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omgmyriamlove · 4 years
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TSUNDERE (on Wattpad) https://my.w.tt/2Rg9JmZwS7 dal testo: "-buon giorno signorina Tsundere- ecco ci risiamo. -Haruno, Sakura Haruno per favore- lo imploro. Da quando l'ho minacciato mi ha soprannominato "tsundere". Dice che si adatta perfettamente al mio "carattere" .." ... "..voglio che tu sia a disposizione di entrambi. Sarai la loro guida. Aiuterai entrambi a dare il meglio e illustrerai loro come funziona. In questo mese dovrei occuparti di cose un po' più delicate- marca la voce sull'ultima frase. So dove vuole arrivare. Dovrò occuparmi di questioni riservate tra loro e lo stato americano. Inizio a sudare freddo solo all'idea. Non posso fare passi falsi. Non solo verrei licenziata in tronco ma scatenerei una guerra che sarà difficile da sedare. -ne siete sicuro?- chiedo -si. In questo anno hai dimostrato di avere polso e grinta. Vedi come me anche i ragazzi sono stati colpiti da quella famosa tempesta. Io allora ero sposato da pochi anni e il più grande aveva 5 anni, mentre il più piccolo era solo un piccolo puntino nel ventre di mia moglie- Perdo un battito. Quindi anche loro sono potenzialmente pericolosi?.."
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omgmyriamlove · 4 years
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DEAF (on Wattpad) https://my.w.tt/WJmv67WwS7 dopo l'ennesimo scontro con Bakugo, Deku perde definitivamente l'udito e con esso la possbilità di tornare ad essere l'eroe numero 1. dal testo: "faccio veramente schifo" non aveva più lacrime da piangere, gli occhi bruciavano da morire. Il suo copro in quel momento aveva iniziato a risentire dei colpi durante la lotta. Sospirò ancora una volta, il cuore non aveva smesso un secondo di battere forte. La paura, la delusione, la rabbia e poi l'odio si scontravano nella mente del biondo. Chiuse gli occhi mentre la mente rievocava quella scena più e più volte. Se ci fosse stata una pena da scontare lo avrebbe fatto volentieri, non si sarebbe opposto.
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omgmyriamlove · 5 years
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Cap.4
Sakura uscì dall’edificio di corsa; non si sarebbe mai aspettata una reazione del genere da Gaara. Di solito si lasciavano sempre in modo freddo e distaccato, non le aveva mai rivolto una parola, figuriamoci una battuta del genere. E soprattutto era la prima volta che il ragazzo avanzasse una richiesta così esplicita.  
“se gli dicevo di sì cosa sarebbe successo? Cioè so dove voleva andare a parare... ma perché proprio me? E poi perché dovrei farlo? E se mi rovinassi la reputazione? No probabilmente me la sono già rovinata... fare certe cose con il tuo capo è già scavarsi la fossa da soli...” le guance di Sakura divennero ancora più rosse. Non poteva ammetterlo apertamente, ma avere certe attenzioni da un ragazzo come Gaara non le dispiaceva affatto. Nonostante le frecciatine e l’umore altalenante, Gaara era un perfetto amante. Sempre pronto a regalare “emozioni” senza pretendere nulla in cambio.  
“a parte oggi...” ma qualcosa la interruppe dai suoi pensieri. Un uomo dai capelli lunghi e neri era appoggiato sulla portiera della sua macchina a braccia conserte. Non riusciva a riconoscerne il volto per via dell’oscurità, ma la corporatura le era alquanto famigliare.
Si avvicinò alla macchina con cautela ed estrasse il cellulare, cercò di essere il più naturale possibile e far finta di rispondere a qualche messaggio per poi iniziare a comporre il numero della polizia locale. Purtroppo nella sua vita poche persone si erano presentate così, e la maggior parte erano strozzini oppure gente che aveva tutta l’intenzione di cancellarla dalla faccia della terra.  
“ed è proprio per questo che ho accettato questo lavoro lontano da casa”
Avanzò cauta, cercando di riconoscere quel volto oscurato dal buio; il cuore aveva iniziato a galoppare e la paura iniziava a farsi sentire.  l’uomo d’improvviso si mosse, avanzando un passo verso di lei, mettendosi finalmente sotto la luce che la luna stava offrendo al paesaggio. A quel punto a Sakura sembrò che il suo cuore smise di battere per qualche secondo.  
-cosa... cosa ci fai...tu... qui - per poco non svenne quando l’uomo davanti a sè le rivolse un sorriso ambiguo a 32 denti
-è così che accogli il tuo vecchio? - dicendo questo le si era avvicinato e con una mano le aveva preso una ciocca di capelli rosa per portarsela sotto il naso. Sakura strinse ancora di più la borsa iniziando a sudare freddo.  
“se lui è qui allora vuol dire che...”
-mi sei mancata piccola- si piegò con il busto verso quella creatura dai capelli rosa e le lasciò un piccolo bacio a fior di labbra.
A quel contatto Sakura si pietrificò all’istante, erano poche le volte che quell’uomo le aveva dato un bacio a fior di labbra e ogni volta le cose finivano male per tutti.
-cosa ci fai qui? - questa volta cercò di essere più decisa possibile nel porgli la domanda.
-sono venuto a trovare il figlio di un mio vecchio amico... ho un piccolo progetto da proporgli e sono sicuro che gli interesserà... e quando ho saputo che c’eri tu al suo fianco... Bhe ne ho approfittato nel passare a trovare la mia piccola stella -   mentre diceva questo l’uomo accarezzava dolcemente il viso di Sakura. La trovava più in forma del solito, a parte le occhiaie.  
“sicuramente stare dietro al più piccolo dei Sabaku è alquanto impegnativo...”
Sakura si ritrasse da quelle carezze alquanto strane; da quando aveva riconosciuto il suo volto, i suoi sensi l’avevano messa in allerta. Era strano, troppo strano che LUI fosse qui. E soprattutto era STRANO che LUI proponesse qualcosa di SUO a qualcuno. Per quanto fosse abile negli affari, quell’uomo custodiva gelosamente i suoi progetti, e in pochi ne erano a conoscenza, ancora meno quelli in cui ne facevano parte.  
-non credo che il Signor Sabaku sia interessato al tuo progetto... Ha cose più importanti da gestire- l'uomo trattenne a stento una risata, allontanandosi da lei per poi avanzare verso l’ingresso dello stabile
-”Signor Sabaku”? Capisco che è un po' più grande di te... Ma mi sembra che voi siate alquanto... Intimi- disse sfoggiando un altro sorriso, questa volta ancora più perfido del primo
-noi non siamo...-
-ah no? Eppure sulla tua pelle c’è il SUO odore e nei tuoi capelli ci sono ancora dei granelli di sabbia... Se non siete intimi cosa siete? - si voltò lentamente verso Sakura e questa volta assottigliò lo sguardo
-siete amici con benefici? O semplicemente... il suo nuovo giocattolo? - a quella affermazione perse un battito. Troppe volte aveva pensato alla stessa cosa e per la maggior parte delle volte ne era quasi certa, ma sentirselo dire in faccia, soprattutto da una persona a cui doveva la vita... faceva davvero male. Abbassò lo sguardo d’istinto per poi ricambiarne uno di fuoco al suo interlocutore.
-quello che siamo non ti deve interessare. È troppo tardi per i colloqui, sicuramente non vorrà riceverti. Prova domani mattina- detto questo si girò e aprì lo sportello della macchina.
Come un fulmine l’uomo le fu’ dietro le spalle e si appoggiò letteralmente su di lei tenendo delicatamente le mani sui polsi si lei
-ops.. A quanto pare ho detto qualcosa che non andava... ma non ti preoccupare. Purtroppo quel simpatico rossino ha la fama di usare le persone, e tu non sei nè la prima e nè l’ultima... ti conviene dimenticare tutto, qualsiasi cosa sia successa. Te lo dico per il tuo bene bambina mia- si abbassò per scoccarle un bacio sulla testa, per poi tornare all’ingresso
-sai, mi sei mancata tantissimo. E manchi tanto anche agli altri... Dovresti venire a trovarci ogni tanto... è11p anzi dovresti mollare questo stupido lavoro da schiavetta e tornare da noi. Lo sai, non ti mancherebbe niente e verresti trattata da regina, piccola stella- si girò verso di lei, e questa volta oltre al sorriso due occhi rossi avevano preso posto a quelli color pece.
-mi mancherebbe la libertà, quella che tu non hai mai dato a nessuno. Nemmeno a me...Madara- Sakura cercò di ignorare quegli occhi e si mise a sedere sul sedile. La cosa iniziava a puzzargli troppo. Non era un caso che lui sapesse che lei fosse lì...
-ogni cosa ha il suo prezzo... E tu lo sai meglio di tutti... Lo stai ancora pagando- detto questo l’uomo dagli occhi rossi sparì dietro la porta scorrevole dell’edificio. Lei volse lo sguardo in alto e le lacrime che a stento era riuscita a trattenere, finalmente potevano cadere libere.  
“no, non è un caso che sia qui... la mia libertà ha un prezzo... E lui è venuto a riscuotere”
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Madara varcò la soglia di quel piccolo edificio, immerso nei suoi pensieri. Cercò distrattamente l’ascensore per poi infilarcisi dentro e premere il pulsante del 3° piano. In testa risuonava ancora la voce di Sakura, forte ma allo stesso tempo insicura. Era certo che l’avesse messa in allerta, poiché l’ultima volta che le aveva rivolto la parola, quella ragazza dai capelli rosa, era scappata lasciandolo solo nell’ideale di mondo che aveva progettato per lei. Ancora non capiva il senso di quel gesto. Le aveva dato tutto e lei comunque era scappata.  
“ma non questa volta... tornerà da me. Tornerà ad essere la mia stella”  
Uscì svelto dall’ascensore per poi percorrere il piccolo corridoio che dava all’ufficio principale, durante il percorso sbriciò qua e là le scrivanie e riuscì a trovare anche il piccolo ufficio di sakura. Curioso entrò nella piccola stanza, socchiudendo la porta. Era impregnata del suo odore, i fogli con i vari post-it erano sparsi sulla scrivania, il piccolo pc ancora acceso era sommerso di note e fogli. Ne prese in mano alcuni, senza leggerli davvero. Girò intorno alla scrivania e prima di mettere mano sul computer una presenza lo bloccò. Alzò la testa e sorrise difronte ad un viso molto familiare.
