenti? Che novità! “Ti ho mai parlato dei dettagli della mia vita sessuale?” Pose quella domanda con fare retorico, afferrando una penna, che cominciò a roteare fra le mani. Roy era molto riservato, tanto da risultare persino ermetico talvolta. I racconti sulle sue conquiste, sulle notti trascorse nell’appartamento in centro o in una delle sue macchine da corsa erano privati. Oltretutto, pur non avendo mai avuto una relazione seria, trovava di cattivo gusto condividere dettagli intimi con gli amici. “Non mi lamento, Genevieve, io agisco. Gli ingressi in questa casa sono registrati. Credimi, mi basterebbe sussurrare per far rimuovere il tuo nome dalla lista.” Non voleva risultare sgradevole agli occhi della fata, ma Roy nel tempo stava diventando sempre più simile a suo padre. Freddo, analitico e fin troppo concentrato sul lavoro. Avere un’amica che piombava in casa senza avvisare, dunque, poteva costituire un’imprevista distrazione per lui. “Ovviamente ci è rimasta male, ma non le ho mai detto che sarebbe venuta prima del lavoro o della mia famiglia.” Spiegò, prima di ringraziare con un cenno la cameriera e afferrare la sua tazzina di caffè. A modo suo, Roy teneva davvero a Ginny, ma aveva sacrificato troppo per la sua famiglia e non se la sentiva di cambiare le cose.
Genevieve Amélie S. Hale
La fata dovette rabbrividire non appena quella replica che di certo non aveva bisogno di immaginare. Il sol pensiero faceva perdere l'appetito alla fata facendole chiudere lo stomaco, e per quanto i due fossero amici, Genevieve e Roy non avevano mai affrontato nel dettaglio le di lui conquiste e tutto sommato andava bene così.
Roy e Genevieve condividevano un legame sincero, un legame d'amicizia e mai una volta l'uno o l'altra aveva dimostrato un interesse verso l'altro, e mai sarebbe accaduto. Ecco perché entrambi sapevano che quello era il punto di arrivo delle domande insistenti della Hale. « Brr... Non voglio pensarci. Rischi di farmi passare la fame e sai quanto posso essere golosa delle colazioni servite in casa Fitzgerald. » Chiuse gli occhi come se dovesse allontanare quel pensiero dalla prime prima di riaprirli e osservare il giovane che appariva in qualche modo diverso. « Saresti perfino pronto a togliermi questo privilegio? Dici sul serio? Ad ogni modo... Posso immaginare che ci sia rimasta male, eppure ti sei comunque fermato... » Replicò con un punta di retorica nella voce, prima di picchiettare le falangi della propria mano sulla caviglia ormai scoperta. Era curioso come il veggente volesse a tutti i costi dimostrare di essere intoccabile di fronte ai sentimenti, eppure la luce nei suoi occhi la diceva diversamente. L'unico vero pensiero, tuttavia, che animava la fata era il fatto che Roy fosse felice, non importava dove e con chi, importava solamente questo. Solo quando la fata vide il muro contro cui si stava scontrando, decise che era tempo di tornare a casa e lasciare finalmente in pace il veggente.
❪ 𝑭𝒊𝒏𝒆 𝑹𝒐𝒍𝒆. ❫
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genevieveamelie · 4 years
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—— Nᴇᴡ ʀᴏʟᴇ ☾ ⤷ Nᴀᴅɪʏᴀ ↝ Gᴇɴᴇᴠɪᴇᴠᴇ 24 | 06 | 2020 ↝ Rᴀᴠᴇɴғɪʀᴇ #ʀᴀᴠᴇɴғɪʀᴇʀᴘɢ ↝ ————
. ⤿ 😎💐🛍
Aveva voglia di perdersi in leggerezze, la dolce Nadiya, quel giorno. Voleva mettersi.. un paio di occhiali da sole, odorare il profumo dei fiori, cose incredibilmente semplici e genuine, che però non aveva voglia di fare da sola. Aveva chiesto a Genevieve, che non vedeva da troppo tempo, un po’ di compagnia e di fatti, camminavano fianco a fianco chiacchierando.
« Mi si sono completamente distrutte! » esclamò la fatina, raccontando di come pochi giorni prima le sue storiche scharpette bianche, si fossero scucite — per la millesima volta — proprio mentre danzava; « Credo proprio che sia un segno, non devo lavorare al Red Theater. »
Genevieve Amélie S. Hale
Con l'arrivo dell'estate, gli impegni s'erano moltiplicati senza tenere conto che la sessione estiva era ormai giunta. I pochi esami che la fata avrebbe dovuto sostenere erano vicini, ma per nessuna ragione al mondo avrebbe rinunciato ad un pomeriggio di shopping con l'amica, nonché sorella di sempre, Nadiya. Qualche giro per i negozi del centro di Ravenfire, magari un caffè al Raven's e i pettegolezzi che avrebbero fatto da padrone erano gli ingredienti perfetti per distrarre la mente. Stava camminando accanto alla sorella in quel momento, tra una chiacchera e l'altra, prima di scuotere con vigore il capo. « Non dire sciocchezze... Sei una ballerina nata, e le scarpette rotte sono solamente la prossima sfida da affrontare. » Commentò la Hale prima di proseguire in direzione dei prossimi negozi. Sperava di trovare qualcosa di interessante, qualche vestito che le avrebbe fatto girare la testa, o perché no anche qualche prodotto cosmetico di cui non poteva fare a meno. « E poi non dovremmo interpretare tutto come un segno negativo, non credi? Scarpette nuove e poi caffè? »
Nadiya Alysia Smirnova
Nadiya amava passare il tempo con le sue amiche, su questo non vi erano dubbi, quello su cui invece era dubbiosa, era il suo futuro, le sue scelte, ciò che stava andando a fare. ‹ Non lo so Gen.. l’ultima volta.. ci sono rimasta così male.. è terribile lottare tanto, per poi non ottenere nulla. › disse scuotendo la testa ed abbassando il capo. Quella era una ferita ancora aperta, che mai si sarebbe rimarginata. Tornare a ballare, ogni giorno, per qualcuno e non solo per se stessa, l’avrebbe costretta a ricordare ogni secondo quei momenti. ‹ Però le scarpette mi servono, quindi si, scarpe e caffè. › disse quindi tornando in sè, ‹ e tu? Cosa vuoi prendere? ›.
Genevieve Amélie S. Hale
La fata sapeva che la lotta interiore che stava affrontando l'amica non era affatto semplice, ma mai Genevieve si sarebbe tirata indietro di fronte alla possibilità di dare conforto a Nadiya. Tante cose si potevano dire della Hale, ma non che non fosse un'amica sincera e leale. Si ritrovò a scuotere appena il capo, un movimento quasi impercettibile per poi allungare una mano e toccare l'avambraccio dell'amica. « Non dovresti essere così dura con te stessa. Si cade e ci si rialza, sempre... » Disse cercando di dare conforto con quelle semplici parole. Potevano essere scontate, eppure per la fata erano reali. Voltò poi lo sguardo in direzione della vetrina con tutti quegli ammennicoli che amava, ma soprattutto sentiva il richiamo della bevanda marrone di cui non poteva fare a meno in alcun modo. « Caffè in primis... In realtà guarda quelle collane, sembrano chiamarmi. Oddio, e quegli occhiali... Devo assolutamente provarli! »
Nadiya Alysia Smirnova
Nadiya era rimasta qualche secondo a pensare alle parole dell’amica, — a rimuginare su quelle parole — si forse erano giuste, ma come poteva anche solo pensare di rialzarsi una seconda volta? Come affrontare quell’infinito vuoto, tutto di un colpo, che la sconvolgerebbe non appena salita sul palco? Non era facile per Nadiya, non lo era affatto, e forse si affrontarlo l’avrebbe aiutata, ma a quale prezzo? Le sue riflessioni vennero interrotte dall’entusiasmo della fata, per qualche ninnolo in vetrina e Nadiya si girò osservando ciò che Genevieve le stava indicando; ‹ Effettivamente.. guarda anche quella collana ti chiama! › la prese bonariamente in giro, sorridendo divertita, ‹ Però.. quegli occhiali piacciono anche a me! ›.
Genevieve Amélie S. Hale
Sapeva quanto potesse essere difficile continuare a provare ancora e ancora senza vedere i risultati sperati, eppure mollare non era mai la scelta migliore. Genevieve poteva solamente immaginare ciò che vorticasse nella mente dell'amica, e il fatto che non potesse fare di più per aiutarla la faceva sentire impotente e inutile. Ella si ritrovò così ad abbassare per un momento lo sguardo, cercando di dare successivamente a Nadiya un po' di serenità portandola all'interno di quel negozio. « Sai, non sempre vogliamo che le persone che ci stanno accanto vedano quanto soffriamo... Ma sono anche le persone che meglio ci conoscono. » Replicò la fata stringendosi nelle spalle prima di voltarsi nella sua direzione. Non stava spingendo Nadiya a parlarne con lei, ma desiderava solamente che sapesse che per qualsiasi cosa sarebbe stata al suo fianco. « Dai, vieni... Voglio provare gli occhiali, e poi lo shopping ha un effetto terapeutico, questo è poco ma sicuro. »
Nadiya Alysia Smirnova
Nadiya dovette ammettere a se stessa che molte persone in quel periodo avevano cercato di aiutarla; in molti si erano offerti di ascoltare i suoi dispiaceri, ma lei li aveva respinti tutti e non sapeva perché. Anche in quel momento una parte di lei avrebbe voluto raccontare all’amica perché si sentisse così delusa da se stessa nonostante la miriade di traguardi raggiunti, ma non ci riusciva. Le parole restavano impigliate nella di lei mente e li, vi restavano finché nella solitudine di casa sua, non riusciva a farle esplodere in un pianto o in una nuova coreografia. Aveva una collezione infinita di video di coreografie dove la disperazione era palpabile ma non aveva mai avuto il coraggio di farle vedere, o anche solo di eliminarle, e se le ricordava tutte! Sorrise a Gen, seguendola all’interno del negozio, forse si un po’ di shopping le avrebbe fatto bene; chissà forse davanti a quel caffè si sarebbe aperta.‹ Aspetta Gen. › disse fermandosi poco dopo la soglia, ‹ Grazie. › disse quindi stringendo l’amica in un abbraccio.
Genevieve Amélie S. Hale
Parlare sinceramente era una caratteristica di tutte le fate, era impossibile infatti per loro mentire, ma le parole della Hale erano state dette con il cuore. Vedere come una delle sue più care amiche, nonché sorella, fosse così abbattuta stringeva il cuore della fata in una morsa tale che le veniva perfino difficile respirare.Aveva dato un piccolo colpetto alla Smirnova per distrarla da discorsi troppo pesanti quando la colse all'improvviso per abbracciarla.Un sorriso spontaneo curvò le di lei labbra, ricambiando l'abbraccio.
