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lavander792 · 1 month ago
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La Campana di Vetro
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di Sylvia Plath.
Un libro difficile. Non leggete questo libro se non siete in un buon mind set: io mi sono ritrovata affaticata dalla lettura. Essendo io stessa un'adulta che ha avuto pensieri suicidi, che ha passato periodi di depressione, posso dire che trovarsi a leggere di un'aspirante suicida e di tutti i modi in cui le è venuto in mente di cercare di togliersi la vita, non è una passeggiata. Sylvia Plath ha indubbiamente una prosa incredibile, uno stile di scrittura enorme. "La Campana di Vetro" però non riesco a ritenerlo un libro riuscitissimo: la scrittura eccellente infatti si perde nello sviluppo della trama, si ha la netta sensazione che manchino dei passaggi e che, a tratti, la Plath si sia lasciata guidare troppo dal suo flusso di coscienza, creando nel lettore forti straniamenti - a mio parere però, non voluti.
Personalmente poi non ho particolarmente apprezzato il fatto che non abbia raccontato diverse dinamiche: un esempio su tutti il rapporto tra Esther e la madre, che sembra essere fortemente alla base della depressione della protagonista, ma non viene mai ulteriormente indagato e per me è stata una grande mancanza. Magari ne deduciamo dei pezzetti qua e là nel proseguo della storia, ma non si sofferma mai ad analisi ulteriori, né vengono maggiormente raccontate le dinamiche che portano al grande malessere della protagonista.
In ultimo, ma decisamente non meno importante, la forte presenza di svariate questioni sociali di cui in quegli anni già si parlava fortemente, ma che la Plath sembra non considerare o addirittura essere fortemente contrariata da chi ha la pelle scura, da chi ha un orientamento sessuale verso il proprio stesso sesso e infine dalla condizione della donna. Perché, personalmente, non ritengo la Plath realmente femminista: è figlia della sua epoca, di un mondo nel quale il futuro della donna era legato al matrimonio, ai figli e nonostante lei dica - inizialmente - di non volersi sposare, il suo punto di vista sembra essere una scelta momentanea solo perché amareggiata. Fino al raggiungimento dell'apice finale con l'agghiacciante scambio di battute tra lei e Buddy: lui infatti le chiede chi mai la sposerà ora che è stata in un sanatorio e lei non sa rispondergli, lasciando che la domanda le rimbombi nella testa, senza nemmeno l'ombra di una ribellione a quel candido maschilismo.
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lavander792 · 3 months ago
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Ci sono svariati temi alla base di questo romanzo, tra tutti il legame tra fratelli. Centrale infatti è la storia di Yukio e Yukiko, figli dello stesso uomo e due donne diverse, una la moglie, l’altra Mariko, che sarà a sua volta grande protagonista della seconda parte del volume. Il rapporto tra i due fratelli è fondamentale per lo sviluppo della storia: loro infatti, pur essendo all’oscuro di questo legame di sangue, creano in entrambe le occasioni nelle quali si possono frequentare un legame unico e indissolubile. Questo ci porta ad un altro grande tema della narrazione che è la famiglia e i segreti che essa può custodire o ciò che vuole nascondere. Yukio infatti è figlio della relazione tra Mariko e Horibe che non si è opposto al il volere della famiglia, decidendo così di non sposare Mariko a causa delle sue origini ignote. Il signor Takahashi, invece, deciderà di compiere quel passo che Horibe non volle compiere, disconoscendo la famiglia e rinunciando all’eredità, sposando così Mariko.
La contrapposizione di questi uomini ci porta al pieno senso del titolo dell’opera: le storie si fondano tutte su segreti che in primis le famiglie dei vari protagonisti celeranno ai loro stessi membri o al mondo esterno, creando pesi e segreti che una volta scoperti daranno un senso ai sentimenti di oppressione che alcuni personaggi vivono e, dall’altro lato, per alcuni personaggi saranno le risposte a quei quesiti che da sempre rendono le dinamiche famigliari incomprensibili.
Il libro, in quest'edizione Feltrinelli, si presenta come un volume unico diviso in cinque parti, ma all’inizio della seconda il dubbio che le storie siano collegate comincia a crearsi nella mente del lettore. È una piacevole sorpresa che ti pone la domanda costante di: “chi sarà il prossimo protagonista? Quale pezzo di storia verrà raccontato in seguito?”. Il libro è quindi composto di racconti, da punti di vista differenti, della stessa storia, con protagonisti cinque personaggi diversi, tutti associati ad una pianta o un fiore. L’aspetto naturalistico è chiaramente molto importante per l’autrice - del quale mi ero già accorta leggendo Fuki-no-to, che a sua volta fa parte di una pentalogia, di cui desidero scoprire il resto.