-cosa ci fai qui? - Gaara aveva udito i passi di qualcuno arrestarsi in un punto preciso ed era andato a controllare. Quando si era ritrovato il volto di quell’uomo dietro la scrivania della sua segretaria si alterò non poco, ma cercò di essere il più distaccato e freddo possibile
-sono venuto a trovarti e a farti i miei complimenti Gaara- iniziò l’uomo allontanandosi dalla scrivania e andando incontro al ragazzo
-e lo fai sbirciando dove non dovresti- la sua non era una domanda; da quando aveva memoria l’uomo dagli occhi rossi aveva sempre creato qualche grosso problema che a stento gli “adulti” riuscivano a risolvere. E se era lì non era di certo per una semplice visita di cortesia. Lentamente fece scendere la sabbia dalla giara che aveva nascosto dietro di sé, era pronto ad attaccarlo al muro e imprigionarlo in uno delle vergini di sabbia che si era divertito negli anni a costruire per i suoi nemici. Ma sapeva anche che l’uomo davanti a sé probabilmente aveva già calcolato le sue mosse, tutto grazie al suo potere oculare. Uno dei pochi poteri che potevano essere trasmessi integri di generazione in generazione.  
Madara non si scompose nel vedere la sabbia scivolare sotto il ragazzo, in fondo lo aveva previsto un benvenuto del genere. Anzi era anche stupito del fatto che non fosse ancora schiacciato a terra, intrappolato in una prigione di sabbia letale. A passo lento si avvicinò al ragazzo e gli mise le mani sulle spalle
-hai ragione, ho sbagliato. Ma lo sai, sono sempre stato una persona curiosa. Ma tranquillo, i vostri progetti non mi interessano, ho altro per la mente...- erano uno difronte all’altro. Il moro superava il ragazzo di quasi 10 cm, tutti e due attenti ad ogni mossa dell’altro.
-e sei venuto qui a proporla, ma cosa ti fa pensare che la cosa mi interessi? - Gaara aveva incrociato le braccia al petto e si era appoggiato allo stipite della porta. Voleva chiudere la conversazione il prima possibile e soprattutto doveva trovare un modo per mandare quello svitato fuori dalla sua azienda e dalla sua vita prima che fosse troppo tardi
-oh sono sicuro che ti interessa. Io e te siamo piuttosto simili...-  
-e cosa te lo fa pensare? - Gaara interruppe l’uomo, sempre più convinto di voler usare il suo potere per cacciare via l’uomo.
-siamo uomini d’affare noi... Sempre pronti per nuove scoperte, sempre pronti a metterci in gioco. Siamo sempre al centro dell’attenzione, qualunque cosa noi facciamo- Madara lentamente si diresse verso la scrivania della ragazza e prese tra le mani l’unica foto presente in quella stanza. La spolverò con la manica per poi guardare teneramente l’immagine, poi rivolse l’immagine verso il ragazzo dai capelli rossi per poi riprendere a parlare
-niente riesce a fermarci, soprattutto se ci siamo fissati un obbiettivo. Ho notato che tra te e la signorina Haruno c’è una piccola intesa- Madara si mise a sedere sulla scrivania, tra le pile di fogli, facendone cadere alcuni
-non è di tuo interesse-  
-oh certo che è di mio interesse. Vedi, per chi non conoscesse le tue “passioni”, quello che regali a quella ragazza potrebbe essere facilmente frainteso. Cosa che a te va più che a genio visto che il tuo obbiettivo è di trovare un nuovo giocattolo con cui divertirti-
-Sakura non è un giocattolo-
-sisi certo... È questo quello che ti ripeti ogni volta che ti guardi allo specchio?- con un piccolo scatto del corpo Madara fu’ dietro le spalle del ragazzo, che non si era scomposto minimamente
-scommetto che dentro di te la voglia di avere un’altra schiavetta non ti è ancora passata...-
Gaara si girò lentamente, indurendo lo sguardo. Con un gesto della mano la sabbia si raccolse dietro di lui in tanti piccoli proiettili appuntiti, pronti a lanciarli verso il loro obbiettivo
-ho saputo dei guai che hai procurato in Giappone... nonostante tuo padre abbia coperto il fatto, qualcuno ancora sospetta di te... ed è per questo che sei venuto qui vero? Essere spedito dall’altra parte del globo per dare tempo laggiù di dimenticarsi di tutto per poi ricominciare. E devo dire che metterti a fianco una ragazza così... tenace è stata una mossa davvero intelligente... - Madara fece un passo verso il ragazzo, restando a pochi centimetri dal suo corpo. La sabbia aveva iniziato a tremare, la faccia del ragazzo aveva iniziato a creparsi e far cadere dei piccoli pezzi, come se fosse fatto di creta. Lo sguardo omicida gli procurava un piccolo brivido in tutto il corpo. Nonostante sapesse di essere il più forte, Madara temeva quel ragazzino.
-tranquillo, io ti capisco. Certe “passioni” hanno conseguenze più o meno gravi. Anche a me è capitato di aver rotto qualche “giocattolo”, ma è normale. Non tutti i “giocattoli” sono fatti di buona qualità... soprattutto sei uno di questi si ribella...- assottigliò lo sguardo cercando di tenere testa a quello omicida del rossino
-però, se il mio progetto prendesse forma, non ci saranno più conseguenze spiacevoli- Gaara alzò un sopracciglio. Aver portato a galla una storia che stava tentando di insabbiare in tutti i modi lo aveva fatto incavolare in tutti i modi. Una parte di sé lo avrebbe impalato lì sul momento, mentre l’altra cercava di trovare un senso alle parole di quel pazzo di un Uchiha
Senza avere il consenso Madara estrasse un piccolo fascicolo dalla borsa che aveva a tracolla e la porse al ragazzo. Gaara la prese in mano e iniziò a sfogliarla
-vedi il progetto che ho in mente, non solo soddisferà i tuoi bisogni personali, ma potrà essere utilizzato anche per scopi più grandi... ti basterà applicare questo piccolino sulla mano della persona interessata e potrai ottenere quello che vuoi- Madara estrasse dalla borsa, questa volta, un piccolo led che lasciò sulla sua mano. Era più piccolo di un’unghia, ed era estremamente sottile e trasparente.  
Gaara lo prese e lo tenne nella sua mano. “sembra uno di quegli aggeggi che mi ha descritto papà nelle sue storie. Uno di quelli che avevano sperimentato per il controllo delle persone prima della tempesta solare”
-e in tutto questo Haruno cosa c’entra? - Gaara continuò ad osservare il piccolo aggeggio per poi posare gli occhi sul suo interlocutore
-vedi Sakura è una mia vecchia conoscenza.... e proprio grazie a lei che sono riuscito a ideare questo piccolo giocattolino-
Gaara iniziò a insospettirsi. Il fatto che quello svitato l’avesse descritta come vecchia conoscenza non gli piaceva affatto
-una vecchia conoscenza? E per di più ti avrebbe aiutato in questo progetto... mi fa strano che sia ancora viva- Gaara aveva colpito nel segno. Non immaginava che tipo di relazione avessero quei due, ma di certo il moro non avrebbe mai lasciato uno dei suoi collaboratori lavorare per la conocorrenza. Sapeva che chi ci aveva provato aveva fatto una brutta fine
-bella battuta, non sapevo riuscissi a farne una- Madara finse una piccola risata per poi continuare
-vedi Sakura è stata la prima a sperimentare questa tecnologia-
-poi cos’è successo? - Gaara aveva di nuovo assunto una sguardo tagliente
-abbiamo avuto qualche piccolo battibecco ed ha abbandonato il progetto- “e me” finì di pensare Madara.
-mi fa ancora più strano che sia ancora VIVA. Anche se immagino cosa potesse aver vissuto per essere scappata-
A quel punto Madara attivò lo Sharingan, rabbia trasudava dalla sua pelle. Dove prima c’era un sorriso benevolo, ora c’erano labbra serrate in una piccola smorfia di disgusto.
“dopotutto siamo simili. Avrai torturato quella poverina fino a che se l’è data a gambe...”
Una voce più oscura si intrufolò nella sua mente
“non male per una ragazzina fuggire da questo svitato ed essere ancora in piena salute... a meno ché non l’abbia lasciata in vita a posta...”
-che cosa cerchi da lei Madara?-
-voglio che ritorni a far parte del progetto, AIUTANDOCI a svilupparlo al meglio-
-aiutando-CI?- Gaara marcò le ultime parole  
-ovviamente se accetterai. Pensaci bene ragazzo mio. Con questo piccolo oggetto...- gli fu di nuovo alle spalle, ma questa volta un pochino più lontano  
– potresti avere tutto il mondo ai tuoi piedi. Chi indossa questo piccolino è totalmente SUCCUBE delle tue parole e azioni. Non solo avresti la possibilità di ricostruire l’harem che hai distrutto, ma avresti la possibilità di ampliare la tua rete di informazioni ed accrescere la vostra azienda per farla diventare il numero uno non solo di poche nazioni, ma del pianeta intero-
Aveva gli occhi che brillavano e un leggero affanno nel respiro
“si sta’ eccitando solo all’idea, vecchio bastardo” la voce oscura aveva azzeccato il commento a quella scena  
-e che cosa vorresti in cambio? -
-ovviamente saremo soci in affari. Mi prenderò il 30% dei guadagni-
-ma? -a Gaara puzzava sempre di più le richieste di quel pazzo
-Ma ho BISOGNO di Sakura. Senza di lei non funzionerebbe-
Gaara prestò massima attenzione alle ultime parole del moro. Quella affermazione non le era piaciuto affatto. Attese qualche istante prima di dara una risposta alla domanda silenziosa che le aveva proposto l’Uchiha
-per quanto mi sforzi a capire le tue intenzioni, l’unica risposta che posso darti è NO. Non prenderò parte ad un progetto del genere. Ho già problemi adesso, se accetto l’azienda cadrebbe ancora più in basso-
Madara aveva incassato il colpo silenziosamente. Sperava che il rossino prendesse parte al suo progetto, ma a quanto pare aveva maturato una lealtà nei confronti della sua famiglia che qualche tempo prima non aveva
-allora lascia solo che Sakura mi dia una mano nel tempo libero. Ho VERAMENTE bisogno di lei. Mi prenderò CURA di lei-
-assolutamente no. Qui in azienda abbiamo bisogno di lei, e io ho bisogno di lei nel tempo libero-
A quel punto accompagnò l’ospite indesiderato all’ingresso, porgendogli il piccolo oggetto e il fascicolo.