« Non hai bisogno di ringraziarmi, avrai sempre la mia attenzione quando vorrai... Oltre a essere sorelle, siamo amiche! »
❪ 𝑭𝒊𝒏𝒆 𝑹𝒐𝒍𝒆. ❫
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genevieveamelie · 4 years
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❀ 𝐍𝐞𝐰 𝐫𝐨𝐥𝐞 𝐰𝐢𝐭𝐡: Genevieve ❀ 𝐃𝐚𝐭𝐞: 20.04.2020, sera, #ᶠˡᵃˢʰᵇᵃᶜᵏ ❀ 𝐏𝐥𝐚𝐜𝐞: Albero Hayawia ❀ #ravenfirerpg
Meravigliosi tatuaggi adornavano l’esile figura di Diane, coperta quella sera da un abitino che nulla lasciava all'immaginazione. Non albergava malizia nella sua pura e candida persona, bensì solo semplice e genuina voglia di contatto con la natura. Essere una fata e vivere lontano dal bosco era ritenuto normale a quei tempi, ma una vita da essere umano non modificava la linfa che scorreva nelle vene di quelle eteree creature. Sicché la minore delle Ferris sedeva ai piedi dell’albero che le aveva dato la vita. Le spalle scoperte aderivano perfettamente alla corteccia, le ginocchia erano piegate al petto e circondate dalle di lei toniche braccia e lunghe ciocche di crini biondi incorniciavano il suo argenteo viso. Era immobile e respirava profondamente, illudendosi che il sussurro della natura genitrice potesse fugare i suoi dubbi. Molteplici, infatti, erano le domande che la tormentavano da giorni e giorni e che — per l’uno o per l’altro motivo — sembravano non avere risposta. Chi era la donna che si era seduta di fronte a lei qualche giorno prima? Perché aveva avuto l'impressione che ci fosse dell'altro dietro ai suoi quesiti? E, sopratutto, che cosa voleva da una come lei? Chinò il capo, poggiandolo afflitta sulle sue braccia e assumendo così una posizione fetale. "𝖣𝗎𝗇𝗊𝗎𝖾 𝖾̀ 𝗊𝗎𝖾𝗌��𝗈 𝖼𝗁𝖾 𝗏𝗎𝗈𝗅 𝖽𝗂𝗋𝖾 𝖼𝗋𝖾𝗌𝖼𝖾𝗋𝖾? 𝖤𝗌𝗌𝖾𝗋𝖾 𝗂𝗇𝗏𝗂𝗅𝗎𝗉𝗉𝖺𝗍𝗂 𝗂𝗇 𝗎𝗇 𝗏𝗈𝗋𝗍𝗂𝖼𝖾 𝖽𝗂 𝖽𝗎𝖻𝖻𝗂?", si domandò, mentre un involontario singhiozzo la scuoteva. Stava piangendo, tanto per cambiare. Rimase in quella posizione per interminabili secondi, muovendosi però di scatto quando un rumore provenne della sue palle. "𝖣𝖾𝗏'𝖾𝗌𝗌𝖾𝗋𝖾 𝗎𝗇 𝖺𝗇𝗂𝗆𝖺𝗅𝖾", pensò fra sé e sé, alzando il capo e incontrando — in maniera del tutto inaspettato! — lo sguardo di una delle sue sorelle.
"Hey!"
Sussurrò, stendendo le gambe in avanti e asciugandosi le lacrime. Non vedeva Genevieve da circa un anno e (quasi) le spiaceva mostrarsi in quello stato, ma non poteva fare altrimenti. Aveva trascorso delle brutte giornate e Diane era un libro aperto per chiunque.
"Che bello vederti!"
Genevieve Amélie S. Hale
Ciò che era successo nelle ultime settimane aveva scombussolato non poco la giovane fata che, nonostante tenesse tutto dentro di sé, continuava a rimuginare sul ruolo delle fate in quella faccenda. I ragazzi catturati erano evasi e ora nascosti chissà dove ma la tensione che si avvertiva in tutta Ravenfire poteva essere tagliata con il coltello. Le fate sembravano aver avuto un ruolo cruciale nell'aiutare e supportare i veggenti, ma la Hale si chiedeva quando e come sarebbero potuti tornare alla vita di sempre. Vivere la propria condizione sovrannaturale di fata non era sempre felice, v'erano giorni in cui il contatto con la natura si faceva sentire in modo più prepotente e altri in cui il desiderio di evadere dalla cittadina della Virginia diventava sempre più forte. Tuttavia Genevieve sembrava gestire egregiamente il proprio equilibrio, destreggiandosi spesso tra impegni prettamente umani e lunghe passeggiate immersa nella natura o facendo visita al loro albero sacro, esattamente come stava facendo quella sera. Ricaricare le batterie per le fate era assolutamente normale, e lo era anche fare visita alla corte fatata, ma di certo non si aspettava di sentire quel singhiozzo che scuoteva la calma di quel luogo. Avanzò lentamente, incuriosita da chi potesse essere e solo quando vide la figura di Diane, le labbra della Hale si serrarono in un'espressione in cui traspariva la comprensione per quella giovane sorella. « Diane... » Mormorò gentilmente prima di avvicinarsi maggiormente e mettersi poi seduta accanto a lei. Spesso la Hale veniva definita superficiale, attaccata a quelle cose inutili della vita terrena, ma la verità era che Genevieve desiderava mettersi in gioco a trecentosessanta gradi. Inclinò appena il capo prima di allungare una mano e prendere quella della sorella, in una stretta confortevole. « Che succede? Non piangere... Raccontami ogni cosa. »
Diane Ferris
Le vicende che avevano interessato la sua esistenza non corrispondevano all’idea che ella aveva di vita, né all’immagine a cui il suo aspetto rimandava. Diane era da tutti considerata una ragazza fragile, una fanciulla sbadata, un abitante di un mondo fantastico a cui lei sola riusciva ad accedere. Pochi la ritenevano parte di quella comunità e/o le avrebbero affidato qualcosa che non fosse un fiorellino o un animaletto. Era la sorellina minore che tutti desideravano proteggere, persino da se stessa. Eppure, nell’ultimo periodo ella non riusciva più a sentirsi in quel modo. Era cambiata e, per quanto molti aspetti della sua vita fossero migliorati, vi erano dei (rari) momenti in cui ella ricordava la propria spensieratezza con nostalgia, dei momenti in cui non faceva altro che chiedersi cosa sarebbe successo se fosse rimasta sulle sue e se non si fosse affacciata al mondo. Sarebbe cambiato qualcosa? Sarebbe stata più felice? Erano domande che la tormentavano, ma a cui nemmeno un potente veggente sapeva rispondere. Ella, allora, si limitò a reagire nell’unico modo che conosceva, piangendo ai piedi di suo padre e cercando ristoro nella sua clemenza. Fu proprio mentre lo faceva, tuttavia, che l’arrivo di una delle sue sorelle la spinse ad asciugarsi le lacrime, rendendosi un minimo più presentabile. “È un periodo difficile per me.” Sentì il tocco della mano della maggiore e le fu grata per quel contatto, ma ancora non riuscì ad aprirsi. Al contrario, le sarebbe piaciuto avere la capacità di mentire, di poter dire che andava tutto per il verso giusto e che non valeva la pena raccontare il suo dolore; ma Diane non poteva mentire. Era una fata e la linfa che scorreva nelle sue vene la obbligava ad essere sempre sincera. “A te come va?”
Genevieve Amélie S. Hale
Quante volte avevano giudicato superficiale Genevieve? Quante volte gli estranei s'erano soffermati solamente su quell'aspetto così etereo, con quella pelle dorata che sembrava riflettere la luce ogni volta che questa la colpiva? Aveva perso ormai il conto, eppure il carattere della fata era sempre lì, ad osservare il prossimo con attenzione, divertendosi perfino nel vedere come tutte le persone che credevano di conoscerla, non facessero altro che sbagliare. Non era nella sua natura mentire, come non lo era per nessuna delle sue sorelle, ma poter confondere le idee del prossimo era un qualcosa che sapevano fare piuttosto bene. E quante volte s'era divertita. La verità, tuttavia, era che sotto quell'aura così irraggiungibile si nascondeva una persona con un buon carattere che sapeva ascoltare, sapeva esserci per le persone che avevano bisogno di una mano, ma soprattutto la Hale era quanto di più lontano dall'essere superficiale. Quanto sentì quei singhiozzi, la fata non ci aveva pensato due volte ad avvicinarsi per dare il suo supporto a Diane, s'era seduta accanto a lei e sperava che quel semplice contatto potesse darle conforto. « Ehi, non piangere... » Ripeté ancora una volta la Hale prima di rendersi conto che ci sarebbe voluto del tempo prima che la sorella potesse fidarsi di lei tanto da aprirsi. Inclinò appena il capo e il cuore venne stretto in una morsa nel vedere come la sorella fosse abbattuta. « Io sto bene... Ma non voglio parlare di me, che ne dici di raccontarmi dal principio? » Replicò con un tono di voce basso, confortevole quasi prima di stendere la mano libera per asciugarle le lacrime che le stavano rigando il viso. Fece passare la punta del pollice sulle gote prima di cercare i suoi e sperare di darle un po' di conforto.
Diane Ferris
Roventi lacrime continuavano a scivolare sul suo viso candido, che via via si tingeva di vermiglio. Molteplici erano state le volte in cui aveva cercato ristoro in quel luogo — anche solo dopo una lezione di danza troppo dura o brutto voto —, ma mai il dolore che provava era stato così forte. Si sentiva come se un’arpia avesse infilato i propri artigli nel suo petto e le avesse strappato il cuore, come se la linfa che scorreva nelle sue vene si fosse tramutata in lava e come se la sua candida pelle fosse destinata ad andare a fuoco. Si rannicchiò su se stessa, portando le spalle al petto e sperando di alleggerire il peso che lo opprimeva, ma ogni suo sforzo fu vano. Era come bloccata in un limbo, come imprigionata fra la sua sofferenza e l’oblio. Poté, dunque, solo restare immobile, impassibile persino al leggero tocco di sua sorella. “Perché non dovrei?” Pose quelle domanda con tono afflitto, alzando il capo e specchiando i suoi occhi azzurrini in quelli più scuri di lei. Non era quello il caso, ma Diane aveva sempre trovato peculiare l’avversione che tutti avevano verso il pianto. Eppure, almeno secondo lei — che piangeva praticamente per qualsiasi cosa —, non vi era modo migliore per esplicitare la propria sofferenza, il proprio stupore e persino la propria gioia. “Non basterebbe un’intera giornata per raccontare ciò che mi tormenta.” Non vi fu brutalità nelle di lei parole, ma solo pura e semplice sincerità. Come tutte le sue sorelle, Diane era impossibilità a mentire, ma comunque non ne avrebbe visto il senso. Chiunque avesse avuto a che fare con lei nell’ultimo anno, infatti, sapeva più che bene che il destino le aveva riservato parecchi colpi bassi. “Ti riassumo brevemente: mia zia è morta, il mio ragazzo è un fantasma quindi è morto anche lui e qualche giorno fa una tizia strana mi ha riempita di domande.”
Genevieve Amélie S. Hale
Avrebbe voluto replicare che possedeva tutto il tempo necessario per ascoltarla, ma Genevieve preferì rimanere in silenzio e dare così tempo alla sorella di calmarsi. Non era contro alle lacrime di per sé, solo la fata sapeva quanto avesse sofferto durante l'infanzia, ma vedere una sorella in balia della propria sofferenza era un qualcosa che le faceva male. Continuò ad asciugare le di lei lacrime, cercando di immaginare che cosa la turbasse così tanto, ma fu solo quando sentì quel semplice resoconto che la Hale si ritrovò a fare un profondo sospiro. « Non dovresti piangere perché non puoi risolvere nulla piangendo, ma so che è un buon modo per lasciarsi andare... » Commentò la Hale portando dietro l'orecchio una delle ciocche di capelli della sorella. Aveva così un bel viso che era un peccato rigarlo da cotale sofferenza. « Credo di essere la sorella sbagliata, ma non so se sai quale sia la mia storia... Come tutte noi, sono stata adottata da una famiglia del posto, ricordo di aver passato gli anni più belli, fino a quando colui che consideravo mio padre è stato ucciso durante un'incidente in macchina. Per me ed Elizabeth, così si chiamava, sono stati momenti difficili, ho vaghi ricordi di quel periodo, ma non posso dimenticare quella mattina di Natale quando l'ho trovata sanguinante in cucina. Aveva fatto il gesto più estremo e io mi sono sentita assolutamente impotente... Fa male perdere una persona, un dolore che è impossibile da superare, ma ci si convive tesoro. Mi dispiace tantissimo per la tua perdita... Ma il tuo ragazzo è ancora qui, accanto a te, come lo sono io e lo siamo tutte. Mi preoccupa di più la tizia strana... Che cosa ti ha chiesto? »
Diane Ferris
Alzò lo sguardo azzurrino, per poi puntarlo in quello più scuro della sorella. Diverse volte aveva udito frasi di quel tipo, ma piangere era — senza ombra di dubbio — l’attività che ella svolgeva più spesso. Aveva pianto quando aveva invitato Colin a casa sua per la prima volta, aveva pianto quando aveva adottato il suo gattino e piangeva ogni volta che prendeva un bel voto. Le lacrime erano il suo modo di esprimere le sue emozioni, belle o brutte che fossero. Quindi, no, probabilmente non avrebbe mai smesso di andare ai piedi di quell’albero a disperarsi. “No, nessuno me ne aveva mai parlato. Mi dispiace.” Espresse il proprio cordoglio in modo pacato, non plateale. Nessuna delle sue sorelle le aveva riferito la triste storia di Genevieve, ma non le incolpava per questo. Dopotutto, era solo colpa sua sé tutte la consideravano una specie di bambolina da proteggere, no? “Il mio ragazzo è qui e ora, ma domani? Che cosa accadrà quando lui rimarrà giovane e io invecchierò?” Aveva posto quella domanda a più di una persona, ma nessuno era riuscita a darle la risposta giusta, nessuno le aveva detto che era impossibile amare un immortale, che la sua storia era destinata a terminare fra atroci sofferenze. Erano state tutte sognatrici, accomodanti, forse persino false, ma quella era un’altra storia. “Ha iniziato domandandomi quali fossero i miei progetti di vita, quindi abbiamo chiacchierato un po’. Ad un certo punto, però, mi ha chiesto sé questa città mi abbia mai portato via qualcuno. Non lo trovi strano?”