Trovo che la scrittura di Aki Shimazaki sia esattamente quello che cerco quando vado alla ricerca di un libro di un autore giapponese. Nonostante lei viva in Canada da tanti anni, ha mantenuto quel dosare le parole, le semplicità delle descrizioni, che io associo alla scrittura giapponese. Quando mi capita di leggere libri di questo tipo mi viene sempre alla mente l’ikebana, l’arte giapponese di posizionare i fiori: né troppi, né troppo pochi, la giusta via di mezzo per creare una suggestione, ma senza imporre la pesantezza di una descrizione che porterebbe solo a una sensazione di imbarazzo, di troppo. Più di tutto ciò che conta sembra essere l'evocazione di un sentimento, di un profumo; la trasposizione grafica di un oggetto inanimato, qualunque sia la sua natura.
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lavander792 · 3 months ago
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Paolo Nori mi ha conquistata talmente tanto con questo libro che credo di averlo letto nel giro di mezzo pomeriggio. La scrittura è molto fluida e spesso scrive piccoli aneddoti o pensieri legati all'argomento di cui parla, più che seguire un filo argomentativo serrato: diciamo che più che a un saggio sulla letteratura russa, sono tanti racconti dell'amore di Paolo Nori per quella cosa bellissima che è la letteratura russa.
Certo, se uno si aspetta un saggio composto e corposo sulla storia della letteratura russa, questo non fa al caso tuo, ma se si è alla ricerca di uno spunto, di un "ma da dove comincio" con tutti questi mattoni russi infiniti, Nori ti sa invogliare e ti fa venire la voglia di leggere tutto.
Io ho un rapporto molto travagliato con Anna Karenina: ho letto il libro due volte, la prima mi ero fermata a metà, dovevo cominciare l'università e leggere un sacco di libri e purtroppo la lettura di Anna era passata in secondo piano; la seconda, pochi anni fa, per recuperare quel pezzo che mi mancava, ho ripreso tutto dall'inizio e mi sono immersa. Solo che ne sono emersa delusa.
So già che chi ama Anna Karenina, e siete tanti, starete per inveirmi contro, ma questo è il mio problema: il libro non parla di Anna, il vero protagonista è Levin e a me lui non sta simpatico.
So che Tolstoj voleva "condannare" la figura di Anna, che manca ai suoi doveri familiari di donna e madre, so anche che dire "Levin mi sta antipatico" è troppo poco per non apprezzare un monumento della letteratura mondiale: ma questo è quello che ho pensato io mentre lo leggevo.
Solo che Paolo Nori mi ha ricordato che anche se ti può stare antipatico un personaggio, oppure un autore ti può "deludere" perché volevi che parlasse di più di una cosa che avevi a cuore tu, non significa che un'opera non sia comunque magistrale.
Ed è questo quello che fa Paolo Nori, ti fa vedere che la grandezza di un autore sta anche nelle cose che a te finiscono per non piacere, ma che devi sempre guardare con gli occhi della letteratura e, anche se quella cosa che non ti piace è scritta magistralmente, forse non ti piace proprio perché in un qualche modo a colpito a fondo e allora è degna di nota.
E allora è importante parlarne, perché è questo che fa la letteratura. Ti fa riflettere su tutte quelle cose che non ti piacciono e a cui ti tocca pensare.
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lavander792 · 3 months ago
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Ho letto Stoner di John Williams credo intorno al 2018. Sono ormai passati un bel po' di anni, ma il modo in cui si è radicato nella mia mente mi fa capire che è stato uno di quei libri spartiacque nel flusso della vita.
La storia di per sé è semplice: la vita di William Stoner passa come la vita di tanti altri, come la vita di tutti, con momenti di grande felicità, alternati a momenti di indecisione, di scelte sbagliate, di tristezza e amarezza. Di certo non è per la trama che si legge Stoner, ma per la prosa, per il potere evocativo delle parole di WIlliams, per quella sensazione che ti fa di dire, alla fine: siamo tutti un po' Stoner. O per altri versi, che ti fa pensare: forse è meglio non essere come Stoner.