-Madara lascia che ti dica una cosa. Qualsiasi cosa ti legava a quella ragazzina, ora non c’è più. Se hai bisogno di realizzare il tuo progetto ci sono tante aziende e altrettante persone pronte a farti da cavia-
Madara rimase di stucco a quella affermazione. Ma ne era contento in fondo.
-capisco... allora mi dispiace averti portato via del tempo prezioso. Lascia però che ti dia un piccolo consiglio... non ti ci affezionare troppo. Quella ragazzina ha la strana abitudine di “mordere la mano che la nutre” -  
-dipende da che mano le arriva. Se in quella mano il cibo è veleno, dubito che voglia rimanere. Comunque sia non preoccuparti. Come hai detto tu noi due siamo simili, non puntiamo ad avere relazioni, ma solo giocattoli che ci tengano impegnati -  
“sei veramente spregevole, degno di essere il mio contenitore” la voce oscura continuava a ridere mentre sul volto di Gaara apparve un piccolo ghigno. Madara  quel punto non restò che allontanarsi, la rabbia iniziava a ribollire nello stomaco. Non solo non aveva ottenuto la collaborazione che aveva sperato, ma si era lasciato sfuggire l’occasione di riavere la sua piccola stella
“certo deve essersi affezionato il piccolo bastardo, ma lo troverò un modo per portartela via. Come hai detto tu, ci sono tante aziende che accetteranno di collaborare... Soprattutto se questo potrebbe portarli sulla vetta e spodestarti”  
Una risata malvagia risuonava nel silenzio di quella notte di luna piena. Una risata di un uomo che aveva un obbiettivo in mente e che nessuno lo avrebbe fermato.  
Gaara era tornato nel suo ufficio, davanti al grande Mac aveva iniziato a comporre una decina di email, tutte con la stessa frase scritta. Una frase corta e concisa. Inviò le email e guardò il telefono. Era tentato di chiamare quella ragazzina per incontrarla e chiederle spiegazioni, ma non lo fece. Era tardi ed era molto stanco. Costruì una piccola rosa di sabbia che posò sulla scrivania  prima di alzarsi e uscire di lì.  
“la chiamerò domani, e ne parleremo insieme. Se lei sa qualcosa è bene che la tenga aggiornata sugli avvenimenti e soprattutto lontana da quel pazzo”
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omgmyriamlove · 5 years
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Cap.3
Quella mattina Sakura ci mise più del solito a prepararsi per andare a lavoro. Aveva passato la notte completamente insonne. Si guardò allo specchio e delle profonde occhiaie contornavano i sui bellissimi occhi verdi, il colore del viso più pallido del solito e i suoi adorati capelli rosa avevano assunto la forma di un enorme cespuglio crespo.
Si trascinò con poca voglia verso la porta di casa, recuperando qua e là fogli e documenti sparsi per il corridoio. Da quando i due ragazzi avevano preso il posto del padre, alla poverina erano stati moltiplicati i compiti da svolgere, le riunioni a cui doveva presenziare e alle mille domande e proposte di quei due ragazzi, oltre alle varie problematiche dei dipendenti che adesso solo lei poteva gestire. Era arrivata al punto che si portava il lavoro a casa, per poter far fronte a tutto quel casino in cui l’aveva lasciata “mano di velluto”.
Aveva passato le prime due settimane entusiasta per il nuovo ruolo che le avevano affidato, non solo perchè adesso aveva capito il suo potenziale che fino a quel momento le era sconosciuto, ma anche perché quel famoso lunedì ad accoglierla nello studio del padre c’era Kankuro e non il rossino.
Kankuro in quelle settimane era stato proprio un gentil uomo, sempre con un sorriso sulle labbra e una parola dolce per i suoi dipendenti. L'unica pecca era che si perdeva in un bicchiere d’acqua. Non riusciva bene a portare avanti una riunione per più di mezz’ora, costringendo spesso Sakura a prendere la situazione in mano. Ma poco importava, le sarebbe andato bene se fosse rimasto lui, ma purtroppo il destino le remava continuamente contro. Esattamente due settimane dopo il famoso rossino si era fatto vivo, spodestando il fratello maggiore e prendendo definitivamente le redini dell’azienda. Al contrario di Kankuro, Gaara riusciva a tenere testa a qualsiasi problema, appariva sempre calmo e freddo, sempre pronto ad ogni evenienza e non si scomponeva mai. Riusciva a fare più cose contemporaneamente, e tra queste molestare Sakura era una delle sue preferite.
Come ogni mattina Sakura entrava in ufficio del rossino mettendo in mostra uno dei sorrisi più falsi che riuscisse a fare. Nonostante le varie minacce, Gaara non si era mai perso d’animo e continuava imperterrito quello che definiva:
-.. un piccolo passatempo, sai è dura stare seduto qui, lontano da casa, in una città nuova e senza poter gioire delle delizie che questa magnifica città offre- lo aveva detto con il solito sorrisetto strafottente ed una strana luce negli occhi.  
-Buongiorno Gaara-san- entrò senza nemmeno bussare. Ormai le buone maniere le aveva abbandonate da quando Kankuro se ne era andato definitivamente
-Sabaku-sama- ribattè lui senza staccare gli occhi dal foglio che stava visionando
-già è troppo il “san”-  Sakura fece una piccola smorfia e si avvicinò alla scrivania, dove con poca grazia, lascio cadere i fascicoli che poco prima aveva raccolto qua e là, pronti per essere visionati e approvati.
Ormai Gaara aveva fatto l’abitudine alla poca grazia che la ragazza dai capelli rosa le riservava da due settimane a questa parte, ma per lui non era un grosso problema. Anche perché preferiva questo tipo di atteggiamento che quel sorriso falso e le parole gentili che usava quando non erano soli. Ne era quasi felice di questo, e ogni santo giorno la provocava sempre di più per farle uscire quel lato di lei che tutti definivano “Tsundere” e che aveva placato i bollenti spiriti del padre... ma non i suoi.
Alzò lo sguardo su di lei, scrutandola a fondo per capire cosa le avrebbe fatto perdere la testa quella mattina, e nello stesso momento raccolse il primo fascicolo dalla piccola pila che si era formata. Si soffermò a guardarla dall’alto in basso e si rese conto che era diventata leggermente rossa in volto. Notò con molto dispiacere le profonde occhiaie che la poverina aveva cercato di nascondere sotto il make up forse più marcato del solito.  
-vedo che prima di arrivare qui hai avuto un incontro di box.. E posso immaginare chi ha vinto..- abbassò gli  occhi sul fascicolo, leggendo velocemente quello che aveva sotto mano. Sapeva dentro di sé che la ragazza non avrebbe tardato a rispondere e si preparò ad una sfuriata che come ogni santa mattina rallegrava quel insipido posto.
-nulla può reggere le tue Sabaku-sama- il tono della ragazza era ancora più aspro del solito, segno che aveva beccato il punto giusto
-e dimmi chi è lo sfortunato questa volta? - congiunse le mani in preghiera reggendo il mento, assottigliò gli occhi e attese
La ragazza fece un bel respiro e recuperò dalla pila dei fogli, una piccola agendina che distrattamente era caduta tra tutte quelle scartoffie. Iniziò ad elencare i compiti del giorno, ignorando lo sguardo tagliente del rossino per non aver ceduto all’ennesima provocazione. Avrebbe preferito rispondere ma vista l’ora non potevano permettersi altri “ritardi”.
Finito l’elenco, Gaara si alzò dalla sua sedia e consegnò a Sakura alcuni fogli, per poi prendere la giacca e dirigersi alla porta, fece passare Sakura per prima per poi aggiustarsi la cravatta e iniziare a salutare tutti i dipendenti che incontrava lungo il corridoio. Iniziarono così un’altra faticosa giornata tra riunioni, scartoffie e nuovi progetti. Verso l’ora di pranzo la poverina era riuscita a recuperare per tutti e due alcuni panini che riuscirono ad addentare e finire abbastanza velocemente.
Ogni tanto Gaara cercava di riprendere il discorso che avevano iniziato quella mattina, ma senza successo. Una volta rientrati in ufficio, tutti e due tirarono un sospiro di sollievo. Finalmente anche quella giornata era giunta al termine e Sakura non vedeva l’ora di fuggire il prima possibile prima che a Gaara venisse in mente qualche strana richiesta che le faceva sempre perdere tempo. L'umore di Gaara  era peggiorato durante la giornata  ed era arrivato al punto di non voler rivolgere parola quasi a nessuno. Si sedette dietro la sua scrivania e a malincuore vide troppe email da visionare prima di poter scappare da quell’ufficio. Guardò negli occhi Sakura e lei prontamente si girò e prese le sue cose per poi avvicinarsi alla porta dell’ufficio
-arrivederci Gaara-sama- con un sorriso falso e la mano sulla maniglia era già pronta a darsela a gambe perché aveva capito dallo sguardo deluso di Gaara che l’avrebbe costretta a stare con lui altre ore lì dentro.
Ma qualcosa le impedì di compiere quel gesto. Una striscia sottile di sabbia le aveva avvolto gentilmente la mano, stringendole appena il polso, segno che Gaara l’aveva incastrata ancora.
Si girò lentamente verso la fonte della sottile striscia di sabbia e rivide la stessa espressione che aveva visto quella mattina prima di partire, ma questa volta un pochino più dura.
Con un cenno della testa Gaara la invitò ad avvicinarsi al suo fianco, mentre un piccolo scatto delle dita trascino lentamente la sabbia dal luogo in cui era sbucata fuori, una piccola e vecchia giara appoggiata sulla sua scrivania. Sakura si trascinò insieme alla sabbia per poi mettersi sul fianco del suo capo attendendo istruzioni. Diede un’occhiata allo schermo del gigantesco Mac e iniziò a contare le e-mail che sicuramente doveva visionare al posto del rossino.
-Gaara son a malapena 12 mail. Potresti occupartene tu sta volta- lo sguardo del capo si fece ancora più duro
-sono stanco- sentenziò dopo un lungo silenzio.
-anche io- Sakura non si fece intimorire da quello sguardo e ne rimandò uno ancora più duro
-allora aiutami e potrai andare a casa in meno di un’ora-
Con un piccolo colpo d’anca spostò la sedia del rossino per poi mettersi lei davanti al Mac e iniziare a visionare e prendere appunti delle varie e-mail da leggere. Gaara ritornò con la sedia al suo posto prendendo Sakura per i fianchi facendola sedere su una dei braccioli della sedia. La ragazza si lasciò guidare, non aveva la benchè minima voglia di protestare e per di più le gambe iniziavano a cedere dopo tutto il giorno trascorso su dei tacchi abbastanza alti. Il rossino si spostò in avanti, per vedere il contenuto di tutte quelle mail per lui totalmente inutili, senza mai staccare le sue mani nei fianchi di lei. Al tatto erano veramente morbidi e piano piano cercava di accarezzarli senza che lei se ne accorgesse.
