gerardsdarkness
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Ariel
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gerardsdarkness · 8 years ago
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Twenty Years - Placebo
Ci sono venti anni da percorrere E venti modi per sapere chi sarà Chi sarà ad indossare il cappello (Who will wear the hat: chi sarà alla guida, chi andrà più avanti) Ci sono venti anni da percorrere Il meglio di tutto, me lo auguro Goditi la corsa, lo spettacolo della medicina (The medicine show: indica, con accezione negativa, l’abuso del progresso tecnologico applicato all’ambito medico, a causa del quale le ricerche mediche puntano all’eclatante e non all’utile) I loro fallimenti Per noi tessitori di inganni (Designer fakes: scrittori di canzoni e in generale artisti) Che abbiamo bisogno di concentrarci su qualcosa di più di ciò che incrocia lo sguardo (Concentrate on more than meets the eye: la necessità di soffermarsi a riflettere non solo su ciò che riguarda la propria vita, di ispirarsi anche agli avvenimenti che colpiscono le altre persone e alla realtà tutta in generale, di andare oltre la superficialità del materiale e del visibile) Ci sono venti anni da percorrere Il fedele e lo sleale (The faithful and the low: il fedele e l’infedele all’interno di una relazione) Il migliore degli inizi Il cuore infranto, la roccia (The stone: la persona che dopo la delusione e la sofferenza si rafforza ma si raffredda anche) Ci sono venti anni da percorrere Lo stordito dai pugni e la botta (The punch-drunk and the blow: la vittima e il colpevole) Il peggiore degli inizi La riconoscenza, il telefono (The phone: indica la comunicazione in un rapporto di amicizia) E i loro fallimenti Per noi tessitori di inganni Che abbiamo bisogno di concentrarci su qualcosa di più di ciò che incrocia lo sguardo I loro fallimenti Per noi tessitori di inganni Ma scelgo comunque te Perché sei tu la verità, non io (In riferimento alla vita con tutte le sue sfaccettature. L’accettazione della vita a 360 gradi, non la propria vita, ma l’esistenza in generale, l’unica realtà e verità) Ci sono venti anni da percorrere Un periodo d’oro, lo so Ma tutto passerà, finirà troppo presto, lo sai Ci sono venti anni da percorrere E più amici, spero Anche se alcuni stringeranno la rosa, altri stringeranno la corda (Some may hold the rose some hold the rope: chi getta i fiori sulla bara e chi tiene le corde per calare la bara nella fossa durante i funerali nel mondo anglosassone) E questa è la sua fine e questo è il suo inizio (The end of it: la fine della vita terrena e sensibile The start of it: l’inizio della vita ultraterrena) Questo è il tutto, questa è una sua parte (The whole: si arriva alla conclusione della vita quindi se ne ha una visione d’insieme The part of it: il periodo dalla nascita alla morte rappresenta solo una parte dell’esistenza sia se rapportata con la vita nell’aldilà sia se messa a confronto con la vita che va avanti nel mondo a prescindere dalla scomparsa di un individuo) Questa è la sua estensione, questo è il suo cuore (The high: tutta la durata della vita The heart: i momenti che hanno segnato l’esistenza, i ricordi più cari) Questa è la sua lunghezza, questa è la sua brevità (The long/the short of it: la diversa concezione della vita breve o lunga a seconda di come è stato impiegato il tempo a disposizione) Questa è la sua parte migliore, questa ne è la prova (The best: secondo la religione dopo la morte si passa a “miglior vita” The test in it: la morte è l’unico modo per avere la prova dell’esistenza dell’aldilà) Questo è il dubbio, il dubbio e la fede in ciò (The doubt the trust in it: il dubbio e la fiducia che convivono negli individui riguardo l’esistenza dell’aldilà) Questa è la sua visione, questo è il suo suono (The sight/the sound: l'aspetto materiale e sensibile della vita) Questo è il dono, e questo è il trucco (The gift: la visione della vita come un “dono” The trick in it: il fatto che ci venga ripetuto che la vita è un dono è solo un “trucco” per farci credere nella vita ultraterrena) Sei tu la verità, non io… Traduzione presa da:  http://placebo.forumfree.it/ https://www.youtube.com/watch?v=EipGZpAUBws
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gerardsdarkness · 9 years ago
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Fedor Dostoevskij, “Le notte bianche”
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gerardsdarkness · 9 years ago
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Dear Future Girlfriend,
I am going to admit,I do have a dirty mind but I like to think of it more as a “Sexy Imagination.”