Questo è quello che mi ha lasciato questo libro, quello che mi ha fatto innamorare di questo autore, del quale ho deciso di leggere tutto ciò che ha prodotto.
Sono sempre molto scettica nel buttarmi nella lettura di altre opere di un autore che mi è piaciuto tanto, temo sempre che possa deludermi e, in un qualche modo, rovinarmi anche il ricordo di ciò di cui mi ero inizialmente innamorata; ma ci sono alcuni autori che semplicemente non puoi abbandonare, e se anche dovessero deluderti, hanno dimostrato talmente tanta capacità, tanta originalità, che non potranno più essere allontanati dal loro trono di insuperabili.
Ho attualmente in lettura Augustus di John Williams. Dopo tanti anni a tenermi compagnia dallo scaffale della libreria, ho deciso che era tempo di leggerlo.
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lavander792 · 5 months ago
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Nel paese dei mostri selvaggi
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È una storia illustrata meravigliosa.
Parla di fantasia, di capricci, di ripensamenti e di amore.
Grazie alle librerie indipendenti.
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lavander792 · 5 months ago
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La vita di chi resta
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Intenso, doloroso.
Aggettivi che però non rendono il viaggio compiuto dall'autore per accettare che il suicidio di S. non sia stata colpa sua e soprattutto trovare un modo per lasciarlo andare.
Un libro così andrebbe letto da tutti, per entrare in empatia con gli altri, per pensare che alle volte la vita è talmente ingiusta che sia per chi non riesce più a sopportarla, sia per chi resta, capire come accoglierla è il raggiungimento più arduo e complesso che ci ritroviamo ad affrontare come individui.
Capisco B. Bianchi quando dice che a chi non è successo non può capire, il solo pensiero che potesse succedere qualcosa di simile nella mia vita mi rompeva in un mare di lacrime, ma spero di aver accolto il suo dolore come lettrice sufficientemente in profondità per poterlo accompagnare in questo viaggio che, attraverso la lettura, ha voluto condividere.
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lavander792 · 5 months ago
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Grandi speranze
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Mentre lo leggevo pensavo "lo finisco perché mi piace, ma sto facendo fatica".
Ogni tanto succede.
Alle volte è meglio interrompere la lettura e lasciarla per il futuro.
O a mai più. Ci sta anche quello.
Nel caso di Grandi Speranze ho voluto perseverare perché c'era tutto il materiale per esserne soddisfatti, nonostante il protagonista non sia tra i miei preferiti; a lettura ultimata, posso dire che a distanza di giorni ci penso ancora e credo che un libro che dopo settimane non abbandona le tue riflessioni, ti abbia per forza lasciato qualcosa.
Anche se magari non ti è piaciuto del tutto.
Leggerò sicuramente altro di Dickens, ci sono dei passaggi davvero notevoli e personaggi che mi resteranno nel cuore (Joe e Biddy), ma la parabola di Pip e delle sue grandi speranze sono state una lunga agonia.
Probabilmente proprio perché non sono riuscita a trovare un punto di collegamento tra me e il protagonista, tutte le sue vicissitudini mi sono passate un po' come noiose. Certo l'intento di Dickens nel raccontare la vita di Pip è chiaro, il modo in cui lascia suggerimenti, lancia ammonimenti e fa intuire come si lasci condizionare dalle sue "grandi speranze" sono lapidari a tratti.
Una delle cose che pensavo di trovare diversa è stata la scrittura: a tratti difficile, arzigogolata, affossata da subordinate che introducono il succo della frase, ma talmente lunghe che dimentichi il senso di quello che stai leggendo, l'ho trovata diversa rispetto quella di Canto di Natale, l'unico altro Dickens che ho letto. Dovrò per forza controllare con altri titoli.
Alla prossima, Charlie.
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lavander792 · 5 months ago
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Una gatta sul tetto che scotta
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Se potessi vivrei di teatro.
Shakespeare, Brecht, le tragedie greche, Medea, Fedra, Antigone. Adesso Tennessee Williams mi ha ricordato quell'amore per la scrittura di solo dialogo, dove tutto il resto sta alla tua immaginazione e l'interpretazione, delle voci, dei toni, della disperazione, sta tutta nella tua mente. 
"Una gatta sul tetto che scotta" è un dramma moderno, dove antichi rancori irrisolti tornano a galla e segreti che non vogliono essere affrontati si ripresentano, con un aspetto cadaverico e funereo.
Menzione d'onore a Maggie, la gatta, e al padre di Brick. Restano impressi come scottature.
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