Sakura a quel gesto appoggiò le sue mani a quelle di Gaara per staccargliele, ma al contatto il suo cuore perse un battito. Ignorò il cuore che aveva iniziato a battere forte e spostò malamente le mani del rossino dai propri fianchi per poi tornare a svolgere il suo lavoro. Il ragazzo tornò ad appoggiare le mani sui suoi fianchi, stringendoli un pochino di più. Questa volta Sakura spostò lo sguardo dal pc a quello del suo capo, ma non si accorse che le sue guance avevano di nuovo preso un colorito più roseo del solito. A quel nuovo contatto il cuore di Sakura aveva aumentato ancora di più i suoi battiti e cercava di fronteggiare quello sguardo sempre freddo con uno arrabbiato.  
-smettila- appoggiò di nuovo le mani su quelle del ragazzo, ma questi si opposero e strinsero ancora di più i fianchi di Sakura, che a quel gesto sgranò gli occhi. Stranamente quel contatto non le dispiaceva affatto, dentro di se voleva che continuasse a stringerla ancora più forte
“ma che mi salta in mente? Si vede che sono single da troppo tempo”
-Gaara smettila- ma la voce le era uscita quasi supplichevole
“oddio perché mi è uscita quella voce? “
Gaara l’attirò a sè facendola scivolare poco dolcemente sulle sue gambe e con uno scatto fulmineo con un braccio le cinse la vite e con l’altra le tenne ferma i polsi al grembo. Sapeva che questo la faceva impazzire, poiché aveva già testato varie volte come lei diventasse un tenero agnellino quando qualcuno le bloccava i movimenti. La sentiva tremare sotto di sé, lei volse lo sguardo verso il Mac, ma lui le spostò il viso verso il suo, tenendo questa volta i polsi stretti nella sua mano sotto il mento di lei. Gli occhi della ragazza erano rivolti verso il basso, verso il suo grembo dove era appoggiata l’altra mano
-Gaara così non riesco a finire il lavoro- la voce tremava ad ogni parola e la mente della ragazza diventava sempre di più annebbiata
“perchè lo fai Gaara?..” sentiva il respiro di Gaara sul suo collo e cercava con tutte le sue forze di allontanarsi da quella dolce fonte di calore. Gaara iniziò ad appoggiare lievemente le sue labbra sul quel collo candido, cercando solamente di sfiorarla appena. Ad ogni bacio Sakura tremava un po' di più ma continuava a tenere la testa girata, questa volta chiuse gli occhi d’istinto.  
-ga..ga..gaara.. Ti prego ...smettila..- la voce veniva fuori sempre più lieve
Gaara continuava imperterrito quella piccola tortura per entrambi, e con un piccolo e impercettibile movimento delle dita la sabbia iniziò ad accumularsi sotto di lui e a salire lentamente sulla sedia. Intanto i baci erano diventati sempre più marcati finché non iniziò a lasciare piccoli morsetti. Lasciò la presa sui polsi per poter afferrare invece quelle morbide cosce, che da quando si era trasferito, amava torturare con pizzicotti e piccoli schiaffetti. Con l’altra mano esplorava il ventre della ragazza, cercando di intrufolarsi tra i bottoni della camicetta. La sabbia continuava a salire e ad avvolgere i due corpi come una leggera coperta dove nascondere i desideri più intimi, Sakura sentendosi avvolgere da quel manto di sabbia cominciò a capire che anche questa volta sarebbe finita in quel modo, e la cosa con suo grande rammarico non le dispiaceva nemmeno un po'. Nello stesso tempo il rossino si chiedeva il perché non riuscisse a tenere a freno la sua libido di fronte a quella sfacciata eppure bastava che scendeva da quel palazzo e di donne da soddisfare ne trovava, ma come una calamita era attratto sempre da quella piccola Tsundere.
Intanto Sakura istintivamente aveva afferrato i polsi del rossino, lasciandosi accarezzare e torturare da quelle mani, mentre con il corpo si era appoggiata al petto del ragazzo, appoggiando la testa alla  sua spalla  e aprendo finalmente gli occhi. Da sopra la spalla il panorama che offriva la vetrata di quell’ufficio era quasi mozzafiato. Il sole era già tramontato, mentre la luna davanti a lei, era tonda e luminosa. A quel gesto Gaara capì che era a metà dell’opera di obbedienza, e pazientemente spostò il braccio che minuziosamente stava sbottonando quella fastidiosa camicetta, verso il mento della ragazza costringendola finalmente a guardarlo negli occhi. Verde su verde. Appoggiando la sua fronte a quella di Sakura, afferrò quasi con troppa foga la nuca di lei, intrecciando le dita tra quei fili di seta rosa, morbidi al tatto e con un profumo tipico di alberi in fiore. Iniziò a morderle le guance, lasciando dei piccoli segni rossi, per poi finire la corsa su quelle labbra color ciliegia e morbide come nuvole. Le torturò con piccoli morsi, per poi alleviarle il dolore passando con la punta della lingua il contorno. La baciò con foga e arroganza, ma a nessuno dei due dispiaceva quel contatto rude. Sakura ricambiava quei baci pieni di fuoco e a stento si ricordava di respirare. Le lingue si intrecciavano sempre più, mentre i respiri si facevano sempre più affannati e i gemiti sempre più alti. Se la mano che teneva il volto era scesa su quei seni piccoli ma sodi, l’altra era ancora ancorata a quella coscia, dove ogni tanto veniva torturata con qualche pizzicotto. Con un semplice pensiero del rossino, la sabbia iniziò ad accumularsi ai piedi della ragazza, per salire lentamente lungo le sue cosce. Sakura sapeva già cosa stava per succedere e questa volta ne facilitò il compito. Non era la prima volta, da quando era arrivato quel rossino prepotente, che egli usava il proprio potere per puro piacere personale suo e quello della ragazza. Allargò leggermente le gambe, in modo che Gaara le sfilasse le calze a mezza gamba che aveva optato quel giorno di indossare.  
“sembra che l’ho fatto a posta” penso Sakura mentre la mano del rossino saliva sempre di più, in cerca di qualcosa di ancora più prezioso da far torturare. Lei si strinse sempre di più al rossino, accarezzando quei capelli rossi così simili al fuoco, lo stesso fuoco che stava provando adesso. La sabbia iniziò, quasi di sua spontanea volontà, a spostarle il candido indumento intimo per regalarle carezze e piacere che mai avrebbe immaginato. Ma questa volta Gaara non voleva accontentarsi di seguire “passivamente” l’azione, infatti aveva iniziato ad accarezzarla in modo gentile, per poi quasi d’improvviso infilarle il primo dito all’interno. Fino a quel momento aveva visto la ragazza contorcersi dal piacere che la sabbia, con un suo pensiero, le dava ma non si era permesso di toccarla veramente. Sakura sussultò a quel contatto e riuscì a staccarsi per qualche secondo solo per chiedergli con lo sguardo il perché di quel gesto. Lo sguardo freddo del ragazzo era stato sostituito da uno pieno di passione. Gaara si fermò per qualche secondo solo per constatare che la ragazza non avesse realmente sentito dolore o altro, per poi continuare la sua opera di piacere. Con la lingua scese fino al collo per poi posarsi su quei piccoli seni sodi e lasciare una scia di baci ardenti. Assaggiò tutto il contorno dei seni per poi stuzzicare e mordere i capezzoli che aveva palpato poco prima. Man mano che i gemiti della ragazza si facevano più intensi, il cavallo dei pantaloni diventava sempre più stretto e dolorante. Continuò a darle piacere infilando un dito in più, uscendo ed entrando in lei facendola impazzire sempre di più. Sentiva le pareti di quell’organo meraviglioso avvolgere le sue dita ogni volta che entrava, sempre di più e sempre più velocemente. Si staccò dai quei seni sodi per riprendere a torturare le labbra della piccola Tsundere, che intanto cercava invano di trattenere gemiti di passione. Sakura si sentiva sempre più al limite, non riusciva più a controllare il suo corpo che si contorceva e si avvinghiava sempre di più verso quel ragazzo dallo sguardo freddo e dai capelli di fuoco. Le mani esperte sul suo corpo e il tocco quasi vellutato di quella coperta fatta di sabbia avevano il potere di farla sentire, come poche volte in vita sua, protetta e al sicuro. L'orgasmo arrivò prepotente e improvviso, con un piccolo urletto soffocato tra le labbra di Gaara, Sakura aveva raggiunto il piacere, tremando sempre più tra le braccia del rossino. Gaara continuò ad accarezzare l’intimità della ragazza per altro tempo finchè lasciò semplicemente la sua mano a coprire l’intimo della ragazza. Sakura ci mise alcuni minuti per riprendersi dall’orgasmo, ansimando pesantemente, si lasciò abbandonare sul quell’unico braccio che l’aveva sorretta. Buttò la testa all’indietro appoggiandola sta volta nel bracciolo della sedia e guardò Gaara. Il ragazzo era rosso in volto, sulle labbra il segno del rossetto che aveva usato quel giorno, la camicia sgualcita e i capelli arruffati. Anche lui aveva il fiato corto e solo in quel momento Sakura si accorse del piccolo problemino che continuava a pulsare sotto la sua chiappa destra. Cercò di alzarsi ma Gaara la rimise in quella posizione premendo, con la mano che le aveva regalato tutto quel piacere, sul suo petto.  
Sakura si riallacciò la camicetta, sistemando ciò che Gaara, con foga, aveva spostato. Sentiva i seni in fiamme per i baci pieni di passione, come le labbra e la sua parte intima. La sabbia si era posata a terra e piano piano stava tornando nella giara. Il fruscio della sabbia accompagnava quel lungo silenzio, finchè Sakura non prese parola
-ora dovrei proprio andare Gaara-
-non hai ancora finito il tuo lavoro-  Gaara aveva rivolto lo sguardo al Mac e stava leggendo la mail che poco prima Sakura stava visionando
-quella era l’ultima mail, quindi ho finito. Ce “altro” di cui hai bisogno? - mentre diceva questo Sakura aveva recuperato scarpe e calze e le stava infilando, senza preoccuparsi se in quel momento era pesante o meno -bhe potresti sempre usare quel bellissimo collare che ti ho regalato il primo giorno e seguirmi fino al mio appartamento- la voce di Gaara era più rilassata e quasi divertita e questo stupì Sakura che di solito, dopo che aveva finito di torturarla, la lasciava scappare via senza fiatare -te l’ho detto quella volta e te lo dico adesso. Non mi metterò mai quel coso, non sono un cagnolino- -hai ragione, sei il MIO cagnolino- questa volta fu Gaara a marcare parola per parola. Aveva bloccato la ragazza per il braccio, mentre questa cercava di allontanarsi dalla scrivania e soprattutto da lui
-ti piacerebbe! Io non sono il cagnolino di nessuno, tantomeno il tuo. Non riuscirai mai a sottomettermi! - Sakura sfilo delicatamente il braccio dalla presa salda di Gaara e finalmente si avvicinò alla porta, per poi aprirla e recuperare velocemente le cose che aveva lasciato nel divanetto di fianco.  