Sincerely,
Me
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gerardsdarkness · 9 years ago
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Gli occhi del dolore, Ti fissano come innamorati ti studiano per capire Come poterti colpire con le pupille più acuminate Fino a distruggere ogni pilastro dell'edificio della tua mente E lasciarti senza più niente.
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gerardsdarkness · 9 years ago
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Qual fallo mai, qual sì nefando eccesso Macchiommi anzi il natale, onde sì torvo Il ciel mi fosse e di fortuna il volto? In che peccai bambina, allor che ignara Di misfatto è la vita, onde poi scemo Di giovanezza, e disfiorato, al fuso Dell'indomita Parca si volvesse Il ferrigno mio stame? Incaute voci Spande il tuo labbro: i destinati eventi Move arcano consiglio. Arcano è tutto, Fuor che il nostro dolor.
Ultimo canto di Saffo, Leopardi
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gerardsdarkness · 9 years ago
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Producing👽 🙃 🙃 #revisiting #rivisited #Mucha #Medea #workinprogress #pencils #pen #drawing
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gerardsdarkness · 9 years ago
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💜🐶🐾
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gerardsdarkness · 9 years ago
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Idiozie mattutine in gipsoteca 😂
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gerardsdarkness · 9 years ago
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Ecco. E vaffanculo a chi so io.
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gerardsdarkness · 9 years ago
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gerardsdarkness · 9 years ago
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L'arte della menzogna
Vivere tutelando la libertà di espressione propria e altrui risulta difficoltoso nella nostra vita in branco. È difficile perché esistono paletti , limiti come i pregiudizi, ma come si manifestano? Le nostre menti sono molto più flessibili di quanto ci ostiniamo a credere. Le emozioni svolgono una delle più importanti funzioni nella vita dell'uomo: permettono ad esso di relazionarsi con gli altri e, soprattutto, con sé stesso. La repressione e deviazione di esse sono invece le peggiori armi a doppio taglio che possiamo riservarci. Detto ciò, dubito alquanto dell'esistenza sul pianeta Terra di una persona che non reprima mentendo. L'importante è non legare menzogne alla propria immagine. Come insegna la filosofia umanista, in quanto uomini, siamo gli ultimi degli angeli e i primi delle bestie. Tuttavia, a differenza di quanto pensato durante l'Umanesimo, non possiamo scegliere se diventare bestie o elevarci alla vita spirituale. Abbiamo un corpo che limita la nostra spiritualità ed una coscienza che limita la nostra irrazionalità.
Non ci è concesso sapere cosa sia universalmente giusto e cosa sbagliato. L'intolleranza, ovvero l'attaccamento a principi o idee partoriti dalla propria mente, è quindi un atteggiamento ampiamente irrazionale, ma è anche l'atteggiamento tipico di molti leader e di molte persone che a primo impatto sembrano sicure di sé. L'educazione che riceviamo da bambini non può essere impeccabile, difficilmente ci viene insegnato come capire l'irragionevolezza altrui da qualcuno che ci ama e che ci vuole proteggere dalle innumerevoli impurità del mondo. È probabilmente più istintivo donare al proprio figlio una pesantissima armatura fatta di principi intoccabili, che aiutarlo a creare con le proprie uno scudo di intelligenza emotiva con le proprie mani. Nel primo caso il bambino, crescendo inconsapevole del ruolo di corazza dei principi ereditati, continuerà il suo cammino senza riuscire mai ad entrare in contatto profondo con il mondo circostante, ma ancora peggio, nessun altro potrà riuscire ad entrare in contatto con lui. Raccogliamo ciò che seminiamo, e per coltivare dobbiamo inevitabilmente sporcarci le mani. Volente o nolente, ahimè, prima o poi qualcuno (della famiglia o meno) ci insegnerà cos'è la vergogna facendocela sperimentare sulla nostra pelle. Per esperienza personale, sono del parere che indurre alla vergogna le persone sia il peggior modo per relazionarci ad esse. Quando una persona ferisce in qualche modo la nostra sensibilità possiamo scegliere di esprimere le nostre emozioni in modo responsabile, cercando un punto d'incontro nel rispetto di entrambi. La vergogna dev'essere un sentimento individuale, frutto della conoscenza delle proprie azioni, non dev'essere indotta per mezzo di umiliazioni prive di apparente significato. Quando la vergogna intacca l'autostima di un individuo, quest'ultimo nella maggior parte dei casi, legherà al proprio senso di responsabilità un senso di colpa eccessivo e distruttivo, alterando la propria sensibilità e reprimendo i propri veri desideri. Si inizia così ad agire seguendo (pre-)concetti di giusto e sbagliato ereditati dal senso di colpa e non maturati, con la paura di accettare sé stessi.