Genevieve Amélie S. Hale
La fata non era mai stata una persona dai grandi discorsi, spesso veniva perfino giudicata superficiale, eppure durante quella confidenza la Hale aveva dimostrato che v'era molto di più in lei. Non sapeva se Diane avesse mai sentito qualcosa su di lei, e sperava con tutto il cuore che potesse darle un po' di sollievo, eppure la sua successiva domanda era più che lecita. « Non devi dispiacerti... Non abbiamo semplicemente mai avuto occasione di parlarne. E non so dirti come andranno le cose con il tuo ragazzo, non ho la sfera di cristallo per dirlo, ma posso dirti che vale la pena vivere il momento. Precludersi qualcosa di bello per la paura del futuro è qualcosa che nessuno dovrebbe fare, soprattutto una persona come te, Diane. » Probabilmente non erano queste le parole che la sorella avrebbe voluto sentirsi dire, eppure che altro avrebbe potuto dire Genevieve? Non poteva dare certezze su un qualcosa che era impossibile da prevedere, e non l'avrebbe fatto. Serrò le labbra per un momento prima di concentrarsi sulle sue successive affermazioni, le quali apparvero decisamente strane. Si ritrovò così ad aggrottare appena la fronte, un piccolo cipiglio in mezzo alle sopracciglia prima di annuire con un cenno del capo. « E' strano... Forse, forse dovresti parlarne con Leah. » Non era certa di che cosa significasse, ma se qualcuno poteva aiutare Diane era senz'altro la loro nuova caporazza.
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genevieveamelie · 4 years
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      🍀🌹    —     𝐍𝐄𝐖 𝐎𝐔𝐓𝐅𝐈𝐓       𝒈𝒊𝒏𝒏𝒚'𝒔        𝒃𝒊𝒓𝒕𝒉𝒅𝒂𝒚         ❪  ••• 𝐎𝐔𝐓𝐅𝐈𝐓𝐒 📷  ❫
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genevieveamelie · 4 years
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     🍀🌹    —    𝐍𝐄𝐖 𝐏𝐎𝐒𝐓      𝐠𝐞𝐧𝐞𝐯𝐢𝐞𝐯𝐞 𝐚𝐦𝐞́𝐥𝐢𝐞 & 𝐬𝐚𝐫𝐚𝐡 𝐣𝐢𝐥𝐥𝐢𝐚𝐧      ❪     ↷↷      mini role ❫      mason           d'amelie      18.04.2020   —   #ravenfirerpg      #ravenfireevent  #ravenfireilconfine
Forse era la prima volta che la giovane fata si ritrovava a pensare seriamente che cosa sarebbe successo da quel momento in poi. I tumulti in città erano impossibile da ignorare e il fatto che avessero perfino arrestato quei poveri ragazzi senza davvero avere le prove, la diceva lunga su come il Consiglio stesse gestendo la faccenda. Mai prima d'ora Genevieve aveva dato peso alla situazione in città, s'era sempre affidata ciecamente a Leah e alla sua guida, e sapeva che sarebbe stata un capo razza eccellente in futuro. Eppure un velo di preoccupazione cominciò ad affacciarsi nell'animo della fata. Giunta quella mattina, la fata non aveva alcun dubbio su quale fosse la sua destinazione, soprattutto per trovare un poco di pace dopo giorni in cui l'ansia e i pensieri avevano fatto da padroni. Arrivò decisa Genevieve, quando entrò in quell'atelier di moda in cui sapeva perdersi per ore. Appassionata di moda, sapeva che il buon shopping poteva darle la giusta spensieratezza per affrontare la giornata.
Sarah Jillian Marshall
Quella mattina Sarah si trovava alla Mason d'Amelie, questo perché era aveva deciso la proprietaria della boitique a farle indossare qualche abito così da sponsorizzarlo su instagram. Da mesi, Sarah non aggiornava il suo profilo dedicato alla moda, troppo presa da ciò che stava accadendo in città, per questo a tempo perso di tanto in tanto ripubblicava vecchie foto, non tutti se ne accorgevano ma avevano iniziato, alcuni, a lamentarso. Aveva bisogno di nuovi ingaggi, nuovi vestiti e un nuovo feed. Certo, non le sembrava il periodo migliore quello per dedicarsi nuovamente al blog ma era pur vero che prima iniziava prima avrebbe ritrovato quella voglia che per diverse ragioni aveva iniziato pian piano a scemare. Era intenta infatti a provare vari abbinamenti quella mattina, una gonna, un abito lungo, un crop top, insomma tutto ciò che poteva aiutarla ad aggiornare al meglio il suo profilo instagram. Stava scattando una foto che avrebbe inserito nelle storie di instagram quando attraverso lo specchio, vide riflessa l'immagine di Genevieve, amica e fata come lei. «Gen, ciao.» Le sorrise mentre le si avvicinava per salutarla in modo affettuoso. Ultimamente un po' tutto le fate avevano trascorso diverso tempo insieme alla corte, così da poter apprendere le ultime notizie. «Stavo provando degli outfits per ritornare ad aggiornare il profilo instagram. Ti va di aiutarmi? Potremmo scattare qualche foto insieme.»
Genevieve Amélie S. Hale
Trascorrere il tempo tutte assieme aveva fatto sì che le fate si integrassero maggiormente le une con le altre, facendole interagire di più, ma soprattutto spronandole a lavorare in modo sempre più coeso. Tuttavia quel periodo così simbiotico doveva sfociare necessariamente in qualche passione e prima fra tutte, in Genevieve, era lo shopping. Osservò gli abiti sui manichini, impressionata da come quelle semplici cuciture fossero a regola d'arte creando vere e proprie magie. Solo quando vide l'amica nonché sorella, il sorriso della fata divenne ancora più ampio e s'avvicinò alla di lei figura. « Sarah! » La salutò con un rapido abbraccio affettuoso prima di scostarsi ed osservare come quell'abito fosse perfetto su di lei. Seguiva spesso il blog della Marshall, soprattutto perché, esattamente come Genevieve, era appassionata di moda, di stile e soprattutto credeva realmente in quello che faceva. « Stai benissimo, e questo colore ti dona tantissimo! Ehi, perché no? Sono uscita perché avevo bisogno di distrarmi dagli ultimi avvenimenti, e po' di spensieratezza è quello che ci vuole. Avevi già in mente qualche vestito particolare? »
Sarah Jillian Marshall
A Sarah fece naturalmente piacere essere salutata in modo così affettuoso dall'altra fata nonché sorella, era bello come ultimamente si sentissero tutte così unite, gli avvenimenti recenti avevano rafforzato quel legame già abbastanza forte che avevano tra loro. Per Sarah era molto bello essere parte integrante di una famiglia così allargata, le fate tra loro poi si volevano un gran bene e sempre sarebbe stato così, nonostante i dissapori, qualche litigata di tanto in tanto per vedute diverse erano una grande famiglia. «Beh anche io. Ho passato giorni sui libri ed avevo bisogno di un po' di svago.» Erano mesi che non passava qualche giorno spensierato, tralasciando le serate con Gabriel, ma ella aveva realmente bisogno di staccare un po' la spina e quando le si era presentata quell'occasione di poter fare un po' di propaganda alla nuova collezione ella non ci aveva pensato due volte. Voleva riprendere in mano il blog e voleva farlo in grande. «Ci sono due abiti uno rosso ed uno nero favolosi, potremmo indossarli e fare delle foto. Tu come stai comunque?» Si ritrovò a chiedere alla Hale mentre andava a prendere gli abiti del quale aveva parlato poco prima, erano due abiti di un'eleganza stratosferica, di quelli che una volta indossati fanno sentire le persone delle vere principesse. «Direi di provarli anche se non vorrò più togliermeli.»
Genevieve Amélie S. Hale
Impossibile era mentire per le fate, ma nelle parole della Hale non vi era solamente verità, ma anche ammirazione. Aveva sempre osservato l'operato della sorella con grande attenzione ed era fiera di quella determinazione così ben riposta: non tutti avrebbero potuto fare un tale percorso, ma la Marshall sapeva di certo il fatto suo. Un sorriso sincero comparve sulle di lei labbra dopo aver sciolto l'abbraccio e non poté non mostrare la contentezza nel poter fare qualcosa di così estremamente femminile. « Ultimamente mi sono concentrata così tanto sugli allenamenti di nuoto e i turni in piscina che non ho avuto nemmeno il tempo di pensare, sai? » Replicò la fata prima di veder sparire Sarah e rientrare nel suo campo visivo con due abiti che avrebbero lasciato senza fiato chiunque. Non era solita mettere abiti elegante, il più delle volte si sentiva a proprio agio con una semplice tuta e un paio di sneakers ma quegli abiti erano davvero un sogno. « Sono davvero meravigliosi... A parte qualche occasione importante, sarebbe impossibile indossarli in situazioni normali. Ultimamente vivo con le scarpe da ginnastica ai piedi per correre a destra e sinistra. Proviamoli, dai! Quali preferisci? Rosso passione o nero come la notte? »
Sarah Jillian Marshall
«Ti capisco, io mi sto concentrando sullo studio. Ho tralasciato le materie per qualche settimana ed ora mi sento solo stressata perché non riesco più a studiare come dovrei. Allo stesso tempo voglio trovare il tempo per riprendere in mano il blog, mi dispiace trascurarlo.» Sarah era piena di cose da fare, si era ritrovata sommersa dalle faccende ed ora a fatica arrivava a fine giornata. Era sempre esausta come se la linfa vitale fosse stata risucchiata. Ascoltò le parole della sorella ed annuì mentre stringeva i due capi tra le dita esili. «Io vario molto con gli outfits ma questi due vestiti sono perfetti per qualche cerimonia e non per andare a ballare, allo stesso tempo li indosserei in casa solo per sentirmi una principessa.» Ridacchiò mentre fissava quello rosso e quello nero, erano uguali differenziavano solo nel colore ma sapendo il fatto suo anche addosso sarebbero sembrati diversi. Li avrebbe voluti provare tutti e due ma optò per quello nero. «Il nero come la notte, voglio provare quello penso sia più adatto alla mia carnagione. Quello rosso starà perfettamente sul tuo corpo. Non vedo l'ora di vedertelo addosso.» E con ciò si infilò dentro al camerino dove iniziò a spogliarsi così da indossare quello lungo, una volta fatto scostò lievemente la tendina del camerino. «Sei pronta?»