-non buona serata Gaara-SAMA- e a passo svelto varcò la soglia, allontanandosi da quell’ufficio sbattendo la porta dietro di sé.
Gaara sorrise dentro di sè a quella reazione, sapeva che prima o poi avrebbe ottenuto quello che voleva. Lo aveva sempre ottenuto, doveva solo pazientare.  
-buona notte piccola Tsundere-
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omgmyriamlove · 5 years
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Cap.2
Passó una settimana da quell’incontro, e finalmente tutto era pronto per la “grande riunione” che il signor Rasa aveva richiesto. Ci radunammo tutti in un hotel fuori città. L’hotel oltre ad avere sauna e piscina interna era anche dotata di sale per videoconferenza e il ristorante aveva più di 500 posti. Ci sedemmo al ristorante, io tra i primi tavoli insieme ai miei colleghi di ufficio. Ogni tavolo ospitava 6 persone. Di fianco al mio tavolo e dietro le mie spalle avevo i responsabili di reparto, più indietro le 370 teste di operai ben vestiti. Alcuni si erano presentati con abito scuro, altri con semplice camicia e jeans. Sarei andata volentieri anche io in jeans e maglietta ma purtroppo dovevo fare tacere le 400 teste e presentare il sig. Rasa e famiglia.  
Eh sì, Rasa aveva deciso che quel giorno dovevano esserci tutti i suoi tre figli e la moglie. Quindi ho optato per un vestito lungo fino al ginocchio, rosso con ricami bianchi sullo scollo a V e intorno alle maniche. Dello stesso colore avevo preso i tacchi un po’ più alti del solito e per i capelli mi ero concessa qualche coccola dal parrucchiere così da farmi una acconciatura adeguata. Mi alzai con grazia e mi sistemai il vestito, poi con calma raggiunsi il piccolo palco, presi un microfono e mi misi al centro del palco. Di colpo la stanza piombò in un silenzio imbarazzante e l’ansia (ormai mia amica da anni) iniziò a fare capolino. Non era la prima volta che facevo questo tipo di cose, anzi avevo anche gestito intere riunioni da sola, mentre il capo era in vacanza, ma tutti quegli sguardi mi trafiggevano e mi facevano sentire molto piccola e soprattutto insicura. Mi schiarii la voce e accesi il microfono
-buona sera a tutti- non mi ero preparata nessun discorso fiduciosa nella mia grande capacità di oratrice, anche se in quel momento non riuscivo a formulare mezza frase nella mia testa. Le gambe iniziarono a tremare leggermente, ma cercai di non farci caso.
-vi prego di avere un po' di pazienza e di ascoltare attentamente quello che il nostro direttore ha da dirci. Tranquilli non sono cattive notizie, non saremo qui a bere e festeggiare dopotutto- una risatina generale invase la sala e divenni sempre più nervosa. Passai il microfono a Rasa che nel frattempo mi aveva raggiunto sul palco. Feci per andarmene ma una mano rasa mi mise una mano sulla spalla e mi sussurrò all’orecchio di restare. Iniziai a sudare freddo. Non era nei piani rimanere lì come uno stoccafisso di fianco al direttore. Feci cenno con la testa e mi misi alla sua sinistra, e rivolsi il mio sguardo su di lui.
-buonasera ragazzi, come accennato da sakura ho delle cose molto importanti da dirvi. Cercherò di essere più breve e conciso, anche perché anche io ho fame e dalla cucina viene un buon odorino- altra risatina da parte del pubblico
-intanto vi ringrazio di esserci tutti... come sapete oggi sono tre anni che lavoro a stretto contatto con voi. Tre anni che ho lasciato il Giappone e la mia famiglia per poter rialzare una delle aziende a cui tengo maggiormente. E sono felice di questo perché è soprattutto grazie al vostro impegno che possiamo dirci fuori dal fallimento- guardai la sala e tutti iniziarono ad applaudire. Per loro questi tre anni sono stati i più duri, turni massacranti e stipendi in ritardo, ma grazie all’impegno da questo anno rasa ha potuto pareggiare i conti e riuscire a dare a tutti la piena ricompensa
-da questo mese in poi i turni torneranno come quelli di una volta. Niente doppi turni e soprattutto niente stipendi da “fame”. Vi saranno aumentati gli stipendi a partire da adesso e avrete tutti un bonus per il vostro impegno e soprattutto per averci creduto-
Urla di felicità e fischi si innalzarono nella sala. Tutti quanti erano in piedi ad esultare. Finalmente per loro era arrivato il momento di essere ricompensati per tutta la fatica. Con un cenno delle mani cercai di calmare le 400 teste che erano ancora intente ad esultare
-calma ragazzi non ha ancora finito- dissi più calma possibile, ma niente le urla avevano tranquillamente sovrastato la mia voce. Tentai diverse volte di farli tacere mentre Rasa mi guardava divertito.  
-PIANTATELA- urlai con tutte le mie forze e divenni rossa dallo sforzo, ma il risultato fù eccezionale. Tutti quanti si ammutolirono all’istante, alcuni trattennero anche il fiato
-NON HA ANCORA FINITO DI PARLARE, QUINDI METTETEVI SEDUTI E STATE ZITTI- come degli automi si misero tutti quanti seduti. Tornato il silenzio mi rivolsi al capo
-prego vada avanti- cercai di nascondere la voce tremante.  
-grazie Tsundere-  Rasa mi guardava quasi soddisfatto e soprattutto divertito. Sentii le guance in fiamme e in quel momento volevo sotterrarmi. A parte Rasa e Baki nessuno sapeva del nomignolo che mi aveva affibbiato. Guardai il pubblico con sguardo truce. Alla prima risatina o battutina sarei scesa come un fulmine e gli avrei massacrati di bastonate. Fortunatamente nulla di tutto questo accadde
-come stavo dicendo grazie a voi l’azienda e salva. Purtroppo però per me è giunto il momento di tornare a casa. Tre anni sono tanti e gestire due aziende insieme diventa sempre più difficile. Per questo che ho deciso di affidarvi ad uno dei miei figli- con un cenno della mano due uomini in fondo alla sala si alzarono contemporaneamente e si avvicinarono al palco. Persi un battito quando riconobbi quella chioma rosso fuoco.  
“Non è possibile.. non può essere lui..” Rasa lascio il posto al mio fianco al più anziano dei fratelli. Era la copia sputata di Rasa. Stessi capelli, stessi occhi, stessa altezza e stessa corporatura. Mi guardo sorridente e fece un piccolo inchino con la testa nella mia direzione.  
-piacere kankuro-  
-sakura- risposi accennando anche io un piccolo inchino con la testa sorridendo a mia volta. Il mio sguardo cadde di nuovo sul ragazzo dai capelli di fuoco, che in quel momento aveva preso posto al fianco del padre. Al contrario di kankuro il rosso non aveva nessuna somiglianza con il padre. Probabilmente solo l’altezza e lo sguardo freddo e serio. Intanto rasa continuava il suo discorso mentre io continuavo a spostare lo sguardo tra Kankuro, Rasa e il pubblico. Non avevo il coraggio di guardare un secondo in più il ragazzo dai capelli color fuoco, il cuore mi batteva sempre di più.  
-..sakura sarà al fianco dei miei due figli e soprattutto del vostro. Quindi qualsiasi cosa potete tranquillamente chiedere a lei...-  
“ok.. COSA?!?!” non potevo crederci! Quell'infame non solo mi aveva messo a fare da tutor ai suoi adorati figli ma dovevo anche gestire tutte le 400 teste da sola! Sgranai gli occhi e inspirai profondamente. In quel momento l’imbarazzo e l’ansia sparirono completamente per lasciare il posto ad una profonda rabbia.  
“se non fossimo in 400 e avessi la tua famiglia al seguito ti avrei già scaraventato un cazzotto in quella testa bacata! Ma scherziamo? .. Oddio adesso non dormirò davvero la notte! Starò tutto il tempo in ufficio! Anzi dovrò dormire in ufficio! Nemmeno lo xanax sta volta mi aiuterà, ne sono sicura! Se vuole che faccia tutto questo mi deve aumentare lo stipendio... ho una vita anche io! Cioè in realtà no, sono sola come un cane.. Ma non importa! Non posso passare un mese intero in ufficio al servizio di..” il flusso di pensieri fù interrotto da una mano che si era posata sulla mia spalla. Alzai lo sguardo, Rasa mi stava guardando intensamente ed era a pochi centimetri dal mio viso..  
-ti uccido- mimai con le labbra. Per tutta risposta ebbi uno dei sorrisi più falsi e più grandi di tutta la storia
-Sakura non hai fame?-  e con grande disinvoltura spostò la sua mano sulla mia schiena e mi spinse leggermente in avanti facendomi strada verso il mio tavolo. Tra una battuta e l’altra anche la cena finì, e finì anche per dimenticarmi sia di Rasa che della sua famiglia. Mi alzai in piedi, in preda alle risate e solo allora mi accorsi che proprio davanti a me tre ragazzi mi guardavano. Kankuro istintivamente alzò una mano per salutarmi, mentre il rosso mi fissava e non faceva una smorfia, di fianco a lui una ragazza biondo cenere abbozzò un sorriso per poi sussurrare qualcosa all’orecchio dell’uomo che aveva alla sua destra. Feci un cenno con la testa e gli diedi le spalle. Potevo sentire i loro sguardi puntati sulla mia schiena e la cosa mi fece rabbrividire. Cercai di avanzare di qualche passo, mentre la stanza lentamente iniziava a girare.
“ho bevuto troppo” pensai. Il vino era così dolce e buono che ne bevvi 4 calici.  