Chi riserva a sé stesso una simile tortura morale convinto di agire nel nome del bene, non sottrarrà nessuno dal medesimo supplizio. Tutti noi vediamo solo ciò che siamo: vediamo nel mondo circostante tutto ciò che vediamo in noi stessi, percepiamo degli altri ciò che ci permettiamo di percepire di noi stessi. Ed è così ipoteticamente spiegato il comportamento sia dell’ “alfa” prepotente che sentenzia inutilmente e irrispettosamente sugli altri, sia della vittima che, iniziando a provare vergogna di sé, inizierà a mentire. Possiamo quindi considerare l'omofobia e ogni altro pregiudizio come una proiezione delle proprie paure verso chi è ai nostri occhi “diverso”, una ripetizione del processo di accettazione deviato che si  riserva a sé. Chi dice “sei diverso” sta inconsapevolmente comunicando di sentirsi diverso. Nessuno di noi può dire cosa sia normale e cosa no. Nella nostra società si sviluppano fenomeni come le “mode” che sembrano delimitare cosa sia socialmente accettabile e cosa no. Tuttavia non è così, e ne siamo coscienti. Tra chi segue delle tendenze, non dubito ci sia qualcuno che si rispecchia veramente in esse, ma ritengo plausibile che parte di questi partecipanti possa essere dotata di un'ottima capacità di mentire: i classici individui che si “adeguano”. Si tratta però di un'adeguamento apparente, poiché chi si adegua realmente all'ambiente circostante, accetta pienamente sé e il mondo. Considerando la nostra umana vulnerabilità, sarebbe utopica la concezione di una persona costantemente sicura di sé. Pertanto non si pretende un'imperturbabilità stoica a nessuno. È semmai raccomandabile tutelare la propria spontaneità, ascoltare “il fanciullino” dentro di noi descritto da Pascoli nella sua poetica. È la spontaneità a renderci unici, a renderci opere d'arte e a permetterci di crearne. Cosa sono la comunicazione, la vita, se non opere d'arte? Le azioni che compiamo possono mancare di rispetto a qualcuno, ma il nostro intento non è mai quello di mancare di rispetto alle persone. Non esistono buoni o cattivi al mondo. Ogni persona, ogni azione, ogni oggetto, può avere tante interpretazioni negative quante positive. Nessuna delle interpretazioni è giusta. Sono tutte vere. È tutto riassumibile con il simbolo del tao. Ma non possiamo fermarci all'idea che tutto sia equilibrato, altrimenti cesserebbe il desiderio di evolvere. Dobbiamo dare il nostro massimo per far emergere il nostro lato buono, per permettere agli altri di riconoscere il proprio “yang”. “Meglio costruire ponti che erigere muri” si dice. È pertanto consigliabile cercare di capire ed aiutare (nei limiti del possibile) le persone che paiono ai nostri occhi strane, minacciose o insicure ed evitare prevaricazioni ed umiliazioni. Con questo non si intende negare l'espressione delle proprie emozioni negative, anzi, è un invito a farlo con l'arma della comunicazione, assumendosi le responsabilità delle proprie azioni,  che utilizzeremo per comunicarle all'altro. Dare sincera fiducia alle persone non può che fare bene, a prescindere dalle reazioni. Nei miei (quasi) diciassette anni di vita, ho sperimentato innumerevoli volte il senso di vergogna e di colpa a scuola e in famiglia, arrivando a stati psicofisici per me devastanti. Ricorderò benissimo per sempre la mia professoressa di matematica di seconda liceo. Al primo compito in classe (neanche molto complicato) presi un 6. Quando mi consegnò la verifica mi disse sorridendo “È sufficiente, ma sono convinta che puoi fare di meglio”. Ciò che mi stupì fu il modo in cui lo disse, la benevolenza che udii in quel momento nella sua voce e la perfetta coerenza con le parole che stava pronunciando. Ero abituata a studiare matematica con mia madre perché ero convinta di non esserne in grado autonomamente, infatti quando non ricevevo aiuto ottenevo risultati miseri. Ma la mia professoressa volle incoraggiarmi e ci riuscì. A fine anno ottenni una media di 9,5 nella sua materia: farina del mio sacco. Continuo a portare con me fieramente la passione per la matematica che questa donna mi ha trasmesso e sarò per sempre grata a tutte le persone che non si sono fermate al mio Yin ed alle menzogne che raccontavo a me stessa, ma che mi hanno aiutata a cogliere lo Yang mio e del mondo. «Se provate a indicare qualcuno tenendo la mano dritta davanti a voi, vi accorgete che un dito è puntato verso l’altra persona ma tre sono rivolte verso di voi: questo può servire a ricordarvi che quando denigriamo gli altri in realtà stiamo solo negando un aspetto di noi stessi.» - Debbie Ford