Genevieve Amélie S. Hale
Aveva ascoltato con attenzione le parole della sorella che, una volta presi i vestiti, tornò porgendole quello rosso: senz'altro sarebbe risaltata la sua carnagione scura, differente rispetto alle altre fate, ma non per questo diversa da loro. Si ritrovò così tanto in sintonia con la sorella che non poté fare a meno di annuire con un leggero cenno del capo. Entrambe condividevano una vita carica di impegni, ma non per questo dimenticavano che cosa significava essere fate. « Dovresti riprenderlo, sai? Anzi potrei perfino darti una mano se ti va! » Si offrì la Hale prima di nascondersi in camerino e cominciare così a spogliarsi per indossare quella meraviglia. Si sarebbe sentita come una principessa, aveva ragione Sarah, ma le volte che avrebbe potuto indossare un abito del genere si potevano contare sulle dita di una mano. Aggiustò il corpetto dell'abito, cercando di farlo cadere nel modo migliore possibile e solo dopo un lungo sospiro, uscì pronta a farsi vedere. Fece poi una giravolta su se stessa, con un sorriso contagioso che era impossibile nascondere. « Beh?! Che ne dici? Oh andiamo, non fare la timida, dai vieni fuori! »
Sarah Jillian Marshall
«Aiutarmi con il blog? Hai qualche idea?» Disse dopo essere uscita dal camerino con il suo meraviglioso abito nero addosso, non aveva mai pensato a collaborare con qualcuno nel blog, l'idea però non le dispiaceva, sicuramente una mano 'fresca' e nuova nel blog le sarebbe stata di aiuto e Sarah tra lo studio, la vita da fata e sorella, si aveva poco tempo per curarlo come avrebbe desiderato e ciò per ovvie ragioni le dispiaceva. Si morse le labbra quando guardò la sorella con addosso quel meraviglioso abito rosso e cercò di non scoppiare a piangere. «Ti sta di incanto, ora te lo faccio regalare, questo abito deve essere indossato e non puoi assolutamente lasciarlo qui.» Si emozionava sempre la Marshall quando vedeva le persone con addosso abiti sontuosi e meravigliosi degni di una principessa, amava la moda in ogni sua sfumatura e Genevieve sembrava una di quelle principesse meravigliose e Sarah aveva visto giusto, l'abito le accentuava la bellissima carnagione scura. «Io non sono molto sicura del mio, non è brutto anzi è molto bello ma non penso mi valorizzi abbastanza. Forse è perché non mi sta alla perfezione, vedi è largo. Sono abituata a vestitini un po' più succinti.»
Genevieve Amélie S. Hale
Genevieve non ci aveva pensato due volte a prendere l'abito e provarlo. S'era guardata allo specchio un tempo infinito prima di mostrarsi e incitare poi l'amica a fare lo stesso. Non dovette attendere molto prima di vedere la figura di Sarah con indosso quell'abito che le stava d'incanto. Un sorriso sincero aleggiò sulle di lei labbra, prima di farle perfino battere le mani in un applauso rapido. « Stai benissimo, invece. » Commentò la giovane fata prima di fare un passo ed avvicinarsi per osservare dove Sarah credeva che fosse largo. Osservò meglio prima di fare un leggero cenno del capo in segno di assenso. « Credo che tu abbia ragione, però. Dovresti farlo riprendere qui, ma ho paura che qualsiasi modifica possa stravolgere la fattezza dell'abito... Però non devi regalarmelo, dico davvero. Piuttosto, ho letto che anche Ginny Lagarce ha un blog, ogni tanto mi è capitato di leggerlo... Avete mai pensato di collaborare? » La fata aveva sempre avuto un occhio di riguardo per la moda, e la passione per la lettura aveva fatto sì che scavasse anche nei meandri del web, soprattutto quando si trattava di nuove scoperte. Inoltre, sarebbe stato carino vederle collaborare. « E poi pensavo che potrei aiutarti io... Con il college e la piscina riesco ad organizzarmi abbastanza, e una mano posso dartela. Anche come modella o non lo so, potrebbe essere divertente! »
Sarah Jillian Marshall
«No, dobbiamo modificarlo, non sono modifiche difficili e il vestito non verrà stravolto tranquilla.» Sarah per anni aveva modificato alcuni vestiti da sola, creandone di nuovi, non era di certo bravissima però sapeva distinguere gli abiti che potevano essere modificati senza problemi da quelli che sicuramente perdevano un po' della bellezza iniziale. Annuì alle parole di Genevieve e le sorrise. «Ginny? Leggo anche io il suo blog è molto brava, ha idee brillanti. Però in realtà no, non ci ho pensato. Il mio profilo instagram ha pochi seguaci ancora, ma proverò magari a chiederle.» La Hale le aveva dato una bellissima idea, non ci aveva mai pensato la Marshall a chiedere collaborazioni ad altri blogger come lei, certo Ginny era decisamente più brava di lei ma magari le avrebbe detto di si. «Un aiuto in più è gradito, io con gli esami e tutto avrò difficoltà a dedicarmi a dovere al profilo, poi sto cercando un lavoretto part-time. Si ci divertiremo un mondo insieme mia cara sorella.» Sorrise la fata mentre andava a stringere Gen in un abbraccio, felice lo era, eccome. Con l'aiuto di Genevieve sicuramente ella avrebbe iniziato ad avere più tempo ed idee su ciò da postare. «Su cambiamoci ed andiamo a prendere un bel frullato, ho bisogno di prendere aria.»
Genevieve Amélie S. Hale
L'idea di poter aiutare la sorella con il blog era entusiasmante agli occhi della fata che sperava con tutto il cuore potesse andare in porto. Certo, gli impegni con lo studio e la piscina dovevano andare di pari passo, ma sapeva che con una buona organizzazione avrebbe potuto davvero fare faville. Ricambiò così quell'abbraccio sincero prima di scioglierlo e rintanarsi nuovamente nel camerino per cambiarsi. Quell'abito era davvero splendido e sperava sinceramente di avere occasioni di indossarlo. Solo dopo qualche istante la fata uscì con l'abito appena provato piegato sull'avambraccio destro ed attese non più di qualche minuto Sarah. « Sono certa che anche lei sarà entusiasta di collaborare. E frullato sia, sto morendo di fame... Però offro io, non si discute! » Commentò con un sorriso contagioso che era impossibile da non notare. Avrebbe comprato il vestito, sarebbe andata a prendere un frullato con la sorella e avrebbe trascorso il pomeriggio davvero perfetto.
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I tumulti in città erano divenuti insostenibili, la comunità sovrannaturale di Ravenfire era pronta ad insorgere da un momento all'altro e il fatto che la maggior parte delle fate si fosse prodigata di dare una mano ai veggenti in difficoltà era un passo importante. Ogni fata aveva le proprie ragioni per aiutare, ma Genevieve sentiva dentro di sé il bisogno di dare una mano, ma soprattutto il bisogno di fare chiarezza su ciò che stava accadendo. Erano trascorse settimane da quando la notizia dell'assassinio di Jacob Ruiz aveva scosso i cittadini, ma fin dal primo istante, ogni fata s'era stretta l'una all'altra per mettersi a disposizione di un qualcosa che era ben più grande di loro. Leah non aveva imposto alcun ordine alle fate le aveva lasciate libere di prendere le loro posizioni com'era giusto che fosse, ma il senso che qualcosa fosse pronto a scattare era nell'aria già da tempo. Fin troppe persone s'erano schierate da una parte e dall'altra rispetto alle vedute del Consiglio, teorie complottiste ormai erano all'ordine del giorno ma svolgere normali attività sembrava essere imprese da supereroi. Fu all'imbrunire di quel sabato sera che la fata giunse all'angolo della vita dove si trovava la piscina e gettò un urlo che avrebbe svegliato tutto il quartiere quando le comparve una figura scura in lontananza. Solo quando questo s'avvicinò e si mostrò palesemente, la fata dovette tirare un sospiro di sollievo.
« Mi hai spaventata a morte, cazzo. »
Antony J. Ian Orwell
Segnato da un filo di barba era il volto solitamente glabro di Antony, così come marcate erano le occhieie che circondavano le iridi chiare. Non dormiva come si conveniva da diversi giorni, il giovane rosso, da quando, cioè, Ravenfire s'era trasformata nella Parigi del millesettecentottantanove, campo di battaglia ovvero, di due diverse fazioni, chi sosteneva i potenti da un lato, chi desiderava vedere le loro teste esposte su una picca dall'altro. Viveva attorniato dal pericolo l'Orwell, tutti i sovrannaturali erano a conoscenza del suo legame di sangue con i Fright e, di conseguenza, del suo essersi schierato a favore del Consiglio, tanto che s'era dovuto rinchiudere in casa dopo l'aggressione subita al Le Poisson Rouge insieme a Bethany. Non che avesse paura di quei quattro vermi che lo volevano morto, avrebbe potuto sterminarli tutti senza neppure il bisogno di alzare un dito e macchiarsi le mani, ma non poteva agire a quel modo e deludere ancor più Walter, aveva già molto da farsi perdonare, forse troppo, forse era impossibile. Tuttavia, di continuare a restare murato vivo non se ne parlava, doveva uscire, recarsi alla sua base strategica e continuare a coordinare i suoi alleati affinché proteggessero e sostenessero i suoi cugini, non importava se ciò gli sarebbe potuto costare la vita, andava bene, doveva far la sua parte. Lo avrebbe anche fatto se, non appena girato l'angolo, non si fosse trovato dinanzi una delle poche fate che non considerava un mero ornamento vegetale in città, poiché, proprio come la sua rapprentante, sapeva farsi valere, non era una ragazzina sprovveduta. « Se osi ancora urlare come una cornacchia, ti strappo le ali e le spedisco a Leah, Gen. Santo Cielo, avresti dovuto far la cantante lirica. » Le disse, con fare infastidito, ma chiaramente ironico. Non avrebbe mai compiuto un atto tanto vile, non l'attuale versione di Antony Orwell, quella migliorata da Walter. « È pericoloso, non dovresti girare da sola. » La riprese, serio. Era vero, Ravenfire non era più un posto sicuro, qualcuno avrebbe potuto farle del male, benché fosse certo che sapesse difendersi più che egregiamente.
Genevieve Amélie S. Hale
Ormai era sera, e l'imbrunire sulla città di Ravenfire faceva sì che tutte le ombre, in qualche modo, si alzassero creando mostri da cui era incredibilmente difficile scappare. Lo sapeva bene la fata, soprattutto ora dove le diverse fazioni erano pronte a dare guerriglia. La tensione che s'era venuta a creare in città poteva essere tagliata con un coltello, e un urlo che squarciava la notte era l'ultima cosa che avrebbe dovuto fare. Non aveva pensato alle possibili conseguenze con quell'urlo, e lo spavento preso era ancora lì a farle battere il cuore come un martello pneumatico. « Gentile da parte tua, ma la prossima volta evita di comparire come l'uomo nero, cazzo. » Aveva ancora il fiatone la fata, portò una mano poi al petto cercando di calmarsi e respirando regolarmente come le aveva insegnato il suo istruttore tempo prima. Non era un tipo di persona che si impressionasse, ma l'ombra scura che s'era stagliata in lontananza aveva fatto sì che i peggiori demoni della Hale rivivessero. « Stavo andando in piscina... Avevo bisogno di schiarirmi le idee. Che ci fai tu qui, Orwell? Ti pensavo a creare strategie assieme al Consiglio. » Quella frase non doveva essere una frecciatina, sapeva la fata che il dooddrear di fronte a lei fosse schierato con i Fright, ma qualcosa in tutta la faccenda non tornava. Non aveva mai realmente preso in considerazione il Consiglio e i loro esponenti, troppo presa da se stessa, ma gli ultimi accadimenti erano impossibile da ignorare.
Antony J. Ian Orwell
« Per quanto mi doni il nero, splendore, preferisco il rosso. » Sarcasmo grondavano le parole di Antony che, a causa del colore così acceso che i suoi capelli avevano sin dal primo vagito che aveva emesso, aveva subito innumerevoli prese in giro, bisbiglii maligni, occhiatacce, associazioni al demonio degne del più profondo medioevo. Mai ne era stato colpito, il giovane Orwell, dei giudizi altrui non si curava più di tanto, anzi, risate di scherno dedicava loro ed ulteriore vanto per se stesso, che di ego ne possedeva già moltissimo di suo. Col tempo poi, la maturità, l'ingegno, il carattere ed i poteri s'erano affinati dandogli modo di divenire il dooddrear temuto e rispettato che ora era, il medesimo al cui passaggio chiunque calava il capo, lo sguardo, e le parole, in segno di sottomissione, compiacendolo. Era così che era riuscito ad insediarsi al fianco di suo cugino Lucas entrando tra le sue grazie, dapprima per vendetta e puro interesse personale, successivamente per reale affetto nei riguardi di una famiglia che si stava lentamente — e finalmente — compattando. « Chi ti dice che non abbia già fatto il mio dovere nei riguardi della mia famiglia? Oppure anche tu vuoi dirmi che viscido essere senza cuore io sia per essermi schierato a sostegno del Consiglio, nonostante tutto? Prego, ma c'è una lunga fila da rispettare. » Capitanata proprio dalla sua migliore amica, Wendy Scott. Era innegabile, ancora provava turbamento per come i due ragazzi da sempre indissolubilmente legati s'erano lasciati, in contrasto ovvero, non s'erano capiti e neppure era chiaro se ciò sarebbe mai accaduto. Da quando aveva riscoperto il suo lato umano, Antony si sentiva senz'altro una creatura migliore, da un lato, dall'altro, al contrario, un vero stupido poiché provava sentimenti che ancora non sapeva gestire e che lo conducevano verso azioni anche scellerate. Era odioso, ma il processo innescato era ormai impossibile da fermare.