“bhe almeno non sono quella messa peggio” eh si. I miei colleghi e commensali erano messi peggio. Due avevano iniziato a sonnecchiare, mentre gli altri tre non facevano che ridere, tentare di raccontarsi aneddoti imbarazzanti e bere.  mi diressi verso l’uscita, probabilmente una boccata d’aria mi sarebbe stata d’aiuto per ritrovare un po' di stabilità, ma la cosa mi fù quasi impossibile. Chi per un motivo, chi per un altro venivo costantemente fermata e invitata a passare del tempo con loro. Il problema e che non rifiutai nessun invito. Non pensavo più all’ansia ne ai problemi che ci sarebbero stati da lì in poi, quindi mi sedevo e mi facevo coinvolgere nelle loro conversazioni. Al quinto tavolo ero molto sbronza e a malapena riuscivo a tenermi in piedi. Mi girava tutto ma poco mi importava. Non ricordo bene come iniziò ma so solo che mi ritrovai su un tavolo insieme ad altri miei colleghi a ballare, mentre altre persone si erano radunate sotto il tavolo e ci incitavano. Continuavo a ballare alzando di tanto in tanto il mio bicchiere e a brindare con i miei colleghi quando una voce dietro le mie spalle mi fece girare e perdere l’equilibrio. Una crack e una fitta forte alla caviglia, poi caddi all’indietro, scivolando tra la tovaglia macchiata di rosso e la gente dietro di me. Restai immobile per qualche secondo mentre attorno a me cadde il silenzio. Avevto tutti gli sguardi puntati addosso e solo allora mi accorsi di essere caduta letteralmente addosso a qualcuno e che che questo qualcuno mi abbia protetto stringendo le braccia alla mia vita e facendo scudo con il suo corpo battendo la schiena. Mi girari per chiedere scusa al mal capitato ma quando li vidi sbiancai di colpo. Occhi verdi mi fissavano severi, le labbra serrate in un’espressione.. Dolorante?
Solo allora mi accorsi del danno... ero letteralmente caduta sul suo....
“maledizione!” scattai in piedi ma il risultato fù ancora più un disastro. Una fitta allucinante alla caviglia mi fece barcollare e cadere sbattendo il sedere. Mi strinsi d’istinto le mani introno alla caviglia e notai subito uno strano colore violaceo al collo del piede. Ad un tratto mi sentii sollevare da terra, mi guardai intorno e non vidi nessuno che mi stava reggendo. Cacciai un urlo, sotto di me una piccola nube di sabbia mi stava reggendo e mi avvicinava sempre di più al ragazzo dai capelli rossi.
Questi era già in piedi e con delicatezza fece posare la sabbia e me sulle sue braccia. Sussultai al gesto e tentai di scendere ma il ragazzo mi impedì di farlo. Si girò verso il fratello che era rimasto a guardare e a ridere per tutto il tempo e semplicemente disse
-la porto in ospedale, pensa tu al resto- per poi avviarsi verso l’uscita.  
Tentai altre due volte di fermarlo ma fu tutti inutile
-con la caviglia in quelle condizioni non riusciresti a fare un passo, e poi anche fosse non sei la condizione di poter camminare perfettamente-la sua voce era profonda e fredda come i suoi occhi.  l’acqua di colonia mi stava inebriando la mente più di tutto l’alcool che avevo ingurgitato e il cuore iniziava a battere sempre più forte. Si fermò davanti alla mia auto e mi guardò sempre più intensamente, diventai di tutte le sfumature del rosso, mi sentivo scavare dentro.  
-se non sbaglio è la tua macchina questa. Sbrigati ad aprirla perché PESI- marcò l’ultima parola apposta.
-allora smollami, ti ho già detto che facevo da sola- non riuscì a tenere a freno la mia lingua, il tono che avevo usato era stato più acido di come lo avevo pensato pochi istanti prima. Lui per tutta risposta mi fece scendere in malo modo senza però staccare realmente le mani dal mio corpo. Non feci molto caso alla posizione delle mani fino a che inserendo la chiave ne sentì, una  staccarsi e l’altra scivolare sempre più in basso. Mi raddrizzai di scatto e mi voltai e partì istintivamente una sberla a mano aperta ma senza che essa andasse a toccare il bersaglio. Come era successo poco prima una piccola nume di sabbia separava la sua faccia dalla mia mano. Scioccata abbassai la mano e la tenni stretta a pugno sul mio fianco.  
-ora capisco perché ti chiama tsundere- questa volta un piccolissimo ghigno era comparso sul quel viso il che lo rendeva ancora più attraente.  
Mi girai ed apri la portiera della macchina per poi salirci dentro. Abbassai il finestrino e lui ci si appoggiò letteralmente con un braccio, mentre l’altro lo aveva sopra il tettino della macchina
-non riuscirai a guidare in quelle condizioni tsundere, fatti da parte-
-gentile da parte tua ma.. NO. Ho guidato in condizioni peggiori e sono sempre tornata a casa, ora sposati o ti falcio-  
-non riuscirai ad arrivare in ospedale con quella caviglia-
-non vado in ospedale, è roba da niente- risposi sempre più acida
-ah si? E come lo sai?- il ghigno man mano diventava sempre più marcato
-ho già avuto incidenti del genere- lo dissi senza pensarci, volevo solo andarmene da lì e in fretta
-oltre che tsundere, sei anche ubriacona e hai la testa per aria! Che razza di segretaria sei?-non riuscivo in quel momento a leggere tra le righe, ero troppo nervosa ed brilla per farlo
-pensa per te!- sbottai – non che tu sia il massimo! Usi sempre questo metodo da falliti per approcciare con le persone? Dovresti migliorarlo lo sai?-
Per tutta risposta ricevetti il ghigno più terrificante di sempre, ma non mi fece paura anzi.. Avevo voglia di provocarlo per vedere fino a che punto si sarebbe spinto.  
-ci vediamo lunedì tsundere-  
“Lunedì?! scherzi spero!” diedi voce ai miei pensieri
-non ti piace l’idea?- si avvicinò sempre di più al mio viso, tanto che dovetti sposarmi leggermente più indietro con il busto e solo allora mi accorsi dell’odore dell’alcool che aveva addosso. Doveva aver bevuto anche lui, sicuramente.
-no, preferisco tuo fratello invece- risposi serafica
-e come mai?- era sempre più vicino
-perché almeno lui si è degnato di presentarsi senza palparmi il sedere!- alzai il tono della voce nell’ultima frase, avere un altro Rasa vicino sarebbe stato troppo per la mia fragile mente
-hai iniziato tu per prima- i suoi occhi adesso erano due fessure. Si stava prendendo gioco di me, era palese e la cosa mi mandava in bestia
-e quando sarebbe successo?- feci finta di niente anche se una mezza idea me l’ero già fatta in realtà
-quando sei volata su di me dopo che ti eri messa a sculettare-  
-ma è stato un incidente!- ribadii con le guance in fiamme
-certo, peccato solo che la tua mano sia finita..- non gli feci finire la frase. Gli tappai la bocca con entrambe le mani
-ho detto che è stato un incidente chiaro?-  con una mano spostò le mie dalle sue labbra, ma mi tenne saldamente i  polsi tirandoli leggermente a se, mentre con il busto si spostava sempre più vicino a me, tanto che i nostri nasi si sfiorarono. Trattenni il fiato ed il cuore ricominciò a galoppare nel petto. Il suo sguardo diventò sempre più penetrante tanto che iniziai a tremare leggermente. Ringraziai qualsiasi entità per essere già seduta in macchina o non avrei retto molto. Mi fissò per trenta secondi e poi il suo sguardo si spostò in basso verso la mia scollatura.
-e sei pure piatta- questa non gliel’avrei fatta passare liscia. Con tutta la forza che mi era rimasta lo spinsi indietro e riuscì a liberarmi dalla presa.  per evitare di nominarlo nei modi peggiori accesi il motore, e feci manovra per ripartire ma la sua voce mi bloccò
-e comunque sono Gaara Sabaku, ma tu puoi chiamarmi presidente- quel maledetto ghigno lo faceva sembrare troppo bello per essere vero.
-ci vediamo lunedì tsundere- disse per poi infilare le mani intasca e tornare nella hall dell’albergo.
Rimasi pietrificata. Davvero da lunedì dovevo sorbirmi due settimane di insulti da uno stronzo che di divertiva a palpeggiare le persone a caso?  
“ma no, sarà stato l’alcool” pensai poco convinta. Sospirai sonoramente e questa volta con calma riuscì a partire per tornare a casa e concedermi un sonno ristoratore.
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omgmyriamlove · 5 years
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Cap.1
Anno 2064
Uno dei suoni piú fastidiosi nella vita dell’uomo è sicuramente quello della sveglia. Un suono acuto, incessante e capace di cambiare ritmo nella frazione di un secondo, un suono che ti obbliga ad aprire gli occhi e smettere di sognare, per cominciare a vivere un'altra giornata.
Ed è proprio per quel suono acuto che aprì un occhio e allungo la mano per fare cessare quel coso. Puntellò i gomiti sul materasso, si prese la testa tra le mani per poi farle scivolare sul viso. Si guardò intorno; la stanza, come al solito era in disordine; vestiti sparsi ovunque, ormai non si vedono più neanche i mobili. Solo il letto è salvo.
“devo dare una ripulita” pensò tristemente “se entra mamma sicuro le prende un infarto”
Ridacchiò al solo pensiero. ‘’Fortuna che abito da sola da un po’ ‘’.  
Mi alzai a fatica, appendendomi letteralmente all’anta dell'armadio che avevo appena aperto. Vuoto. Completamente vuoto.
“devo ASSOLUTAMENTE mettere a posto” pensai. Con poca voglia iniziai a cercare i vestiti da mettere quel giorno. Dopodichè raggiunsi il bagno per la mia beauty routine quotidiana.
Mi guardai allo specchio.. “sembro uno zombie”.
Dopo essermi lavata la faccia passai la crema giorno sul viso... non tanto per mascherare chissà quale ruga “ho ancora 25 anni per Diana!” Ma perché nonostante l'acqua gelata sembra ancora che stia dormendo. Grazie alla crema il viso prese un po’ di elasticità. “Ecco, ora sembro piú o meno sveglia!”. E come tutti i giorni: passo l'eyeliner nero sui miei occhioni verdi e subito dopo il mascara; spazzolo i miei capelli rosa e mi lavo i denti.  
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Esco dal bagno e mi dirigo in cucina. Di tutte le stanze di questo appartamento solo la camera da letto sembra un campo di battaglia, mentre le altre sembrano uscite dalla rivista “ikea”. Adoro pulire , e sono piuttosto brava, ma purtoppo ho l'abitudine di gettare vestiti a casaccio in camera “perché probabilmente dopo mi serviranno”.  