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gerardsdarkness · 9 years ago
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If I'm so wrong, how can you listen all night long? Now will it matter after I'm gone? Because you never learned a goddamned thing You're just a sad song with nothing to say About a lifelong wait for a hospital stay And if you think that I'm wrong This never meant nothing to you So go, go away, just go, run away But where did you run to? And where did you hide? Go find another way Price you pay
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gerardsdarkness · 9 years ago
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:)
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(via Saturday Morning Cartoons: Baopu #15) by Yao Xiao
words to remember
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gerardsdarkness · 9 years ago
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Ecco che spammo un mio vecchio tema di italiano, con un blog nuovo di zecca. Sì, lo so, sarà il terzo blog che cambio, vbb
La follia della normalità
Cos'è davvero la follia? Potrebbe essere considerata scientificamente come una condizione patologica, un disturbo psichiatrico generato da traumi esterni, il risultato di “una rotella andata fuori posto”.
Scienze come la psicologia e la neurologia vanno ormai sempre più affermandosi portando innumerevoli scoperte, incuriosendoci sempre di più alla comprensione di quella che comunemente chiamiamo follia.
Abbiamo la tendenza di definire folli coloro che attuano comportamenti insoliti e apparentemente illogici, come i criminali. Ma quanto di normale c'è in ciò che è a noi consueto e che riteniamo nella norma?
Prendiamo come esempio un possibile aspirante psicologo: egli potrebbe avere unici intenti altruistici quanto potrebbe in realtà nutrire un esasperato bisogno di autoaffermazione e supremazia. Quanto è davvero giusto essere convinti di conoscere appieno l'animo umano e di poterlo migliorare? È piuttosto folle.
E se chi vuole curare la follia è già di per sé un folle, chi mai sarà sano?
Il consiglio che più spesso si sente è “Nosce te ipsum” (= conosci te stesso), ma siamo davvero sicuri che sia la consapevolezza la chiave della felicità e della normalità?
La consapevolezza è malattia; chi tenta di essere completamente cosciente di sé stesso (e quindi anche del mondo circostante) finisce letteralmente per impazzire e per contrapposizione a dissociarsi totalmente dalla realtà. La consapevolezza è un abito che va indossato solo in determinati contesti. Oppure è come l'alcool, ne si può trarre un beneficio quando non si esagera con le dosi, altrimenti si rischia il coma. Se fossi davvero consapevole di ciò che sto scrivendo e di come lo sto scrivendo probabilmente poserei la mia penna sul banco e straccerei i fogli su cui ho scritto perché, di tutti quanti, la più folle sono io che sto cercando di definire qualcosa di più grande di me. E se l'uomo dovesse semplicemente vivere come un animale e adattarsi all'andamento irregolare degli eventi?
Nutriamo tutti il bisogno di definire ciò che ci circonda, ma perché?
Perché ci fa sentire meglio, ci fa sentire superiori, ma in quale tappa dell'evoluzione l'uomo ha iniziato ad avere la necessità di sovrastare il tutto? È istinto naturale? Forse sì, forse no.
La società moderna sfrutta e manipola il mondo come una macchina usa e getta, dimenticandosi delle proprie radici e proseguendo verso l'autodistruzione.
L'uomo è come un feto che infligge ferite alla madre e di conseguenza a sé stesso. Ripudiamo il cordone ombelicale che ci lega alla natura e attraverso il quale quest'ultima ci fornisce il nutrimento necessario a vivere. Cerchiamo continuamente di superare tutto e tutti, corriamo una salita che non ha termine. Anzi, un termine lo ha e si raggiungerà quando il cordone ombelicale sarà totalmente spezzato e l'uomo sarà totalmente distrutto.