Genevieve Amélie S. Hale
Il sarcasmo che grondava dalle di lui labbra faceva storcere appena il naso alla fata che, nel silenzio di quella notte, non avrebbe mai pensato di incontrare l'amico. Non ricordava nemmeno come si fossero conosciuti, ma i due erano diventati quello che si poteva definire un'amicizia sincera. Gli ultimi avvenimenti in città avevano fatto sì che veggenti, dooddrear e fate si alleassero per poter scoprire il reale colpevole di quell'assassinio così cruento, ma stava suscitando non pochi dissapori che prima o poi avrebbero confluito in una rivolta, ormai era inevitabile. « Sempre sulla difensiva, vedo... » La fata scosse appena il capo e non c'era dai meravigliarsi del fatto che Antony avesse reagito a quel modo. In città la tensione ormai si tagliava con il coltello e il fatto che nessuno credesse realmente alle intenzioni del Consiglio faceva sì che quella tensione venisse enfatizzata. « Calmati Antony. Era semplicemente per dire che non ti aspettavo di vederti a passeggio. Tutti hanno cominciato a fare ipotesi e non puoi negare che il Consiglio non si stia comportando come ci si aspetterebbe... Tuttavia, non ho alcuna voglia di discutere. » Con tutto quello che stava capitando in città, mai la fata avrebbe attirato altre attenzioni su di sé. Credeva nella leadership di Leah, e sperava seriamente che prima o poi quella grande dedizione fosse un giorno ricompensata. Aveva tenuto unite ogni sorella, facendole collaborare, ed aiutare per un bene ben più grande di loro e questo era più che ammirevole.
Antony J. Ian Orwell
« Se il Consiglio stia agendo bene o male non m'interessa, ovunque andrà Lucas andrò io. » Ad un occhio superficiale, certamente il discorso del giovane rosso sarebbe parso melenso e degno di chi aveva gli occhi foderati di prosciutto a tal punto che si sarebbe fatto far di tutto dall'oggetto della sua venerazione, ma la realtà era molto più complessa di così, molto più stratificata, molto più difficile da comprendere per chi non fosse in essa direttamente coinvolto. Se era vero, da un lato, che Antony vedesse realmente una sorta di dio sceso in terra in suo cugino Lucas, dall'altro aveva sul serio a cuore le sorti di Ravenfire, e non poteva salvarla dal sicuro caos se non agiva dall'interno, se non conosceva le dinamiche del Consiglio, se non insediava suo cugino ed elimina a dalla circolazione Josiah. Perché sì, ci erano voluti anni, intrighi e sofferenze, ma alla fine le maschere erano state calate ed i veri responsabili che tutto stavano sacrificando unicamente per una assurda sete di potere, individuati, ora non restava che lasciar spirare potente il vento del cambiamento ed il suddetto portava il nome di Lucas Fright. « Ti sembrerà strano, inoltre, ma non stavo passeggiando per diletto, ero diretto a casa di una cara amica che non vedo dall'inizio di tutto questo. È solo una ragazzina del liceo, potrebbe aver bisogno di me. » Certamente alle orecchie di Genevieve quel discorso sarebbe risultato strano, lui Antony Orwell, l'egoista per eccellenza, egocentrico e superbo, che concentrava i suoi pensieri su una persona che non era se stesso. La verità era che non aveva battuto la testa, non gli era stato fatto il lavaggio del cervello, aveva semplicemente imparato l'importanza degli affetti e corretto la sua visione: se solo era sicuramente forte, con il suo branco al seguito diveniva imbattibile, e per uno come lui a cui importava solo vincere, questo era di basilare importanza.
Genevieve Amélie S. Hale
Da sempre Antony era stato considerato uno stratega, il quale operava per fini che non sempre erano chiari agli occhi sconosciuti che si perdevano a chiedersi il motivo di tali azioni. Anzi, il più delle volte tali motivi erano assolutamente imprevedibili. La situazione in città s'era fatta sempre più torbida e nonostante le fate appoggiassero in tutto e per tutto la leadership di Leah, soprattutto dopo ciò che era successo e il suo costante impegno, le cose non erano sempre così chiare con le altre razze. La fata, inoltre, non era mai stata il tipo da interessarsi a questioni politiche, soprattutto per via di tutti quegli impegni che spesso la tenevano fuori casa più ore di quelle che dormisse. Piscina, college, passioni svariate occupavano gran parte della vita di Genevieve, all'apparenza perfino superficiale poteva apparire, ma l'attenzione che riversava nei dettagli era ottima. Come le parole che aveva pronunciato il rosso. « Okay, non voglio procedere oltre ma... Una ragazzina del liceo? » Domandò con reale curiosità la Hale. Spesso il rosso era considerato egoista, capace solamente di pensare a se stesso e il fatto che parlasse così apertamente di qualcun altro era decisamente strano. « Questo sì che è strano, Antony. Allora anche tu hai un cuore che batte sotto quell'aria da stratega, a volte avevo perfino pensato che tu fossi un robot... E sto scherzando, prima che tu ti inalberi. » Ridacchiò divertita, passò una mano tra i lunghi capelli corvini e mise meglio la borsa del nuoto. Era quasi una manna dal cielo poter fare una conversazione apparentemente normale.
Antony J. Ian Orwell
« Sì, ormai è sotto la mia ala protettiva da un po', non posso abbandonarla nel caos.» Era ben conscio, Antony, che ad occhio esterno quel suo aver una protetta poteva risultare sorprendente considerando il perenne egoismo che lo permeava, ma era giustificato se si pensava al netto cambiamento che s'era innescato in lui nell'ultimo anno, il medesimo tuttavia di cui nessuno era a conoscenza, estremamente pericoloso sarebbe stato. Di conseguenza, il tutto passava semplicemente per una risveglio di coscienza, un desiderio latente di redimersi ed in parte era realmente così, ma non intendeva divenire un dolce angelo del paradiso deciso unicamente a compiere buone azioni, era comunque Antony Orwell, il dooddrear più temuto di Ravenfire, lo stratega perfetto le cui trame andavano sempre esattamente dove dovevano, semplicemente in lui ora esisteva anche la parte umana che sempre aveva tenuto nascosta ed ora era invece emersa. « L'ho sempre avuto, ma è riservato a pochissimi eletti. » Pochissimi eletti che si contavano sulla punta delle dita di una mano o forse anche meno. In un passato non troppo lontano, a quella affermazione non avrebbe fatto altro che ridere di gusto, divertito, il cuore era sempre stato qualcosa di inutile per lui, ma ora era diverso, ora era un uomo oltre che un dooddrear, certamente era ancora inesperto nell'usarlo, avrebbe imparato però, ne aveva tutta l'intenzione, ovviamente senza snaturare il suo essere.
Genevieve Amélie S. Hale
In qualsiasi altro momento la fata si sarebbe aspettata una reazione del tutto diversa dal rosso. Non era infatti una novità il fatto che Antony fosse considerato uno dei più pericolosi dooddrear, e peggio ancora uno degli strateghi della città. Eppure il rapporto tra la fata e il dooddrear non aveva mai subito contraccolpi, era sempre stato lineare ed era dovuto principalmente al carattere della Hale. Genevieve considerava le altre fate come sorelle, ma conduceva una via assolutamente umana, fatta di impegni e di attività che spesso collimavano con la vita di fata. Spesso alcuni atteggiamenti nei confronti della natura venivano estremizzati, ma non la Hale: aveva troppo i piedi per terra per farlo. « Allora quella ragazzina è fortunata. » Commentò dopo qualche istante la giovane con un sorriso comprensivo sule labbra. Osservò poi l'ora sull'orologio che portava al polso sinistro e salutò l'amico. « Non voglio trattenerti oltre, allora. So che non ne hai bisogno, ma stai ugualmente attento. Io è meglio che torni a casa adesso... » Credeva davvero nelle sue parole, e nonostante potessero essere superflue per un tipo come Antony, la fata aveva sentito il bisogno di dirle. Salutò con un rapido cenno della mano, inforcò meglio in spalla la sacca e si diresse verso casa.
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Gli ultimi accadimenti avevano scosso fortemente la fata facendola avvicinare ancor di più a quella sua condizione che non sempre aveva accettato così di buon grado. Spesso si era sentita spaesata, specialmente quando era più piccola, eppure sfida dopo sfida, Genevieve aveva affrontato ogni ostacolo fino a diventare una giovane con una personalità piuttosto forte. Certo, aveva contribuito l'influenza positiva della sua famiglia, in particolar modo Leen e Tyler, ma sapeva che doveva fare ancora tanta strada prima di riuscire a sentirsi completa. Il recente omicidio che aveva scosso in modo così forte la comunità di Ravenfire era ancora nell'aria, le ripercussioni erano pronte a scatenarsi su ogni abitante, ma i dubbi erano ancora lì per essere analizzati minuziosamente. Genevieve e le altre fate avevano cercato di dare il loro contributo, ma soprattutto quell'esperienza aveva fatto sì che la fata riscoprisse la passione per le erbe mediche. Ecco il motivo che l'aveva portata in quel negozio, attratta da quella scienza non scritta che le infondeva calma. Attenta agli ultimi ingredienti che avrebbe dovuto comprare, si volse quando osservò una testa bruna avvicinarsi, e solo quando la mise a fuoco capì di chi si trattasse. Erano trascorse alcune settimane dal loro ultimo incontro, a volte la fata perfino si pentiva del proprio comportamento, ma non poteva negare che prima o poi quel confronto sarebbe dovuto arrivare.
« Elise... »
Elise Reagan
Ravenfire aveva scosso i suoi abitanti per l'ennesima volta e nel caos più totale vi erano state diverse vittime, tra cui la stessa Elise, che fortunatamente fu salvata da un certo Richard e curata da un chirurgo, amico di quest'ultimo. Per un momento aveva avuto paura, paura di morire, paura di perdere i suoi cari, e fu quando vide la sua migliore amica che i suoi occhi brillarono come non avevano mai fatto prima, forse perché si era resa conto di come la vita sarebbe potuta finire da un giorno all'altro, senza ch'ella avesse avuto il tempo di salutare chi amava, senza alcun futuro a cui aspirare. [ ... ] I giorni erano passati e la veggente era sfortunatamente tornata a casa. Sì, sfortunatamente, perché si era trovata così bene in quella di Spencer, senza alcun assillo da parte della propria famiglia, com'era invece successo non appena aveva messo piede a casa Reagan. I rapporti con la sorella si erano incrinati, inoltre stava iniziando a considerare la sua dimora come una prigione da cui voleva evadere, ecco perché la maggior parte delle volte se ne stava chiusa dentro la sua stanza e la restante usciva. Quel giorno aveva scelto la seconda opzione e passeggiando per le strade della cittadina, decise di entrare in erboristeria con l'intento di comprare qualche prodotto naturale per la sua pelle. Alla fine, chi bella vuol apparire, un poco deve soffrire, giusto? Improvvisamente però una voce familiare la richiamò ed Elise, sorpresa dalla presenza della fata, ricambiò il suo saluto con un grande sorriso. 《 Gen, hey! Come stai? 》
Genevieve Amélie S. Hale
Quella pace dei sensi che la fata trovava ogniqualvolta si recava in quel luogo era indicibile. Il fatto di poter sentire il profumo di quelle spezie, quelle fragranze e ogni ingrediente utile per tisane e medicamenti, rendeva l'erboristeria, uno dei luoghi preferiti di Genevieve ma anche di tutte le fate. L'omicidio di Jacon Ruiz aveva scosso e non poco tutta la comunità sovrannaturale, ma ciò che più faceva riflettere era il fatto che tutti in qualche modo fossero ora coesi per trovare il colpevole. Fate, veggenti e dooddrear stavano cercando di collaborare come meglio potevano, e le faccende personali venivano messe in secondo luogo in quel momento, ma l'incontro con l'ex amica, era un qualcosa che la Hale non si sarebbe mai aspettata. Mostrò un accenno di sorriso, s'avvicinò di qualche passo e spostò alcune ciocche di capelli dietro l'orecchio destro. « Io... Bene grazie. E tu? » Le due s'erano allontanate per chissà quale motivo, ma l'orgoglio della fata era sempre di impiccio e ora si trovavano come se fossero due sconosciute. « Non pensavo di trovarti qui... Appassionata di rimedi naturali? »
Elise Reagan
Nella vita di Elise vi erano state persone di passaggio e persone che avevano lasciato un segno, una traccia. A volte però, questa traccia si era incrinata, lasciando spazio a litigi o semplici incomprensioni che interrompevano l'amicizia che si era venuta a creare tra la veggente e la persona in questione. Una di queste fu Genevieve, con la quale Elise /un tempo/ era tanto amica. Tuttavia, per motivi superflui, che fossero legati alla scuola e al lavoro, o ad altri interessi, le due si erano allontanate, rincontrandosi per la prima volta /dopo tanto tempo/ ad una festa di compleanno. Quel giorno /invece/ le due si erano incontrate nuovamente, solo da tutt'altra parte, all'erboristeria, luogo amato da entrambe, seppur per ragioni leggermente diverse. 《 Si va avanti. 》 Questa era la risposta che utilizzava da quando era stata vittima dell'incidente, perché alla fine era la verità. Non stava bene, non del tutto almeno. 《 Sì, ho iniziato ad utilizzare prodotti naturali da qualche anno e mi sono accorta di esserne ormai dipendente. 》 E ne era entusiasta. Da quando era entrata lì dentro ogni suo "difetto" era migliorato e continuava a migliorare.