Esco di casa vestita con camicetta smanicata bianca e gonna nera a vita alta. Indosso scarpe da ginnastica ai piedi e in mano (oltre alla pochette) ho un paio di scarpe con tacco 10. Apro lo sportello della macchina e mi dirigo a lavoro.
20 minuti di strada separano il mio appartamento dall’azienda, e pensare che manco ci speravo di finire a lavorare proprio lì.
Per un caso fortunato sono diventata la segretaria personale del direttore di “Suna™” una delle poche (forse l'unica) ad avere il monopolio di apparecchi tecnologici. Telefoni, tv,computer, droni.. tutto quello che è tecnologico a all'avanguardia lo abbiamo fatto noi.. cioè lo hanno fatto loro. Lavorano sia per i cittadini che per le autorità. Ma per quest'ultima le tecnologie che usiamo sono riservate.  
Ho conosciuto il direttore un anno fa ad un  aperitivo in un locale in centro di Miami. Ci avevano scambiato gli aperitivi al bancone. E tra uno scambio di battute e un altro il giorno dopo ero nel suo ufficio per essere assunta come segretaria personale. Mi disse semplicemente che aveva bisogno di una persona con il mio carattere e la mia grinta. Io invece credo il contrario. Sono convinta che avesse bisogno di qualcuno che tenesse a freno la sua “mano lesta” ed evitasse che il suo matrimonio di finisse a rotoli. Non che non ci abbia provato, anzi! Dal primo secondo che misi piede in quell’ufficio lui azzardo per due volte di appoggiare la sua “mano di velluto” (cosí la chiama) sul mio fondoschiena. Ovviamente gli impedii di arrivare al suo scopo e al terzo tentativo gli minacciai di tagliargli la mano di netto con taglia carte che aveva sulla scrivania. Il giorno dopo avevo un contratto a tempo indeterminato e uno stipendio da fare girare la testa.
Parcheggio l'auto nei sotterranei, infilo i tacchi, lancio le scarpe dietro i sedili e prendo l'ascensore per salire al 20esimo piano.  
Non è un palazzo altissimo, anzi si può dire che è uno dei più bassi qui, ma solo perché questa è una filiale che stava andando a rotoli e che il presidente (direttamente dal Giappone) ha deciso di tirarla su con le proprie mani. Il suo sogno e che questa sia una delle 3 aziende che gestirà uno dei suoi figli (uno per azienda). Ma è ancora indeciso a chi e quando lascerà le redini.
Anzi non so nemmeno quando parte per andare a trovare la sua famiglia. So solo che un giorno c’è e il giorno dopo no, con tanto di nota sulla scrivania “ci vediamo tra 2 settimane” ,lasciando l'intera azienda a me.
Molte volte vorrei ucciderlo .
Mi guardo allo specchio dell'ascensore per controllare che tutto sia a posto. Poi appena si aprono le porte mi dirigo in presidenza. In realtà avrei anche un ufficio tutto mio ma ci entro solo per far accomodare gli ospiti quando il capo è in riunione.
Durante quei pochi metri saluto i vari dipendenti calorosamente. All'inizio sembravano tutti schivi ma dopo appena due giorni ho capito che in realtà sono buoni ed ottimi impegnati. È solo la Mattina che è traumatica.  
Anche i nostri uffici non sono enormi. Anzi azzardei a dire che sono anche piuttosto piccoli. Ma siamo pochi ed è anche giusto così. Solo noi dipendenti in ufficio saremo una 20ina. Se poi messi insieme agli operai nell'azienda di fianco, camionisti, sotto segretari e altri dipendenti non raggiungiamo nemmeno le 400persone.
Busso alla porta del direttore. Una porta di legno chiaro, quasi bianco e ai lati gigantesche finestre. Le sottili tapparelle bianche sono abbassate, probabilmente il capo è già arrivato ha iniziato già a lavorare. Mi sono sempre chiesta a che ora arrivasse, e non solo io. Alcuni dicono che dorma direttamente lì. In effetti nessuno l'ha mai visto uscire.
Non aspetto risposta e apro subito la porta. Il capo è seduto dietro la scrivania. Il gigantesco pc acceso con minimo 10 pagine aperte e una marea di fogli sparsi nella scrivania.  
-buon giorno signor Rasa-  
Sentendosi chiamare alza la testa e mi sorride.
Devo ammettere che è comunque un bell'uomo nonostante abbia 52 anni suonati. Capelli corti color nocciola, occhi dal taglio orientale (tipico dei giapponesi) scuri, sguardo freddo. Non molto alto ma ha un fisico asciutto, quasi atletico. Tutto quello che indossa gli sta divinamente. Intelligente, buon osservatore, gran oratore e soprattutto innato senso per gli affari. Unico difetto: l'oro.
Con se porta sempre una boccettina di oro in polvere al collo che usa a suo piacimento. Come? Forza di volontà. Basta anche un solo pensiero che la boccetta di stappa da sola e la polverina esce, finendo per essere praticamente il suo terzo braccio.  
-buon giorno signorina Tsundere- ecco ci risiamo.
-Haruno, Sakura Haruno per favore- lo imploro. Da quando l'ho minacciato mi ha soprannominato “tsundere”. Dice che si adatta perfettamente al mio “carattere”
Di fianco al capo c’è il suo fedele amico e consigliere personale Baki. Sicuramente di ritorno dal Giappone per qualche altro progetto top secret.
Saluto anche lui con il mio solito sorriso. Lui al contrario di Rasa, non risponde. Si limita ad alzare la testa e a fissarmi per qualche secondo per poi tornare sui documenti che ha in mano.
Mi manda in bestia quando fa così! Dannato pelato chi ti credi di essere?! Gli tirerei volentieri uno schiaffo in quella testa pelata e perfettamente lucida solo per sentirne il suono!
Anche lui stessa età del sig. Rasa, ma con degli strani tatuaggi sotto gli occhi. Carnagione scura. Sembra abbronzato tutto l'anno.  E soprattutto è pelato. Fisico molto più palestrato del capo, ex generale della difesa militare iraniana. Nonostante siano passati davvero troppi anni da quando ha lasciato il servizio militare, continua ad avere lo stesso carattere e portamento. Sembra sempre che sia pronto per la guerra.  
Decido di ignorare questo atteggiamento e mi avvicino alla scrivania.  
-c'è un sacco di lavoro oggi, Tsundere , dobbiamo preparare tutto per l'arrivo di mio figlio!-
Da un mese a questa parte sembra che Rasa si sia deciso di lasciare le redini ad uno dei suoi figli maschi. La figlia femmina ha già avuto la sua azienda vicino a quella del padre. “per tenerla sotto controllo” mi disse una volta.
-certo, dove devo cominciare?-
Rasa mi porge alcuni documenti e inizia a farmi l'elenco di email da spedire, documenti da fotocopiare e altre pratiche burocratiche che lui ovviamente non ha la minima voglia di affrontare.
-ah e oltre a questo dovresti organizzare una riunione aziendale per questo venerdì. Voglio tutti quanti, comunicherò loro che lascerò l'azienda a mio figlio e che da qui ad un mese ci saranno cambiamenti-
-quindi avete già deciso a chi lasciarla?-  
- no, sono ancora indeciso. Tutte e due sono degli ottimi candidati- mi dice appoggiando il mento sul palmo sinistro. Questa cosa lo sta letteralmente affaticando.
-capisco. Se sono così bravi sarà difficile poiché questa azienda è una delle più piccole e quella che ha avuto più difficoltà nell'ultimo periodo-
Prendo i fogli che Baki mi sta “gentilmente” porgendo.  
-no questa azienda vale più di quelle che abbiamo, ed è proprio per questo che il sig. Sabaku ha bisogno di ponderare bene le sue scelte. Sono due ragazzi formidabili, ma ci vuole polso e un innato senso degli affari per mandarla avanti-
Ha parlato finalmente! Ovvio non sono le parole più dolci, anzi sento il tono acido e schifito, ma almeno mi ha rivolto la parola!  
-qualsiasi cosa deciderò lei rimarrà la segretaria personale del futuro presidente, non si preoccupi. Ah e prima che inizi il suo lavoro potrebbe portarmi un caffè? Lo vuoi anche tu Baki?- chiede Rasa volgendo lo sguardo dolce prima su di me e poi sul suo amico. Se non fosse felicemente sposato ci avrei fatto un pensierino..
-macchiato freddo-  
Finisco di raccogliere i documenti e lascio la stanza. Poi svolto a destra e mi dirigo nel mio piccolissimo ufficio. Nessun tocco personale. Pareti bianche, una pianta verde, finestra gigante che da sulla strada, una scrivania di legno chiaro e uno scaffale piccolo sempre dello stesso colore. Appoggio i documenti sulla scrivania e mi cade l'occhio sull'unica foto che ho. La prendo tra le mani e la bacio. È la foto dei miei genitori al loro 25 esimo anniversario di matrimonio. Si sposarono quando mia madre era al sesto mese di gravidanza.  Ripenso a quando mi manchino e decido che quella sera gli averi chiamati… chissà se non uscivo troppo tardi gli avrei portati in un ristorantino per una cena un famiglia. Lascio la foto e prendo la cornetta del telefono. Digito il numero del barista difronte all’ufficio. Intanto che squilla il telefono accendo il mio pc e digito la mia password. Dall'altra parte del telefono mi risponde il famoso barista. Ordino tre caffè e un croissant ai frutti di bosco e riaggancio. Ovviamente il terzo caffè e per me. Lo faccio ogni mattina e al capo non dà nessun fastidio .. ci mancherebbe, A volte salto il pranzo per stagli dietro!  
Inizio così la mia giornata, corro a destra e sinistra, organizzo riunioni, colloqui di lavoro, scorto il capo in tutto lo stabile e in quello a fianco per vedere i lavori come procedono, salto anche oggi il pranzo, riunioni,  ancora riunioni, documenti, fax, riunioni e finalmente arriva la sera.  
Dopo tutto quel via vai ho le gambe a pezzi, una fame da lupi e mi sento leggermente nervosa. Guardo l'orologio. Anche oggi ho fatto le 21.30. sono troppo stanca per mangiare fuori. Magari chiamo i miei solo per sentirli. E poi mi vado a prendere un pezzo di pizza prima di collassare sul divano.
