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Lidia De Nuzzo
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второе средневековье
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lidxden · 4 years ago
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Digitale, artificiale, sintetico. In una parola, programmabile. Il mondo si è avviato ad una trasformazione profonda e irreversibile delle proprie fondamenta ontologiche ed ontogenetiche. Una trasformazione che si comincia a percepire come molto “agita” ma, al contempo e con preoccupazione, anche poco “pensata”. Siamo ad un momento di passaggio epocale nella storia della specie umana. Un passaggio che rimane, ad oggi, sostanzialmente sottaciuto e confinato di norma nelle pratiche e nelle ricerche degli specialisti e degli esperti. Scienze e tecnologie di notevole portata e impatto ambientale e sociale (quali, ad esempio, la computazione quantistica, la biologia sintetica, l’intelligenza artificiale, la nanotecnologia molecolare, la crittografia monetaria, la robotica sociale) stanno lasciando i laboratori di progettazione e sperimentazione -in certa misura finora controllati e circoscritti- per essere diffuse, in maniera sempre più ampia, su scala planetaria. Tutto questo trasferimento (da scienza verso l’ingegneria) sta accadendo, oggi, con una debole attenzione specifica e nessuna consapevolezza sistemica da parte della collettività.
A fronte di questa spinta tecnologica (di cui è parte rilevante anche l’attuale rivoluzione dei dati), credo sia sempre più indifferibile l’attivazione di un pensiero filosofico all’altezza delle sfide scientifiche e tecnologiche in essere. Un pensiero speculativo e prospettico, aperto ma attento, capace di studiare e accompagnare, con la necessaria densità teorica, questa nuova fase dell’antropocene. È tempo, dunque, di immaginare un manifesto “philtech” che renda pubblico e renda urgente il bisogno collettivo di tornare a pensare filosoficamente la tecnologia.
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