Genevieve Amélie S. Hale
Il carattere della fata spesso poteva apparire superficiale di primo acchito, ma la verità era che difficilmente faceva avvicinare le persone. Il suo mondo apparentemente perfetto era costellato di impegni all'università, pomeriggi interi in piscina per i suoi allenamenti e turni da bagnina, uniti a qualche momento alla corte fatata. Eppure aveva sofferto dell'assenza di Elise, del fatto che, chissà come o perché, s'erano allontanate. Apparivano come due estranee in quel momento. Inspirò sonoramente la fata, prima di alzare un angolo delle labbra in un'espressione perplessa di fronte a quelle parole, e preoccupata che fosse successo qualcosa di grave. « Sicura? » Domandò sperando di non apparire insistente. Nonostante tutto, teneva realmente ad Elise. Con uno sguardo ai prodotti che sembrava aver adocchiato la giovane, Genevieve sorrise contagiosa. Era da sempre attenta ai prodotti naturali, come era giusto che fosse per una fata, ma per Genevieve il make up, i prodotti di skincare erano un qualcosa a cui non avrebbe mai e poi mai rinunciato. « Sai, sono contenta di sentirtelo dire... E' un qualcosa a cui sono particolarmente legata. » Ricambiò quel suo sorriso che tuttavia non giungeva fino agli occhi e solo dopo un lungo sospiro, la fata cercò le giuste parole. Era già la seconda volta che si incontrava per caso, e Ravenfire per quanto fosse grande non lo era abbastanza per far sì che non si scontrassero nuovamente. « Elise, ascolta, io... Mi dispiace per come ci siamo perse di vista. »
Elise Reagan
Entrambe fiere di sé, probabilmente non avrebbero mai ammesso la mancanza dell'una e dell'altra, eppure in quel preciso istante Elise notò scattare qualcosa nella fata, qualcosa legato proprio alla mancanza: affetto, protezione, interesse nei confronti della veggente, e fu in quel momento che anche quest'ultima si sentì strana, propensa ad accoglierla nuovamente nella sua vita. Ormai il passato era passato, se si fosse bloccata a pensare ciò, non avrebbe mai vissuto come desiderava. 《 Sì, sono sicura, tranquilla. Penso sia stato un brutto periodo per tutti. 》 Mormorò con un'alzata di spalle, sperando l'altra avesse intuito a ciò che intendeva la Reagan. Non glielo avrebbe detto direttamente, non avrebbe voluto sembrare scorbutica, ma forse evitare l'argomento sarebbe stato meglio. La scena vissuta era ancora fresca nella sua mente, nonostante i tanti sforzi di dimenticarla. 《 Oh sì, devi essere contenta e fiera di me. Hanno migliorato molto la mia pelle. 》 Disse, chiudendo per un attimo gli occhi e accarezzandosi il viso con il palmo della mano. Il tutto scherzando, mostrandole un sorriso simile ad un ghigno. Per sfuggire all'imbarazzo di quell' incontro improvviso, Elise aveva preso a scherzare, ma non si sarebbe mai aspettata che di punto in bianco l'altra pronunciasse /quasi a fatica/ quell'ultima frase. 《 Dispiace anche a me...e uhm... Mi piacerebbe recuperare il tempo perso. 》 L'aveva detto davvero? Il suo orgoglio dov'era andato a finire?
Genevieve Amélie S. Hale
Tante cose si potevano dire di Genevieve ma l'orgoglio era una di quelle qualità che potevano diventare davvero difficili da gestire, soprattutto quando si ritrovava di fronte ad una persona con cui aveva condiviso tanto e che ora sembra essere una sconosciuta. Non ricordava nemmeno il motivo per cui si fossero allontanate, entrambe avevano il loro bel caratterino, ma spingersi a scusarsi era un qualcosa di assolutamente inaspettato perfino ai suoi stessi occhi. Genevieve si strinse appena nelle spalle e quel sorriso che era appena accennato divenne decisamente più ampio non appena udì la di lei risposta. « Piacerebbe anche a me... » Avrebbe voluto invitarla magari a prendere un frullato insieme come facevano tempo prima, ma se voleva che le cose andassero per il verso giusto, la fata avrebbe dovuto fare un passo per volta. Si voltò per prendere una crema con estratto di aloe ed altri ingredienti naturali e la porse all'amica. « Prova questa... Sono certa che te ne innamorerai. E sono contenta di averti visto... Magari... Magari, ci vediamo uno di questi giorni. » Si limitò a dire la Hale prima di salutare l'ex amica e uscire velocemente. Non era mai stata brava con le relazioni amicali, ma sapeva che Elise non era affatto una ex amica, ma una possibile amicizia ritrovata.
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genevieveamelie · 5 years
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𝐓𝐲𝐥𝐞𝐫 & 𝐆𝐞𝐧𝐞𝐯𝐢𝐞𝐯𝐞 𝟎𝟒.𝟎3.𝟐𝟎 --------------------------------------
Era consapevole che il proprio carattere non era dei più facili, e non poche volte si era andato a scontrare con la sorella minore, proprio per quello, proprio per i loro caratteri così forti e determinati. Anche se i due non erano fratelli di sangue Tyler aveva sempre considerato Genevieve come sua sorella. Aveva un senso di protezione nei suoi confronti non indifferente risultando anche molte volte appiccicoso o pesante, ma al ragazzo non era mai importato.
In quel periodo non era stato molto presente a causa del lavoro e degli orari, ma soprattutto a causa della morte di quel ragazzo, di Jacob Ruiz. Essendo lui un veggente, del grado più alto, si era prestato per aiutare a risolvere quel caso che aveva mandato il tilt praticamente tutta la città, ma soprattutto chi aveva dei poteri. Tyler non era tranquillo, affatto, ma non per lui ma più che altro per la minore ecco il perché di quella richiesta.
La conosceva, sapeva quanto potesse essere testarda, quanto quella richiesta non le andasse a genio, lo aveva dimostrato, ma lui era più testardo di lei, ecco perché prima d'andarla a prendere passò a casa dei genitori per prendere la valigia che aveva fatto preparare dalla madre, ma anche per tranquillizzarli, ansiosi come erano dare di matto era la minore delle cose che potevano accadere.
Puntuale come un orologio svizzero il chirurgo era già davanti all'università pochi minuti prima della fine dell'ultima lezione della sorella.
Genevieve Amélie S. Hale
Scegliere di andare a vivere da sola era un passo che prima o poi la fata avrebbe compiuto comunque, qualunque cosa avessero detto i genitori e quel fratellastro che da sempre rappresentava il suo punto di riferimento. Testarda all'inverosimile, Genevieve difficilmente lasciava spazio per un possibile compromesso, soprattutto quando riguardava la sua vita. S'era infatti ritrovata a storcere il naso leggendo i messaggi con Tyler, soprattutto perché quando entrambi si mettevano in mente una cosa, era difficile che uno dei due cedesse, figuriamoci poi se avessero dovuto vivere sotto lo stesso tetto. Il giorno successivo a quello scambio di messaggi aveva cercato di rimanere il più possibile serena a quell'incontro che avrebbe avuto con Tyler, s'era preparata e aveva raggiunto il college come tutti gli altri giorni, nonostante ultimamente la mente fosse occupata da pensieri fin troppo complessi. La vicenda di Jacob aveva sconvolto ogni abitante di Ravenfire, e Genevieve non era stata da meno. La fine delle lezioni, tuttavia, non tardò ad arrivare e quando uscì vedendo il fratello già pronto ad attenderla, la fata non riuscì a non trattenere un sorriso. S'avvicinò così lentamente, uno sguardo acuto per studiarsi per un momento, prima di scoppiare a ridere e dargli un rapido abbraccio per salutarlo. « Puntuale come sempre, eh? » Un tono di voce mellifluo si elevò nel salutare quel volto da bravo ragazzo che aveva suscitato in lei così tante emozioni quando era più piccola, tuttavia, non riuscì a non notare che qualcosa di storto era pronto ad abbattersi non solo di loro, ma principalmente sul di lei umore.
