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Tu sei stata l’attimo che non torna più, quello che lascia il segno.
Ho amato dopo di te, sì, ma mai quanto ho amato te.
Perché la verità è che tu, solo tu, mi completi.
Tu.
Solo tu.
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Pietro Tenerani (Italian, 1789-1869) Psiche svenuta, 1869 Galerie nationale d'Art moderne et contemporain, Rome
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“Oggi ho riparlato di te. Non mi capitava da un po’, sai? Ho riparlato dei tuoi occhioni nocciola, dei capelli stressati dalle tinte, dei tuoi sogni, dei tuoi sorrisi. Ma tu te li ricordi i nostri primi momenti? Tu mi leggevi Catullo, io provavo ad analizzarlo. Tu mi chiamavi “schiappetta”, io ti rispondevo che almeno non facevo un liceo classico di merda. Tu mi parlavi di miti, io di problemi matematici, del latino che già alle medie mi traumatizzava. Avevo quasi dodici anni quando le mie dita digitarono per la prima volta il tuo nome. Tu eri più grande di me, più esperienze, più cultura. Mi piaceva questo. Mi insegnavi così tante cose, sei sempre stata interessante, tu. Forte. Fragile. Delicata. Sei stata il primo fiore sbocciato nella mia vita, l’unico che mi ha dato la forza di rifiorire. Eravamo “pappa e ciccia” “culo e camicia”. Ti ricordi? Crescevamo insieme. Mi raccontavi com’era Napoli di notte io, all’epoca, potevo solo sognarla. Mi raccontavi del futuro, di com’era avere la tua età. Abitavamo a mezz’ora d’auto ma ci vedevamo poco per nulla. Ma parlavamo. Parlavamo tanto. Ci trascorrevo le ore intere ad ascoltarti. Mi piaceva. Era così bello il suono della tua voce, il tuo respiro delicato, il tuo tono da maestrina. “Sembri un so tutto io” ti dicevo. Tu ridevi e mi sussurravi dall’altro lato del telefono “un giorno sparirò e ti mancherò, e mi ringrazierai per la cultura che avrai grazie a me”. Ed era vero. Ed è vero. Qualche anno dopo mi hai scritto un sms, di poche righe. Non era un solito “come stai”. L’avevo intuito da subito. “devo parlarti”. Tremai. Digitai quel “dimmi” così velocemente. “Vado a vivere a Londra”. Avevo ormai sedici anni. Non più dodici ma sedici. Avevo trascorso i miei ultimi quattro anni con te, a raccontarti ogni mio singolo respiro, ad imparare con te. Lessi quell’sms e piansi. Lo ricordo bene. Piansi da morire. “Quando?”, te lo gridai al telefono appena rispondesti. Non era mio solito gridare, non con te, almeno. “Dopo domani ho l’aereo”, piangevi. Lo sentivo che piangevi. “Tanto non ci perderemo. Non posso permettere che tu, lurida strega, dimentichi Catullo, la mitologia greca, Petronio” e ridesti. “Vaffanculo” ti gridai, ancora più forte. Misi giù. Partisti. Non ti augurai buon viaggio. Non ti cercai più. Non mi cercasti. Passarono mesi, arrivò il tuo compleanno. “Auguri” “Grazie, manchi ad ogni parte di me”. Ti scrissi, ricominciammo a parlare. Mi facesti leggere un altro carme, ne eri fissata. E mi dicesti di non smettere di scrivere, di narrare di ogni cosa, soprattutto di quelle belle. Mi dicesti “tornerò”. E poi il silenzio. Sono passati circa tre anni, adesso. Tre fottuti e maledetti anni. Non ho smesso di scrivere. Non ho smesso di pensarti. E non ho smesso d’aspettare d’aspettarti. Perché ora Napoli non è più la mia città e non è più la tua città ma io spero sempre che quel “tornerò” diventi “corri, sono tornata”. Ma non succederà. Io dimenticherò Catullo tu dimenticherai la tua piccola allieva. Io scriverò di città spente tu girerai sotto il grigio cielo londinese. Io ti chiederò “come stai?” tu mi risponderai che stai bene e che Londra è bellissima. Non mi dirai più che tornerai, non mi dirai più che manco ad ogni parte di te. Mi dimenticherai, o forse no. O forse sarò sempre la bambina a cui leggevi Catullo. La stessa bambina che a distanza d’anni non smette di scrivere, perché le cose belle se le scrivi durano per sempre e le cose brutte ti ricorderanno solo quant’è bello averle superate.”
— frammenti di me
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hei, volevo chiederti: ricordi quel post sul liceo classico? riguardo a una persona che se n'è poi andata a londra? mi chiedevo: è autobiografico? (don't feel like you have to answer me, you can ignore this question and pass by, there's no problem. hope you're doing well and wish you a nice sunday night)
ehi,
perché non dovrei rispondere ed ignorarti? assolutamente sì lo ricordo ed è autobiografico. è stato uno dei rapporti più intensi vissuti durante la mia età adolescenziale (ed anche il più distruttivo)
ti abbraccio e ti auguro una buona serata ⭐
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beh augurissimi per il tuo matrimonio 🥳🥳🎉❤️
ma grazie 🫶🏼
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Vorrei solo
respirare
a pieni
polmoni
osservando il
mare.
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Ma tu sai che dolore al petto
è
guardare il cielo
senza te?
Fare tutte quelle piccole cose
che un tempo facevamo assieme
in estrema solitudine?
Sai che dolore al cuore è
girarmi per cercare
il tuo sguardo
tra miliardi di persone,
sedere in un'auto
con la speranza che parti una stupida canzone
che sappia di te.