Il narcisismo viaggia a braccetto con la maggior parte di noi in quest'epoca in cui detta legge il consumismo. Quello che è un narcisista patologico rifiuta la parte più profonda di sé e crea un'immagine perfetta che mostrerà al mondo come un prodotto. Il problema è che, così facendo, il narcisista si suicida spiritualmente e moralmente basando la sua vita sull'ipocrisia e su di un'inutile ricerca alla perfezione. Un chiaro esempio è il personaggio shakespeariano di Re Lear che, dopo aver basato la sua vita sul potere, è impazzito, allontanando da sé le figlie, coloro a cui più teneva. Questo comportamento che caratterizzava dapprima i sovrani, oggi è parte portante della nostra civiltà e dell'esasperato individualismo che ci circonda.
Ci preoccupiamo di denominare il dolore delle persone e di catalogarlo come “depressione” o “disturbo bipolare” come se questo ci aiutasse davvero a capire gli individui che ci troviamo davanti, come dei codici a barre permettono ad una cassa di identificare un prodotto. Ciò che credo sia necessario prima di una laurea in psicologia, è la dote più umana e naturale esistente: l'empatia. Essa viene sempre più flagellata da un bisogno ossessivo di definizioni, le quali si rivelano relativamente utili in ambito pratico. La vera pace è forse ottenibile conciliandosi con la propria natura, accettando sé stessi e il mondo, entrando in armonia.
Proprio come siamo costretti ad accettare il continuo divenire delle cose, dovremmo anche accettare la mutabilità dei sentimenti umani, ovvero la follia in tutte le sue sfaccettature.
Essa contribuisce a rendere il mondo variegato ed interessante. Con tutte le disgrazie che capitano, avremmo più ragioni per piangere miserabilmente che per ridere ed amare, ma ridiamo ed amiamo lo stesso. Ed è la follia che ci porta avanti, la stessa che Erasmo da Rotterdam elogia nella sua opera più celebre.
La felicità necessita di un'inconsapevolezza titanica.
Essere folli ci permette di vivere, sbagliare, crescere, amare e comunicare.
L'alternativa all'imperfetta follia sarebbe solamente la perfezione della morte, della non-vita.
La follia è dunque il sangue che scorre nelle nostre vene e dà colore al nostro muscolo cardiaco; ci impressioniamo quando lo vediamo direttamente, ma sappiamo che senza di esso non vivremmo.
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gerardsdarkness · 9 years ago
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Being different is great “cool” is to normal. This person wasn’t cool in school but look at how far he came.
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gerardsdarkness · 9 years ago
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Too fragile to stand on his own.
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gerardsdarkness · 9 years ago
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Gli Anemoni
sono fiori dai colori vivaci che, a seconda della specie, possono fiorire in autunno o in primavera. I colori vanno dal bianco al rosso, al viola, al blu e al rosa. Ci sono Anemoni con fiori simili alle Margherite, ed altri con fiori simili ai Papaveri. L’Anemone è soprannominato “Fiore del vento” perchè il termine deriva dal greco “anemos” che vuol dire vento. Questo soprannome è dovuto anche al fatto che questo fiore è molto delicato e il periodo di fioritura è molto breve. L’Anemone, nel linguaggio dei fiori rappresenta la perseveranza, ma anche la speranza, l’attesa o un amore finito troppo presto.
Secondo una leggenda della tradizione cristiana, l’Anemone è nato dalle gocce di sangue cadute ai piedi della croce di Gesù. Per questo motivo, sempre secondo la tradizione cristiana, questo fiore rappresenta la speranza che nasce subito dopo la tristezza. Secondo la Mitologia greca, Anemone era una bellissima Ninfa che viveva alla corte della moglie di Zefiro, Chloris. Di Anemone si innamorarono Zefiro, che era il vento della primavera, e Borea, che era la tramontana. I due rivali iniziarono a lottare per conquistare la bella Anemone, ma così facendo provocarono tempeste e bufere continue. Chloris, indispettita da tutto questo, incatenò Anemone a Zefiro e Borea dopo averla trasformata in un fiore.
Per questo l’Anemone è così fragile e delicato: basta un colpo di vento per spazzarlo via.
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