Tyler Hale
Sapeva che chiederle di venire a vivere con lui, o meglio quasi obbligarla, era una bomba ad orologeria. Avevano due caratteri forti, entrambi cocciuto e testardi ma dopo quello che era successo a Jacob, Tyler voleva sapere che sua sorella era al sicuro. Si sarebbe preoccupato in ogni caso, come sempre, ma sarebbe stato più sereno nel vederla tutti giorni e non raramente come succedeva ultimamente. Il proprio lavoro era sfiancante e lui aveva dovuto rinunciare a del tempo con la propria famiglia. Era davanti all'università gia da cinque minuti quando la mora entrò dentro la macchina abbracciandolo. Tyler la strinse a se, le posò un dolce bacio sulla nuca e dopo che si mise la cintura si rimise in strada. 《 Sono mai stato in ritardo ? 》 Le chiese ironicamente, ma entrambi sapevano che dovevano affrontare quel discorso, e quasi sicuramente avrebbero litigato, come sempre, ma poco importava. 《 Senti Gen, fallo per me. Non devi rimanere a casa per sempre, anche perché non ti sopporterei, ma almeno fin quando non si scopre chi è stato ad uccidere quel ragazzo, devo sapere che sei al sicuro. Poi da me hai una camera più grande della tua e io ci sto poco a casa, lo sai. 》
Genevieve Amélie S. Hale
Una volta all'interno dell'abitacolo con Tyler, la fata aveva voltato il viso verso il finestrino per osservare come la vita scorresse velocemente, ma lo sguardo del fratello era sempre lì ad osservarla. Lo sentiva come un faro puntato su di lei, impossibile da ignorare, ma sapeva dentro di sé che la lite che ne sarebbe conseguita non avrebbe portato a nulla di buono. La Hale si ritrovò così ad inspirare sonoramente, il sorriso che era comparso era stato subito sostituito da un'espressione decisamente più stanca, e con un gesto lento, si voltò nella di lui direzione. « Non molli, eh? » Domandò quasi retoricamente. Solo quando lo sguardo le cadde sui sedili posteriori, la fata vide le sue valigie pronte per l'imminente trasferimento. Un sentimento di rabbia e sconcerto cominciò così a nascere nell'animo della giovane che subito si voltò furiosa verso il fratello. « Spero che tu stia scherzando. Che cosa ci fanno le mie valigie in macchina? Avevamo detto che ne avremmo parlato, non che avrei accettato. E ci manca ancora che dovrei rimanere chiusa in casa... Ho la mia vita, Tyler, il college, la palestra e la piscina, non vorrai mica segregarmi in casa per una paura infondata, non è vero? Dio... Lo sapevo che mi avresti incastrato. »
Tyler Hale
《 No che non mollo! 》 Con lei non lo avrebbe mai fatto, da quando quella bambina era entrata nella sua vita, nella propria casa Tyler le era sempre stato accanto, in ogni momento. Entrambi avevano fatto affidamento sull'altro in molte occasioni ma non lo avrebbero mai ammesso. 《 Stanno lì perché sei cocciuta come un mulo. Non ti ho mai detto che devi restare in casa porca miseria! Ho detto questo ? No quindi non mi mettere in bocca parole che non ho detto, sai quanto lo odio. 》 Era entrata in macchina da dieci minuti e già stavano litigando sonoramente. 《 Continuerai a fare tutto ciò che vuoi, università, amici, piscina, quello che stradiamine vuoi, devi solo venire a dormire a casa e avvertirmi se esci e fai tardi e basta. Non ti sto chiedendo molto e lo sai. 》 Erano a pochi minuti da casa del ragazzo quando si dovette fermare ad un semaforo. 《 E calmati! 》
Genevieve Amélie S. Hale
La fata ricordava come il loro incontro, quel semplice sguardo, avesse cambiato le loro vite in modo estremamente migliore, facendoli sperare in qualcosa di decisamente migliore, ma nessuno dei due lo avrebbe mai ammesso. In quel momento, Genevieve sentì la rabbia montare dentro di sé, sentì una furia abbattersi su di lei, che la costrinse a voltarsi maggiormente nella sua direzione e stringere con forza i pugni. Come diavolo poteva pensare Tyler che avrebbe accettato senza dire la sua? Come poteva credere che la fata non avrebbe dato di matto alla scoperta delle sue valigie pronte e finite? « Tu continui a voler imporre la tua volontà su di me, Tyler! Sei diventato paranoico. » Nonostante il tono di voce s'era abbassato notevolmente dalla sua iniziale reazione, la fata continuava a scuotere il capo in segno di diniego. Voleva la sua indipendenza, avrebbe voluto andare a vivere da sola per tagliare quel cordone ombelicale che sentiva a volte stringerla fin troppo, e per non parlare di quella distanza che s'era creata ultimamente con il fratello. Si ritrovò così ad inspirare sonoramente, voltò il capo in direzione opposta a quella di Tyler e si girò poi incrociando le braccia al petto. « Ovvero renderti conto di tutto quello che faccio... No, no e ancora no. Sono settimane che siamo più distanti che mai, tu hai la tua vita, i tuoi impegni, come io ho la mia o quello che mi è rimasto, e ora dovremmo riadattarci entrambi per una paura che non sta né in cielo né in terra. Tyler, voglio la mia indipendenza e venire a vivere con te è come fare un passo indietro. E smettila con questa tua calma apparente, mi innervosisci ancora di più. »
Tyler Hale
Tyeler dovette accostare, non riusciva a risponderle come voleva se continuava a guidare, ecco perché si fermò in una piazzola di sosta. < Ti devi calmare, non ti sto dicendo un cazzo, non ti va bene quello che penso, quello che dico o ti sto chiedendo, ma non è la prima volta o sbaglio !? > Era arrabbiando, perché lui doveva mettersi nei suoi panni, ma lei non ci provava neanche, non provava minimamente a capire il proprio punto di vista e questo lo stava facendo, diventare pazzo. < POTEVI ESSERE TU CAZZO! Lo capisci ? capisci che non voglio che ti accada niente, che non ti sto segregando in casa ? Non ti sopporterei, sei già una spina nel fianco normalmente figurati se ti chiudo in casa, impazzirei! > Aveva alzato il tono della voce per poi calmarsi leggermente, entrambi non volevano cedere, ma in qualche modo dovevano fare, dovevano trovare un punto d'incontro. < Secondo te non ci sto male ? Non mi piace la distanza che si è creata tra di noi e lo so che è colpa mia, per il mio lavoro e per i miei impegni. Ma questo non cambia il fatto che ti voglio bene e voglio saperti al sicuro. Quello che ti è rimasto ? ma smettila Gen, nessuno ti ha mai impedito di fare qualcosa o d'essere chi volevi essere con tutti i tuoi sbalzi d'umore. Ti metti un secondi nei mie panni e mandare in un bel posto l'orgoglio eh ? > Tyler voleva il suo bene, voleva tornare ad essere come erano un tempo, amici, confidenti, migliori amici. < Gen non voglio impedirti d'andare a vivere da sola, sono il primo che vuole che tu faccia quell'esperienza perché è stato uno dei momento i più belli della mia vita, ma voglio, anche, che tu sia al sicuro ? Resta con me finchè le rivolte non si calmeranno, finchè non verrà preso l'assassino e poi ti aiuto a trovare casa. Fallo per me, e si ho sbagliato a prendere le tue cose ma sei cocciuta come un mulo! >
Genevieve Amélie S. Hale
Poter parlare come persone normali e civili sembrava assurdo in quella situazione. Le parole urlare prima dalla fata e poi dal veggente non avevano fatto altro che peggiorare la situazione. Inspirò sonoramente, una, due, tre volte, senza nemmeno rendersi conto che ormai avevano accostato sul ciglio della strada, non troppo distanti dall'appartamento di Tyler. La fata si ritrovò così ad appoggiare la nuca sul poggiatesta della macchina, chiudere per un momento gli occhi, e cercare di mettere da parte il suo carattere a volte irruento. In qualche modo ella comprendeva le paure del fratello, addirittura era lei stessa in apprensione per lui ogni volta che si trovava in ospedale o chissà dove, ma no voleva cadere in quel loop che conosceva fin troppo bene. Avrebbe fatto bene a mettere via l'orgoglio? Avrebbe fatto bene ad accettare quella dannata proposta? Sarebbe stato il loro suicidio, lo sapeva, ma per il suo bene poteva farlo, non è vero? Odiava che si fosse creata quella distanza, odiava sentire il suo punto di riferimento come se fosse perso nella nebbia, ma odiava essere rimasta sola. Spesso la fata veniva giudicata superficiale, ma Genevieve era ciò che più lontano poteva essere dall'essere superficiale. « Va bene. » Due semplici parole, un tono di voce decisamente più basso rispetto a prima, e gli occhi ancora chiusi. Sentiva il cuore battere incessantemente, il respiro affannato di Tyler per quell'ennesimo scontro che non aveva trovato nessuno come vincitore, ma agli occhi della fata era il veggente ad alzare la coppa della vittoria. « Ancora non sono d'accordo, ma se è quello che vuoi, va bene verrò a vivere con te. Almeno sarai più tranquillo, ma niente ragazze in casa, sia chiaro. »
Tyler Hale
《 E niente ragazzi in casa. Se dovete studiare è un conto, per altro no. 》 Sapeva che sarebbe stata una dura prova quella, vivere insieme sarebbe stato allucinante, ma lui sarebbe stato tranquillo. Non voleva impedirle di fare tutte le sue cose, uscire con i suoi amici ma Tyler aveva bisogno di sapere che lei fosse al sicuro. Era un sua paura, fin dal momento in cui era entrata nella sua vita aveva fatto di tutto per tenerla al sicuro, e molte volte si preoccupava più lui dei genitori. La sorella aveva ancora gli occhi chiusi quando scese dalla macchina e dopo aver fatto il giro e aperto il suo sportello la prese e l'abbracciò, la strinse a se come ormai non faceva da tempo. 《 Grazie. 》 Era una parola semplice, una parola che racchiudeva in sé tante cose ma sapeva che lei avrebbe capito anche tutti i significati nascosti. 《 Mi spiace non esserci stato in questo periodo Gen. 》
Genevieve Amélie S. Hale
Fin dal primo in cui la fata e il veggente s'incontrarono, sembrarono legati da un'affinità che era difficile spiegare a parole ma che li aveva condotti a diventare parte integrante della vita dell'altra. Che stesse male uno, l'altro c'era sempre con una carezza, una parola, un gesto che scaldava il cuore facendoli avvicinare sempre di più. Il fatto poi che ultimamente si fossero allontanati per circostanze ancora sconosciute era un qualcosa che rattristava la fata, ma doveva ammettere che tornare a vivere assieme a Tyler poteva essere anche il loro modo per ritrovarsi. Chiuse gli occhi per un momento, scese poi dalla macchina ed inspirò a pieni polmoni lasciandosi abbracciare e cullare da quelle braccia forti. « Dispiace anche a me. » Poche semplici parole simil ad un leggero cinguettio furono emesse dalle labbra della fata che, nonostante tutto, si sentiva per la prima volta dopo tanto tempo a casa.
❪ 𝑭𝒊𝒏𝒆 𝑹𝒐𝒍𝒆. ❫
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genevieveamelie · 5 years
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genevieveamelie · 5 years
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Decidere di andare a vivere da soli non era mai una scelta presa su due piedi, ma più la fata continuava a pensarci più sentiva che era la cosa giusta da fare. Per quanto gli Hale l'avessero accolta a braccia aperte, ora sentiva il bisogno di spiccare il volo e la distanza che s'era creata con Tyler ora era più grande che mai. V'era però una persona della famiglia con cui aveva sempre legato, fin dal suo arrivo, Darleen. Col tempo le due giovani avevano sviluppato un legame intenso, un'amicizia solida, ma soprattutto Genevieve aveva trovato una persona con cui essere se stessa. Quel sabato mattina, come era tradizione per loro, Genevieve era seduta all'interno del Raven's Cafè ad attendere la veggente mentre sorseggiava la sua tazza fumante di caffè. Ancora non aveva dato la notizia alla cugina, ma doveva ammettere un leggero timore s'era annidato dentro di lei: chissà come avrebbe interpretato quella decisione.
Darleen Isabelle Find
Un'espressione pensierosa adornava il bel viso candido di Darleen che, comodamente seduta ad uno dei tavoli del Raven's Cafè, attendeva con ansia una delle poche persone, se non l'unica, appartenenti alla propria famiglia con cui ancora andava d'accordo, Genevieve. Non erano cugine per genetica le due ragazze, ella era nata veggente da una madre che aveva preferito abbandonarla subito per poi essere adottata dai coniugi Find, entrambi umani e decisamente ostili al sovrannaturale, considerando che per anni l'avevano trattata come una povera pazza in preda a chissà che disturbo mentale, l'altra era figlia della natura, del maestoso Grande Albero che dava la vita alle fate, e tale era, quindi, bellissima ed aggraziata. In un passato non lontano e molto doloroso, Darleen aveva ritrovato un Genevieve il suo unico punto di riferimento, l'unica spalla su cui potersi appoggiare, colei che l'aveva aiutata ad un uscire da quel tormentato periodo ed aveva fatto di lei la donna forte e sicura che era ora: tutto, le doveva tutto e mai per nessuna ragione al mondo l'avrebbe abbandonata, sarebbe sempre stata lì se avesse avuto bisogno di lei. Ecco perché, nonostante la mente confusa dagli ultimi avvenimenti con Carl, s'era subito precipitata quando l'aveva chiamata, domandandosi se le stesse accadendo qualcosa di negativo, se stesse bene, se tutto fosse al suo posto. In quegli ultimi tempi non s'era fatta sentir molto, la veggente, aveva avuto una matassa piuttosto ingarbugliata da sbrogliare ed ancora non ne era venuta a capo, era tempo di rimediare. Non aspettò molto, la mora, la bella fata fece il suo ingresso nel luogo dell'appuntamento in orario deciso, subito si fece notare ad ella sollevando un braccio. « Ehi Genny, sono qui! » Subito disse, sollevandosi in attesa che finalmente le regalasse un caldo ed affettuoso abbraccio prima di farle sputare ogni rospo.