L'avresti cantata con me ancora una volta?
Avresti cercato il mio sguardo regalandomi
Di nuovo
un sorriso impacciato?
Sai che dolore allo stomaco è
Vedere i giorni passare
Uno ad uno
Talvolta lentamente
Altre velocemente
Ma sempre caratterizzati dalla tua assenza?
Sai quanto costano
le notti passate ad osservare un soffitto troppo bianco?
E gli incubi?
Io che ancora ti sogno,
io che ancora ti cerco,
ed il tuo volto che appare e scompare,
che mi fa svegliare in un fiume di lacrime,
che mi devasta;
Mi distrugge.
E le gambe?
Le gambe che cedono ad ogni mio passo,
che non sanno più dove andare,
dove trovarti;
La voce che trema
ogni volta che
Le labbra pronunciano il tuo nome
E gli occhi lucidi
Lo sguardo assente.
Sai quanto rumore fa il tuo silenzio?
Sai che peso ha la tua assenza?
Dovevi esserci.
Dovevamo crescere insieme,
dovevi tenermi ancora per mano.
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Mi piace di te il tuo “saperci fare”  anche solo con  uno sguardo e tu con me ci stai “sapendo fare” alla grande.
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“Non ho smesso di pensarti, vorrei tanto dirtelo. Vorrei scriverti che mi piacerebbe tornare, che mi manchi e che ti penso. Ma non ti cerco. Non ti scrivo neppure ciao. Non so come stai. E mi manca saperlo. Hai progetti? Hai sorriso oggi? Cos’hai sognato? Esci? Dove vai? Hai dei sogni? Hai mangiato? Mi piacerebbe riuscire a cercarti. Ma non ne ho la forza. E neanche tu ne hai. Ed allora restiamo ad aspettarci invano. E pensiamoci. E ricordami. E ricordati che ti penso, che non lo sai ma ti vivo ogni giorno, che scrivo di te. E ricordati che cercare e pensare son due cose diverse. Ed io ti penso ma non ti cerco.”
— frammenti di me
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In giorni come questi, un po' tristi, un po' vuoti, avrei solo bisogno di vederti arrivare; percorrere, nel tuo modo goffo, passi verso di me, ricevere un tuo messaggio, restare in silenzio a guardare il cielo con te affianco, piangere sulla tua spalla, fra le tue braccia, cuore contro cuore, inumidirti la felpa con le mie lacrime, sentirle raccogliere dalle tue dita. C'era una cosa che facevi sempre tu: restare in silenzio. Accoglievi il mio dolore in modo silenzioso, comunicando solo attraverso il tuo corpo, solo attraverso il tuo sguardo. Erano le tue mani, i tuoi occhi e le tue orecchie a diventare parole. La tua bocca restava lì, silenziosa, ferma. Oggi, con gli occhi sporchi di lacrime, stanca, sono uscita afferrando la borsa. Sono rimasta da sola su una lurida panchina gelida, in una stazione. Ho fissato i binari, i treni che sfrecciavano, poi il cielo. L'ho fatto in silenzio, con il telefono poggiato di fianco. Poi il cielo si è tinto di rosa, ed accanto a me si è seduto un ragazzo, capelli arruffati, felpa grigia, cuffie nelle orecchie. Guardandomi mi ha regalato un sorriso poi ha alzato lo sguardo al cielo. Ho condiviso il tramonto con occhi non tuoi ma che un po' mi hanno ricordato te e per un attimo non ero più sola.
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“Non ho smesso di pensarti, vorrei tanto dirtelo. Vorrei scriverti che mi piacerebbe tornare, che mi manchi e che ti penso. Ma non ti cerco. Non ti scrivo neppure ciao. Non so come stai. E mi manca saperlo. Hai progetti? Hai sorriso oggi? Cos’hai sognato? Esci? Dove vai? Hai dei sogni? Hai mangiato? Mi piacerebbe riuscire a cercarti. Ma non ne ho la forza. E neanche tu ne hai. Ed allora restiamo ad aspettarci invano. E pensiamoci. E ricordami. E ricordati che ti penso, che non lo sai ma ti vivo ogni giorno, che scrivo di te. E ricordati che cercare e pensare son due cose diverse. Ed io ti penso ma non ti cerco.”
— frammenti di me
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“ Ti proteggerò dalle notti insonni dalla sociopatia di tutti questi giorni ti spiegherò i sentimenti che ripiegherò nella stanza con te.”
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Mi piace di te il tuo “saperci fare”  anche solo con  uno sguardo e tu con me ci stai “sapendo fare” alla grande.
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“Non ho smesso di pensarti, vorrei tanto dirtelo. Vorrei scriverti che mi piacerebbe tornare, che mi manchi e che ti penso. Ma non ti cerco. Non ti scrivo neppure ciao. Non so come stai. E mi manca saperlo. Hai progetti? Hai sorriso oggi? Cos’hai sognato? Esci? Dove vai? Hai dei sogni? Hai mangiato? Mi piacerebbe riuscire a cercarti. Ma non ne ho la forza. E neanche tu ne hai. Ed allora restiamo ad aspettarci invano. E pensiamoci. E ricordami. E ricordati che ti penso, che non lo sai ma ti vivo ogni giorno, che scrivo di te. E ricordati che cercare e pensare son due cose diverse. Ed io ti penso ma non ti cerco.”
— frammenti di me (via indentazionedellapelle)
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“non ti perderò e non mi perderai perché alla fine io lo so e tu lo sai: ci sono tramonti che non tramontano mai.”
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||Perché anche una scheggia di distanza tra noi è esasperante||
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