Prendo il cellulare dalla borsa che ho abbandonato sta mattina in ufficio. 10 messaggi
Due di papá che mi avvisa che per alcuni giorni non ci saranno, pubblicita e una di Ino. Ino è l’unica ragazza con cui mi sono legata durante la settimana di work shop in Giappone con il mio capo. Lei lavora in un’altra azienda, fa la contabile all'Uchiha Group. Questa azienda diversamente dalla nostra si occupa di farmaceutica. Si occupano di trovare una soluzione agli effetti collaterali della famosa tempesta solare accaduta vent’anni fa.  
“da gradi poteri derivano grandi responsabilità”. Penso tristemente. Quasi tutti i miei compagni avevano sviluppato qualche sorta di potere, mentre io niente. Mi sarebbe piaciuto averne uno, anche piccolo.  
Non si sa in che modo questi poteri si manifestino, ne come o cosa sono. C’è a chi sono spuntate orecchie e artigli, c’è chi ha preso padronanza dell'arte bianca o nera, chi può avere il mondo delle ombre ai suoi piedi ( la parte oscura dell'essere umano) e chi il suo contrario. Si dice che oltre a questi poteri siano usciti anche creature, chi dice demoni e chi spiriti, che sono stati “ospitati” controvoglia da ragazzini innocenti. 9 sono i ragazzini ma solo i capi delle nazioni sanno chi sono. Sono ragazzini che hanno una forza e un potere incredibile, capaci di controllare il mondo e di sottometterlo ai propri piedi. Nessuno sa chi siano, ne che volto abbiano. E spero vivamente di non incontrare uno. So solo che alcuni di questi sono stati brutalmente uccisi ,chi per smania di potere e chi invece per paura.
Mi riscuoto da questi cupi pensieri e decido di rispondere alla mia amica. Mi ha invitato ad un piccolo party in un locale poco lontano da casa, ma sono troppo stanca per poter andare. Raccolgo le mie poche cose e mi dirigo nell’ufficio di Rasa per dargli la buona notte.
Busso piano questa volta e mi affaccio. Rasa è ancora la computer, intento a scrivere. Silenziosamente entro e mi schiarisco la voce.
Lui mi guarda, si toglie gli occhiali da vista e mi fa cenno di avvicinarmi alla scrivania. Faccio come mi dice mettendomi di fronte. Non vorrei mai che gli passasse in testa di regalarmi una carezza con la sua “mano di velluto”. Sorride a questo mio gesto. Si, sicuramente e quello che voleva fare.
Mi guarda intensamente negli occhi e vedo delle sottili occhiaie. Deve essere molto stanco.
Appoggia i gomiti sulla scrivania e congiunge le mani come in preghiera.
Sta altri 10 secondi in questa posizione e poi sospira. Si stende sullo schienale della sedia e punta il suo sguardo in alto  
-venerdí presenterò i miei figli a tutti-
Mi dice sempre guardando in alto
-avranno un mese di tempo per stupirmi. Ognuno di loro guiderà l'azienda per due settimane. A fine mese sceglierò chi far rimanere- stacca Gli occhi dal soffitto e li punta su di me. Sento un brivido lungo la schiena. È serio. Dannatamente serio.  
-voglio che tu sia a disposizione di entrambi. Sarai la loro guida. Aiuterai entrambi a dare il meglio e illustrerai loro come funziona. In questo mese dovrei occuparti di cose un po’ più delicate- marca la voce sull'ultima frase. So dove vuole arrivare. Dovrò occuparmi di questioni riservate tra loro e lo stato americano. Inizio a sudare freddo solo all'idea. Non posso fare passi falsi. Non solo verrei licenziata in tronco ma scatenerei una guerra che sarà difficile da sedare.  
-ne siete sicuro?- chiedo  
-si. In questo anno hai dimostrato di avere polso e grinta. Vedi come me anche i ragazzi sono stati colpiti da quella famosa tempesta. Io allora ero sposato da pochi anni e il più grande aveva 5 anni, mentre il più piccolo era solo un piccolo puntino nel ventre di mia moglie- Perdo un battito. Quindi anche loro sono potenzialmente pericolosi?
-non posso lasciare che Baki si occupi anche di loro due.Ormai è troppo vecchio per farlo- una piccola risata esce dalla sua bocca, ma è amara
-sará solo per questo breve periodo. Dopo di che, appena avrò scelto , tornerà a fare quello che faceva prima, o quasi. Resterà al fianco del ragazzo anche nelle questioni delicate. Voglio che diventi come un secondo Baki per intenderci-
-cinico e con un senso dell’umorismo pari a zero?- dico per sdrammatizzare
-no no assolutamente.- abbozza un altro sorriso
-voglio che sia fedele e decida come Baki. Che supporti mio figlio in tutto anche se l'azienda disgraziatamente dovesse cedere. Peró non si preoccupi. Ci terremo strettamente in contatto. Per qualsiasi cosa potrà chiamarmi.- mi porge un bigliettino con il suo numero privato. Perdo un altro battito. Come ho fatto ad arrivare fin qui?
-mi raccomando, acqua in bocca fino a venerdì-
-non si preoccupi, è un buone mani-.  
Resto altri cinque minuti per i convenevoli, poi esco dall’ufficio e mi dirigo in ascensore. Lo prendo e scendo nei sotterranei. Appena le porte si aprono avanzo verso la mia auto, ma qualcosa attira la mia attenzione. Una macchina, una Mercedes nera, si è appena fermata. Continuando a camminare mi accorgo con la coda dell’occhio che qualcuno sta scendendo. Mi fermo davanti la portiera della mia auto, prendo le chiavi e istintivamente alzo la testa. Guardo la persona appena scesa, è un uomo. Alto 1.80 credo. Mocassini ai piedi, jeans scuri e maglietta a collo alto fasciano perfettamente il suo corpo. Poi il mio sguardo si posa sul suo. Anche lui mi sta fissando. Un brivido percorre tutto il mio corpo. Carnagione non troppo chiara, labbra e naso perfetti. Capelli rossi come il fuoco, leggermente arruffati , bellissimo. Ma sono i suoi occhi a lasciarmi senza fiato. Dei bellissimi occhi verde-acqua, contornati da una matita nera spessa. Sopra gli occhi ha un tatuaggio che non riesco ad identificare. Continuo a fissarlo e lui pure. Il suo sguardo freddo e serio mi intimorisce ma per qualche strana ragione sento le guance in fiamme. “wow” non riesco a pensare ad altro. Poi lui si gira e inizia ad incamminarsi verso l'ascensore. Io inserisco le chiavi nella portiera della mia peugeot, salgo, metto in moto ed esco dal parcheggio.  
Compro del cibo in un fast food e torno a casa. come un automa apro la porta e senza troppi preamboli mi scaravento sul divano. Accendo la TV e inizio a mangiare. L'immagine di quell'uomo è ancora nella mia mente. Decido così di scacciare via quella bellissima immagine dalla mia testa e di tentare di dormire. Prima di chiudere gli occhi ed abbandonarmi a Morfeo mando un messaggio ai miei genitori. Dopo di che ripenso a tutto quello che era successo durante il giorno.  
“Sarà un mese impegnativo. Spero di esserne all'altezza”. L'ansia inizia a salire, la sento. Mi guardo intorno e scorgo la boccetta di Xanax sul tavolino. La prendo, verso qualche goccia in un bicchiere con un dito d'acqua e bevo. Forse quella notte sarei riuscita a dormire serenamente. Dopo poco le gocce iniziano a fare effetto e piano piano sento le palpebre appesantirsi. Finalmente mi addormento con l'unico pensiero che mi sarebbe piaciuto incontrare ancora quell’uomo.  
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omgmyriamlove · 5 years
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Cap. 0
Anno 2034
Il buio si estende su tutta la terra a macchia d’olio. Pochi istanti prima l’ennesima tempesta solare si abbatte con forza la terra causando un black out generale che dura ormai da pochi giorni.
Scienziati e meteorologi per quasi due anni avevano monitorato le tempeste solari sempre più frequenti e sempre più potenti, a nulla sono valsi i tentativi di tutela delle tecnologia, da quelle più avanzate a quelle più low cost. Tutto andato perso e bruciato, non funzionava più niente. Ospedali, fabbriche ,case tutte al buio completo. Acqua, luce, gas erano stati troncati di netto generando caos e diversi incendi dolosi. Nessun luogo era stato risparmiato. Gli effetti della tempesta solare erano stati devastanti, sia per il mondo naturale, che quella animale e umano.
Buchi neri si erano formati nell’atmosfera e da quei buchi materia non identificata usciva a fiotte. Ma chi si avvicinava sentiva qualcosa di molto freddo attraversargli il corpo. Questa materia piano piano avvolse la terra ed assorbì ogni molecola presente sul pianeta. Strane creature erano state avvistate a girovagare per strade e mari. Nessuno sa cosa erano di preciso poichè il tutto duro un paio di giorni. Quando finalmente il buio sparì la popolazione dovette fare i conti con quello che era rimasto
In tutte le strade sono riversati migliaia di carcasse di uomini e animali. Molti morti sul colpo dalla prima tempesta solare, altri dopo poco per emorragia celebrare.
Delfini, balene e piccioni sono stati i primi ad impazzire e morire. La popolazione animale era dimezzata così come quella umana.
Chi era sopravvissuto a quella pazzia generale si ritrovava a fare i conti non solo con la mancanza di materie prime ma anche con il proprio corpo. Le esalazioni dei buchi neri avevano modificato il dna di ogni sopravvissuto. Alcuni animali avevano moltiplicato la loro statura ed alcuni il loro aspetto iniziale. La maggior parte della popolazione umana, finita la tempesta solare, presentava febbre altissima, vertigini e spasmi muscolari. Solo dopo alcuni mesi si scorpì che i loro corpi erano stati modificati e presentavano capacità fuori dall’ordinario.
Grazie a queste capacità la popolazione si riprese dopo due anni, ritornando in grosso modo, allo splendore di pochi anni prima della tempesta solare.
Ogni essere umano che nasceva sviluppava, forza o poteri nuovi, dando vita così ad una vasta gamma di poteri. C'era chi poteva controllare la natura, chi invece la mente. C'era chi poteva usare le arti magiche e chi invece aveva sviluppato una forza soprannaturale. E più passavano gli anni e più i poteri si mischiavano e ne nascevano di nuovi e potenti.
Ogni paese iniziò a ritrovare la forza nello sviluppare questa opportunità, anche le popolazioni che un tempo perivano di fame e guerra tornarono ad avere il loro splendore che era descritto solo nei vecchi e polverosi libri di storia.
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