Genevieve Amélie S. Hale
Arrivare in orario era un classico per la fata che, giunta al Raven's, s'era guardata attorno in cerca del volto della cugina. Probabilmente era l'unica figura all'interno della famiglia che per Genevieve contava davvero, soprattutto dopo quell'allontanamento che v'era stato con il fratellastro. Le due giovani erano legare fin dal suo primissimo ingresso nella famiglia Hale, ricordava come le due fossero cresciute insieme e come, sia per l'una che per l'altra, entrambe fossero presenti. Con i lunghi capelli che accarezzavano le spalle coperte dal cappotto pesante, Genevieve s'avvicinò alla cugina salutandola con un caldo abbraccio. Era sempre restia ai contatti fisici, non sapendo mai chi potesse avere di fronte, ma con Darleen non era mai stato un problema, anzi. Il sorriso sulle di lei labbra divenne più ampio, prese così posto di fronte a lei una volta che si tolse il cappotto e fece un lungo sospiro. « Allora Leen? Come stai? E non guardarmi con la faccia, non posso aver voglia di vederti? Sembra che tu ti sia data alla macchia. » Non era passato inosservato alla fata il fatto che la veggente ultimamente si fosse tenuta sulle sue, sparendo un poco dalla circolazione e soprattutto non aggiornandola come era solita fare. Inclinò appena il capo, sperando in cuor suo che, una volta fatta la sua di confessione, non sarebbe stata troppo sconvolta.
Darleen Isabelle Find
Ne era conscia, Darleen, era conscia che, tra lei e Genevieve, quella ad essere in errore fosse lei, solo e soltanto lei. In quell'ultimo periodo che definire complicato sarebbe stato un mero eufemismo, infatti, la giovane veggente aveva visto la sua vita attraversata da un vero e proprio uragano, uno di quelli che lasciavano non poche macerie da sistemare nel momento successivo al suo passaggio. In pochi mesi, Carl Fray, — era difatti il moro umano la causa di ogni suo tedio — era riuscito a mettere a soqquadro tutto rivelandole i sentimenti che da sempre provava per lei, mettendola dinanzi ad una realtà che la costringeva a fare i conti con quel passato che ancora pesava troppo. Letteralmente spaccata a metà, ecco come si sentiva, da un lato v'era il desiderio di essere finalmente felice con qualcuno che realmente lo meritava e verso cui sentiva qualcosa di vero; dall'altro v'era il timore di addossargli un dolore che non voleva dare a nessun altro, ancor meno a Carl: era un dilemma, un dilemma incredibile. « Hai ragione, scusami, prometto di non farlo mai più, è un periodo un po' complicato. Sto bene però, tranquilla.» Mentì, forzando un sorriso che appariva addirittura vero. No, non intendeva pesare sulla cugina, non intendeva pesare su nessuno, poteva farcela da sola, senza dubbio. « Ma tu? È tutto okay? Dai, aggiornami. » Necessitava di sapere se Genevieve stesse bene, necessitava di sapere che almeno per lei tutto andasse alla grande.
Genevieve Amélie S. Hale
Il volto della veggente poteva apparire sereno per i meno accorti, ma non agli occhi della fata che conosceva ormai piuttosto bene la cugina. Il sorriso che le mostrò appariva quasi forzato, nonostante potesse vedere le di lei labbra ampliarsi, eppure non sembrava raggiungere gli occhi. Una volta seduta e messa comoda, Genevieve poteva finalmente concentrarsi su Darleen, su quel volto che aveva cominciato ad apprezzare e studiare fin da quando erano piccole. Avrebbe dovuto ordinare qualcosa da mangiare, almeno per mettere sotto i denti qualcosa, ma l'espressione della mora faceva sì che la fata accantonasse immediatamente quel discorso. « Sicura che sia tutto a posto? » Domandò Genevieve con non poca titubanza. Il sol pensiero ora di andare a vivere da sola sembrava pura follia, e più stava a contatto con la cugina, più sentiva il bisogno di mantenere vivo il contatto con la sua famiglia. Aveva già perso una famiglia, prima un padre e poi una madre, e se non fosse stato per gli Hale, chissà che cosa ne sarebbe stato di lei, e abbandonare qualcuno come Darleen era qualcosa di assolutamente impensabile. Mostrò un accenno di sorriso mentre abbassò lo sguardo per un momento prima di scuotere il capo. « M'era venuta in mente un'idea, ma ora che ci penso è assolutamente folle. Ma sono preoccupata per te, Leen. »
Darleen Isabelle Find
Detestava vittimismo e pena, Darleen, li detestava a tal punto da non esternare mai i suoi problemi, accantonandoli in un angolo, certa di poterli risolvere da sola così da non pesare su nessuno. Pensava, la giovane, che ognuno avesse già i suoi disastri da risolvere, i bandoli delle varie matasse da ritrovare, non potevano badare anche a lei ed alle sue adolescenziali paure, perché di questo si trattava, paure non elaborate. Tuttavia, Genevieve era diversa, le due, a prescindere da razza, sangue e dna diversi, erano sempre state legate da un filo indistruttibile, era inutile cercare di nascondersi, ogni cosa sarebbe sempre venuta a galla. Sospirò dunque, la veggente, sospirò pensierosa, scuotendo il capo alle domande dell'altra, alzando infine le iridi scure su di ella. « Ma niente, è solo che... Carl mi ha aperto il suo cuore e confidato di essere innamorato di me. » Confessò tristemente. E non era perché non lo ricambiasse, anzi, erano hanno che gli occhi di Darleen non vedevano altri che lui, ma il terrore di non essere abbastanza stava prevalendo. Non era insicura, la veggente, al contrario, ma non quando si trattava di sentimenti e di cuore, il medesimo che Edward aveva dilaniato anni addietro con crudeltà. « Ma non voglio appesantirti, parlami piuttosto di questa idea che definisci folle, magari per me non sarà tale. » Ed ecco che tentava subito di mettere da parte se stessa, lo faceva sempre, ormai era un'abitudine.
Genevieve Amélie S. Hale
Darleen rappresentava la sua famiglia, ma non era solamente questo, era anche la persona con cui riusciva a riflettere, a confidarsi quando il momento lo richiedeva ma vederla così assorta, era un qualcosa che non avrebbe saputo accettare. I lunghi capelli corvini adornavano il di lei volto, ma erano gli occhi a renderla quasi inquieta. La fata si ritrovò così ad inclinare appena il capo, cercò di leggere le sue movenze ma fu quando parlò che la Hale capì immediatamente. « Non pensare minimamente che non mi interessi o che questo sia un argomento che non possiamo o dobbiamo affrontare. Ti considero come una mia sorella di sangue, e se non ci confidiamo tra di noi, con chi altro dovremmo farlo? » Domandò retoricamente prima di prendere un altro sorso di caffè, quella bevanda scura sarebbe diventata la sua più fedele compagna di vita. Un sorriso sincero comparve sulle di lei labbra. « Prima parliamo di te, e poi se c'è tempo di racconto che cosa mi era venuto in mente. Dunque... Perché non sembri felice di ciò che ha fatto Carl? Okay, non lo conosco personalmente, ma sembra che tu abbia visto un fantasma, e di quelli spaventosi per di più. Andiamo, Leen, sai che puoi dirmi ogni cosa, che cosa realmente ti turba? Dovresti sprizzare gioia da tutti i pori, o questo è ciò che dovrebbero fare tutti quando la persona con cui si frequentano finalmente decidono di fare il grande passo... Perché tu no? »
Darleen Isabelle Find
Non v'era niente che permettesse a Darleen di identificare come positiva la famiglia che in sorte le era toccata, — non era quella da cui era nata, infatti, non conosceva sua madre biologica, tutto ciò che sapeva era l'aver forse ereditati da lei la natura da veggente — era colpevole di tutti i dolori che aveva patito, dell'incontro con Edward, della reclusione ingiusta in istituto psichiatrico, dell'iniziale timore verso il sovrannaturale, delle paure che ora abitavano il suo cuore. Perché no, nonostante l'aria da Venere in terra, la Find non si credeva assolutamente insostituibile nelle vite altrui, anzi, così come non credeva d'essere la donna ideale, perfetta, unica. Certo, conscia d'essere stata benedetta da madre natura lo era, ma non considerava ciò fondamentale per essere parte integrante della vita di chi amava, ancor più se si parlava dell'unico uomo che era riuscito a farle palpitare il cuore dopo il dramma vissuto con il suo ex, Carl ovvero. Aveva il timore sconsiderato, la giovane veggente, di non essere abbastanza per l'umano, che lui, così tanto puro e dolce, non meritasse una persona devastata dal dolore come era lei, ma di più, molto di più. Sospirò dunque, abbassando lo sguardo, sentendosi piuttosto stupida. « È che... Io sono felice, sai quello che provo per lui, ma... Gen, lui non merita una persona come me, devastata. Come potrebbe essere felice? » Domandò, come se la cugina potesse rispondere a quell'arduo quesito risolvendolo definitivamente. Sapeva di star risultando probabilmente codarda agli occhi d'ella, ma non importava, Darleen non intendeva mentire, non a lei, sorella per scelta. Forse l'avrebbe strigliata, forse no, ma il suo cuore s'era certamente liberato di un peso.
Genevieve Amélie S. Hale
Lo sguardo puntato sulla cugina era attento, privo di alcun pregiudizio, ma solamente in attesa di una risposta che, dentro di sé, sapeva che non sarebbe mai arrivata. Vedeva in Darleen il dubbio, i pensieri che si accavallano l'uno sull'altro, ma soprattutto vedeva la paura dell'amore, la paura del lasciarsi andare. La fata inclinò appena il capo, mantenendo quel sorriso comprensivo che s'era dipinto sulle di lei labbra, prima di allungare una mano e stringere la gemella della veggente. « Tutti abbiamo i nostri demoni, tutti abbiamo una storia, ma non per questo dobbiamo precluderci la possibilità di essere felici, non trovi? » Domandò la Hale senza realmente attendere una risposta. Era davvero convinta delle proprie parole e il solo pensiero che Leen si sentisse così, faceva sì che la fata sentisse una stretta al cuore. « Perché non pensi, invece, che questa è la tua occasione per essere felice? Sono certa che tu non ti giudica una persona devastata, come non lo faccio io, Leen. Abbiamo i nostri trascorsi, ci fanno essere chi siamo, ma non per questo dobbiamo sentirci inferiori agli altri. Non voglio veder buttare all'aria quest'occasione per paura... Meriti di essere felice. »
Darleen Isabelle Find
Non era dedita al vittimismo, Darleen, detestava spiattellaree le sue debolezze ovunque, preferiva ascoltare piuttosto che aprirsi. E certo, Genevieve non era una qualunque, era sua cugina, sua sorella, la sua famiglia, ma di pesare su di lei con quelle che probabilmente erano solo stupide paranoie non aveva alcuna intenzione. Dunque semplicemente annuì, stringendole la mano, accompagnando il tutto con un sorriso convincente. « Sì, hai ragione, hai ragione, penso troppo. » La rassicurò, in parte sincera. Forse aveva ragione, forse doveva smettere di trattare Carl come fosse un vaso di cristallo, aveva una sua volontà, aveva un suo cervello, sapeva pensare e scegliere da sé. « Ma tu? Sul serio non devi dirmi nulla? » Domandò infine. Aveva parlato solo lei, ora toccava all'altra e non poteva fuggire in alcun.
Genevieve Amélie S. Hale
V'era un tratto che accomunava le due giovani, ed era il fatto che a nessuna delle due piacesse farsi vedere deboli agli occhi di qualcun altro, sebbene il loro legame fosse più che solido. Mostrare le proprie debolezze era un qualcosa che spingeva entrambe a pensare di passare quasi come vittime, nonostante fossero ben lontane dall'esserlo. La fata si limitò così a serrare le labbra in una linea che formava un sorriso comprensivo, allungò la mano poi per darle conforto e cercò quegli straordinari occhi scuri che nascondevano così tanto. « A volte non si pensa mai abbastanza... » Scollò poi il capo quando la sentì cambiare discorso. Avrebbe voluto confessarle il suo bisogno di indipendenza, il suo voler prendere in mano le redini della propria vita, ma in quel momento si sentì ancor più spaesata. « Nulla di importante... Ma ti prometto che appena deciderò in modo più concreto, sarai la prima ad esserne informata. » Genevieve sperò davvero con tutto il suo cuore che prima o poi le cose sarebbero cambiate, ma non aveva idea che da lì a poco tutto sarebbe stato stravolto.
❪ 𝑭𝒊𝒏𝒆 𝑹𝒐𝒍𝒆. ❫
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